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NUOVA ANTOLOGIA
DI
SCIENZE. LETTERE ED ARTI
VOLUME NONO

FIRENZE
DIREZIONE DELLA NUOVA ANTOLOGIA
Via San Gallo. n. 35

1868
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SOCIETÀ DI ECONOMIA POLITICA ITALIANA

Riunione del 27 Novembre 1868.

La Seduta o aperta alle ore 8 pom.

Il Banco della Presidenza è occupato dal vice-Presidente Corani. Marco Minghetti e dal Segretario Prof. Francesco Protonotari.

Minghetti. Prima d'incominciare la discussione sugli argomenti che sono posti ali' ordine del giorno, crede opportuno richiamare l'attenzione dei Soci presenti sulla necessità che la Società di Economia politica spieghi viepiù la sua azione, e che le discussioni, per quanto animate fin qui, viepiù si ravvivino, e chiede se per ottener ciò si creda opportuno di allargare le basi su cui la Società stessa riposa.

Torrigiani opina che l'utilità della istituzione, e in specie i vantaggi che possono derivarne per le discussioni, anderanno aumentando a misura che si potrà dare esecuzione al disposto dello Statuto, che vuole che col principio dell'anno siano nominati i Soci ordinari, e che il numero di essi si accresca negli anni successivi.

Protonotari sente al pari dell’on. Minghetti il desiderio che la Società di Economia politica estenda la sua influenza e si renda benemerita del paese. Ma questo desiderio vuoisi regolato da prudenza. Già gli Statuti, come in parte notava il collega Torrigiani, provveggono all'avvenire dell'istituzione ed al suo miglioramento con due disposizioni che quandochessia dovranno porsi ad effetto. La prima vuole che si nominino i Soci ordinari, i quali hanno ad essere, ed è bene che si sappia, uomini che per carattere e per sapere conferiscano al decoro dell’istituzione: la seconda che si promuova una serie di pubblicazioni tendenti a propagare le sane dottrine economiche. Ora adempiendo, egli dice, a queste prescrizioni, l'interesse che può nascere dalla istituzione nostra sarà duplice, quello che deriverà dalle discussioni rese viepiù importanti a misura che crescerà il numero di coloro che vi parteciperanno, e quello delle pubblicazioni di scritti che dovranno aggirarsi sopra quesiti che toccano più davvicino gl'interessi economici del paese.


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Broglio osserva che molti de’  Soci essendo distratti in altre cure e non potendo attendere ai lavori di questo genere, per mandar più facilmente ad effetto la proposta del collega Protonotari, potrebbe parer conveniente, di eccitare gli estranei a trattarli. E per destare in essi il maggior possibile interesse crede tornerebbe opportuno che si istituissero de’ premi da conferirsi a coloro che presentassero i migliori scritti intorno agli argomenti che la Società intendesse stabilire.

La proposta dell’on. Broglio è sostenuta dagli on. Correnti, Corsi, Minghetti, Protonotari, Lampertico, e dopo breve discussione viene per unanime consenso de’  Soci stabilito che nella prossima riunione si determini la natura di questi premi, il modo di conferirli, e si propongano i temi che dovranno essere trattati.


Minghetti. Prima di mettere ai voti quale degli argomenti posti all'Ordine del giorno debba essere trattato nella presente Seduta, crede opportuno di domandare se qualcuno de’  Soci che furono assenti nella precedente, abbia osservazioni da fare sopra l'argomento che fu già messo in discussione e che concerne il quesito: Se la circolazione di una moneta fittizia a corso forzato pausa giovare all’incremento delle industrie nazionali.

Alcuni Soci manifestano il desiderio che, essendo presenti due Membri della Commissione per l'abolizione del corso forzato, si prenda di nuovo in esame l'argomento: e però senz'altro viene su questo riaperta la discussione.


