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Anno 1°
18 Febbraio 1863.
N. 7
IL SOLDATO ITALIANO
GIORNALE MILITARE
Pag 111

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Brigantaggio. — Spinazzola. Il cattivo tempo da due mesi non ha permesso alle truppe di intraprendere quelle operazioni che si erano antecedentemente calcolate. Nessuno infatti poteva prevedere che nelle nostre provincie il termometro scendesse tanto come da 20 anni non si era veduto. Quindi era lecito formare un piano, il quale a quest'ora avrebbe già portato a buoni risultati.

Ad ogni modo, se Crocco e Ninco-Nanco non sono distrutti, si è ottenuto questo di buono, che le loro bande costrette a marciare continuamente e con rapidità, non han potuto esercitare quelle devastazioni a cui erano solite abbandonarsi.

Crocco ebbe vari scontri a Montemilone, Aquilecchia e Castel Garagnone, perdette uomini, cavalli e munizioni, e finalmente fu costretto a gettarsi verso l'Ofanto.

Questa mossa del nolo masnadiere fu piuttosto accorta, perché sarebbe stato assai meglio per le nostre truppe che si fosse diretto o verso Gravina o verso Montemilone. Nel primo caso si sarebbe li-orato tra le truppe del generale Pallavacini e del generale Schiaffini, e nel secondo tra le colonne del Pallavicini e quelle dal generale Balegno.

Del resto anche sull'Ofanto Crocco non si è trovato perfettamente bene. Egli aveva sempre allato il generale Pallavicini che lo serrava talmente che la banda brigantesca fu costretta a frazionarsi, e, secondo un telegramma giunto questa notte, Crocco Donatello sarebbe nascosto in un paesello ove facilmente potrà esser preso.

Questo è lo stato delle cose sulle rive dell'Ofanto, le quali, a dir vero, non potrebbero essere più soddisfacenti stante i pessimi tempi.

Sul Bradano il cattivo stato delle strade ha resa impossibile ogni manovra delle truppe: e le bande Masini ed Egidione hanno potuto passare dal Potentino alla Terra di Girante senza incontrare molti ostacoli. Ma anche da questa parte fra giorni i briganti non avranno più agio di formarsi in grosse bande. Tutto dipendo dal tempo, perché le forze sono già preparate per un colpo decisivo.

(Lib. Ital.)

Anno 1° - 17 Dicembre 1863.  - N. 12

IL SOLDATO ITALIANO - GIORNALE MILITARE

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NOSTRE CORRISPONDENZE

Cerato (Terra di Bari) 10 dicembre.

Crocco, Ninco-Nnnco e Ciuceiariello sono oggi le maggiori celebrità, le più illustri notabilità brigantesche dulia nostra provincia. Costoro, a guisa di meteore, guizzano per ogn senso, si mostrano sulle Murgie, poi scompaiono ad un tratto-, ed il giorno appresso ricompariscono o al Garagnone o all'Ofanto. E la truppa che incessantemente s'affatica dietro ad essi, si riduce a correr dietro alla fata Morgana, rimane disorientata da tanta rapidità di mosse; si prostra di lassezza, ed il maggior bene che n'abbia gli è quello di poterli vedere da lontano, scambiar talvolta qualche fucilata, raramente combatterli. E Crocco, il più astuto ed il più scaltro brigante della sua razza, — creatura di Ciccillo, del papa e del demonio — s'affianca di questa triade, ride dei nostri sforzi 0 dice di noi: quei f… di Piemontesi. Ultimamente egli passava la giornata in inni masseria distante un par di miglia da Minervino. Saputosi ciò dal signor maggiorerei 9° fan I. (4° batt.) egli diede tosto ordine che una compagnia muovesse a quella volta. Masiccome il generale Crocco è un'autorità costituita agli occhi di molti, egli non tardava ad esserne tosto avvisato dalla sua polizia, la quale ha propaggine dappertutto, assai meglio di ciò che non abbia quella del governo. E vollosi al padrone della masseria, che gii stava a lalo, l'interrogò qual truppa stesse a Minervino. — Fanteria, costui rispose; al che Crocco, volgendosi a' suoi e facendo quel noto gesto napoletano, (che consiste nello sfiorare la parte inferiore del mento colle punte delle dita, il dorso della mano in fuori) Non ve ne incaricate, disse. E non si mosse; e allora solo che seppe la truppa ornai vicina, diè l'ordine di salire in sella. Poi con tutta pacatezza incominciò a ritirarsi, mentre questa era giù in vista e distante appena poco più d'un trarre di palla. I briganti allora incominciarono tosto il fuoco, a cui da taluno dei nostri appena si rispose, perciocché, come dissi, non si fosse ancora a tiro. Ed i briganti marciando sempre in ritirala, a misura che acquistavano maggior distanza dalla truppa, quasi per schernirla, si fermavano, faceano fronte, ed in tale attitudine aspettavano che dessa si fosse di nuovo avvicinala; quindi al piccolo trotto retrocedevano di nuovo; ei egli è evidente che con questa manovra continuata, che è quella che usano quasi sempre i briganti, la truppa, dopo averli inseguiti peraltro cinque miglia, vinta dalla fatica e dalla lunga corsa, dovette necessariamente sostare.

