https://www.ilbrigante.com - Il Brigante, febbraio 2005
Per la rassegna dei meridionalisti
"veri", quelli che da anni si battono su tutti i fronti per il Sud, in
questo numero ci trasferiamo a Gaeta - che è sempre un piacere -
ed incontriamo Antonio Ciano, sottraendolo a fatica ad un'animata
discussione ("una delle solite" - dice chi lo conosce bene - ndr) con
alcuni suoi concittadini sulla efferata criminalità del
Cavour e del generale Cialdini.
Com'è nata, in te, questa
passione per la nostra storia, la storia delle Due Sicilie?
«Io penso che tutti noi che nasciamo a Gaeta ce lo portiamo
dentro le vene il meridionalismo! Siamo seduti qui, di fronte alla
fortezza: la guardo cosà com'è, abbandonata a sé
stessa, e la cosa mi fa arrabbiare. Penso al Presidente Ciampi che ci
tiene tanto all'unità d'Italia e vedere che proprio qui,
dove loro dicono che è nata questa unità, c'è un
sito storico lasciato in questo stato... allora vuol dire che non
è vero, no?!»
Qual è stato il tipo di
percorso che ti ha fatto giungere alle idee che hai oggi?
«Vengo da una famiglia socialista. Nel 1908 mio nonno fu uno dei
fondatori della sezione, ma lui era un socialista diverso, un
"socialista leuciano", non un marxista. Io da bambino non capivo bene,
chiamandomi Ciano, credevo che fosse un socialista della famiglia
Ciano! In ogni caso, qui ce n'erano tanti di contadini leuciani, anche
perchè noi siamo stati accorpati alla Provincia di Terra di
Lavoro per 730 anni, per cui, i contadini di Gaeta avevano appreso
molto dalle novità "filosofiche" di quel tempo, un tempo
felice nel quale in questa città si viveva bene prima che
arrivasse, come in tutto il Sud, la piaga dell'emigrazione legata
proprio all'unità d'Italia e a come essa fu realizzata,
checchè se ne dica... Gaeta ha il triste primato di aver visto
partire il primo emigrante della storia delle Due Sicilie il 14
febbraio del 1861: Francesco II di Borbone, che qui è stato
visto sempre come una figura d'eroe insieme alla sua consorte, la
regina Maria Sofia, tant'è vero che, nonostante l'asservimento
culturale al regime savoiardo, abbiamo una strada intitolata proprio a
questa regina ed un'altra a Pio IX, personaggi-simbolo di quella
resistenza di Gaeta e del Sud all'invasore Savoia...»
Tutte queste sensazioni ed idee
diverse confluiranno, poi, nella scrittura di un libro che è
stato un vero e proprio colpo di cannone e nella prima Telestreet
d'Italia, Tele Monte Orlando. Cominciamo dal libro, il cui titolo era
già tutto un programma: "I Savoia e il massacro del Sud"...
«Quel libro, che sarà seguito - a breve - dal nuovo,
presumibilmente intitolato "Le stragi dei Savoia", l'ho scritto in un
paio di mesi, ma ce l'avevo dentro da anni, fin da piccolo, quando mio
nonno Pasquale bestemmiava contro Garibaldi: un'altra cosa che, da
piccolo, non capivo... Fu naturale ribellarmi con forza in quinta
elementare alle lezioni del maestro Di Tucci sul risorgimento e sul
presunto eroe dei due mondi. Quando raccontai al maestro delle
bestemmie di mio nonno, insospettatamente, lui mi disse di aver fatto
giuramento di attenersi al programma scolastico, ma invitò per
il pomeriggio me e i miei compagni di classe nella biblioteca comunale
e là ci raccontò la verità sulla storia del
Sud. Inoltre, ci consigliò di parlare con Don Paolo Capobianco,
una figura di riferimento per tutti i meridionalisti ancor oggi,
nonostante i suoi 97 anni, se ne volevamo sapere di più. Lo
facemmo e il risultato fu ancora più travolgente.»
Eppure, anche qui a Gaeta non mancano
le strade dedicate a personaggi come il Cavour...
«Cavour è un criminale che ha distrutto la mia
città con 160.000 bombe i cui effetti, cioè
le rovine, sono ancora sotto gli occhi dei turisti e visitatori; il
generale Cialdini voleva addirittura portarsi nella tomba il segreto
dei suoi misfatti. Infatti, alla sua morte avvenuta nel 1892, è
stata rinvenuta un'ampia (o empia) documentazione nella sua casa che,
poi, nel 1894 è stata trasferita nell'Archivio Storico Militare
di via Lepanto a Roma e che andrò a visitare: ho
già fissato l'appuntamento. Quanto alla toponomastica, noi
qui non avevamo strade intitolate ai nostri massacratori, il problema
si pose nel centenario dell'unità d'Italia, quando la
Prefettura "impose" agli amministratori locali dell'epoca i nomi di
questi eroi di cartone e padri della patria che non sono padri della
"nostra" Patria... Abbiamo avuto sempre ben chiaro, noi gaetani, la
gravità di operazioni mirate a cancellare
l'identità di un popolo, e non vediamo l'ora e il giorno
che possano essere nuovamente cancellati dalle nostre strade i nomi di
quelli che io definisco dei veri e propri delinquenti! D'altro canto, i
comportamenti di Casa Savoia durante il fascismo verso la Libia e
l'Etiopia, dove hanno commesso gli stessi crimini, dimostrano che la
mentalità colonizzatrice faceva parte del loro dna, ed io
mi appello ancora una volta allo statista Carlo Azeglio Ciampi per
ricordargli che la nostra repubblica nasce nel 1946: il risorgimento
altro non fu, se non una mera operazione di colonizzazione del nostro
Sud, che sta prendendo coscienza ogni giorno di più chiedendo,
ormai a gran voce, che qualcuno difenda le sue istanze a cominciare da
quelle ambientali.»