Lampertico, Relatore della Commissione parlamentare d'inchiesta sul corso forzoso dei biglietti di Banca, ricorda come il risultato generale dell'inchiesta sia che il corso forzoso danneggia grandemente l'industria, perturbandone ogni relazione. Non sarebbesi constatato che alcuna industria nuova sia sorta per effetto del corso forzoso, e nemmeno, per nostra ventura, che alcun interesse permanente siasi fra noi costituito in dipendenza da esso. Tutto ridursi a qualche maggior allargamento di singole industrie ma in massima pressoché tutti i fabbricanti convenire dei danni gravissimi che il corso forzoso infligge all'industria nazionale. Più che altri, nell'industria, risentirne danno gli operai; avvegnaché le mercedi, a differenza dei prezzi dell'altre cose, o non siensi elevate del tutto, o solo in una misura non proporzionata al deprezzamento della moneta di carta. Esservi in questa condizione gli elementi per un qualche vantaggio relativo degli imprenditori d'industria, che riescono cosi a pagar meno il lavoro; ma il vantaggio dell'una parte, oltreché non giusto, compensare a mala pena il discapito dell’altra, e all’industria in complesso non derivarne che detrimento. E qui l'onorevole Lampertico ricordava come il deprezzamento di una moneta di carta, in conseguenza della sfiducia e d'altre cause influenti, costituisca per alcuni rispetti un fenomeno analogo a quello del grande deprezzamento che avvenne nello strumento monetario in seguito all’afflusso dei metalli americani sul mercato europeo tra il secolo XVI e il XVII; e come le leggi sui poveri in Inghilterra, iniziate col celebre Statuto dell'anno il della regina Elisabetta,


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sieno state in gran parte provocate dalla necessità di soccorrere alle classi lavoratrici, i cui salari, conteggiati presso a poco nell'egual somma di moneta, venivano effettivamente a scadere di quel tanto di cui scadeva il valore della moneta medesima.


Broglio. In relazione ai fatti esposti dall’onorevole Lampertico, avverte che pochi giorni or sono un fabbricatore di pianoforti lo assicurava di non essere mai riescito prima del corso forzoso a stabilirsi nella propria industria, di fronte alla concorrenza straniera; esservi invece riescito dopo il corso forzoso, il quale parrebbe avergli servito di scudo. Sembrare pertanto non destituita d'ogni fondamento di fatto l'opinione che il corso forzoso procacci una qualche protezione ai nostri fabbricanti di fronte alla fabbricazione estera.


Lampertico riassume le conclusioni del suo precedente discorso; ripete che la Commissione d'inchiesta ebbe a raccogliere qualche attestazione, da cui parrebbe risultare che alcune industrie o speculazioni particolari abbiano per effetto del corso forzoso conseguito un certo allargamento; l'effetto perù essere del tutto parziale e precario; in via generale essere pressoché unanimi le deposizioni circa i danni che l'industria patisce dal corso forzoso. Cita in particolare il fatto di molti capitali che rimangono stagnanti o che sono anche passati all'estero, e l'altro non meno notevole raccolto a Genova, che il riflusso dei capitali da altre speculazioni abbia dato un maggiore impulso all’industria delle costruzioni navali in Liguria, siccome quella che costituisce un più sicuro impiego, e che servendo al commercio di trasporto, che si esercita per lo più all'estero, non lascia temere la rovinosa influenza del corso forzoso all’interno.


Messedaglia dichiara di entrare nel medesimo ordine di idee del suo onorevole collega della Commissione d'inchiesta, il deputato Lampertico, e aggiunge qualche fatto particolare della stessa indole di quello riferito dall’onorevole collega Broglio. — Avanti la Commissione d'inchiesta un profumiere a Torino avrebbe fatto per la sua industria una deposizione identica a quella del fabbricatore di pianoforti. A Torino specialmente, ed anche in qualche altro luogo, esservi state delle deposizioni di fabbricatori, i quali presumevano che qualche ramo d'industria abbia avuto dei vantaggi dal corso forzoso; anzi tale opinione essere assai diffusa, e pressoché dominante in Piemonte, e qualche membro della Commissione aver avuto occasione di verificarla in particolari colloqui con industrianti ed uomini d'affari; esser anche passata in documenti ufficiali, usciti in questa occasione alla luce.

