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ANONIMO
[Francesco Durelli]
COLPO D'OCCHIO
SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE

NEL CORSO DELL’ANNO 1862
1863
(se vuoi, puoi scaricare l'articolo in formato ODT o PDF)

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2.° Il Precursore dì Palermo rende di pubblica ragione al pari di altri giornali della Sicilia la protesta di Michelangelo Cammineci incaricato officialmente della fornitura di vettovaglie in quelle prigioni: costui, dopo la trista biografia de' custodi, tra i quali un Luigi Prìulia ha rapita la moglie del carcerato Camillo Ganci con 2500 lire di proprietà dì costui, - dice aver veduto nella visita del carcere: «in un pianterreno 22 giovani quasi ignudi condannati come disertori dall'esercitò, coperti di piaghe e d'insetti giacenti sul nudo selciato... mentre 600 mante di lana dì proprietà del governo sono in pasto ai topi in un magazzino dello stabilimento!! In altra camera serrata gemono molti infelici senza uscirne da quattro mesi chi seminudo, chi ignudo affatto. - Si vanta il sistema cellulare, di cui si adoperano i soli rigori; e non si danno le 2 ore al giorno di passeggio per i cortili, né il permesso di fumare; si vendono: bensì da alcune guardie i sigari pel triplo del loro prezzo a' detenuti; l'erba cresce ne 'cortili o vi si fanno giardinetti per gl'impiegati. Il resto dello stato di 1300 prigionieri è quasi eguale a quello soprascritto. Giorni fa al primo cancello esterno eravi una quantità di donne, che accompagnagte da figli, domandavano conto' de' mariti, de' fratelli, de' padri, dei figli, che non sanno se esistano, e che non vedon da più mesi: il sottodirettore diceva ad una sentinella: fate allontanare quelle donne ed usate il calcio del fucile; allora io vidi il soldato dare l'arma al compagno dicendo: - non so adoprare il fucile. Contro donne infelici e lattanti creature; io abbracciai piangendo quel bravo, che pure piangeva. - Il respiro de' detenuti è punito a pane ed acqua. Son pronto a dare conto di quanto ho detto a chicchessia».

3. Il cennato giornale aggiunge, «che questa dichiarazione del Cammineci ha commosso il paese; il deputato Crispi ha visitate le prigioni, e ne è sortito raccapricciato: il medesimo Cammineci ha denunziato al regio procuratore i maltrattamenti inflitti al signor Pietro Bruno ex-ufficiale condannato a morte, e per grazia. al carcere perpetuo. - Si censura generalmente il prefetto De Monale, che da quattro mesi venuto da Torino a Palermo né pure uno sguardo ha rivolto alle prigioni di Palermo, dove gemono circa 2 mila carcerati gettati a terra, e pieno d'insetti la più parte per misure di prevenzione: uno di essi da 2 anni non vede luce e non ha potuto vedere la faccia del giudice per cui nella visita delle carceri esplose in invettive contro, il re contro il parlamento, contro la nazione, non potendo conoscere la causa del suo arresto. De Monale non ha tempo di pensare a tanti sventurati; - ignora che nello stabilimento de' proietti la mortalità oltrepassa in taluni giorni il centinaio di bambini; ed intanto passa le ore in lieti pranzi, non a funzionari pubblici, non a diplomatici, non a stranieri illustri, non a cittadini di merito, ma e cantanti del teatro Bellini!».

Cresce intanto la smania di arrestare con veemenza, definita dalla stampa di ogni colore la legge del terrore nelle provincie di Napoli. - Il Calabrese, giornale di Cosenza dei 23 ottobre, riferisce: «ne' giorni scorsi abbiamo veduto condurre in queste centrali moltissime famiglie, e corrispondenti di briganti, buon per essi che Fumel non li abbia tutti fucilati!».


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In varii luoghi si son veduti sagrificii umani di trenta a quaranta prigionieri, e pare che la soldatesca, e le salariate guardie mobilizzate abbiano versato sangue, pel solo piacere di vederne scorrere e bruciate case, raccolte di cereali, provvisioni, industrie armentizie, ed ogni avere degli abitanti pel solo diletto di ammiserirli.

Riporteremo varii di questi avvenimenti, e saremo imparziali, e brevissimi: su la loro realtà non occorre dire altro, se non che i giornali, le corrispondenze, gli opuscoli nelle due Sicilie li banno pubblicati, e nel parlamento italiano sono stati sovente manifestati da varii deputati napoletani senza che fossero stati contrastati o smentiti.

Ma ad appareccbiare gli animi su le ferocie degli esecutori, bisogna far precedere la lettura delle disposizioni impartite dagli ordinatori Fantoni, Fumel de Martino, Gemelli, de Luca.

