From:
<alessandro romano
Subject: Cerchiamo la verità
Date: Sat, 8 Jan 2005 22:58:36 +0100
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Rete di Informazione
delle Due Sicilie |
Cerchiamo la verità
un impegno
difficile per diradare la nebbia delle menzogne che da
140 anni offusca le
menti e mortifica la nostra Gente
Sono
decenni che si cerca di far luce sul periodo preunitario e su
quanto è accaduto, durante la cosiddetta campagna
risorgimentale, nelle province meridionali della penisola italica.
Un
lavoro difficile per recuperare documenti sepolti sotto 140 anni
di omissioni e manomissioni ed estremamente mortificante di fronte
all'ostilità di coloro che non possono e non
vogliono accettare l'esistenza di una "storia proibita".
Tuttavia
ci sono molti Meridionali che, comunque, vogliono saperne di più
e poter dire la propria opinione anche se, spesso, legata a
concezioni e ad elementi di valutazione mediati da una cultura ostile a
tutto ciò che è meridionale.
Qualche
settimana fa ci è giunta una nota del sindaco di Alessandria del
Carretto, divulgata poi in Rete, nella quale venivano espresse
interessanti, anche se non totalmente condivise, considerazioni in
merito alla toponomastica cittadina.
E'
Seguita, quindi, una nota da parte di un altro utente che, tra
l'altro, ha esposto le sue serie perplessità su un periodo
storico fortemente avversato dalla storiografia ufficiale.
Trasmettiamo
in allegato i vari passaggi dell'interessantissima
disquisizione con la risposta finale da parte di questa redazione.
Cap.
Alessandro Romano
___________________________________________________________________________________
Gentile Sig. [...]
considerando
la sua nota
un'interessante spunto di riflessione, le chiedo se posso darle
risposta in Rete, divulgando la sua nota e la mia risposta.
Ringraziandola
per la sua cortese
attenzione Le invio i miei più cordiali saluti.
Alessandro
Romano
OK non c'é
nessun problema.
cordialmente
RRoma
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NOTA DEL Dott. [...]
Sono d'accordo con quanto
hanno scritto nella loro comunicazione Antonio Larocca e Giuseppe Rizzo
(interessante e piacevole il loro libro sul brigante Antonio Franco) e a tal riguardo volevo umilmente sottoporvi le
mie considerazioni:
1) la miseria e l'arretratezza del
meridione esistevano prima dell'Unità d'Italia e si sono
acuite dopo a tal punto che dal 1870 al 1950 oltre 30 milioni di
meridionali (la mia famiglia è una di quelle) hanno dovuto
abbandonare le lore terre. Non mi risulta che i contadini
dell'alto ionio cosentino (sono nativo di
Montegiordano) vivessero in totale agiatezza sotto il regno
borbonico.
I grandi proprietari terrieri
che sfruttavano e opprimevono i "cafoni" esistevano prima e sono
esistiti dopo l'Unità d'Italia e ogni qualvolta
storicamente la loro
egemonia è stata messa in discussione (Gracchi,
Catilina, briganti post-unitari, operai pre-fascismo) hanno
prodotto fenomeni reazionari che hanno ristabilito di fatto
il loro potere.
Sono d'accordo con quanti hanno
scritto (Gramsci..) che il Risorgimento in toto e il "Brigantaggio" in
particolare è stato la prima grande occasione per una
rivoluzione proletaria. La seconda è stata la rivolta operaia,
negli anni precedenti l'avvento del fascismo.
2) Sono d'accordo con la
necessità di fare chiarezza sui crimini dei savoiardi nel Sud
dell'Italia, ma non commettiamo l'errore di pensare che i Borboni siano
stati migliori.
Non cadiamo nel tranello di coloro
i quali vogliono riscrivere la storia per trarne dei vantaggi
"politici" personali !!!!!!!!!!!!!
Facciamo charezza ma con
obiettività.
[...]
____________________________________________________________________________________
Gentile Sig. [...]
le sue riflessioni sono sicuramente
ineccepibili ma frutto di una informazione legata a fonti fortemente di
parte.
E', appunto, tra i nostri obiettivi
soprattutto quello di ricercare la verità storica, ridare la
dignità negata ai soggetti della nostra civiltà,
ripercorrere con documenti inconfutabili provenienti da archivi (es.
Grande Archivio di Napoli, Archivi di Stato, collezioni private,
archivi spagnoli, francesi inglesi ed austriaci) le vere aspirazioni e
le reali azioni di regnanti, militari, partigiani (briganti),
nonché le condizioni di vita, economiche e finanziarie di una
nazione antica, pacifica, feconda e diversa dall'intero panorama
europeo del tempo.
Assolutamente non intendiamo sfruttare
la storia per trarne vantaggi personali o politici (forse voleva dire
partitici?) ma solo per sete di VERITA' e giustizia.
Insomma, nostro intento è quello
di cercare e divulgare le verità di una
storia manomessa, stravolta o sottaciuta da chi,
impossessatosi della giusta idea di unità nazionale, in suo nome
ha invaso con la forza e devastato a cannonate il Meridione Italico, ne
ha oscurato la memoria e lo ha sprofondato in una condizione di
colonia iperdipendente da un nord allora povero, ora ricco ed opulento.