E ciò è naturale; imperocché la guerra che noi facciamo ai briganti non è ad eguali condizioni. Infatti che mai può fare la fanteria contro bande a cavallo? L'esperienza Io ha sufficientemente dimostrato. Poniamo, prima di tutto, che la tattica invariabile dei briganti è quella di non mai attaccare la truppa se non quando essi si trovano in circostanze cosi evidentemente vantaggiose, da poter essere certi della vittoria e di più, sicuri di non correre pericolo di sorta. In tutti gli altri casi, essi rifiutano sempre il combattimento, ed appena veduta la truppa si danno alla fuga.

Ciò vi diranno le cronache giornaliere, ciò vedrete ripetuto su lutti i giornali. Prendete un foglio in mano e leggetevi i fatti di brigantaggio: voi osserverete, nella generalità dei casi, che le lunghe perlustrazioni, le fatiche durale, le nolli passate agli agguati, le marcie disastrose, i disagi d'ogni genere, hanno quasi sempre per risultato di avere posto in fuga i briganti. Ma i fatti d'armi? Ritenete perposiivo che ogniqualvolta succede un fatto d'iiuportanza, ciò deve quasi sempre attribuirsi al caso, più che a qualsiasi operazione strategica; ma che la truppa si affanni, s'affatichi, si rovini, abbandonata ai propri mezzi, essa riuscirà sempre a sterilì risultati. Questa è la storia di tre anni.

La cavalleria, egli è certo, ha il vantaggio sopra di noi di combattere i briganti sotto migliori condizioni. Ma oltreché essa è scarsa assai, i cavalli ond'essa è fornita, a detta anche di persone competenti in materia, non si prestano molto per questi terreni sassosi, e soffrono molto per le condizioni del clima e della diversità di nutrimento. Oltre di ciò va pur messa in bilancio la ragione economica, la quale impedisce che si facciano tappe troppo lunghe e per strade tanto disastrose, che d'un subito rovinano il cavallo; e che si rinunzi a quelle cure e a quei trattamenti ai quali i nostri cavalli sono abituati. I briganti per lo contrario, montali sopra cavalli ind<geni, e col sistema comodo e poco dispendioso eh» hanno, di rubare cavalli a ogni masseria, ogniqualvolta essi ne abbiano di guasti, corrono sovra le Murgie, come nel piano, fanno cinquanta miglia in un giorno, attraversano una provincia, non fermandosi mai né giorno né notte, ed operano quindi quei miracoli di essere oggi in Terra di Bari, e domani sera all'estremità della Capitanata.

Un'altra volta vi terrò parola delle peculiari condizioni di questa provincia in fatto di brigantaggio e dai mezzi che, a mio giudizio, potrebbero vantaggiosamente venir impiegati contro di esso.

