A partire dal 1840 si va formando, nel Palazzo Reale di Napoli, un particolare museo scientifico, privato, reale: il Gabinetto Fisico del re Ferdinando II di Borbone. Le macchine che lo composero sono in parte pervenute al Museo del Dipartimento di Fisica dell' Università di Napoli, mentre il suo archivio è conservato nell'Archivio di Stato di Napoli, fra le carte amministrative di Casa Reale.
L'incontro fra macchine e documenti ha permesso di ricostruire una
storia, di riorganizzare un piccolo archivio, collegandolo agli oggetti
documentati, di arricchire di spessore storico gli strumenti
scientifici, essi stessi documenti di scelte politiche e culturali, di
ricerche e indagini scientifiche, di condizionamenti economici.
La nascita del Gabinetto Fisico del Re risale ai primi decenni
dell'Ottocento, ma il suo iter di formazione inizia nel secolo
precedente, quando l'erede dei Farnese, Carlo di Borbone, diventa, nel
1734, re del Regno di Napoli e nella capitale trasferisce
l'eredità della madre Elisabetta Farnese: quadri, oggetti
d'arte, libri e, testimoniano le fonti, "diverse macchine matematiche",
che vengono collocate nel Palazzo di Capodimonte.
Come nel Palazzo Ducale della Pilotta, a Parma, si era realizzata
l'unione espositiva di oggetti d'arte e di scienza, così nel
sito reale di Capodimonte si concentrano libri, dipinti, armi, macchine
fisiche. Il padre somasco Giovanni Maria Della Torre, docente di fisica
e matematica e inventore di microscopi, è Sovrintendente e
Custode di tutte le raccolte.
Gli strumenti scientifici a Capodimonte risultano, però,
rispetto al contesto artistico delle raccolte "del tutto aliene ed
isolate" e pertanto vengono trasferiti, nei primi anni dell'800,
all'Accademia Militare della Nunziatella, costituendo così il
primo nucleo di un museo scientifico ad usum militari. Altre macchine
fisiche, commissionate in Francia all'inizio del secolo dall'Accademia
delle Scienze e destinate all'istruzione pubblica, dopo la fuga di
Ferdinando IV in Sicilia, all' arrivo dei francesi, vengono trasportate
a Palermo.
Con il ritorno sul trono del Borbone, tornano anche le macchine, prima
depositate alla Nunziatella e poi rivendicate per i gabinetti
scientifici universitari. Sull'onda della progressiva specializzazione
delle scienze si erano inaugurati a Napoli, nel primo ventennio
dell'Ottocento, il Museo Mineralogico, l'Osservatorio Astronomico,
l'Orto Botanico, il Museo Zoologico, l'Anatomico e i gabinetti
scientifici universitari di fisica e di chimica. Gli archivi di queste
istituzioni, dipendenti dal Ministero dell'Interno e poi da quello
della Pubblica Istruzione, conservati nell'Archivio di Stato di Napoli,
ne documentano la complessa storia.
A Palazzo Reale, dopo il disastroso incendio del 1837 e in seguito ai
lavori diretti dall'architetto Gaetano Genovesi, si allestiscono i
locali destinati alla Biblioteca particolare del Re; nei locali
adiacenti viene collocato il Reale Gabinetto Fisico, amministrato dal
Maggiordomo Maggiore della Real Casa. Fra il 1830 e il 1845 le fonti
testimoniano un fervore di lavori e di iniziative e soprattutto
acquisti di strumenti dall'Italia e dall'estero, per il diletto e gli
interessi di un sovrano, Ferdinando II di Borbone, appassionato di
astronomia e collezionista di orologi, ma anche per l'aggiornamento
scientifico, curato dai direttori Domenico De Miranda e poi Giacomo
Maria Paci. Attraverso gli agenti diplomatici napoletani si acquistano
fra l'altro in Inghilterra l'igrometro di Daniell, le macchine di
Clarke e di Newmann, in Francia gli apparati di Lerebours, il Banco di
Newton, il cannocchiale di Conchoix, gli strumenti dei Pixii. E con
l'arrivo di nuovi strumenti si determina la necessità di
riorganizzarne l'esposizione.
