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RIVISTA CONTEMPORANEA
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VOLUME VIGESIMOQUINTO
ANNO OTTAVO

TORINO
DALL'UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE

1861

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CORRISPONDENZA DA NAPOLI

Napoli 25 aprile 1861.


È vano l'illudersi — Napoli sente la gloria di cospirare alla formazione ed alla grandezza del regno d'Italia, ma Napoli sente altresì la pena di separarsi dalle tradizioni della sua storia secolare. Non si può pretendere di vero che un paese si stacchi d'un tratto dal suo passato, non il passato de’  principi e delle dinastie, ma il passato de’ costumi e delle forme legali e municipali, del suo codice e delle sue instituzioni, che son pur qualche cosa nella vita.

Oggi il fomite delle reazioni non parte più dalle torri merlate e dagli spalti di formidabili mura; oggi i fautori del sistema antico, i satelliti del vecchio dispotismo non ricevon sussidii ed incoraggiamento da prezzo, né han per rifugio di loro barbare escursioni il chiuso di un castello, ma le masse sbandate e fameliche sono incitate ad opere nefande dal veleno che i retrivi instillano ne' petti, dai sospiri di molte ricche famiglie, ricordanti gli assentiti soprusi del passato; ed una quantità non calcolata di vecchi impiegati incuora i tristi, piacendosi se non altro di poter dire — La cosa pubblica non va.

Sono artifìcio, inavvertita azione dei retrivi, certi infondati sospetti, certe suggestioni, per le quali si insinua esser precaria concessione alla difficoltà del momento il far partecipare i Napoletani ai carichi eminenti dello Stato.

Sono puerili tali sospetti, quando un gran fine è sprone ai popoli. Bensì un governo nuovo ha diritto di sospettare, quando suppianta un vecchio governo, ancorché messo abbia sue radici nel fradicio; ed è stato fatto deplorabile e vergognoso la scoperta di una tremenda reazione alla vigilia del suo scoppio, mentre i reazionarii, follemente se vuoisi, già si muoveano verso Napoli, e il terrore già si svelava nel minaccioso suo aspetto, dando fuoco a notabili edificii. Eran già corsi quindici giorni, che di traverso ed in più rincontri s'udiva ripetere scoppierà una gran rivoluzione.


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Da molti di era mal tollerata dal popolo quella libertà che davasi ai soldati delle schiere antiche, i quali non dimessa aveano ancora quella truce aria di vendetta per offese non ricevute da popolo sempre tiranneggiato ed inerme.

S. Autimo, Pozzuoli, S. Anastasia, Cisterna ed altri paesi nel raggio della capitale erano già desti sul fatto di una prossima strage, adescati sia dalle parole de’ parrochi, che promettevano il paradiso ai fratricidi, SÌa dalla cupidigia del più volte promesso sacco, il quale dovea farli padroni della roba altrui.

Volle il caso che una lubrica relazione desse in potere di un popolano le fila della congiura. Tutto fu noto, e in poco d'ora Guardia nazionale a cavallo ed a piedi, e poca forza regolare si muovesse in punti diversi per soffocar la reazione. Una vecchia spia che tratta in arresto era già in procinto di sacrificare un milite nazionale che la scortava, è da un compagno del medesimo passata da parte a parte con un provvidenziale colpo di baionetta. —Un tal Jagle, medico, che dilettavasi di aver casa aperta a conspirazioni contro il presente regime, fugge al vedersi in casa assalito la notte ma nel di seguente tenta tornarvi. È scorto, scontrato, pugnalato in un attimo, senza motto proferire a tarda discolpa. — II parroco di Cisterna avea forato un muro della sua casa attigua al campanile, è tratta a sé per quel foro la fune per scampanare a suo talento, tostochè Venuta fosse l'ora dello insorgere. E cosi fece, e la Guardia nazionale sopragiunta ad impedire il sacrilego suono, non trovò la fune nel basso del campanile, ma la recise in sull'alto. Al sedicente prete evangelico restò tra le mani la corda e l'ingenero del suo fallo...

Là Guardia nazionale non sei lasciò sfuggire. Casi misti di ferocia, di schérno, d'infamia e di superstizione furono raccolti intorno come passati in quella che Alfieri avrebbe chiamata


Notte tremenda, atroce, orribil notte!


L'esagerazione e la favola si è pure impadronita di questi oasi per ampliarli, ne convengo; ma il fuoco incendiario si è veduto; qualche subitanea rapina o seguita; il sangue umano a scorso. O più il meno è serbato ai processanti, «e in questi tempi anche i magistrati e gl'istruttori per eccesso di zelo patriotico non preferissero al colpir giusto, il perdonare ingiusto.