Raccolta l'opinione sull'esistenza del fatto, interessava di raccogliere anche l'opinione circa le ragioni del fatto medesimo. E per tale riguardo ripetersi abitualmente che il corso forzoso funzioni di fronte all’estero al modo di un dazio protettore. La misura dell’aggio sarebbe la misura del dazio.

Siffatta opinione si incontrò, può dirsi, in ogni parte d'Italia visitata dalla Commissione, e l'onorevole Messedaglia espone di averla, anche per suo proprio

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 studio, e d'accordo col suo onorevole collega ed amico Q. Sella, perseguitata dappertutto, a fine di accertarsi di ciò che essa valga.

Ora le stesse spiegazioni avute da molti fra coloro che la professavano, la mostrerebbero per lo meno inadeguata. Allorquando chiedevasi come si svolgesse codesta pretesa azione protettiva del corso forzoso, la risposta era per lo più impacciata ed insufficiente. I più avevano già ammesso che anche all'interno i prezzi si fossero elevati presso a poco nella misura dell’aggio, ossia quanto o poco meno che ali' estero: ma allora in che stava la differenza? Per parlare di dazio protettore, bisognerebbe che mentre i prezzi ali' estero si elevano di tutto l'importare dell'aggio, all'interno rimanessero inalterati, oppure si elevassero in una proporzione assai minore; allora soltanto vi sarebbe un effetto analogo a quello di un dazio.

Rimaneva un'altra maniera di spiegazione, dipendente dal fatto indicato dall'on. Lampertico; che, cioè, sieno le mercedi quelle che non hanno subito un rialzo proporzionatamente uguale agli altri prodotti, perlochè il fabbricatore nazionale avrebbe il lavoro a miglior mercato; lo pagherebbe, in carta, nella misura di prima, e venderebbe poi la sua mercé, pur in carta, ma coli' aumento di tutto l'aggio sul prezzo. Da ciò un vantaggio di fronte al fabbricatore estero, il quale pagando i salari, come tutto, a danaro sonante, continua a trovarsi anche rispetto a noi nelle identiche condizioni in cui era prima.

Bisognava riconoscere se questa spiegazione, fondata sopra un fatto reale, fosse per sé sola bastevole a dar ragione di quel maggiore movimento industriale che si attestava.

E all'onorevole interlocutore è sembrato che no. Consultando al momento la sua memoria, gli sovverrebbe di un fabbricante, il quale avrebbe indicato che nella sua industria i salari degli operaj prendevano ali' incirca il 25 per 100 delle spese totali di produzione; perlochè una differenza del 10 per 100 sopra di essi non avrebbe corrisposto che al 2 '/s per 100 sul prezzo risultante di fabbrica: margine, che non parrebbe sufficiente per costituire un elemento sensibile di protezione, ove si tenga pur conto che esso è essenzialmente variabile secondo le fluttuazioni diurne dell'aggio.

Pertanto, poiché non si contesta il fatto del vantaggio derivato a qualche particolare industria dall’esistenza del corso forzoso, la spiegazione del fatto stesso sarebbe da cercarsi, secondo l'onorevole Messedaglia, in altro degli effetti del corso forzoso. E sarebbe che anche non operando del tutto (o solo in scarsa misura) come un dazio protettore, il corso forzoso opererebbe come un dazio proibitivo, o in genere come un ostacolo, come un repellente, facendo che si restringano in forte proporzione le nostre corrispondenze commerciali coll'estero, rimuovendo gli stranieri dal mercato nazionale, e lasciando su questo una maggiore balìa ali' industria interna.

