«La Finanziaria non è solida, andrà corretta. Ha
vinto il partito della spesa pubblica» «C’è un tempo
per il pensiero e uno per l’azione. E le elezioni politiche sono
domani» Gli sono affezionato, ma più a quello degli anni
scorsi. Mi ha offerto il posto alla Ue, sono stato io a non accettare
.Tirare in ballo il mio carattere è stato un argomento sleale
Infatti dopo le mie dimissioni il tasso di litigiosità è
salito I tagli nel 2006? Vuol dire che li sosterrà un altro
governo
Professor Tremonti, fino a poco fa sia
Cofferati sia D’Alema la indicavano come l’ideologo della Casa delle
Libertà: le tre «I», la legge obiettivo, la
legge sull’immigrazione, le pensioni, la devoluzione. E ora?
«Se in economia c’è confusione, in politica ormai
c’è chiarezza. Si confrontano due linee: il relativismo cedevole
del giorno per giorno, il positivismo forte di chi guarda al futuro. La
prego di ricordare questa parola: futuro».
Confusione in economia?
«Sta cadendo la bandiera fiscale».
La raccoglierà lei?
«Io non l’ho mai abbandonata. Il tema fiscale non è un
tema economico; è il tema politico per eccellenza. Dappertutto e
da almeno due secoli. E’il confine tra proprietà e
libertà, tra privato e pubblico. E poi vedo altre bandiere: la
bandiera del risparmio, la bandiera del Sud».
Quindi lei non si considera
politicamente morto?
«In politica nessuno muore mai di politica».
Ma ora siamo in una nuova fase.
«Certo: la chiamano subgoverno e Termidoro. Ho riletto Thiers, La
Revolution française, vol.1, cap. VI, e più semplicemente
l’Enciclopedia italiana alla voce Termidoro. In superficie, tutto
corrisponde: politica estera, poteri forti, "riapertura dei salotti
nella vita di società". Con due differenze: il Termidoro fu
festeggiato da grandi folle; ora non vedo grandi folle in festa attorno
al governo. E il Termidoro è durato solo un anno; poi è
venuta la dittatura. In ogni caso, la cifra politica del vero Termidoro
è stata molto più alta di quella in circolazione.
Tanto più che vedo un’ambiguità di fondo. Di solito
il Termidoro è la tomba, non la culla delle rivoluzioni. Si
può fare di mattina il Termidoro della spesa pubblica trionfante
e di pomeriggio la rivoluzione costituzionale federale?».
Vuol dire che, dopo lei e dopo il
Berlusconi rivoluzionario, ora Fini e Follini faranno fuori pure Bossi?
«A Berlusconi sono affezionato, devo dire soprattutto al
Berlusconi degli anni scorsi. Alla riforma federale io ci credo
davvero. Certo ci crederò ò ancor di più quando la
vedrò».
E’vero che in luglio Bossi le ha
chiesto di prendere il suo posto di ministro?
«E’vero. Ma, e ce lo siamo chiariti sabato scorso, proprio
perché credevo e credo nella riforma federale, pensavo e penso
che un mio rientro sarebbe stato preso dagli "alleati" come una
"provocazione", con effetti negativi e reattivi proprio sul
federalismo. Non per caso nella cena di luglio hanno detto che
era necessario darmi una "lezione"».
E’ vero anche che Berlusconi le
ha offerto il posto di commissario europeo?
«E’vero. Non l’ho chiesto io».
Allora non pensa più che lei
abbia un cattivo carattere.
«Questo del carattere è stato un argomento personale,
strumentale, sleale. Vuole una prova? Il tasso di litigiosità
nella coalizione è salito dopo le mie dimissioni. Il 2 novembre,
dopo il "nuovo inizio", il "Dpef per lo sviluppo", con la Finanziaria
in Parlamento, dall’interno dell’esecutivo sono stati chiesti
improvvisamente un nuovo programma e un nuovo governo».
Li ha chiesti Fini, in un’intervista
al Corriere.
