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IL MEZZOGIORNO NELLA CRISI DELL'UNIFICAZIONE 1860-1861, Alfonso Scirocco, 1981 - Edizione sen - pag. 366-374

DOCUMENTO N. 17 (28)

1. Dell'Industria agraria.

Molti e svariati sono i prodotti del nostro suolo, e specialmente quelli di cui si fa esportazione all'estero: olio, avena, civaje, rubbia, lana, liquorizia, sete, seme di lino, anici, mandorle, carrubbe, pelli di agnelli e capretti, zafferano, vino, droghe, frutte secche e fresche, specialmente i fichi e gli agrumi, succhi, ed essenze di limone etc. 

Questi prodotti si ottengono abbondantemente piuttosto dalla feracità del suolo e dalla benignità del clima, anziché dalla condizionata e prosperevole (?) dell'industria agricola in questa regione. 

Ai quesiti che si propongono a questa Giunta di commercio non sarebbe cosa agevole rispondere adeguatamente, come quella ch'è sfornita di buoni dati statistici, né sarebbe possibile d'improvvisarli in breve tempo e con lieve fatica.

Possiamo considerare in generale che l'agricoltura in queste province del Mezzogiorno, fatta eccezione di poche contrade, è assai mediocremente progredita, benché la varietà del suolo, l'ubertosità delle terre, e la dolcezza del clima ci offrano assai propizie condizioni ad ottenere i più grandi e felici effetti. 

L'opera governativa non potrebbe oggi aiutare gran fatto l'agricoltura, indirizzandola e promovendola con ispeciali mezzi e sussidi, ma dovrà aspettare piuttosto che favorita dal benefico influsso della libertà e del progresso civile, cresciuti i traffici e le favorevoli condizioni, possa svolgersi e migliorare colla successione del tempo. 

Quello che il governo potrebbe da ora praticare utilmente in sussidio dell'agricoltura si è di promuovere ed attuare fra noi efficaci ordinamenti atti a favorire nei modi bene intesi l'irrigazione dei campi, ed incoraggiare con qualche premio o vantaggio quegl'intraprenditori che si offrissero di farlo privatamente, sia costruendo canali, sia cavando pozzi artesiani. 

Altrettanto è a dirsi per l'arginamento dei fiumi e torrenti e il prosciugamento di terreni pantanosi, con che si renderebbero alla cultura tante terre già ubertose e feraci ora divenute deserte e micidiali ai viventi. 

Vi han fiumi e torrenti che devastano ampie terre, e che lasciando spesso acque stagnanti astringono gli uomini a fuggire da quelle contrade che furono per l'addietro prospere e feraci. Le province di Salerno e di Capitanata e le Calabrie offrono più delle altre questo spettacolo rincrescevole. 

I privati che posseggono queste terre o per ignavia, o per difetto di mezzi se ne ristanno, e vi manca una mano direttrice che vi promuova le opere opportune. Il passato governo aveva creata una Commissione di Bonifiche, ed a parecchie di queste opere aveva posto mano mettendo a contributo i possessori delle terre. Ma nessun utile effetto se ne potè vedere malgrado che i privati avessero con molto loro dispendio contribuito. 

Sarebbe cosa molto opportuna di richiedere le Deputazioni provinciali perché formassero commissioni associando all'opera loro persone sufficienti per ogni distretto, le quali potrebbero innanzi raccorre i dati statistici e le conoscenze di fatto, e divisare poi i mezzi opportuni per ottenere questi tanto desiderati miglioramenti.

Alle attuali condizioni dell'industria agraria pare che non noccia in nessuna parte l'attuale sistema tributario, nuoce però assai la insicurezza in cui sono molte province, e specialmente le Calabrie. Questa Giunta consultiva non può non invocare istantemente e con ogni suo potere il sussidio del governo perché provvegga con pronte ed efficaci misure. 

