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Corriere della Sera - domenica, 14 novembre, 2004

«Tasse e Sud, impugnerò io la bandiera»
di Aldo Cazzullo

«La Finanziaria non è solida, andrà corretta. Ha vinto il partito della spesa pubblica» «C’è un tempo per il pensiero e uno per l’azione. E le elezioni politiche sono domani» Gli sono affezionato, ma più a quello degli anni scorsi. Mi ha offerto il posto alla Ue, sono stato io a non accettare .Tirare in ballo il mio carattere è stato un argomento sleale Infatti dopo le mie dimissioni il tasso di litigiosità è salito I tagli nel 2006? Vuol dire che li sosterrà un altro governo

Professor Tremonti, fino a poco fa sia Cofferati sia D’Alema la indicavano come l’ideologo della Casa delle Libertà: le tre «I», la  legge obiettivo, la legge sull’immigrazione, le pensioni, la devoluzione. E ora?

«Se in economia c’è confusione, in politica ormai  c’è chiarezza. Si confrontano due linee: il relativismo cedevole del giorno per giorno, il positivismo forte di chi guarda al futuro. La prego di ricordare questa parola: futuro».

Confusione in economia?

«Sta cadendo la bandiera fiscale».

La raccoglierà lei?

«Io non l’ho mai abbandonata. Il tema fiscale non è un tema economico; è il tema politico per eccellenza. Dappertutto e da almeno due secoli. E’il confine  tra proprietà e libertà, tra privato e pubblico. E poi vedo altre bandiere: la bandiera del risparmio, la bandiera del Sud».

Quindi lei non si considera politicamente morto?

«In politica nessuno muore mai di politica».

Ma ora siamo in una nuova fase.

«Certo: la chiamano subgoverno e Termidoro. Ho riletto Thiers, La Revolution française, vol.1, cap. VI, e più semplicemente l’Enciclopedia italiana alla voce Termidoro. In superficie, tutto corrisponde: politica estera, poteri forti, "riapertura dei salotti nella vita di società". Con due differenze: il Termidoro fu festeggiato da grandi folle; ora non vedo grandi folle in festa attorno al governo. E il Termidoro è durato solo un anno; poi è venuta la dittatura. In ogni caso, la cifra politica del vero Termidoro è stata molto più alta di quella in circolazione. Tanto  più che vedo un’ambiguità di fondo. Di solito il Termidoro è la tomba, non la culla delle rivoluzioni. Si può fare di mattina il Termidoro della spesa pubblica trionfante e di pomeriggio la rivoluzione costituzionale federale?».

Vuol dire che, dopo lei e dopo il Berlusconi rivoluzionario, ora Fini e Follini faranno fuori pure Bossi?

«A Berlusconi sono affezionato, devo dire soprattutto al Berlusconi degli anni scorsi. Alla riforma federale io ci credo davvero. Certo ci crederò ò ancor di più quando la vedrò».

E’vero che in luglio Bossi le ha  chiesto di prendere il suo posto di ministro?

«E’vero. Ma, e ce lo siamo chiariti sabato scorso, proprio perché credevo e credo nella riforma federale, pensavo e penso che un mio rientro sarebbe stato preso dagli "alleati" come una "provocazione", con effetti negativi e reattivi proprio sul federalismo. Non per caso nella cena di luglio hanno detto che  era necessario darmi una "lezione"».

E’ vero anche che Berlusconi le ha  offerto il posto di commissario europeo?

«E’vero. Non l’ho chiesto io».

Allora non pensa più che lei abbia un cattivo carattere.

«Questo del carattere è stato un argomento personale, strumentale, sleale. Vuole una prova? Il tasso di litigiosità nella coalizione è salito dopo le mie dimissioni. Il 2 novembre, dopo il "nuovo inizio", il "Dpef per lo sviluppo", con la Finanziaria in Parlamento, dall’interno dell’esecutivo sono stati chiesti improvvisamente un nuovo programma e un  nuovo governo».

Li ha chiesti Fini, in un’intervista al Corriere.

