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Non sappiamo – non abbiamo avuto occasione di parlarne – se Nicola Zitara abbia letto tutto il resoconto parlamentare dell'interpellanza Avitabile sul corso forzoso oppure solamente l'intervento dello stesso Avitabile. Dalla lettura integrale del resoconto emergono alcune sottolineature che fanno anche parte delle tesi di Zitara:

  • il decreto era illegale in quanto andava a snaturare i rapporti fra la clientela e il Banco di Napoli – lo afferma nel suo intervento il deputato Romano Giuseppe;

  • il decreto danneggiava in maniera palese il Banco di Napoli  – lo afferma nel suo intervento il deputato Minervini;

  • la maggioranza della camera asservita al potere sabaudo fa quadrato sulla norma finanziaria impedendo che la discussione venga rinviata ad altra data – Scialoja dopo gli interventi di Romano Giuseppe e di Minervini capisce che la discussione va chiusa in giornata e così avviene.

Il Banco di Napoli aveva il potere economico-finanziario e le competenze per divenire la banca di emissione del neonato stato ma aveva un grosso difetto, era la banca di un paese sconfitto e sottomesso. Con la complicità dei pretoriani di Cavour, primo fra tutti il ministro delle finanze Antonio Scialoja, il quale non avendo fondate argomentazioni di carattere economico a sostegno delle sue scelte politiche, in commissione si lascia andare a patetiche battute del tipo “Io son nato in Napoli, sicché non si deve temere ch'io desideri un provvedimento che debba nuocere al Banco di Napoli.”.

Zenone di Elea – 25 Aprile 2011

(se vuoi, puoi scaricare il testo in formato ODT o PDF)

Atti parlamentari

CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866

TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866

1980 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE AVVOCATO MARI.


SOMMARIO. Proposizione del deputato Pepoli per il rinvio della discussione del progetto sui provvedimenti finanziari a lunedì, appoggiata dai deputati Costa Antonio, e Minervini — Chiarimenti del deputato Depretis — È approvata. = Presentazione di un progetto di legge per facoltà straordinaria di provvedere con decreti reali alla difesa dello Stato ed alla sicurezza interna — Incidente sul pronto esame del medesimo, e sull'ordine del giorno, sul quale parlano i deputali Lazzaro, Asproni, Sinco, Popoli, Rissarmi, Ncgrotto, Civinini, Massari, Romano G., ed il ministro per l'interno — Deliberazione circa il giorno dell'esame, e della discussione. = Interpellanza del deputato Avitabile circa il decreto 1° maggio corrente relativo al corso forzato dei viglietti della Banca Nazionale, sue censure dei provvedimenti, specialmente in quanto riguardano il Banco di Napoli — Spiegazioni dei deputati Minghetti e Sella — Schiarimenti del deputato Boggio — Risposte del ministro per le finanze all'interpellante — Dichiarazioni del deputato La Porta — Critiche del deputato Scoti del decreto, e sue dichiarazioni sulle condizioni della Banca Toscana — Repliche del ministro — Parole del deputato Pisanelli circa gli atti del ministro Manna — Istanza d'ordine del deputato De Cesare — Schiarimenti del deputato Ricasoli circa il progetto sulla Banca d'Italia — Osservazioni dei deputati Romana Giuseppe e Minervini contro il decreto suddetto — Istanza del ministro — Proposizione dei deputati Avitabile e Valerio — Incidente d'ordine, e domanda di squittinio nominale, ritirata — Si passa all'ordine del giorno, secondo proposta del deputato Venturelli.

La seduta è aperta alle ore 1 1|2 pomeridiane.


MACCHI, segretario, dà lettura del processo verbale della tornata precedente, che è approvato.

GRAVINA, segretario, espone il sunto delle seguenti petizioni:

[…]


ASPRONI. Come si fa di consueto nella Camera, vorrei che la Presidenza ordinasse agli uscieri di portare i biglietti d'invito per l'intervento agli uffici coll'indicazione dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Questa è cosa d'uso e non vi è bisogno di suggerirla.

Dunque si terrà seduta pubblica per lunedì all'ora consueta.


— 1986 —  CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


PEPOLI. Mi permetta l'onorevole presidente un'osservazione: io ho acconsentito di buon grado alla proposta dell'onorevole Massari, ma bo sempre creduto che domani vi potesse essere seduta pubblica. Io vorrei ricordare che l'onorevole ministro dell'interno, che mi duole di non vedere al suo banco, ha domandato l'urgenza di questo progetto di legge.

Ora, siccome lunedì è iscritta la legge sui provvedimenti finanziari, è evidente che non si potrà discutere in tal giorno il progetto sui provvedimenti di pubblica sicurezza e difesa dello Stato.

