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RIVISTA CONTEMPORANEA
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VOLUME VIGESIMOQUARTO
ANNO OTTAVO

TORINO
DALL'UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE

1861

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CORRISPONDENZA DA NAPOLI
Al signor Direttore della RIVISTA CONTEMPORANEA
Napoli, 21 dicembre 1860.

Volendo tener dietro all'ultima corrispondenza pubblicata nel fascicolo di novembre (poiché due altre inviatemi poscia hanno subito forse la sorte di andar smarrite) dirò che se la dittatura del prode Giuseppe Garibaldi cessava con la venuta dell'aspettato re Vittorio Emanuele, non cessava la critica, ed anche un po' di calunnia sui procedimenti di Bertani e da ultimo di Conforti. La stampa umoristica si scatenava contro costoro, ma io debbo ad onor del vero dire che senza la loro opera molte cose non si sarebbero spianate, ed ancora moltissimi impiegati produttori di mal seme, si troverebbero al loro posto. Le feste per Vittorio Emanuele, delle quali si è già parlato, non si possono giudicare che con queste parole: furono sbagliate. Il pensiero sull'insieme avrebbe potuto aver migliore effetto, «e fossero stitfe sollecitamente attuate, ma gli architetti che le dirigevano ebbero in mira di far guadagnare tanta gente e non più— I loro nomi non sono i più cari, e li taccio — I giovani pittori furono quelli che meglio corrisposero all'opera, ritraeudo con vivacità di pennello a guazzo le imprese di Solferino e di Magenta, di Castelfidardo, di Calatafimi e di tutto il periodo di guerra che tenne in azione le forze Piemontesi e l'armata meridionale. Fu piacevole il veder ritratti in tela nell'edificio del Mercatello i Generali Bixio, Turr, Cosens, Dunne e sul davanti quattro statue ritraenti i Generali La Marmora, Cialdini, Fanti, e Cavour Ministro, la quale ultima statua ebbe la sventura di rompersi, e restò in vista del pubblico malamente ristorata. . Anche l'Imperatore Napoleone ebbe il suo


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monumento di gloria sulla piazza della Carità. Cosi le case private fecero mostra di trasparenti, luminarie, ornati, tende, festoni, ed a rincontro dell'edificio della Posta adorno di luminaria su tutti i suoi contorni, per risalto delle sue stesse linee architettoniche, fu visto un palazzo decorato di un gran quadro raffigurante Garibaldi che presenta l'Italia a Vittorio Emanuele, lavoro fatto eseguire per cura di Giovanni Fierz con la seguente semplicissima iscrizione — Tutti i Congressi Europei — Non potranno annullare il fatto — di si spontanei omaggi — al Re Galantuomo. Gli elementi avversi a queste feste non impedirono che gran gente fosse in movimento aspettando la cessazione della pioggia per ricomparire — La improvvisa partenza di Garibaldi, è vero, lasciava un vuoto nell'animo, ma quella scomparsa medesima lo nobilitava al cospetto de’ Napoletani, i quali non sanno tenersi dal chiassare, biasimare, criticare quando si dia loro l'occasione di farlo spiegando interessi privati o parziali innanzi a' loro occhi, ma si prosternano innanzi all'uomo che tutto fa per gli altri e nulla per sé. E questo spettacolo è tanto più grande per essi, in quanto che poco sono abituati a vederlo. Però il primo Ministero o Consiglio sotto l'aspettato re Vittorio Emanuele, non ha riempito del tutto i comuni desiderii. Uomini egregii, lo Scialoia e il Pisanelli, avevano già lasciato un Ministero sotto la Dittatura Garibaldiana, e tornavano pronti a quel posto. Il Ventimiglia (Gaetano) era una riputazione fatta sorgere, né si sa come e da chi, di uomo che avea fatto il suo dovere sotto i Borboni, e che con altri di poca rinomanza né di molta aspettazione pel paese, erasi fatto strada nella Deputazione mossa da Napoli a ricevere il Re Galantuomo. Il Piria, uomo Europeo, non pareva acconcio in tutto a dirigere la pubblica Istruzione, ma i fatti proveranno se questi uomini sieno o no degni di sedere a' posti indicati, e se ne abbiano la pratica. La Dittatura fu operosa, se non sempre felice; il Consiglio di luogotenenza preseduto dall'egregio Farini, va lentamente, e dichiara di voler lasciar l'opera della ricomposizione e del rassetto alle Camere legislative; lodevole rispetto. D'altra parte questo rispetto al Parlamento e questa giusta attenzione non dovrebbero impedire l'effettuazione di utili provvidenze e il riparo e il premio dovuto agli uomini danneggiati, oppressi, trasandati e degni di servire il paese. In queste cose la Dittatura, ripeto, fu più rapida, se non sempre felice. Il degno Ministero dell'Erario osservava in un suo rapporto, non potersi gravare davvantaggio la Finanza per impieghi già raddoppiati in parecchie Amministrazioni; il degnissimo luogotenente Farini osservava e faceva osservare che le domande d'impieghi gli piovevano d'ogni lato, e tante ne piovvero allo stesso Re, che videsi costretto


