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Fonte:
Nazione Napoletana - DUE SICILIE
Anno IV - Numero 1 - Gennaio 1999 - 139° dall'occupazione


IL GOVERNO D'ALEMA


Col governo d’Alema è iniziata una fase nuova del secolare attacco dello Stato "italiano" contro il tessuto economico del Sud. Finora le cooperative "rosse" dell'Emilia Romagna avevano avute scarse possibilità di partecipare alla spartizione della torta. Ora, invece, con un presidente del consiglio pidiessino, si apre una stagione di conquista forsennata del mercato meridionale, anche da parte delle Coop.

Una delle primissime risoluzioni del nuovo governo è stata, infatti, quella di preannunziare l'apertura al Sud, con i soliti contributi statali, di una raffica di faraonici stabilimenti emiliani.

Siamo veramente all'epilogo della tragicommedia italiana: l'Emilia Romagna, che prima del 1860 era la regione piú povera d’Italia, viene ora ad imporre la sua legge in quel Sud, che, sfruttato all’osso dai criminali governi sabaudi postunitari, consentí a suo tempo le bonifiche e il decollo economico delle terre emiliane!

Attendiamoci, dunque, l’apertura di questi nuovi formidabili canali per la penetrazione delle merci padane al Sud. Prima lo Stato concedeva ai meridionali almeno la funzione di intermediari nella vendita dei prodotti del Nord. Ora, invece, si vuole consentire ai padani di esercitare al Sud finanche la commercializzazione dei loro prodotti. Questo nuovo fenomeno è destinato a colpire ulteriormente la già precaria produzione meridionale e a disarticolare ulteriormente il piccolo commercio e l’artigianato, con contraccolpi che si faranno sentire anche al Nord: le ondate migratorie verso la Padania e l’arco alpino vi troveranno una nuova, ennesima, fonte di alimento.

Se da una parte il nuovo governo continua, con modalità sempre piú efficaci, la secolare politica di svuotamento economico del Sud, dall’altra tenta, con l’assunzione di Bassolino alla carica di ministro, la stessa operazione di immagine che questi ha operato per Napoli.

Per tale via la sinistra italiana spera di darsi una credibilità meridionalista, ma il nuovo governo, oltre che tenere in piedi la vecchia pratica assistenzialista, non potrà fare nulla per affrontare l’eterna emergenza sociale che attanaglia il Sud. Per incidere seriamente a favore del Sud occorre uscire radicalmente fuori dagli schemi mentali imposti dal sistema, ponendo la necessità di affrontare i problemi del Sud senza il condizionamento delle leggi di mercato, che dall'"unità" d’Italia militano necessariamente a favore dell’economia padana a discapito di quella meridionale.

Il Sud, per rinascere economicamente, ha bisogno del fattore decisivo che ha costituito la fortuna della pianura padana, ha bisogno cioè della protezione incondizionata di un suo Stato.

La sinistra italiana, invece, esattamente come la destra, ritiene che tutto debba essere risolto mediante direttive che provengano dai tavoli romani o bolognesi, rinnovando l’infame patto unitarista, fondato sulla vuota retorica del tricolore e sulla conservazione di quel meccanismo perverso che accomuna gli affari dell’economia padana e la corrispondente disoccupazione meridionale in una medesima dinamica.

Il Sud non ha, dunque, diritto di proteggere la propria economia, come avviene in un qualsiasi territorio del mondo, altrimenti si minerebbe la tenuta falsamente unitarista dello Stato "italiano": questo è il vero nodo della "questione meridionale".

Il patto di ferro tra affari padani e partiti tricoloristi non concede tregua al Sud, cui è consentito di sopravvivere solo come appendice al Nord. Al Nord spetta il compito di dar da mangiare ai meridionali, ma questi in cambio non devono pretendere alcun diritto. Solo al Nord spetta di produrre, mentre ai meridionali è assegnata l’eterna condizione dei mendicanti.

Quanto al lavoro o i meridionali si trasferiscono al Nord o si devono dar da fare, tramite i loro "rappresentanti", affinché le aziende del Nord aprano filiali al Sud. Questa negazione completa di ogni diritto alla dignità civile dei meridionali è la vera radice dell’infernale sbandamento morale e civile che dal 1860 dilaga liberamente al Sud.

È tempo per i meridionali degni di questo nome di organizzarsi e di rifondare il loro onore, ed il loro sacrosanto diritto di esistere al cospetto delle nazioni civili. Questa battaglia enorme ed entusiasmante di resurrezione storica e civile di un intero popolo non può essere condotta solo dai meridionali residenti al Sud: è necessario il concorso potente di tutti i meridionali della diaspora, di tutti i meridionali sparsi nel mondo che non hanno voltato le spalle alle loro origini. Che questo appello possa viaggiare ovunque, grazie all’edizione Nord di Nazione Napoletana, l’unico giornale sudista diffuso all’estero.


Edoardo Spagnuolo

 

 

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