Ci accingiamo a salire la rocca di Civitella del Tronto per il trentaquattresimo anno consecutivo. La terra sulla quale per due giorni ci incontreremo è per noi sacra perché è stata bagnata dal sangue di uomini, donne, fanciulli e soldati che ebbero il coraggio di dire coscientemente no al processo di omologazione liberale violentemente condotto dall'esercito sardo.
In tutti questi anni il Tradizionalismo ha raccolto a Civitella le persone che hanno voluto ricollegarsi alla propria memoria storica. Ad esse ha offerto il proprio modo di sentire la storia ed il tempo presente. Abbiamo affrontato tanti temi, sempre al fine di recuperare la memoria quale premessa indispensabile per risvegliare nei più l'identità smarrita.
Ed ancora, abbiamo cercato di diffondere lo spirito della milizia cristiana basato sull'onestà di intenti, sulla lealtà reciproca, sull'annientamento dei personalismi e sulla fedeltà ai principii dei nostri avi. Con questi presupposti l'Incontro di Civitella del Tronto è divenuto nel tempo data e luogo di appuntamento di uomini, donne, ragazzi, in una parola di FAMIGLIE che hanno un sentire comune.
Di anno in anno scopriamo nuovi aspetti del dramma che si consumò con l'ultimo assedio del 1860-61 ed aggiungiamo nuovi nomi al lungo elenco dei caduti di quel tempo. Da quest'anno dedicheremo una cerimonia particolare per scandire i loro nomi e cognomi ed il giorno conclusivo dell'Incontro a quei nomi aggiungeremo, prima del sacrificio della Santa Messa, i nomi di coloro che negli scorsi anni sono saliti con noi a Civitella del Tronto ed hanno terminato il cammino terreno. Sarà un modo per costruire una Comunione ideale tra i morti ed i vivi, accomunati dalla stessa appartenenza.
Facciamo tutto ciò seguendo l'insegnamento di don Francisco Elías de Tejada, ultimo poeta della Napoli ispanica, che, salendo a Civitella del Tronto nel corso di uno dei primi Incontri sintetizzò l'agire comune con queste parole: "Per il resto, le imprese non si misurano col successo. Dio non abbandonerà i suoi. E nel peggiore dei casi, se ci nega di vedere il trionfo col metro del successo, pur sempre ci dona quella pace della coscienza del dovere compiuto, che si sintetizza nel motto per cui caddero i nostri predecessori: Senza cedere".
Infine, sarà presente tra noi il pittore Cuono Gaglione che esporrà le tele realizzate sull'ultima difesa militare del regno delle Due Sicilie nei siti restaurati della Reale Fortezza.
Sulla base di questi presupposti, il comitato promotore degli Incontri Tradizionalisti
di Civitella del Tronto ha il piacere di invitare la S.V. Ill.ma al XXXIV
appuntamento annuale che si terrà nei giorni 20 e 21 marzo 2004 per
sviluppare il tema Il nostro patrimonio: un'eredità da trasmettere,
nel cui ambito saranno ricordati i Martiri della Tradizione e verrà
celebrata la Giornata in ricordo del Soldato Napoletano.
Programma
COMUNICATO STAMPA - CUONO GAGLIONE ESPONE A CIVITELLA DEL TRONTO " TERRA MIA" OPERE DELLA SOLARITA' MERIDIONALE, PRESENTATO DAL PRESIDENTE DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI ITALIANI LORENZO DEL BOCA - 15/21 MARZO 2004- AD UN ANNO ESATTO DALLA MOSTRA DI PROTESTA " SIRENE, MITI E NINFE DELLE DUE SICILIE " DEDICATA AD ANGELO MANNA E CONTRO IL RITORNO DEI SAVOIA A NAPOLI. SI CHIUDERA' COSI, IL TRITTICO DI MOSTRE PROGRAMMATE PER TESTIMONIARE ATTRAVERSO LE TEMATICHE ESPRESSE ANCHE IN " I PREZIOSI DELLE DUE SICILIE" MOSTRA TENUTA AL PARLAMENTO EUROPEO DI BRUXELLES, LA SPERANZA DI RIEMERGERE DOPO 143 ANNI DI INGIUSTIZIE E DI BARBARE INVASIONI MASSACRATORIE, PERPETRATE AL MERIDIONE, REO DI ESSERE UN POPOLO LABORIOSO E INGEGNOSO.
Non cerca l'effetto facile per piacere a tutti i costi. Cuono Gaglione è pittore di intelligenza metafisica. I suoi lavori si portano dentro il tormento e la fatica di una terra straordinaria che sembra sempre troppo bella per essere valorizzata.
L'arancione richiama i tramonti infuocati che si vedono in riva al mare quando il sole si tuffa nelle acque agitate degli orizzonti. Il giallo ripropone le spighe di grano che si fanno bionde nelle campagne dell'entroterra. Il marrone viene dalle zolle di terra matura, aperte dagli aratri e - quasi - ferite ma già disposte a ricevere i semi da far fruttificare.
Infine il rosso. Il rosso è quello del sangue che i meridionali hanno dovuto versare per non venire meno alla loro dignità. Squartati, massacrati, offesi, torturati, crocefissi, impiccati. Una strage che è anche un'offesa perché non è stata pianificata da un esercito straniero (cosa disdicevole ma comprensibile) ma dai "fratelli liberatori" - i piemontesi dei Savoia - scesi con l'aria di unificare un paese e risoltisi a propagandare progresso e modernità a schioppettate. I "fratelli liberati" si sono trovati sotto il tallone di connazionali colonizzatori: avidi, spietati, insensibili, lontani dalla cultura e dalla comprensione di questa gente.
Il rosso di Cuono Gaglione si porta dentro la sofferenza e il dispetto, di un popolo ingannato e deluso. E nel rosso tenta di riproporre una memoria strabica che - sembra - si ricorda di qualche brano di storia, ma dimentica tutto il resto: sì a Calatafimi, a Castelfidardo, a Volturno, ma no - chissà perché - a Gaeta, Messina, Civitella del Tronto.
Pittura che gronda simboli, impegnata, risoluta nello stile e di esplicita denuncia. Un pittore del Sud.
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