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IL SEGRETARIATO GENERALE
DELLE
FINANZE DI NAPOLI
DAL 1 APRILE AL 31 OTTOBRE 1861.

NAPOLI
STABILIMENTO TIPOGRAFICO BELLE BELLE ARTI

1861

"Le intime relazioni del Banco colla Tesoreria non rendono inutili alcune parole sopra di questa istituzione che ci fornisce una prova di più del mirabile meccanismo finanziero delle Provincie Napoletane.
Il Banco riceve il danaro contante da chiunque voglia deporvelo, lo custodisce a sue spese e lo restituisce ad ogni richiesta del deponente in moneta equivalente.
Nel ricevere il danaro da un foglio di carta chiamata fede di credito, da dieci ducati in sopra; Polizza, quante volte la somma è minore. Si l'una, e si l'altra devono ridarsi al Banco alla restituzione del danaro.
Il deponente può fare aprire in suo nome una fede di credito per inscrivervi le somme che venisse successivamente a depositare, e questa chiamasi Madrefede."

Sono parole dell'uomo che Cavour aveva inviato a Napoli per unificare le finanze meridionali col regno sabaudo. Sacchi resta colpito dall'efficace e leggero sistema impositivo napoletano. Certo lo si sarebbe potuto amlagamare e migliorare, invece si preferì cancellarlo e impoprre il sistema bonapartista sardo-piemontese.

Zenone di Elea – Agosto 2009 - https://www.eleaml.org

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I.


Ai Consiglieri di Luogotenenza a Napoli eran succeduti i Segretarii Generali. I Ministeri ridotti a quattro Dicasteri: dell'Interno e Polizia; di Grazia e Giustizia ed Affari Ecclesiastici; di Agricoltura Commercio e Pubblica Istruzione; dei Lavori Pubblici e Finanze.

Per la dimissione del signor La Terza trattavasi di trovargli un successore. Fui chiamato a tal carica dal mio tranquillo e lieto soggiorno di Cagliari, ove da tre anni disimpegnava il posto di Direttore delle Contribuzioni e Catasto della Sardegna.

Presentatomi al Conte di Cavour per riceverne le istruzioni, altro non mi raccomandava che di compire prontamente la unificazione doganale, onde le Provincie Meridionali cominciassero a provar subito i benefici effetti del nuovo regime.

E a me che stava esitando sull'accettazione dell'arduo assunto, soggiungeva con quel suo fare pronto e decisivo che non ammetteva replica — Vada, vada, se non riuscirà si consolerà con tutti coloro cui toccò ugual sorte.

11 preludio non era a dir vero troppo consolante, ma non toglieva almeno la speranza di un giudizio meno sfavorevole in caso di non riuscita.

Poche ore dopo il Rubicone era passato.

Quale era quindi il compito del Segretario Generale delle Finanze in Napoli?

AI suo giungere gli toccava studiare anzi tutto le condizioni del paese, portarvi un animo vergine da ogni preconcetta idea, esaminare l'indirizzo del governo locale in tutto il periodo che lo separava dal 7 settembre, indagare


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le cause che aveano dato luogo ai frequenti cambiamenti nel personale preposto alla suprema direzione della pubblica cosa e giudicare da se quali erano i principali bisogni cui si potea e si dovea soddisfare, e quali le cause che aveano principalmente prodotto quel generale malessere che trovava spiegazioni le più svariate ed opposte le une dalle altre.


II

Nel periodo che era trascorso dal 7 Settembre 1860 al 1° Aprile 1861, si erano succeduti tre diversi governi, e molti nomi eminenti aveano preso parte all'Amministrazione Suprema della cosa pubblica.

Alla Dittatura poneva fine il plebiscito. Egli fu questo un periodo di lavoro interno complicatissimo e grave. Succedeva questo potere come per incanto ad un governo che veniva riputato solidissimamente stabilito. Gli ultimi avanzi dei difensori della caduta Monarchia rinchiusi nei limiti di una fortezza, si dibattevano invano contro la prepotenza dei destini d’Italia. Questo periodo non fu forse abbastanza lungo per dare quei risultamenti che si attendevano da un potere, supremo arbitro del paese. Incombeva sostanzialmente alla Dittatura di fare sparire, per quanto era possibile, tutto ciò che risvegliar potesse l'idea dell’antica Monarchia, creando nuovi fatti, e dando vita e soddisfazione a bisogni nuovi, i quali immedesimandosi colle sorti del Governo che sorgeva, fossero interessati alla sua conservazione ed al suo maggiore sviluppamento.

Questo periodo esser dovea il più fecondo di grandi fatti. Col l'implacabile taglio della sua spada onnipossente eliminar dovea tutto ciò che era fracido e provvedendo alla Finanza far sorgere qua e là tali e tante opere che scavassero come un abisso tra il passato ed il presente.

Il Generale Garibaldi con quel mirabile instinto che caratterizza le grandi individualità avea traveduta la convenienza di protrarre i suoi straordinarii poteri.

Ma gli elementi che lo circondavano non erano sempre d'accordo tra di essi, anzi discordi il più delle volte. Mentre tutti miravano a fare l'Italia, chi voleva giungervi per una via e chi per l'altra. E mentre la formola Monarchica era sulla bocca di tutti, sorgevano non pochi dubbii,


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che i mezzi adoperati ed i concetti che si sviluppavano non conducessero a tutt'altro scopo.

Da ciò le incertezze continue nelle alte regioni del potere, e quell'andamento irregolare che faceva procedere la cosa pubblica a sbalzi, senza una norma ben chiara e definita.

Per l’urto di si diverse correnti, la Dittatura diveniva affatto impotente a fare il bene che dalla medesima si attendeva. Gli istinti generosi del Generale completamente paralizzati e gli sforzi intelligenti e patriottici dei Consiglieri che lo avvicinavano distruggendosi a vicenda, la cosa pubblica cadeva in sempre maggior confusione.

La guerra inoltre che stavasi combattendo contro gli avanzi dell'antica Monarchia, minacciava di farsi pericolosa alla giovane armata meridionale. Malgrado i suoi sforzi eroici ed il suo slancio sublime, la disciplina degli avversarii e la natura degli ostacoli che dovea superare per raggiungere un completo trionfo, poteano mettere in forse il risanamento finale della lotta gigantesca.

La piega che stavano prendendo le cose decise l’intervento dell'Italia del Nord.

Questo intervento portò naturalmente al plebiscito. Dal plebiscito la conseguenza di un potere più ordinato e regolare.


III.

Al Signor Farini toccar doveva questo secondo compito. Distinto storico, patriotta eminente, di fede inconcussa nei destini italiani, egli avea fatto e come amministratore e come uomo politico le sue belle prove nell'Emilia. Tutti stavano in grande aspettazione di lui.

Ma era evidente che egli avea a lottare contro gli elementi tutti che erano sorti dalla Dittatura. Egli trovò molti interessi non soddisfatti, molti bisogni sollevati, i moti incomposti di un'ardente gioventù ebbra del successo, da contenere e guidare.

Succeder dovea a Farini ciò che interviene generalmente a tutte le più generose nature in simili frangenti. Volendo dominare forze che erano nella pienezza del loro vigore, i suoi migliori disegni si ruppero contro la massa compatta degli ostacoli che gli attraversavano per ogni dove il cammino.

Per quanto sussidiato dai consigli di belle ed ammirabili intelligenze, dovette ritirarsi dall'arena, non per mancanza

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 di abilità, né per difetto di mezzi, ma per il corso irresistibile della rivoluzione, che essendo nelle menti di tutti, era stata fermata a metà del suo corso.

Primo atleta del movimento riformatore, ma composto ed ordinato che andava a surrogare la febbrile impazienza dei giovani campioni che aveano iniziata la lotta, soggiacque il Farini alla sorte comune di coloro che in tali cast si presentano primi nell'aringo.

Egli si ritrasse dalla scena campione spossato anzi che vinto, per raccogliere nella calma della vita ordinaria le sue forze e prepararle ad altre lotte.


IV.

A lui succedette la Luogotenenza del Principe. La rettitudine dello spirito di S. A., il nome venerato che lo precedeva, il principio che rappresentava, e dicasi puranco il senno ammirabile che lo caratterizzava erano già un cominciamento di successo. Fu posto ai suoi fianchi un giovane diplomatico di modi distinti,di sentimenti elevati, di grande penetrazione, e tale da assicurare un completo trionfo del principio sorto dal Plebiscito, se pure fosse stato possibile di trionfare in poco tempo di tutte le difficoltà che rendevano malagevole il governo delle Provincie meridionali.

La rivoluzione avea per un momento sgominato il partito affezionato al cessato ordine di cose, ma questo partito avea aderenti possenti in tutte le classi della società. Non osava manifestarsi apertamente. Il voto Nazionale lo avea sorpreso, ma non spento. Gli interessi contrarii erano concitati, ma non soddisfatti, anzi contrariati in gran parte dall'avviamento delle cose. Il nuovo governo che avrebbe avuto bisogno di appoggiarsi interamente sopra interessi nuovi, costretto a camminare sulle orme dell'antico, dall'indirizzo a cui gli avvenimenti lo aveano condotto.

Tale era la situazione trovata dal Principe. Egli non poteva cambiarla. Dovea subirla in tutte le sue conseguenze.

Il tempo de9 grandi fatti era irrevocabilmente passato.

Era facile prevedere che col decreto del 5 maggio l'esistenza della Luogotenenza diventava molto problematica. Mentre in faccia alle popolazioni essa conservava tutto il


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prestigio del Potere effettivamente non era più tale,

Potevano presentarsi frequenti le contingenze in cui chi era a contatto dei fatti avrebbe creduto di agire in un senso, mentre il potere centrale a cui non giungevano che per riverbero avrebbe giudicato più opportuno un indirizzo diverso.

Risponsabile il governo Centrale in faccia al Parlamento dell'andamento della pubblica cosa, non poteva non aver ragione sopra un potere secondario, che non era che una sua emanazione.

Questa reciproca situazione era di natura a rendere ben difficili i rapporti tra i due poteri.

Quando gli storici imparziali delle due prime Luogotenenze si faranno a considerare la posizione loro in rispetto al rivolgimento politico che erasi creato nel Paese, troveranno ragioni di lode, anzi che di biasimo per quei due periodi di lotta gigantesca e pericolosa. Troveranno che era necessaria una ben grande maturità di senno ed una incredibile fermezza per evitare ogni collisione che avrebbe turbato l'ordine mirabile degli avvenimenti, gettato nell’Europa il seme del dubbio sull'opera nostra e fuorviati i suoi giudizii sopra le cose Italiane.

Era ben arduo il problema che si erano assunti di risolvere. Trattavasi di far uscire il Paese dalla sfera dell'agitazione per portarlo sul terreno della più stretta legalità rispettando gli interessi più opposti.

Facile si presenta il concetto di costruire un edifizio nuovo con elementi di nuova creazione; ma il pensiero di trasformare un paese servendosi dei materiali più dissimili ed opposti, è tale concetto da sgomentare i più ardimentosi.

Senza giudicare se questo sistema fosse il migliore, non puossi a meno di ammettere che grandemente umanitaria ne fu l'idea e tale da consiliare la più grande ammirazione ai suoi artefici, quando la riuscita ne avesse coronato gli sforzi.

La via prescelta era incontrastabilmente la più opportuna per la politica esterna; ma essa era nel tempo stesso la più ardua per l'andamento interno della cosa pubblica.

A costo anche di urtare il gusto di molti, non possiamo a meno di ammirare gli uomini cui tale ardito compito fu affidato. Espi dovettero riputarsi ben forti nella coscienza del loro diritto, per poter procedere in una via irta di tante difficoltà, che,


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senza far cessare molte avversioni, era di natura a creare molte disaffezioni al loro Potere.

Eppure così fu delle due prime Luogotenenze. Esse doveano logorare molte nobili esistenze politiche, e spezzare le forze di molti di cui la Nazione si sarebbe grandemente onorata in tempi più calmi e regolari.

Prima di correre al troppo facile biasimo, onoriamo il sacrifizio fatto alla Patria di tante belle individualità, alle quali si attribuirono colpe ed errori che meno da esse che dalla situazione dipendevano.

Vi hanno taluni che giudicando leggermente delle cose gettarono contro le popolazioni napoletane la taccia di ingovernabili.

Sette mesi di permanenza fra le medesime ed a Capo di una amministrazione che abbraccia i più grandi e vasti interessi, mi hanno posto in grado di dare quanto meno un giudizio coscienzioso.

Queste popolazioni sono appassionate per tutto ciò che colpisce i sensi e la immaginazione.

Inchinevoli a trasporti delle più vive passioni, feconde negli espedienti, di ingegno fertilissimo, piene di brio, di grazia e d’arguzia, facili ai giudizii, disposte per natura a tutto ciò che è buono e bello, esse hanno bisogno di amare e di essere amate, l'indifferenza per esse è impossibile. Se non che non poteva Napoli sottrarsi alla sorte comune a tutti i paesi che escono da un grande commovimento politico.

In tali casi gli Stati non si ricompongono a perfetta calma che quando la maggior parte degli interessi che diedero luogo al rivolgimento, o che nacquero dal medesimo si trovano completamente soddisfatti, ovvero quando il vigore della nazione spossato dalla lunga lotta prova il bisogno di riacquistare le abitudini della tranquillità onde riparare le sue forze esaurite.

E per altra parte presso una popolazione vivacissima lungamente compressa, non era possibile che l'attività individuale non si traducesse in atti e manifestazioni piene di vivacità.

Taluni troppo timorati, o di troppo facile impressionabilità videro atterriti la patria in pericolo; ma per noi che nell'andamento dell'umanità teniamo maggior conto del complesso dei fatti di un ordine Superiore, che non de' moti

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individuali, non rappresentavano queste subite commozioni che l'ultimo agitarsi disordinato e confuso de' marosi che dopo la procella mantengono ancora per qualche tempo il mare minaccioso e mal sicuro.

L'abile nocchiere non se ne atterrisce, non si abbandona a sconforti, né ad atti precipitosi, ma raccoglie con destrezza quanto gli rimane di vigore e si riduce a sicuro salvamento lottando con raddoppiata abilità contro gli ultimi avanzi della tempesta.


V.

Si dirà che in questo scritto si trova una parola di elogio per tutto e per tutti.

Per noi la causa Italiana è affatto impersonale. Noi la consideriamo da un punto di vista ben più elevato che quello non sia degli uomini che la propugnarono vinsero e caddero con una vicenda troppo comune nei fasti di tutti i rivolgimenti politici delle nazioni, per avere il coraggio di gettare una pietra di più sulla loro tomba.

In altri tempi potea la volontà di un uomo sussidiato da un grande ardire e da un genio agli altri superiore, stringere in un fascio i popoli più diversi e crearne degli Stati.

Oggi invece sono le grandi frazioni dei diversi gruppi sociali separati e divisi che tendono a ravvicinarsi per l'impeto naturale delle cose.

I bisogni crescenti, la necessità di soddisfarli bene, prontamente ed a poco costo, creano una forza di attrazione irresistibile che avvicina le diverse parti delle Nazionalità divise. Tutto tende a rendere impossibile la esistenza del piccoli stati, perché questi non sono più che altrettanti inciampi al maggior benessere sociale a cui l'umanità aspira. Devono sparire le linee Doganali, devono sparire le distanze. Gli uni devono dare agli altri, quanto più prontamente sia possibile ciò che sopravanza al soddisfacimento dei loro bisogni, e riceverne quanto loro manca. Ogni ostacolo a questo pronto scambio di prodotti materiali ed immateriali crea la impazienza ed il malessere sociale. La stampa, il telegrafo, le strade ferrate sono i grandi compositori delle Nazionalità.

Ma per quante le diverse parti di una nazionalità lungamente frazionata sentano il bisogno di ravvicinarsi, di fondersi,

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questo lavoro non può a meno di spostare molti radicati interessi, urtare in molte antiche abitudini che hanno preso il luogo di bisogni e quindi dar luogo a non pochi dolori momentanei.

La Francia non raggiunse compiutamente la sua unificazione che passando per i ferrati ostelli di Luigi XI, per le mani implacabili di Richelieu e col sacrifizio infine delle sue più illustri vite.

Quanto non siam noi più felici che camminiamo verso lo stesso ultimo fine col solo sacrifizio di qualche ambizione mortificata, di qualche fama precipitata nel la polvere dal suo tripode d'oro.

Dichiariamo più nettamente il concetto.

I grandi rivolgimenti politici sono la conseguenza di una serie di fatti e fenomeni sociali che vanno svolgendosi pel corso naturale degli avvenimenti mondiali.

Essi prepararsi lentamente passando inosservati ben sovente a coloro stessi cui possono nuocere.

Quando si compiono la umanità li subisce, non li domina.

La vittoria allora non è del più forte, ma del più sagace.


VI.

Ma lasciamo i campi delle astrazioni per portarci sopra il terreno della pratica e nella parte specialmente che ci siamo prefissi di esaminare.

Quale era la situazione delle Finanze al primo aprile? Quali i bisogni e gli interessi che ad un Capo di tale amministrazione incumbeva specialmente di soddisfare?

Nei tempi di rivolgimenti politici, devono lasciarsi fuori questione gli ordinamenti amministrativi che escono dalla sfera politica. Tanto più devono essi rispettarsi quando non si abbia un nuovo sistema da sostituirvi di una provata ed incontrastabile superiorità.

Quanto alle Finanze erasi ben lungi dal poter deviare da questa massima generale di ordine amministrativo e di una opportunità incontrastabile.

Si possono sconvolgere più o meno tutti gli altri rami amministrativi, senza che il corpo sociale ne provi un gran perturbamento, ma non così potrebbe dirsi quando si pone la mano imprudentemente nel meccanismo finanziario sempre

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delicato e complicato per tutti gli svariati e moltiplici interessi che ne derivano.

Il sistema di percezione della fondiaria, la prima e la più importante delle risorse dello Stato, era incontrastabilmente il più spedito, semplice e sicuro che si avesse forse in Italia.

Lo stato, senza avervi quella minuziosa ingerenza che vi ha in Francia e nelle antiche Provincie, ove si fece perfino intervenire il potere legislativo nella spedizione degli avvisi di pagamento, avea assicurato a periodi fissi e ben determinati l’incasso del tributo, colle più solide garanzie contro ogni malversazione per parte dei Contabili.

Alla Tesoreria Generale affluiscono tutte le contabilità con un ordine ammirabile.

I Ricevitori degli altri cespiti, del Registro e Bollo, delle Dogane, della Lotteria, sono sorvegliati e diretti dalle rispettive Amministrazioni, e fanno tutti affluire egualmente alla Tesoreria Generale per mezzo dei Ricevitori distrettuali e generali i proventi dai medesimi incassati.

La Tesoreria Generale coi suoi due uffizii di introito e di esito; colla Scrivania di razione che si assicura della legalità dei pagamenti e la Controlleria che tutte riassume le operazioni dei tre detti ufficii presenta un abilissimo congegno. Potrebbe forse farsi di meno della Pagatoria.

Parlando della Tesoreria bisogna aver presente il Banco, che è il vero Cassiere dello Stato introitando tutto il danaro del medesimo ed effettuandone i pagamenti.

La Cassa di Servizio stabilita presso la Tesoreria e quella di Sconto sono state pel Governo validissimi mezzi per sopperire al difetto delle entrate, od anticipare sulle medesime i pagamenti più urgenti.

La Cassa di Ammortizzazione non avendo più ragione di essere coi nuovi ordinamenti era destinata a sparire; non cosi la Direzione del Gran Libro, di cui anzi potevano profittare i reggitori dello Stato per modellarvi il servizio del debito pubblico Nazionale.

Queste due Amministrazioni, ottime dal lato del meccanismo amministrativo, lasciavano ben poco a desiderare dal lato del personale.

La Direzione dei Dazii Indiretti, buona negli ordinamenti, mediocre in molta parte del personale, era sotto la dipendenza di una delle più belle illustrazioni del paese;

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la Direzione Generale del Registro e Bollo riuniva il servizio delle Ipoteche.

Le Amministrazioni che lasciavano maggiore presa alla critica ripeter doveano la condizione a cui erano ridotte, dal sistema invalso da alcuni anni nella scelta del personale. Né le scelte nuove erano state tutte felici.

Molte belle intelligenze vi si facevano rimarcare. E che che voglia dirsi in contrario vi si trovavano uomini di grande istruzione. Le scienze economiche, altrove generalmente sconosciute alla classe degli Impiegati, erano qui generalmente professate. Facili e pronti i concetti, purgata ed elegante la lingua, si scostavano le scritture degli Uffici da quello amalgama di parole convenzionali che altrove rimpinzano le corrispondenze ufficiali.

In una parola, ne' diversi rami dell'Amministrazione delle Finanze Napoli tane si trovavano tali capacità di cui si sarebbe onorato ogni qualunque più illuminato Governo.


VII.

Oltre le cose dette è necessario di ritenere che dalla Dittatura a poteri illimitati, si passò alla Luogotenenza Farini ed a quella del Principe che riunirono per poco i più estesi poteri.

Col Segretariati Generali la Luogotenenza entrava in una nuova fase, il Ministero dovette naturalmente richiamare a se molte attribuzioni, cosi che il potere Luogotenenziale si riduceva a poco più di una semplice delegazione di poteri.

Era quindi evidente che la iniziativa dei radicali cambiamenti nelle disposizioni legislative delle Provincie Meridionali sfuggiva al Governo locale per concentrarsi nel Parlamento e nel Ministero.

Il Governo dei Segretarii Generali limitavasi ai puri provvedimenti di ordine amministrativo.