Alle corte. La forea e la giustizia; la giustizia e la forza tutelar deggiono le innocue popolazioni che ne' nuovi reggitori si affidano. I cittadini non devono nelle insonni tenebre tremare per se e pei loro come ne' giorni anteriori al riscatto, sotto pena che il governo abbia tacci» d'imprevidenza e pochezza.


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Il passato dunque sia norma all'avvenire e congratuliamoci eoa la Guardia nazionale che non isinentì la sua missione, e fece anche il soperchio.

I furti sembrano alquanto diminuiti, sebbene il caro de’ viveri renda spesso difficile il soddisfare la fame. Buon per noi che si avvicina la temperata stagione; ma gli Abruzzi fauno sempre temere qualche guasto di crescenti masnade, appunto perché que' naturali non ebbero agio, come in altri anni, di passare nello Stato romano a lavorare la terra. La miseria è dunque certa, la rea intenzione sarebbe minore in fatto, se la fame non la sollecitasse. I municipii di Avezzano, Celano e Magliano hanno in un indirizzo esposto la loro gratitudine al 40° di linea, comandato dal colonnello Quintini, per aver guarentito la compromessa pace di assai paesi circostanti.

Se una forza attiva percorresse le Comuni e un centro di lavoro richiamasse ad uno scopo le braccia inoperose, le provincie Abruzzesi e qualche altra darebbero sicurtà di questo avvenire.

Fra il contado di Molise ed il confine Aprutino i villani armati di zappe ed in compagnia di soldati sbandati han compiuto tale iniquità, della quale non è punto perdonabile l'aberrazione mentale che la generò.

Hanno assalito e pugnalato il sacerdote predicante sull'altare innanzi al Sagramento. Han ucciso il capitano della Guardia nazionale e il figliuolo, trafitto il giudice, violentato donne, arso, rapinato; e la forza accorsa non ha potuto neppur trovare i capi instìgatori della strage per essersi rapidamente riparati fra i monti.

Nulladimeno una lunga catena di colpevoli è passata traverso le grandi arterie della capitale come massa di sangue infuocato, e il popolo è stato in procinto di farne sommaria vendetta. Oggi sappiamo che il piombo ha in lieve parte esaudito i voti degli oppressi e delle vittime innocenti.

Si sono aperte nuove case di ritrovo addobbate lussuosamente, ma per verità son poco frequentate. È vano illudersi, ripeto. Fra un'Italia che va superando a gran fatica li scogli e gli ostacoli che le oppone la politica austriaca; fra i lamenti di una Polonia che si dibatte pel riacquisto della sua nazionalità, fra i dubbii di una guerra disastrosa, o di una pace vergognosa, l'animo non è disposto a feste.

Così le lettere e la poesia se ne stanno mute, e se ne togli un bel discorso pubbblicato dal signor Imbriani, un volgarizzamento di alcune cose di Luciano, pubblicato dal Settembrini con bel sapore italo-greco, ed un opuscolo di poca fede politica e di tarde manifestazioni del signor Costantino Crisci, ti converrà leggere qualche articolo letterario nel Museo di letteratura, che si pubblica dal Gatti.


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Al medesimo è dovuto un articolo non verboso ma nerboso contro il giornale de’  sospiranti il passato, detto La Settimana.

Il ritorno in Napoli della prima spedizione di Guardia nazionale, e la partenza della seconda spedizione, occupa padri, madri, figliuole, sorelle.

Altra volta un giovane per lasciar Napoli avea bisogno — di un certificato di buona condotta del parroco, dei maestri dell'università, il permesso del padre e della madre in forma legale, la guareutia di non esser uscito alla leva, le fedi di perquisizione, la protezione di un paio di ministri, il beneplacito e la sanzione sovrana, una somma data per cautela nelle mani del commissario o del direttore di polizia, un passaporto vistato, controvistato e pagato in moneta sonante, cento suppliche, venti anticamere, un servitore di piazza che vi assistesse, un impiegato di prefettura che s'impegnasse a lasciarvi partire; e dopo aver durato tutto questo lungo e spasmodico antiviaggio, il giovane che partiva, correva il gran rischio di non poter più tornare, perché il medico di sua casa, emigrato a Torino, gli avea un di nientemeno che tastato il polso. Tanto bastava per essere infetto di lue politica!!

Eppur tuttavia v'ha molti oppositori del sistema presente, i quali attestano e van predicando che noi non abbiamo neppure la libertà!

Essi intendono forse che non abbiamo la libertà di sradicare il presente governo secondo i loro desiderii, ma non rammentano le parole di un brillante letterato francese, il quale a' tempi del passato regime scriveva:

A Naples vous avez la lilerté de vcws taire...

Oggi abbiam la libertà di parlare e di scrivere.

Cosi tutti sapessero profittarne sagacemente e senza livore: cosi tutti sapessero scrivere per lasciare ai posteri memorie durevoli e vere.

X. X.




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