Il Parlamento Europeo riunito a Strasburgo in seduta plenaria ha dato il via libera all`introduzione della fiscalità di vantaggio o compensativa nei territori e nelle aree depresse degli stati membri.
«Il via libera
del Parlamento europeo alla fiscalità di vantaggio è un altro passo
avanti, atteso dopo l’approvazione in commissione per gli affari
economici e monetari di tre settimane fa. – ha dichiarato Dario
Scalella, Presidente Confapi Campania - In Europa, tuttavia, è la
votazione in Commissione che conta.
E poi spetterà ai Governi nazionali
darne concreta applicazione. Auspichiamo che ciò avvenga in tempi
rapidi, partendo da una riduzione dell’Irap. È un intervento tanto più
urgente in Campania, dopo un’addizionale dell’imposta dello 0,30%
approvata per ripianare i buchi nel settore sanità. L’Irap è così
salita nella nostra regione al 4,55%, in netta controtendenza rispetto
ad altre aree del Paese.
Contemporaneamente è necessario precisare che
non è attraverso la sola fiscalità di vantaggio che si può improntare
una politica attiva per il rilancio del Mezzogiorno. Ci vuole un
programma articolato che punti su Infrastrutture, Innovazione e
Internazionalizzazione.
Per le infrastrutture basti ricordare i recenti
dati Unioncamere che confermano come in Campania moltissimi
imprenditori siano insoddisfatti per le condizioni in cui versano (il
27% si è dichiarato per niente soddisfatto, solo lo 0,5% si è detto
molto soddisfatto). E occorrono misure nuove per le “sicurezze”, che
impattino su diverse problematiche.
Dalla criminalità organizzata alla
microcriminalità, al concetto più ampio di rispetto delle regole, che
non può prescindere da un piano concreto e efficace contro le varie
forme di sommerso».
Le questioni poste da Nicola Rossi e da Isaia Sales, sull’ultimo numero del Corriere Economia, riguarda un argomento fondamentale: le politiche sovra regionali del sud Italia vanno gestite in una struttura coordinata a livello centrale o basta, come dice Sales, l’attuale conferenza stato Regioni?
A mio parere è necessario
impostare il problema all’interno del sistema locale meridionale.
Nell’attuale assetto costituzionale, d’altronde, le competenze spesso
sono oggetto di contenzioso tra Regioni e Stato, né può dirsi che la
nuova riforma che sta seguendo l’iter parlamentare (opportunamente
lungo) vada con certezza a ridurre questo rischio.
Il
ruolo nuovo delle regioni e delle politiche territoriali è il risultato
di un’evoluzione del sistema Italia, frutto anche di ritardi nel
rendere operative norme pure presenti nell’ordinamento (basta ricordare
che le stesse regioni, previste dalla Costituzione, hanno realmente
cominciato ad operare soltanto nei primi anni settanta). Il rischio di
“inutili strategie centraliste”, pertanto, come ha opportunamente
ricordato Isaia Sales, è in agguato.
Ed è un rischio che,
se non adeguatamente valutato, può determinare una situazione
addirittura peggiore del pericolo che si propone di debellare (lo
spreco di risorse). Oltre che contravvenire a un’esigenza sempre più
avvertita da imprese e cittadini di “prossimità”, di capacità di
leggere il territorio e indirizzarlo, attraverso scelte di politica
industriale sulle quali, tanto sul piano nazionale, quanto su quello
regionale, la politica non ha mai particolarmente brillato. Ma è il
rischio di “neocentralismo”che può e deve essere superato.
Che
le strategie politiche debbano legarsi al territorio, secondo un sano
concetto di sussidiarietà, è indiscutibile. Se il territorio è più
ampio di una Regione, servono meccanismi di coordinamento tra di esse.
Non centralizzando tutto in seno alla Conferenza Stato – Regioni, ma
trovando soluzioni che riguardino esclusivamente le aree coinvolte.
La
soluzione migliore, insomma, sta in un’attivazione diretta da parte dei
Presidenti delle Regioni interessate alle medesime problematiche,
tenendo conto sia degli interessi territoriali, sia delle linee guida
nazionali.
