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Riceviamo da Nino Gernone alcuni contributi interessanti per la costruzione di una macroregione meridionale che sappia trarre vantaggio dalle migliori esperienze legislative delle altre regioni d'Italia.

Ringraziamo l'amico nonchè collaboratore Gernone e vi invitiamo ad inviarci osservazioni, critiche, proposte e materiali.

Nei limiti del possibile, promettiamo di vagliare il materiale pervenutoci e di pubblicarlo se di interesse generale.

Grazie e tornate a trovarci.

Web@master
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Fonte:
https://www.insutv.it/

CAMERA DEI DEPUTATI


N. 3708


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PROPOSTA DI LEGGE


d'iniziativa del deputato BULGARELLI


Disposizioni per la valorizzazione e la regolamentazione delle emittenti televisive comunitarie di quartiere senza scopo di lucro

 

Presentata il 21 febbraio 2003
(clicca qui, se vuoi scaricare il documento in formato rtf)

ONOREVOLI COLLEGHI! — In molti Paesi europei già da alcuni anni sono operanti varie esperienze di televisione comunitaria di «nuova generazione», le cosiddette «community access television», organizzate, gestite e prodotte dai soggetti e dalle comunità che allo stesso tempo ne costituiscono il target di riferimento, completamente interagenti, modulabili e personalizzabili dall'utenza, che può compilarsi il proprio palinsesto sulla scorta della televisione on Demand o di INTERNET. Il laboratorio più interessante è Amsterdam, dove si sono realizzate community access television all'interno dei bacini sociali urbani fin dagli anni 70. È un nuovo modo, questo, di intendere la televisione comunitaria, trasformandola da servizio «orizzontale» («public access television») a struttura aperta e connettiva. La differenza è cruciale: il modello dell'accesso pubblico allude a un servizio che dall'alto (o dal basso) è offerto acriticamente a tutta la cittadinanza, mentre il modello dell'accesso per comunità è invece esattamente il contrario: una televisione costruita dalle comunità per le comunità, in cui per convenzione fondativa si rispettano e si assicurano spazi a tutte le minoranze della compagine sociale che vogliano esprimersi attraverso la televisione. È interessante sottolineare quanto la spinta spontanea «dal basso» possa avere una funzione pressing democratico per il riconoscimento «ufficiale» di questo tipo di esperienze: in Olanda il canale televisivo ad accesso pubblico (Amsterdam Open Access Channel) rappresenta la formalizzazione in qualche modo obbligata di un processo partito alla fine degli anni settanta, quando le prime televisioni via cavo presero ad essere violate dagli hacker che, utilizzando bachi e vuoti della rete, trasmettevano produzioni indipendenti e autogestite, ottenendo un tale successo che lo Stato in capo a qualche anno si decise ad aprire un canale regolare di accesso ai vari gruppi sociali per permettere loro di realizzare programmi radiofonici e televisivi. Oggi questo processo si è evoluto e intrecciato con i media digitali, INTERNET in testa, dando luogo a laboratori ancora una volta innovativi, come Smart TV, un progetto che riunisce televisione e reti informatiche, e Digital City, la freenet di Amsterdam, prima rete civica in Europa, realizzata a guisa di città, con diverse aree, dove si può chattare nel caffè, leggere le new, entrare in gruppi di discussione sugli argomenti più disparati, inviare file video o musicali, partecipare al disegno di un logo della città, aggiungersi alla programmazione radio. La combinazione di tutti questi media costituisce un flusso comunicativo «da molti a molti».


   Anche nel nostro Paese, in verità, hanno visto la luce, negli ultimi mesi, le prime esperienze di televisione autoprodotta e interattiva: Global TV e NoWar TV sono stati degli eventi limitati a poche ore di trasmissione visibile su satellite ma, da veri laboratori, hanno prefigurato efficacemente quello che la televisione potrebbe essere: un intreccio di linguaggi, media, intelligenze che, con pochi mezzi è riuscito a rompere, per un attimo (in occasione del Forum sociale di Firenze, della giornata organizzata da Emergency contro la guerra, tra gli operai di Termini Imerese e in occasione della grande manifestazione per la pace del 15 febbraio 2003) il monopolio comunicativo asfissiante costruito dai poteri forti in questo Paese, riscontrando un successo inaspettato. Rientrano a pieno titolo in questo tipo di percorso, proprio perché di carattere comunitario, esperimenti come quello di Telefabbrica, la televisione autogestita dagli operai della FIAT in sciopero a Termini Imerese, a testimonianza che una televisione diversa non è solo possibile e necessaria ma, probabilmente, già esiste.