E qui ricorda come il primo effetto dell’introduzione fra noi del corso forzoso sia stato che l'estero ci levò di colpo il fido commerciale, e chiese di essere pagato del suo avere; né più oltre trattò con noi che a contanti, ovvero,


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se a credito, sotto condizioni straordinariamente onerose, e in ogni caso sempre a danaro sonante.

Da ciò derivò un fenomeno, che non sarebbe rimasto ignoto ad alcun paese in cui venne ad introdursi una moneta di carta a corso coattivo; cioè che nelle relazioni coli' estero si incontra maggiore difficoltà nel comprare che nel vendere, ossia che le importazioni (almeno in condizioni analoghe alle nostre) soffrono e si contraggono più delle esportazioni. Anche operando reciprocamente a credito, l'estero preferisce rimanere debitore piuttosto che creditore, ossia comprare di preferenza che vendere. La Commissione d'inchiesta avrebbe raccolto numerose attestazioni di questo fatto: per lo più sarebbesi asserito che le importazioni si trovano pel corso forzoso ancor più compromesse che le esportazioni, e i documenti doganali francesi ed altri constaterebbero il fatto di una diminuita importazione in Italia nell’anno corrente. Un'eguale opinione circa l'influenza del corso forzoso incontrerebbesi anche in Austria, il paese dove cosiffatti fenomeni poterono constatarsi da più lungo tempo e in modo più completo che altrove.

L'oratore cita un fatto di attualità che gli sarebbe stato confidato da persona assai competente. A questo momento lo stock delle lane lavorate sarebbe generalmente in Europa alquanto carico al di là del normale, ossia di ciò che esige il bisogno corrente del mercato, e vi è chi stima esser merito del corso forzoso se i nostri fabbricatori nazionali possono sottrarsi a quella che potrebbesi dire una concorrenza critica in tale prodotto.

E qui l'onorevole Messedaglia entrando più innanzi nell’argomento, mette in rilievo gli effetti che le varie oscillazioni della carta esercitano sulla bilancia commerciale coll'estero, ossia, per bene intendersi, sul movimento scambievole delle importazioni e delle esportazioni. Oltreché ali' esperienza nostra, egli si appoggia a quella più lunga e più concludente dell’Austria, alla quale egli poté assistere abbastanza vicino dalla Venezia. Anche soggetta all'Austria, la Venezia mantenne sempre (all'infuori di un breve intervallo a due riprese) la moneta metallica come unico stromento legale dei cambi, e questa era dopo il 1857 la nuova moneta d'argento convenuta dall'Austria colla Germania. All'opposto, tutte l'altre provincie dell'impero austriaco non conoscevano che moneta di carta, la quale, a simiglianza di ciò che avviene oggi fra noi, era la cedola di quella Banca Nazionale, a cui fu dato corso forzoso fino dal 1848. Siffatta moneta era cosi bene entrata nelle abitudini, che al popolo pareva non potervenc quasi essere un' altra diversa. L'oratore a questo proposito cita il fatto a lui noto di una fantesca menata da Gràtz nella Venezia, e che al primo vedersi pagata la mercede in fiorini d'argento, esclamò maravigliata nella sua lingua natia, contemplandoli sulla palma della mano: Was fiir eine sonderbare Miinze: Che strana moneta!

Or bene, in Austria è fatto notorio, ripetuto ne' giornali, citato al Parlamento di quel paese, e che serve di scorta in tutto il commercio, che una elevazione dell'aggio, ossia un deterioramento della valuta, favorisce le esportazioni

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all'estero, e che al contrario un ribasso dell'aggio, cioè un miglioramento della valuta, scema le esportazioni, e tende ad accrescere le importazioni. Si sviluppa, cioè, in questi casi un fenomeno che direbbesi fino ad un certo punto di compensazione, perché tende a reagire alla variazione stessa dell'aggio.

Il fatto è incontestabile, almeno fra certi limiti (ben s'intende), ed importa assai di averne la spiegazione.

Eccola. È di fatto che le oscillazioni dell’aggio tendono ad alterare in modo corrispondente il prezzo di tutti i prodotti; ma è altresì di fatto che non tutti i prezzi possono assecondarle m modo uniforme e coll'eguale velocità.

