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Sole 24 ore - 15 luglio 2005 

Lo sviluppo segna il passo nel Sud

Per la prima volta dopo anni l'economia meridionale ha un tasso di crescita inferiore al Centro-Nord

ROMA. Lo sviluppo rallenta nel Sud. Il dato emerge dal “Rapporto sull’economia del Mezzogiorno” realizzato dalla Svimez, presentato questa mattina a Roma a Palazzo Altieri. Per la prima volta dopo anni l’economia meridionale ha fatto segnare un tasso di crescita inferiore a quello del Centro Nord.

I dati

In base alle valutazioni della Svimez nel 2004 la crescita del Pil è risultata dell’1,4% nel Centro-Nord e dello 0,8% nel Mezzogiorno. «I dati presentati – sottolinea Nino Novacco, presidente dello Svimez – mettono in evidenza un andamento congiunturale del 2004 caratterizzato da uno sviluppo lento».

Il Sud, dunque, segna il passo, dopo un ciclo positivo che dal 1996 al 2004 ha registrato tassi di crescita (cumulativamente del 16,3%, tre punti in più rispetto al resto del Paese), stabilmente superiori rispetto al Centro-Nord.

«Sono dati impressionanti: per la prima volta dal 1996 - dice Enrico Letta, responsabile economico della Margherita – il Sud arranca e così il divario con resto del Paese non può che allargarsi». Colpevole del rallentamento la forte riduzione del tasso di crescita dei consumi finali interni, che sono scesi dall’1,7% del 2003 allo 0,9% del 2004. Pesa anche la perdita di competitività che ha visto la quota degli scambi mondiali dell’Italia scendere dal 4,6% del 1995 al 2,9% del 2004, perdendo uno 0,2% sul 2003. Grave la situazione del mercato del lavoro meridionale: nel Sud l’occupazione si è ridotta negli ultimi due anni di 48mila unità, a fronte della crescita del Centro-Nord di oltre mezzo milione di unità. Si è interrotto, dunque, il processo di creazione dell’occupazione. Le fasce più deboli, giovani e donne, non partecipano più attivamente alla ricerca del lavoro, rifugiandosi, spesso, nel sommerso o scegliendo l’emigrazione verso Regioni del Centro-Nord: è in questa luce che lo Svimez legge il calo del numero delle persone in cerca di occupazione, che nel 2004 ha segnato nel Mezzogiorno un calo di 107mila unità, con conseguente riduzione del tasso di disoccupazione dal 16,1 del 2003 al 15% del 2004.


Incentivi e Unione

Secondo lo Svimez va aggiornato radicalmente, alla luce dell’allargamento dell’Unione e con l’entrata sul mercato mondiale di nuovi protagonisti (Cina e India), il modello di sviluppo del Sud che «non può più basarsi su di un intreccio virtuoso di intervento pubblico e di iniziativa privata». Crocevia obbligato è l’industria, con un avanzamento del processo di industrializzazione delle Regioni del Sud. Secondo lo Svimez l’opzione obbligata per far ripartire il Paese e il Mezzogiorno è un maggior grado di apertura internazionale, che passa attraverso una crescita dell’export e una maggiore capacità di attrarre investimenti esteri. Nei rapporti con l’Unione europea per Novacco è essenziale che «venga ridiscussa la logica degli aiuti pubblici, che l’Unione europea dovrebbe consentire possano diventare utilizzabili per il futuro del Mezzogiorno». Le proposte per una fiscalità agevolata nel Sud non devono, però restare sulla carta. «L'Unione si è dimostrata aperta - sottolinea Ettore Artioli, vicepresidente di Confindustria - sulla questione della fiscalità di vantaggio, occorre, infatti, creare le condizioni per attrarre investimenti». In una situazione di "stop and go" sugli strumenti da mettere in atto per il rilancio dell'economia Ettore Artioli, vicepresidente di Confindustria, ricorda l'attesa della nuova legge 488, attesa per luglio. "Siamo nel limbo - dice Artioli - crediamo che i tempi siano ancora complessi perchè ciò avvenga. Continuiamo a dire basta teorie, occorrono ricette concrete».

«Il rapporto – commenta Savino Pezzotta, leader della Cisl - mette in evidenza che, dentro una situazione economica difficile, come quella che sta attraversando il nostro Paese, chi soffre di più è il Mezzogiorno». Nel difficile quadro dell’economia italiana la crescita dell’export è risultata, però, più sostenuta al Sud: 8,9% contro il 5,8% del Centro-Nord. La ripresa della domanda estera nel Mezzogiorno, però, sottolinea il rapporto, per effetto del minor grado di integrazione della sua economia, ha esercitato un debole impatto sull’economia dell’area.

«Promuovere lo sviluppo – dice Nino Novacco, presidente dello Svimez – è particolarmente difficile in un’area che, come il Mezzogiorno, presenta costi del lavoro non bassi e che si caratterizza insieme sia per l’assenza di un disegno di politica industriale, sia per una storica minore dotazione di infrastrutture funzionali, necessaria premessa alla profittabilità e alla efficiente gestione di medio-piccole imprese. È proprio in questo campo delle dotazioni infrastrutturali, i differenziali quantitativi e qualitativi con le altre Regioni risultano assai elevati».







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