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Fonte:
Corriere della Sera - Economia - 27 giugno 2005

Occupazione, è allarme rosso nell’industria

I più recenti dati della Svimez e dell’Istat rilevano una situazione difficile in tutte le regioni del Mezzogiorno. Cominciano a cedere anche i servizi

 di Luca Bianchi


La Campania, che tra il 2000 e il 2003 aveva mostrato tassi di crescila del prodotto interno lordo «dell’occupazione decisamente superiori a quelli medi del resto del Mezzogiorno, in molti casi anche di assoluta eccellenza, mostra segnali di cedimento piuttosto evidenti. Dopo i dati Svimez, che per il 2004 avevano mostrato un tasso di crescita del Pil regionale che era tornato ad allinearsi a quello medio del Sud  per la prima volta dopo diversi anni inferiore a quello del CentroNord  anche gli ultimi dati Istat in materia di occupazione non sono positivi. Nel primo trimestre 2005 per la Campania si evidenzia  una flessione (-1,7%), pari ad una riduzione di 30mila occupati) che fa seguito  al dato ancora più negativo fatto segnare lo scorso trimestre (-3,2%).

Tutto questo avviene all'interno di un contesto in cui il Mezzogiorno, nel suo complesso, la segnare un tasso di crescita leggermente positivo anche se decisamente inferiore a quello del Centro-Nord (1,5%).

Tra le regioni meridionali emerge il dato positivo della Puglia (+0,7%), trainato dalla buona performance sia del sentore industriale che delle costruzioni.

Cosa sta dunque accadendo al mercato del lavoro campano? Cosa si è inceppato nel meccanismo che aveva consentito i risultati degli anni precedenti? Può essere utile andare a verificare più in dettaglio l’evoluzione dell'occupazione nei diversi settori dell’economia.

La perdita di occupati più significativa si registra nel settore industriale nei servizi.

Si tratta di situazioni di difficoltà che nascondono problemi gravi ma piuttosto diversi. Per quanto riguarda l’industria campana, la tendenza alla riduzione della manodopera impiegata h ormai un dato consolidato: e dalla fine del 2002 che l'occupazione industriale ha imboccato un trend decrescente che ha portato alla perdila. di circa 30 mila posti di lavoro. Il dato relativo al primo trimestre 2005, pur confermando il trend negativo (-9 mila addetti, pari al -3,7%), e migliore rispetto alla media del 2004 (-7,5%). Ciò non cambia di molto la situazione: in Campania c'e una vera e propria emergenza industriale. E le motivazioni, ormai note, sono di carattere strutturale: attengono al tipo di specializzazione e alla dimensione aziendale, sulle quali è necessario intervenire con adeguate politiche di rafforzamento strutturale del tessuto industriale. Si tratta di difficoltà comuni all'intero Mezzogiorno ma che assumono particolare gravita proprio nelle regioni dove esistono significative realtà industriali. Fa riflettere, in particolare, il dato della Basilicata che nel primo trimestre del 2005 ha ridotto l'occupazione industriale del 6,9%, dopo il –7,0% fatto segnare nella media del 2004.

Il calo di addetti nel sentore dei servizi rappresenta, invece. una brusca inversione di tendenza perchè è questo il settore che nel corso degli ultimi quattro anni aveva dato il contributo più elevato alla crescita dell’occupazione in Campania, fra il primo trimestre 2005 e lo stesso periodo del 2004 la perdita di posti di lavoro nel settore dei servizi è stata di 47 mila addetti (3,7%), oltre la metà è imputabile al settore commerciale. E’ questo un importante campanello d'allarme che sembra riflettere le accresciute difficoltà delle famiglie nel mantenere un adeguato livello di spesa per  consumi (Appare opportuna in una simile situazione la decisione del neoassessore campano di anticipare la stagione estiva dei saldi).

In particolare, la forte flessione della componente indipendente del settore commerciale potrebbe nascondere una tendenza alla ri-immcrsione, un ritorno al sommerso di micro attività commerciali che in una fase economica più positiva si  erano regolarizzate.

Quello della ripresa di Una tendenza alla  crescita del fenomeno del sommerso, comune all'intero Mezzogiorno e contrapposto a quanto avviene nel resto del Paese dove i provvedimenti di regolarizzazione dei lavoratori stranieri ha fortemente ridotto il fenomeno. appare un rischio tangibile in una fase economica come quella attuale e viene confermata anche da recenti indagini del Censis.

Le cause sono da ricercarsi in diversi fattori: la crisi del settore industriale meridionale che rischia di riflettersi in un ritorno alla  completa immersione di piccole aziende che lavorano sulla frontiera tra regolarità e irregolarità, spesso in rapporti di committenza con aziende emerse; la crescita di peso di comparti, come quello delle costruzioni, tradizionalmente caratterizzati da lassi di irregolarità molto alti (oltre il 30%); ma. soprattutto, una sorta di nuova legittimazione sociale del sommerso legata da un lato dalla diffusa paura di impoverimento  e quindi dalla ricerca di modalità di integrazione ai redditi percepiti come insufficienti  e dall'altro ad un più generale indebolimento della battaglia per la legalità e per la diffusione del rispetto delle regole.

Rischiamo di entrare in una fase in cui, alle difficoltà effettive dell’economia regionale e meridionale nel suo complesso, si somma un peggioramento nella fiducia delle famiglie, con il rischio di creare lacerazioni sociali che indeboliscono i fenomeni di crescita della società civile che si erano andati consolidando alla fine degli anni 90.

 La fuoriuscita dal mercato del lavoro di una quota sempre più consistente di giovani e, soprattutto, di donne che vedendo ridotte le prospettive di trovare un lavoro regolare, smettono di cercarlo, costituisce senza dubbio un dato preoccupante. Perchè indice di una ampliamento della quota degli esclusi e perchè in termini di prospettive, rischia di innescare un processo di svalutazione del capitate umano e sociale della regione. Nel corso degli ultimi dodici mesi. in Campania, la forza lavoro femminile (cioè la somma di chi ha un lavoro e di chi lo cerca attivamente) si è ridotta di ben 47 mila unita, per effetto sia di una riduzione delle occupate (-12 mila) che dello scoraggiamento nella ricerca di 35 mila donne.

Iniziative concrete e forti, a favore della lotta all’emersione all'inclusione sul mercato del lavoro dei giovani e delle donne, dovrebbero rappresentare le priorità per le nuove giunte regionali del Mezzogiorno. Dalla capacità di dare segnali in questo senso può dipendere anche la ricostituzione di un processo di accumulazione di capitale sociale nell'area (che e costituito proprio dalla fiducia reciproca tra i cittadini e verso le comuni istituzioni, dalla certezza e dal rispetto delle regole), preliminare all’incremento del capitale fisico e produttivo. E’ nella dimensione territoriale regionale che vanno modellate le iniziative economiche, affrontati i problemi del risanamento delle aree metropolitane, sviluppale le imprese innovative ai fini di offrire alle nuove generazioni concrete opportunità di realizzazione nel lavoro e nella vita sociale i fiducia nel futuro.








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