Tridimensionalità di un impegno
Forse si può crescere senza patria, certamente non senza matria.
La patria è vasta, generica, lontana : molti di noi siamo
diventati adulti avvertendola come poco più di un simbolo
retorico. La città in cui impari a respirare, a sgambettare, a
rincorrerti con i compagnucci è - invece - un territorio preciso
con cui devi fare i conti irrimediabilmente. Se fuggi lontano, non
riesci del tutto a strapparla dalla memoria; se ci resti, non riesci
del tutto a rassegnarti alle sue brutture.
Essere figli di una città è comunque condizione di
contraddizione: specie quando la tua è una matria bella e
corrotta come una puttana, di cui sei fiero e insieme vergognoso. Forse
per questo a Palermo, almeno negli ultimi quarant'anni, non è
stato facile annoiarsi: la capitale della mafia e dell'antimafia, tra
le più povere di produttività e tra le più
spendaccione in consumi, impone di - o, per lo meno, induce fortemente
ad - assumere posizione. O ti arruoli deliberatamente in quello che il
mio amico Franceschelli chiama il popolo del bene o ti trovi, di fatto,
inquadrato nella massa dei complici.
Arruolarsi nel popolo del bene, dichiararsi volontari, diventare cittadini adulti: che significa, in concreto, dare gambe alla speranza?
Innanzitutto scegliere per la solidarietà frontale, immediata,
diretta. Per quanto incredibile possa sembrare, in una città
europea a un passo dal Duemila, c'è ancora gente che stenta a
sfamarsi, che vive - almeno sin quando non crollano addosso - in
catapecchie senz'acqua e senza luce. Questi bambini, questi anziani,
queste donne hanno bisogno di un soccorso urgente, indilazionabile: di
un soccorso che non sia assistenzialismo, ma affiancamento
affinchè ciascuno prenda consapevolezza delle proprie risorse e
delle proprie responsabilità, si alzi e si metta a camminare. In
quest'ottica abbiamo tentato di attivare nei quartieri più
disastrati di Palermo dei centri sociali, apartitici ed aconfessionali,
autogestiti: luogo di raccolta dei bisogni e di elaborazione di
risposte pratiche, dai corsi di formazione professionale finanziati
dall'Unione Europea alle cooperative di lavoro effettivo per i giovani
disoccupati (1).
Per esercitare con efficacia la propria azione sociale, il cuore non
basta: occorre un minimo di preparazione culturale, di consapevolezza
critica. Altrimenti lo slancio emotivo si esaurisce, le motivazioni di
partenza s'indeboliscono ulteriormente: i gruppi si sciolgono o - che
è forse peggio - si sclerotizzano senza ricambio generazionale.
Per consentire agli operatori un'alfabetizzazione minima in campo
storico, pedagogico, psicologico, sociologico, giuridico, economico
abbiamo dunque moltiplicato a Palermo le occasioni di formazione e di
aggiornamento. Abbiamo persino creato una struttura permanente per chi
voglia imparare ad orientarsi, a progettare interventi, a collegarsi
con gli altri operatori pubblici e privati: ed è nata
così, presso il Centro "Pedro Arrupe" dei Padri Gesuiti di
Palermo (ma frutto sinergico di una decina di associazioni cittadine),
l'Università della strada (2).
Solidarietà, dunque - e solidarietà consapevole. Tuttavia
questa attenzione al volto concreto del vicino implica il rischio di
una certa miopia. Rischi di dimenticare che la sofferenza di una
persona è sintomo del disagio di un quartiere, di una
città, di una regione, di un Paese, del pianeta; rischi di
dimenticare che la tua solidarietà corta non ha senso se non sai
interpretare - e in qualche modo modificare - i processi storici e
sociali che sono la causa remota e profonda delle disfunzioni locali.
Da qui la necessità di una prospettiva politica più
ampia, al cui interno iscrivere i piccoli gesti quotidiani di
risanamento.
Fare politica, non necessariamente né primariamente all'interno
di un partito: mutare le strutture, non solo le coscienze; creare
istituzioni, non solo modelli di vita. Capire che è importante
aiutare un bambino a fare i compiti per casa, ma almeno altrettanto
urgente stimolare la scuola ad aprire laboratori pomeridiani
permanenti; che è indifferibile curare la pratica per il
sussidio di disoccupazione di un padre di famiglia, ma almeno
altrettanto urgente stimolare il Comune a completare in maniera stabile
la sua pianta organica attualmente deficitaria; che è importante
sostenere il commerciante che denunzia il pizzo alle autorità di
polizia, ma almeno altrettanto urgente mandare in galera - o per lo
meno a casa - i politici alleati strategici della mafia. Questa
vigilanza politica, questo sguardo sul contesto e sul futuro, non
s'inventa: proprio perché anche esso va coltivato, da molti anni
abbiamo offerto alla città un Laboratorio di cultura politica
che dal 1992, data delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, è
diventato la Scuola di formazione etico - politica "G. Falcone".
[...]
1) Cfr. A. Cavadi, Il cammino di un centro sociale autogestito nel Meridione, in "Appunti", 1997, 4/5, pp. 24-26.
2) Per ulteriori informazioni e approfondimenti metodologici cfr. la scheda L'università della strada di N. Rocca e M.L. Cerrito nella seconda edizione del mio Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, CSD "G. Impastato", Palermo 1998, pp. 49-51; nello stesso libro, di Gianni Di Gennaro, direttore del Centro studi "Pedro Arrupe", Una riflessione prospettica: per una Università della strada. Alcuni presupposti teorici (pp. 103-108).
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