La questione dell’accesso al credito nel Mezzogiorno è un terreno di scontro su cui periodicamente si misurano diverse visioni delle politiche per lo sviluppo. Una settimana fa l’ex superministro dell’Economia Giulio Tremonti è intervenuto sul Corriere della Sera con un contributo sul tema che continua a fare discutere. Tremonti, in breve, sottolinea come il Mezzogiorno sia l’unica grande regione europea che non può contare su una banca “autoctona”, capace di supportarne adeguatamente lo sviluppo, dando linfa alle energie imprenditoriali.
Secondo Tremonti il sistema attuale, così com’è, non
è in grado di svolgere l’azione di sostegno necessaria al
rilancio. E conclude che «ripartire dal Mezzogiorno per far
rinascere nel Mezzogiorno una sua banca, non è impossibile,
è necessario».
Nel dibattito scatenato da queste affermazioni sono intervenuti in
molti, sia sulla stampa nazionale che su quella locale, servendosi
delle poche - e in realtà non così sconvolgenti -
affermazioni dell’ex numero uno di via Venti Settembre per supportare
le tesi più disparate. Sullo sfondo, ma neanche tanto,
c’è ancora la grande questione del Banco di Napoli, in cui
sempre di più si tende a riconoscere un’occasione perduta.
In Campania il confronto sulle problematiche legate al settore del
credito, oltre alle polemiche giù citate, ha avuto negli ultimi
mesi, due fasi critiche: prima con la polemica relativa al rapporto tra
la Fondazione San Paolo e il settore accademico regionale, in
particolare l’ateneo federiciano. In un secondo momento con
l’approvazione a Santa Lucia della legge sulle banche di interesse
regionale, finalizzata a sostenere le banche che decidono di
contribuire in modo più incisivo allo sviluppo locale. Questo
provvedimento rappresenta probabilmente il primo passo di una
più ampia strategia volta al consolidamento del settore
creditizio. In questa prospettiva si era iniziato a riparlare dei
Confidi e soprattutto dell’ipotesi di un Mediocredito campano, che
raccolga operatori locali di piccole e medie dimensioni in un consorzio
capace di aumentarne la capacità di esposizione e in generale
l’incisività nell’ambito dei processi di sviluppo
imprenditoriale regionale.
Due elementi che caratterizzano lo scenario del breve e medio periodo
rendono il nodo del sistema bancario del Mezzogiorno ancora più
cruciale: da una parte l’entrata in vigore dell’accordo Basilea II
probabilmente peggiorerà, con standard di trasparenza più
impegnativi, il già travagliato rapporto tra banche e piccole e
medie imprese meridionali. Dall’altro c’è la progressiva
trasformazione degli incentivi a fondo perduto in prestiti a tasso
agevolato erogati dalle banche (si comincia con la Finanziaria 2005),
che, tra i suoi obiettivi, oltre all’alleggerimento dell’impegno per le
casse dello Stato, ha quello di responsabilizzare maggiormente il
sistema del credito nella selezione delle imprese da sostenere.
Rendendolo ancora più determinante - se possibile - per le
dinamiche di crescita delle regioni meridionali.
Con la prima analisi di Mario Bartiromo (vai>>), L’Articolo avvia
una riflessione sul sistema bancario del Mezzogiorno, provando a
spingersi oltre agli scenari angusti e ai regolamenti di conti evocati
dall’intervento dell’ex-ministro fiscalista Giulio Tremonti.
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.