La pastorizia e l'agricoltura si risentono di tanto male: già molti campi sono disertati, e molti armenti disfatti, e se il disordine non avrà fine non tarderanno a risentirne i più dolorosi effetti. Da ultimo torna qui utilissimo a richiamare la speciale attenzione del regio governo sullo stato attuale del nostro Tavoliere di Puglia, onde allo stesso vengano apprestati quei miglioramenti di cui quella estensione di terreni è suscettiva.


2. Delle principali industrie che sono nell'Italia meridionale.

Le industrie che oggi fioriscono in questa parte meridionale d'Italia non sono di piccola considerazione anzi, avuto rispetto alle condizioni infelici in cui sono stati questi popoli, può dirsi che il suo progresso industriale sia stato grande, come quello che non è secondo a molti Stati d'Europa, e forse molti ne avanza. 

E però non senza un forte rincrescimento noi della meridionale Italia abbiamo inteso dal seno del nostro Parlamento con leggerezza, e quasi disprezzo farsi nessuna ragione di queste industrie nostrali, anzi averle quasi in dispregio, come cosa vile o da poco. 

Questa Giunta di Commercio adempirebbe male il suo ufficio, né risponderebbe al nobile intento, cui deve mirare, se all'occasione di dover rilevare e mettere in chiaro aspetto lo stato vero di queste industrie, mancasse di esporre al Ministero quei giusti reclami che oggi si fanno per l'abbandono e la noncuranza in cui sono avute.

1) Le manifatture più importanti ed estese in queste province meridionali specialmente di Napoli, Terra di Lavoro, di Principato Citra e Principato Ultra, sono la filatura meccanica del cotone, le manifatture di tessuti in cotone o misti di cotone e lana, nonché le stamperie di tele in cotone, le manifatture della carta, sia a macchine continue, ovvero a mano. 

2) Delle filande di cotone si contano non meno di sei stabilimenti importanti specialmente quello dei sigg. Vonwiller e C, i quali danno un prodotto annuale in quintali 28.000, che al valor coacervato di due. 50 il quintale rende 1.400.000. 2) Le tessitorie meccaniche sono non meno di sette stabilimenti, i quali danno un prodotto annuale di circa pezze 170.000 che possono stimarsi un valore di oltre un milione. 

3) Si contano quattro stabilimenti importanti di cotone stampato a canne ed a faccioletti, i quali producono un valore annuale di due. 1.500.000. 

4) Quattro tintorie a vapore di cotone filato e tessuti rosso Adrianapoli. Il loro prodotto si stima in due. 250.000. 

5) Le lane filate dette stameggiate si stimano per un prodotto di quintali 4.000, e sono opera di molti e piccoli opifici e di minuta industria da cui si cava un valore di circa due. 400.000. 

6) Le filande di lino e canapa sono due che danno un annuo prodotto di due. 470.000. 

7) L'industria dei panni-lana e carta conta non meno di 26 opifici nella provincia di Salerno, e circa 36 nel distretto di Sora, cioè in Arpino, Isola di Sora, e Santelia, e due in Napoli. Il prodotto di questi opifici deve stimarsi non minore di 2.500.000, e consumano in lane, quasi tutte nostrali, quintali 25.000. Questa è la stima che si fa del prodotto reso nei grandi stabilimenti: ma per tener ragione della estesissima industria minuta ed a mano tanto dei cotoni e delle lane e dei tessuti uniti, si può considerare mettere a calcolo la cifra di quintali 28.000 cotoni che si filano in questa parte d'Italia e quintali 42.500 cotoni rimessi dall'estero nel solo anno 1858, e nella sola dogana di Napoli, senza contare quando si è introdotto per contrabbando. E però senza tema di errare si può portare questa cifra a circa 10.000.0000 la quale, unita all'altra che si computa di oltre due. 7.000.000, si ha un totale prodotto in valori manifatturati di due. 17.000.000. 