Intanto chiudo questa mia con annunciarvi che la 14° compagnia del 50° fanteria uscita in perlustrazione, incontrò il giorno 4 corrente la banda di Crocco, forte di 100 e più briganti, a sei miglia da Corate, e la batto con successo uccidendo 4 briganti e una donna e ferendone 7.

I. D. R.

NOTIZIE DIVERSE

Luogotenenti generali. — Per R. Decreto del 15 corrente vennero promossi a luogotenenti generali i maggiori generali:

Campana cav. Andrea Adolfo, membro del comitato dell'artiglieria.

Gonzales cav. Gennaro membro del comitato del genio.

Reccagnì cav. Solone, segretario generale al Ministero della Guerra.

Gavone cav. Giuseppe, comandante generale la-divisione militare territoriale di Palermo.

Movimenti militari. — Il 4° battagl. del 59° fanteria da Pontecorvo fu trasferte a Caserta.

II comando della brigata Regina ad Ancona.

Il comando della brigata del Re a Novara.

Il 27° reggimento fant. da Reggio (Emilia) a Mirandola.

Il 28° regg. fanteria da Mirandola a Reggio

II comando della brigata Acqui a Salerno.

Il comando della brigata Abruzzi a Cosenza.

Il 58" reggimento fant. da Rogliano a Cosenza.

Il 35° battaglione bersaglieri da Rionerio a S. Fele.

Arma di cavalleria. — Una recente circolare ministeriale, dispone che gli uomini stati trasferii nella cavalleria leggiera dal treno di armata, dalla fanteria e dai bersaglieri, abbiano ad essere tantosto avviati agli squadroni attivi del rispettivo reggimento, avendo ormai raggiunto un grado d'istruzione sufficiente per poter prestare servizio presso i medesimi.

Il generale Gianotti, ristabilitosi in salute, riassunse il comando della divisione militare territoriale di Torino, che, come annunciammo, teneva il maggior generale Deleuse.

Rilascio di certificati. — Siccome la maggior parte delle Giunte delle provincie meridionali si rifiutano di rilasciare i certificati di buona condotta a favore dei militari già sbandati appartenenti ai loro comuni ed ora sotto le armi, il ministero della guerra ha stabilito che ogniqualvolta tali militari non possano ottenere il succitato certificalo, debbano farne regolare denuncia, in via gerarchica, al loro comandante di corpo, i quali, vista la buona condotta del postulante e ritenendo ammessibile la denuncia di licenza, inviteranno il comandante di circondario cui appartiene il comune di ciascun richiedente, a provocare dalle rispettivo Giunte 1 certificato in questiono per le quali si ricusano a spedire tale attestato.

Pag. 191

Brigantaggio. — La banda di Michele Caruso ridotta dai precedenti fatti d'arme ad 8 individui soltanto, fu sorpresa e circondata la sera del 6 dicembre alle 7 da un pelottone di bersaglieri comandato dal luogotenente Alliaud nella cascina di Antonio Paoletti, sul territorio di Montefalcone (Benevento)

La mattina del 7 fu attaccata dal pelottono di bersaglieri, da un polottone della guardia nazionale di Roseto (Capitanata) sotto il comando del sottotenente Nicola Oicella, e dalla brigata dei carabinieri reali di quel paese. Gli assassini rinchiusi nella cascina fecero una disperata resistenza e furono tutti uccisi allo infuori di Caruso, che riuscì a scappare, attesa l'oscurità della notte. I distaccamenti della truppa non ebbero perdite; non vi furono che due contadini rimasti feriti nell'aiutar la truppa furono presi otto cavalli, delle armi e dei bagagli.

Per tutto il giorno successivo si rincorsero i fuggitivi, ed il 10, il celebre capo banda Ca1ruso insieme con la sua concubina ed un suo ultimo compagno fu fatto prigioniero dalla guardia nazionale di Molinara; — Quattro altri briganti sbandati si presentarono spontaneamente alle autorità di Benevento. — Il Caruso, il di 10, venne fucilato a Benevento.