«Se proprio si vuole metterla sul personale, credo di aver contribuito a  costruire con pazienza materiali politici tanto in Italia quanto in Europa: dalla formula costitutiva della Cdl alla riforma delle pensioni, dal piano d’azione per la crescita europea, alla bozza di Lorenzago. Non è questione di buono o cattivo carattere; è questione di buona o cattiva politica. Per un bilancio, confrontiamo 5 anni di centrosinistra con 3 anni di centrodestra. Con un’economia che andava bene in tutto il mondo, Europa inclusa, il centrosinistra non ha fatto riforme strutturali e ha fatto finanza creativa per 120 mila miliardi di lire».

La finanza creativa è considerata una sua specialità.

«Invece, come le ho detto, è una specialità della sinistra. Con l’economia europea che si  è piantata e con una catena di crisi imprevedibili, dal crollo delle Borse azionarie e finanziarie, all’11 settembre, dall’impatto della Cina  a quello dell’euro, dalle crisi industriali a Parmalat e Cirio, i conti pubblici italiani hanno tenuto, il debito è continuato a scendere, il deficit non ha mai sfondato il 3%. Non solo; sono state fatte due riforme strutturali, lavoro e pensioni. E poi: unificazione del ministero, ridisegno del bilancio pubblico con esclusione delle opere finanziabili dal mercato, applicazione reale dell’articolo 81 della Costituzione sulle  coperture di spesa pubblica, l’action plan for growth considerato la prima azione di politica economica europea dopo l’euro».

Se andava tutto bene che motivo c’era di fare la verifica?

«La vera verifica l’hanno fatta gli elettori, alle Europee. In tutta Europa si è votato con il portafoglio pro o contro i governi: il governo italiano è l’unico grande governo che ha tenuto».

Ma la spesa pubblica non è diminuita.

«Mi sono mosso sulla linea del massimo possibile risparmio essendo solo un ministro, non l’intero governo, non l’intera coalizione. In ogni Consiglio dei ministri contavo richieste medie di nuove spese per circa cento milioni. I consigli sono 4 al mese, più gli extra; i mesi sono 12 in un anno; dire no per 3 anni non rende esattamente popolare».

Come valuta la Finanziaria?

«Il problema è che la legge finanziaria è molto meno "solida" di quanto si dice. Legga il rapporto del Fondo monetario: non solo si prevede uno scostamento di circa 5-6 miliardi di euro, ma si parla di "rischi non irrisori" specialmente sul fronte della spesa. Io credo che i rischi ci siano e non solo sul fronte della spesa; anche sul fronte delle entrate. Il nuovo metodo del 2% avrà un campo di applicazione molto limitato; gli aumenti di tasse subordinati al consenso dei tassati, come chiedere ai capponi il consenso sull’anticipo del Natale, sono improbabili; le entrate da cessioni immobiliari sono largamente inesistenti».

Secondo lei sarà necessaria una manovra correttiva?

«Temo sia un’eventualità difficile da escludere. Per fare  una riforma fiscale, avrebbe dovuto esserci la base di una buona legge finanziaria. La mia impressione è che gli "alleati" abbiano costretto il  premier in un’area bizantina. La linearità del diritto romano, basata sui contratti, fu superata a Bisanzio dai quasi-contratti. Siamo al quasi-rigore e alla quasi-riforma».

Il governo sostiene che non si potevano tagliare le tasse con le agenzie internazionali pronte a declassare l’Italia.

«Le agenzie c’erano anche in luglio, quando è stato scritto il Dpef che prevedeva la riforma fiscale. Da allora il governo ha trasmesso solo notizie positive: cresceva la fiducia sui mercati finanziari, scendevano i prezzi nei supermercati, si applicava il rivoluzionario metodo Brown del 2%. In realtà non è successo nulla di negativo nell’economia. Semplicemente la Finanziaria è stata ed è molto meno solida di quanto fosse stato annunciato. E questo non lo ha rilevato tanto l’opposizione, quanto appunto il Fondo monetario. E non è che ci volesse molto per accorgersene. La riduzione delle tasse si attenua come portata e si sposta nel tempo non perché ci sono le agenzie, ma perché c’è una mezza Finanziaria».