E' evidente l'attenzione alle esigenze di decoro e prestigio di una
collezione privata reale, al punto che alcuni strumenti acquistati
all'estero vengono restaurati e corretti dai macchinisti napoletani, ma
si fa sempre più evidente la necessità di attrezzare il
Gabinetto Reale a vero e proprio laboratorio. Le fonti archivistiche
documentano le operazioni geodetiche condotte col teodolite di Dollond
nella sottostante Darsena; nel Giornale del cronometro di Arnold si
annota sistematicamente la longitudine della Reggia di Napoli. Giacomo
Maria Paci, il direttore, autore di appassionati rapporti e documentate
memorie scientifiche dichiara che "questo Real Gabinetto,
abbenché privato pure dal canto suo contribuisce al progresso
della scienza".
Per il VII Congresso degli Scienziati tenutosi a Napoli nel 1845 e
negli anni a seguire, Paci lavora all'allestimento delle sale, ma anche
al costante aggiornamento della collezione e alla realizzazione di
esperimenti significativi, in continuo contatto con quanto veniva
sperimentato all'estero, nel campo dell'ottica,
dell'elettricità, della meccanica, e nonostante gli impedimenti
burocratici e l'esiguità dei mezzi economici a sua disposizione.
Il tutto in un contesto politico che registrava, dopo l'"intervallo di tolleranza" concesso da Ferdinando II agli intellettuali napoletani e la parentesi esaltante del Congresso degli Scienziati, l'epoca del sospetto e della repressione, che dopo il '48 segnò il destino di molti uomini di cultura e di scienza napoletani.
Dal '50 Il Gabinetto Fisico del Re va assumendo una diversa fisionomia.
Il direttore Paci, ricordando come finora abbia procurato macchine
inerenti "alla parte trascendentale della scienza, atteso l'eminente
soggetto a cui la collezione appartener dovea", si ripropone di
corredarlo, nel giro di tre anni, delle macchine necessarie per un
corso completo di Fisica e per l'istruzione del Principe ereditario, il
futuro Francesco II, già impegnato nello studio delle scienze
esatte.
Tre anni dopo il Museo-laboratorio è completato, con gli
acquisti dell'epoca del Congresso e con le nuove macchine, soprattutto
quelle sperimentate dal fisico Macedonio Melloni, primo direttore
dell'Osservatorio Metereologico Vesuviano: il galvanometro, l'apparato
del calorico raggiante con la sua lente a scaglioni, il magnetoscopio e
l'elettroscopio.
L'inventario del '53 ne è la fotografia, con l'elenco degli strumenti disposti in ventiquattro armadi e per classi, con gli strumenti più belli e quelli di notevoli dimensioni disposti, in bella mostra, nelle sale della Biblioteca privata del Re, riproposti come oggetti d'arte, decoro e prestigio della dinastia.
La fine della dinastia e del Regno determina anche il destino del Museo
privato del Re che, il 20 settembre 1860, pochi giorni dopo l'entrata
di Garibaldi a Napoli, viene formalmente consegnato al professore
universitario di Fisica Filippo Cassola.
Dal 1879 e fino al 1887 gli strumenti saranno conservati nel Palazzo di
Capodimonte. Nell'inventario che li descrive viene annotata la
cessione, fra l'87 e il '92 di quasi tutti gli strumenti
all'Università, dove saranno riuniti agli oggetti del gabinetto
di fisica.
Un elenco di oltre cento Strumenti già appartenuti al Gabinetto
di Fisica di Casa Reale ha fornito il primo segnale dell'esistenza,
nella ricca collezione universitaria, di un nucleo antico e prezioso:
il Gabinetto Fisico del Re che da museo diviene laboratorio didattico,
da collezione privata di macchine, oggetti d'arte e di meraviglia, a
patrimonio pubblico di conoscenza scientifica.
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