«Se proprio si vuole metterla sul personale, credo di aver
contribuito a costruire con pazienza materiali politici tanto in
Italia quanto in Europa: dalla formula costitutiva della Cdl alla
riforma delle pensioni, dal piano d’azione per la crescita europea,
alla bozza di Lorenzago. Non è questione di buono o cattivo
carattere; è questione di buona o cattiva politica. Per un
bilancio, confrontiamo 5 anni di centrosinistra con 3 anni di
centrodestra. Con un’economia che andava bene in tutto il mondo, Europa
inclusa, il centrosinistra non ha fatto riforme strutturali e ha fatto
finanza creativa per 120 mila miliardi di lire».
La finanza creativa è
considerata una sua specialità.
«Invece, come le ho detto, è una specialità della
sinistra. Con l’economia europea che si è piantata e con
una catena di crisi imprevedibili, dal crollo delle Borse azionarie e
finanziarie, all’11 settembre, dall’impatto della Cina a quello
dell’euro, dalle crisi industriali a Parmalat e Cirio, i conti pubblici
italiani hanno tenuto, il debito è continuato a scendere, il
deficit non ha mai sfondato il 3%. Non solo; sono state fatte due
riforme strutturali, lavoro e pensioni. E poi: unificazione del
ministero, ridisegno del bilancio pubblico con esclusione delle opere
finanziabili dal mercato, applicazione reale dell’articolo 81 della
Costituzione sulle coperture di spesa pubblica, l’action plan for
growth considerato la prima azione di politica economica europea dopo
l’euro».
Se andava tutto bene che motivo c’era
di fare la verifica?
«La vera verifica l’hanno fatta gli elettori, alle Europee. In
tutta Europa si è votato con il portafoglio pro o contro i
governi: il governo italiano è l’unico grande governo che ha
tenuto».
Ma la spesa pubblica non è
diminuita.
«Mi sono mosso sulla linea del massimo possibile risparmio
essendo solo un ministro, non l’intero governo, non l’intera
coalizione. In ogni Consiglio dei ministri contavo richieste medie di
nuove spese per circa cento milioni. I consigli sono 4 al mese,
più gli extra; i mesi sono 12 in un anno; dire no per 3 anni non
rende esattamente popolare».
Come valuta la Finanziaria?
«Il problema è che la legge finanziaria è molto
meno "solida" di quanto si dice. Legga il rapporto del Fondo monetario:
non solo si prevede uno scostamento di circa 5-6 miliardi di euro, ma
si parla di "rischi non irrisori" specialmente sul fronte della spesa.
Io credo che i rischi ci siano e non solo sul fronte della spesa; anche
sul fronte delle entrate. Il nuovo metodo del 2% avrà un campo
di applicazione molto limitato; gli aumenti di tasse subordinati al
consenso dei tassati, come chiedere ai capponi il consenso
sull’anticipo del Natale, sono improbabili; le entrate da cessioni
immobiliari sono largamente inesistenti».
Secondo lei sarà necessaria una
manovra correttiva?
«Temo sia un’eventualità difficile da escludere. Per
fare una riforma fiscale, avrebbe dovuto esserci la base di una
buona legge finanziaria. La mia impressione è che gli "alleati"
abbiano costretto il premier in un’area bizantina. La
linearità del diritto romano, basata sui contratti, fu superata
a Bisanzio dai quasi-contratti. Siamo al quasi-rigore e alla
quasi-riforma».
Il governo sostiene che non si
potevano tagliare le tasse con le agenzie internazionali pronte a
declassare l’Italia.
«Le agenzie c’erano anche in luglio, quando è stato
scritto il Dpef che prevedeva la riforma fiscale. Da allora il governo
ha trasmesso solo notizie positive: cresceva la fiducia sui mercati
finanziari, scendevano i prezzi nei supermercati, si applicava il
rivoluzionario metodo Brown del 2%. In realtà non è
successo nulla di negativo nell’economia. Semplicemente la Finanziaria
è stata ed è molto meno solida di quanto fosse stato
annunciato. E questo non lo ha rilevato tanto l’opposizione, quanto
appunto il Fondo monetario. E non è che ci volesse molto per
accorgersene. La riduzione delle tasse si attenua come portata e si
sposta nel tempo non perché ci sono le agenzie, ma perché
c’è una mezza Finanziaria».