Dal piano culturale siamo passati a
quello più propriamente politico. Qual è il tuo punto di
vista circa il rapporto tra Sud e politica?
«Ho grande fiducia nella nascita della coscienza civile dei
meridionali. Il processo politico è già avviato e
sarà completato quando non ci saranno più nomi come
quelli di Garibaldi e Cavour alle strade perché la gente, il
popolo del Sud, non sopporterà più di vedersi
offeso nella propria identità. La politica di oggi è
figlia di quell'operazione coloniale che pilotò l'Italia verso
il modello capitalistico dell'Europa di allora, di stampo fintamente
liberista che, però, favorirà come favorisce ancor oggi,
il capitalismo padano a danno del Sud, un Sud che secondo me, ha
bisogno di attrarre investimenti ed imprenditori con facilitazioni e
sgravi per gli imprenditori che vi investano, sulla scia di
quanto è avvenuto in Irlanda, per il suo sviluppo
economico.»
Revisionismo storico è una
definizione che ha suscitato reazioni diverse nella destra e nella
sinistra: la prima, ha sposato subito la causa borbonica pur non
dimenticando mai la fedeltà a casa Savoia, riconoscendosi
in alcuni valori patriottici o pensando ad un successivo revisionismo
del regime fascista. La sinistra, invece, che oggi sta seriamente
rivedendo le sue posizioni, ha lungamente messo all'indice tutto il
discorso che ruota attorno al periodo storico delle due Sicilie,
compreso il fenomeno del brigantaggio, che pure fu una lotta dei
contadini per la loro terra e la loro libertà, ignorando le tesi
di Antonio Gramsci a favore di quelle di Palmiro Togliatti.
Secondo Antonio Ciano, il partito che
difenderà, domani, gli interessi del Sud, dovrà
arruolare nelle sue fila una classe dirigente ed amministrativa
completamente rinnovata o puntare su figure che hanno militato nei
grandi partiti centralizzati e poi si sono ravveduti?
«Pur riconoscendo alla destra dell'ex Msi, oggi Alleanza
Nazionale, il merito di essere sempre stata vicina al discorso
meridionalista, chi milita nelle sue file deve essere consapevole che
lavora per un partito che si schiererà sempre con il
concetto di Patria sabaudo, quindi, contro il Sud. Basterà
ricordare l'isolamento che fu riservato ad Angelo Manna dopo la famosa
Interpellanza Parlamentare. La sinistra, invece, ha gravi ritardi nelle
sue posizioni. Per quanto riguarda Togliatti - "il migliore" - bisogna
ricordare che era un piemontese, mentre la famiglia di Gramsci, forse
non tutti lo sanno, era originaria di Gaeta, ma fu trasferita in
Sardegna per punizione. Ma questa è un'altra storia... In
realtà, se da una parte c'è bisogno di una nuova classe
politica, dall'altra non si può ignorare l'importanza
dell'esperienza, a patto di prendere coscienza che i grandi partiti di
destra e sinistra sono funzionali alla fallimentare logica coloniale
padana, per cui un meridionale che vi milita lavora contro sé
stesso e contro il suo territorio.»
Anche Tele Monte Orlando, però,
seguitissima dai gaetani, in fatto di bombardamenti se la cava bene,
con i suoi continui approfondimenti sulla storia di Gaeta e di tutto il
regno delle Due Sicilie?
«La televisione è la nuova trincea dell'informazione e le
telestreet, lontane anni luce dalle logiche che guidano le TV
commerciali, rappresentano la vera novità nel campo della
libertà dàespressione e dello stare vicino al
territorio. Uno dei miei sogni è la nascita di una rete di
telestreet meridionali, magari collegate ad una emittente-madre che le
coordini, capace di produrre un punto di vista originale ed
equidistante dei meridionali su fatti e vicende sociali e politiche,
cioè, una nuova coscienza civile del nostro Sud.»
Hai parlato di uno dei tuoi sogni: ce
ne confessi un altro?
«Si, e lo faccio con piacere perché è quasi un
appello. Mi piacerebbe un giorno che ci fosse una centrale del pensiero
meridionale proprio qui a Gaeta, un laboratorio che vedesse lavorare,
fianco a fianco, il vostro Brigante, il Due Sicilie di Pagano, la
televisione di Tagliamonte e tutte quelle realtà che si
battono per la riscatto del Sud. E non perché Gaeta è la
mia città, lo giuro! Ma per vedere rinascere il Sud proprio dal
luogo da cui andò via l'ultimo governante della sua autonomia ed
il primo emigrante, quel Francesco II di Borbone di cui dicevo prima,
creando le basi affinché l'emigrazione dei nostri figli sia una
libera scelta e non più una drammatica necessità .
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