Non sarebbesi dunque potuto toccare al meccanismo organico dei diversi grandi servizi. Tutt'al più potevasi riparare qua e là agli sconci che per avventura presentassero nel loro estrinseco, portando specialmente una particolare attenzione al personale.

I rami Finanzieri dovevano perciò lasciarsi funzionare come erano. Dovevasi indirizzare al meglio il personale con opportuni


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 cambiamenti, evitando di sconvolgere maggiormente il loro andamento con immettervi elementi disadatti.

Così stando le cose, il compito del Segretario Generale delle Finanze a questo riducevasi:

Al miglioramento del personale ed a porre tutta la sollecitudine perché il Tesoro adempiesse verso i creditori dello Stato a tutti i suoi obblighi con esattezza e puntualità.

Nel primo trimestre erano entrati nelle pubbliche casse come proventi ordinarii, ben 4,360,041 ducati.

Le spese in tal periodo erano salite a ducati 6,770,042.

Mentre gli introiti mensili non potevano calcolarsi al di là di 1,500,000 all'incirca, gli esiti ordinarii potevano generalmente fissarsi al doppio di tale cifra.

Né qui limitavansi le uscite, perché molti pagamenti effettuavansi in linea provvisoria. Nel primo trimestre raggiunsero l’ingente somma di oltre 3,000,000 di ducati.

Dopo un mese di esperimento, cioè alla fine di Aprile, gli introiti si accertavano in ducati 6,315,953,33.

Tra gli esiti regolari e quelli fatti in linea provvisoria si ebbero ducati 14,681,305,27, e cosi un disavanzo tra gli introiti e gli esiti nel primo quadrimestre di 8,365,351,94.

A questo disavanzo si era fatto fronte con somme introitate per prodotto di antica rendita alienata, con alcune somministrate dal governo centrale e oon boni della Cassa di Servizio.

In tale periodo i diversi cespiti aveano dato uno percezione di ducati 3,329,225 in meno di quella del corrispondente periodo dell'anno precedente.

La Fondiaria avea presentato una riscossione minore, specialmente in Terra di Lavoro, per le esazioni forzose fatte in anticipazione dal cessato Governo e per la mancanza di forza onde addivenir alle compulsioni.

I prodotti Doganali erano in forte disavanzo per l'applicazione della nuova tariffa. Si osservò con tutto ciò che la diminuzione dei medesimi fu molto al disotto della cifra che avrebbe potuto raggiungere in proporzione della minorazione dei diritti. Essa non fu difatti che del 28 p. 100 mentre la diminuzione dei diritti era dell'80 p. 100.

I sali presentarono pure una forte diminuzione per la riduzione di un quarto sul prezzo ordinata col Decreto Dittatoriale del 13 Settembre 1860.

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Il Registro e Bollo diede anche un prodotto minore per la trepidazione naturale degli animi che paralizzò in tale periodo le contrattazioni ed i giudizii.

Il prodotto dei Lotti fu anche minore per le stesse cause generali che, attenuando il movimento degli affari, doveano portare nelle private fortune un necessario ed inevitabile perturbamento.

Mancò inoltre alla Tesoreria di Napoli la quota di concorso della Sicilia che ascendeva a quattro milioni di ducati all'anno, come mancò il ventesimo Comunale soppresso con Decreto del 17 Febbraio, di cento quaranta quattro mila ducati all'incirca.

Fece pure difetto la risorsa del Dazio di consumo dato dal Dittatore alla Città. Siffatto cespite calcolavasi ad un milione e cinquecento mila Ducati.

Le uscite pur tuttavia del primo quadrimestre di cui si ragiona presentavano una diminuzione di 2,500,000 Duc. all'incirca in confronto di quelle del medesimo periodo dell'anno precedente, per gli assegnai cessati a favore della caduta Dinastia, per diverse spese in Gaeta che vennero sospese ed altre partite non regolarizzate nel primo quadrimestre 1861, che nell'anno precedente erano state messe a carico del Bilancio delle Finanze.

Il debito galleggiante della Tesoreria verso diversi creditori, compreso il Banco, saliva, al 30 aprile a oltre 8,000,000 Duc.

Fatto il presuntivo delle somme che si riputavano necessarie al servizio della Tesoreria per tutto il 30 giugno, oltre gli introiti ordinari, vennero esse fissate a non meno di Duc. 5,974,000.

In un rapporto del 23 maggio facevasi presumere il disavanzo totale a tutto il 31 dicembre a lire 84,997,875,05.

Queste previsioni si andarono mano mano avverando, cosi che, se il Segretario Generale delle Finanze non aveva facoltà di creare nuove risorse, non potrebbesi dire che siagli mancata la previdenza e lo studio delle condizioni in cui trovavasi il Tesoro Napoletano, onde preparare i mezzi di far fronte ad ogni eventualità, senza esporre il credito pubblico a qualche grave scossa.


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VII.

Le intime relazioni del Banco colla Tesoreria non rendono inutili alcune parole sopra di questa istituzione che ci fornisce una prova di più del mirabile meccanismo finanziero delle Provincie Napoletane.

Il Banco riceve il danaro contante da chiunque voglia deporvelo, lo custodisce a sue spese e lo restituisce ad ogni richiesta del deponente in moneta equivalente.

Nel ricevere il danaro da un foglio di carta chiamata fede di credito, da dieci ducati in sopra; Polizza, quante volte la somma è minore. Si l'una, e si l'altra devono ridarsi al Banco alla restituzione del danaro.

Il deponente può fare aprire in suo nome una fede di credito per inscrivervi le somme che venisse successivamente a depositare, e questa chiamasi Madrefede.

Le somme depositate possono ritirarsi in tutto od in parte e farsi pagare a terze persone mercé mandato che si chiama Polizza.

La madrefede dimostra il movimento dell'introito e dell'esito; la fede e la Polizza sono cambiate a vista colla sottoscrizione di colui cui sono pagabili. Servono alle contrattazioni private colla firma di chi le da e le riceve in pagamento. Esse sono insequestrabili come il danaro depositato nel Banco.

I privati conservano la madrefede anche estinta. Il Banco le polizze o le fedi pagate.

Ecco i vantaggi che presenta questa istituzione che tanto si rese popolare e cara alla popolazione.

In primo luogo si ha la conservazione del danaro dei privati coi computi dei loro negozii nelle madrefedi. La certezza della data e l'autenticità delle convenzioni che si possono notare sulle polizze o fedi, bastando la consegna e l'accettazione di esse senza niuna spesa ed anche coll'esenzione del Bollo e del diritto di registro.

Si ha l'accerto delle persone cui si deve pagare il danaro, sia che Io riceva in nome e per fatto proprio, sia che lo riceva per procura di altri. Il mezzo infine di far adempiere con sicurezza gli obblighi di colui che riceve il danaro, perché, notati questi obblighi sulla polizza, il danaro non è sborsato che in vista degli adempimenti eseguiti.


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 A questo modo devono impiegarsi i capitali dotali e pupillari, quelli dei pubblici stabilimenti, o corpi morali, e non se ne pagano le polizze se il Magistrato non lo ha giudicato utile.

L'archivio finalmente da copia di tutte le polizze e fedi a qualunque epoca appartenga.

Molti versamenti dovuti al tesoro non si fanno che per Banco. Le somme girate al medesimo non si possono spendere se non per darsene credito sulle madrefedi del Tesoro; e le somme delle madrefedi del Tesoro non si pagano, in massima generale, se non all'ufficiale del Tesoro stesso che è incaricato degli esiti dello Stato. Il servizio dell'uno è cosi immedesimato con quello dell'altro che l’amministrazione vi rinviene una positiva garantia. Vi rinviene inoltre una facilitazione nel risparmio del trasporto del numerario, perocché non solamente le Contribuzioni e tutti i crediti dello stato si possono pagare in carte di Banco, ma anche i ricevitori generali e distrettuali debbono cambiarle, semprechè siano forniti di numerario.

Nel 1818 fu aggiunta al Banco la cassa di sconto con lo ufficio di scontare cambiali di negozianti; prestare sopra rendite inscritte sul Gran Libro e scontare buoni ed effetti di Tesoreria.

Le rendite fisse del Banco sono di ducati 84,337,75. Aggiunti a queste gli utili degli sconti calcolati in ducati 184,136, si ha una rendita complessiva di Duc. 268,473,75.

Il numerario che al 27 agosto 1859 era di ducati 19,316,295,11, al 27 Agosto 1860 era disceso a ducati 10,930,811,69.

Al 28 Gennajo 1861 scendeva ancora aduc. 7,900,115,11 Al due di Aprile non si avevano più di Duc. 6,983,724,51.

Da questo rapido cenno si scorge di leggieri quanti interessi si collegassero alla Istituzione del Banco, e quali intimi rapporti esistano tra il medesimo e la Tesoreria Generale, da meritare tutta la sollecitudine del Dicastero delle Finanze onde queste due grandi Amministrazioni si ajutassero a vicenda per superare le difficoltà della situazione senza scossa alcuna per la pubblica fortuna.

Un altro fatto richiamava tutta l’attenzione del Dicastero.


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IX.

Un ottimo pensiero avea nella sua attuazione sconvolto alcuni principii elementari nel l'amministrazione patrimoniale dei beni dello Stato.

Egregie somme venivano annualmente impiegate nella bonificazione dei terreni paludosi, sia che spettassero allo Stato, sia che fossero di proprietà comunale ed anche privata.

Da lunga serie, di anni stavansi eseguendo tali operazioni nelle terre paludose poste nel bacino inferiore del Volturno. E, sebbene i lavori eseguiti fossero con molta lentezza, pure i frutti che se ne ricavavano non mancavano di essere proficui ed all'incremento della industria agricola, ed al benessere delle popolazioni per la migliorata condizione dell'aria.

Questi risultamenti ottenuti fecero sorgere il pensiero di estendere le opere di bonificazione a tutte le terre paludose e non poche, che esistevano nella parte continentale del già Reame di Napoli.

Varii provvedimenti vennero quindi adottati. Si creò una apposita Amministrazione delle Bonificazioni, segregandosi tal ramo dall'Amministrazione dei Ponti e Strade, giusta il Decreto degli 11 Maggio 1855; e più tardi sotto il Governo Dittatoriale a' 16 Settembre 1860 si dichiarò quella Dipendenza abolita, e le sue attribuzioni si aggregarono novellamente all'Amministrazione Generale dei Ponti e Strade.

Tale ramo, come di ragione, era nelle attribuzioni del Dicastero dei Lavori Pubblici. Ad esso spettava lo indagare sulla opportunità di quelle disposizioni, ed il provocare le misure necessarie a dare una spinta al proseguimento di opere tanto utili, e che si da vicino toccano la industria agricola, ed il benessere ed incremento delle popolazioni.

Era debito però del Dipartimento delle Finanze il far rilevare lo errore incorso in quelle disposizioni coll'aver sottratto alla sua dipendenza l'amministrazione dei fondi, e delle proprietà di pertinenza del Demanio Pubblico.

Qual plausibile ragione avevasi per sostenere un tal fatto del tutto anormale? Lo stato possiede come ogni privato Cittadino. Esso è considerato dalle leggi vigenti come ente morale, ed è anzi considerato persona privilegiata.


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Le leggi amministrative decretano il modo di amministrazione del patrimonio pubblico, e ne danno il carico ad una special dipendenza del Dipartimento di Finanza col titolo di Amministrazione del Demanio.

Lo aver deviato da questi principii regolatori del dritto Comune, e del dritto Amministrativo non poteva produrre che confusione e disordine; non dovea fruttare che un'Amministrazione poco sicura per gl'interessi del patrimonio pubblico dello Stato.

Per queste considerazioni si provvide affinché tutte le terre demaniali che in forza di speciali disposizioni erano state cedute all'Amministrazione delle Bonifiche ritornassero come di dritto, alla dipendenza del Demanio Pubblico, ed a questa egualmente fosse attribuita l’Amministrazione degli alvei, lagni, ed altro che le leggi vigenti dichiarano proprietà dello Stato.

Sventuratamente gli sforzi delle Finanze si ruppero contro l'amministrazione delle bonifiche, la quale o non rispose alle replicate istanze o rispose in modo affatto inconcludente. Non fu possibile di ottenere la platea dei beni spettanti allo Stato e derivanti dalle Bonifiche.


X.

La Luogotenenza passava intanto nelle mani del Conte Ponza di S. Martino, verso la metà di Maggio.

Il Conte fu preceduto da una fama ben meritata di abilissimo amministratore; di uomo di principii severi e di una fermezza incrollabile. Stretto osservatore della legge, si sapeva che egli non avrebbe voluto che la legalità, niente che la legalità in tutto e per tutti.

Inesorabile coi tristi, egli era disposto a gradire il concorso di tutti indistintamente che avessero voluto prestarglielo intero e nel senso del nuovo indirizzo.

Alcuni atti di severità non fecero che riconfermare maggiormente la sua fama di uomo che non era disposto a transigere col benché lieve mancamento.

Volle stringere nelle sue mani tutte le fila delle diverse Amministrazioni, vedere e giudicare tutto da se, mettersi sotto gli occhi i quadri del numeroso personale di tutti i rami, e portare un severo esame sopra i più minuti affari.

Non essendo nostro scopo né di giudicare la sua

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amministrazione, ne di passare a minuta rassegna quanto si fece nel ramo Finanziario sotto di lui, accenneremo a sole due misure.

La prima concerne la questione della Sila, la seconda quella del pane.

Gravi inconvenienti erano nati dalle giurisdizioni speciali del Commessariato Civile, e della giunta dei reclami per gli affari della Sila. Le ordinanze emesse mentre avean tolte ai proprietarii ed usurpatori alcune terre in quel vasto territorio, non avean raggiunto lo scopo di restituirle agli usi civici e colonici dei diversi Comuni che vi avean dritto; non avean resa la proprietà dello stato libera e perfetta; né diffiniti i dritti di dominio diretto che lo stato stesso vi ha per antichi titoli. Soppresso quindi di fatto il Commissariato Civile col non nominare novello Magistrato, a surrogare il Consigliere Barletta, si disponeva che la giunta dei reclami avesse discussi soltanto quelli finora presentati onde non arrestare la libera discussione dei gravami contro le ordinanze. In pari tempo, nel fine di apparecchiare un lavoro stabile e che avesse soddisfatto le giuste esigenze che da anni si sollevavano dai Comuni e dai proprietarii tra cui lo Stato, si dava lo incarico ai Commessarì Ripartitori delle due Provincie di Cosenza e Catanzaro di apparecchiare un maturo progetto, da presentarsi allo esame e discussione del Parlamento Nazionale.


XI.

Un Decreto Dittatoriale disposto avea che si distribuissero ai poveri della città di Napoli dei boni che rappresentavano un rotolo di pane a grana cinque. Essi doveano esser distribuiti a cura del Municipio, il quale alla fine di ogni settimana rimborsava ai panattieri la differenza tra il prezzo indicato e quella di vendita.

Siffatta misura non serviva che a tenere elevato il prezzo del pane a danno di tutti i consumatori, né ai poveri profittava, poiché questi allettati da qualche piccolo vantaggio vendevano i boni per una parte della differenza ai panattieri, i quali senza aver nulla venduto introitavano la differenza totale.

La spesa dei boni ascendeva a ducati ottomila circa per settimana, e tale monopolio durava dal mese di settembre.


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Era invalsa la credenza che questa spesa dovesse andare a carico delle finanze, perché non si comprendeva come il Dittatore avesse potuto creare un aggravio di tale natura al municipio senza il suo consenso. Si osservava d'altra parte dalle Finanze che non vi era neppur ragione per metterla a carico della medesima, mentre nel Decreto Dittatoriale non era fatta la menoma menzione della Tesoreria dello Stato.

Vi era più ancora. Il Dittatore avea tolto alle Finanze il Dazio di consumo per darlo alla Città, l’una misura presa a tutto vantaggio del Corpo Municipale potea fino ad un certo punto giustificare l'altra contraria.

Trattavasi poi di un provvedimento affatto speciale pel Municipio di Napoli, che non potevasi mettere quanto meno interamente a carico dell’erario nazionale.

Ad ogni modo, mentre le Finanze si rifiutavano ad ammettere che di tale spesa dovesse andare gravato lo Stato, e mentre in tale sentenza erano confortate da un ben ragionato avviso della Commissione dei Presidenti presso la G. Corte dei Conti, scegliendo nel dubbio la via più sicura, tutto si pose in opera per far cessare questa distribuzione.

Si stette per molto tempo in forse di sostituirvi qualche altro empirico spediente. Persuasa la Luogotenenza che nessun bene recavasi alle classi povere da tale misura, entrò nelle viste del Segretariato Generale delle Finanze e si fece cessare la distribuzione dei buoni alla fine di giugno.

Passò questa disposizione talmente inosservata, che alcuni mesi dopo, la maggior parte della Città ed il giornalismo lo ignoravano ancora completamente.

Ciò provò sempre più che i principii astrattamente ottimi mal sovente corrispondono all'atto pratico, per cui la ingerenza dei governi in certi fatti economici riesce ben sovente ad un fine diverso da quello che si era proposto.


XIL

Nel corso di questi due periodi si eliminarono dal personale alcuni elementi notoriamente men buoni.

Gli esempii dati servirono efficacemente ad imprimere al movimento della macchina amministrativa un moto più regolare e spedito.


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Se non che co' principii di conciliazione cui si inclinava, tutte le posizioni acquistate potevano diventare ugualmente rispettabili.

La questione degli impieghi ed impiegati aveva qui assunta una importanza che mai forse non ebbe altrove.

Doveva essa venir considerata dal solo Iato amministrativo?

Presentava infinite difficoltà volendo risolverla in modo da rispettare i fatti compiuti senza urtare nella opinione che si era troppo apertamente pronunciata per non tenerne conto.

Ad un Amministratore doveva sorridere naturalmente il pensiero di non considerare la questione che sotto questo, solo rispetto.

È impossibile di fatti di portare grandi e generali mutamenti nel personale di una vasta e complicata amministrazione senza perturbare il movimento della macchina, anche servendosi di elementi già iniziati negli affari.

Più grande e profondo sarebbe certamente il perturbamento quanto più il personale che si sostituisce all'antico sarà nuovo affatto alle discipline amministrative.

Si spezzano gli ordigni della macchina che già erano compenetrati nel movimento e ne costituivano la parte integrante. Prima che i nuovi ne abbiano preso il luogo e servano al movimento, hanno d'uopo di acquistarne tutte le forme. Ciò è più facile a dirsi che non ad ottenersi con quella prontezza che si deve desiderare, onde al movimento non succeda la paralisi.

Vi sono ufficii pei quali non basta l'istruzione e la svegliatezza dell'ingegno. Ma vi si richiede anzi che altro una vera pratica negli affari. La mente più chiara rimarrebbe ben sovente impigliata e confusa in mezzo ai complicati ordigni che muover devono la macchina operando in tutti i suoi diversi sensi.

Queste verità essendosi fatalmente sconosciute nei primi momenti di febbrile concitamelo che successero alla caduta della vecchia Monarchia, si gettarono in non pochi ufficii degli Uomini che non avendo cognizione alcuna del servizio, fecero andare a maggior precipizio le cose.

Per quanto si potesse desiderare di rinsanguare non pochi rami con un personale più adatto ai tempi ed a molte altre esigenze, non si doveva cadere con atti precipitati in errori pregiudizievoli alla pubblica fortuna.


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Ma, se doveva imporsi silenzio alle simpatie dei principii e alla sensibilità del cuore per non dar luogo che ai consigli della fredda e severa ragione amministrativa; se ai mali fatalmente compiuti non si poteva portare un immediato rimedio; se si doveva evitare quanto meno di aggravarlo, potevasi ugualmente sconoscere affatto l’altro lato della questione?

La condizione de' bisogni e degli spiriti del paese non dovevano pure avere un gran peso nell'indirizzo amministrativo?

Non vi era forse una qualche via di mezzo da seguire?

Eravamo in Giugno. Si pensò di fare un passo verso la unificazione delle Amministrazioni finanziarie. Tenemmo proposito del divisamento col distinto Professore di dritto Amministrativo che era alla Suprema direzione de' Dazii indiretti.

Si associò al pensiero. Si discusse e si venne ad un piano di incardinamcnto de' quattro riparti menti del dicastero nelle Direzioni generali. Tre ne esistevano già: dei Dazii indiretti, del Registro e Bollo, della Cassa di Ammortizzazione e gran Libro.

Coll'aggiunta di un quarto ufficio delle Contribuzioni e del Catasto si pensava che sarebbesi potuto iniziare l'opera di riordinamento della materia imponibile, utilizzando la classe numerosa di coloro che avendo subito con successo l'esame di Controllore di Fondiaria, non aspettavano che il momento di essere collocati.

In tale opportunità si pensava pure alla convenienza che i servizii Provinciali del Registro e Bollo, e delle Contribuzioni riordinati fossero separatamente.

Appariva questa come una necessità.

Anzi tutto perché la materia catastale reclama un'attenzione e studii tutti speciali.

Ed in secondo luogo perché a capo delle Direzioni dei rami riuniti, col sistema attuale non si hanno che uomini periti in un solo dei due rami, da rendere malagevole or l'uno, or l'altro dei due servizj.

Considerando oltre a ciò che per accrescere le nostre risorse si dovrà tosto por la mano al Registro e Bollo, maggiore emergeva la convenienza di mettere a Capo di questo servizio che abbraccia pure il sistema ipotecario, uomini che alle cognizioni legali accoppiassero qualche esperienza di tale materia.