8) Non sono industrie di poca considerazione ancora quelle delle lastre, dei cuoj conci e della seta le quali tutte offrono dei belli e grandiosi stabilimenti dove sono versati dei fortissimi capitali, che danno alimento ad un numero ben grande di operai, nonché lustro e decoro al paese. 

In effetti esistono circa 20 fabbriche di cuoja montate all'uso estero nella sola provincia di Napoli, sette in Terra di Lavoro, e cinque nelle Calabrie, oltre altre 300 piantate sull'antico sistema del misto. Il valore dei cuoj secchi in pelo che si ritirano annualmente dall'estero può ascendere a due. 1.500.000 secondo le più esatte informazioni. 

A detta valuta si debbono aggiungere altri due. 500.000 per le spese della concia e mano d'opera, e così l'intero valore del genere estero manifatturato può ritenersi nei tempi ordinari di due. 2.000.000. I cuoi delle buccerie nostrali si possono calcolare a 60.000 l'anno, i quali al prezzo medio di 8 importano due. 480.000. 

Il peso di ciascuno compensativamente è di rot. 15 ridotto allo stato secco: quindi si hanno cantaia 9.000, a cui aggiunte le spese di manifatturazione che ascende a due. 20 il cantaio e per esso a due. 180.000, i quali uniti ai due. 480.000 si ha un valore di due. 660.000. Sicché l'intero valore dei cuoj conci coU'uno o coll'altro sistema può estimarsi annualmente e nei tempi ordinari due. 2.660.000.

La produzione delle sete nel decennio dal 1840 al 1850 di qualità ordinaria e fine presentò un valore da libbre 1.300.000 ad 1.500.000: sicché per ogni anno la media sarebbe di libbre 1.400.000 pari a quintale metrici 4.496 e 80. 

Nel successivo decennio, cioè dal 1850 al 1860, quasi tutte sete fine da libbre 1.000.000 a 800.000: per cui la media è stata di libbre 900.000 pari a quintali metrici 2890 e 80. Nel 1861 la produzione è valutata circa libbre 700.00, pari a quintali metrici 2248,40. 

Il prezzo medio nel primo decennio fu due. 4 la libbra, e quindi l'importo di due. 5.600.000; nel secondo decennio il prezzo medio fu di due. 5,50, e quindi il risultato di due. 4.950.000. 

Nel volgente anno il prezzo medio è parimenti di due. 5,50, quindi la produzione offrirà il valore di 3.850.000. La ragione unica della successiva diminuzione di questa produzione è la malattia dei bachi, la quale anziché scemare si rende progressivamente crescente. 

Di tutta questa seta grezza tirata quasi interamente fina se ne manifattura nelle nostre province continentali solo un ottavo od un decimo in tessuti, il resto si esporta greggia pel Nord dell'Italia e per l'estero, ove sono ricerca-tissime. Pel resto dei bisogni delle manifatture si supplisce con le sete che s'immettono dalla Persia o d'altrove, godendosi la libertà dell'immissione.

Diverse sono le fabbriche in vetrerie, lastre, bottiglie nere e bufferie esistenti in queste nostre province. Ve ne ha quattro in vetro, lastre per finestre, e campane cilindriche ed ovali per covrire vasi da fiori ed orologi, cioè una in Vietri di Salerno con un forno ad otto padelle, un'altra a S. Giorgio Cremano con un forno a sei padelle, una terza nel Granatello a sei padelle, ed una quarta a Zoppino, provincia di Salerno, con cinque padelle.  

Questa industria è piuttosto fiorente, essendo la qualità della mercanzia a livello delle fabbriche di Francia e del Belgio. Il prezzo però di esse è alquanto più sentito; cause principali ne sono il caro del combustibile, dovendo servirsi della legna, di cui buona parte si ritira dalla spiaggia romana con forti trasporti, mentre le fabbriche estere si avvalgono del carbon fossile che possono avere a condizioni migliori, e poi degli alcali, che dovendosi ancora essi ritirare dall'estero dalla Francia e dall'Inghilterra, difettando il nostro paese di fabbriche di prodotti chimici, essi si acquistano a più caro prezzo.

