La salvaguardia delle tradizioni popolari è una battaglia che sta interessando un pò tutta la penisola. L’iniziativa della regione Lazio ha scatenato proseliti soprattutto nel Meridione, terra di sangue e passione.
La legge sulla tutela e la promozione dei dialetti laziali - approvata
dalla giunta Storace lo scorso dicembre – è già diventata
un punto di riferimento per alcuni storici del Sud, che vogliono
stimolare gli assessori alla Cultura nell’adozione di una simile
iniziativa.
Il primato del Lazio sta proprio nel fatto che la salvaguardia del
dialetto è affidata a un organismo territoriale – l’Istituto
regionale che entrerà in funzione entro marzo - e non a circoli
culturali privati.
Giuseppe Renzi, presidente dell’Accademia Belli e professore di
dialettologia romanesca all’Università popolare di Roma,
è tra gli studiosi che hanno ispirato il disegno di legge
(presentato dal capogruppo dei Verdi Bonelli) e che per anni si sono
battuti affinché il patrimonio romano non fosse disperso.
Racconta con orgoglio come nelle ultime settimane sia stato contattato
da dirigenti politici, assessori alla cultura e semplici appassionati
di molte regioni del Sud, tra cui Campania, Puglia e Calabria,
per farsi mandare il testo di legge e capire così il percorso
seguito. Come il signor Sebastiano Gernone, esperto di Risorgimento e
collaboratore del mensile culturale napoletano Il Brigante.
Sul suo sito personale (eleaml.org) è possibile leggere, oltre a
poesie e interviste in dialetto, curiosità, ricerche e racconti
folkloristici, sopratutto inviti ed esortazioni a mantenere vive le
tradizioni, con espliciti richiami di sensibilizzazione lanciati agli
assessori meridionali. Sul sito compare per intero il testo di legge
della regione Lazio, quale fonte di ispirazione per una futura
iniziativa legislativa.
Cinque giorni fa questo “work in progress l’ho inviato via e-mail ad
alcuni parlamentari della Commissione Cultura – spiega Gernone - a
tutti gli assessori delle regioni del Sud e a quello di Bari mia
città natia”. Ma non ha riscosso lo stesso successo del prof.
Renzi: “L’uomo politico - sottolinea - è legato al
mercato”.
Gli ha risposto solo Giovanna Melandri (Ds), membro della commissione
cultura, a dimostrazione che l’interesse per il vernacolo e il suo
studio nelle scuole è bipartisan (la legge laziale è
stata approvata all’unanimità e in tal direzione si muove anche
il ministro Moratti). Come dire, la giunta Storace ha fatto da
apripista, contribuendo al “revival” dell’attenzione nazionale per le
tradizioni popolari.
L’idea di Gernone è infatti quella di partire dal modello di
Storace, adattandolo alle tradizioni popolari delle diverse
realtà territoriali, per arrivare così a un progetto
coordinato che porti a un istituto nazionale per la salvaguardia dei
dialetti.
“La mia speranza – spiega Gernone - è che ogni regione,
provincia, comune abbia un corpo di articoli di legge che favorisca la
rinascita d'uso del dialetto, da considerare nei suoi molteplici
significati culturali, economici, turistici e gastronomici”.
Mantenere vivo il dialetto significa infatti mantenere vivi “i suoni,
la bellezza della molteplicità linguistica e riadattare l’uso
della parlata”.
Il primo passo? La creazione di un database che contenga tutte le
iniziative e le varie esperienze fatte nel campo della dialettologia e
delle tradizioni popolari.
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