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Vedevamo avvicinarsi a gran passi il giorno in cui scomparendo il dicastero, le amministrazioni generali che ne dipendevano avrebbero dovuto funzionare con un'azione più spiegata e decisiva ed in corrispondenza diretta col ministero. Si desiderava di aggiunger loro nuovi elementi prendendogli da quanto vi era di meglio nei ripartimenti del dicastero.

La cessazione del dicastero diventava cosi un fatto naturale. Quattro gran centri ne avrebbero preso il luogo. Il disbrigo degli affari sarebbe stato più spedito. La cosa pubblica non poteva che vantaggiarne.

Il pensiero non fu compiutamente sgradito. La tanto desiderosa riforma del personale poteva compiersi con tutta sicurezza, cominciando dagli ufficii centrali.

Era nei destini di questo periodo che ad altri tempi si differisse.


XIII.

Nei Dazi indiretti procedevasi alacremente alla applicazione della nuova tariffa italiana.

L'unificazione delle due amministrazioni dei Dazii indiretti e del Registro e Bollo con quelle dell'alta Italia non presenterà grandi difficoltà, perché i principii cardinali sono i medesimi.

Per queste due amministrazioni sarà più specialmente questione di parificazione di stipendii, di stabilire l'anzianità e le condizioni di ammessione che eran qui affatto neglette, pei Dazii indiretti sovrattutto.

Molti posti di fatti venivano conferiti per favore, senza condizione di età, di studii od altro. Gli stipendii elevati, per alcuni dei primarii funzionarii, erano talmente sottili per la massa di tutti gli altri impiegati da lasciarne la maggior parte nella più completa impotenza di provvedere alle cose più necessarie alla vita.

Questa consuetudine generò il pensiero che bastasse desiderare un posto elevato qualunque nella gerarchia di tal ramo per potervi giungere.

Da ciò i sempre rinascenti desiderii e le mille domande impossibili a soddisfarsi.

Il servizio della Tesoreria Generale in tutto questo intervallo di tempo non avea fatto che migliorare.


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A datare dal mese di Aprile si erano costantemente redatti al fin di ogni mese i quadri degli introiti e degli esiti di ogni natura.

Si i primi, come i secondi si eran omessi a confronto con quelli dei mesi corrispondenti dell'anno precedente.

Era, egli è vero, una semplice situazione di cassa di dare ed avere senza distinzione di esercizii, ma questo lavoro era già sufficiente per mettere il governo ed il Paese in condizione di giudicare delle risorse delle Provincie Napoletane.

Questi quadri pubblicati nel foglio ufficiale formavano, direbbesi, quasi lo specchio dell'andamento dell'Amministrazione ed offrir potevano alla discussione del giornalismo fecondi argomenti per meditare sulla parte più vitale dello Stato.

Un popolo sarà tanto più industriale, istruito e felice, quanto più sarà ricco, e tanto più sarà ricco quanto più laborioso ed istruito.

Ma, senza possenti risorse finanziarie, un paese non può sperare di vedere svolti gli elementi tutti che devono condurlo alla sperabile e desiderata sua prosperità.

I giornali cominciarono a impadronirsi della questione Finanziera. La svolgano essi coll'interessamento che inspirar deve la questione più vitale del Paese, e facciano sentire ben alto che le risorse del credito non sono quelle sulle quali si debba fare un illimitato assegnamento.

Una crisi Commerciale può paralizzare questa fonte al momento del maggior bisogno, e guai allora per quel paese che non siasi studiato di trovare in sé stesso e nei suoi mezzi ordinarii, le risorse necessarie per far fronte alle esigenze dei suoi pubblici servizii.

Se non temessimo di essere troppo minuziosi, diremmo di più che ogni giorno si impiegavano alcune ore a studiare le risorse del Tesoro; si passavano a rassegna gli impegni della Tesoreria, e nelle strettezze in cui si versava, si cercava di far fronte ai debiti più urgenti ed antichi anche con semplici abbonconti, non essendo sovente in situazione da poter soddisfare a maggiori esigenze.

Ed intanto si avevano costantemente molti milioni di debiti arretrati, che da tempo attendevano, momenti più prosperi per essere soddisfatti.

Questo conteggio minuzioso di ogni giorno non era

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l'ultima delle fatiche del Segretariato, poiché, dopo d'avere studiato i bisogni provenienti dalla situazione, conveniva farsi un criterio esatto dei bisogni crescenti di giorno in giorno, onde nulla mancasse mai alle più imperiose richieste.

Ogni giorno si stabiliva la situazione del numerario. Ogni decade si faceva il conto presuntivo delle risorse e delle spese cui si dovea soddisfare.

Ma già il brigantaggio rumoreggiava nelle Provincie e facevasi più minaccioso.

Sussidiato ed organizzato dalla cospirazione esterna, fomentato ed ingrossato dalle file degli sbandati, cominciava a mostrarsi alle porte stesse di Napoli.

Il Governo Centrale affidava ad una delle più belle nostre illustrazioni militari il carico di combatterlo e distruggerlo.


XIV.

Il brillante vincitore di Castelfidardo, Colui che annientò gli ultimi baluardi dietro i quali si era rifugiata la caduta Monarchia, giungeva tra noi con grandi poteri militari.

La sua missione tutta militare, ma indipendente dal Governo locale, non potea compiersi durante una Luogotenenza che in sé concentrasse i poteri civili e militari.

Rimase solo sul campo dell'azione.

Fu semplice ed esplicito il suo programma. Combattere colle arme aperte il brigantaggio e liberarne il paese; combattere il partito che serviva adesso di incoraggiamento col suo atteggiamento equivoco verso il nuovo ordine di cose; rianimare infine tutte le frazioni del partito liberale, cercando di attirarle nell'orbita della sua azione, senza però lasciarsi dominare da alcuno, sempre padrone ed arbitro della situazione.

Né volle impiegare nella lotta le sole armi regolari; pensò di farvi prendere parte anche dalla guardia Nazionale mobilizzata.

Coll'opera di provati patriotti a lui affezionati, studiò di organizzare delle compagnie composte in parte di giovani volontarii che alla grande opera concorressero.

Impegnavasi per tal modo la popolazione stessa, incaricandola di dare con questo fatto la più bella ed eloquente risposta a coloro che avrebbero potuto avvisarsi


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di attribuire al brigantaggio ed alla sua repressione un carattere che effettivamente non avea.

Si riprese l'idea del depuramento degli Impiegati.

Alle Finanze spettava poi più particolarmente di provvedere al servizio del Tesoro, in modo che e le milizie regolari e le guardie mobili costrette a frequenti e rapidi spostamenti, trovassero ovunque i mezzi pecuniarii che loro potevano occorrere per provvedere a tutti i loro bisogni.

La questione degli Impiegati più volle ripresa ed abbandonata presentava le più grandi difficoltà per iscioglierla convenientemente.

A nessuno potea cadere in mente di fare proscrizioni in massa. Fra gli elementi cattivi ve ne erano dei buonissimi.

Si è detto che molti rami Finanziari per la loro specialità richiedono cognizioni particolari ed una certa esperienza degli affari che vi si sviluppano.

Se si eccettua la fondiaria, tutti gli altri cespiti possono essere più o meno abbondanti, dipendentemente è vero dallo stato generale delle condizioni economiche del paese, ma il loro maggiore o minor prodotto dipende anche nella massima parte dalla capacità e conoscenze pratiche degli Impiegati.

Mettete in taluni ufficii, è forza ripeterlo, chi non abbia le cognizioni che vi si richiedono e voi pregiudicherete non solo l'Erario ma il Commercio, gli interessi privati e tutto sconvolgerete l'andamento dei pubblici servizii che ne dipendono.

Queste verità dovevano avere un gran peso nelle determinazioni a prendersi.

Era troppo stringente il bisogno di non assottigliare maggiormente le risorse dell'Erario, per gettarsi inconsideratamente in una via pericolosa, perturbando la percezione maggiormente.

Ma non si poteva negare dall'altra parte che non si dovesse dare una pronta soddisfazione alla pubblica voce, procedendo colla più grande maturità di consiglio e non perdendo mai di vista i gravi interessi che eran collegati a questa questione.

Se si rifuggiva dall'idea di gettare in certi posti elementi di cui non si conosceva l'attitudine, era notorio però che vi erano posti onninamente acquistati e conferiti dal favore.


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Alcuni di maggior profitto si erano dati perfino a ragazzi ed a nascituri. Figuravano in essi dei nomi che si vedevano primeggiare nelle file dei più accaniti cospiratori contro l’attuale Governo.

Era egli ragionevole di lasciare nel bisogno uomini che, per le cose Italiane, avevano sofferto tutte le torture di lunghe prigionie e dell'esilio; che aveano vedute disperse e predate le loro sostanze da un'ingorda polizia, mentre si conservavano in lucrosissime posizioni coloro che erano stati direttamente od indirettamente strumenti di tale Governo, o che comunque ne erano stati i favoriti?

La generosità coi vinti è il dovere del vincitore; ma, quando la pubblica fortuna è in pericolo, la generosità potrebbe essere più che una debolezza.

In certi momenti un Governo non potrebbe senza pericolo trattare da pari a pari i suoi dichiarati fautori che concorsero, coi loro personali sacrifizii, a spianargli la via, con quelli che, comunque apertamente, o nascostamente, si trovano nel campo opposto, né hanno ragione di mostrarsi ingrati verso i loro primi benefattori.

Un Governo non deve essere vendicativo, ma non potrebbe neppure dimenticare affatto che vi sono momenti in cui il meglio è ciò che giova alla cosa pubblica.

Egli è da questo punto di vista che si credette dover considerare la cosa.

Inclinevoli per naturale tendenza dell’animo alla bontà; ripugnanti da ogni atto che vesta il ben che menomo carattere di personalità; essendoci impossibile di conservare rancori e risentimenti con alcuno, severi ed imparziali con tutti, provammo però più d'una volta vivissimo dolore nel rifiutare a taluno un impiego, mentre ci si gettavano in faccia dei nomi che grassi proventi si godevano di padre in figlio senz'altro merito che quello dei servizii resi dagli avi. E quali servizii fossero è inutile di ripeterlo!

Da ciò alcune destituzioni ed esonerazioni e nomine che vennero diversamente interpretate.

Le posizioni ottenute per concorso, meritate per iscienza, suggellate con una operosità senza taccia furono religiosamente rispettate.


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XV.

Si rimprovera a queste meridionali provincie di non aspirare che ad avere impieghi. Qual meraviglia!

Di chi è la colpa?

Erasi tolto all'energia ed attività privata ogni mezzo di sviluppamelo. E le popolazioni più intelligenti dell'Italia si erano costrette a considerare il Governo come un grande Istituto di Beneficenza.

Paralizzati e ristretti i commerci dalle gravi tariffe, chiuse le Provincie e separate tra di esse per la mancanza di strade, i più bei tesori della natura non potevano essere fecondati dall'attività e dalla speranza dei profitti.

Napoli era diventata la gran testa della Monarchia, perché tutte le ambizioni ed i bisogni delle Provincie si andavano mano mano concentrando intorno al Trono, solo dispensatore di tutto.

Si comprende quindi di leggierì come tutti i desideri si indirizzassero al Governo, perduta essendo la fiducia nelle risorse individuali.

Da ciò l’aspirazione generale ad ottenere qualche posto dallo Stato, la viva reazione contro coloro che ne godevano alcuno senza meriti proprii. Si può calcolare in media che ben cinquanta domande si ricevevano giornalmente dal solo Dicastero delle Finanze, esaminate e risolte, la maggior parte, negativamente per la impossibilità di poterle esaudire. Si ha da ciò una piccola idea di questo doloroso ed improduttivo lavoro, e delle condizioni in cui versava il paese.


XVI.

Noi siam lontani dal voler portare esca su questo ardente terreno, ma non crediamo inutili alcune riflessioni ancora, che possono servire di spiegazione alle tendenze del paese, giudicate diversamente dagli uni e dagli altri.

Mancava generalmente nelle Amministrazioni quella omogeneità di principii tra gli Impiegati e quella confidenza tra essi che tanto concorrono al buon andamento del servizio.

Mancava, si direbbe, quello spirito di corporazione che rende in certo qual modo ciascuno solidale per tutti, e tutti per ciascuno.


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Né ciò è difficile a comprendersi. Si era cercato di separare gli animi colle reciproche diffidenze, anzi che di riunirgli.

Vicino all'uomo di distinta istruzione e di specchiata probità, che avea guadagnato il posto colle sue virtù, trovavasi colui che vi era giunto per tutt'altra via.

Ci occorse di trovare ben soventi negli incartamenti domande di taluni che tendevano a conseguir promozioni o posti a pregiudizio di altri, esponendo i servizii resi al governo contro i patriotti, facendo pompa delle loro idee contrarie alla libertà; altre ne trovammo con cui si vantavano come titoli di merito le denuncie di alcuni troppo miti giudici delle Corti Criminali e le procurate arbitrarie carcerazioni di qualche imputato politico malgrado il — Non consta — delle Corti stesse.

E mentre da una parte l'ammessione negli Ufficii dello stato non aveva limiti, si corrispondevano dall’altra soldi cosi meschini da costringere l'Impiegato ad abbracciare tutti gli spedienti possibili per campare la vita.

Si era perito giunto dal cessato governo ad ammettere nelle prime Amministrazioni dello Stato giovani adolescenti, che possedevano appena i primi rudimenti delle lettere.

Quante belle intelligenze si attiravano così, col fascino degli impieghi, in un'atmosfera nella quale le anime loro non trovavano altro pascolo che negli sterili andirivieni della burocrazia, quando non si abbandonavano alle incomposte foghe della giovinezza, sprecando il loro tempo in trastulli inutili per essi e di fastidio per gli altri, con danno del servizio pubblico.

Da questo numero stragrande di Impiegati mal retribuiti ne veniva l'uso dei sussidii a certe determinate solennità; delle gratificazioni ad ogni piccolo lavoro eseguito al di là delle occupazioni ordinarie, ad ogni lutto nelle famiglie, ad ogni più insignificante domestica emergenza.

Si desiderò por fine a sì strani abusi amministrativi, ed in gran parte vi si riusciva. Si sarebbe voluto portare un colpo anche più decisivo; se non che si riputava opportuno che si facesse precedere pria una misura che gli stipendii avesse liberato almeno dalla enorme ritenenza del decimo.

Questa misura non fu dimenticata, ma non poté essere accolta,


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entrando essa nelle competenze del potere Legislativo.

Sarebbe stata ricevuta come un vero benefizio, il quale avrebbe compensato le indennità, le sovvenzioni ed assegni che sotto diversi nomi erano soliti distribuirsi.

All'arbitrio si sarebbe sostituito un sistema più logico, generale e morale.

Ai nuovi ordinamenti che anderanno in vigore allo spirare di questo corrente anno spetterà tale compito.

Che cosa conchiuderemo da ciò? Che il buono che si aveva nelle diverse amministrazioni, ed era molto, era tutto dovuto all'abilità degli Impiegati.

Il male derivava dagli abusi governativi.

Scusabili perciò le insistenti domande, come le vive incriminazioni.


XVII.

É pregio dell'opera di far rilevare come molti vuoti furono fatti nelle Amministrazioni Centrali, per le esonerazioni, destituzioni ed ammessioni al riposo. Nessun posto venne rimpiazzato.

Nella sola Tesoreria Generale si ebbe un'economia sui soldi di oltre lire 86,000. Considerevoli economie si avevano pure nella Direzione Generale dei Dazii indiretti di cui fu soppresso il Consiglio Amministrativo, reputato men consentaneo agli attuali ordinamenti.

I soli uffici che vennero occupati con nuovi Impiegati, furono le Ricevitorie..

Trattandosi di Impieghi Contabili pei quali si esigono forti cauzioni, e che esistono da sé quasi isolatamente, si è creduto di potervi chiamare gli uomini che per durate sofferenze e danni subiti per la Causa Nazionale, aveano diritto alla riconoscenza della patria.

E mentre da una parte il Governo si mostrava giusto verso una classe di persone che non poteva venir dimenticata senza una manifesta ingratitudine, si evitava dall'altra di gettare un seme di maggior malcontento nelle Amministrazioni e di vieppiù scompigliarle.

Parve questo un atto di riparazione e di buona Amministrazione.

Né può dirsi che siasi troppo largheggiato.

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 Era il meno che far si potesse. Eppure il paese non isconobbe l’opportunità dei principi adottati e serbò qualche riconoscenza del poco che si fece. Ciò serve di risposta a coloro che lo dicono incontentabile.

XVIII.

Alcuni giudizii criminali si iniziarono per malversazioni del danaro pubblico alla Lotteria, per sottrazioni di polizze ed altri gravi fatti dell’ufficio di Garantia dell'oro nella Zecca.

Pendono anche speciali inchieste Amministrative per la Zecca e per la Lotteria.

Si scopersero in quest'ultima Amministrazione nuove frodi, che da lunga mano commettevansi per la connivenza di alcuni Impiegati di diverse officine.

La Lotteria, col suo complicato meccanismo, anzi che allontanarle, favorisce le dilapidazioni del pubblico danaro.

I postieri numerosissimi, e con tenui profitti, trovansi la maggior parte, aggravati da molte reste da versare per somme considerevoli.

Questi debitori dello stato si contano a centinaia.

Le cauzioni non bastano a coprire le deficienze. È una piaga che incancrenisce ogni giorno più.

Si stabili per principio di massima di non più rimpiazzare i posti che in Napoli si rendessero vacanti, fino a che fossero ridotti a cento. Ciò recherà quel maggior profitto a chi rimane.

Gli renderà migliori? Non è con un principio per sé stesso demoralizzatore che ciò possa sperarsi.


XIX.

Considerandosi il Segretariato Generale come obbligato di concorrere all'eseguimento del sacro legato lasciato dal Grande Ministro, si faceva a caldeggiare la risoluzione delle questioni che la nuova tariffa applicata in queste Meridionali Provincie avea conservate intatte.

La differenza di trattamento per gli olii, gli stracci ed i cereali.

Le disposizioni pei cereali non si fecero lungamente attendere e se ne proclamò in agosto la libera riesportazione.

Incoraggiata cosi la produzione locale e sparito il timore di veder allontanarsi dai nostri lidi tale derrata estera,

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vediam prossimo il giorno in cui quelli stessi che più temevano i cattivi effetti di questa disposizione finiranno per benedirla e plaudire alla saggezza del governo.

Non è difatti coi mezzi empirici che si possano scongiurare i pericoli nel dissesto della produzione delle derrate alimentari, ma sibbene col lasciar libero il campo alla industria, la quale nella più grande e piena libertà di azione reca i suoi prodotti dove maggiore ne è il bisogno.

La questione degli olii collegandosi ad un principio di pura opportunità finanziaria, non poté ottenere uguali risultamenti. Spetterà al Parlamento di deciderla, mediante quei compensamenti pel pubblico Erario che ravviserà più adatti alla gravita della situazione.

Noi non possiamo che affrettarne la soluzione coi più ardenti voti dell’animo, onde tale ramo di nazional ricchezza trovi nella sapienza dell'attuale Governo quelle agevolezze che non possono, né debbono mancarle.

Alla terza degli stracci, provvederà pure il Parlamento, essendo questa una quistione vitale per un'industria che ha pur tuttavia bisogno di lottare con molte rivali.


XX.

Ma intanto due fatti sorgevano ad inspirare qualche inquietudine.

La crisi monetaria e quella annonaria.

Avvertita la prima dal Dicastero nel mese di Luglio, egli credette di dovervi insistere in modo speciale nel mese di Agosto.

Una certa sfiducia andavasi propagando nelle Provincie per cagione del brigantaggio. Molto danaro ritiravasi dal Banco ed il suo numerario discendeva rapidamente a poco più di cinque milioni di ducati.

Diventava ogni giorno più difficile alla Tesoreria generale di far fronte ai suoi impegni.

Con un introito di 1,500,000 ducati all'incirca la Tesoreria Generale dovea trovare, alla scadenza del semestre, oltre cinque milioni di ducati.

Le Guardie Nazionali Mobili che si stavano organizzando nelle Provincie e quelle già mobilizzate;


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le Truppe che si mettevano in movimento in tutti i punti del territorio, erano altrettante nuove sorgenti di spese per l'Erario. Il pagamento dei soldi e delle diarie a tutti questi diversi Corpi non ammettevano remora. Il tutto voleva eseguirsi con ordine, precisione e speditezza, onde non incagliare le operazioni militari.

La Tesoreria Generale ben lungi dal ricevere danaro dalle Provincie, era costretta di fare larghe e frequenti sovvenzioni, ove maggiore era il movimento delle forza armata.

Dipendendo queste dalle mosse rapide quanto imprevedibili, doveano essere eseguite all'impensata e colla massima celerità, ora in un punto ora in un altro. Dalla loro regolarità dipender potea 1' esito delle operazioni militari.

A fronte di queste esigenze e di tanta strettezza il servizio fu prontamente organizzato in modo che la Truppa e le guardie Mobili non ebbero a soffrire il benché menomo ritardo nella percezione dei loro averi, cosicché le Finanze per la parte che le risguardava hanno soddisfatto pienamente al dover loro, nell'opera assuntasi dal generale Cialdini.

Le operazioni bancarie che si dovettero eseguire per avere i mezzi necessarii onde sopperire a tutti questi esiti furono condotte in modo da mantenere, malgrado il ribasso generale dei cambii, il prezzo corrente di quello sopra Torino superiore al cambio di Marsiglia e di Parigi, per tutto il periodo che corse dal 15 luglio al 30 settembre.