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un di a far retrocedere la sua carrozza per altra via: ma il dimandare è qui naturale, nessuna legge lo vieta, e gli uomini preposti agli alti ufficii non debbono maravigliarsi se qui non solo verbo, volant, ma anche le carte si facciano volare, vadano o non vadano al loro destino. È un abito il domandare. Questo abito, questo innocente tentativo non dee d'altra parte dare il diritto a' Consiglieri di Stato, Napolitani, di chiudere le loro porte come officialmente hanno fatto. È un mal'abito da correggersi, se volete, ma a suo tempo, e non chiudendo le porte. M'intrattenni su questa parte della mia corrispondenza, poiché a Napoli è stato quasi cagione della caduta di un primo Consiglio, del quale il rappresentante, sig. Ventimiglia, è caduto sin da' primi giorni.

Altra cosa da non passarsi sotto silenzio, è stata una rivalità sussurrata da' maligni in cuore de’ Garibaldini contro i Piemontesi, per dar occasione e pretesti ad ire scambievoli, e il Generale Sirtori dal suo Quartier Generale è stato costretto a metter fuori più ordini, perché i militari volontarii non prestassero orecchio ad infami provocazioni. Nulladimeno ne' teatri, massime al Teatro nuovo, a' Fiorentini ed in San Carlo, è avvenuto qualche rumore, facendosi supporre a' primi che non si volesse far suonare l'inno di Garibaldi, ed una sera venne di forza dischiuso il teatro nuovo e la gente vi corse sul palco a cantare l'inno. Noi dobbiamo confessare che tra' Garibaldini dell'alta Italia vedemmo mescersi in quella sera i Borbonici in camicia rossa, i quali attizzavano lo scandalo in teatro, e lodiamo il prefetto di polizia Filippo di Blasio, che dichiarava apertamente in una sua ordinanza essere per taluni uomini l'onorevole nome di Garibaldi pretesto e maschera a far disordini.

L'ultimo fatto di S. Carlo che indusse alcuni volontarii a forzare gli ordini del sopraintendente de’ Teatri, ed a far quasi evacuare l'orchestra per evitare una lotta di opinioni, ha dato luogo allo arresto del sig. Libertini, il quale (dicesi) faccia parte di un comitato repubblicano. L'arrestato sarà passato al potere giudiziario e le cose meglio verranno in chiaro. Per ora il prefetto sig. de Blasio, non essendo d'accordo col consigliere della polizia Spaventa, si è dismesso.

I Garibaldini frattanto sono da Caserta e da Aversa mandati a Napoli per imbarcarsi, e quando saranno tornati a' loro patrii focolari, le mentite camicie rosse di Napoli si sveleranno, e i retrogradi mascherati piglieranno la loro via. Intanto i veri e buoni Garibaldini sperimentano ogni giorno più come essi sieno cari a' Napoletani, pe' quali hanno esposto la vita, e meritato dalla comun patria, Italia.