Però ci sono i tagli all’Irap,
e gli sgravi.
«Le riduzioni di tasse sono certo sempre positive. La mia
impressione è però che il problema dell’economia europea
sia dal lato della domanda, che manca. Se hai domanda, investi e assumi
anche se i costi sono alti; se non hai domanda, non investi e non
assumi anche se i costi scendono. Soprattutto se i costi scendono in
modo marginale come dovrebbe essere nel caso dell’Irap. Restiamo
comunque in attesa di leggere l’articolato e soprattutto di vedere se
ci sono davvero le coperture».
Berlusconi fa notare che i tagli sono
solo posticipati al 2006.
«Piuttosto che niente, meglio il piuttosto. Ma il 2006 non
è un anno qualsiasi. Se gli sgravi iniziano nel gennaio 2006 e
si vota ad aprile, la responsabilità e la sostenibilità
politica dello sgravio sono tutte trasferite a carico del governo
futuro. Una cosa è mettere una riforma nel tuo programma
elettorale, una cosa è farla nel tuo periodo di governo, una
cosa è metterla in conto a un governo futuro. Ovviamente spero
che questo governo futuro non sia comunque un governo di
centrosinistra».
Berlusconi sostiene che il contratto o
quasi-contratto con gli italiani è comunque rispettato.
«La valida interpretazione dei contratti è quella
che le parti fanno di comune accordo. Si tratta dunque di aspettare il
voto degli elettori».
Però almeno una mezza riforma
c’è stata. O no?
«In questa fase c’è stata una vittoria del partito unico
della spesa pubblica. La Finanziaria si può anche leggere come
un abbecedario, A come Alitalia...».
Lei come avrebbe fatto la
riforma? Tagliando le tasse ai più ricchi?
«La mia idea di riforma fiscale non era limitata alle
aliquote. Includeva un secondo 8 per mille in favore del volontariato e
della ricerca e poi un effettivo contrasto all’evasione fiscale, che si
può fare solo coinvolgendo i Comuni nell’accertamento delle
imposte e riformando la riscossione, visto che oggi per 100 euro
messi a ruolo lo Stato ne incassa 3 e ne paga uno e mezzo. In questi
termini pagare le imposte è un optional. In Consiglio dei
ministri la riforma della riscossione è stata bloccata a inizio
anno da un importante alleato».
Quale?
«Mi pare di ricordare An».
Così ora lei
impugnerà la bandiera delle tasse?
«Non solo. Altre bandiere vanno tenute in alto. La bandiera del
risparmio. Della libertà economica. E del Sud».
Il Sud?
«Se la costituzione è federale, la politica non può
essere centrale. Il mio impegno non sarà solo al Nord ma
anche al Sud, dove gli aiuti pubblici sono troppo dispersi per essere
efficaci, dove la questione storica non è più quella
agraria ma quella bancaria, perché senza proprie banche il
Sud non può svilupparsi».
Pare un programma elettorale: lei al
Sud, Bossi al Nord.
«C’è un tempo per il pensiero e un tempo per l’azione.
Oggi è ancora il tempo del pensiero. Ma ancora per poco,
perché si vota tra 16 mesi, e cioè le Politiche sono
domani».
Il personaggio
Professore
universitario dal 1974, Giulio Tremonti è attualmente ordinario
nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia.
È autore di due monografie e di numerosi articoli scientifici
POLITICA Deputato di Forza Italia, è stato ministro nei governi
Berlusconi: delle Finanze dal maggio ‘94 al gennaio ‘95 e
dell’Economia dal giugno 2001 al luglio 2004 (nella foto il premier
Berlusconi con Tremonti). È presidente di Aspen Institute Italia
Ringraziamo l'amico
Tizza che ci ha fornito questo articolo in formato elettronico.
____________________________________________________________________________________
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.