Si entrerebbe in dettagli troppo minuziosi, se si volessero accennare tutti gli spedienti adottati. Nulla fu dimenticato di quanto potea concorrere a recare qualche sollievo alla Tesoreria Generale. Si trasse perfino buon partito della differenza che mantenevasi in questo frattempo tra l'antica rendita Piemontese e quella Napolitana; come non si mancò di profittare delle economie che andavansi facendo nelle diverse Amministrazioni Centrali colle vacanze dei posti che non venivano più rimpiazzati.

Nel mese di agosto essendosi portati colpi decisivi sul brigantaggio, se ne provarono tosto i benefici effetti nella percezione delle imposte.

Gli introiti generali di quel mese diedero una differenza in più di Duc. 468,887, in confronto del mese precedente.

Essi superarono eziandio quelli del corrispondente mese 1860 di ben ducati 174,958.

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Da ciò si deduce la confidenza maggiore nata nei Contribuenti e nel Commercio dall’azione energica e vigorosa che spiegava la Luogotenenza in quel torno di tempo.

Altra luminosa prova si ebbe della calma e tranquillità che cominciavano a rinascere nel progressivo aumento del numerario del Banco nella seconda metà di settembre. Dai cinque milioni a cui era disceso, sali gradatamente al punto ili raggiungere quasi nove milioni di ducati al finire di ottobre.

A questo risultamento concorsero due misure, quella di far ricevere nelle pubbliche Casse dello Stato ed in quella di sconto le monete decimali di oro che non aveano corso legale nelle Provincie Napolitane, e l'altra di attivare la circolazione della lira italiana.


XXI.

La scarsezza del numerario era diventata tale che non rispondeva più ai bisogni della circolazione. Le cagioni di questo fatto erano le seguenti.

Esiste in queste Provincie il solo tipo monetario di argento. O sia che lo stato di perturbamento delle Provincie e la inquietudine degli animi avessero determinato il ritiro dalla circolazione delle specie di argento, come arriva generalmente in simili circostanze, o sia che la esportazione della specie fosse stata più abbondante dell’ordinario, il fatto della accennata scarsezza non era men positivo.

La Zecca di Napoli, dal secondo semestre 1860, non avea più coniato monete d'argento.

Il valore delle verghe di argento immesse nella Zecca per ridursi io moneta ed ammontanti a circa un milione di Lire mancava alla circolazione.

Si aveano egualmente per circa nove milioni di colonnati e di monete di argento rose le quali doveano esser riconiate, e che si trovavano sottratte alla circolazione.

Dovendo il Commercio servirsi di una quantità di monete antiche ed usoconsunte, cioè di peso, e quindi di valore intrinseco molto inferiore a quello legale, si rendeva più sensibile la crisi monetaria.

La perturbazione nei cambii, che ne è la conseguenza,producendo una elevazione nel prezzo degli oggetti contrattati con moneta calante, rendeva naturalmente maggiore

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la richiesta delle buone, e ne faceva avvertire anche pia la scarsezza.

Si aggiungano a queste considerazioni la difficoltà delle relazioni commerciali tra le Provincie e la piazza dì Napoli e le cause tutte che rendevano meno agevole e spedita la circolazione del numerario stesso esistente nelle Provincie, e si avrà una idea delle ristrettezze in cui si versava.

L'aver autorizzato le pubbliche Casse a ricevere le specie decimali di oro, e le negoziazioni di cambiali sulle piazze Estere fecero in breve tempo affluire tale quantità di oro da poter largamente sopperire a tutti i bisogni.

Se non che la mancanza del corso legale rende difficile di far entrare nelle abitudini delle masse la sua accettazione; né questa può sempre aver luogo senza un aggio più o meno sensibile. Il commercio ne rimane contrariato e la Tesoreria è ben sovente costretta a gravi sagrifizii per procurarsi il cambio dell’oro in argento per soddisfare i suoi creditori. Ma sta pur sempre in fatto che venne introdotto un nuovo mezzo per agevolare e moltiplicare le contrattazioni, è supplire al vuoto esistente nella circolazione.


XXII.

Veniva acconsentito in questo tempo la coniazione delle monete decimali di argento e d'oro.

La Zecca di Napoli, arricchita di macchine della maggior forza e precisione, fu messa in condizioni da poter dare una produzione giornaliera di 900,000 monete, sia che il Governo le voglia in bronzo, in argento od in oro, con undici ore di lavoro al giorno.

Ventidue presses ed una nuova macchina a vapore sono i risultamenti della nuova impresa. I lavori di riattamento cominciarono in Maggio. Si utilizzarono i locali della Cappella e del Corpo di guardia, per aggrandire le Officine del pianterreno, così che può dirsi con tutta sicurezza che la Zecca di Napoli sia ora in condizione da gareggiare coi migliori stabilimenti di tal natura dei paesi più civili di Europa.

La coniazione dei pezzi da 5 e 2 centesimi raggiungeva il suo massimo sviluppamento, ed alla fine di Ottobre se de aveano già per 500,000 Lire pronti pel Commercio.

Essendosi stabilito che dal 1. gennaio 1862 tutti i conti

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e le somme negli atti pubblici dovessero esprimersi in lire decimali, si potrà per quell'epoca aver già in corso il tipo monetario che rappresenta il sistema e conseguirne la più facile ed esatta applicazione.

La unificazione monetaria di questa colle altre Provincie del Regno troverà in quell'epoca tutti i mezzi preparati per diventare un fatto compiuto.

In questo periodo ebbe luogo il prestito Nazionale. Esso non va misurato dalla sola quantità delle sottoscrizioni, ma dalla strettezza del tempo dopo la pubblicazione degli avvisi e dalle difficoltà che vi erano allora nelle interne comunicazioni, per le quali coloro che avrebbero dovuto concorrervi non poterono dare le commissioni, nè recarsi nei Capi luoghi ove le sottoscrizioni si ricevevano.


XXIII

Mentre la Luogotenenza portava la massima attenzione agli affari delle Provincie che richiedevano la sua azione repressiva più energica, non si dimenticava la classe numerosa di coloro che in Napoli e nei suoi dintorni sono costretti di gettarsi negli artigli di privati pignoratori, i quali per piccoli prestiti riscuotono smisurate usure.

Se col tempo le aumentate industrie e la più diffusa istruzione avvieranno le classi minute ad uno stato incontrastabile di morale e di materiale perfezionamento, dovendole per ora accettare quali sono, era urgente di adottare qualche espediente che venisse a loro sollievo.

Si stimò quindi opportuno di erigere nell'Edificio Capano un Monte di pegno per gli oggetti cuciti ed usati. Il Monte fu decretato in commemorazione del 7 settembre e doveva aprirsi il 7 novembre, anniversario dell'arrivo in Napoli di S. M. Il Re d'Italia.

I lavori cominciarono alla metà di settembre.

Vi si impiegarono tosto meglio di quattrocento operai che sul primo di ottobre si portavano a novecento.

La grandezza dell’Edificio e l'estensione dei mezzi che vi può impiegare il Banco Napolitano sono tali che questo Stabilimento darà sfogo a tutte le richieste, ed il popolo minuto non sarà più smunto da usure scandalose, che non sono mai minori del 120 per 100.

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Si era infine ideato di unire al Banco anche la Cassa di risparmio.

Si progettò un regolamento; e per poco che il tempo non avesse fatto difetto, sarebbesi forse raggiunto lo scopo.

Messa la Cassa di risparmio sotto la dipendenza di un'amministrazione tanto popolare quanto è quella del Banco, niuno v'ha che non veda che sarebbesi pienamente assicurata la esistenza di questa istituzione. Passò il tempo propizio ad agire, non la volontà, né la possibilità che altri più felice eseguire possa il concetto.


XXIV.

Si disponeva intanto perché a queste Provincie si applicassero i principii che derivano dai trattati di Commercio stipulati dal già Re di Sardegna con le Potenze Estere, intendendosi abrogati tutti quelli della cessata Monarchia delle Due Sicilie con le Potenze medesime.

Soppresse le Linee Doganali che dividevano gli Abruzzi dall'Umbria, instituite delle ambulanze per vegliare sull'introduzione dei generi di privativa, si provvide onde fino a tanto che il Regolamento Doganale del 12 settembre 1860 non fosse pienamente attuato, i Capitani della Marina Mercantile napolitana avessero a munirsi dei documenti prescritti da quel Regolamento, e non di quelli ordinati dalle leggi locali.

Essendosi dotata la Città di Napoli di un Deposito Doganale con facoltà di riesportazione, a datare dal 1 ottobre, nel breve giro di un mese si fece il progetto del deposito, si approvò; ed in gran parte fu eseguito, sicché la Dogana si trovò in grado di cominciare le sue operazioni il giorno stabilito.

Non è a dire quale attività si abbia dovuto spiegare per ispingere i lavori in modo da poter far godere al Commercio il benefizio del deposito entro il termine fissato.

Si organizzò contemporaneamente una Compagnia scelta di Guardie Doganali pel servizio della Dogana e del porto, con soldi eguali a quelli dell'alta Italia, onde stimolarne la emulazione. E ciò senza alcun aggravio pel bilancio, profittando dei risparmi della cassa di abbigliamento.

Coi progetti di costruzione già approvati e che man mano saranno successivamente intrapresi, il Mandracchio sarà libero dai due servizi! del Cabotaggio e dei Consumi.

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I viaggiatori nelle sale che si stanno costruendo per la visita dei bagagli all'Immacolatella presso l'ufficio della Sanità troveranno al loro sbarco una commoda località ove attendere alle formalità prescritte.

Il bacino servirà esclusivamente da una parte pel deposito doganale, dall'altra per le merci che entrano in pronta spedizione. La Direzione occuperà il mezzo di questi Edifici.

Si mirava e trasportare il servizio del cabotaggio e dei consumi dall'altra parte sul Lido.

Fino a tanto che la Città di Napoli non verrà dotata di un porto proporzionato alla importanza dei suoi commerci, colle opere dinanzi accennate, od in via di costruzione, si provvederà sufficientemente a tutte le esigenze dell'importante servizio del ramo Doganale.


XXV.

Altri non meno importanti lavori si intrapresero alla Torre Annunziata.

La Fabbrica di S. Pietro Martire in Napoli, per l'angustia dei locali, e per gli edifizii che la circondano, rendeasi affatto disadatta alla lavorazione dei tabacchi.

I tabacchi in natura si aveano sparsi per la Città in ben diciotto depositi.

I furti e i tentativi d'incendii erano frequenti. In aprile ultimo veniva divorato dalle fiamme il più ricco deposito all'albergo dei Poveri. Il danno fu di poco inferiore a 300,000 ducali.

Constatata la necessità di portare altrove tale lavorazione, si prescelse una vasta estensione di dodici moggia circa nel Comune di Torre Annunziata. La proprietà era Demaniale.

Si mise mano ai primi lavori in giugno, per cominciare a preparare i magazzini di deposito delle fogliò estere ed indigene. Alla metà di luglio se ne cominciava il trasporto ed in breve vennero sgombrati tutti i depositi che si aveano sparsi per la città.

Si venne quindi alle opere di costruzione per la lavorazione dei rapati e dei trinciati. Si comincerà per allontanare da S. Pietro Martire questa lavorazione.

Dichiarato il bisogno di doversi principiare in gennaio prossimo la nuova lavorazione, le opere di costruzione dal


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15 loglio si spinsero con grande attività. Vi si adibirono meglio di ottocento Operai.

Allo stabilimento di Torre Annunziata potrà unirsi un orto esperimentale per la coltivazione dei tabacchi esteri ed indigeni.

Siffatta coltivazione, intesa a migliorare i tabacchi indigeni e ad introdurre nel paese altre qualità, potrebbe eseguirsi a cura e diligenza del Direttore.

Sarebbe forse pregio dell'opera di portarvi anche una parte di lavorazione dei sigari, e col tempo concentratisi anche tutta questa lavorazione.

L'ampiezza dei locali, l'estensione del terreno, la sua elevazione, l'isolamento dall'abitato permetterebbe di farne un grandioso stabilimento, che sarebbe incontrastabilmente il primo d'Italia, e potrebbe non solo sopperire ai bisogni delle Province Meridionali, ma provvedere anche alle altri parti del Regno.

Si avrebbe inoltre il vantaggio di far raggiungere al genere un perfezionamento che nella Fabbrica di Napoli non acquisterà mai, resa come è impossibile la essiccazione dalla mancanza della ventilazione naturale per i caseggiati che circondano l'Edilìzio e per l'angustia del locale.

In uno stabilimento appositamente costrutto, più facile sarà la sorveglianza e la direzione del lavoro. Con l'ampiezza inoltre e salubrità di quello di Torre Annunziata si provvederebbe abbondantemente all'igiene dei lavoratori, e si sposterebbe da Napoli una classe numerosa che qui vive fra gli stenti e la miseria. Essa troverebbe alla Torre la vita più facile e meno costosa.

Si renderebbe infine agevole l'apertura di scuole pei ragazzi delle famiglie degli Operai, così che nulla mancherebbe di ciò che conferir potesse al perfezionamento morale e materiale di tanta gente.

Queste erano i concetti del Segretariato Generale, il quale non mancava perciò di occuparsi per ottenere dalla Guerra l'edilizio de' Santi Apostoli, convertito provvisoriamente in Ospedale militare nel tempo della guerra, L'edifizio con decreto della Luogotenenza Farini era stato dato alle finanze per servire ad una nuova manifattura di tabacchi.

Non si trattava che di richiamarlo alla sua destinazione.


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XXVI.

Molte Amministrazioni si erano gettate alla rinfusa nei diversi Edifizii di spettanza dello Stato, e ne aveano occupate quelle parti che esse riputavano di loro maggiore convenienza. A proposta del Dicastero veniva dalla Luogotenenza nominata una Commissione coll'incarico di studiare i bisogni delle diverse Amministrazioni, visitare tutti i pubblici locali e ripartirli in modo equo e conveniente fra le medesime.

Pienamente constatato il diritto nelle Finanze di avere l’Edificio dei SS. Apostoli, la Commissione dava conclusioni favorevoli, sì per questo che per il locale della vecchia Posta, nel quale si era progettato il trasferimento della Direzione generale dei Dazii indiretti.

La soppressione della Luogotenenza venne per poco ad incagliare questo divisamente.

Non saranno con tutto ciò perduti gli sforzi fatti. Né si tratterà che di un atto differito per poco, ma non distratto.

Per quanto sorridesse maggiormente il pensiero di costruire una manifattura affatto nuova in vicinanza della stazione della strada ferrata di Castellammare e meglio ancora l'altro di trasportare col tempo e gradatamente a Torre dell'Annunziata tutta la lavorazione dei tabacchi, non si può non convenire che ai SS. Apostoli potrebbesi più speditamente provvedere all'immegliamento della lavorazione e far così cessare gli inconvenienti che ora si lamentano nella Fabbrica di S. Pietro Martire.

Tutti questi divisamente accolti dal pubblico con estremo favore, sono una prova e della bontà della popolazione e dell'indirizzo che si desiderava nelle pubbliche Amministrazioni.

Come atti Amministrativi di qualche importanza di questo periodo citar si possono i Decreti coi quali si sopprimevano le Commissioni create per amministrare i beni dell'ordine Costantiniano e di quello gesuitico ed effettuarne gl'Inventarii.

Pel solo ordine Costantiniano si ebbe un risparmio di 7 mila ducati.

Ne fu data l'amministrazione, come era di ragione, alla Direzione del Pubblico Demanio.


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Con altro decreto che pareggiava il premio de' ricevitori dei fondachi delle privative a quello de' medesimi funzionarii dell'alta Italia si procurò un vantaggio alle finanze di ben 18 mila ducati.

La riunione degli elementi per la formazione dei bilancii, attivo e passivo delle Finanze, effettuavasi eziandio in questo turno di tempo.

Colle proposte fatte vennero ad introdursi nell'attivo non pochi cespiti che erano sempre rimasti a disposizione del Ministro e delle rispettive Amministrazioni.

Questi cespiti figuravano in altrettante madrefedi particolari presso la Tesoreria generale ed erano sottratti agli usi generali dello Stato.

E quantunque la misura adottata con Decreto del 12 ottobre, in virtù del quale veniva annullata ogni contraria anteriore disposizione, non dovesse avere il pieno suo effetto che dal primo gennaio, non si era cercato meno di portare la più stretta parsimonia nella distribuzione di quei fondi.

Si proposero egualmente per il Bilancio passivo del 1862 alcune considerevoli economie sugli esiti specialmente della Lotteria.

Tra i nuovi cespiti che entreranno sotto il dominio della pubblica amministrazione, e le spese di cui fu proposta la soppressione, l'Erario ne sarà vantaggiato di alcune centinaja di migliaja di ducati.

L'attivo generale si fece salire a cento milioni di Lire.

Per quanto questa cifra sembri apparentemente inferiore a quella del Bilancio presuntivo del 1861, essa sarà effettivamente maggiore di non pochi milioni, come si dimostra nel riassunto del bilancio che si darà in ultimo.

Per giudicare detrattivo del 1862 delle Provincie Napolitane in confronto dei Bilanci precedenti, bisogna aver presente che in esso non figurano diversi rami delle cessate Amministrazioni, e non perder di vista che gli introiti dal 1858 in poi presentarono tutti una reale deficienza in confronto delle somme presunte, come pure non dimenticare la riduzione della tariffa doganale.

Considerando questi fatti, si avrà una prova luminosa che, malgrado il profondo perturbamento di questi ultimi tempi, le forze produttive della Nazione ravvivate dal soffio della libertà si trovano in uno stato di vigore che lascia concepire le più belle speranze.

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E poiché si tenne parola di economia, non è forse inutile di accennare, come le spese variabili del Dicastero che salivano da 2000 a 3800 ducati in ogni mese, si siano man mano diminuite al punto da farle discendere ai 400 ducati.

Né vuol esser taciuto che per aumentare le risorse del Tesoro e fornire anche ai privati un potente mezzo per impiegare con frutto i loro capitali si fece estendere a queste Provincie la emissione dei buoni del Tesoro.


XXVII.

Alcuni timorosi non vedevano senza inquietudine l’elevamento progressivo del prezzo dei cereali, e non essendosi ancora affatto spogliati delle antiche idee avrebbero desiderato di vedere adottato dal Governo alcuno di quelli empirici spedienti che sono respinti dalla scienza economica, e che nel fatto riuscirono sempre al monopolio ed al guadagno dei pochi, anzi che a sollievo della miseria. Si sono raccolti tutti i migliori dati per giudicare dello stato della produzione dei cereali nei diversi punti delle Provincie.

Se per alcune località si venne a conoscere che mancarono i succedanei al grano, si ebbe in genere la certezza che il primo prodotto era stato abbondantissimo in non poche provincie, e che sarebbe bastato il ritorno di tempi un pò più sicuri per la circolazione del genere, per veder dissipato affatto ogni timore.

Si seppero abbondanti le mandorle ed il vino, la robbia ed il cotone. II prezzo di questo da 26 ducati a cantajo è salito a quaranta.

Per noi d'altronde la questione della carezza del pane sta tutto nel maggiore impulso delle industrie di qualsiasi natura che apra abbondanti sorgenti ai guadagni.

Il pane non è mai troppo caro, quando col lavoro si possono aver i mezzi per comperarlo.


XXVII.

Si faceva ogni giorno un passo verso l'unificazione doganale. La nuova tariffa otteneva la più compiuta applicazione. Alcune lagnanze sollevavansi, è vero, contro l'adottato sistema. Ciò è naturale. Ogni radicale innovazione offende sempre qualche interesse. Nessuna meraviglia quindi che vi fossero

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giudizii discordi sulla opportunità, quanto meno; dell'applicazione della Tariffa.

Si diceva che troppo bruscamente era stata adottata; che il commercio sorpreso non aveva avuto il tempo di provvedere ai suoi interessi e che gravi perdite avea dovuto subire.

Si lamentavano sovrattutto le strettezze a cui erano stati ridotti alcuni Fabbricanti di stoffe.

Ma è qui ovvio di rispondere se debbasi da un Governo illuminato proteggere una ristretta parte dei Cittadini a scapito della più numerosa; se per far vivere talune industrie si debbano costringere i più a provvedersi con molto maggior dispendio degli oggetti loro necessarii che potrebbero altrimenti procurarsi a miglior mercato.

Ma vi è più ancora.

Gettando uno sguardo ai laniflcii e setificii delle antiche Provincie, noi troviamo che venti anni dietro, con dazii protettori che assicuravano ai Fabbricanti il 30 e più per cento senza gran fatica, misero era lo stato di quelle industrie. Esse non producevano che stoffe grossolane; né i produttori ai quali con lieve pena era assicurato un larghissimo beneficio non avevano interesse alcuno a produr meglio.

Vennero le modificazioni nelle tariffe che andarono mano mano assottigliando i benefici di prima. Si giunse alla estrema loro riduzione.

Or bene, la produzione non fece che migliorare, in ragione appunto della restrizione dei beneficii che derivavano dalla enorme protezione.

Ed ora escono dalle manifatture delle antiche Provincie e stoffe di seta e panni che possono gareggiare con quelle delle migliori fabbriche estere. I Fabbricanti ben lungi dall'esserne stati rovinati hanno allargato la sfera delle loro operazioni col maggiore smercio assicurato dalla migliorata condizione della produzione, ed hanno il vanto di veder ammirati e premiati i loro lavori nelle esposizioni della umana industria.

Chi può sconoscere che in brevissimo tempo non arrivi lo stesso ai Fabbricanti di queste Provincie? Produr meglio e col minor costo possibile. Ecco il solo problema da risolvere.

Sono essi troppo svegliati di ingegno per non comprenderlo; colla operosità sussidiata da tutti i possibili perfezionamenti


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ne' meccanismi si faranno scorgere nuovi capitali che imprimeranno un' altra vita alla produzione.

