Eleaml


LA
CIVILTÀ CATTOLICA

ANNO DECIMOQUARTO
18 Settembre 1863
VOL. VIII DELLA SERIE QUINTA
ROMA
COI TIPI DELLA CIVILTÀ CATTOLICA
1863

Regno Delle Due Sicilie 1. Esecuzione della legge per la repressione del brigantaggio sul continente — 2. Crudeltà soldatesche in Sicilia, per catturare i renitenti alla leva — 3. Confisca dei beni ecclesiastici in Sicilia.

Scarica il testo in formato ODT o PDF

1. Abbiamo recata a suo tempo la legge sancita dal Parlamento di Torino per reprimere il brigantaggio nelle province continentali del Regno delle Due Sicilie, ed i decreti con cui, per dar vigore a quella legge e promuoverne efficacemente l'attuazione, furono posti in istato d'assedio i due terzi del reame. Or che frutto se ne ricoglie?

245

Qui ci pare di dover lasciar parlare un giornale devotissimo agli autori della presente condizione di cose in Italia, cioè la Monarchici nazionale; che, per mettere in chiaro l'incapacità del presente Ministero, così argomenta dal risultato ottenuto verso la reazione dei popoli del Napoletano contro la dominante rivoluzione. Godeste diario dice senza complimenti che: «il Ministero tentò varii spedienti circa al brigantaggio: ei mise in opera circolari, sottoscrizioni, inchieste, scioglimento di municipii ecc. Ma tutte queste armi, stiamo per dire, se gli spezzarono nelle mani. Il brigantaggio non ha mai prese proporzioni così vaste, come da alcuni mesi a questa parte. ! fogli napoletani sono concordi nell'attestarlo. Gli scontri tra briganti e soldati e guardie nazionali sono stati numerosi, accaniti e micidiali, (j rosse bande di cento, duecento briganti a cavallo scorrazzano le varie province, e sfidano spesso impunemente un esercito valoroso ed agguerrito. È una pietà leggere le corrispondenze e i fogli delle province napoletane: ogni giorno ci recano qualche lugubre storia. Nel sotto giro della prima metà di questo mese, nella provincia di Benevento si contano 85 persone uccise dalla banda di Caruso. Il Ministero ha dichiarate in istato di brigantaggio undici province napoletane, ed ha applicato a toro i provvedimenti eccezionali sanciti dalla legge Pica. Or bene: le poche province (ossia i pochi piemontisti delle poche province) alle quali non fu applicata la legge, domandano anche esse di venir dichiarate in istato di brigantaggio. Il che vi provi che la piaga del brigantaggio omai affligge tutto il Napoletano. Gli scioglimenti, che senza tregua succedono, di consigli comunali e di guardie nazionali, parlano di per sé».

È egli da dire che la morbidezza de’ Generali, la svogliatezza de’ soldati, la soverchia benignità dei Consigli di guerra siano cagione di questo allargarsi del brigantaggio? No certo. Non v’ha città, non v'è quasi borgata o villaggio, in cui, secondo che riferiscono i diarii ufficiali ed ufficiosi, non siansi a prima giunta, per semplici delazioni, senza esame, senza prove, senza processo, carcerate le dieci, le quindici, fin le cento e le cencinquanta persone, uomini» donne, fanciulle, per imputazione di manutengoli de’ briganti. Sicchè fin d'ora, per le Il province dichiarate in istato d'assedio, più migliaia di sospetti furono accumulate nelle prigioni. Le quali, riboccando d'infelici stipativi a marcire, riversano il soverchio a languire sopra aridi scogli destinati toro a domicilio coatto. Di che ci recò notizia la Nazione di Firenze del 5 Ottobre, facendo il panegirico del Governo, che destinò un migliaio di questi miseri ad essere sostenuti alla Gorgona, alla Capraia, all’Elba ed al Giglio.