La produzione di queste fabbriche vien limitata dal semplice consumo interno, ed offre un valore di due. 300.000 lordo di quelle deduzioni di commissione, sconti ed abboni che la fragilità del genere e l'uso del commercio ha introdotto. 

Esse potrebbero dare il doppio dell'attuale produzione con una piccola differenza d'impiego di capitali. Il numero d'operai impiegati in queste fabbriche può ritenersi di circa 500 con una mercede di due. 6 mensili per i bracciali ed artieri, e di due. 120 a 130 al mese per i maestri che lavorano alla tariffa. 

Le fabbriche di bottiglie nere per uso di vino, liquori e birra sono anche al numero di quattro, e sono stabilite tre in provincia di Salerno e l'altra in S. Giovanni a Teduccio con forni da otto a cinque padelle. 

Esse danno una limitata produzione, atteso il poco consumo che si fa dell'articolo, per non esservi in queste province manifatturazioni troppo considerevoli di vini da spedire in bottiglie per l'estero, ragione per la quale ogni fabbrica lavora tre soli mesi dell'anno. La vendita annuale del prodotto di queste fabbriche si ritiene offrire circa due. 30.000. 

Gli operai che vi lavorano sono al numero di circa 300 con un trattamento simile a quello di sopra indicato. Finalmente vi sono altresì due altre fabbriche di bufferie, ossia mezzo cristallo per uso di oggetti ordinari di profumeria etc. 

Di esse una esistente in Napoli produce un valore di circa annui due. 18 a 20 mila ed alimenta una cinquantina d'impiegati con diverso trattamento; l'altra in Caivano produce un valore di due. 9 a 10.000 ed occupa circa quaranta operai con diversa mercede.

Ma tutte queste industrie non versano oggi nelle più favorevoli condizioni, anzi sono minacciate di rovina, non potendo reggere sotto un sistema daziario che apre improvvisamente la barriera alla concorrenza straniera, senza aver curato quei provvedimenti pei quali solamente si poteva andare incontro da un sistema di protezione da uno del tutto opposto.

La Francia per esempio, nella riduzione del dazio protettore da un sistema altissimo e quasi proibitivo del 30%, dispose di mettersi in esecuzione la nuova tariffa dopo scorso un anno per talune manifatture, per altre dopo elassi mesi 18, e ciò per dar luogo ai reclami e dar tempo ad esitarsi le manifatture confezionate, che si trovano gravate del dazio primiero. 

Molti di questi stabilimenti, come a cagione d'esempi quelli di cuoj, si trovano gran massa di mercanzia lavorata sopra una materia grezza assai più cara, come quella che aveva già sostenuto un forte dazio sull'introduzione, senza parlare del maggior prezzo che in Napoli costano le cuoja, perché non avendo noi commercio diretto colle Americhe per difetto di una dogana di deposito per la riesportazione libera, siamo obbligati di provvederne d'altre piazze, come Marsiglia e Genova. 

Non si parla degli altri vantaggi che si hanno i forestieri specialmente gli inglesi, tanto in materie prime di cui si possono provvedere a miglior mercato, quanto pel carbon fossile che per essi è un prodotto quasi gratuito, e per lo corredo delle macchine che si procacciano con maggior facilità e minor spesa: e così è a dire per tanti articoli ed aiuti inservienti all'industria. 

E si aggiunga a tutto questo il vantaggio di uno sconto ch'è in Inghilterra ordinariamente più mite che presso di noi, oltre alla grande facilità di scontare gli effetti presso la banca, locché costituisce il più potente mezzo per contrastare con altre industrie le quali, come le nostre, sono surte e si sostengono senza qualunque appoggio o sussidio di sorta alcuna. 

