A tutti è ben noto – salvo chi si beve la propaganda massmediatica della Nazione Flic Floc – che l’Italia del Sud è colonizzata dal mercato dei produttori settentrionali: ai dubbiosi meridionali consigliamo una spesa al supermercato sottocasa per accorgersi che il loro carrello è zeppo di prodotti nordisti.
A noi - qui a Bari nei quartieri popolari - il tonno ci arriva da
Genova (mentre in Sicilia ben fornita di tonno a migliaia e migliaia
emigrano nel nord industrializzato italiano, europeo e statunitense
ecc..), la carta igienica dalla Liguria e dal Piemonte, e il restante
dall’Emilia e dalle regioni ricche della bell’Italia…
In questi giorni nella nostra Puglia, aggiungiamo, abbiamo incrociato
de visu e direttamente i coltivatori e produttori diretti d’uva che
stanno protestando animosamente contro una nostra vergogna, una vera e
propria truffa ai poveri, e sono così motivati che hanno
bloccato per giorni le statali d’accesso di Bari regalando agli
automobilisti infastiditi nel loro tran-tran grappoli e grappoli d’uva:
il dolce per attenuare una protesta che li coinvolge e amareggia.
Che cosa chiedono i nostri contadini?
Ci hanno detto che coltivano direttamente l’uva e la rivendono a 10 –
15 centesimi al kg mentre arriva nei mercati popolari a prezzi gonfiati
tra 1,5 – 2 euro al kg, ovviamente con gran vantaggio pecuniario dei
distributori e dei supermercati (che quando sono meridionali che
giocano al rialzo si meritano tutta la nostra indignazione e disprezzo).
Dopo le proteste di questi giorni hanno rialzato il prezzo d’acquisto a
20 centesimi e abbassato la vendita fino a 70 centesimi in alcuni
supermercati: ma la partita è tutta DA GIOCARE E
REGOLAMENTIZZARE.
Inoltre, l’associazione dei produttori d’olive mi ha mostrato i dati
statistici del loro prodotto: ebbene, la gestione della produzione
d’olive da mensa è nel mezzogiorno del 60.8 % contro il 24.1 %
del centro nord (il rimanente è Frutti pendenti: 15.3 % nel Sud
contro 0.7 % al Nord) ma il bello è che la Lavorazione in
azienda vede il 75.2 % al Nord contro il 23.9% al Mezzogiorno.
Un furto che continua dai tempi della conquista risorgimentale del Sud,
insomma quelli del barone Ricasoli (quel capo governo e dei vini DOC,
giusto appunto utilizzando i vigneti del sud imbottigliati al nord…).In
alcuni porti adriatici meridionali al tempo della dominazione veneta
(XV e XVI Sec.) negli specchi d'acqua delle cale caricavano - con gran
lavoro dalle basse costruzioni e dalle grotte adibite a fondaci
per oli, vini, sale, granaglie - sulle galee veneziane e risalivano via
mare con i nostri prodotti: ma si scrive sui libri appunto di
dominazione mentre dal Risorgimento in poi si scrive di mercato
nazionale con tutta la retorica patriottica bugiarda.
A riprova di quanto ci capita di vedere e analizzare, proprio in questi
giorni è giunto da noi in visita Luca Di Montezemolo Agnelli,
capo della Confindustria, della Fiat, della Ferrari, della Fiera di
Bologna ecc..
Sulla stampa locale - La Gazzetta del Mezzogiorno e le edizioni
pugliesi del Corriere della sera e della Repubblica – è stato un
corri corri d’articoli entusiastici, di presentazioni e introduzioni
degli industriali, imprenditori, sindaci, autorità istituzionali
al grand’ospite di cui tutti han subito lo charme dell’uomo di successo
omaggiandolo con gran salamelecchi, e ricordando che Luca Montezemolo
Agnelli si sta battendo per il Sud, per la sua industrializzazione, per
il turismo meridionale e per l’internazionalizzazione della nostra
industria che unita in gran coro a quella nazionale deve vincere la
scommessa dei tempi a venire.
Nessuno – dolosamente -ha avuto qualche dubbio sulla Confindustria
capeggiata dal Montezemolo Agnelli che in tutta la sua storia ormai
centenaria ha eletto – salvo due ascari meridionali - sempre presidenti
che provenivano in gran parte dal Nord che ci ha colonizzato e ci
colonizza; nessuno ha pensato che la fiat degli Agnelli – Montezemolo
ultimo epigone – ha condizionato fortemente l’economia, le reti di
trasporto, tutta la politica della Nazione Italia che ci sfrutta e ci
tratta da camerieri, e che lo stesso Luca M.A. capeggia l’industria
tosco-emiliana che spadroneggia con i loro prodotti nel mercato
meridionale.
Nessuno ha CITATO L’EPISODIO DI QUESTE SETTIMANE DELLA BARILLA di
ridimensionare i siti del Mezzogiorno con la chiusura del Centro
Ricerche CO.RI.AL. di Foggia, il pastificio di Matera,il Mulino di
Termoli e la linea di fette biscottate di Caserta in violazione degli
accordi sottoscritti il 20 Settembre 2003. Inoltre progettano il
trasferimento della Ricerca a Parma penalizzando l'intero Territorio
della Provincia di Foggia in un campo strategico per lo sviluppo. La
Barilla dopo aver avuto nei decenni passati finanziamenti,
infrastrutture e quant’altro per impiantare i loro impianti nelle
nostre regioni, li stanno chiudendo dopo aver messo in
disponibilità – un anticipo di licenziamento – centinaia
d’operai che protestano con le loro famiglie: arrivano come sciacalli
sul nostro territorio, prendono quel che possono, ripartono spesso con
i macchinari delle aziende fatte fallire dolosamente per il Nord.
E’ ora di finirla, occorre una nuova identità e un progetto per
noi del Sud non asserviti che la faccia finita con i colonizzatori e i
loro lacchè sfruttatori pur numerosi dalle nostre parti.
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