Se la sola Toscana ne accoglierà un migliaio, quanti ne saranno gettati sulle isole adiacenti al Regno?

246

Dio lo sa. Contandosi a decine di migliaia i carcerati, ed i condannati a domicilio coatto, si contano a centinaia i fucilati. Di che persino il Dovere, giornale del Mazzini, n. 28, fremendo di pietà per lo strazio che si fa di questi borbonici, così si dichiara: Il mondo inorridito legge le immanità de’ Mourawieff, e le carneficine che Calmucchi, Zapparossi, Ducobosi e Nugai, belve umane in assisa imperiale russa, fauno dei bravi Potooesi.

Quando scriveranno la storia della repressione del brigantaggio, non si avrà penuria di arbitrii spietati, di casi miserandi.» Detto quindi che gli eccessi militari furono tali, da doversi guardare «come benefica la legge draconiana contro il brigantaggio», dimostra che al paragone troppo si vantaggia l'Austria, anche posto che fosse stato vero quanto si stampò e disse dai liberali contro la durezza del suo Governo.

Non possiamo entrare nei particolari degli innumerevoli fatti, ond'è copiosa la cronaca del brigantaggio in questi ultimi mesi; tanto che gli stessi giornali ufficiosi sono costretti a confessare, che se a nulla riescono gli sforzi adoperati per domarlo, ciò dee recarsi alla complicità dei Municipii, dei Magistrati, delle Guardie nazionali, e del popolo delle campagne, presso cui i proscritti trovano ricetto, guide, spie, vittovaglie, armi, munizioni, cavalli, e quanto occorre a sfidare con baldanza incredibile tutto un esercito. In prova di che basti accennare, che contansi a più decine i Municipi! sciolti perché sospetti; a più di 80 gli ufficiali della Guardia nazionale, carcerati come complici; oltre a 60 i Magistrati, cassi perciò d’ufficio; e così via discorrendo d'ogni ordine di cittadini. Quali e quanti sono dunque i partigiani del Governo di Torino? Ogni giorno si legge di Guardie di pubblica sicurezza, che tennero mano alla fuga di detenuti, di imboscate in cui furono tratti drappelli di soldati a perdervi la vita, di villaggi occupati a man salva da' briganti. Sulle porte della stessa Capitale, presso a Castellamare, beffandosi della numerosa guarnigione di cui è gremita Napoli, una banda osò far calare non più che otto de’ suoi sulla via consolare; e tanti bastarono per arrestare e spogliare non meno di 120 persone, di cui molte trassero seco in ostaggio alle montagne. Si mossero più battaglioni a dar toro la caccia, ed allora gli audaci briganti fecero una ritirata sì ben condotta, che ne uscirono intatti,

2. Né sono men crudeli le condizioni in che versa la Sicilia. Si volle anche colà attuare la coscrizione ossia la cerna forzata dalle milizie. Quei fieri isolani, che per l'addietro n'erano immuni, riluttarono questo tributo di sangue. I più de’ designali, tranne pochi delle città, preferirono gittarsi alla campagna e viver da banditi. Il Governo ordinò che colla forza si catturassero questi renitenti.

247

Più Generali con qualche decina di migliaia di soldati uscirono in campo, e cingendo le città e le grosse terre di un cordone di soldati, per farsi dar in mano i renitenti, carcerarono senza misericordia i vecchi toro genitori, le spose, le sorelle, taglieggiandone con multe enormi le famiglie. Il Dovere sopraccitato, lumeggiando la cosa con un confronto glorioso per l'Austria, sfolgora «le misure ingiustificabili applicate a Girgenti, a Sciacca, a Trapani, a Salemi, ed altre popolazioni della Sicilia. L'Austria medesima non fece mai tanto. Si cinsero d'assedio gli abitanti, patirono fame e sete, pravi danni nelle sostanze; ed arrestaronsi intere famiglie per costringerle col terrore a consegnare i figli, i fratelli latitanti, ed obbligare questi, per sentimento di pietà, a presentarsi.»

