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Fonte:
DUE SICILIE - 4/2005 - pag. 23

Timeo Danaos et dona ferentes

di Antonio Pagano


«Ho paura dei greci anche quando portano regali»: così dicevano i latini. E così la penso anch'io quando sento che un qualche governo italiano promette di voler fare qualcosa per il Sud, come ora si vuol fare con la creazione del Ministero allo Sviluppo (Micciché) che sostituisce il vecchio dicastero per il Mezzogiorno. Inoltre, tutti questi ministri meridionali del Governo Berlusconi‑bis hanno solo una funzione strumentale ad una lunghissima campagna elettorale, poiché nel poco tempo a disposizione non potranno fare nulla di consistente. Berlusconi, tra l'altro, pur avendone avuto il tempo, nulla ha fatto per il Sud, nonostante le plateali promesse elettorali e la caterva di voti presi proprio al Sud.

Tutto cambia perché nulla cambi. Lo sappiamo.

Come sappiamo pure che è una bufala preelettorale quel Giulio Tremonti che oggi si è trasformato nel più convinto difensore del Mezzogiorno. Una puerile manovra per depistare il sospetto di essere, nel Governo, la quinta colonna della Lega Nord. Come prova anche la sua proposta di una banca del Sud per il Sud.

Vi sono, infatti, due modelli di banca: quella veramente grande, in Italia non ancora sperimentata, in grado di competere in Europa e nel mondo; e la piccola, locale, radicata nel territorio, oggi rappresentata dalle casse rurali e artigiane. La proposta di una cosiddetta Banca del Sud non è l'una né l'altra cosa. Comunque il disegno di legge che ne chiede l'istituzione è stato già assegnato alla commissione Finanze di Montecitorio per l'inizio dell'iter legislativo ordinario. Il testo ha come primo firmatario l'ex ministro dell'Economia Tremonti, ma a seguire ci sono le sigle di circa cinquanta deputati di Forza Italia.

Nella relazione che accompagna e motiva l'iniziativa parlamentare sono raccolti, tra l'altro, dati statistici che dimostrano la necessità di dotare il Meridione di una propria banca locale. Dalla colonizzazione del Mezzogiorno ad opera degli istituti di credito del Centro‑Nord sarebbe infatti derivato, secondo tale relazione, uni dato allarmante: soltanto il 14 per cento di prestiti è erogato da banche italiane ad imprese del Sud ‑ nonostante esso rappresenti, con 20 milioni di abitanti, il 35 per cento della popolazione nazionale ‑ e per di più con un differenziale medio dell'1,6 per cento nel costo del denaro fra Centro‑Nord e Sud.

Il testo del disegno di legge consta di un solo articolo. Vi si specifica che la futura Banca del Sud dovrà prevedere un capitale in maggioranza privato e aperto all'azionariato popolare diffuso, con privilegio patrimoniale per i vecchi soci dei banchi meridionali. Si attribuisce poi la funzione di soci fondatori a Stato, Regioni, Province, Comuni, Camere di Commercio. Si prevede infine la possibilità di acquisire marchi e denominazioni già appartenuti ai banchi meridionali e si delineano le forme di accesso di tale nuova banca ai finanziamenti internazionali destinati alle aree geografiche sottoutilizzate.

Ridicole sono le altre proposte del Tremonti: quelle delle differenti politiche fiscali e l'allungamento, a cento anni, delle concessioni delle spiagge. La proposta circa le politiche fiscali si configura come pura demagogia in quanto l'Unione Europea non le permetterà mai per evitare un'infrazione alla concorrenza. Circa le spiagge, anche questa è una proposta assurda, a meno che non spieghi come ottimizzare la gestione e la manutenzione del patrimonio pubblico.

Sarà comunque certamente un'altra truffa analoga a quella del 1861 quando i piemontesi vendettero il patrimonio pubblico delle Due Sicilie e il denaro raccolto finì tutto in lavori pubblici a favore del Nord e per appianare la voragine debitoria del Piemonte.

