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Fonte:
https://www.ilbrigante.com/

LA VERA MODERNITA' E' IL PASSATO

di Giorgio Ciccotti

Non c’è nulla di più moderno che rivolgersi al passato.

Niente di nostalgico, né di retrivo. Anzi.

Appena si scrosta, sia pure di poco, la cortina fumogena di una martellante propaganda, le scoperte sono persino sorprendenti.


Nel 1890 i Liberisti del Settentrione, fortemente unitari, chiesero ed ottennero il protezionismo.

Il pretesto fu l’importazione nell’allora Regno d’Italia di gelsi cinesi a basso costo?! Gli stessi ambienti contrari al sano protezionismo attuato dai Borbone (applicarono una politica Keynesiana “ante-litteram”) per favorire lo sviluppo del Sud al riparo dall’invasione di merci estere, si convertirono a tale pratica, applicandola peraltro in modo tale da soffocare del tutto l’economia del Sud. La fiorente agricoltura fu completamente rovinata. Oggi chi chiede il protezionismo contro le merci cinesi?


Il più grande e moderno opificio nell’Italia pre-unitaria? A Pietrarsa, nel Napoletano (mille addetti, settemila nell’indotto). Il Sud, nel settore tecnologico era all’avanguardia!


La buona finanza? Nel Sud. Il Regno aveva finanze solide, garantita da un vasto risparmio e da un’adeguata riserva presso il Banco di Napoli, Istituto di emissione. Le finanze piemontesi, per il malgoverno e le continue guerre, erano alla bancarotta.


I coraggiosi e gli impavidi?


Francesco II e Maria Sofia delle Due Sicilie non fuggirono davanti agli invasori, ma difesero l’onore della dinastia e dei meridionali a Gaeta.


I Sabaudi invasero militarmente il Sud, senza dichiarazione di guerra. Il diritto bellico degli antichi romani, nostri avi, indicava tali ipotesi (e le guerre civili) col termine “latrocinium” (brigantaggio): chi furono, dunque, i veri “briganti”?


Le truppe piemontesi, per reprimere il moto, non esitarono a compiere massacri di massa, fucilazioni senza un giudizio, l’incendio di centinaia di ,villaggi, il genocidio dei soldati fatti prigionieri dopo la resa di Francesco II (Furono rinchiusi in lager lombardi e piemontesi da cui pochi uscirono vivi).

I giornali inglesi del tempo affermarono che in soli due mesi, dall’ottobre al dicembre 1861, i bersaglieri passarono per le armi quasi novemila resistenti.


Franco Molfese elenca trecentoottantotto bande di guerriglieri composte da ex ufficiali, da ex soldati borbonici, da ex garibaldini disillusi, da contadini ed artigiani, ognuna delle quali contava da quindici a centocinquanta uomini.

Basterà fare una media per capire che non si trattò di brigantaggio, bensì di una resistenza armata ben più impegnativa della guerra partigiana del 1944/45.

Ciò, senza contare i fiancheggiatori. Per domarla, il Piemonte impegnò parecchie divisioni, per un totale di centoventimila uomini, più di quanti ne schierò sul fronte veneto nella guerra contro l’Austria del 1866.


Antonio Gramsci, insigne intellettuale, era di origine meridionale. Le sue analisi e il suo pensiero, in particolare contro il fascismo e lo stalinismo, s’inquadrano nella sua complessa personalità che ben conosceva le problematiche meridionali (il nonno, Don Gennaro, fu capitano della Guardia Borbonica).


Giuseppe Garibaldi comprese ben presto la reale situazione. Nel 1868 scriveva:

“…gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò, non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato odio…”.


Anita Garibaldi, pronipote del generale, ha dichiarato nel 1966: “…Garibaldi capì a che razza di persone stava consegnando l’Italia”.

Si prefigurò le conseguenze dannose dell’insediamento della gretta classe dirigente sabauda nel Regno delle Due Sicilie…

Napoli era la seconda città d’Europa per importanza culturale dopo Parigi: al Sud c’era lavoro, industria e cultura…I fatti gli hanno dato, purtroppo, ragione.

I Sabaudi hanno saccheggiato le immense ricchezze del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia… Da quei saccheggi cominciò la povertà del Sud…”


Quindi ha aggiunto: “…dopo il risorgimento, l’Italia venne distrutta dai funzionarietti e dai burocrati piemontesi che calarono da Torino…”


Piero Ottone, già direttore de “Il Corriere della Sera”, ha recentemente scritto: “…ho espresso, nel passato, il parere che sarebbe stato meglio se l’Italia fosse stata unificata dai Borbone piuttosto che dai Savoia… la dinastia napoletana era più cosmopolita di quella piemontese e Napoli era città, già nell’ottocento, di più largo respiro di Torino…

Basta osservare il risultato e quel che è successo”.


E’ singolare che un autorevole “nordista” (e non solo) sia pervenuto a tali clamorose conclusioni, mentre troppi meridionali (anche quelli mandati a guerreggiare con le scarpe di cartone nei fronti più lontani) ancora si abbeverano a miti del tutto inesistenti.


Giorgio Ciccotti
Unione Autonomista Alto Sagittario - Scanno






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