Il racconto che leggesi nel Diritto, n. 260, di ciò che avvenne a Marsala, comprovato dai particolari riferiti in più altri giornali, fa raccappricciare d'orrore. Basti dire che più migliaia d'infelici, non trovandosi carceri capaci di contenerli, furono gettati in umide e profonde grotte, finché il disagio, la fame, la sete e l'angoscia li sforzasse a designare i nomi de’ renitenti ed i luoghi in cui erano ricoverati.

Non è d'uopo ricordare qui il contegno de’ Siciliani verso il toro legittimo Re, che certamente non usò mai di tali sevizie, né fece leggi simili per!strappare dal seno delle famiglie il fiore della gioventù, vestirla di divise militari, e destinarla ad uso di chair a canon, come l'appellava Napoleone I. Or essi pagano con tributo di sangue la libertà di essere torturati nelle sostanze e nelle persone, libertà recata toro dai pirati del Garibaldi, sotto la protezione delle navi inglesi e sarde. E non dubitiamo punto, che molti di essi non abbiano già fatto un doloroso confronto fra le delizie della presente loro libertà coi pretesi dolori della suggezione a chi potea certamente sbagliare talvolta come uomo, ma in sostanza li governava da Re cristiano; tanto che il Diritto stesso dice chiaro a’ Ministri: «voi fate ripensare al Governo borbonico…» E i punti sospensivi certo non sono qui posti da questo diario mazziniano per dar a intendere, che vi si pensi in quel modo che vi si pensava da’ settarii nel 1860. Ma che servono queste inutili rimembranze? Vollero un Governo forte, e l'hanno, per ricordar loro il serpente mandato da Giove alle rane scontente del pacifico loro Re.

3. Non era da credere che i beni ecclesiastici, ond'era copiosamente fornita l'isola di Sicilia, non tentassero la gola dei ristauratori dell'ordine morale. Ma si temeva di offendere troppo sul vivo i Siciliani, dove l'uno e l'altro Clero erano rispettati ed amati, se vi si fossero subito bandite, come altrove, la confisca de’ poderi e de’ conventi de’ religiosi, l'abolizione de’ beneficii, lo spogliamento della Chiesa. Perciò si indugiò circa due anni.

248

Ma alla perfine, veduti già ben domi que’ temuti isolani, la legge del 10 Agosto 1862 diè facoltà al Governo di dare in enfiteusi a piccole porzioni, mediante licitazione e per tm canone affrancarle, tolta la doviziosissima copia di fondi rurali appartenenti alle mense vescovili, ai prebendati, al regio patronato ed agli Ordini religiosi in Sicilia. L'Opinione del 21 Settembre, dopo affermato che con ciò si era «soddisfatto uno dei più ardenti vóti de’ Siciliani»; prende a disaminare le difficoltà che sorgono a contrastarne l'effettuazione, e se ne mostra piena di sgomento: 1. per l'influenza che ancora gode il Clero, che certamente vi si opporrà; 2. pel rifiato opposto da’ Vescovi e beneficiati di fare le richieste dichiarazioni; 3. per le quistioni che sorgeranno innanzi a' Tribunali; 4. per la paura che colà si sente ancora della scomunica e delle censure ecclesiastiche, fulminate da' canoni e bandite dal Clero contro gli occupatori dei beni sacri; 5. per la non improbabile defezione del Foro e della Magistratura nel giudicare di tal controversia; 6. per la -violenza delle passioni politiche ivi ribollenti. Sicché, in conclusione, il diario ufficioso del Governo riesce a dimostrare che in Sicilia il Clero, i Magistrati, il popolo tutto sono ostili, in modo da far paventare gravi impacci, all'attuazione d'una legge che «ha soddisfatto uno dei più ardenti voti dei Siciliani:» L'Opinione in questo caso ha proprio rubato il suo salario.










vai su









Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del Webm@ster.