D'altra parte nulla cambierà anche se dovesse andare al Governo, come pare, il centrosinistra. Quando questo ha governato, per il Sud nulla è cambiato, se non in peggio. Comica è anche l'idea sinistrorsa di costituire un coordinamento tra le regioni del Sud (Rete). Obiettivo comune dei governatori di centrosinistra sarebbe, infatti, mettere a punto un'agenda politica sulle priorità per il rilancio del Mezzogiorno. Un'idea, questa, di un coordinamento per il Sud, nata

dopo l'incontro a Roma tra i presidenti delle Regioni dell'Unione e il leader Romano Prodi, su proposta del governatore campano Antonio Bassolino. Non sarà un'alternativa alla Conferenza delle Regioni dei Cinsedo, ma più semplicemente una consulta itinerante (si riunirà periodicamente in una Regione di volta in volta diversa) che dovrà monitorare l'azione di rilancio del Sud su temi strategici come sanità e infrastrutture. La solita aria fritta.

Per Antonio Bassolino " ... é la prima volta che grandi istituzioni del Mezzogiorno decidono di lavorare assieme. Dobbiamo saper interpretare i sentimenti di tanti cittadini meridionali perché il Mezzogiorno sia davvero una priorità anche dal punto di vista nazionale. Abbiamo tanti temi da affrontare, bisogna stabilire una agenda vera e propria delle materie sulle quali è importante fare il coordinamento".

Il calabrese Agazio Loiero spiega così l'obiettivo del coordinamento: “Il Mezzogiorno non resterà più senza voce. Noi non cerchiamo una secessione alla rovescia, ma alcuni problemi vogliamo porli”. Aggiunge Loiero: "Chi governa il territorio deve stare insieme sulla similarità dei bisogni più che sulle questioni ideologiche. E comunque, in questo momento, le regioni del Sud sono simili anche ideologicamente".

Per Nichi Vendola, al suo primo giorno di lavoro ufficiale da presidente della Puglia: "il problema del Mezzogiorno non è semplicemente quello di una quantificazione di risorse economiche, ma un gigantesco problema di politica per il Sud: noi dobbiamo sgomberare il campo da quelle scellerate scelte che sono state il frutto dell'impostazione liberista, lo smantellamento del welfare (stato sociale, ndr) e la disintegrazione del lavoro come diritto". Per Vendola la questione del Sud va affrontata "rimettendo al centro delle politiche per il Mezzogiorno la bonifica dei territori a rischio (attraverso la ricostruzione delle reti dei servizi sociali), rimettendo al centro il lavoro buono e cioè il diritto al lavoro, e combattendo contro i processi di precarizzazione".

Invoca "una concezione del territorio del tutto diversa dal passato" anche il governatore della Basilicata. Afferma Vito de Filippo: "Per un Sud competitivo, produttivo ed efficiente, accanto ai leader devono operare le forze che rifiutano l'assistenzialismo, che vogliono valorizzare lo straordinario patrimonio ambientale naturalistico e culturale, che vogliono fare esplodere la grande vera ricchezza di questa parte del Paese: i tanti giovani ben istruiti, determinati e con un grande desiderio di radicarsi dove sono nati ".

E non si tratterà nemmeno di un organismo esclusivo delle Regioni del centrosinistra, visto che sono interessati anche i presidenti della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, e della Regione Molise, Michele lorio. Il ministro Micciché guida un progetto che tende a riunire sotto unica bandiera i movimenti autonomisti meridionali e afferma: «Guardiamo alla Csu della Baviera e alla Cdú tedesca. Porteremo nel Governo le priorità regionali: come la Lega con la devoluzione. Puntiamo al partito unico con due alleanze strategiche, una al Sud e una al Nord».

Staremo a vedere. Ma siamo scettici al riguardo. Sono infatti più di 145 anni che si sentono sempre le stesse parole, la gente non le ricorda e, sembra, non ricordi neppure le fregature. Le parole sono una cosa, altro i fatti: quello che conta è la poltrona e chi le sballa più grosse avrà forse più possibilità di avere potere e soldi, ... e del Sud chi se ne fotte. Ricordiamo le parole di Marx ed Engels: «Per poter opprimere una classe bisogna pur assicurarle delle condizioni entro alle quali le sia dato di vivere almeno la misera vita degli schiavi».

Perciò: basta far sopravvivere i meridionali, poi ...

Tutto cambia perché nulla cambi, dunque, ma se vogliamo veramente cambiare non esiste altra alternativa: il Sud deve ritornare indipendente, perché solo con un Governo «nostro», solo con un «nostro» Stato, potremo risolvere finalmente i nostri problemi. E’, infatti, del tutto impossibile che proprio quelli che hanno creato la secolare «questione meridionale», nella quale sguazzano e ci campano, possano e vogliano risolverla. Sarebbe come il marito che, per far dispetto alla moglie, si tagliasse i cosiddetti.






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