Ammirevole è altresì il contegno degli uffiziali Piemontesi, i quali, sebbene da' maligni motteggiati di aristocrazia,


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mostrano com'essi sappiano distinguere gli uomini onesti e leali da' facinorosi per abito. La Guardia Nazionale, la quale dal principio della rivoluzione ha dato saggio di solerzia, di previdenza, di senno, attenua ogni disordine o manifestazione di scontento, e corre co’ Piemontesi al perfetto equilibrio della pubblica quiete. Una nuova decretazione è venuta fuori per la Guardia Nazionale. ad estenderne il numero e mobilizzarla.

Io stesso che avea precedentemente fatto il Dittatore, se non che quel decreto pigliava gl'individui dall'età di anni 18 e questo dai 21. Regolarissima emenda, perché oggi il servizio della Guardia nazionale in Napoli richiede più giorni della settimana, e col fermare l'obbligo pria degli anni 21, s'impedirebbe a' giovani lo studio, la coltura ed anche la obbedienza ai maggiori, mettendo i giovanetti si presto fuori della loro famiglia.

Questo è Napoli nell'interno. Nell'esterno e massime nelle provincie, qualche malumore è ancor desto; qualche reazionario pagato, aizzato da sacerdoti di poca fede, turba le acque. Ad Isernia, a Sora, negli Abruzzi soldati sbandati, gente mal vista, ladri di specie diversa sonosi uniti minacciando Comuni, devastando campagne, facendo offesa alla Guardia Nazionale, e commettendo eccessi riprovevoli per qualunque fine. A Teramo, città mancante di forze piemontesi, il Governatore De Virgilii, ora destinato a Benevento, ha dovuto riunire in legioni i cittadini per respingere le bande reazionarie. Ma i Carabinieri piemontesi arrivando, han compiuta l'opera. Cosi il prode Cialdini a' tristi che nel sangue e nel saccheggio aver volevano la vendetta, ha dato cruda lezione col piombo che non torna indietro. Ma questi fatti non sono elementi che attestino contro il presente reggimento, sibbene contro l'antico.

La lode del bravo generale Cialdini è sopra ogni labbro al vedere come è disposto lo assedio di Gaeta, sebbene le forze piemontesi non possano agire che sopra una zona di terreno, e per profittare delle alture circostanti, siasi dovuto dar sollecita opera alla formazione di una strada scavata, per menarvi su le artiglierie. E questo lavorio incessante si fa alacremente, sotto il fuoco de’ cannoni della piazza, che di quando in quando prende a smontare i pezzi e colpire gli artiglieri con misura e destrezza. Ormai Gaeta non adopera altri espedienti, se non quelli di render difficile i lavori e gli approcci. — Il cannoneggiamento dalla piazza comincia talvolta per semplici apprensioni di attacco, ma il gran momento non è ancora venuto. Le sortite eseguite sino ad ora dai Borbonici, sono state sempre respinte vigorosamente, ma con perdita da ambo le parti.


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Di certo l'impresa di Gaeta costerà alle forze italiane assai più di Capua, ove poche prove bastarono alla resa. Gaeta tiene aperto il mare, sicuri i viveri e gli approvvigionamenti, sicurissima l'uscita per Francesco II. L'azione dal mare, impedita da diplomatiche mascherate intervenzioni, e i tempi per via di terra rotti a nevi ed acque, rendono disagevole l'operazione militare. Già il tifo comincia a divenir epidemico in Gaeta, e ne è morto il general Caracciolo Santovito; né i Piemontesi vanno del tutto esenti da questo malore, ché gli ammalati vengono porteti negli ospedali, e non di rado. Ad ogni modo il pensiero va, le cose procedono sempre ad uno scopo, e il paese, sebbene soffra in questo momento il caro de’ viveri, riseca i suoi bisogni ed esprime la sua gioia, facendo uso di quelle armi che non ha potuto tenere mai sotto i Borboni, scaricando colpi di fucili e pistole ne' giorni di ricorrenza, e massime nella sera, senza menomamente turbar l'ordine pubblico.

