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GAZZETTA MEDICA ITALIANA, LOMBARDIA
Anno XX – Serie quarta – 1861
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Pag. 171


TIFO CASTRENSE — Nel Num. 17 di questa Gazzetta, riferendo l’opinione del dottor Bima intorno alla affezione tifoidea sviluppatasi in Gaeta, e di là passata in Napoli coi soldati borbonici, abbiamo voluto lasciare all’egregio medico in capo del 5.° corpo d'armata la responsabilità di un' opinione, che ci sembrava nosologicamente insussistente.

Il dottor Bima però non era venuto meno alla scienza che nel lodevole intento di non gittare nel pubblico esaggerate e pericolose apprensioni. Ne'suoi rapporti al Consiglio superiore di Sanità egli aveva pronunciata la parola tifo; e crediamo eh' egli intenda sotto questo nome il tifo petecchiale.

Cosi nel mentre si pensava ad un pietoso inganno per le popolazioni, si fosse pensato ad un pronto e rigoroso isolamento degli infetti, ripudiando nettamente quell’ibrida teoria ultramontana che teme i cosi detti focolari d' infezione, e per distruggerli e prevenirli, dissemina i colpiti da morbi trasmissibili in disparate località,. vale a dire moltiplica le comunicazioni infeziose in cambio di interciderle. Metodo, come ognun vede, più che mai propizio alla pronta e sicura disseminagione dei germi deleteri!.

La conferma di questo nostro concetto ci è (tòrta dalle ulteriori notizie che troviamo nei giornali.

Nel solo mese di marzo si ebbero fra i militari in Napoli 131 morti colla qualifica di tifo, ai quali aggiungendo tre casi di suicidio per precipitazione, che debbono pure ascriversi al tifo, si ha un totale di 134 decessi. Quindi il tifo manifestossi ad Aquila e a Bologna, dove si ebbero già 71 casi, tutti fra i militari reduci dall'Italia meridionale, e specialmente da Gaeta, offrentiuna sintomatologia decisa e perfettamente concordante; a Genova, ove dominò dapprima a carico dei prigionieri borbonici, provenienti da Gaeta esclusivamente, poi delle truppe del 4.° corpo d'armata reduci dall’Italia meridionale, non che della R. marina, e successivamente attaccò degli individui appartenenti alle truppe di presidio e degenti nell'Ospedale, manifestando in tutti la sua ben nota gravezza, giacché dal quadro nosologico di marzo rilevansi 25 morti su 87 colpiti.

Il corpo sanitario militare fece il dover suo, e già pagò il suo tributo. di vite. — i migliori dei suoi — dice il Giornale di medicina militare (Appendice del n.° 17) — Giovanni Battista Jorietti, Paccolti, Montini, Luigi Del Buttero, caddero senza le emozioni né le glorie della pugna, sostenendo coraggiosi, in lunga non mai interrotta lotta, la nobile, ma fatale loro missione; caddero sulla breccia, ma di morte oscura, quasi inonorata; felici se il sagrificio delle egregie loro vite valesse a scongiurare i pregiudizii, la lunga serie di umiliazioni inflitte al corpo medico, di cui ogni giorno, ogni ora adduce la sua; se potessero nel duro trapasso confortarsi nel pensiero di aver cooperato a sottrarre un giorno il corpo a quell'ingiusto abbandono che tuttora ne aggrava le sorti».

Dottor Strambio.













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