   Sempre sul versante della nuova televisione comunitaria, brilla in Italia l'esperienza di Telestreet. Con un budget inferiore a 1.000 euro (una telecamera digitale, un videoregistratore, un mixer e qualche microfono) si può allestire una televisione di strada, di isolato o di quartiere che si irradia per poche centinaia di metri sfruttando i «coni d'ombra», cioè quegli spazi vuoti che si creano quando il segnale radiotelevisivo di un trasmettitore incontra degli ostacoli (dislivelli, palazzi, tralicci). Per coprire una città, quindi, una televisione nazionale deve impiegare più di un trasmettitore, lasciando sulla strada centinaia di coni d'ombra a macchia di leopardo. Sfruttando questi spazi completamente liberi è possibile, con un piccolissimo trasmettitore (0,07 watt di potenza, quindi assolutamente non inquinante) trasmettere in un raggio molto limitato senza coprire il segnale di altre emittenti. È una risposta libera e democratica alla gestione mafiosa delle concessioni televisive, bloccate dagli anni ottanta, garantita dall'articolo 21 della Costituzione. Nonostante ciò, chi oggi decidesse di dare vita ad una teletreet rischia da 6 mesi a un anno di reclusione. Tale situazione andrebbe immediatamente sanata dal punto di vista legislativo, prevedendo anzi dei contributi statali per coloro che decidessero di intraprendere questa strada. Grazie alle tecnologie digitali, le migliaia di televisioni di strada che da qui in avanti potrebbero nascere avrebbero l'opportunità di trovare una connessione globale tramite satellite, gestita da una redazione condivisa presso la quale le singole redazioni locali possano depositare i propri lavori in un archivio condiviso e interattivo. Un networking efficace, stimolante e a basso costo. La televisione di strada è una l'espressione promanante dal basso di comunità urbane che, socializzando e autogestendo il medium televisivo, provano a farsi società e, dunque, comunità. Da un certo punto di vista, è il punto di arrivo di un percorso trentennale che ha coinvolto intere generazioni prima nella sperimentazione delle radio libere, poi in quella delle reti informatiche, infine in quella del mediattivismo diffuso; ma, dall'altro lato, è anche un punto di partenza poiché per la prima volta tenterebbe di mettere al lavoro queste esperienze all'interno delle comunità urbane, che sono fatte di condomini, di bar, di marciapiedi, di muretti, tentando di aprire dei varchi in un territorio culturale colonizzato da anni di telenovele, di varietà e di formazione taroccata, offrendo la possibilità a coloro che da sempre sono il target di questo bombardamento mediatico di riprendere la parola. È una sfida alta perché mira a giocare la televisione contro la televisione, ma è anche una formidabile opportunità di democrazia dal basso. La presente proposta di legge mira a valorizzare e a incentivare le nuove forme di televisione comunitaria e senza scopo di lucro o no profit, proponendo una regolamentazione che senza pregiudicare il principio della proliferazione, consenta ai soggetti che intendano intraprendere questo tipo di esperienza di vedere garantito il loro diritto alla comunicazione.



PROPOSTA DI LEGGE


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Art. 1.


(Princípi generali).

 


   1. Il servizio pubblico radiotelevisivo ha carattere di preminente interesse generale ed è volto all'ampliamento della partecipazione dei cittadini e delle associazioni allo sviluppo sociale e culturale del Paese, in conformità ai princípi di libertà, di pluralismo e di partecipazione democratica sanciti dalla Costituzione.


   2. Lo Stato garantisce e promuove la possibilità di accesso ai servizi radiotelevisivi, sia in ambito nazionale che in ambito locale, dei soggetti portatori delle diverse istanze ed opinioni politiche, sociali e culturali, con particolare riguardo alla tutela delle minoranze etniche e linguistiche presenti sul territorio nazionale.


   3. Lo Stato promuove e favorisce lo sviluppo dei sistemi comunitari integrati, nonché l'accesso e la partecipazione dei cittadini agli stessi.


   4. Lo Stato promuove l'adozione di infrastrutture tecnologiche in grado di garantire il minor impatto ambientale e urbanistico nonché la minor emissione di onde elettromagnetiche.