Certamente l'Italia andava unita ma non
con la morte economica, sociale e politica del Sud. Non rendendolo
terra di conquista di un'altra regione governata da una delle
più feroci e folli dittature che la storia italica abbia mai
conosciuto: Lo Stato Sabaudo.
Sappiamo bene che non fu creata l'Italia
ma formato un grande Piemonte.
Ma fin qua sembra che le tesi, almeno quelle
storiche, più o meno coincidano. E' quando si passa a
parlare di Stato Meridionale e regnanti che cominciano i problemi.
Ed allora.
Innanzitutto è da dire che fin dal 1734 le terre demaniali (terre
feudali) del Regno delle Due Sicilie furono assegnate dai Borbone
(prima in usi civici e poi in enfiteusi perenne) ai contadini nullatenenti.
Ad essi fu imposto il solo pagamento annuale della "decima" che veniva
riscossa dai comuni. Pertanto, nel giro di un decennio, contadini e
pastori, antichi servi della gleba, divennero possessori ma non
proprietari dei beni demaniali comunali.
Questo sistema pur non abolendo i feudi
di fatto li smembrò inimicandosi i nobili italici che, poi, ed
ecco perché, appoggiarono i Savoia nelle fase unitaria.
La proprietà privata fu
rispettata ma fu imposta una tassa, "la fondiaria", che ne
limitò l'estensione comprimendo fortemente il latifondismo.
Per regolare i commerci in uscita
fu adottato "l'arrendamento", cioè la prioritaria
saturazione a cerchi concentrici del mercato interno con i prodotti
locali, lasciando uscire verso le altre zone,
compreso l'estero, solo le eccedenze.
Per i prodotti in ingresso fu
instaurato un ferreo protezionismo doganale che si imperniava sul
tassare in entrata esclusivamente i prodotti già
presenti nel mercato interno. Tutti gli altri entravano
liberamente senza subire alcuna tassazione.
Questo sistema, TOTALMENTE contrario
alle concezioni moderne capitalistiche della sussidiarietà
internazionale e lontano dal nostro modo di concepire oggi il mercato,
portò al sud i seguenti risultati:
Un'economia di sussistenza
e non di accantonamento;
Una società
dell'essenziale e non dell'accaparramento;
La ricchezza sociale costituita
essenzialmente in beni (terre demaniali) fondata sul principio di "un
po' a tutti e non tutto a pochi";
La borghesia (i famosi
galantuomini ed ecco perché V. Emanuele II fu definito il re
galantuomo), pur vivendo nelle pieghe del sistema, non aveva
alcun potere politico-decisionale.
Con l'unificazione nazionale i beni
demaniali furono messi all'asta ed acquistati dagli antichi feudatari,
i baroni (galantuomini), pertanto ai contadini ed ai pastori,
scacciati con la forza dalle "terre comuni", non restò altro da
fare che ribellarsi (brigantaggio) prima ed emigrare poi.
Da questa condizione forzata prende
vigore il latifondismo meridionale che, però, crollato il
delicato sistema protezionistico non portò ai possidenti
galantuomini liberali la ricchezza sperata, emarginandoli in una
miseranda sudditanza economica dalla borghesia del
nord.
Questo vuole essere solo uno scarno
sunto di una storia complessa e tragica che apre orizzonti nuovi
su un mare di menzogne che gli storiografi ufficiali,
scopiazzandosi l'un l'altro, cercano ancora invano di
tenere nascosta.
Con ciò non pretendiamo di
ritracciare in questa sede l'intera vicenda meridionale ma solo poter
rispondere con logicità ad affermazioni che da
140 infangano ingiustamente la nostra storia.
In particolare, rispondendo alle riflessioni del Dott.
Rocchino, invitiamo il lettore a separare per un solo momento il
concetto borghese degli interessi del singolo a discapito della
società che lo circonda da quello degli interessi del singolo
ottenuto attraverso la difesa della società di appartenenza,
povera o ricca che sia, ma comunque equa per tutti.
1) Prima dell'unificazione, quella
meridionale, non era arretratezza o miseria ma un
modo diverso di concepire e di organizzare
la società, l'economia e lo stato;
2) Anche se esistevano delle sacche
di sfruttamento operato più che altro da grandi famiglie di
nobiltà italica, il vero latifondismo prese corpo solo
appena dopo l'unità nazionale;
3) Paragonare i Borbone (e non i
Borboni) ai Savoia è più che altro un vilipendio
alla nostra civiltà contadina che deve veramente
tanto ad una dinastia mortificata e calunniata solo perché favorì
il popolo, i cosiddetti cafoni, in danno dei nobili
italici e della emergente borghesia legata politicamente e
strategicamente alla massoneria internazionale;
4) Prima dell'unificazione non vi era emigrazione
meridionale anzi vi sono numerosissimi documenti che provano
un continuo arrivo nelle regioni meridionali di manodopera e
di imprenditori, persino svizzeri.
Gentile Dott. Rocchino,
sta a tutti noi cercare e
divulgare fedelmente quanto sta emergendo, senza pregiudizi
politici né condizionamenti partitici, prefiggendoci
quale unico fine quello di ridare la dignità al nostro Popolo
attraverso la riscoperta della sua identità e della sua vera
storia.
Con immutata stima