— Un dispaccio da Caserta annunzia l'esecuzione per le armi del capo banda De-Lellis fatta dalle truppe del maggior Rebbio.

— Un dispaccio da Salerno annunzia la presentazione volontaria al sindaco di Volturno, di Quintino Rossetti, disertore e che avea fatto parte della banda di Caruso.

N. 13

24 dicembre 1864 – pag. 205

CRONACA

Distrutti nel Beneventano per opera del generale Pallavicino gli ultimi avanzi della banda di Caruso che innestava quella provincia, e tolta con la morte di quest'ultimo la possibilità della riorganizzazione di altre bande ugualmente temibili se da lui nuovamente dirette, possiamo predire assai vicino il tempo in cui le provincie napoletane non avranno da invidiare alle loro sorelle dell'Italia centrale e del settentrione la tranquillità e la pubblica sicurezza.

Dalla relazione infatti che in questi ultimi giorni è stata presentata dalla commissione della Camera dei Deputati incaricata dell'esame del progetto di legge che proroga ad altri quattro mesi l'applicazione nelle provincie napoletane delle disposizioni eccezionali sul brigantaggio, risultano manifesti i salutari effetti che con le misure da essa sancite furono raggiunti nelle provincie infestale da quel flagello.

Nello scorso mese di agosto la provincia dell'Abruzzo Citeriore era percorsa dalle bande di Canone, dei fratelli Angelini e dello Scenna, la prima delle quali fu distrutta e le altre disciolte, perché gl'individui che le componevano si credono passati nel vicino Stato pontificio. — Distrutta parimenti la banda Primiano clic scorrazzava nel Molise, non esistono nel circondario di Vasto che pochi ladroni i quali non si azzardano a commettere che qualche piccola aggressione nei dintorni della città;— l'Abruzzo Teramone, e l'Aquilano, nel primo dei quali esisteva la banda Cacchione, nell'altro la banda Tamburrino, godono ora di perfetta sicurezza; — nella provincia di Catanzaro esistevano nell'agosto varie bande, alcune, delle quali furono annientate e di altre non si ebbero più notizie. Le condizioni della Capitanala, così infauste nello scorso inverno, possono dirsi eccellenti per la distruzione delle bande di Marciano, e di Coppola Rossa; — nelle provincie di Napoli, di Salerno, di Avellino, nel Barese e nel Leccese si raggiunsero egualmente dei salutari effetti, come brillantissimi furono quelli ottenuti nella Terra di Lavoro dove furono distrutte o ai presentarono le bande Dc-Cosimis, del caporale Giordano e De-Lellis e delle quali furono fucilali i principali capi.

Più infelici però erano e sono tuttavia le condizioni della Basilicata. — Un buon numero di bande desola quella vasta e patriottica provincia. La sua grande estensione che la fa bagnare da due mari, la mancanza di strade, le folte boscaglie che da essa si rincontrano, la popolazione relativamente più rara, sono le cause principali per cui malgrado la resistenza della truppa ed il coraggio de’  suoi abitanti, molti dei quali organizzali in corpi franchi si cime-ulano da vario tempo con quelle masnade, non si è potuto ancora ottenere la cessazione del male, per quanto colà in parte allevialo. — Con tuttociò egli è pur vero che il grosso brigantaggio è interamente cessato e che anche nella Basilicata non rimangono che piccole comitive, le quali si formano piuttosto dagli avanzi delle antiche bande di quello che si reclutino con nuovi elementi, per cui è a dirsi giuochino colà l'ultima loro partila.