Vi sono anche qui delle circostanze di spazio e di tempo da considerare, e son esse che determinano quel risultato di cui è parola. Alcuni prezzi tengono dietro rapidamente al movimento di quello della moneta; altri invece indugiano assai più ad accomodarvisi, resistono più o meno a lungo, o resistono, per cosi dire, in alcuni articoli pressoché indefinitamente. Nelle oscillazioni frequenti della valuta non vi è istante in cui il mercato sia esattamente in equilibrio in tutti i suoi punti per tutti gli oggetti. — Or bene, suppongasi un rialzo dell'aggio dell'oro e dell'argento, un deprezzamento proporzionato della valuta. Alcuni articoli resistono, rimangono al prezzo monetario di prima, o non rialzano in proporzione. La moneta di carta valendo essa medesima meno di prima a fronte dell’oro e dell’argento, egli è come se quegli articoli (finché il fatto dura) venissero a valer meno a ragione d'oro e d'argento; ossia essi valgon meno senz'altro, divengono, cioè, a miglior mercato per chiunque ne ragguaglia il costo a contanti. E quest'è precisamente il caso dello straniero, dal quale tutto riportasi a moneta metallica. All'istante in cui la moneta di carta scapita di valore, egli trova un certo numero di articoli che gli si offrono presso a poco al costo di prima in carta, e che egli in realtà paga meno, quanto meno gli costa ad acquistare la carta essa medesima.

Da ciò il fatto di un maggiore sviluppo delle esportazioni, ossia di maggiori vendite all'estero, di maggiori acquisti fatti in casa nostra dagli stranieri. Lo stesso ragionamento comprova che devono in questo caso scemare le importazioni. Nel caso reciproco di un miglioramento della valuta accade esattamente l'opposto.

Il fenomeno è coadiuvato anche dalla pratica osservata fra i fabbricanti di diffondere a tempo le loro tariffe, e non mutarlo che da stagione a stagione. Nell’intervallo il prezzo dei corrispondenti articoli resta fisso, e le oscillazioni dell’aggio vanno a profitto od a scapito di chi paga in moneta sonante.

Si noti bene, però, il fatto si verifica in generale allora soltanto che contrattazioni, prezzi, tariffe, tutto si fa in moneta legale di carta, come appunto accadeva in Austria; altrimenti, per tutto quello che si continua a fare in danaro sonante o a ragguaglio di questo, il fenomeno non ha più ragione alcuna di essere. Vale a di re che trattasi di un fenomeno il quale si sviluppa allora soltanto che la contrattazione in carta è passata nelle abitudini universali: cosa che dimanda sempre un tempo più o meno lungo.

Vol. IX. — Dicembre 1868

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Busacca osserva che, tutto al contrario di quel che generalmente credesi, il corso forzoso comincia coll'incoraggiare l'importazione dall'estero, ed attraversare l'esportazione. Quindi agisce piuttosto come dazio protettore dell'industria straniera anziché della nazionale. Ciò ad evidenza dimostrasi risalendo all'indole della moneta metallica e dei biglietti di banca. L'oro e l'argento come metalli hanno un valore; monetati non lo perdono, ma sotto tal forma ad altro non servono che ai bisogni della circolazione. J\e siegue che se in un paese la quantità di moneta metallica s'accresce, il valore commerciale dell'unità monetaria s'abbassa, i prezzi delle cose proporzionalmente s'innalzano; e così i prezzi di quelle merci; che in altro paese, dove ciò non è accaduto, avanti erano uguali o più alti, per l'aumento del numerario del primo paese divengono più bassi. Allora accade che dal secondo di questi paesi quelle merci s'importano nel primo, si barattano con moneta anziché con merci, e la moneta si esporta, finché il rapporto tra la moneta circolante e il bisogno della circolazione in ambi i paesi divien lo stesso.