Altri trovavano che colla italiana tariffa si era portata un colpo fatale agli introiti doganali. Non possiamo sconvenirne.

Ma i fatti che cadono sotto i nostri sensi ci danno motivo di rallegrarci, anzi che dolerci di questa momentanea perdita.

Si fece difatti il confronto dei prodotti del 1.° semestre del 1861 con quelli dell'egual periodo del 1860.

Nel primo semestre del 1861 gli introiti sulla immissione e sulla esportazione diedero una somma complessiva di ducati 1,379,476.

Quelli del 1860 sono stati di ducati 2,128,717.

Si ha una diminuzione del 28 p. 0|0 circa.

Se la quantità di merci spedite pel consumo interno nei primi sei mesi del 1861 fosse stata uguale a quella del 1860, si sarebbe avuta colla nuova tariffa una diminuzione del 80 p. 0|0.

È dunque giuoco forza conchiudere che la quantità di merci immesse nell'anno corrente superasse del 30 p. 0|0 quella dell'anno precedente.

Né è da pretermettere che tutto il commercio colle altre Provincie Italiane essendo affetto libero, non fu soggetto ad alcun diritto.

Quali maravigliosi risultamenti non ne otterremo quando la calma sarà pienamente ridonata a queste contrade? E quale maggior massa di oggetti non entrò già in consumo con molto minor dispendio pei Consumatori?

I bisogni dei più giunsero per conseguenza ad essere soddisfatti più largamente ed a minor costo, e le Finanze, per poco che nuovo incremento acquistino i consumi, saranno esse pure compensate da questa momentanea perdita.

Ciò equivale ad un maggior benessere sociale ed a maggiori profitti pel commercio con una passeggiera perdita per l'Erario.


XXVIII.

Non abbiamo mai potuto approvare l'uso invalso di anticipare alcuni mesi di soldo agli Impiegati collo sconto del 3 1!2 per un sol mese e del 5 per due mesi.

Questa misura non serviva che a favorire l'imprevidenza.


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Se non che il Tesoro vi è affatto disinteressato, né potrebbe d'un colpo forse cessare.

Sapevamo poi tanto meno concepire come si permettessero gli sconti dei semestri di rendita presso la Cassa di Ammortizzazione! mentre non erano ancora interamente saldati i semestri scaduti.

Ci occorse osservare in agosto che, mentre dovevasi ancora a saldo dei semestri scaduti da cinquecento mila ducati, si erano già fatte tante anticipazioni per quasi ugual somma.

Desiderammo far cessare tali disposizioni. Ci si oppose la convenienza di conservarla per non influire sul corso della rendita.

Si lamentava anche dopo il prestito nazionale la differenza del corso della rendita antica Napoletana in confronto a quella dell'Imprestito Nazionale.

Il partito Nazionale patriottico ne provava dolore. Desiderava che si prendessero misure energiche per far cessare un tale scandalo.

Che cosa poteva far mai il governo per trattenere la privata speculazione?

Nulla di legale. Si decise di render profittevole alle Finanze dello Stato tale stato di cose.

La rendita Napolitana di proprietà della Cassa di Ammortizzazione, del Banco o della Cassa di sconto fu commutate nella nuova rendita Nazionale.

Si giunse al punto di veder le due diverse rendite quasi livellate. Mancato l'alimento per continuare siffatta operazione, le cose ripresero il loro corso di prima.

Parlando di rendite dobbiamo accennare alle lagnanze che si muovono per la ritardata unificazione.

La rendita Napolitana complessiva è di ducati 6,118,502.

Sono 73,000 le partite inscritte.

Dovendosi avere all'ufficio Centrale tutti i registri delle altre Direzioni per ìstabilire una identica scritturazione, si dovette fare la copia di tutti quelli qui esistenti.

Per la rendita non commerciabile 5 p. 0|0 si compilarono 20 volumi di cinquecento fogli ciascuno. Cinque se ne fecero per la rendita del 4 p. 0|0.

La rendita commerciabile 5 p. 0|0 diede luogo. a 25 volumi.


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Questa immensa scritturazione fu condotta a termine dal 1° al 31 ottobre da 30 scrivani straordinarii.

Rimangono a collazionarsi i volumi delle ultime due partite.

Ciascun può scorgere da ciò che non venne meno l'attività nel secondare il potere Centrale. Se non che in opera di tanta mole e della più grande esattezza si deve anche tener conto dell'impiego materiale del tempo che si richiede per condurla a compimento.

Ora, se si considera che uguali scritturazioni si saranno eseguite a Milano, Firenze, e Palermo, non può non conchiudersi che il ritardo nel mettere in pratica l'unificazione dei diversi debiti non è imputabile che alla natura stessa delle operazioni preparatorie che si dovevano eseguire per raggiungere lo scopo.


XXIX.

Toccate così di volo talune delle principali questioni che occuparono il Dicastero delle Finanze, giova dare uno sguardo allo stato in cui fu lasciata la Tesoreria al 31 ottobre.

Al principio di aprile, oltre a diversi esiti urgenti da liquidare e soddisfare, erano in sofferenza moltissime liberanze, parecchie delle quali da più mesi, per una somma complessiva di ducati 1,767,345 75.

Questo parve non solo un abuso del governo a danno di migliaja di creditori, ma di natura a recare confusione nelle scritture presso la Tesoreria generale e le altre dipendenze finanziarie.

Più grande inconveniente sembrò quello che col mezzo del debito galleggiante di continuo riprodotto appena veniva in parte estinto, si usciva affatto da tutte le regole Contabili.

Non si poteva aver mai la situazione esatta delle Categorie dei Bilanci passivi, e poteva anche darsi luogo ad esiti sopra reste di credito che mal figuravano, e che effettivamente erano esaurite.

Ed in vero, non notandosi in esito le liberanze, se non quando vi si da corso, i crediti già liquidi e disposti non sono notati nei rispettivi Capitoli. Oltre all'avere con ciò un falso stato dei bilanci, si può incorrere anche in pagamenti da non doversi effettuare, per deficienza di credito.


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Fra quelle liberanze in sofferenza, molte ve ne erano di semplice regolarizzazione a favore del Tesoriere, per vistose somme anticipate, in via provvisoria; per modo che non dandovi esecuzione, restava il credito all'ordine dei Dicasteri; e la Finanza, non soddisfatta a tempo delle anticipazioni fatte, non rinveniva più alcuna resta disponibile.

Laonde, o il rimborso rimaneva scoverto più anni, o vi era d'uopo d'un aumento di credito, che forzosamente dovea concedersi, dopo l’effettuazione di altri esiti fatti sui Capitoli con le somme regolari e senza esserne giudicata la necessità ed urgenza.

In vista di siffatte considerazioni si ebbe tutta la premura di fare scomparire un si grande sconcio, portato innanzi da molti anni sino all'aprile anzidetto.

Si sono emesse energiche continuate disposizioni per mettere in perfetta regola tutte le scritture della Tesoreria e delle altre dipendenze; per fare i giri di fondi opportuni ad evitare gli inconvenienti di sopra enunciati, e provvedere che prima si fossero soddisfatti i creditori antichi, con la debita eccezione della urgenza delle spese che fossero sopravvenute.

Al 31 ottobre nessuna liberanza si trovò più in sofferenza per qualsivoglia ramo civile e militare; si trovavano soddisfatti i soldi nella massima parte, e cominciato anche il pagamento delle pensioni, che nei bimestri precedenti non si era principiato che nel corso del mese seguente alla scadenza.

Restavano a passarsi al gran Libro Ducati 171,576 pel pagamento di parte dei due semestri del 1860, pei quali erano dovute non piccole somme, soprattutto alle pubbliche Amministrazioni, e del 1° semestre del corrente anno. A ciò non si era prima adempiuto, non per mancanza di fondi, ma solamente perché dovevansi dalla finanza convertire in argento delle somme in oro presso la Madrefede del Tesoriere. Ottenuto l'argento necessario, il gran Libro fu compiutamente soddisfatto.

È questo un fatto nuovo nella storia Finanziera Napoletana, mentre erasi costantemente seguito il principio di avere in sofferenza presso la Tesoreria generale tante Liberanze per un milione di ducati almeno.

Alla maggiore regolarità delle scritture e ai gravi inconvenienti allontanati aggiunger devonsi i riflessi del buon


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effetto che, dal lato politico, ridondar doveano al Governo. Si assodava nel pubblico il suo credito e giovavasi agli interessi privati pienamente e regolarmente soddisfatti.


XXX.

Alle migliorate condizioni della Tesoreria Generale possiamo aggiungere quelle del Banco.

Al 1° Aprile i fondi del Banchi di Napoli e Bari salivano a Duc. 22,687,360,61 pari a lire 96,418,872,12.

Al 31 ottobre si aveano Duc. 26,062,737,06 pari a lire 110,759,613,51.

Anche ne' tempi più prosperi non si aveva avuto mai un fondo uguale.

Il numerario in cassa al primo aprile era di ducati 6,983,724,51 pari a lire 29,680,087,16.

Il 31 ottobre era salito a ducati 8,947,498,38 pari a lire italiane 38,025,917,46.

Il debito della Tesoreria verso il Banco al 1° aprile era Duc. 7,988,985,05 pari a lire 33,952,337,65.

Al 31 ottobre era disceso a Duc. 7,072,394,48 pari a lire 30,056,925,11 con una differenza in meno di lire 3,895,412,54.

Nel debito, della Tesoreria al 1° aprile, quello lasciato dalla cessata Monarchia figurava per Duc. 6,704,069,04 pari a lire 28,475. 831,44.

Dal 7 settembre 1860 al 1° aprile 1861 si erano aggiunti ducati 1,287,916,01 pari a lire 5,473,506,21.

Dal 1 aprile al 31 ottobre la Tesoreria avea pagato, come si vede, per lire 3,895,412,94. Il debito quindi contratto sotto il nuovo governo si ridusse al 31 ottobre a lire 1,578,093,67, rimanendo lire 28,478,831,44 come eredità della cessata Monarchia.

Queste cifre sono troppo eloquenti, perché ci dispensiamo dal farvi dei commenti.


XXXI.

Era invalsa in alcuni la opinione che il Tesoro Napolitano si trovasse in floridissime condizioni sotto il caduto governo. Oggi giorno ancora si pretenderebbe provare che il disavanzo


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considerevole che noi  lamentiamo dipende dall'attuale Amministrazione.

Quelli di maggior buona fede argomentavano la florida situazione delle finanze dalla pochezza del debito pubblico, dal corso elevato della rendita e dalla tenuità delle imposte.

Non neghiamo anzi tutto che, tranne la fondiaria, nessuna imposta diretta gravitava sulla rendita nelle Provincie Napolitane.

Se Paese più ricco fosse quello nel quale si paga meno di imposte, Inghilterra e Francia dovrebbero essere paesi poverissimi, le Steppe della Russia e le lande dell'America i paesi più floridi e ricchi.

Il corso elevato della rendita trova una facile spiegazione nella ristrettezza delle industrie e dei commerci a fronte della popolazione e della ricchezza territoriale, per cui egregi capitali si negoziavano preferibilmente nelle rendite inscritte.

Ma da lungo tempo gli introiti ordinarii non bastavano a supplire alle spese, per quanto limitatissimi fossero i pubblici lavori e mille le grandi intraprese.

Per non parlar d'altro, le prime strade ferrate in Italia aveano avuto principio nelle Provincie Napolitane, ma erano rimaste allo stato di piccoli ed insignificanti tratti costruiti più a diporto del Governo che non a servizio del commercio e dello Stato.

E mentre nelle vicinanze di Napoli si avevano magnifiche e grandi vie ad uso di pubblico passeggio, le Provincie si erano lasciate le une dalle altre separate, poco importando, anzi importando al governo che non si avvicinassero.

Consultando i documenti ufficiali, noi troviamo che dal 1848 al 1859 era stato preveduto un disavanzo di oltre 34,825,524,28 ducati, tra gli introiti e gli esiti presunti.

Fra gli introiti però e gli esiti effettivi non si verificò realmente che un disavanzo di ducati 31,610,460,64.

Questa differenza provenne da che gli introiti effettivi dei dodici anni superarono di ducati 1,733,335,48 i presunti; come gli esiti effettivi nell'ugual periodo presentarono una differenza in meno di ducati 2,752,435,16.

A quel disavanzo si fece fronte con pegnorazione di rendita presso la Cassa di sconto, col prestito ordinato dal Real Decreto del 26 aprile 1848, con creazione di altra rendita della stessa data, con altra creazione in data 2 ottobre, con certificati


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di rendita Siciliana ceduta alla Tesoreria generale in pagamento dei suoi crediti verso la Sicilia e con altre successive creazioni,che troppo minuzioso sarebbe di tutte qui riferire.

Lo stato finanziario del dodicennio dal 1848 al 1849 non offre che una non interrotta serie di tante piccole alienazioni di rendita, quante volte era dai bisogni dell'Erario consigliata siffatta operazione.

Se non che, dal conteggio particolarizzato di tutte queste alienazioni si ha un supero di ducati 4,377,137,81 in confronto del disavanzo. Questo supero non formò con tutto ciò risorsa pel 1860, poiché venne impiegato per 1,200,000 ducati in compra di grani esteri venduti al ribasso, e la rimanente somma fu spesa per cagioni straordinarie non prevedute nei bilanci, così che per la regolarizzazione,di questi esiti si sarebbe richiesto, od un corrispondente aumento di credito ai capitoli del bilancio del 1859, cui vanno imputali, ovvero la creazione d'un credito interamente nuovo.

Ad ogni modo, se si eccettuano alcune residuali e piccole partite da introitarsi in restituzione del prezzo dei grani, deve conchiudersi che il disavanzo effettivo dei dodici anni di cui si ragiona fu superiore di altri quattro milioni a quello sovraindicato.

Gli introiti presunti del 1860 sono calcolati in bilancio a ducati 30,135,442.

Gli esiti a ducati  34,536,411. 35.

E cosi anche per questo esercizio si era preveduto un disavanzo di ducati 5,400,969,35.

Ma qual fu invece l’introito del 1° semestre 1860?


Tutti i diversi cespiti gettarono nelle casse

ducati


13,563,968,92

Si spesero

 20,080,299,27

E cosi dal 1° gennaio 1860 a tutto il 30

giugno si verificava già un disavanzo di

ducati


6,516,330,35


I documenti dai quali si ricavarono questi dati furono compilati sotto il cessalo governo, di modo che niun dubbio può elevarsi sulla loro autenticità ed esattezza. Si supplì in gran parte a questo disavanzo coll'alienazione di nuove


— 51 —

partite di rendita, a misura del bisogno, col mezzo della casa Rothschild.

Ma la compra e vendita dei grani del 1859 al 1860, trasmise pure a questo secondo bilancio una resta di cambiali a soddisfare di Duc. 1,174,534,98.

Riuniti tutti questi disavanzi si forma la complessiva somma di ducati 43,678,463,78 a tutto il 30 giugno 1860.

A queste somme voglionsi aggiungere due altre partite:

Le liberanze in sofferenza, secondo il sistema seguito dalla Tesoreria, di oltre ducati 1,200,009.

E la differenza de' debiti su' crediti che aveva la Tesoreria Generale alla fine di giugno 1860, e che non hanno mai figurato ne' bilanci.

Agli apodissarii del Banco delle Due Sicilie ed alla Cassa


di sconto erano dovuti duc. …...................

4,499,774,32

Alla Madrefede de' cambii militari...........

4,338,714,34

Per partite diverse.....................................

257,000,00

Totale de' debiti......................................D

11,882,394,97

 

Non si comprendono diversi altri debiti di cui erano in corso i giudizii per partite anche rilevanti.

La Tesoreria avea qualche credito da riscuotere per la compravendita dei grani, per anticipazioni fatte per riparazioni e ristauri a chiese, conventi ed altri luoghi Ecclesiastici, per le opere di beneficenza, da calcolarsi complessivamente a Duc. 4,659,648,21. Rimaneva pur sempre un debito di altri Duc. 7,222,746,76, a cui aggiunto quello delle liberanze suddette in sofferenza ed il disavanzo di sopra indicato dava un totale di Duc. 52,101,210,54.

Né qui sta tutto.

In quel l'epoca lamentavasi già l'aumento considerevole del debito pubblico, pel gran numero delle pensioni di ritiro, per le esigenze della diplomazia, le restituzioni delle somme per ispese di giustizia già riscosse negli anni precedenti contro i condannati per fatti politici, i pagamenti de' soldi, assegni e pensioni agl'Impiegati siciliani rifugiati nel continente, con altri infiniti maggiori esiti non previsti nei bilanci, i quali esiti erano in ragione diretta di una corrispondente diminuzione di tutte le entrate ordinarie, sia per la paralisi in cui era caduto il commercio, per la crisi monetaria che ne era derivata,


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per la mancanza de' pagamenti dovuti dalla Sicilia dal maggio in poi, per le commozioni politiche infine che avevano turbato il regolare sviluppamento della produzione della ricchezza sociale. Ricordasi che il debito del Banco verso la Tesoreria al


7 settembre era di duc. ….......................

6,701,069,04

Si sono già messi in conto......................

4,499,774,34

Si devono aggiungere ducati..................

2,201,294,70



In agosto effettuavasi un prestito senza interessi al


governo Pontificio di ducati

1,000,000

È da osservarsi ancora che dal 30 giugno

al 7 settembre gli introiti si limitarono

a soli ducati


3,152,803,80

E gli esiti si elevarono all'ingente somma di ducati


10,096,672,23

Sicché si ebbero in meno altri ducati. 

6,943,868,43

  

L'eredità dunque lasciata dal cessato Governo al 7 settembre 1860 era di un capitale passivo, dedotti i crediti tutti, e aggiunto il debito della Tesoreria verso il banco di Duc. 62,246,373,67 pari a lire 264,540,474,45 —senza computare il numero esorbitante degli impiegati, assegnatarii e pensionisti, che stabilivano una enorme spesa oltre a quella preveduta nei bilanci.

Dal 7 settembre poi al 31 dicembre 1860 le entrate


montarono a ducati

6,970,347,82

E le uscite a ducati.

17,422,385,80

Il disavanzo perciò fu di ducati.

10,452,037,98


Si ha dunque a tutto il 1860 un disavanzo di ducati 72,698,411,65.

Il solo 1860 figura in tale somma per Duc. 25,086,771,74.


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XXXIII.

Abbiamo accennato al disavanzo tra gli introiti egli esiti della Tesoreria al 31 dicembre 1860 per la stessa annata. Egli si riassume cosi:


Introiti effetti vi dal 1. gennaio

al 31 dicembre Duc.


23,126,621,15


Esiti effettivi

48,213,392,79


Disavanzo                           Duc.

25,086,771,64



pari a lire


106,616,114,06

Al qual disavanzo del 1860 si è sopperito nel seguente modo:

Con Boni della Cassa di servizio della

Tesoreria Generale duc.  …................................


1,759,927,52

Con prestiti della Cassa di ammortizzazione

e Cassa di sconto garantiti da rendita

in Duc. 79,122 …..............................................»


1,582,640 »

Col prodotto della rendita venduta in

Duc. 1,029,556................................................»


17,335,227,48

Coll'introito fatto dalla vendita dei grani

del Governo..........................................»  


2,335,938,80

Con cambiali tratte dal Ministero per

l'approvvigionamento dei grani negli Abruzzi.


115,000 »

Con 10 Cambiali tratte dal Ministero pel sig.

Francesco Oneto. ….........................................»   


358,244,25

Con Cambiali tratte e girate al Pagatore

Generale per estinguere liberanze..................»   


128,306,68

Con Cambiali tratte pel servizio dei grani,

dedottene le già soddisfatte............................» 


1,017,879,94

Duc.

24,633,264,37


Agli altri Duc. 453,507,27 si è fatto fronte con la differenza in più della resta in Madrefede e portafoglio al 31 dicembre 1859, su quella al 31 dicembre 1860, e con diverse regolarizzazioni di esiti precedentemente effettuati.

Per giudicare però della situazione lasciata dal 1860, bisogna aver ben presenti le partite tutte lasciate insoddisfatte dal caduto Governo.


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1. Il debito della Tesoreria Generale verso il Banco dianzi accennato per......................Duc. 


7,988,985,05

2. Quello delle liberanze in sofferenza pagate sotto il nuovo governo......................................


1,200,000»

3 Quello del prestito fatto al Governo Pontificio senza interesse, da rimborsarsi per decimi a datare dal 1° giugno 1861 …...............


1,000,000 »

Totale Duc.

10,288,985,05

 pari a lire 43,727,093,28


4. Più tutte le liquidazioni per le spese del disciolto Esercito Borbonico, che costituiscono un debito rilevante, per cui si pagavano dal 7 settembre 1860 a tutto il 31 ottobre 1861...............................................Duc.  



 5,009,470,88

Non si conteggiano le somme incassate in anticipazione sulla fondiaria negli ultimi giorni della cessata Monarchia.


Totale Duc.

15,298,455,93

pari a lire       65,016,812. 28


 

Essendo stati pagati i debiti di cui a' N.i 2 e 4, resta da esigersi il credito del Governo Pontificio di cui al N. 3, da restituirsi al Banco il debito come al N. 1 sotto deduzione delle somme pagate dopo il 1° aprile, cosi che il debito si residua a due 7,072,394,48 pari a lire 30,056,925,11.

Da quest'ultima cifra dovrà anche sottrarsi il milione di ducati dato in dote alla Cassa di Sconto.


XXXIII.

Diamo infine un sunto degli specchietti degli introiti e degli esiti a tutto il 31 ottobre,quali erano regolarmente trasmessi al Governo Centraledalla scadenza del mese di aprile.


