Eleaml


FONTE:
https://www.legautonomie.it/
Martedì 5 ottobre 2010 — 254 — Commissione bicamerale

DOCUMENTO PRESENTATO

DAL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO

I ritardi e le inadempienze del Governo
nell’attuazione della legge sul federalismo fiscale

1. Lo stato di attuazione della legge n. 42 del 2009.

A sedici mesi dall’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009, è possibile fornire un primo giudizio sul suo stato di attuazione, la cui complessità comporta un processo sicuramente complesso e difficile. L’idea che tutti possano guadagnare dal federalismo – il Nord avere più risorse, il Sud non perderne, Roma avere quelle aggiuntive per la Capitale, la Sicilia per la sua autonomia e via promettendo – è chiaramente demagogica, soprattutto dopo la grande crisi economica mondiale. Ad oggi, il rischio è quello di un’attuazione affrettata e superficiale della legge, per singoli «pezzi», motivata unicamente da obiettivi politici di breve periodo.

Questi sono gli oggetti di delega previsti dalla legge n, 42 del 2009, che possono essere contenuti in diversi decreti legislativi: determinazione dei costi e dei fabbisogni standard sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni (articolo 2) per comuni, province, sanità e resto della spesa regionale; istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (articolo 5); disciplina dei tributi delle regioni (articolo 7); classificazione finanziaria (articolo 8); fondo perequativo a favore delle regioni (articolo 9); finanziamento funzioni delle regioni (articolo 10); finanziamento funzioni di comuni, province e città metropolitane (articolo 11); autonomia finanziaria degli enti locali (articolo 12); fondi perequativi per gli enti locali (articolo 13); finanziamento delle città metropolitane (articolo 15); interventi speciali (articolo 16); coordinamento e disciplina fiscale dei diversi livelli di governo (articolo 17); patrimonio degli enti territoriali (articolo 19); disciplina transitoria per le regioni e gli enti locali (articoli 20 e 21); perequazione infrastrutturale (articolo 22); istituzione e disciplina delle città metropolitane approvate con referendum (articolo 23); ordinamento transitorio di Roma capitale (articolo 24); gestione dei tributi e compartecipazioni (articoli 25 e 26).

Gli unici oggetti di delega approvati finora con decreto legislativo sono uno e parzialmente un altro: quello relativo al patrimonio degli enti territoriali e quello Martedì 5 ottobre 2010 — 251 — Commissione bicamerale che stabilisce l’ordinamento di Roma Capitale, senza alcun riferimento alle funzioni e alle risorse che sono rinviate ad un successivo decreto legislativo. Solo uno e parzialmente un altro oggetto di delega risultano quindi attuati su diciotto contenuti nella legge n. 42 del 2009.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, ma ancora non trasmesso alle Camere in attesa del parere da parte della Conferenza unificata, lo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale.

In esso manca qualsiasi riferimento al recupero dei tagli imposti dalla manovra economica triennale, di cui pure era prevista la neutralizzazione, e al fondo perequativo previsto dalla legge n. 42 del 2009. Non vengono chiarite né la copertura né chi sopporterà l’onere della perdita di gettito insito nella cedolare secca.

Viene rinviata ad un successivo decreto ministeriale la fissazione a regime dell’aliquota base dell’Imposta municipale propria per il possesso di un immobile, mentre quella sul trasferimento è già prevista nell’attuale schema di decreto legislativo.

Nelle intenzioni del Governo sembra che l’autonomia impositiva possa soddisfare integralmente il finanziamento dei comuni: è un’idea assolutamente irrealistica, alla luce delle grandi differenze di basi fiscali non soltanto fra grandi circoscrizioni del paese ma anche, trattandosi di finanza comunale, fra grandi e piccoli comuni, fra aree urbanizzate e aree rurali, quando invece sarebbe necessaria anche qualche forma di compartecipazione per la finanza comunale, cosi come previsto dalla legge n. 42 del 2009.

