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Petizione popolare - 1973
al Sig. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
per la riabilitazione delle vittime dei fatti d'armi dell'agosto 1861

Sig.Presidente

                     noi sottoscritti cittadini del Comune di Pontelandolfo (Benevento), interpreti anche dei sentimenti e dei desideri di tutti i nostri conterranei, ci permettiamo esporLe quanto segue:

Nel lontano agosto del 1861 la nostra cittadina, che allora contava oltre cinquemila anime, fu vittima di fatti delittuosi che ebbero all'epoca risonanza nazionale, tanto tragico ed inconsulto ne fu l'epilogo, concretatosi nell'uccisione di 17 innocenti e nella distruzione dell'intero centro urbano, le cui case, dopo essere state saccheggiate e fatte segno ad ogni sorta di violenza nelle cose e nelle persone, furono date alle fiamme e rase al suolo.

I fatti si collocano nel clima arroventato dei rivolgimenti politici connessi alle imprese risorgimentali che si erano concluse nel Sud con la spedizione garibaldina.

Ma non si hanno elementi atti a convincere che Pontelandolfo si fosse posta - ruolo invero inadeguato alla sua entità di modesto e pacifico centro agricolo - come forza sabotatrice del nuovo assetto istituzionale appena instaurato con la cacciata dei Borboni da Napoli. Nessuno storico ha potuto affermare che Pontelandolfo all'epoca fosse un covo di reazionari borbonici.

Era invece (e tutte le rievocazioni di questi fatti sono concordi nel ritenerlo) un paese di gente onesta e pacifica: contadini la maggior parte, incolti e ignari di ogni problema che fosse estraneo al lavoro; e artigiani, commercianti, intellettuali, la parte 'più esigua che abitava il centro urbano.

Se poi in una popolazione siffatta, pacifica ma cosciente, incolta ma intelligente, si potè trovare, accanto all'entusiasta plaudente ai nuovo regime, il conservatore fedele alle vecchie tradizioni, è cosa né strana né biasimevole nell'età nostra rispettosa delle libere opinioni e dei valori umani e sociali.

Ma si potrebbe provare che veri e propri fautori borboriici Pontelandolfo non ne aveva; quelli che tenevano desta la propaganda antirisorgimentale erano elementi estranei operanti sulle montagne che scorazzavano indisturbati, grazie alla favorevole topografia dei luoghi.

Per questo sono nel giusto coloro che, indagando sulle inspiegabili ragioni dell'inconsulta quanto feroce aggressione inflitta a Pontelandolfo, ne ravvisano le spiegazioni nella situazione topografica che faceva ritenere il paese una pericolosa posizione strategica da doversi colpire.

E Pontelandolfo fu colpita inesorabilmente. Visse giorni di terrore dal 7 al14 agosto; ebbe il primo battesimo di sangue, il primo saccheggio, le prime violenze, le prime quattro vittime il giorno 7; assistette impietrita, inerme ed indifesa agli scontri della guerriglia che ardeva intorno alle sue case, vide le imboscate e le stragi dei combattenti, sbigottì alla nuova di altri massacri che si consumavano nella vicina Casalduni, mentre sul volto muto della popolazione atterrita ed ignara, si leggeva la domanda angosciosa: "Perché tanto?",

Poi venne l'epilogo: "Verso l'alba del 14 - narra Vincenzo Mazzacane che rievocò quei fatti - furono visti dei soldati avanzarsi alla volta del paese. I briganti, che erano rimasti accampati sulle "campetelle", sgomenti per il loro numero, fuggirono, mentre qualcuno di essi, tolte le chiavi al sagrestano, prese a suonare a stormo. I cittadini atterriti si alzarono, si chiamarono, fuggirono. I soldati entrarono nell'abitato tirando contro chiunque incontrassero. Il paese venne dato alle fiamme. Dopo i soldati si abbandonarono al saccheggio e ad atti di lascivia".

