Egregio Dott. Paolo Granzotto, sono nero, anzi nerissimo: su La Stampa on line di questi giorni un «Instant Poll» recita: «Per Messori l'immigrazione del Sud ha dato maggiori problemi di quella odierna proveniente dai Paesi arabi».
Risultati al 26 agosto: NO 1155 (78%), SÌ 315 (21%).
Quando arrivò nella città sabauda nessuno lo accolse con una Moka fumante di caffè (Torino non è Lampedusa) né si preoccupò di trovargli un tetto.
Scrivo questo in sua memoria, per l'amore e il rispetto che gli porto e a vergogna dei tanti Messori e delle falsità che scrivono. Gradirei un suo commento.
Lettera firmata
Non è questione di intelligenza, caro Todaro, ma di memoria. Come lei, che l'ha vissuta sulla sua pelle, i torinesi non hanno certamente perso il ricordo di quella che fu, negli anni Cinquanta e Sessanta, l'ondata migratoria dal Meridione.
Dicono tanto del calvario degli emigranti che sbarcavano a State Island, ma metter piede alla stazione di Porta Nuova di Torino non era poi così diverso.
Non c'erano Ong e Onlus, Centri sociali, Consulte, organizzazioni di volontariato o fondazioni caritatevoli che s'occupassero di quella gente.
Non c'erano nemmeno i Cpt, i centri di permanenza temporanea oggi definiti gulag, ma che a chi arrivava con la valigia di cartone dalla Sicilia o dalla Calabria sarebbero parsi alberghi a cinque stelle.
Il «Non si fitta a meridionali» era la regola così come era regola della Stampa precisare nei titoli che l'autore dell'omicidio era un meridionale e meridionale era lo scippatore, meridionale il truffatore, meridionale l'ambulante arrestato in flagranza di delitto.
Nel caso l'omicida, lo scippatore, il truffatore o l'ambulante fossero stati originari di Pinerolo o di Udine, l'austero quotidiano non riteneva necessario darne conto.
Era razzismo? Era retaggio dello spirito unitario che animò il Risorgimento?
(Tutti «briganti», a sud di Roma o meglio, a sud di Roma nord: «Che barbarie! Altro che Italia! Questa è Affrica: i beduini, a riscontro di questi caffoni sono fior di virtù civile», scriveva il Luogotenente Farini a Cavour. Ma lasciamo perdere).
Qualsiasi cosa fosse, l'immigrazione dal Sud - e questo i torinesi lo sanno benissimo, lo ricordano benissimo - non creò problemi: la durezza subalpina mise subito in riga i nuovi arrivati i quali, con le solite, inevitabili eccezioni, nelle righe rimasero. Sia alla catena di montaggio sia in libera uscita.
Coi «beduini», con chi proviene dall'«Affrica», tut-t'altra musica.
A vederli e a sentirli i torinesi, che con i meridionali non volevano dividere nemmeno la panca del tram, smaniano per integrarsi, per multiculturizzarsi e multietnicizzarsi e per far prima hanno loro appaltato due intieri quartieri: Porta Palazzo e San Salvario.
Dove caso mai si possono leggere sui portoni avvisi di questo tono: «Non si affitta né si vende a crociati imperialisti».
Un calamento di braghe insospettabile nei savoiardi tutti d'un pezzo e orgogliosi della loro identità vecchio Piemonte.
Calamento di braghe politicamente correttissimo, ad alto valore sociale, ma che ha portato i gentili ospiti a ritenersi esenti dal rispettare non solo i costumi, le consuetudini, l'educazione e la cultura degli ospitanti, ma anche le loro stupide leggi.
Creando così quei problemi, seri, che per carità cristiana il buon Messori nega o comunque minimizza. E a forza di negare, a forza di minimizzare magari vedremo realizzarsi il sogno d'ogni buon terzomondista: la Mole trasformata in moschea.
Pensi che bello, caro Todaro.
Paolo Granzotto
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