I caffè sono pieni a ribocco, le locande astrette di gente, i trattori affollati sì, da non restarvi acino di cibo la notte. Molto si spende, ed alle oscillazioni della borsa non si pensa. Per giunta di bene anche le malattie invernali sono minori in numero degli anni scorsi. I teatri hanno avventori copiosi, e taluni, come S. Carlino e La Fenice, sono popolati di soli uomini, mancando talvolta il posto e i palchi per le signore. Un nuvolo di libri piombati da Torino e da Firenze, empiono i banchetti, e si riparano, per cosi dire, sotto le tende per l'acque ostinate che i cieli mandano giù senza risparmio. Se ne vendono tutto giorno. Le stamperie napoletane sono in gran parte adoprate pe' giornali, de’ quali alcuni salgono, altri scendono (ascendentes et discendentes). Tra' discendenti vi è L'Italia, L'Opinione nazionale, Il Nazionale. Fra' più popolari Il Pungolo e E Arlecchino. Le ristampe delle opere di Gioberti, Rosmini, Sismondi, Farini, procedono. Opuscoli vennero fuori parecchi, La Questione interna, l'Alleanza latina, Le Piaghe della Pubblica Istruzione, Napoli e Vittorio Emanuele, Italia (versi), ed un'opera sulla Inconciliabilità de' due poteri del Papato, ch'è basata sui testi de’ dottori, sui domini stessi, sugli Evangelii, sui lavori biblici, sugli Atti degli Apostoli.

L'Indipendente, giornale di Alessandro Dumas, richiamando sempre la pubblica attenzione intorno alle meraviglie di Pompei, ha indotto il Governo a provvedere operosamente alla effettuazione di questi scavi, che tanto onorano Napoli e l'Italia. Sono stati prescritti i lavori da farsi, e nominati gl'ispettori e gli architetti direttori. La scelta è discreta. Se ne spera molto, massime dopo un felice scavo ultimamente eseguito, e a questo proposito leggesi con piacere un libro di Carlo Tito Dalbono,


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intitolato Climene da Pompeia, libro che rammemora le vicende e gli usi della sepolta città. Le strenne che si affacciano sempre al finire dell'anno che muore, per voler brillare Bulla soglia dell'anno che nasce, saran poche e pochine. Le rose — che son pur meschine cose — Il Garibaldi, strenna di nomi non chiari — La Sirena, sirena d'ogni tempo, ma che non illude nessuno, meno i Borboni. Questa specie di libri che richiede ottima scelta ed eleganza tipografica, manca spesso di queste due qualità, fra noi, ma il tempo che matura grandi cose, maturerà anche siffatti doni letterari per renderli degni dei loro confratelli di Parigi, di Londra e di Milano.

Mi resta a dirvi qualche cosa in quanto ad arti belle. Ebbene vi darò una fresca notizia. Il Re Galantuomo di sua tasca spende 24 mila franchi per opere di pittura. Saranno quadri diversi, commessi a parecchi giovani d'ingegno, con soggetti a piacere. A ciò vuoisi aggiungere un concorso già bandito per una statua o per un gruppo il cui subietto è l'Italia. L'Italia sempre perenne desiderio degl'Italiani, desiderio contrastato, soffocato, o meglio strozzato per noi che stando quasi al piede della Penisola, abbiamo costantemente combattuto per sostenerlo e per mostrarlo vivo e palpitante allo sguardo di chi ci deride e ne insulta.

Le commissioni date dal luogotenente Farini a nome del Re pel ramo delle arti belle sono un ristoro lodevolissimo in tempi di guerra e di crudele realtà, massime in pensando che se i letterati furono segno di crude ire sotto i Borboni, gli artisti furono sempre per un modo o per l'altro, almeno in buona parte, aiutati e soccorsi. Della qual cosa sono testimonianze le diverse Reggie napolitano, piene di dipinti, e le chiese molte, che sparse sono per la capitale e pel Regno. Nel momento che vi scrivo, sono date le disposizioni di partenza pel Re, che lascia la città nostra.

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