La politica ha molto fascino per la gente, tuttavia mai termine come 'politica' è stato ed è tanto vituperato. Nella parlata comune, infatti, tutto ciò che si riferisce alla politica è considerato come negativo ed è associato alla furbizia e ad attività legate alla protezione di interessi particolari. La politica, invece, semplicemente detta, è quella attività rivolta a indirizzare l’azione dello Stato verso la soddisfazione del bene comune di tutti i cittadini ed alle buone relazioni con gli altri Stati.
Tuttavia, e per vari motivi, la politica non sempre riflette questi
necessari propositi. Nella Democrazia parlamentare, perché la
molteplicità dei partiti e degli interessi contrastanti generano
compromessi che non sempre realizzano le soluzioni migliori; nella
dittatura, perché la visione unidirezionale della vita pubblica
non consente la partecipazione dei cittadini; nella repubblica
perché si privilegiano i grandi gruppi di potere oligarchico.
Come si può osservare attraverso questa semplice descrizione,
non esiste un governo migliore in assoluto e le cose piú
efficaci sono realizzate solo quando, in uno qualsiasi di questi
governi, uomini di Stato intelligenti diventano capi di governo.
Purtroppo di veri uomini di Stato intelligenti non ce ne sono stati (e
non ce ne sono) che pochi, cosicché la politica, intesa come
ricerca delle soluzioni migliori per le esigenze sociali ed economiche,
non ha mai un punto d’equilibrio definitivo, diventando, per
questo, l’argomento quotidiano e appassionante di quasi tutti i
cittadini.
La politica, dunque, ha lo scopo costante di risolvere problemi attuali
in una proiezione futura, per cui ogni retto Governo, ogni scrupoloso
uomo politico, nel proporre provvedimenti, ha il dovere di considerarne
la ricaduta nella società per gli anni successivi. In Italia,
invece, se osserviamo ciò che è stato fatto
dall’annessione del 1860, l’attività politica dei
vari governi succedutisi ha avuto fino ad oggi una prospettiva solo di
parte. Mai si è guardato al benessere del popolo nel suo
complesso. Sempre si sono privilegiati gli interessi di alcuni gruppi,
pur alternandosi i sistemi di governo: dalla monarchia alla dittatura e
da questa alla repubblica. I cardini attorno a cui ha ruotato sempre in
Italia qualsiasi governo sono stati: il risorgimento e la salvaguardia
degli interessi economici di una parte di questo Stato (in genere i
gruppi industriali e finanziari del Nord).
Tutto è cambiato per non cambiare mai nulla.
Ecco perché il comune sentire della nostra gente ritiene, anche
d’istinto, che la politica sia, dunque, un’attività
negativa. Ed ecco perché si è avuta anche la degradazione
dei politici del Sud che sono costretti a fare gli ascari di una
politica che non è normale, ma forzata a privilegiare interessi
che non sono quelli del Sud, e spesso sono proprio contro. Il
cosiddetto 'risorgimento', ormai lo sanno persino i sassi, è un
falso storico e politico, i cui scopi sono perfino troppo evidenti:
mistificare i veri motivi per cui è stata unificata
l’Italia. Eppure (la cosa diventa persino ridicola) ancora adesso
che facciamo parte dell’Europa, gli attuali governanti non fanno
che insistere con crescente forza nel santificare quell’evento.
Sembra inverosimile, ma essi davvero ritengono che tali celebrazioni
tengano uniti gli italiani e ne risveglino ... lo 'spirito nazionale',
non consentendo, poi, di proposito la realizzazione di ben altre cose
che, queste sí, sono il collante che tiene unito un popolo.
Questo Stato, attraverso quelli che ci rappresentano, rimane, dunque,
tenacemente legato ad un passato ormai preistorico e non vuole calarsi
nella realtà odierna. L’Europa è entrata in tutte
le case, ma i governanti italiani vogliono fermare i nostri orologi nel
tempo di Cavour, di Garibaldi, di Vittorio Emanuele. Per essi lo
'spirito nazionale' non è quello che va avanti in Europa, ma
è quello che va indietro nell’800! Perché? Lo scopo
è chiaro: quelle menzogne servono a coprire grandi nascosti
interessi e dell‘Europa essi si servono solo per ampliare il loro
potere.
Infatti se la politica, dicevamo, se la vera politica è quella
che opera e si attiva nel presente per il benessere del popolo,
perché questo Stato ha sempre impostato la propria azione in
modo tale da creare un divario profondo fra il Sud e il resto d'Italia?
Perché lo Stato si adopera addirittura perché questo
divario aumenti, come si rileva annualmente dai dati ISTAT? Si deve,
dunque, concludere che lo Stato italiano non agisce per gli interessi
del Sud, anzi è contro il Sud. Basta solo riflettere sul fatto
che ogni governo che si forma si affretta subito a dire che
risolverà la "questione meridionale", ma che non lo ha fatto mai
nessuno, anzi le cose peggiorano sempre.
La "questione meridionale" è utile, infatti, per dare appalti o
prebende agli amici degli amici. E allora o siamo fessi noi oppure ci
prendono per i fondelli da 142 anni. E chi ci prende per i fondelli
sono soprattutto quelli che esaltano il 'risorgimento'. Chi celebra il
'risorgimento' vuole tenere l’Italia nell’oscurantismo. Chi
venera come 'eroi' i criminali di guerra risorgimentali è
complice di quei farabutti assassini. Chi fa del 'risorgimento'
l’ideologia base dei suoi valori è, dunque, un nemico del
Sud, perché il risorgimento è stato fatto contro il Sud.
Da tutto ciò sorge una considerazione e, da questa, una
legittima conseguente proposta. Se, con l’entrata in Europa, noi
popolo del Sud, delle Due Sicilie per intenderci, siamo diventati
cittadini di un unico organismo statuale, non fa nessuna differenza se
vi entriamo con un governo italiano o con uno nostro. Sempre cittadini
europei restiamo. Un europeo, infatti, è partecipe delle stesse
leggi sia a Bilbao che a Düsseldorf. E allora se non cambia nulla
perché non ritorniamo a riavere il nostro Stato, quello che ci
è stato tolto con la violenza? Con un governo nostro non
potremmo che migliorare la nostra condizione sociale: peggio di come
siamo stati ridotti e colonizzati da 142 anni di unità, non
potremo mai stare.
Il 'risorgimento' lasciamo che se lo godano gli altri.
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