Questa fu l'apocalittica giornata del 14. Del paese - novella Troia - non era rimasta che pietra su pietra; 13 le vittime che andarono ad unirsi ai quattro uccisi il giorno 7. La gente, senza più tetto, senza più averi, senza più vesti, cercò rifugio altrove. Uno storico beneventano, il prof. A. Zazo, riferisce che oltre tremila profughi ripararono a Benevento. Questo il racconto del martirio di Pontelandolfo, il cui ricordo rattrista ancor oggi, a distanza di tempo ultrasecolare, l'anima della nostra gente mite e gelosa delle proprie memorie. Su questi lutti cadde ben presto il velo della noncuranza e dell'oblio. Ma vi fu una sola anima generosa - e questo a nostro conforto - che ne raccolse la dolorosa eco. Intendiamo riferirci al deputato milanese, avvocato Giuseppe Ferrari, che, come rilevasi dagli atti parlamentari dell'epoca, nella tornata del 2 dicembre 1861, pronunziò alla Camera dei Deputati un discorso drammatico ed energico, denunziando gli orrori di ·Pontelandolfo. L'eminente uomo politico aveva voluto rendersi conto de visu dei fatti accaduti, recandosi di persona nel nostro paese nel novembre 1861.

"Non potrò mai esprimere- esclamava - i sentimenti che mi agitarono in presenza di quella città incendiata" e proseguiva descrivendo gli orrori visti e, a stigmatizzare la prevedi bile spiegazione che si aspettava di sentir dare a tanti misfatti, gridava: "È la voce di tutti i burocratici italiani: non si poteva fare altrimenti!".

Poi domandava perentorio: "Ma in che aveva Pontelandolfo fallito? ..

Ma il sacrificio di Pontelandolfo ha forse distrutto i briganti?".

La perorazione dell'On. Ferrari fu un atto di accusa chiara e vibrata contro i metodi di repressione, inumana e indiscriminata, che il Governo aveva quanto meno tollerato che si usassero nella conquista dei paesi meridionali in generale e del nostro in ispecie, le cui rovine ancora fumanti avevano strappato dal suo cuore di italiano del Nord quest'amara ed accorata esclamazione di solidarietà per gli ignorati ed oscuri fratelli del Sud: "non così s'intendeva da noi la libertà italiana!". Noi siamo grati all'On. Ferrari, le cui considerazioni di giustizia umana e sociale ci sembrano la migliore premessa a quel giudizio di rivalutazione che auspichiamo dalla giustizia della Suprema Autorità dello Stato.

I fatti di Pontelandolfo non sono da ritenersi di gesta banditesche e di azioni delinquenziali, ma sono invece da inquadrarsi nel panorama delle vicende politiche del tempo e da riguardarsi come veri e propri episodi di lotta partigiana, ai quali, peraltro, fu del tutto estranea la popolazione che ne pagò duramente il fio.

"Quegli episodi - rilevava l'illustre magistrato già citato (Mazzacane) - furono fatti di lotta partigiana e coprirono di onta immeritata un paese composto di gente onesta e buona, prima abbandonata senza difesa alla propaganda ed alle rappresaglie dei reazionari, poscia con sistemi degni di altri tempi, votato all'incendio ed al saccheggio, ed infine condannato al ludibrio come covo di efferati masnadieri".

Queste le modeste considerazioni che abbiamo creduto di sottoporle, Signor Presidente, mossi dal desiderio di veder riabilitata, nel giudizio della Storia, la memoria dei nostri antenati. In nome dei quali e in onore della verità e della giustizia, invochiamo da Lei, Signor Presidente, un atto di ufficiale riconoscimento, che crediamo si convenga al nostro paese, il quale fu vittima civile per i fatti d'armi dell'agosto 1861.

Fonte: https://www.pontelandolfonews.com/



Pontelandoflo 14 Agosto 2008

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