Se in un paese, continua l'on. Busacca, una banca emette biglietti pagabili al portatore, i fenomeni conseguenti sono precisamente gli stessi. Il valore monetato rappresentato dallo strumento di circolazione, moneta metallica e biglietti, si è aumentato; il valore dell'unità monetaria quindi s'abbassa, i prezzi delle cose s'innalzano più che all'estero, quindi l'importazione dall'estero s'accresce, e siccome all'estero i biglietti non han valore, l'equilibrio tra i due paesi, come nel caso precedente, si ristabilisce coll'esportazione della moneta metallica.

Ora il corso forzoso o sempre accompagnato dall'aumento del valore rappresentativo in biglietti di banca, ed in Italia questo aumento è stato smisurato. Il primo effetto adunque non ha potuto essere diverso da quello dei due casi precedenti; la differenza è soltanto che col corso forzoso l'oro o l'argento monetato hanno due valori, l'uno il vero, che è il commerciale, l'altro il valore legale uguale al biglietto e inferiore al primo. I prezzi delle cose quindi si sono aumentati, e la moneta metallica è sparita, perché il commercio, onde realizzare la differenza tra i due valori, l'ha esportata importando dall'estero mercanzie il cui valore in lire è all'estero divenuto più basso che in Italia. Questi sono i primi effetti del corso forzoso.

Quando poi il paese si è esaurito di moneta metallica, diceva il Busacca, si entra in un secondo periodo. Siccome ogni variazione dell’aggio o arreca nei debiti e crediti perdita o guadagno; siccome al corso forzoso si ricorre quando un paese non può, almen per il momento, pagare i suoi debiti, così per il nuovo rischio cui sono esposte tutte le operazioni commerciali, e per la sfiducia che il paese inspira, al primo periodo siegue quello della stagnazione, cioè l'importazione si scema perché l'estero non fa credito, e diminuita questa, scema pure l'esportazione.

Ciò non vuoi dire che altre cause non possano controbilanciare e superare questi effetti, ma quelli propri del corso forzoso per il movimento industriale complessivamente preso non possono esser diversi.

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Dire che l'aggio è un dazio protettore, è altronde un errore. L'aggio importa che il valore di cambio della lira in carta in rapporto al valore intrinseco della lira in metallo si è ribassato: or questo ribasso agisce nello stesso modo sì per l'estero che per l'interno: se cento lire in carta valgono in Italia 90 lire d'oro, la mercé che si vende in Italia per cento lire, sia estera o nazionale, effettivamente non ne vale che 90. L'aggio adunque considerato per se stesso non influisce; bensì i fatti che sembran contrari all'anzidetto non possono essere che fenomeni ristretti ed accidentali, dovuti o alle oscillazioni dell'aggio che danno perdite o guadagni che alle volte si evitano o realizzano importando od asportando od astenendosi; o dovuti alla stagnazione che il corso forzoso produce, per cui a danno del commercio generale l'importazione di qualche mercé per la diffidenza dell’estero si arresta; o sono fenomeni che non hanno col corso forzoso relazione alcuna di causa ad effetto.

Lampertico. 1 fatti ricordati dal collega Messedaglia, sui vantaggi derivati ad alcune industrie dal corso forzoso, concernono quasi esclusivamente il Piemonte. Nell'insieme, non vi è dubbio alcuno, l'industria ha sofferto e soffre. In particolare, tutto quello che si trae dall’estero, materie prime, macchine, prodotti e istromenti di lavoro in generale, tutto è rincarito; sono difficoltate le relazioni, è perduto il credito: su ciò gli stessi fabbricatori sono concordi. E quando si parla dello sviluppo di qualche industria, o delle nostre maggiori esportazioni in questi ultimi tempi, conviene indagare prima di tutto se non sianvi state altre, e più certe, e più benefiche cagioni che non quella del corso forzoso della carta.