Ciò non ostante quella provincia è ora la chiave della posizione, e la sua pacificazione è di una necessità incontrastabile, II governo del Re Io ha compreso, e ha seriamente disposto per raggiungere l'intento. Esso spera che mercé l'attività ed energia del generale Pallavicino, cui ha affidato il comando dei distaccamenti militari colà esistenti, e che riceveva istruzioni verbali dall'illustre generale Lamarmora, nonché per l'intelligenza e buon volere di quel nuovo signor Prefetto cav. Veglio, anche la pacificazione della Basilicata sarà in breve pel paese un argomento di più alla riconoscenza ed affetto verso l'esercito, che, mentre fa tenere alta e rispettata sui campi dell'onore, in gloriosi combattimenti, la nazionale bandiera, fa pure volentieri sacrificio di se medesimo pel bene e tranquillità dei suoi concittadini.

Né tali lodi, da lungo tèmpo meritate, appaiano ad altri soverchie e fuori di tempo. Quando si veggono certi organi della stampa periodica, dietro un passionato e perciò meno equo apprezzamento del voto parlamentare che si vittoriosamente metteva fine alla malaugurata discussione sollevata dalle interpellanze D'Ondes Reggio, lanciare insinuazioni poco benevoli, e far quasi travedere a chi ha gli occhi velali dalla passione, che disumana e barbara sia stata la condotta della truppa nell'isola di Sicilia, durante le ultime operazioni, abbiamo alla nostra volta il diritto d'imporre il silenzio, non già coll'apparato di vani ciancie o di poetiche declamazioni, ma colla eloquenza dei fatti reali, apparenti ed Irrepugnabili. Di questi le provincie del mezzogiorno possono faro la narrazione; né ultime fra queste quelle di Messina, Catania e Caltanisetta, dove il generale Medici, come è già noto, da termine con pari successo, all'impresa iniziata e già compita dal generale Covone nelle rimanenti dell'isola, sono là a testimoniare dell'abnegazione, pazienza e coraggio con cui le truppe adempiono in ogni incontro al loro non troppo lieto mandalo.

Del resto anche a questo riguardo, speriamo più propizio l'anno novello. Lusinghiamoci che prima ancora sia il! medesimo giunto a metà del suo corso, i nostri soldati ad altre prove e da essi ben più desiderate, sieno stati chiamati, e che dopo il trionfo, il quale al e«rto coronerà la loro fede e il loro valore, sieno pei trovare il meritato guiderdone alle virtù civili e militari di cui possono andare giustamente superbi.


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NOSTRA CORRISPONDENZA

Benevento 18 dicembre.

Eccovi delle buone notizie. — Caruso il tremendo Caruso — l'uomo delle mille avventure, il terrore delle provincie napolitane fu preso, processato, condannalo e fucilato in meno di 48 ore! Questa notizia vi arriverà, come suoi dirsi, stracca; perché il telegrafo ed i giornali ve l'avranno ripetuta chi sa quante volte, ma ho la lusinga di dirvi delle cose che saranno state dette da un minor numero di persone: raccontarvi come si passarono queste ultime quarantotto ore della vita del tremendo brigante. Caruso fu catturato dal sindaco del comune di Molinara e da quattordici militi di quella guardia nazionale in una cascina del comune mentre se ne stava riscaldandosi ed in maniche di camicia presso il focolare. Sorpreso da costoro armati di revolver si arrese senza nessuna resistenza, e legato in un modo assai cauto e che facilmente v'immaginerete vanne trasportato in Molinara e di poi il giorno il a Benevento. — La nuova si sparse. —Dai comuni correvano sulla strada a vederlo passare. gran numero di persone. — Molte altre si partirono da Napoli per assistere ai suo giudico ed alla sua esecuzione che si riteneva per indubitata. Il giorno 12 fu tratto avanti il Tribunale militare unitamente al brigante Francesco Testa, di Torre Maggiore, ed ambedue furono condannati ad essere fucilati nella schiena.

— Caruso durante il procedimento protestò sempre della sua innocenza — disse che gli omicidii dei quali era accusato non erano stati commessi da lui, sibbene dai suoi compagni, , e giunse persine ad assicurare che quando fu preso stava per fare la sua sottomissione, adducendo in prova il non aver avuto armi sopra di si. All'udire la sua sentenza, Caruso dichiarò nuovamente di essere innocente e divenne poi dopo pensieroso e muto. Il Testa invece, che quando era libero godeva la riputazione di essere il più feroce della banda, si mostrava avvilito e frequenti lagrime sgorgavano dai suoi occhi.