Introiti a tutto ottobre 1861….........Duc.

16,121,048,41

Esiti......................................................»     

 31. 342,518,99

Disavanzo Duc.

18,111,470,58


 A compiere l'anno, v'ha uopo di una sovvenzione almeno di circa Duc. 2,000,000 — senza computare il semestre del debito pubblico che scadrà al 31 dicembre 1861,e che si pagherà nel corso di Gennaio. Non si aggrega questo semestre, poiché nel 1861 si sono già conteggiati due semestri

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del detto debito pubblico, il 2° del 1860 pagato in gennaio e febbraio del 1861, ed il primo del 1861 soddisfatto in luglio ed agosto dello stesso anno.

Sicché il disavanzo totale del 1861 sarà di poco più di Duc. 20,000,000, secondo che si era preveduto fin dall'aprile. Messo in confronto col disavanzo del 1860, si ha una differenza in meno di circa 5 milioni di ducati. Al totale disavanzo si è sopperito


Col prodotto delle rendite sul g. Libro, di proprietà della Finanza Napoletana   duc. ...........


8,219,368,15

Colla pegnorazione di altra rendita.......................

600000

Colle somme ricevute in contanti dal governo Centrale..................................................................


2,670,891,99

Col prodotto dei Dazi di consumo.........................

521,068,58

Coll'importo delle negoziazioni delle cambiali tratte sul Governo Centrale...................................


3,400,135,54

Co!l'introito fatto sul prestito Nazionale del Governo Centrale, dedotte le restituzioni del 1. ° decimo...................................................................


462,230,18

Col l'introito dei grani del Governo venduti nel 1859 e 1860...........................................................


17,540,64

Coll'importo delle madrefedi dell'Intendenza generale dell’esercito del caduto Governo


4,428,66

Colle somme introitate per le spese del porto di Nisida.....................................................................


30,000 »

Cogli utili della Cassa di sconto...........................

100,000 »

Col prestito dalla madrefede particolare del 4 0i0 per le ferrovie.......................................................


4,000 »

Ed infine col l'importo dei beni della Cassa di servizio e delle somme introitate per regolarizza-zione di esiti fatti negli anni precedenti al 1861


2,045,806,84

Totale Duc.   

18,111,470,48

 

Rimane sempre a soddisfarsi il debito provveniente dal cessato Governo indicato nel numero precedente in restituzione delle somme prese dal Banco.

La situazione per quanto grave non ha nulla che inspirar possa sfiducia.

Molte sorgenti di profitto per il pubblico Erario sono ancora intatte da ogni imposta.

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Il Commercio, la fortuna mobiliare sono tuttora esenti da tassa,senza parlare del consumo di alcune bevande e oggetti, che altrove sono altrettante sorgenti di considerevole beneficio per lo stato.

Gl'immensi beni delle mani morte nulla fruttano allo Stato per la loro inalienabilità.

Le poste ed i telegrafi sono pel momento servizii di gran lunga passivi, ma lo stato finirà per averne sollievo,

Il Registro e Bollo frutta poco più di un milione di due.

Chi non vede quali e quante risorse trovinsi ancora vergini affatto dalle mani del Fisco?

Abilmente usufruttuate coll'applicazione di nuove leggi d'imposta, chi non vede quali potenti mezzi non offriranno al Governo per supplire ai pubblici bisogni?

Taluni dicono. Si facciano prima grandi opere pubbliche, si aprano tutte le vie possibili all'attività Nazionale, perché sorgano la ricchezza e l'abbondanza dovunque, ed allora il governo preleverà su queste nuove produzioni la parte che gli può spettare.

Ma dove si prenderanno i capitali per fare tutte queste opere?

Dal credito? sempre forse dal credito?

Ma questo deve avere un limite. Né potrebbe farsi appello al medesimo in modo indefinito.

Quelli che cosi ragionassero farebbero l’effetto di Colui che vedendo un amico mal concio e bisognoso di ristoro impedir volesse a chi Io governa di frugare nelle dispense della casa assai ben fornite e preferisse invece di farlo correre di porta in porta reclamando un soccorso dalla buona fortuna, che se è sempre cogli audaci, rare volte si associa agli imprevidenti.

Si grida armate le nazione; ma ai grandi armamenti vi vogliono grandi denari.

Si dice rispettate i diritti acquisiti di tutti quelli che per i nuovi ordinamenti si trovano momentaneamente spostati. Noi pure ci associamo di gran cuore a questi voti e fu fatto.

Si dice infine conservate tutti gli Operai, comunque gettati a centinaia senza discernimento e bisogno in talune officine dello stato, anche a costo di non sapere come occupargli; e ciò per non togliere il pane a molte famiglie. Sta bene. — Non si chiese se queste facili accondiscendenze fossero un bene, od un male; se con esse non si sottraessero alla ricchezza nazionale molti valori incoraggiando l’inerzia individuale

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con tutte le sue  conseguenze. Non si chiese se lo Stato pagar debba dei servizi improduttivi.

L'erario, per non citare altro, si sommise per i soli operai della zecca rimasti senza lavoro alla spesa di 600 ducati al mese.

Ma lo Stato è un Ente collettivo che abbraccia tutte le individualità di cui si compone la nazione.

E mentre tutti reclamano da lui qualche cosa, convien bene che tutti si dispongano a dargli qualche cosa.

 Si dice: date, date sempre e poi date ancora; ma non si dovrà infin dire: imponete, imponete sempre e poi imponete ancora?

Questa lampada mantenuta accesa col sospiro di tanti secoli, ravvivata col sangue di tanti illustri vite, la lasceremo noi senza il necessario alimento?

E alimento principale non può essere che un grosso bilancio attivo.

Nelle spese infine del 1862 s'introdurranno col fatto non poche economie che compenseranno abbondantemente l'Erario di ciò che perderà nelle soppresse ritenenze e coll'aumento indispensabile dei soldi per talune classi malamente retribuite.

Con amministrazioni infine ben assodate si potrà portare la massima vigilanza sugli esiti abusivi provenienti da una infinità di cause tutte personali, e dalle materie contrattuali di ogni natura.


XXXIV.

Al cessato Dicastero non isfuggi altro grave fatto di cui non si era tenuta alcuna ragione precedentemente.

Dalla madrefede Generale del Tesoriere, in via provvisoria, non si eran fatti soltanto pochi esiti urgentissimi, secondo le prescrizioni del Regolamento del 15 dicembre 1823, ma ancora molte e svariate spese, o non prevedute dai Bilanci, o che non trovavano credito ne' gli esauriti Capitoli dei medesimi

Intanto, datosi alla G. Corte dei Conti dalla tesoreria d'introito il conto della gestione del 1858, nulla si conosceva di detti esiti dal 1859, e nulla si era fatto per la debita loro regolarizzazione.

Si ordinò quindi che si compilasse un Elenco generale di tutte le reste al 1858,


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aggregandovi gli esiti dal 1859 al corrente 1861 non per anco regolarizzati.

Per tale lavoro moltissimi spogli si son dovuti fare, dalla Tesoreria Generale, né fin oggi si è menato a termine, attesa la sua difficoltà ed i molteplici documenti da consultare.

Per la fine del mese sarà cosi importante parte di servizio affatto compiuta.

Ciò non ostante, si volle assolutamente compilato un Elenco dei menzionati esiti, senza comprendere le reste precedenti non ancora liquidate interamente, dal di 7 Settembre 1860 a tutto Agosto ultimo.

Si ebbe la somma complessiva per detto spazio di tempo di Ducati 5,945,904,77.

Si è venuto nel tempo stesso a conoscere che di tutte le somme di cui è in disborso il Tesoriere Generale e per le reste antiche, e pei pagamenti dal 1859 sin oggi, pochissime possono considerarsi realizzabili effettivamente, mentre la massima parte non è che un semplice giro di scritture, né può tornare di alcuna risorsa alla Finanza, poiché non rimborsabile, ma soltanto da mettersi in regola sui rispettivi bilanci cui le anticipazioni fatte riguardano.

Questi pagamenti effettuati in linea provvisoria presentano gravi inconvenienti.

Una maggiore complicazione nelle scritture di Tesoreria.

La facilità di poter fare pagamenti oltre i bilanci.

Ed infine il modo di disporre del denaro dello stato prima che  fossero esaurite tutte le formalità richiesta, dalle Leggi di Contabilità, per soddisfare i creditori del Tesoro,come anche quello di profittare troppo facilmente del pubblico danaro fuori dei debiti limiti.

Si spinse questo lavoro colla più grande sollecitudine, onde la Tesoreria, che vedevamo avviarsi a gran passi verso il suo scioglimento, si trovasse in perfette regola in tutte le sue scritture.

Era questo il solo scopo che ci eravamo prefisso.

Si supposero intendimenti che erano talmente lontani da noi, da crederci dispensati di confutargli.


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XXXV.

Sembrerà a taluno che, me otre in questo scritto tanto si parlò di Finanza e di deficienza di mezzi,Don siasi esposto altro progetto per aumentare le risorse dello Stato.

I progetti Finanziarii sono più facili ad idearsi che non ad attuarsi praticamente. Noi amiamo le cose pratiche. Non ci abbandoniamo quindi leggermente alle troppo facili illusioni.

L'idea di un'imposta sulla rendita presentasi corredata da molti seducenti argomenti. Teoreticamente è la più giusta forse di tutte le imposte; nella pratica converrebbe confortarla di tante fiscalità da renderla odiosa ed insopportabile.

Se ne è fatto un saggio infruttuoso nelle antiche Provincie colla Legge sulle professioni del 16 luglio 1861.

Chi potrebbe mai seriamente riproporre un secondo esperimento sopra più ampia scala, dopo una si infelice pruova?

E d'altronde è forse il nostro un tempo di esperimento? Le condizioni dell’erario lo acconsentirebbero?

Difficilmente potrebbe qui applicarsi il moltiforme sistema d'imposte delle antiche Provincie.

La fortuna immobiliare, per la inesattezza del Catasto, renderà lunga e malagevole la perequazione del Tributo.

Bisognerà rivolgere gli studii alla fortuna mobiliare, al Commercio ed agli atti portanti mutazioni di proprietà non che al Bollo.

Di queste materie avrà ad occuparsene il Parlamento. AI suo senno ne lasciamo la soluzione.

Sono sacrifizii necessarii dai quali dipende la salute della Patria. Chi oserebbe rifiutarli?


XXXVI.

Il nuovo assetto che vanno prendendo le Amministrazioni del Regno, alcuni ufficii che spariscono, altri che sorgono fanno nascere nelle menti vaghe inquietudini ed impressioni,che sorgono dalle lunghe abitudini e dall'affetto che ogni cuore ben fatto nutre per le cose del luogo natio. Napoli coi suoi cinquecento mila abitanti, col suo magnifico golfo, colle risorse del suo territorio, col suo cielo stesso che qui,


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 più che altrove, sorride alla natura ed all'uomo, non ha nulla a temere e tutto a sperare.

Agli Impiegati che troveranno immediatamente una situazione nel le nuove Amministrazioni è assicurata una posizione generalmente migliore e più sicura, perché saranno sottratti al capriccio ed all'arbitrio.

Scomparsi mano mano i troppo tenui stipendii, cessate le anormali ed enormi ritenenze, colla loro parificazione a quelle delle antiche Provincie,troveranno un adeguato compenso ai momentanei spostamenti.

Coloro che non potranno trovar posto immediatamente nei nuovi organici non avranno nulla perduto dei loro averi, e saranno successivamente collocati secondo i loro meriti rispettivi, ma intanto cesseranno per essi pure in un prossimo avvenire le gravi ritenenze che ne assottigliano gli stipendii.

Con Decreto del 27 Ottobre ultimo, pubblicato nel giornale ufficiale di Napoli del 14 andante, toglievasi la ritenenza del decimo sugli stipendii dei Capi di Provincia, di Circondario e dei Consiglieri di Governo. É questo un buon preludio. Non tarderà ad estendersi uguale disposizione a tutti gli altri Impiegati. Vi facciamo plauso cordialmente, e ci auguriamo che non si lasci troppo attendere.

È saggezza nei governi di prevenire per quanto possibile i giusti desiderii ed i bisogni degli amministrati, o di soddisfarli, quanto meno, appena pronunciati. Nelle risoluzioni anche migliori il buon effetto è quasi sempre un affare di tempo.

Se coi nuovi ordinamenti amministrativi sparir devono alcuni posti, quelli che rimarranno saranno di gran lunga migliorati, ed altri ne sorgeranno, di modo che la privata, come la pubblica fortuna non avranno nulla perduto dalla trasformazione di alcuni ufficii, che anzi ne avranno ricevuto notevole vantaggio colla sorte migliorata delle famiglie degli Impiegati, e colla maggiore moralità che ne sarà la necessaria conseguenza.

Lasciamo che queste elette intelligenze si abituino a fare un migliore assegnamento sulle loro forze; che le popolazioni al soffio della libertà assumano quello spirito di iniziativa alle operazioni industriali, che assicura la grandezza e la prosperità delle moderne nazioni, e vedrassi di quali prodigi


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non sarà capace questa possente e maravigliosa natura.

Entrata Napoli a parte del gran movimento economico di un Regno di ventiquattro milioni, sarà il cuore che coi suoi moti farà fremere di una vita nuova tutte le fibre della gran macchina.


XXXVII.

Al 31 ottobre terminava il nostro compito.

Col generale Cialdini cessava la Luogotenenza. Egli partiva amato da coloro che Io avvicinavano, rispettato e stimato da tutti.

Piacque in lui la militare fierezza e quel fare schietto, ma sempre leale, che caratterizzava tutti i suoi atti.

Piacquero i suoi modi pieni di cortesia e di severità, nel tempo stesso. Affabile e dignitoso, tenace nei propositi, anche nelle sue risoluzioni più brusche e tutte militari, vi metteva sempre qualche cosa che terminava per conciliare gli animi.

Egli partiva lasciando un nome popolare.

Ad altri lasciamo il giudizio della sua Amministrazione.

Investiti dal Governo della qualità di Commissario straordinario per le Finanze, il nostro soggiorno dovrà prolungarsi per qualche tempo ancora in queste Provincie.

Onorati di questa fiducia, ne riusciva essa tanto più gradita, in quanto che ci si offriva il mezzo di adoperare ancora la nostra buona volontà a vantaggio di un paese che ci sorresse colle sue simpatie in mezzo alle difficoltà superate, e per cui sentiamo l'obbligo di contraccambiarle, presenti o lontani, con tutto il nostro affetto.


XXXVIII.

Noi abbiamo esposto senza pretensione alcune nostre idee. Se qualche parola potesse sembrare meno calcolata, dichiariamo fin da ora che non fu nostra intenzione di offendere alcuno. Per noi, tutti quelli che ebbero il maneggio della cosa pubblica subirono, non crearono le difficoltà della situazione.

La questione del brigantaggio non fu mai per noi che una questione materiale di pubblica sicurezza.


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Quella amministrativa potrà venire completamente risolta in un'atmosfera più calma, con tutta la serenità di mente e la maturità di consiglio, da assicurare il trionfo dell'ingegno e dell’affetto operoso per la Causa Nazionale, rispettando i diritti santamente acquistati, così che la sorte di ogni ufficiale amministrativo sia sottratta ali' arbitrio ed affatto rassicurata.

Molti sono quelli che non vedono la salute della patria che a Roma ed a Venezia. Chi non desidera di veder riunite al gran Corpo della nuova Monarchia quelle due elette parti della Penisola?

Ma la soluzione di queste due questioni dipende in gran parte da circostanze estranee alla nostra volontà. Questa soluzione può essere più vicina di quello che noi ci immaginiamo, come potrebbe esserne più lontana.

Dobbiamo attendere con calma che si avvicini il momento supremo che la provvidenza d'Italia ci riserva nei suoi impenetrabili giudizii.

Ti è un' altra grave questione che può di molto affrettare il compimento dei nostri voti.

É la questione finanziaria.

Con una buona Finanza noi faremo sparire molte interne difficoltà; consolideremo il nostro credito all'Estero; avremo i mezzi di provvedere ampiamente al nostro armamento e di imprimere ai pubblici lavori quella vita che richiedono le condizioni nostre.

Che tutti coloro che amano veramente la patria riuniscano i loro sforzi per sciogliere questa vitale questione. Essa dipende interamente da noi.

L'Italia non avrà più nulla a temere il giorno che le sue Finanze saranno solidamente stabilite.

Napoli 20 novembre 1864

SACCHI




NOTA



Diamo come appendice un cenno sul sistema di contabilità di queste meridionali provincie.

Lo facciamo seguire da un sunto dei bilanci attivo e passivo proposti dal cessato Dicastero delle Finanze pel 1862.

Vi uniamo gli specchietti degli introiti ed esiti della Tesoreria Generale, dal 1. ° gennaio 1861 a lutto ottobre ultimo.

Giova qui avvertire che gli Esercizi secondo il vigente sistema di contabilità generale, continuano per un biennio, epperò le indicazioni di Introito e di esito sono riportate in massa senza distinzione di esercizio Tenendo presenti però gli esperimenti dei passati bilanci prediamo che i risultamenti dati si pareggeranno quasi esattamente col conto definitivo.

Negli, introiti non figura il prodotto dei beni nazionali e demaniali, perché questi sono amministrati separatamente dalla Direzione Generale della Cassa di Ammortizzazione e del Demanio pubblico. Tali proventi si passano al Gran Libro in conto del pagamento degli interessi semestrali del debito pubblico sono poi regolarizzali in fine degli Eserciti col conto del Tesoriere.

Furono però riportati nel progetto del bilancio attivo pel 1862, con altri cespiti delle madrefedi amministrate dalla Direzione Generale predetta.

Al disavanzo risultante dal bilancio tra gli introiti ed esiti, dal 1 gennaio 1861 al 31 ottobre, si è sopperito coi mezzi indicati nella relazione che precede.



 PRINCIPI GENERALI


DELLA CONTABILITÀ NAPOLETANA


I. Entrate


I Percettori di circondario e gli Esattori comunali esigono da' contribuenti la tassa fondiaria, ed i Ricevitori dipendenti dalle diverse Direzioni esigono i dazii indiretti, i dritti del registro e bollo e quant'altro si paga al Governo. Questi primi agenti della percezione versano i prodotti nelle casse de' Ricevitori distrettuali, i quali li passano ai Ricevitori Generali, e costoro alla Tesoreria, inviando il numerario effettivo al Banco, ed i valori al Tesoriere. Se non che due avvertenze son qui da fare. La prima per gl'introiti del Lotto. Il Ricevitore della Direzione Generale versa al Banco il numerario della provincia di Napoli e di Terra di Lavoro, e consegna alla Tesoreria le relative polizze. Per le altre provincie, la stessa Direzione Generale rilascia cambiali sui Ricevitori provinciali de' Lotti, all'ordine del Tesoriere, a giorni 15 per Salerno, Avellino, Potenza, Foggia e Campobasso, ed a giorni 22 per le altre provincie.

La seconda osservazione si è, che i prodotti de' dazii indiretti del distretto di Napoli son versati alla Tesoreria, col deposito sempre del numerario al Banco. E, poiché fu abolita nel 1856 la Ricevitoria Generale di Napoli, i Percettori ed Esattori del mentovato distretto, ed i Ricevitori distrettuali di Pozzuoli, Casoria e Castellammare corrispondono direttamente col Tesoriere.

Per guarentigia degl'introiti i Percettori, i Ricevitori distrettuali ed i Ricevitori Generali danno una cauzione in rendita iscritta sul G. Libro. I Percettori debbono fornire in cauzione un capitale eguagliato ad un bimestre di percezione, cioè ad 1|6 del carico annuale, ed i Ricevitori distrettuali e generali un capitale uguale



— 66 —

ad 1|8 del carico annuo della fondiaria. Degli Esattori comunali rispondono i Municipii, dai quali sono proposti in ogni biennio, ed a cui è lecito richiedere le opportune malleverie, tutti gli altri Ricevitori sono pure obbligati alle rispettive cauzioni. Il solo Tesoriere non è in questo obbligo, dacché egli non ha presso di sé numerario effettivo, ma solo Madrefedi di oro, argento e rame, ed un portafoglio di effetti a lui girati nella sua qualità di pubblico funzionario, non meno che ogni altra obbligazione a favore del pubblico Tesoro.

Il numerario che i Ricevitori spediscono al Tesoro è consegnato al procaccio, con rigorose formalità. Il Governatore della provincia ed il Direttore de' Rami riuniti, come Controllori, assistono alla consegna del danaro. Un Governatore del Banco ed il Procuratore del Ricevitore in Bari o Napoli assistono alla numerazione del contante all'arrivo. Dell'una e dell'altra operazione si prende nota con processi verbali. Dopo la consegna al procaccio cessa la responsabilità del Ricevitore.

Sono invigilati i Ricevitori Generali e Distrettuali da' Governatori ed Intendenti, e sono controllati, i primi da' Direttori de' Rami riuniti, e i secondi dagli stessi Intendenti. I Controllori de' diversi ritmi riscontrano le operazioni dei primi Agenti.

In fine il Controllerò Generale della Tesoreria ha le medesiine scritture del Tesoriere, per modo che nulla è valido senza la sottoscrizione di esso Controllore Generale.

Merita special nota l'esazione fondiaria.

Imposta ogni anno la somma dovuta per contribuzione fondiaria, e fissatone il contingente per provincie, i Consigli provinciali, i distrettuali ed i Decurionati ripartivano il detto contingente per distretti e per comuni. Indi i Direttori delle contribuzioni dirette e de' rami diversi e riuniti procedevano alla ripartizione tra' singoli proprietarii, ed alla formazione delle matrici e de' ruoli, e trasmettevano di poi questi ruoli agl'Intendenti, oggi Prefetti. I quali, rendutili esecutorii, gl'inviavano a' Sindaci,che li passavano a' Percettori od Esattori comunali.