È questa, d’altronde, l’ottica in cui lo
stesso Presidente della Campania si è già mosso in passato. Quando
recentemente ha lanciato l’idea di un coordinamento delle regioni del
Sud sulle politiche sovra regionali o , per esempio, ha avviato il
confronto per la realizzazione di un Mediocredito Meridionale. Un
Istituto che favorisca l’accesso al credito a medio termine delle
piccole e medie imprese (da non confondere con l’idea di una Banca del
Sud).
Il governatore campano ha attivato un confronto con
i suoi colleghi del Sud Italia, rispondendo così alle sollecitazioni
provenienti dal mondo imprenditoriale. Ora è necessario proseguire nel
solco tracciato, dando seguito alle diverse iniziative sul credito
avviate nel corso della legislatura appena conclusasi.
A cominciare
dalla trasformazione in legge del ddl sul credito. Quest’ultimo
opportunamente di competenza regionale, a differenza di tante altre
questioni, di natura più ampia e strategica. La nuova programmazione
2007-2013, per esempio, è un nuovo, fondamentale banco di prova.
L’allargamento dell’Unione Europea avrà riflessi importanti.
Allo
Stato spetta un ruolo delicato in una partita che si gioca su più
tavoli. Contemporaneamente la Basilicata e la Sardegna sono fuori dalle
aree obiettivo 1. In mancanza di una positiva interazione sembrerà che
le quattro regioni siano accomunate da una unica problematica: la
criminalità. Per cui eventuali azioni di politica generale si
potrebbero concentrare solo su questo argomento. La Campania farà
invece bene a interagire con la Puglia, la Calabria e la Sicilia per
fissare strategie comuni sulle risorse e sulla loro destinazione.
Specialmente
per le infrastrutture. Lo abbiamo sostenuto con forza, ma è utile
ripeterlo. “Definizione del documento strategico 2007-2013 con piano
coordinato infrastrutture regioni Sud Italia” è il titolo della
proposta n. 19 della Confapi Campania. Fa parte del documento inviato
ai candidati alla Presidenza della Regione durante la campagna
elettorale.
Serve una strategia interregionale, quindi,
ma su iniziativa delle Regioni, non “ricentralizzata” a Roma. La
geografia politica attuale, d’altro canto, con le Regioni del
Mezzogiorno tutte governate dal centrosinistra dovrebbe rendere ancor
più semplice dialogo e strategie armoniche. E consentire di definire
una piano solido, condiviso e lungimirante per la prossima irripetibile
occasione.
L’apertura dell’area di libero scambio del
Mediterraneo. Iniziative di dialogo e interazione tra istituzioni
locali, come è avvenuto tra le Camere di Commercio di Napoli e Milano,
sono utili e avranno importanti riflessi per i sistemi locali,
soprattutto attraverso un maggiore coinvolgimento delle imprese piccole
e medie. Milano, infatti, nonostante non sia città mediterranea, vanta
un primato assoluto sia in termini di aziende che hanno già rapporti
economici e commerciali con l’area a ridosso del “mare di mezzo”, sia
per strategie e fondi messi in campo in previsione del 2010. Si è mossa
per tempo e bene.
Addirittura candidandosi a sede della
Banca Euromed. Ma per il Mediterraneo la prima, naturale interazione
deve avvenire tra le Regioni del Sud. E deve avvenire presto. In
un’ottica che guardi alle peculiarità locali, tenga conto delle linee
di sviluppo nazionale (ed europee), ma si muova attraverso un
coordinamento che interessi più direttamente chi dal Mediterraneo è
bagnato. Insomma, benissimo l’asse Napoli Milano, ma è Bari, è Reggio
Calabria, è Palermo a rappresentare la rete dei nostri naturali
interlocutori.
L'API - Associazione delle Piccole e Medie Industrie di Napoli e Provincia - è l'organizzazione imprenditoriale apartitica che rappresenta e tutela esclusivamente le industrie piccole e medie presenti sul territorio,mediante efficaci azioni di rappresentanza economica, sindacale ed istituzionale e l'interazione con tutti gli attori coinvolti in percorsi di sviluppo territoriale.
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