Torrigiani esprime il dubbio che nelle ragioni assegnate dal collega professor Messedaglia ai fenomeni economici derivati dall’applicazione fra noi del corso forzoso, possa sospettarsi qualche pensiero che dia modo a!d interpretazioni favorevoli a chi sostiene il corso forzoso profittevole agli sviluppi delle patrie industrie.

Il prof. Torrigiani non ammette che dall’applicazione del corso forzoso possa derivare un eccitamento all'esportazione ed un restringimento ali' importazione.

Durando i bisogni degli oggetti manifatturati, prima che quell'eccezionale misura si verificasse, il suo effetto non potrà essere di escludere le materie prime e gli oggetti provenienti dall’estero per le esigenze delle nostre industrie, ma piuttosto di elevare il costo, elevando di conseguenza quello dei prodotti a cui danno origine. Il quale effetto, unito a quello giustamente indicato 'dal prof. Messedaglia, comunque in tenue misura, della elevazione della mano d'opera, lungi dallo spingere ad un allargamento della produzione, deve aver ristretto il numero dei consumatori, epperò delle domande dei prodotti, e in conseguenza della produzione.

Contro questo effetto generale non può aver valore l'esempio di qualche fatto parziale, che d'altronde converrebbe studiar davvicino, al fine di constatar bene se abbia ragione di essere altrimenti che dall’azione del corso forzoso.

Il prof. Torrigiani infine, anziché ricorrere a' quadri statistici,


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troppo spesso incompleti, e privi di elementi necessari onde constatare le differenze fra le esportazioni e lo importazioni di un paese afflitto dal flagello del curso forzoso, amerebbe sindacare questo con quello del corso dei carabi, il quale ove costantemente contrario, non può a meno d'indicare il disquilibrio economico e commerciale a svantaggio del paese ove il corso contraria verificasi.

Mughetti richiama alla questione. Non trattasi qui in generale dell'influenza che può aver esercitato ed esercitare il corso forzoso sull industria, ma della tesi più ristretta, se possa ammettersi, che qualche particolare industria si avvantaggi del corso forzoso, e se questo possa ritenersi agire a modo di dazio protettore di fronte all'industria estera.

Messedaglia accetta la questione quale é posta dall’onorevole Vice Presidente, e dichiara di aver inteso uniformarvisi nella discussione fino d;. l principio. — Non parla dell'influenza generale del corso forzoso sull'industria; essa è decisamente rovinosa; non vi può esser dubbio alcuno su questo punto. Su ciò l'oratore conviene colle idee di tutti i suoi colleghi presenti, che sono quelle di tutti gli economisti; e ne fa la più esplicita dichiarazione a togliere ogni sospetto cui potessero alludere le parole dell’onorevole Torrigiani. La differenza con esso loro non essere di principj, ma soltanto di fatti parziali e della loro interpretazione; o piuttosto non esservi differenza veruna, dal momento che si distingue il punto più o men largo di veduta in cui i fatti stessi si vogliono considerare.

Non intese nemmeno parlare dei fenomeni iniziali, che susseguono immediatamente all'introduzione del corso coattivo. Il collega Busacca ha espresso su ciò i principj generali della scienza, e non vi è a ridire; però in via di fatto anche que' fenomeni furono fra noi di un' indole particolare, dipendente dalla particolarità della nostra situazione. Non fu già un eccesso di importazioni che si verificò fra noi alle origini, se vuoisi intendere di importazioni di derrate e prodotti ordinarj del commercio; sibbene un' importazione d'altri valori, un saldo e un acquisto de’ nostri proprj debiti verso 1' estero.