Costoro formavano gli avvertimenti a libretto e li consegnavamo a' rispettivi contribuenti, ch'erano obbligati a pagare le quote in sei rate eguali


— 67 —

 ne' giorni 15 febbraio, 15 aprile, 15 giugno, 13 agosto, 15 ottobre e 15 dicembre di ciascun anno, senza esservi bisogna di altro avviso alle scadenze. Ed ove avessero i contribuenti ritardato siffatto pagamento, vi erano costretti, anche il giorno seguente alla scadenza, con le coazioni reali e personali. Le prime erano esercitate dagli Uscieri, o Intimatori a scelta del percettore od esattore e le seconde con soldati o guardie, al domicilio, potendosi negli estremi casi preveduti dalla legge procedere anche all'arresto de' morosi.

Con Decreti del 3 luglio 1809 e 28 febbrajo 1810, e Ministeriale del 7 maggio 1817, fu stabilita una tariffa delle spese di coazioni nel modo che segue:

Grana 5 per avvisi ai fittajuoli;

Grana 30 per significazione di sequestro, allorché il debito è oltre i Duc. due;

Grana 5 per la significazione della vendita degli oggetti sequestrati. Non meno di grana 50, per vacazione di vendita fra i Duc. 20; ne più di Duc. 1, per vendita inferiore a detta somma;

Grana 20 al giorno per ogni individuo della forza pubblica adoperato come piantone al domicilio del contribuente moroso;

Tanto gli atti di sequestro per debito fra i ducati due, quanto quelli di coazioni per detta somma, vanno eseguiti in collettiva, ed i debitori pagano grana 5, per lo importo dei primi, e grana 4 per quello de' secondi.

Ciò premesso, essendo la fondiaria un carico certo e determinato è data a partito forzoso a tutti gli Agenti di percezione.

I Percettori od Esattori Comunali sottoscrivono delle obbliganze, ossia de' pagherò a favore de' Ricevitori distrettuali. Costoro ne sottoscrivono altre a favore de' Ricevitori generali, i quali, alla lor volta, anche rilasciano le obbliganze a favore direttamente della Tesoreria Generale.

Ciascuna quota che debbe pagarsi da' contribuenti,per intero,il giorno 15 di ciascun bimestre, dal 15 febbraio d'ogni anno, si divide, per l'obbligazione de' percettori od esattori, in 20 parti eguali, delle quali si obbligano essi di versarne 6 nel di 20 del mese in cui scade il bimestre; 6 altre pel di 30 dello stesso mese; due il dì 10, due il di 20, e due il di 30 del mese appresso, ed una nel dì 10 del secondo mese dopo quello della scadenza, lasciando l'ultima parto in tolleranza, senza obbligarsi a versarla.

— 68 —

Da queste 19 parti dovute da' Percettori si formano le obbliganze de' Ricevitori distrettuali verso i generali, sottraendone una 30ma parte, per la quale non sono obbligati, restando in sofferenza, e del resto facendone 19 porzioni da pagarsi con le stesse proporzioni, due giorni dopo delle scadenze de' Percettori.

Similmente,dalle somme che forzosamente debbonsi versare nelle casse de9 Ricevitori Generali, si deduce un altro 30mo a favore di costoro, formandosi obbligazioni di pagare il resto nello stesso modo de' Ricevitori distrettuali, ma tre giorni dopo delle scadenze di questi.

I % poi dovuti dagli Esattori o Percettori nel corso dell'anno, formano 6 altre obbliganze eguali, pagabili di 10 in 10 giorni, dal di 20 febbraio al di 10 aprile dell'anno appresso.

Di questi % uniti a' % da' Ricevitori distrettuali son fatte obbliganze da soddisfarsi egualmente, ma due giorni dopo, cioè dal di 22 febbrajo al 12 Aprile.

Ed in fine i Ricevitori Generali si obbligano di versare i %, più i % de' distrettuali,ed i % loro proprii,anche in sei rate, ciascuna 3 giorni dopo di quelle de' Ricevitori di distretto, cioè dal di 25 febbraio al di 15 aprile.

Ed in cotal modo viene assicurata tutta la percezione fondiaria di queste provincie meridionali.

Qualsiasi arretrato sulle obbliganze da dritto al Tesoriere di rivalersene sulla cauzione, la quale venduta, fa sospendere di fatto il contabile dalle sue funzioni. Incorrerebbe costui nella destituzione, se l'arretrato giungesse a due terzi della stessa cauzione.

Ma, nel primo caso, non si ricorre allo espediente estremo di vendere la cauzione, se prima non sia riuscita infruttuosa la coazione, che si esegue da' Commissarii spediti ai Ricevitori dal Tesoriere a loro spese. Se non che, potrebbe esservi alcun caso straordinario, ed indipendente affatto dagli Agenti della percezione, pel quale riesce impossibile effettuare il versamento cui si è in obbligo. E cotal caso eccezionale viene apprezzato da apposite commissioni finanziere locali, di cui ve n'ha una in ogni capoluogo di provincia, preseduta dal Governatore, e che si riunisce nel di 5 di ciascun mese; ed un' altra è in ogni capoluogo di distretto, preseduta dall'Intendente, e la cui tornata si fa nel dì 3 di ciascun mese.


— 69 —

Una copia di processi verbali delle loro deliberazioni, intorno agli arretrati ed a9 mezzi più acconci per ripianarli, è spedita al Dicastero delle finanze, ed un' altra copia al Tesoriere generale.

Il premio di percezione, pe' Percettori od Esattori comunali,è dal 4 al 3%, secondo il carico annuale, restando a benefizio dell'Erario la differenza dal 3 o 3½ al 4% che pagano indistintamente tutti i contribuenti.

Agli Esattori il cui carico annuo non oltrepassa Duc. 600 si da l'intero 4%; a' Percettori ed Esattori la cui riscossione è da Duc. 600 a Duc. 30,000 l'anno si da il 3 ½ % ed il % a' Percettori della città di Napoli, ed a' Percettori ed Esattori che hanno un carico maggiore di Duc. 30,000.

I Ricevitori Generali, oltre alle stipendio annuo di Duc. 600, ed i distrettuali, oltre al soldo annuo di Duc. 400, ricevono un premio proporzionato alle entrate che esigono, del %% sulla fondiaria, e del '/*% su tutti gli altri proventi. L Ricevitori generali poi ricevono ancora un decimo per 100fcioè grana 10 per ogni cento ducati,su' pagamenti cosi civili,come militari, che abbian fatti in estinzione de' mandati del Pagatore Generale. Ove il montare degli anzidetti premii non raggiunga la somma di Duc. 5100 annui, pe' Ricevitori generali di la. classe; di Duc. 4740 per quelli di 2a. classe; di Duc. 1784 pe' Ricevitori distrettuali di 1° classe, e di Duc. 1664 pe' distrettuali di 2a. classe; la Tesoreria deve pagar loro la mancante somma, a titolo di supplemento. Se non che, pel Rescritto de' 16 maggio 1855, tutt'i Ricevitori distrettuali di nuova nomina debbono percepire, compresi i soldi e le spese, Duc. 1700 l'anno. Sono Ricevitori generali di la. classe quelli il cui carico di contribuzioni dirette sorpassa d. 300,000, e di 2° gli altri di minor carico. Sono Ricevitori distrettuali di lodasse quelli la cui percezione fondiaria sorpassa Duc. 100,000, e di 2° classe gli altri con carico minore.

Quanto alle pruove che stabiliscono il regolare concentramento delle entrate, la gestione de' detti contabili centralizzatori deve giustificarsi con le comunicazioni periodiche degli analoghi documenti e co' conti annui.

Ma, prima di tutto, è da notare che si i Ricevitori distrettuali, e si i generali debbono in ogni dieci giorni trasmettere al Tesoriere quanto hanno introitato,


— 70 —

per modo che debbono far cassa netta, inviando come valori per numerario i documenti degli esiti effettuati.

Oltre alle matrici delle ricevete da loro rilasciate parti versanti, i Ricevitori Distrettuali debbono spedire anche ogni decade gli estratti del Giornale di cassa, ed in ogni mese gli stati di situazione, mentre i Ricevitori provinciali mandar debbono in ogni dieci giorni non solo le matrici delle ricevute e gli estratti del Giornale di cassa, ma ancora gli stati di situazione. Copie simili sono rimesse al Controlloro generale per la debita collazione.

Minuta verifica e confronto si fa dalle due Officine, Tesoreria d'introito cioè e Controlloria, su i detti documenti, onde si ha nettamente lo stato individuale e decadano di tutte le casse, e la somma che si ottiene da ciascuna branca di entrate. Sicché il Tesoriere generale d'accordo col Controlloro può, conosciute appunto tutte le forze finanziarie, dirigerle convenientemente.

Pe' conti annui, da ultimo, i percettori od esattori in fine d'ogni esercizio rendono il conto al rispettivo Ricevitore distrettuale.

I     Ricevitori generali rendono i conti alla G. Corte dei Conti, aggiungendo a' loro quelli de' distrettuali.

Il    Tesoriere, in fine, rende il suo conto egualmente alla G. Corte suddetta.


I. Uscite


Il Regolamento contabile napoletano fa una essenziale distinzione di spese in tre classi:

1.Classe — PERSONALE.

2.Classe—MATERIALE.

3.Classe — EVENTUALE.

Gli esiti personali sono i soldi, soprassoldi, indennità ed altro emolument attaccato a' soldi; nonché le somministrazioni di viveri e foraggi, ed ospidalità militari.

Gli esiti materiali sono i pagamenti per fabbriche, armamenti, stampe, strade, projetti, detenuti civili, gratificazioni e simili.

Gli esiti eventuali sono gl'imprevedibili, ed il cui oggetto non è indicato ne' bilanci.

Nessun Ministero poteva in alcun modo disporre delle spese di 1° Classe. Esse si amministrano da un'Officina della Tesoreria, detta Scrivania di Razione, col riscontro, in tutte le sue operazioni, della Controlleria Generale.

Lo Scrivano di Razione perciò, da sé, su i decreti di nomina, e gli atti di giuramento e possesso stabilisce, per gli impiegati civili, la scrittura degli assunti, cioè de' conti correnti di essi, dove si notano tutti i servizii da loro renduti, le nomine, promozioni ed altro, e donde si estraggono i certiflcati di servizio. che sono la base delle pensioni di ritiro.

Se gl'Impiegati civili sono in Napoli, mese per mese, in vista de' certificati di servizio, lo Scrivano loro libera. o direttamente o per mezzo di appoderatile competenze dovute.

Se sono nelle provincie, lo Scrivano dispone che i ricevitori aprano gli assienti, con le notizie che loro somministra. Ed in questo caso i ricevitori alla fine del mese, sui certificati di servizio, li paga e ne riscuote quitanza sul dorso de' medesimi certificati.


— 72 —

In fine d'ogni decade i Ricevitori versano al Tesoriere, come valori per numerario, detti documenti, i quali mandati alla Scrivania sono verificati, e qualora trovinsi ammissibili, sono discaricati sulle scritture, e danno luogo a liberanze a favore del Tesoriere Generale. Questi esiti de' Ricevitori si dicono a Cassa aperta, perché fatti senza mandati del Pagatore.

E qui è da osservare che lo Scrivano non paga mai, ma ordina con atti che diconsi liberanze, in vista delle quali un altro Funzionario della Tesoreria, chiamato Pagatore Generale effettua l’esito, se in Napoli, con polizza per banco dalla Madrefede o di oro,o di argento,o di rame, accreditata delle somme che gli passa il Tesoriere, con richiesta del Controlloro Generale, il quale non solo deve verificare e sottoscrivere le liberanze, ma ancora far confrontare, registrare e firmare le polizze da un Impiegato della Controlloria. Può anche il Pagatore estinguere le liberanze in valori, girandoli agl'interessati, ove venga ciò indicato sulle stesse liberanze.

Se poi la liberanza è per le provincie, il Pagatore fa il mandato al Ricevitore.

Pe' soldi e per le spettanze militari, anche appartenenti alla 1a. Classe sulle riviste mensuali de' Reggimenti e Corpi, e sulle riviste de' Generali e di tutti gli altri Ùffiziali isolati, deve lo Scrivano regolare le sue liberanze.

A' Generali ed Ùffiziali isolati in Napoli libera le competenze direttamente, ed a quelli nelle provincie per mezzo de' mandati del Pagatore.

Su' quadri di effettivo poi risultanti dalle riviste, libera a9 Reggimenti e Corpi, per quindicine anticipate, gli abbuoconti per paghe, presto e assegni, ed alla fine di ogni mese gli abbuonconti de' soldi dovuti agli Ùffiziali.

Tutti i detti abbuonconti sono liberati sempre a' Consigli di Amministrazione. Mese per mese poi si stabiliscono gli aggiusti in danaro de' medesimi corpi e reggimenti.

Libera altresì la Scrivania di Razione abbuonconti a' fornitori delle sussistenze,per decadi,ed in ogni tre mesi ne fa la liquidazione diffinitiva. Dopo la quale viene all'aggiusto di provvisione, anche per trimestre.

Le ospedalità militari sono anche spese di 1a. Classe.

Agli Ospedali militari si liberano, per quindicine, degli abbuonconti proporzionati sui quadri de' movimenti


— 73 —

sottoscritti da' Consigli d'Amministrazione e Commissarii di Guerra. Mese per mese quindi si fanno gli aggiusti sulle contabilità in giornate che rimettono i detti Consigli di Amministrazione una con gli estratti, che contengono i nomi degli individui infermi, riuniti per reggimento e corpo. Agli Ospedali Civili poi che curano militari non si liberano abbuonconti, ma le spettanze medesime degli Ospedali militari sulle contabilità in giornate. I movimenti contenuti nelle contabilità in giornate debbono confrontare co' movimenti indicati nelle riviste de' Commissarii, su cui si formano gli aggiusti in danaro, e dal reciproco riscontro risulta evidente qualunque errore o frode che si fosse voluto commettere. Passando alla 2a e 3a. Classe d'esiti, si ha la seguente pratica.

Le amministrazioni, cui riguardano gli esiti materiali, fanno le liquidazioni e dirigono rapporti contabili a' rispettivi Dicasteri. Questi traggono gli ordinativi su9 corrispondenti capitoli de' bilanci passivi, unendo que' documenti che son richiesti dal Regolamento. La Scrivania di Razione, sulla scrittura de" bilanci, verifica i crediti cui gli ordinativi si riferiscono, e trovato il tutto in regola, forma le liberanze, o in Napoli, o nelle provincie, secondo la residenza de9 creditori, e giusta le indicazioni de' medesimi ordinativi. Vistate le liberanze del Coutrolloro, se sono per Napoli, van poste in ripartizione, secondo i fondi che vi sono, e si da luogo dal Pagatore alle polizze per banco o alla gira de' valori. Se sono per le provincie, il Pagatore ne rilascia il mandato sopra i suoi sostituti, che sono i Ricevitori Generali, dopo la ripartizione che il Controlloro d'accordo col Tesoriere avrà fatta delle suddette liberanze, avuta presente la situazione delle casse.

Il Controlloro Generale da nel tempo stesso conoscenza a9 Controllori provinciali, suoi sostituti, de9 mandati che il Pagatore spedisce.

Se gli esiti materiali riguardano direttamente i Dicasteri e non le loro Dipendenze, le contabilità de9 medesimi liquidano le spettanze e formano gli ordinativi sempre sulla Tesoreria Generale.

Qui è bene osservare che gli ordinativi possono essere a favore ovvero a disposizione.

I primi sono a pro degli intestatarii direttamente. I secondi valgono per aprire dei crediti alle autorità, per valersene agli usi speciali cui sono destinati.

— 74 —

Le somme a disposizione si liberano in vista dei boni a matrice che traggono le autorità a cui ordine sono messe le somme.

Per gli esiti di 3a. Classe, gli ordinativi dei Dicasteri debbono essere accompagnati dall'approvazione speciale del Re, poiché trattasi di oggetti non ispecificati nei bilanci.

E da osservare che anche il Tesoriere Generale può fare degli esiti, ma sempre provvisorii ed in anticipazione,da essere regolarizzati sui bilanci cui essi esiti riguardano. Siffatti esiti provvisorii sono indicati dal Regolamento di Tesoreria.

Si noti infine che l'esercizio finanziario napoletano è di due anni, e però alla fine del secondo anno, tutti i residui di 1a. di 2a. e di 3a Classe restano a beneficio della Tesoreria Generale, salvo il diritto degli interessati, per soddisfare i quali debbonsi riprodurre gli ordinativi, e però le liberanze ed i mandati, ove ne sia il caso, nel novello esercizio al Capitolo de' Pagamenti di somme relative ad esercizii chiusi. Solo i fondi provinciali a disposizione dell'Interno, essendo di esclusiva proprietà delle provincie, vanno esenti dall’ammortizzazione per la legge del biennio. E però i residui sono sempre portati negli anni successivi in un Capitolo intitolato — Reste anteriori non estinte.

Come si è detto del Tesoriere Generale, lo Scrivano di Razione, ed il Pagatore Generale sono obbligati a dare i loro conti alla Gran Corte de' Conti secondo le norme prescritte dai Regolamenti. Il Conto del Controlloro Generale poi comprende la parte degli introiti, quella relativa alla Scrivania di Razione, e l’altra ancora relativa alla Pagatoria Generale.






III. Considerazioni generali.


Dalle cose esposte risulta che il servizio di Tesoreria è diviso in 4 Officine distinte: nella Tesoreria d'introito per tutte le entrate; nella Scrivania di Razione, per la disposizione de' pagamenti; nella Pagatoria Generale per l’effettuazione materiale di essi, e nella Controlleria Generale per la collazione e verifica di qualsiasi operazione de' detti tre Offici.

E ciò, senza dire dell'Agenzia del Contenzioso, ufficio stabilito per tutti gli affari legali relativi a qualsivoglia pubblica amministrazione.

Agenti diretti della Tesoreria sono i Ricevitori Generali e Distrettuali, Sostituti del Tesoriere, per la parte d'introito; dello Scrivano di Razione, pe' soli pagamenti a Cassa aperta, pe' quali hanno gli assienti e liquidano gli averi degl'impiegati nelle provincie, e del Pagatore Generale per l'estinzione de' suoi mandati.

Il Controlloro Generale nelle provincie ha ora a suoi sostituti i Direttori dei Rami riuniti, essendosi abolite le cariche di Controllori provinciali.

Non si può chiudere questa brevissima esposizione, senza toccare di una proficua istituzione del chiarissimo uomo di Stato Cavalier Medici, cioè della Cassa di servizio della Tesoreria Generale. Questa fu stabilita fin dal 1819 per tutte le operazioni bancarie che il Ministro delle Finanze stima di fare, tanto per l'interno, quanto per l'estero. Con l’autorizzazione del surriferito Ministro si emettono dal Direttore di detta Cassa de' buoni a più mesi data, all'ordine del Tesoriere Generale, il quale li gira o a privati, o alla stessa Cassa dì Sconto. È dunque la Cassa di servizio la Banca della Tesoreria napoletana.


— 76 —

La Finanza ne ritrae doppio vantaggio: della dilazione de' pagamenti, e dell'interesse a benefizio della Cassa di Sconto, e perciò del Governo stesso, sulla negoziazione de' boni da parte di coloro ali' ordine dei quali sono rigirati.

Ed oltre a ciò, ove fossero esauste le Casse erariali, può il Governo anche giovarsi, col mezzo della Cassa di Servizio, della parte indicata da' Regolamenti de' danari depositati da' privati al Banco, facendo negoziare i boni di essa dal Tesoriere presso la Cassa di Sconto, cui paga il semplice 2% l'anno nello stesso modo che fa per tutte le cambiali che sono nel Portafoglio della Tesoreria.

Il Direttore della Cassa di Servizio è il Pagatore Generale, ed il Controlloro della medesima è il Tesoriere.

Quanto si è detto fin qui pare che possa essere sufficiente a far conoscere, per sommi capi, il sistema contabile finanziario che tuttavia è in vigore in queste meridionali provincie del Regno d'Italia.


PROPOSTA

DEI

BILANCI ATTIVO E PASSIVO FATTA PEL1862

DAL

DICASTERO DELLE FINANZE DI NAPOLI

I.

Bilancio  Attivo

PROPOSTA

DEI

BILANCI ATTIVO E PASSIVO FATTA PEL1862

DAL

DICASTERO DELLE FINANZE DI NAPOLI

I.

Bilancio Attivo




DENOMINAZIONE delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL



DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI


1862


1861


AUMENTO


DIMINUZIONE


Contribuzioni

Dirette Lire



32,728,762,37



34,300,375,25




1,580,612,88


La diminuzione deriva :

1.° Dalla tassa dei grani addizionali speciali, il cui prodotto, ai termini del decreto del di 8 gennaio 1861, si versa direttamente nelle casse provinciali.

2.° Dal ventesimo comunale, che pel decreto dei 17 febbraio 1861 è riinasto abolito a benefizio dei Comune.

Da riportare

Lire


32,728,702,37


34,309,375,25


1 ,580,612,88






DENOMI-NAZIONE

delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE

Riporto Lire

32,728,762,37

34,309,375,25


1,580,612,88



Dazi Indiretti

e dritti riservati


39,701,169


36,583,332,21


3,117,836,79


Gl'introiti verifica tisi in più di quel che era preveduto nel bilancio attivo, nel corso del secondo semestre 1860, e primo del 1861, han regolato la proposta della Direzione generale dei Dazi Indiretti col seguente aumento: Sul prodotto delle dogane e dritti di







navigazione L.

