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GIUSEPPE RESSA

IL SUD E L’UNITÀ D’ITALIA

Ottobre 2009

https://www.ilportaledelsud.org/

Prigionieri di guerra

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Pag. 136

"Con la caduta della fortezza di Civitella del Tronto, che rappresentò la fine delle ostilità, venne a cessare per gli ex soldati napoletani anche lo status di prigionieri di guerra, ma i campi, che già avevano avuto il compito di concentrare i prigionieri, continuarono a svolgere una funzione di raccolta, di smistamento e di "prigionia velata" per tutti i nuovi coscritti napoletani che forzatamente furono arruolati e che - data la poca fiducia che ispiravano - dovevano essere tenuti in una sorta di servizio di leva a sorveglianza speciale, che ridiveniva prigionia nel caso di ribellione o di cattura conseguente a diserzione o renitenza. In verità, lo scioglimento e l'assimilazione dell'esercito napoletano non aveva dato i frutti sperati. Per quanto riguarda gli Ufficiali Generali, dopo la prigionia di guerra a Genova, fu concesso loro di andare in esilio a Marsiglia, purché avessero rinunciato al riconoscimento di tutti i diritti per il servizio prestato nell'esercito borbonico; su cinquanta e più di essi, solo sei chiesero di transitare nell'esercito nazionale."

Il 28 novembre 1860 un decreto di Vittorio Emanuele istituisce una "Commissione mista di uffiziali che appartennero all'Esercito regolare del già Regno delle Due Sicilie per esaminare i titoli degli [uffiziali, impiegati militari, cappellani, uffiziali sanitari idonei al servizio attivo -esclusi i generali] a quest'ultimo appartenenti, i quali abbiano fatto adesione al nuovo ordine di cose. A costoro saranno computati i gradi acquistati nel già Esercito regolare delle Due Sicilie a tutto il 7 settembre 1860", tutte le promozioni di guerra elargite da Francesco II, dopo quella data, furono inopinatamente dichiarate mille per cui quelli che avevano servito più valorosamente il giuramento prestato al re meridionale, furono penalizzati, stesso trattamento era previsto per chi chiedeva il ritiro. ".... di 3.600 ne transitarono nell'esercito italiano 2.311: di questi ultimi 862 appartenevano ai servizi sedentari, altri 363 erano addetti ai servizi religiosi, medici e veterinari, 159 erano ufficiali garibaldini già ex ufficiali borbonici. In sostanza furono solo 927 gli ufficiali provenienti dall'armata napoletana che andarono a rinforzare l'esercito combattente piemontese."

Nell'estate del 1861 una trentina di ufficiali furono arrestati di notte nelle loro case trasferiti nei campi di prigionia in palese violazione alle capitolazioni sottoscritte nell'atto di resa delle piazzaforti meridionali; bisognerà aspettare l'amnistia del 1863 per porre fine a questi soprusi, artefice di questi atti illegali fu Silvio Spaventa, ex esiliato politico.

Alla prima leva "unitaria" del 1861 (che prevedeva un servizio di cinque anni) si presentarono solo 20000 dei 72000 uomini previsti, seguirono dei rastrellamenti di reparti regolari dell'esercito piemontese fin nei più piccoli paesi del Meridione, furono deportati tutti i maschi dall'apparente età dai 20 ai 25 anni e in alcuni casi ci furono fucilazioni sommarie, per presunta renitenza alla leva.

Scrive Tommaso Pedio: "La mattina del primo febbraio reparti regolari si portano nei piccoli centri abitati ... Ragazzi, giovani, uomini maturi si avvicinano con curiosità a questi soldati che non hanno mai visto. Si chiedono perché mai sono venuti nel loro paese ...vengono rastrellati tutti i giovani dall'apparente età dai 20 ai 25 anni. Tra questi non vi sono i figli del sindaco o degli ufficiali e dei militi della Guardia Nazionale, né i figli dei loro amici. Nessun galantuomo, nessun civile, soltanto poveri contadini ai quali nessuno ha mai detto perché sono venuti quei soldati. Non si limitano a dichiarare e a trattenere in arresto come disertori o renitenti alla leva i giovani rastrellati. In alcuni casi, a Castelsaraceno, ad esempio, a Carbone e nei casali di Latronico, fucilano sul posto e senza dar loro la possibilità di giustificare la presunta renitenza alla leva, numerosi giovani i quali non hanno mai saputo della chiamata alle armi della leva del 1857-1860. Chi è sfuggito al rastrellamento si allontana dalla propria casa e ripara nelle campagne e nei boschi, non certo per delinquere, ma sellando per sottrarsi all'arresto."

Dal diario del soldato borbonico Giuseppe Conforti nato a Catanzaro il 14/3/1836

«Nella mia uscita fu principio la guerra del 1860, dopo questa campagna che per aver tradimenti si sono perduto tutto e noi altri povere soldati manggiando erba dovettimo fuggire, aggiunti alla provincia della Basilicata sorti un prete nemico di Dio e del mondo con una porzione di quei giudei e ci voleva condicendo che meritavamo di essere uccisi per la federtà che avevamo portato allo notro patrone. Ci hanno portato a un carnefice Piemontesa condicendo perché aveva tardato tanto ad abbandonare quell'assassino di Borbone. Io li sono risposto che non poteva giammai abbandonarlo perché aveva giurato fedeltà a lui e lui mi à ditto che dovevo tornare indietro asservire sotto la Bandiera d'italia. Il terzo giorno sono scappato, giunto a Girifarchio dove teneva mio fratello sacerdote vedendomi redutto a quello misero stato e dicendo mal del mio Re io li risposi che il mio Re no aveva colpa del nostri patimenti che sono stato le nostri soperiori traditori; siamo fatto questioni e lo sono lasciato. Allo mio paese sono stato arrestato e dopo 7 mesi di scurre priggione mi anno fatto partire per il piemonte. Il 15 gennaio del 1862 ci anno portato affare il giuramento, in quello stesso anno sono stato 3 volte all'ospidale e in pregiona a pane e accua; principio del 1863 fuggito da sotto le armi di vittorio, il 24 sono giunto in Roma, il giorno 30 sono andato alludienza del mio desiderato e amato dal Ré, Francesco 2 eli ò raccontato tutti i miei ragioni»










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