Caruso, quando venne arrestalo, aveva seco una donna, Filomena Della Riccia, che dopo essere stata da lui forzata ad assistere all'eccidio di tutta la sua famiglia, era divenuta per forza l'amante di quell'assassino. — Ho veduto quella sventurata, e vi assicuro mette pietà per l'impronta che porta delle terribili sofferenze fisiche e morali che ha dovuto sopportare. — II Caruso la teneva quasi sempre legata e sotto la custodia dei suoi più fidati. — II generale Pallavicini al pari di tutta la popolazione di Benevento, interessandosi alla sorte di quella povera donna, che rimaneva incinta e senza mezzi di sussistenza, invitava Caruso a pensare al di lei avvenire. — Vi si rifiutava costui in sulle prime, ma mostrandosi poco prima di morire pentito di averle fatto tanto male, indico un luogo ove disse di aver sotterrato 1500 ducati e domandò che questo denaro le venisse dato. — La sentenza venne eseguita il giorno 12 sulla pubblica piazza di Benevento in mezzo a più migliaia di persone. — Caruso ed il Testa erano ambedue di Torre Maggiore. — Caruso aveva poco più di 25 anni, — Testa appena 17. — Caruso era di professione cavallaro. — Arrestato nel 1861 per aver fatto parte di una banda di assassini, riuscì ad evadere e d'allora in poi tenne la campagna. — II numero delle sue vittime si fa ascendere a più di 1500. — In 3 giorni aveva fatto uccidere 87 persone.

Due ore prima di morire fu fotografato. — II suo riso era di colore olivastro — aveva gli occhi smorti ed il destro aveva la pupilla alquanto rovesciata. — I capelli lanosi ed arruffali sul capo. Quando gli fu preso il ritratto, era con la camicia di forza e senza l'abito.

Il generale Pallavicini emanava dopo la cattura del Caruso il seguente ordine del giorno:

Benevento, 11 dicembre.

«Ufficiali, sott'ufficiali, caporali e soldati.

Caruso è nello mani della giustizia. — La sua banda, che non ha guari spandeva il terrore e la desolazione in queste contrade, fu da voi in breve spazio di tempo del tutto annientata. — Mercé l'opera vostra la tranquillità, la pubblica sicurezza va a rinascere ili questa provincia, e con esse tutti i vantaggi che risultano dall'ordine e dal rispetto alle leggi, che reggono il paese.

Ufficiali, sott'ufficiali, caporali e soldati.

Il coraggio, l'attività e l'abnegazione superarono i mille ostacoli, che facevano ardua assai la vostra missione: — il risultamento ottenuto sia per voi la più bella delle corone. Con voi io vado fiero di quanto operaste;— a voi i miei elogi e le mie congratulazioni; ma più della mia, sia compenso alle vostre fatiche la soddisfazione dell'illustre capo, generale Lamarmora, soddisfazione, che in nome di lui a voi oggi io manifesto.

Il maggior generale Pallavicini.

IL GENERALE CIALDINI

(Nostra corrispondenza.)

Bologna 21 dicembre.

Quanta fosse l'ansia provata da noi tutti in questi ultimi tempi in cui la salute di S. E. il generale Cialdini dava luogo a gravi timori, voi lo avete potuto arguire dalle molle corrispondenze dei giornali di tutt’Italia; ma quale sia poi stato il giubilo nostro allora quando si seppe e si vide che il generale Cialdini non solo era totalmente risanato, ma che col solito suo aspetto marziale si mostrava a noi vegeto e robusto pronto a guidarci alle prossime battaglie, è cosa che mal potrete comprendere, se non avute alla memoria che noi qui di guarnigione facciamo parie di quelle stesse truppe che egli condusse alle vittorie e che tanto potemmo apprezzarlo in questi ultimi 4 anni.