 


Art. 2.


(Riserva di frequenze).


   1. Al fine di favorire l'introduzione delle trasmissioni radiotelevisive su piattaforma digitale terrestre, comportante l'aumento delle frequenze disponibili, lo Stato riserva e garantisce in via esclusiva una quota pari al 10 per cento del bacino di frequenza disponibile, sia in ambito nazionale che in ambito locale, alle televisioni comunitarie, come definite ai sensi dell'articolo 3, e alle televisioni di servizio.

 


Art. 3.


(Televisioni comunitarie).


   1. La televisione comunitaria è caratterizzata dall'assenza di ogni scopo di lucro ed è esercitata da fondazioni, da associazioni anche non riconosciute, espressioni di particolari istanze culturali, etniche, politiche, sindacali, di volontariato e religiose, nonché da società cooperative costituite ai sensi dell'articolo 2511 del codice civile, che hanno quale oggetto sociale prevalente la realizzazione di servizi di diffusione televisiva a carattere culturale, etnico, politico, sindacale, di volontariato e religioso.


   2. La programmazione dei soggetti di cui al comma 1 deve essere costituita da programmi originali autoprodotti che hanno riferimento alle istanze indicate al medesimo comma 1 per almeno il 50 per cento dell'orario di trasmissione giornaliero compreso tra le ore 8 e le ore 22.


   3. Le televisioni comunitarie che operano esclusivamente su bacini di utenza locali devono destinare, oltre alla percentuale stabilita al comma 2, un ulteriore 20 per cento dell'orario di programmazione settimanale all'informazione e, comunque, a programmi legati alle specifiche realtà locali.


   4. La trasmissione di messaggi pubblicitari commerciali di soggetti privati è vietata. Sono consentite la trasmissione di «pubblicità progresso» e la pubblicazione di eventi e di iniziative comunque inerenti le finalità comunitarie.

 


Art. 4.


(Albo delle televisioni comunitarie).


   1. È istituito presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un apposito Albo delle televisioni comunitarie. Ai fini dell'iscrizione all'Albo, la medesima Autorità provvede al controllo del possesso dei requisiti soggettivi e di programmazione di cui all'articolo 3 da parte dei soggetti richiedenti.


   2. Le televisioni comunitarie inviano annualmente all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni:


     a) il palinsesto e la programmazione dell'anno precedente;


     b) il bilancio o, comunque, una relazione sulla situazione finanziaria;


     c) una relazione sull'attuazione degli scopi comunitari, con particolare riguardo allo sviluppo dei sistemi tecnologici di comunicazione integrata.

 


   3. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni promuove azioni dirette a garantire la pluralità nell'accesso al sistema delle televisioni comunitarie, autorizzando e favorendo, ove necessario formazione di consorzi.


Art. 5.


(Divieto).


   1. È fatto divieto di trasformare la concessione per la televisione comunitaria in concessione per televisione commerciale.

 


Art. 6.


(Fondo per la comunicazione).


   1. È istituito presso il Ministero delle comunicazioni il fondo per la comunicazione, finanziato da una quota pari al 20 per cento delle entrate derivanti dal canone di abbonamento televisivo e da una quota pari all'1 per cento degli introiti derivanti alle emittenti televisive pubbliche e private nazionali e locali dalla raccolta pubblicitaria.


   2. Le entrate del Fondo di cui al comma 1 sono destinate alla promozione dello sviluppo di sistemi tecnologici di comunicazione integrata, all'adeguamento e al miglioramento degli impianti emittenti per la riduzione dell'impatto ambientale e urbanistico, con particolare riguardo alla riduzione delle emissioni elettromagnetiche, nonché dello sviluppo delle televisioni comunitarie e delle altre iniziative editoriali, su ogni tipo di supporto, ad esse collegate, con particolare riguardo ad interventi finalizzati a favorire la loro pluralità.

 


Art. 7.


(Televisioni comunitarie di quartiere).


   1. In conformità ai princípi enunciati dall'articolo 1, nonché al principio di proliferazione e di diffusione del sistema informativo e nel rispetto della gestione democratica dello stesso, lo Stato promuove la realizzazione di televisioni comunitarie di quartiere tramite l'utilizzo delle frequenze disponibili nei coni d'ombra derivanti dall'abbattimento del segnale emanato dalle emittenti locali e nazionali.