Per queste ragioni da noi assegnate non è meraviglia se dei prodotti delle manifatture nostrali non si faccia per l'estero esportazione di sorta, menoché per le Garancine e i cotoni filati tinti di rosso Adrianopoli, ed i tessuti lisci della stessa tinta; perché gli elementi di queste tinte essendo un prodotto del nostro suolo qual'è la rubbia, l'olio, il sommacco, non temono la concorrenza sui mercati stranieri.

Inutile è forse oggi elevare reclami e troppo tardi forse si apporterebbero rimedi alle ferite già fatte. Le industrie del già Regno delle Due Sicilie, sono state sventuratamente né apprezzate né conosciute da coloro che pur troppo avevano obbligo di considerarle, e perciò quando i suoi più grandi interessi sono stati discussi innanzi al parlamento nazionale si è avuto dolorosamente il rammarico di vederli trattati leggermente come cosa di piccol conto. 

Dopo le considerazioni esposte questa Giunta di Commercio sente il dovere di richiamare l'attenzione del governo sopra un altro fatto dolorosissimo. Il passato governo tenendo in piedi un esercito di circa 100 mila soldati provvedeva al fornimento di esso coi prodotti della nostra industria: e di ciò doveva esser ben soddisfatto, perché in questi prodotti trovava consistenza e durevolezza, che non si trova in quelli dello straniero. 

Oggi i fornitori dell'Esercito lontani da questa parte d'Italia non hanno alcun pensiero o riguardo ai prodotti dell'industria nostrale, e, pensando piuttosto all'illusiva apparenza che alla buona sostanza dei fornimenti militari, si rivolgono ai prodotti stranieri. 

Pessima cosa è poi che il governo conceda loro d'introdurre la mercanzia esente dal dazio d'immissione, come se lo Stato non perdesse da un lato quel tanto di guadagno; oltre a che si arreca danno inestimabile alla nostra industria. L'importanza dell'industria della carta obbliga ancora a farne un cenno particolare per completare in tutto la risposta ai quesiti proposti.


Dell'industria della carta.

L'industria della carta è certamente delle più progredite in queste province; si contano circa 9 stabilimenti, che lavorano con 20 macchine continue, posti quasi tutti nel distretto di Sora, oltre le cartonerie; essi stabilimenti danno un prodotto annuale di circa quintali 50.000. Si contano poi circa 33 cartiere a mano poste quasi tutte nel distretto di Sora, oltre le cartonerie che lavorano con 137 tini e danno un prodotto annuale di quintali 30.000. Così il totale della produzione è stimato in carta quintali 80.000, che ragguagliati al prezzo medio di due. 29,41 per ogni quintale forma il valore di due. 2.352,800 annualmente prodotto. 

La materia prima, cioè gli stracci, in circa quintali 120.000 è tutta raccolta e fornita nel paese stesso. Merita particolare attenzione del governo il considerare che questa produzione non è consumata pei soli bisogni di queste province, ma si esporta annualmente per le Isole Ionie, per la Grecia, e altre parti di Oriente, nonché per Trieste. 

Una quantità considerevole di questo prodotto, stimata non minore di quintali 8.000, si adopera in sussidio di un'altra industria importantissima, quella dei frutti degli agrumi per involgerne e custodirne le casse, che si esportano per le Americhe e per gli Stati settentrionali di Europa. 

Ciò che ha fatto prosperare molto quest'industria, che anni or sono era di piccol conto, è stato non tanto una certa protezione accordatale dalle leggi doganali sulla introduzione delle carte forestiere, quanto la possibilità di procacciarsi la materia prima a prezzi più discreti.