Dopo la testimonianza datagli dal Re allora quando si portò a visitarlo al suo letto, non sapendo in quali altri modi esprimere i sentimenti di contento per la ricuperata saluterà guarnigione di Bologna, interprete non solo dei sentimenti delle truppe tutte stanziate nel 4° dipartimento, ma dell'intiero esercito, gli ha offerto una serenata che egli commosso non credette di accettare, esternando però tutta la sua riconoscenza.

Vogliate perciò inserire questa mia nel vostro Soldato Italiano affinché l'armala tutta conosca quale è l'affetto che lega queste truppe al suo invitto generale.

Reali carabinieri. — Benché gli atti di eroismo e di abnegazione sieno comuni in chi appartiene all'esercito, pur tuttavia egli è con ammirazione e piacere che all'evenienza ci facciamo a registrarli.

La stazione dei R. carabinieri di Aderné /Sicilia) era stata avvertita che il famigerato assassino, reo di molti omicidi, Succorella Salvatore cercava scampare dalle mani della giustizia, gettandosi sulle colline di Negalbuto. Appostatisi, in seguito a ciò, quel brigadiere Mameli, vice brigadiere Arcobasso e carabiniere Vasta in luogo per dove, secondo essi, dovea passare il fuggiasco, ecco, dopo 3 ore di attenzione, avvicinarsi il Succorella che, fattosi accorto della presenza della forza armata, scarica da primo la sua pistola contro l'Arcobasso e quindi si getta nel vicino fiume Simeto, coll'intendimento di passarlo, perché abile nuotatore. A tal vista l'Arcobasso, rimasto illeso dal colpo di pistola, si slancia egli pure nel fiume, e presso alla riva opposta giunge ad afferrare pel capo l'assassino, ma un'onda impetuosa fatalmente lo trabalza nell'imo, e, costretto ad abbandonare la preda, vi avrebbe trovata morte sicura, se il brigadiere Marnali che infrattanto col carabi. iiere Vasta si era pnre gettato nel fiume, non fosse riuscito ad estrarlo dal fango, e trarlo a salvamento. Il Succorella por tale fatalità potè trovare lo scampo, mentre i tre bravi nostri militari, che al certo vedremo premiati per tanto loro coraggio, dovevano restituirsi alla stazione, lontana 7 miglia dall'accaduto, cogli abiti tutti bagnati, e colà, mercé medica assistenza, ricuperare le perduto forze.

Rettificazioni. — In aggiunta alle notizie da noi date nel N° Il pag. 175, intorno ad uno scontro con briganti avuto da una compagnia del 4* battaglione del 58* fanteria distaccato a Sessa, ci corre obbligo di soggiungere, aver pure contribuito al buon successo dell'operazione il sottotenente nel 2' reggimento granatieri sig. Andreotti, che vi prese parte volontariamente, benché reduce col suo distaccamento da una perlustrazione di 12 ore, nonché il capitano della guardia nazionale di S. Carlo (Terra di Lavoro) sig. Andreoli, al di cui operato è dovuta la fortuna di avere incontrati i briganti. Facciamo tanto più volontieri questa rettifica, inquantoché ci è noto che mercé le assidue cure del predetto sig. capitano, il comandante il distaccamento di San Carlo potè addivenire all'arresto di più di 25 individui fra manutengoli e briganti, 10 dei quali furono già condannati alla galera in vita dal tribunale militare di guerra della zona di Casta.

— La Libertà Italiana di Napoli non fu esatta nel dare conto dello scontro avuto coi briganti da un distaccamento del 50° fanteria il di 1° corrente, e da noi accennato nel N° Il pag. 175. L'errore principale sta nelle cifre; il distaccamento cioè, comandato f!al capitano Rosa, annoverava solo 90 uomini, mentre i briganti ascendevano a 140. Di più, i morti furono sei, fra i quali la druda del capo banda Crocco, ed Il i feriti.