Però ci sono i tagli all’Irap, e gli sgravi.

«Le riduzioni di tasse sono certo sempre positive. La mia impressione è però che il problema dell’economia europea sia dal lato della domanda, che manca. Se hai domanda, investi e assumi anche se i costi sono alti; se non hai domanda, non investi e non assumi anche se i costi scendono. Soprattutto se i costi scendono in modo marginale come dovrebbe essere nel caso dell’Irap. Restiamo comunque in attesa di leggere l’articolato e soprattutto di vedere se ci sono davvero  le coperture».

Berlusconi fa notare che i tagli sono solo posticipati al 2006.

«Piuttosto che niente, meglio il piuttosto. Ma il 2006 non è un anno qualsiasi. Se gli sgravi iniziano nel gennaio 2006 e si vota ad aprile, la responsabilità e la sostenibilità politica dello sgravio sono tutte trasferite a carico del governo futuro. Una cosa è mettere una riforma nel tuo programma elettorale, una cosa è farla nel tuo periodo di governo, una cosa è metterla in conto a un governo futuro. Ovviamente spero che questo governo futuro non sia comunque un governo di centrosinistra».

Berlusconi sostiene che il contratto o quasi-contratto con gli italiani è comunque rispettato.

«La valida interpretazione dei  contratti è quella che le parti fanno di comune accordo. Si tratta dunque di aspettare il voto degli elettori».

Però almeno una mezza riforma c’è stata. O no?

«In questa fase c’è stata una vittoria del partito unico della spesa pubblica. La Finanziaria si può anche leggere come un abbecedario, A come Alitalia...».

Lei come avrebbe fatto  la riforma? Tagliando le tasse ai più ricchi?

«La mia idea di riforma  fiscale non era limitata alle aliquote. Includeva un secondo 8 per mille in favore del volontariato e della ricerca e poi un effettivo contrasto all’evasione fiscale, che si può fare solo coinvolgendo i Comuni nell’accertamento delle imposte e riformando la riscossione, visto che oggi per  100 euro messi a ruolo lo Stato ne incassa 3 e ne paga uno e mezzo. In questi termini pagare le imposte è un optional. In Consiglio dei ministri la riforma della riscossione è stata bloccata a inizio anno da un importante alleato».

Quale?

«Mi pare di ricordare An».

Così ora  lei impugnerà la bandiera delle tasse?

«Non solo. Altre bandiere vanno tenute in alto. La bandiera del risparmio. Della libertà economica. E del Sud».

Il Sud?

«Se la costituzione è federale, la politica non può essere centrale. Il mio impegno non sarà solo al Nord  ma anche al Sud, dove gli aiuti pubblici sono troppo dispersi per essere efficaci, dove la questione storica non è più quella agraria ma quella  bancaria, perché senza proprie banche il Sud non può svilupparsi».

Pare un programma elettorale: lei al Sud, Bossi al Nord.

«C’è un tempo per il pensiero e un tempo per l’azione. Oggi è ancora il tempo del pensiero. Ma ancora per poco, perché si vota tra 16 mesi, e cioè le Politiche sono domani».

Aldo Cazzullo

Il personaggio

Professore universitario dal 1974, Giulio Tremonti è attualmente ordinario nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia. È autore di due monografie e di numerosi articoli scientifici POLITICA Deputato di Forza Italia, è stato ministro nei governi Berlusconi: delle  Finanze dal maggio ‘94 al gennaio ‘95 e dell’Economia dal giugno 2001 al luglio 2004 (nella foto il premier Berlusconi con Tremonti). È presidente di Aspen Institute Italia


Tratto da:  Corriere della Sera - domenica, 14 novembre, 2004

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Ringraziamo l'amico Tizza che ci ha fornito questo articolo in formato elettronico.

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