Questa Giunta di Commercio sente il dovere di rassegnare al ministero, che la tariffa che ora vige nel Regno italiano cura troppo poco una materia prima tanto importante qual'è quella dalla carta richiesta, quando le nazioni più progredite in industria per tutta Europa la custodiscono gelosamente, come quella che è un vero tesoro, e che non si può produrre a volontà. 

Questo ha portato la necessità di imporre una tassa eccezionale d'imbarco, la quale impedisce il traffico di questa mercé colle altre province italiane. Sarebbe di gran lunga preferibile che il dazio di esportazione imposto su questo articolo venisse modificato nell'interesse di tutta l'industria italiana, così potrebbe farsi meno di questa tassa, che ora si è resa indispensabile per non rovinare gli stabilimenti di queste province.

La Giunta si fa un dovere di rimettere una memoria presentata dagl'industriali di queste province, la quale merita di essere tenuta in considerazione per le ragioni pratiche, che vi sono esposte, e per i dati statistici che offre.


 

Del commercio interno.

I rami più importanti del commercio interno sono principalmente i prodotti del suolo: ma bisogna pur dirlo non trovasi punto in prosperevole condizione; e ciò per la mancanza di utili mezzi di trasporto, come strade ferrate, canali, vie rotabili e comunicazioni agevoli. Per questo non vi ha possibilità in molti punti di vendere agevolmente i propri prodotti, e cavarne il giusto prezzo: l'industria agricola in particolare ne risente i più funesti effetti. 

A questo ora si aggrava l'insicurezza delle strade e la moltiplicazione di un brigantaggio feroce, che infesta le province e minaccia i più gravi danni, se non si provvede con pronti ed efficaci rimedi. Questa Giunta consultiva invoca con ogni suo potere l'opera efficace e pronta del governo perché non lasci ogni mezzo intentato per ovviare un così gran male. 

A quest'intento gioverebbe assai il costituire prontamente una linea di vapori trafficanti, che giornalmente facessero il giro lungo le costiere del Tirreno e dell'Adriatico, così una gran parte del traffico, e specialmente per le persone si farebbe per la via del mare tanto agevole e sicura: oltreché il commercio se ne gioverebbe grandemente. 

Ancora la Giunta sente l'obbligo di reclamare a nome del commercio di queste province che si provvegga a costruire dei porti e luoghi di ricovero ai naviganti lungo le costiere del Tirreno e dell'Adriatico. 

Si dovrebbe senza remora deputare una commissione, che studiasse e proponesse il modo più agevole e pronto per vedere attuato così utile ed aspettato provvedimento. Da ultimo si fanno calde istanze perché in questa città capitale della meridionale Italia sia costituita una Dogana di deposito (Entrepot), locché sarà di grande utilità per questi popoli e ne farà rifiorire il commercio.


28 Relazione  della  Giunta  provvisoria  di  commercio  di Napoli,  in risposta a quesiti proposti dal ministero Agricoltura, industria e commercio con foglio del 6 marzo 1861, approvata nella seduta del 12 giugno  1861 (Verbali  delle  deliberazioni,  in  Archivio  della  Camera  di  commercio  di Napoli).

Il documento che pubblichiamo
è riportato nel testo di Scirocco
la cui prima edizione risale al 1963.
Questo documento
è una prova ulteriorte 
di quanto andiamo sostenendo
in più pagine e cioè che
le voci che si levavano
a difesa degl interessi
dell'ex Regno delle Due Sicilie

nei primi tempi erano
forti e documentate.
Poi divennero sempre più
deboli fino a sparire del tutto
anzi fino a negare il passato
negando che in quelle terre
sotto l'odiato Borbone
potesse esservi stata
alcuna inizativa
di carattere industriale.
E il brigantaggio fece da alibi
ai nemici del Sud:
in nome del supremo interesse
del neonato stato italiano
non si tollerarono voci critiche.

IL MEZZOGIORNO NELLA CRISI DELL'UNIFICAZIONE 1860-1861, Alfonso Scirocco, 1981 - Edizione SEN






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