Noi tifiamo, in padania moggiano. Si può sintetizzare così quello che siamo – o quello che non siamo, decidete voi, fa lo stesso – da quando il nostro marciare verso la modernità venne interrotto a suon di fucilate e tribunali speciali. Tanti anni fa.
E fino a quando non sceglieremo quella che viene definita dalla
redazione del Movimento
Sudista “ontologica
equidistanza dalle
destre e dalle sinistre” meglio lasciar perdere
la politica e
darci all’ippica, magari vinciamo pure qualcosa alle corse.
Questo referendum prossimo venturo del 25 giugno 2006 sulla devolution
(si tratta di un referendum confermativo, non c'è quorum,
vince la maggioranza dei votanti) ne è e ne sarà
la prova ulteriore caso mai ce ne fosse
bisogno.
Il sud è stretto fra
votare NO e tenersi la modifica del Titolo V operata dal centrosinistra
votare SI e prendersi la modifica della Parte II della Costituzione operata dal centrodestra.
Nel primo caso non finirà lì, già i soliti tromboni politologi ed esperti costituzionalisti buttano le mani avanti dicendo che, però, si dovrà rimettere presto mano alla costituzione.
Nel secondo caso i padani ci piazzeranno – come ciliegina
sulla
torta – il federalismo fiscale e buonanotte ai suonatori. Chi
ha
avuto ha avuto chi ha dato ha dato scurdammoce o passato simmo 'e
Napule
paisà.
Noi tifiamo e loro moggiano. Noi votiamo e loro usano i nostri voti per
mantenere saldo il proprio dominio. Su di noi!
Ricordo che un paio di anni fa – in una mailing list di
appassionati di storia meridionale – esaltavo il senso di
identità dei calabresi, un iscritto mi zittì
dicendomi
“ma smettila,
i più grandi tifosi juventini sono proprio i
calabresi”. Aveva ragione,
è così.
In politica è lo stesso, anzi peggio. Visto che attraverso
la
politica si seleziona la classe politica che poi andrà a
legiferare. Per la padania.
Finanche lo stesso meridionalismo
è nato ed è stato
utilizzato come strumento culturale di giustificazione
dell’asservimento sociale ed economico. È stato -
e lo
è tuttora - il luogo privilegiato della lamentazione e della
insipienza politica di noi meridionali d’Italia.
Ci viene in mente un caso esemplare, Giustino Fortunato (se ne
potrebbero fare tanti, tra cui spicca il Villari,
l’antesignano
di tutti i meridionalisti, di cui abbiamo parlato altrove e non
intendiamo tornarci sopra).
Riportiamo le parole di un grande, il Pedio:
A chi ha giovato la tesi fortunatiana delle due Italie? Chi aveva interesse a convincere le popolazioni meridionali che soltanto Giustino Fortunato aveva finalmente intuito quali fossero le cause del nostro male.
Tra la tesi nittiana secondo la quale lo Stato doveva restituire quanto era stato tolto dai governi della Destra al Mezzogiorno e la tesi fortunatiana che, non nella politica dei nostri governi, ma nella natura geofisica del territorio ravvisava la causa di tutti i nostri mali. i governi italiani hanno sempre accettato ed avvalorato la tesi fortunatiana delle due Italie. Non accettarla significava condannare la politica seguita dai nostri governi nei confronti del Mezzogiorno.
Cosa mai avrebbero potuto fare i nostri governi per un paese povero dove la natura geofisica del suo territorio rendeva impossibile tentare una profonda e radicale trasformazione della sua struttura economica?
Il tempo ha dato torto a Giustino Fortunato: è bastata una riforma, anche se non perfetta e mal gestita, a trasformare il paesaggio agrario nella nostra regione.
Noi ce ne convinciamo ogni giorno di più, usciremo fuori dal pantano del tifare padania – o toscopadania per dirla alla Zitara – solamente quando dilagherà il virus della “ontologica equidistanza dalle destre e dalle sinistre”. Altra via non c’è.
https://www.cgil.it/nuovoportale/Documenti/RiformaCostituzionale/default.htm https://italy.indymedia.org/news/2006/05/1078120.php https://www.referendumcostituzionale.org/ https://www.sivotasi.it/ https://www.forza-italia.it/referendum2006/ |
Referendum
25-26 giugno 2006 Referendum costituzionale Il 25 e 26 giugno 2006 i cittadini italiani sono chiamati a votare per confermare o respingere la riforma sulla II parte della Costituzione italiana. È UN REFERENDUM COSTITUZIONALE E' il referendum a cui sono chiamati i cittadini in caso di riforme
sulla Costituzione.L'art. 138 della Costituzione prevede la possibilità di richiedere il referendum dopo la seconda votazione, da parte delle Camere, di una legge di revisione costituzionale o di una legge costituzionale. Una modifica della Costituzione è immediatamente promulgata, se in entrambe le Camere è stata raggiunta la maggioranza qualificata dei 2/3. Se invece, come nel caso della riforma del Titolo V, tale maggioranza non è stata raggiunta, la promulgazione viene "congelata" in attesa del responso degli elettori. La richiesta di referendum può essere presentata da un quinto dei membri di una Camera, da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. NON C'È QUORUM Il quorum strumentale (il numero di votanti) non è pregiudiziale alla validità del referendum, poichè questo tipo di procedimento, a differenza del referendum abrogativo, non è finalizzato al perfezionamento ed al bilanciamento delle scelte del legislatore, ma è uno strumento di garanzia delle minoranze. Come tale, ne verrebbe sminuito il valore se fosse richiesto un numero minimo di votanti. La legge costituzionale è confermata se i voti favorevoli superano quelli sfavorevoli. SI VOTA Domenica 25 giugno, si vota dalle 8.00 alle 22.00, mentre lunedì 26 giugno dalle 7.00 alle 15.00. Gli elettori presenti nei seggi all'orario di chiusura potranno comunque votare. COME SI VOTA All'elettore sarà consegnata una scheda. Il voto si esprime tracciando un segno sul SI o sul NO. INIZIO SCRUTINIO Lo scrutinio delle schede, comprese quelle della circoscrizione estero, inizierà subito dopo la chiusura dei seggi (ore 15.00 di lunedì 26 giugno). Contemporaneamente a tutte le altre, verranno scrutinate anche le schede della Circoscrizione estero. |
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