Sono osservazioni analoghe a quelle che sta facendo l’ANCI in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali.

Sono in corso di elaborazione altri due schemi di decreti legislativi: uno relativo all’autonomia di entrata degli enti territoriali, regioni e province, e l’altro concernente i costi e i fabbisogni standard nel settore sanitario. Non si ha notizia di altri decreti legislativi in corso di definizione.

2. Le grandi assenze e le proposte del PD.

Se ci si limitasse ai decreti legislativi finora annunciati l’attuazione della legge n, 42 del 2009 diventerebbe una grande occasione perduta.

L’elenco delle grandi assenze, non solo nei provvedimenti attuativi ma persino nella discussione all’interno del Governo, non può che partire dai livelli essenziali di assistenza e dai livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere fissati per legge perché su quelli andranno calcolati i costi e fabbisogni standard.

I livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni sono il concetto cardine per garantire la tendenziale uniformità dei servizi essenziali e delle funzioni fondamentali in tutto il territorio nazionale. Ritardi o incertezze nella definizione dei LEA e dei LEP sono la vera cartina di tornasole per valutare se il Governo vuole davvero questa riforma o gli interessa solo per motivi propagandistici.

L’articolo 20, comma 2 della legge infatti prevede che: «La legge statale disciplina la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni. Fino a loro nuova determinazione in virtù della legge statale si considerano i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale». È quindi preliminarmente necessario procedere ad una ricognizione dei LEA e dei LEP stabiliti da leggi statali, che non è ancora stata effettuata.

L’elenco delle assenze più importanti prosegue con la mancanza di qualsiasi ipotesi sui meccanismi di perequazione fiscale, sulla perequazione infrastrutturale e sull’autonomia tributaria delle città metropolitane.

Vi è poi il grande interrogativo sulla sorte dei risparmi attesi dal passaggio dalla spesa storica ai costi e fabbisogni Martedì 5 ottobre 2010 — 252 — Commissione bicamerale standard che, tramite il patto di convergenza, andrebbero in grande parte utilizzati per l’adeguamento dei territori svantaggiati e/o dei settori sotto standard.

L’idea che esistano in Italia aree sociali e territoriali stabilmente in grado di garantire un moderno e avanzato sistema di servizi pubblici di livello europeo finanziato unicamente dalle basi fiscali locali senza un intervento pubblico fondato sul principio di coesione nazionale, è sbagliato sul piano culturale, non è coerente non soltanto con i dati effettivi a nostra disposizione ma anche con la legge n. 42 del 2009, e mette a rischio l’attuazione del federalismo in Italia.

La Relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali, presentata dal Ministro dell’Economia e delle finanze on. Giulio Tremonti il 30 giugno scorso, conferma purtroppo queste previsioni pessimistiche.

Non solo, infatti, la ricostruzione storica delle vicende della finanza locale italiana è viziata da inesattezze, ma soprattutto le affermazioni apodittiche e di principio prevalgono ampiamente su quelle ben fondate sul piano analitico, trasformando la Relazione da strumento conoscitivo propedeutico ad un’approfondita e consapevole discussione pubblica a mero strumento a supporto di scelte da parte del Governo in materia non tanto di attuazione della legge n. 42 del 2009, quanto di politica finanziaria congiunturale, in particolare in materia di stretta sulla finanza regionale e locale.

La Relazione manifesta, inoltre, uno stadio dell’analisi ancora molto preliminare e non adempie ai requisiti di legge di definire «ipotesi quantitative» né «possibili ipotesi di distribuzione delle risorse».

Lo stesso presidente della Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale prof. Luca Antonini ha dichiarato che la ricognizione dei trasferimenti allegata alla Relazione non è ancora definitiva e va chiarita in molti punti.

