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LA CIVILTÀ CATTOLICA
ANNO DUODECIMO
VOL. IX.
DELLA SERIE QUARTA
ROMA
Via del Seminario 123.
1861.
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Pag. 364

Regno Delle Due Sicilie. 1. Arrivo a Napoli del Principe di Carignano; suoi poteri; bando di Vittorio Emmanuele — 2. Caduta del Ministero farinìano; cagioni dell'impotenza del Farini dichiarate dall'Opinione; nuovi Ministri — 3. I garibaldini, l'anarchia e la repressione in Napoli —4. Insurrezioni pel legittimo Re nelle province — 5. Arrolamenti forzati delle milizie — 6. Arresto di generali ed ufficiali sospetti —7. Mene io favore del Murat; bando spedito da Parigi —8. Fedeltà dei soldati napolitani, ed indirizzo degli ufficiali di Gaeta a Francesco II — 9. Rombardamento dell'8 Gennaio, perché e con qual effetto — 10. Cenni mollo oscuri del Moniteur parigino intorno ad un armistizio —11. Richiamo e partenza dell'armala francese da Gaeta; dichiarazioni del Moniteur 12. Apologia di Napoleone III fatta dagli Italianissimi — 13. Ricompense ai settarii e traditori — 14. Artificii per la fabbricazione de’  voti elettorali; missione a Napoli d'uno scrittore della Gazzetta del Popolo — lo. Provvedimenti per mitigare la fame del popolo e la carestia delle derrate — 16. Tumulti in Palermo; leggi Mordiniane; nuovi Ministri per la Sicilia.

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3. A poco a poco si vennero sciogliendo la più gran parte delle masnade di veri Garibaldini, che si avviarono altrove con un buon gruzzolo di moneta. Spediti via gli Ungheresi, accomiatati gl'Inglesi, fatti viaggiare verso l’alta Italia i Lombardi e Veneti. Non è perciò da dire che veramente il Cavour non voglia servirsene; ma solo, e questo si sa da tutti, si ripete la commedia già rappresentata dopo la pace di Villafranca. Si licenziano codesti corpi franchi, per poterne usare più liberamente in altri luoghi; dove si mandano poi, a tempo opportuno, alla spicciolata, affinché sotto il protettorato nascoso e sotto l'apparente biasimo di certi Governi, possano efficacemente rinnovare il dramma di insurrezioni spontanee de’   popoli contro i Governi che voglionsi abbattere. Difetto scrivono da Costantinopoli che cominciano a passarvi in piccole frotte i Garibaldini d'ogni nazione, che pei Principati Danubiani devono condursi alle frontiere d' Ungheria, e quivi eseguire poi gli ordini che verranno loro dati, per mezzo del Solitario della Caprera, da Parigi e da Torino. In conseguenza di ciò da qualche giorno sono alquanto scemati i tumulti nella città di Napoli, e non vi si rinnovano più così frequentemente certe scene brutali. Ma pur vi formicolano ancora Garibaldini che spuntano come funghi di sotterra. Ogni malandrino, che crede aver diritto di foie il suo mestiere senza essere disturbato, si avvolge il torso in uno straccio rosso, grida Viva Garibaldi, ne canta F inno a gola piena e va sicuro. Quanto al frenare codesti patrioti, la faccenda è troppo ardua in un paese, in cui sembra manifesto che tutti abbian preso sul serio le facezie del popolo sovrano, e perciò tutti vogliono comandare e niuno obbedire. Il povero Farini non avea intorno a sé chi gli obbedisse se non forse i suoi segretarii privati. Gli altri, dopo una serie non interrotta di inchini, di baciamani e di complimenti profumati, voltavano le spalle e lo sberteggiavano allegramente, facendo ciascuno a modo suo. Questa moda continua, ed è praticata dalla minuta plebe, che di tanto in tanto si sferra a disordini incredibili; ed allora dopo alquante schioppettate e colpi di daga da una parte, mazzate e sassaiuole dall’altra, ciascuno rientra in casa sua. Di questi fatti quotidiani, repressi poi con le carceri e peggio, è inutile tener discorso.

4. Nelle province, non che scemare, va crescendo il fuoco dell'insurrezione contro i novelli padroni del regno, nei quali i popoli si sono ostinali di non voler riconoscere altri diritti, che quelli che rampollano da compera per tradimento e da conquista per forza. Le Corrispondenze della Nazione di Firenze recano quasi ogni giorno la notizia di nuove reazioni scoppiate qua e colà; in certi luoghi per la sesta e settima volta. Veri combattimenti avvennero a Foggia ed a Lanciano, e bisognò spedirvi truppe regolari per mettere un termine alla lolla sanguinosa impegnata fra il grosso della popolazione ed i paladini del Piemonte in divisa di guardia nazionale. Negli Abbruzzi tutto è sossopra. In più luoghi tagliati i passi alle schiere degli usurpatori; i quali mandandovi rinforzi noi tralasciarono di rinnovare l'ordine di fucilare immediatamente qualunque fosse trovato in armi. E ciò non serve a nulla. Tra Isernia e i vicini paesi sono óltre a 1300 i riluttanti alle nuove libertà che perciò sono in carcere; a Teramo non meno di 300; a Lanciano 209; più di 800 al Vasto:e ciò per nulla dire di Avellino, Ariano, Foggia, delle Calabrie, della Terra di Lavoro, di Sora e suoi contorni, dove tulio è guerra civile e reazione violentissima contro i dominatori imposti dal tradimento e dalla perfidia dei settarii, da cui sventurata niente si trovò circondato Francesco II. La storia porrà in nota questi falli; e fin d'ora è sì evidente l'impostura del voto spontaneo ed unanime dei popoli delle Due Sicilio per l'annessione agli Stati Sardi, che appena osano ancora farne ceuno gli stessi impudentissimi giornali del partito unitario.

5. Per levar alimento al fuoco, il Governo di Torino s'appigliò al partito di arrotare per forza nei battaglioni dell’esercito italiano i soldati napolitani. Un decreto, sotto forma di Circolare del Ministero della Guerra in data del 6 Gennaio, ordina che «tutti senza eccezione i prigionieri di guerra napolitani saranno incorporati nel Reggimento, Deposito o battaglione a cui sono presentemente aggregati, per continuare la forma di servizio contratta sotto il cessato Governo» Inoltre sono egualmente richiamali sotto le armi tutti gli inscritti all’esercito delle Due Sicilie dal 1857 in mia. Un decreto di tal natura è presto dettato e promulgato. Tutto sta in farlo eseguire. Se i 40 o 50 mila soldati napoletani ricusano l'alto onore della coccarda tricolore, come si farà a mettercela per forza? Un primo spediente per tener quieti i popoli delle province fu la minaccia che al primo segno di turbolenze ne sarebbero richiamati i soldati lasciati liberi alle case loro. L'insurrezione scoppiò in più che 200 luoghi, e i soldati non furon potuti cogliere. Si mandano da Napoli truppe di linea e carabinieri a dar la caccia ai riluttanti, ed ogni giorno se ne vedono passare, per le vie che mettono al Castel dell'Uovo e di S. Elmo; qualche decina fra due file di moschetti e di baionette Ma rifatti soldati a questo modo, si può egli credere che vorranno davvero servir di cuore ai loro padroni? Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad uno spediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, e rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua e una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimar di fame e di stento fra le ghiacciaie! E ciò perché fedeli al loro giuramento militare ed al legittimo Re! Simili infamie gridano vendetta da Dio, e tosto o tardi l'otterranno.











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