Leva militare—Sulmona. — La leva anche in quel circondario ha sortito esito felicissimo di fronte agli anni passati: causa di questa diversità è stata e l'operosità dei municipii, e la solerzia delle autorità politiche, le quali hanno fatto si che la giustizia fosse amministrata con una imparzialità scrupolosa. Gli inscritti si sono presentati volonterosi e di buon animo, e il numero di prima categoria richiesto fu completo.

— Castrovillari. — I municipii del circondario di Castrovillari hanno dato prova di zelo e di amore alla causa nazionale ogniqualvolta che son riusciti a far presentare tutti i coscritti esistenti nell'isola, senza che le madri e le sorelle corressero loro dietro piangendo e strillando come anime dannate. — I giovani poi hanno mostralo e mostrano non solo buona volontà, ma amore ed ansia di far parte dell'esercito, dalla qual cosa si preconizza che non andrà guari che la leva in Sicilia sarà una festa nazionale come nel Piemonte.

— Napoli. — Una evidente prova che la leva procede senza alcuna difficoltà in queste protincie sta in questo fatto, che a differenza degli altri anni, i coscritti sono ora condotti ai reggimenti bene spesso da un solo caporale, il quale serve più loro come guida che come custode.

— Palermo. — Leggiamo nel Giornale di Sicilia in data di Napoli, 14 dicembre: — È consolantissimo il notare come i nostri coscritti, che già trovansi sotto le armi, scrivono ai loro genitori animati di sensi militari e nobilmente patriottici. Varie lettere cadute sotto a' nostri occhi, sono arra sicura che nelle patrie ballar glie il soldato siciliano saprà raccogliere corone di gloria.

Brigantaggio. — II sindaco, gli assessori ed il consiglio comunale di Benevento pel fortunato avvenimento della distruzione della banda Caruso, che die' tanto affanno a quella provincia, dettava e diffondeva con la stampa due indirizzi, l'uno al maggior generale Pallavicini, l'altro al prefetto cav. Homodei.

Siamo lieti di poter riportare quello diretto al generale Pallavicini.

All'onorevolissimo sig. commendatore Emilio march. Pallavicini, maggior generale dell'esercito italiano. Signore,

Lo splendido fatto, che ridona alla provincia di Benevento la pace delle famiglie, la sicurezza del commercio ed il proficuo sviluppo della vita pubblica, o dovuta alla sapiente operosità, con la quale ella, in mezzo ai gravi pericoli, ed attraverso di numerosi e rinascenti ostacoli, ha rapidamente menato ad atto il pensiero del reale governo per la pronta ed integrale liberazione di queste contrade dalle selvagge e luride masnade, che seriamente vi perturbavano tutti gli elementi della civiltà e del progresso.

Le popolazioni della provincia, commossa a gratitudine, ne appalesano dapertutto con entusiasmo il profondo sentimento; ed il consiglio comunale di questa città, nel rendersene interprete con lei, è lieto di compiere un omaggio verso colui, che, intorno di eminenti virtù cittadine, è una delle glorie, sotto il modello dei Re, del valoroso ed invitto esercito italiano.

Benevento 11 dicembre 1863.

(Seguono le firme del s«indaco, degli assessori e dei consiglieri).

—Un drappello misto di carabinieri, di soldati del 17° e della squadriglia dei volontari, di Eboli, trovandosi nel bosco di Persano sulle traccio della banda Tranchella, forte di 20 individui, riusciva a trovarla nel luogo detto Capannone delle giumente.

Attaccata tosto vivamente, dopo un combattimento di oltre mezz'ora, la obbligava a fuggire lasciando un brigante morto sul terreno, che fu riconosciuto per certo Pasquale detto Schioppa da Sirignano.

Nella fuga abbandonava in mano della forra 31 mantelli, diverse bisacce di pelle, 3 anelli d'oro, ed una certa quantità di commestibili.

La banda riusciva a porsi in salvo per le boscaglie di quei dintorni.








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