La raccolta delle circolari, e de’ bandi di costoro, uniti a quelli de’ Pinelli, de’ Galateri, de’ Virgilii, e de’ Gialdini, formerà ne' tempi avvenire «il Codice delle leggi del terrore nelle due Sicilie sotto il dominio piemontese», - ed allora sarà altresì difficilmente creduto, che non ostante codesti editti sanguinarii, vi sia stata la voce di un deputato napoletano, nel parlamento di Torino, che cosi abbia gridato.... «La legalità ci uccide! Io voglio un assoluto governo militare; io voglio misure eccezionali, acciò si reprima, quel brigantaggio, che da 18 mesi non si è potuto ancora domare» (tornata de’ 9 aprile 1862, mozione del deputato Petruccelli-Gattina).

Codeste truci proclamazioni però sono generalmente riprovate, e già quando appena taluna fra esse era nota, né ancora infierivano come nel 1862, il governo imperiale francese ingiungeva al suo rappresentante in Torino «di far notare al governo italiano la emozione cagionata dalle misure di rigore attribuite a' comandanti militari piemontesi nelle provincia meridionali..... donde la urgenza nel governo subalpino di pensare a' mezzi atti a svincolare la responsabilità dalle giuste accuse, di cui sarebbe oggetto» (Dispaccio del ministro Thouvenel, 22 luglio 1861 al conte de Rayneval a Torino) Ed a questo quadro cosi naturale delle condizioni del napoletano, l'altro deputato Dumortier ne aggiunge un altro non men vivo con te seguenti espressioni: - «La rivoluzione della Italia è la storia di tutte le turpitudini, di i tutti i tradimenti, di tutte le corruzioni, di tutte le vergogne! Nel mondo politico non havvi che due cose: la forza, ed il diritto. Le piccole nazionalità hanno il solo diritto, che è stato conculcato dalla forza....


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Si mena tanto rumore de' Drusi, che assassinarono i Maroniti; e voi, o liberali, da' sentimenti si pieni di umanità, non avete una parola pe' generosi abitanti del regno dì Napoli trucidati dal ferro dei carnefici piemontesi! Tante città messe a ferro e fuoco; tutti i prigionieri barbaramente uccisi; in Napoli e nel regno 25 mila persone rinchiuse nette prigioni senza condanna e senza forma veruna di processo; la libertà individuale surrogata dal governo del ferro, la libertà civile dalla dittatura..... chiamasi questo, o miei signori, uno stato di cose che meriti la nostra approvazione?» Un più grave giudizio di censura politica si esprime su lo stesso proposito nel senato belga nella tornata de’ 2 maggio: vani senatori parlano contro il riconoscimento del nuovo regno d'Italia; ma il discorso più meritevole di attenzione è quello del senatore conte di Robìano: - «Le annessioni (egli dice) sono fatte in Italia per la corruzione degli uni, e la vigliaccheria degli altri. Garibaldi entrò in Napoli: era egli con napoletani? Niente affatto: egli entrò a Napoli con individui appartenenti a tutte le nazioni, e che io mi asterrò dal qualificare. Che fece allora il re di Napoli? Volendo risparmiare gravi disastri alla sua capitale, si ritirò in Gaeta, d'onde combatté i garibaldini, e gl'inglesi, che andavano a fare il colpo dì fucile con armi perfezionate, e ritornavano quindi a pranzare, vantandosi del numero de’ napoletani che avevano ucciso. - I napolitani si sono forse rivoltati contro il loro re? Niente affatto. Essi invece hanno dato di loro re un appoggio cosi efficace che fu per un momento sul punto di riportare la vittoria, poiché i garibaldini, senza il soccorso de’ piemontesi erano battuti» - E qui l'oratore afferma che il plebiscito, o suffragio universale, non si effettuò., che in un modo illusorio, avendo avuto luogo alla presenza di soldati, che con la spada impugnata minacciavano coloro che avessero votato pel no ed applaudivano a quelli che avessero votato pel sì. - Indi soggiunge: - Gl'insorti napoletani sono chiamati briganti: ma dopo il 1830 ancor no) eravamo briganti: l'onorevole ministro degli affari esteri era un brigante: quelli che combattevano nella Vandea contro la Convenzione del terrore erano pure briganti. Voi vedete che i briganti di Napoli si trovano in assai buona compagnia. - Veramente i filantropi inglesi trovavano al tempo de’ Borboni, che i prigionieri politici non erano ben trattati: essi s'informavano de' minimi particolari, andavano finanche a gustare la loro minestra per vedere, se fosse ben condita. - Oggidì non si tratta più di tutte queste prevenzioni; si fucilano le persone, ed a quel che pare almeno, si fa bene, perché i morti non alzano più alcun reclamo; né per essi si alza reclamo da altri; si fucilano partigiani, e sedicenti partigiani, quelli che danno loro da mangiare quelli che sono sospetti di darne loro, donne, vecchi, fanciulli, e dopo ciò s'incendiano i paesi. - Vorrei sapere se i miei avversarii in questa camera approvino codesti atti; per me io li trovo tutt'al più degni degl'irochesi e de' cannibali...











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