Il fatto che signoreggiò la posizione in sul principio fu quello già accennato che l'estero ci levò di colpo il fido commerciale. — Le nazioni sono come gli individui; le più povere ricevono credito dalle più ricche. L'Italia lo riceve dall'Inghilterra, dalla Francia, dalla Germania, in una misura maggiore di quello ch'essa lo accordi. Essa e costantemente in debito verso quei paesi: debito, che in tempi ordinarj si viene via via rinnovando, senza che graviti immediatamente di tutto il suo peso sopra il mercato. Ora egli è appunto questo debito, che al momento dell'introduzione del corso forzoso l'estero ci chiamò a liquidare ed a chiudere, e noi dovemmo versargli per questo capo qualche centinaio di milioni, ricomprando in parte a ribasso i nostri stessi titoli commerciali. E altrettanto facemmo della nostra rendita pubblica, offertaci dall'estero a prezzo disfatto, come si usa dire; e fu uno dei pochi casi in cui ci é riescito veramente un buon affare.

Di tal modo, senza che fosse bisogno d'altro, la circolazione sarebbesi


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scaricata rapidamente di più centinaja di milioni di danaro sonante, e la carta sopravvenne a prenderne il posto.

Il solo punto di vista, la sola tesi pigliata a discutere dall'oratore, esser quella se il corso forzoso possa ritenersi giovare a qualche speciale industria, e meglio ancora, quale sia in tale rispetto il modo proprio di azione del corso forzoso. Convenire col collega Lampertico anche per l'osservazione che, riguardo ai fatti citati, convenga tener conto di tutte le cause influenti, e col collega Busacca che qualche industria possa in questi ultimi tempi aver prosperato non tanto per virtù del corso forzoso, quanto invece a malgrado di esso. Essersi ristretto a considerare l'azione del corso forzoso, se ed in quanto sia da assomigliarsi a quella di un dazio protettore, o non piuttosto, come a lui parrebbe, e giusta il modo da lui spiegato, a quella di un dazio proibitivo, o in genere di un inciampo qualunque alle transazioni. E partigiano, come è egli pure, del grande principio della libertà commerciale, non intende in ogni caso di far alcun merito, bensì un demerito, al corso forzoso, qualunque sia l'uno o l'altro modo con cui si ritenga operare. Proibitivo, o protettivo, anche solo per questo, il corso forzoso sarebbe un male. Esso introduce 1' alea in tutta la produzione, in tutta la speculazione, e questo è danno inestimabile. Da ciò un effetto di paralisi ali' interno, e più ancora nelle relazioni coli' estero. In questo siamo tutti d'accordo.

L'oratore si diffonde alquanto sulle osservazioni da lui prima presentate circa l'influenza delle oscillazioni dell’aggio nel commercio coli' estero; si riporta ancora ai fenomeni osservati in Austria, e riferisce, per chiarire più concretamente la cosa, l'esempio di un suo collega professore, il quale attendeva l'aumento dell’aggio per commettere in Boemia od a Vienna vetri occorrenti al suo laboratorio. Quel professore veniva cosi a pagare il medesimo prezzo in carta, e meno in argento, giacché il fabbricatore non mutava punto le sue tariffe ad ogni fluttuazione dell'aggio; e questo era esattamente il caso di tutti coloro che dal di fuori acquistavano in Austria in analoghe condizioni.

Minghetti dichiara che a questo punto la questione proposta gli sembra oramai esaurita e conchiusa. Quanto ai fatti pare accertato che qualche singola industria abbia avuto vantaggio dal corso forzoso; quanto alla spiegazione di tal fatto sembra che il corso forzoso agisca non tanto come dazio protettore quanto come dazio proibitivo per ciò che, scemato il credito, e la maggior parte delle operazioni dovendosi fare a contanti, gli scambi diminuiscono, e la importazione sopratutto ne viene scemata. Cosicché alcune industrie interne sottratte quasi interamente alla concorrenza straniera, si svolgono per sopperire ai bisogni del mercato nazionale. Ma questo fenomeno parziale non vuoi pigliarsi come resultato generale e definitivo. Rimane sempre fermo che il corso forzoso esercita un'azione assolutamente e gravemente perniciosa sull'industria, sui commerci e sulla prosperità pubblica, e interessa pertanto che venga al più presto abolito.

La seduta è sciolta.

Il Segretario F. Protonotari.








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