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Fonte:
https://www.ideazione.com - 10 aprile 2001

Il federalismo fiscale mette alla prova i governatori del Sud

di Salvatore Vescina

I governatori del Mezzogiorno contestano il federalismo fiscale, disciplinato dal decreto 56 del 2000, che giudicano penalizzante perché la riduzione dei trasferimenti dallo stato centrale alle regioni non è compensata, nel Mezzogiorno, dai tributi di competenza regionale, Irap in testa. E ciò, evidentemente, perché la base imponibile, la ricchezza prodotta dalle imprese in queste regioni, è ben poca cosa rispetto a quella del Centro-Nord.

A ben guardare, l'assetto tendenzialmente federale che va assumendo il nostro paese ripropone la questione della disomogeneità territoriale del Mezzogiorno rispetto alle altre regioni italiane ed europee. Europa e disomogeneità territoriale, un binomio che offre più di qualche spunto sul quale riflettere.

L'origine del decreto 56 è nell'adesione all'euro che implica il divieto di dare corso a svalutazioni competitive e accrescere il debito pubblico. Sono così venute meno le due principali leve sulle quali i governi italiani, per decenni, avevano basato la propria politica economica. Per rispettare il patto di stabilità si rendeva necessario intervenire in tempi stretti su più voci di bilancio, riducendo la spesa pubblica o accrescendo la pressione tributaria.

Entrambe queste opzioni avevano costi politici elevati ai quali il governo ha saputo sottrarsi cogliendo la palla al balzo offerta dalle istanze dei ceti produttivi di un Nord che si sente - a giusto diritto - regione europea e che - in modo non altrettanto encomiabile - rifiuta di concorrere ai costi del ritardo di sviluppo accusato dal Mezzogiorno.

Per questa via si è operato il trasferimento dal livello centrale a quello regionale della scelta tra il taglio della spesa pubblica e l'inasprimento di una pressione tributaria già intollerabile.

Basti pensare alla spesa sanitaria. Le regioni meridionali, in assenza di correzioni al decreto 56, dovranno presto imporre ai propri governati ticket supplementari che certo non giovano al consenso.

Come spiegare agli elettori pugliesi o calabresi perché mai debbano pagare le prestazioni sanitarie che in Veneto o in Lombardia sono erogate gratuitamente? Da qui la preoccupazione dei presidenti meridionali che, a nostro avviso, hanno ben donde nel rivendicare soluzioni più equilibrate e solidali di quelle dettate dal famigerato decreto.

Il legittimo dissenso dei governatori del Sud si presta a essere interpretato dal popolo del Nord come conservatorismo a tutela di un modello assistenzialista e parassitario. Sarebbe bene, per fugare questo legittimo sospetto, che le regioni del Sud diano corso ad azioni efficaci sul fronte sia della contrazione dei livelli di spesa corrente, sia dello sviluppo economico, unica via per accrescere il gettito fiscale senza incrementare la pressione tributaria.

Avanziamo, per cominciare, due proposte di razionalizzazione alla portata di tutte le regioni. La prima, per ridurre le spese: farla finita con la parcellizzazione delle forniture per le Asl, istituendo centrali di acquisto (su scala almeno regionale) con un forte potere contrattuale che permetta di acquistare farmaci e servizi a prezzi sensibilmente più bassi.

La seconda, per lo sviluppo economico: porre fine allo sperpero degli incentivi elargiti alle micro-imprese (incapaci di competere sul mercato) per investire nella crescita delle aziende che operano nei settori ad elevato valore aggiunto; queste infatti sono quelle che producono il maggiore gettito Irap.

Le legislature regionali sono ancora abbastanza lunghe per deludere le aspettative parassitarie di pochi e avviare processi credibili di sviluppo economico. Siamo certi che alcuni governatori sapranno compiere le scelte giuste mentre altri falliranno nel "non-tentativo". I risultati cui assisteremo saranno alquanto eterogenei. Il federalismo estende il concetto di concorrenza anche alle pubbliche amministrazioni e questo ci rende ottimisti.



Fonte: https://www.ideazione.com - 10 aprile 2001




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