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Fonte:
https://comitatiduesicilie.org/

COORDINATRICE NAZIONALE FEMMINILE DEI
Comitati Due Sicilie

di Carmensissi Malferà
Pizzo Calabro 8 febbraio 2010

Inutile negare che ricevere la notizia del conferimento della carica di Coordinatrice nazionale femminile dei Comitati delle Due Sicilie, mi rende felice e orgogliosa, e di ciò ringrazio di cuore coloro che mi hanno proposta in questa veste e che mi appoggiano.

Sicuramente il mio bagaglio storico culturale ha arricchito notevolmente la mia coscienza creando un’ottima identità storica, molto forte e radicata a quegli antichi valori, saggi custodi di un passato che purtroppo non c’è più e che spesso aneliamo in silenzio. Iniziai a prendere parte agli incontri storico-culturali nel borgo napitino fin dall’età di 15 anni, portando avanti i miei studi di approfondimento prima murattiani-napoleonici e parallelamente dopo un paio d’anni, iniziai ad interessarmi anche alla parte borbonica, rimanendo affascinata e rapita dal Brigantaggio e dalla successiva e drammatica Questione Meridionale.

Anni di gavetta ad organizzare vari convegni, seminari e rievocazioni, sempre in primo piano malgrado la giovane età, credendo profondamente nella living history come momento importante di trasmissione ai comuni cittadini di quei periodi di lotta, e non solo, che hanno fatto la nostra storia, la Storia di una Nazione, tramite non solo parole, ma sane e pure emozioni e forti sensazioni.

E così, col tempo, nacque in maniera molto naturale la ricerca di altre persone, gruppi, associazioni, che la pensassero come me, e con i quali avrei potuto confrontarmi. Ecco perché dopo aver vagliato le varie opportunità e i vari movimenti, decisi di affiancarmi ai Comitati delle Due Sicilie, sia per la serietà dimostrata dal movimento sia per l’amicizia sincera che mi lega ad alcuni suoi membri.

Crescendo, pensavo sempre più a quante agonie sopportò il nostro popolo. Allo stato di violenza e oppressione che appariva appunto agli occhi delle popolazioni dell’Italia Meridionale, e in special modo agli occhi della borghesia agraria o cittadina, quello che i piemontesi avevano imposto al Regno delle Due Sicilie, sotto specie a manto di unità, di indipendenza e di affrancamento a una secolare “tirannide”. “L’Italia era fatta”, nel 1860-61, più con la politica, l’astuzia, il colpo di mano, che con la forza militare e la volontà delle popolazioni. Il Regno delle Due Sicilie si era sfasciato e decomposto al primo urto con l’esterno. Ma ciò non significava che i napoletani o i siciliani fossero, per questo, decisi, in piena coscienza, ad accettare l’annessione al Regno di Sardegna, con un plebiscito di poche migliaia di voti, perdendo, nell’annessione, le capitali, l’autonomia, le proprie istituzioni e tradizioni, che in molti casi erano di gran lunga migliori e superiori di quelle del Regno Sardo, e ricevendo in cambio una condizione di soprusi e sfruttamenti. I fatti che si rimproverano all’unità, o meglio al modo con cui venne fatta l’ unità, non vengono oggi contestati da postumi e lacrimevoli borbonici, legittimisti e clericali, ma piuttosto da giovani e agguerriti studiosi, dei quali io con umiltà penso di farne parte attivamente. E del resto il decadimento continuo del Mezzogiorno, dopo il 1860, il peggioramento continuo delle condizioni di vita dell’Italia Meridionale, rispetto al livello bene o male raggiunto dall’ultimo Regno Borbonico, parlano eloquentemente. La stessa esistenza di una Questione Meridionale, a quasi 150 anni dall’unità, potrebbe ampiamente testimoniare il fallimento dell’unità stessa.. Insomma “fatta l’Italia” nel 1860, gli italiani, nel senso dell’unità e parità di diritti, nel 2010 non sono ancora fatti.

Come coordinatrice mi propongo già da subito, con l’appoggio dei miei cari compatrioti, di ridare ampia considerazione e dignità a quella parte di storia volutamente sottaciuta dai libri di scuola filo sabaudi che i nostri ragazzi studiano e hanno come testi ufficiali. Già da anni sul mio territorio (Vibonese) propongo agli istituti superiori degli approfondimenti storici legati proprio al periodo del Regno Duosiciliano, con ottimi risultati rilevati dalla partecipazione ed attenzione da parte degli studenti, metodologia sperimentale questa, che si potrebbe attuare anche in altri luoghi. Mi propongo di creare una consapevolezza e una identità storica per le nuove generazioni inserendo in tale discorso anche la presenza di ragazzi diversamente abili come fatto da tre anni a questa parte su Pizzo, creando tramite la storia un nuovo modo di fare reinserimento socio-ambientale per persone con disagio di vario genere. E vi assicuro che non c’è cosa più bella di vedere un ragazzo diversamente abile appassionato della nostra storia, narrarla con foga e sapienza a turisti o a coetanei interessati.

Carmensissi Malferà

Coordinatrice nazionale femminile CDS




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