   2. La televisione comunitaria di quartiere è caratterizzata dall'assenza di ogni scopo di lucro ed è esercitata da persone fisiche, fondazioni, associazioni anche non riconosciute, centri sociali, comitati di quartiere, organizzazioni di volontariato, istituzioni scolastiche e dagli altri organismi territoriali comunque promotori di istanze sociali, culturali, etniche, politiche, sindacali e religiose che hanno la loro sede nel territorio interessato dalla trasmissione della televisione di quartiere o che in tale territorio svolgono prevalentemente la loro attività.


   3. La programmazione dei soggetti di cui al comma 2 deve essere costituita da programmi originali autoprodotti, o comunque prodotti da altre televisioni comunitarie, per almeno il 70 per cento dell'orario di trasmissione giornaliero.


   4. Le controversie eventualmente insorte tra ente locale competente e televisione di quartiere in relazione all'utilizzo delle frequenze disponibili nei coni d'ombra sono devolute alla competenza del giudice di pace. Sono altresí devolute alla competenza del medesimo giudice di pace le controversie tra televisioni di quartiere in relazione all'utilizzo dei siti disponibili per le rispettive trasmissioni.


Art. 8.


(Limiti delle trasmissioni).


   1. È fatto divieto alle televisioni comunitarie di quartiere di trasmettere qualsiasi forma di pubblicità commerciale. È consentita la sola trasmissione di messaggi pubblicitari di sponsorizzazione di eventi e di iniziative di carattere sociale, politico e culturale.


   Le trasmissioni effettuate dalle televisioni comunitarie di quartiere non possono comunque in alcun modo interferire con il segnale trasmesso dai concessionari delle frequenze radiotelevisive.


   3. Gli impianti di trasmissione utilizzati dalle televisioni comunitarie di quartiere non possono avere potenza superiore a 0,5 watt.

 


Art. 9.


(Enti locali).


   1. In attuazione della legislazione vigente, sul decentramento amministrativo, ed, in particolare, dell'attribuzione agli enti locali territoriali delle funzioni di rappresentanza e di tutela delle rispettive comunità, anche attraverso attività di promozione di coordinamento e di sviluppo, è attribuita ai municipi, ove istituiti, o ai comuni la predisposizione di appositi elenchi recanti l'indicazione dei siti disponibili e delle frequenze utilizzabili dalle televisioni comunitarie di quartiere.

 


Art. 10.


(Modalità per la realizzazione delle televisioni comunitarie di quartiere).


   1. I soggetti di cui all'articolo 7, comma 2, interessati alla realizzazione di una televisione comunitaria di quartiere devono presentare agli enti locali competenti ai sensi dell'articolo 9, una apposita domanda, tenuto conto delle frequenze disponibili.


   2. La domanda di cui al comma 1 deve indicare:


     a) l'ambito territoriale di operatività della televisione comunitaria di quartiere;


     b) gli orari indicativi di trasmissione;


     c) le eventuali interconnessioni con i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni presenti sul territorio interessato;


     d) la strumentazione tecnica utilizzata per la trasmissione e la compatibilità della stessa con la legislazione vigente in materia di impatto ambientale e urbanistico;


     e) il rispetto dei limiti previsti dall'articolo 8.


   3. Le televisioni comunitarie di quartiere devono, altresí, inviare agli enti locali competenti una relazione annuale sull'attuazione degli scopi comunitari, con particolare riguardo allo sviluppo delle autoproduzioni e dei sistemi tecnologici di comunicazione integrata e interattiva.

 

Art. 11.


(Disposizione penale).


   1. I soggetti di cui all'articolo 7, comma 2, della presente legge, non sono punibili per le violazioni previste dall'articolo 195 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, come da ultimo sostituito dall'articolo 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223.

 

Art. 12.


(Sistemi informativi integrati).


   1. Le televisioni comunitarie nazionali, locali e di quartiere possono, in via agevolata, costituire un archivio multimediale contente i materiali autoprodotti e dotarsi di un sistema informativo integrato in grado di consentire lo sviluppo di una rete multimediale interattiva con l'utenza.


   2. Le televisioni comunitarie nazionali, locali e di quartiere, organizzate in consorzi, hanno titolo per l'accesso all'utilizzo delle frequenze digitali satellitari.


   3. Il Fondo contribuisce al finanziamento delle televisioni comunitarie nazionali, locali e di quartiere per l'attuazione delle finalità previste dal presente articolo. 





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