Queste valutazioni sono ampiamente contenute nella proposta di documento presentata dal relatore on. Rolando Nannicini (PD) nella seduta del 29 luglio scorso, che in buona parte coincidono con proposte presenti anche nel documento dell’altro relatore sen. Paolo Franco (Lega Nord).

Il Governo, nei suoi documenti, non ha mai fatto riferimento al Patto di convergenza degli obiettivi di servizio, che deve consentire, attraverso appositi stanziamenti previsti dalle leggi annuali di stabilità, ai territori attualmente meno dotati e/o ai settori attualmente sotto standard di elevare la quantità e la qualità dell’offerta delle prestazioni per poter raggiungere i livelli essenziali. E questa è un’altra fonte di grande preoccupazione, perché si tratta di un altro principio fondamentale della legge.

L’adozione anticipata della manovra triennale per il periodo 2011-2013 con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge nell’agosto scorso, ha comportato l’impossibilità di rispettare il complesso delle procedure in materia di finanza pubblica definite dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ha chiamato le regioni e gli enti locali a fornire un rilevantissimo contributo al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. Il taglio dei trasferimenti è pari, per le regioni, a 4.000 milioni di euro per il 2011 e 4.500 milioni di euro annui a decorrere dal 2012 e, per gli enti locali, a 1.800 milioni di euro per il 2011 e 3.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2012.

Le modalità e le dimensioni di questo contributo sono state stabilite senza alcuna preventiva forma di concertazione e di condivisione degli obiettivi con i soggetti interessati, al contrario di quanto prevede in via generale la legge n. 196 del 2009.

Essa infatti stabilisce che il Governo entro il 15 luglio di ogni anno, tenendo conto delle determinazioni assunte in sede di definizione del patto di convergenza, invii alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi e che, entro il medesimo termine, le linee guida siano trasmesse alle Camere.

Il Documento di Finanza Pubblica 2011-2013 è stato varato il 29 settembre Martedì 5 ottobre 2010 — 253 — Commissione bicamerale scorso senza alcuna preventiva concertazione con Regioni ed enti locali. E non è neppure stata istituita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che la legge n. 42 del 2009 individua come sede propria del lavoro inter-istituzionale fra i diversi livelli di governo.

Al di là delle parole, il Governo sembra aver assunto una filosofia neocentralistica, prova ne sono i ripetuti richiami, ad esempio, alla presunta lentezza delle Regioni nell’impegnare e spendere le risorse destinate alle politiche di sviluppo e coesione (solo l’8 per cento di pagamenti al 30 aprile 2010 sulle risorse disponibili per il 2007-2013), quando la stessa critica dovrebbe essere estesa ai programmi gestiti dai Ministeri, che alla stessa data hanno effettuato solo il 10 per cento dei pagamenti previsti (si veda l’audizione del 23 giugno del capo dell’Ispettorato generale della RGS per i rapporti finanziari con l’UE nel corso dell’Indagine conoscitiva sull’efficacia della spesa e delle politiche di sostegno alle aree sottoutilizzate nella commissione bilancio della Camera).

In conclusione, si corre il rischio di un vero e proprio tradimento dello spirito e della lettera della legge 42 sul federalismo fiscale. Una legge che anche il PD, insieme ad altri gruppi di opposizione, ha contribuito a scrivere in Parlamento e che contiene importanti e positive innovazioni.

Finora però il Governo non ha saputo affrontare i temi più importanti che derivano dalla sua piena e coerente attuazione, con il rischio che le innovazioni e le garanzie, pur contenute nella legge, restino lettera morta.

Per evitare questo pericolo il Gruppo PD della Commissione parlamentare per il federalismo fiscale d’ora in poi non si limiterà ad emendare gli schemi dei decreti legislativi che il Governo sottoporrà al parere del Parlamento. Esso avanzerà proprie proposte da discutere con gli altri gruppi parlamentari presenti in Commissione, per una piena e coerente attuazione della legge n. 42 del 2009.


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DOCUMENTO PRESENTATO DAL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO
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