1,115,605,51






Su quello dei Tabacchi


648,831,21






»SaIi

1,174,804,62






» Polveri

178,581,61






» Neve

7,86






» Carte da giuoco

1,98






Lir

3,117,836,79

Da riportare Lire

72,429,931,31

70,892,707,46

3,117,836,79

1,580,012,88





DENOMINAZIONE delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE

Riporto Lire

72,429,931,37

70,892,707,46

3,117,836,79

1,580,612,88

.



Registro e Bollo


6,034,819,11


5,907,352,30


127,490,81


L'aumento deriva dal l'essersi aggregato il prodotto dei Cespiti di Polizia, che pria facea parte degl'introiti diversi della Tesoreria Generale

Prodotto delle bolle di Crociata


176,370,59


176,370,59

Con l’anno 1861 spira il termine dell'ultima concessione accordata per un sessennio, e però si porta in meno la somma.



Lotteria ordinaria e straor­dinaria


15,200,264,90


7,794,564,38


7,405,700,52


La differenza in più deriva dall'essersi nel 1861 riportato l'introito,netto delle vincite e dal riportarsi lordo pel 1862 il giuoco fatto. Ancora dal versarsi come introiti straordinari alla Tesoreria Generale i proventi che pria si versavano in un conto a parte, a disposizione del Ministro di Finanze.


Da riportare Lire

93,665,045,38

84,770,994,73

10,651,031,12

4,756,983,47




DENOMI-NAZIONE

delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE


Riporto Lire


93,665.045,38



84,770,994,73


10,651,034,12


1,756,983,47



Ammini-stra­zione delle Monete



213,251,15



213,251,15

Facendo ora questa Amministrazione parte del Bilancio del Dicastero di Agricoltura, Industria e Commercio, non si è riportato nessun credito

pel 1862.


Ammini-stra­zione della Cassa di Ammortiz-zazione e Demanio Pubblico


3,938,713,35


2,520,,520,96


1,418,186,39


L'aumento deriva per le nuove Confidenze aggregate al Demanio, e dichiarate nazionali dal decreto dittatoriale del 12 Settembre 1860.

Da riportare Lire

97,603,758,73

87,504,772,84

12,069,220,51

1,970,234,62




DENOMINA-ZIONE

delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE


Riporto Lire


RAMO DEI LAVORI PUBBLICI


97,603,758,73


87,504,772,84


12,069,220,51


1,970,234,62


Prodotto della Amministra­zione Generale delle Poste



1,359,481,51



1,359,481,51


Fa parte del Bilancio del Dicastero dei Lavori Pubblici.


Id. della Ferrovia



4,708,032,29



1,708,032,29


Ha cessato di far parte degli Introiti dello Stato.


Id. della Tele­grafia Elettrica


199,745,33


199,745,33

Farà parte del Dicastero dei Lavori Pubblici.

TESORERIA

GE­NERALE


Cassa di Sconto Interessi sul
milione Impie­gato





254,993,61





254,993,61






» »


Da riportare Lire

97,858,752,34

91,027,025,58

12,069,220,51

5,237,493,75




DENOMINAZIONE delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE

Riporto Lire

97,858,752,34

91,027,025,58

12,069,220,51

5,237,493,75


Ritenute fiscali

2,505,971,10

2,016,149,93

489,821,17


»

Il controscritto aumento si è presunto dai versamenti fatti nella madrefede della Tesoreria nel corso del primo quadrimestre dell'anno 1861.

Introiti diversi

506,502,36

16,843,943,85


» »

15,737,441,49

La diminuzione deriva dal non esservi più la rendita di Lire 15,724,606,89 nel portafoglio del Tesoriere generale, la quale d'altronde figurò anche erroneamente sul bilancio del 1861, e da altre variazioni che l'eventualità degl*introiti ha presentato.




Da riportare Lire

400,871,225,80

109.287,119.36

12,559,041,68

20,974,935,24




DENOMINAZIONE delle

CATEGORIE


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE


Riporto Lire



400,871,225,80


109,287,119.36


12,559,041,68


20,974,935,24


Introiti per conto della Commissione di Beneficenza


67,998,30


141,916,20


» »


73,947,90

Gl’introiti verificatisi nel primo semestre del volgente an­no han regolato la controscritta diminu­zione.


Totale Lire


100.939,224,10


109,429.065.56


12,559,041,68


21,048,883,14


Mettendo a rincontro il 1862

col 1861, e la diminuzione

e o l’aumento …………………. lire



100.939.224,10



21,048,883,14



Si propone pel 1862

una mi­noranza di………. Lire


8,439,841,46


8,489,841,46

(a)



(a) La diminuzione dipende soprattutto dal prodotto della rendita erroneamente riportato nel bilancio del 1861. Sicché, deducendo siffatta partita, si avrà in iscambio un aumento presuntivo pel 1862.


Ed in vero il detto prodotto di rendita fu stanziato per …………………………….. Lire

15,724,606,89

La qual somma contrapposta al meno risultato dal bilancio del 1862 in…… »

8,489,841,46

da un maggiore introito, per tutti gli altri cespiti, nello stesso 1862, di…….. Lire

7,234,765,43


II.

Bilancio Passivo



DENOMINA-ZIONE

dei

DIVERSI SEVIZI


ESITI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE

Dicastero delle Finanze Lire


273,606, »


315,870, »


»


42,264, »

La diminuzione dipende dalle varie economie fatte sul personale del Dicastero su le spese diverse, compenso al Protocollista, Biblioteca, e spese pei legni naufraghi di Beni Bandiera.



Gran Corte dei Conii


370,719, »


368,415,91


2,303,09


» »

L'aumento dipende dall'esservi tuttora dei Consiglieri oltre la pianta organica.


Direzione Generale del Gran libro


35,682,347,26


30,770,140,26


4,912,207, »


» »

Il controscritto aumento deriva dalle categorie delle pensioni Civili, Militari, Ecclesiastiche, e di Grazia.


Do riportare Idre


36,326,672,26


31,454,426,17


4,914,510,09


42,264, »




DENOMINAZIONE

dei

DIVERSI SERVIZI


ESITI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE


Riporto Lire


36,326,672,26


31,454,426,17


4,914,510,09


42,264, »



Tesoreria Generale


3,016,206,73


3,206,124,08



189,917,35

La diminuzione de riva dalla categoria delle negoziazioni presso la Gassa di sconto delle cambiali all'ordine del Teso riere; e dai ruoli prov visorii menomati per morte di assegnatarii.


Direzione generale dei Lotti


8,913,630,51


1,794,330,64


7,119,299,87


Essendosi portato nel bilancio attivo del 1862 tutto lf introito che si fa del giuoco,è stata forza stanziare qui la somma delle vincite de’ giocatori e dei biglietti annul lati, la quale si è fis sata secondo la espe rienza degli esercizii precedenti. E però,fat ta deduzione di questo aumento, si ha un ri sparmio effettivo di duc. 268,836,64.


Cassa di Ammortizzazione compreso il Tavoliere di Puglia


987,161,80


555,677,85


431,483,95


Il controscritto aumento provviene, nella maggior par te, dalla fondiaria sul Lago Salpi, da quella sopra i fondi del Tavoliere , e dalle spese per le Confidenze aggregate. Queste spese, come la parte attiva che vi



Da riportare Lire


49,243,671,30


37,010,558,74


12,465,293,91


232,181,35



DENOMINA-ZIONE

Dei

DIVERSI SERVIZI


ESITI PRESUNTI

PEL



DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI


1862


1861


AUMENTO


DIMINUZIONE


Riporto Lire


49,243,674,30


37,010,558,74


12,465,293,91


232,181,35

corrisponde, non figuravano pria d'ora ne' bilanci, ma se ne rendea un conto a parte.

Amministrazione generale del Registro e Bollo



















1,941,359,98


2,237,076,08


»


295,716,10

Si è portata in minorazione la spesa a favore dei Cancellieri, ritenuto che nel venturo anno 1862 gli impiegati delle Cancellerie riceveranno il loro stipendio come tutti gli uffiziali del Governo.

Si è altresì soppressa interamente la categorìa «Premio agli impiegati dell'Amministrazione, allorché lo introito oltrepassa un milione 150, 000 ducati», e l'altra in fine per lo acquisto di carta e spese per la stampa delle bolle di Crociata.

Direzioni provinciali dei Dazii Diretti del Decanto e del Rami e dritti diversi





1,731,007,74





611,797,72





1,119,210,02


L'aumento dipende dair essersi creato un nuovo articolo colla intitolazione: «Premio di percezione che si paga ai Percettori, ed Esattori Comunali, dedotto ciò che resta a beneficio della Tesorerìa generale». E ciò per


Da riportare Lire


52,916,039,02


39,859,432,54


13,584,503,93


527,897,45





DENOMI-NAZIONE

dei

DIVERSI SERVIZII


PROVENTI PRESUNTI

PEL


DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI

1862

1861

AUMENTO

DIMINUZIONE


Riporto Lire


52,916,039,02


39,859,432,54


13,584,503,93


527,897,45

che si è portato ad introito anche il 4 % che i contribuenti pagano pel suddetto premio.

Servisti diversi dipendenti dal Dicastero delle finanze


826,311, »


3,675,461, »



2,848,650, »

Il meno deriva:

Dal non essersi riportate le spese di rappresentanza per la Luogotenenza generale del Re in






Lire

2,000,000»






Dall'asse-gnamento diminuito alla Principessa di Savoja, vedova del Principe

Conte di Siracusa di







76,498, »






Dal meno che si

spende per gl’impiegati del già Ministero

degli Affari Esteri.






160,901, »






Dal risparmio pel mantenimento degli Edifizii di S. Giacomo e

Dipendenze in






53,392, »


Da riportare Idre


53,742,850,02


43,534,893,54


13,584,503,93


3,376,547,45


Da riportare


2,290,791»

12



DENOMINA-ZIONE

dei

DIVERSI SERVIZI


ESITI PRESUNTI

PEL



DIFFERENZE DEL 1862

IN




ANNOTAZIONI




1862


1861


AUMENTO

DIMINUZIONE


Riporto Lire


53,742,850,02


43,534,803,54


13,584,593,93


3,376,547,45


Riporto L.


2,290,791






Dal mante-nimento della Cam. Consultiva di Comm. soppresso dal bil. delle Finanze.



7,650 »






Dalla diminuzione del compenso agli Avv. e Patrocinatori





13,499






Dalla sop-pressione dei soccorsi ai luoghi Pii, ed assegna-menti a diversi





95,045







E dall'eco-nomia per le spese im-prevedibili



419,978






Sicchè ammonte-rebbe il meno a



2,856,963»






Ma da dedurre la nuova categoria aggiunta al 1862, per gli averi degl'impie-gati dello antico Minist. di Casa Reale.






8,313 »


Da riportare Lire


53,742,850,02


43,534,893,54


13,584,503,93


3,376,547,45

E però la diminuzione si riduce a L.


2,848,650


13



DENOMINA-ZIONE

Dei

DIVERSI SERVIZI


ESITI PRESUNTI

PEL



DIFFERENZE DEL 1862

IN



ANNOTAZIONI


1862


1861


AUMENTO


DIMINUZIONE


Riporto Lire


53,742,850,02


43,534,893,54


13,584,503,93


3,376,547,45


Amministrazione generale dei Dazii Indiretti


16,858,780,57


12,349,400,92


4,509,379,65


» »

L'aumento deriva, nella massima parte dalla compra della foglia americana ed erbasanta, dalla mercede ai lavoratori

della Fabbrica de' tabacchi, e dalle spese

di riduzione e fabbrica dei locali.


Totale Lire

70,601,630,59

55,884,294,46

18,093,883,58

3,376,547,45

(a) Questo aumento

dipende principalmen-

te dai Lòtti, al cui pas-

sivo si son portate nel

1862 tutte le vincite

dei giocatori; dalle

pensioni iscritte sul

Gran Libro, e dai Da-

zii Diretti al cui esito

si sono aggregati i

premii ai primi agenti

della percezione.


Meno


55,884,294,46



3,376,547,45


Aumento pel

1862 Lire


14,717,336,13



14,717,336,13

(a)




BILANCIO DEL DICASTERO DELLE FINANZE

E SUE DIPENDENZE




Attivo


Lire


100,939,224,10





Passivo


Lire


70,601,630,59





Resta


Lire


30,337,593,51

Siffatta resta serve per tutti gli altri servizii non dipendenti dalle Finanze, ed i cui bilanci non si sono qui riportati.



La situazione del debito della Tesoreria Generale verso il Banco e la Cassa di Sconto avendo subito nel corso di queste stampe alcune variazioni, tutte a vantaggio della prima, crediamo di fare cosa grata ai nostri lettori di darne lo sviluppo in tre quadri.

Rappresenta il primo la situazione del debito al 7 settembre 1860.

Il secondo le fasi subite dal 5 aprile al 28 ottobre ultimo.

Il terzo la situazione al 1° novembre con un cenno delle somme pagate in novembre stesso.

Ciò servirà a far apprezzare le premure dell1 attuale governo nel far fronte agl’impegni contratti verso si utile e popolare instituzione.


TESORERIA GENERALE CONTO DEL SUO DEBITO VERSO IL BANCO NAPOLETANO SIA PEL RAMO APODISSARIO,

SIA PER QUELLO DELLA CASSA DI SCONTO, AL 7 SETTEMBRE 1860


RAMO APODISSARIO



Pel vuoto in Rame, verificatosi nel 1803…………….. D.


429,536 59


Pel debito dei Banchi in Sicilia al 1848, esatto dalla Tesoreria suddetta

289,979 15


A saldo di ducati 249,872, 27 per perdite sulla coniazione delle monete a tutto il 1852

97,242 70


CASSA DI SCONTO



Boni della Tesoreria Generale:

Scaduti…………………..… D. 108,584,20



Da scadere……………………. » 2,357,938,09

2,466,522,29


Boni della Cassa di Servizio:

Scaduti……………………….. D. 1,411,351,35




Da scadere…………………. » 590,958,96 1


2,002,310 31



Rendita 5 per % in annui duc. 40,000 pegnorata ai 10 marzo 1860 per ………………………….D. 800,000,00




Idem al 6 aprile duc. annui 29,132 per………………………» 582,640,00


1,382,640 »









Totale del Debito per conto Capitale……………………………………………………… D.


5,831,472,60

N. B. Oltre del suddetto debito, la Tesoreria Generale ha scontate diverse Cambiali di Dogana, ed ha garentito il debito fatto dalla Città di Napoli, scaduto in duc. 27,749,28.

Deve circa altri due. 300,000, per perdite sulla coniazione delle monete dal 1853 fino al 1860, per lo che deve ottenersi approvazione pel rimborso.

Questa somma non è compresa.

6,68,231,04

Al Banco pel 1° Semestre 1860……………………………………………. D. 30,352,00

Alla Cassa di Sconto idem……………………………………………………….. » 2,486


32,838 »

Totale…………………………………………………….. . D.


6,701,069,04

pari a lire 28,478,831,45




16



TESORERIA GENERALE—Conto del suo Dare ed Avere verso il Banco e Cass

AL 5 APRILE 1861 E DELLE SOMME

N. d'Ordine progressivo


CAUSALI DEL DARE

DEBITO

DELLA TESORERIA GENERALE

al 5 aprile 1861


AL BANCO, CONTO DEI CREDITORI, APOD1SSAR11






1

Pel vuoto in rame veriflcatosi nel 1803…………………. Duc.


429,536

59

»

»

2

Pel debito dei Banchi di Sicilia……………………….…… »

289,979


15



3

Per dispegni gratuiti accordali dal Dittatore e rilasciati

sino al 9 marzo 1861……………………………..………… »

187,206

03

»

»

4

A saldo di duc. 249,872,27 per perdite a tutto il 1855 sulla coniazione delle monete ……………………..………..…… »



97,242


70




Totale Duc.




1,003,964

47


CASSA DI SCONTO





5

Per Boni della Cassa di servizio………………………….… »


1,668,071

29



6

» della Tesoreria Generale ………………….… »


639,441

68



7

» della Tesoreria per conto dei zolfi di Sicilia… »

2,122,639

62




Totale su cui si paga l'interesse al 2 per 100……………. Duc.


4,420,152


59



8

Boni della Tesoreria Generale da scadere………….………...»


519,037

99



9

Su rendite inscritte al 5 per 100 pegnorate.…………..……... »


1,982,640






Sulla suddetta pegnorazionc l'interesse è al 2 per 100.

.……………...







In uno………. Duc.



6,921,830

58


Totale del Debito della Tesoreria per Conto Capitale del Banco e Cassa……… Duc.

7,923,795

05


Debiti verso il Banco e Cassa di Sconto per rendite:





10

Al Banco per semestre di rendita a tutto il 1860……… Duc.

60,704 »




11

Alla Cassa di sconto idem……………………………… »


2,486 »


63,190

»

12



13

Interessi su Boni scontati al 1.° Maggio 1861, in pagamento di Duc. 2,017,353,71 importo della sorte e degli interessi della rendita pegnorata come sopra.

Idem su pegni gratuiti accordati dal Dittatore.









TOTALE GENERALE………… Duc.

7,988,985

05



di Sconto a tutto il 28 Ottobre 1861, col paragone di ciò che dovea

PAGATE O RICEVUTE POSTERIORMENTE.



SOMME

DOVUTE

DAL 5 APRILE

AL 20 OTTOBRE



TOTALE

DEL DARE


SOMME

PAGATE DALLA TESORERIA GENERALE

dal 5 aprile al 28 ottobre sul controscritto Dare



DEBITO

RESIDUO

al 28 ottobre 1861


»

»

429,536

59



429,536

59




289,979

15



289,979

15


1,353

30

188,559

33



188,559

33




97,242

70



97,242

70




1,658,071

29



1,658,071

29




639,441

68



639,441

68




2,122,639

62

20

87

2,122,618

75


2,108,659

06

2,627,697

05


1,034,713

71


1,592,983


34





1,982,640

»

1,982,640

»

»

»











2,110,012

36

10,035,807

41

3,017,374

58

7,018,432

83


30,691

»

91,395

»

60,704


»

30,691

»


2,486

»

4,972

»

»



4,972

»


13,047

37

13,047

37

»

»

13,047

37


5,251

28

5,251

28

»

»

5,251

28


2,161,488

01

10,150,473

06

3,078,078

58

7,072,394

48



N.B. Dal 28 al 31 furono estinte le partite di cui ai Numeri 10, 11,12 e 13, e però il debito della Tesoreria al

1° Novembre si riduceva a Ducati 7,018,432,83 pari a Lire……………………………….

29,827,593,84

Nella 2^ quindicina di Novembre si passarono al Banco altre 2,000,000 di Lire………….

2,000,000,00

Laonde il debito della Tesoreria verso il Banco a tutto Novembre si riduce alla somma di Lire

27,827,593,81

Situazione dei Fondi dei Banchi di Napoli e Bari


DARE






DUCATI

GR.

LIRE

CEN.

A diversi creditori per numerario depositato senza interesse uelle Casse diverse in Napoli………………….. D.


24.978,070


74




in Bari……………………… »


1,084,666


32




























TOTALE …………………….. D.

26,062,737

06

110,759,613

51


Il fondo dei Bandii al 1° Aprile ultimo era di ducati 22,687,360,61 pari a lire 96,418,872,12.

Al 1° Novembre si aveva dunque una differenza in più di lire 14,340,941,19.


dipendenti dal Consiglio di Amministrazione in Napoli, al 31 ottobre 1861


AVERE








DUCATI

GR.

LIRE

CEN.

Dalla Tesoreria Generale per le diverse cause,giusta tostato alligato al presente……………..……..Duc.




7,018,432


83



Dai particolari che han negoziato col Banco e con la Cassa di Sconto in Napoli:

Su depositi di oggetti preziosi; pannine e metalli, coll'interesse al 4 e 6 per 100……………………………Duc.





2,518,245,67





Su rendite 4 e 5 per 100 coll’interesse

al 5 e 6 per 100………………………»



1,775,311,00





Per cambiali e titoli diversi al 6 per 100……….»


3,083,935,38







7,377,492

05



In Bari:

Per Cambiali scontate coll’interesse al 6 per

100…………………………………….……Duc.



442,396,73





Su depositi di oggetti preziosi coir interesse

suddetto………………………………………»



43,774,00







486 170

73



TOTALE DEI VALORI DUC.

14,882,095


61



Dalla Regia Zecca:

Per polizze notate per conto dei D. 249,872,27

dovuti dalla Tesoreria Generale per perdite sulla

Coniazione…………………………………Duc.





152,659,57





Per numerario da riconiarsi…………..»


938,050,47









1,090,710



04







CONTANTI










In Napoli…………………………………..Duc.

9,491,435,82





In Bari…………………………………….»


598,495,59







10,089,931


41




TOTALE ………………….. Duc.


26,062,737

06

110,759,613

51



Il debito di D. 7,018,432,83, pari a lire italiane 29,827,593,84, rimane ridotto col pagamento effettuato nella seconda quindicina di novembre a lire 27,827,593,84: E così si h» una differenza in meno di lire 651,237,61 in confronto del debito lasciato dal cessato governo al 7 Settembre 1860.



Il debito di D. 7,018,432,83, pari a lire italiane 29,827,593,84, rimane ridotto col pagamento effettuato nella seconda quindicina di novembre a lire 27,827,593,84: E così si h» una differenza in meno di lire 651,237,61 in confronto del debito lasciato dal cessato governo al 7 Settembre 1860.


























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