Ma poiché il signor ministro è tornato al suo banco vorrei sapere da esso se non abbia difficoltà a rimandare la discussione di questo progetto di legge dopo lunedì, o se egli insiste, come credo, per l'urgenza di esso. Ed in verità non capisco perché domani gli uffici non si possano riunire all'ora consueta, o meglio alle ore 9, discutere questo progetto, quindi tenere seduta pubblica, anche più tardi; non veggo scusabile il perché la Camera dovrebbe rimanere chiusa in momenti così solenni, molto più che vi sono in ogni modo anche interpellanze all'ordine del giorno da esaurire, interpellanze ieri annunziate dall'onorevole presidente.

PRESIDENTE. Una delle interpellanze è stata ritirata, e la relazione della Commissione sul progetto di legge relativo al compimento della rete stradale di conto nazionale in Sicilia non è ancora distribuita; quindi per la seduta pubblica di domani non vi sarebbe argomento da trattare.

Il signor ministro per l'interno ha la. parola per fare una dichiarazione.

MINISTRO PER L'INTERNO. Il Ministero non ha maggior urgenza di quanto possa esigere che la discussione del progetto di legge abbia luogo anche lunedì.(Benissimo! a sinistra)

PRESIDENTE. Dunque vi sarà seduta pubblica lunedì all'ora consueta, e questo progetto sarà messo all'ordine del giorno, ritenendo che la relazione sarà distribuita a tempo.

ASPRONI. Domando la parola. (Rumori) P

RESIDENTE. Ma quante volte vuole ella parlare su queste proposte?...

ASPRONI. Non accetto che lei, signor presidente, mi indichi il modo con cui debbo comportarmi, e insegnarmi quando ho diritto di usare della facoltà di parlare.

PRESIDENTE. Che dice l'onorevole Asproni? Sta benissimo al presidente il fargli tale osservazione: sta precisamente a me, che ho il dovere di far osservare il regolamento, il quale non permette che si parli più volte sullo stesso argomento.


ASPRONI. Io intendo fare un'altra proposta. (Rumori)

Propongo che domani vi sia seduta, e ne do le ragioni.

PRESIDENTE. Allora ha la parola.

ASPRONI. Domani c'è l'interpellanza dell'onorevole Avitabile, che è grave ed importante: quando poi mancasse la materia, vi sono le petizioni, che sono un diritto sacro del popolo, signor presidente.

PRESIDENTE. Quanto all'interpellanza del deputato Avitabile, è venuto al banco della Presidenza l'onorevole deputato Romano Giuseppe, ed ha dichiarato che era incaricato dall'interpellante medesimo di chiedere che fosse differita...

ROMANO GIUSEPPE. Domando la parola. (Rumori)

PRESIDENTE.... Aggiungo poi che nessuna interpellanza può essere messa all'ordine del giorno senza prima aver sentito il ministro a cui è diretta, e senza che la Camera, udito il ministro, abbia fissato il giorno in cui debba essere svolta. Io quindi, non essendo presente il ministro delle finanze, non potrei proporre di mettere all'ordine del giorno per domani l'interpellanza dell'onorevole Avitabile, quand'anche egli intendesse di farla, e non mi fosse stata fatta la dichiarazione dell'onorevole Romano, perché, non essendo presente il ministro delle finanze, non può sapersi se egli consentirebbe di accettarla per la seduta di domani.

ROMANO GIUSEPPE. Questa mattina in una riunione che si è tenuta intorno all'interpellanza di cui è proposito, si era stabilito che non se ne desse conoscenza alla Camera, prima che l'onorevole interpellante Avitabile venisse a dichiarare al presidente se fosse pronto o no a farla. Ecco quello che io mi fo debito di dichiarare a conferma di quanto osservava l'onorevole presidente.

AVITABILE. Domando la parola.

PRESIDENTE. Ha la parola.

AVITABILE. Io ho presentato ieri un'interpellanza al presidente della Camera, ma prima di presentarla ho avvisato il ministro delle finanze che l'avrei presentata. Alcuni miei amici mi hanno premurato (Susurro) di non fare più questa mattina l'interpellanza, ed io ho risposto che, anche quando il presidente domandasse al ministro se stesse comodo oggi stesso, io avrei pregato il presidente ed il ministro di differirla a domani. Mi fa però grandissima sorpresa come l'onorevole ministro delle finanze in questo momento non sia presente alla Camera. (Bravo! Bene!) Una voce. Non ci sorprende affatto.

AVITABILE. Io pregherei l'onorevole presidente che, trattandosi di un affare che interessa il paese, volesse scrivere al ministro delle finanze se acconsenta a rispondere domani a questa interpellanza (Bravo!)

MINISTRO PER L'INTERNO. Farò osservare alla Camera che all'infuori del disegno di legge sui provvedimenti finanziari, l'onorevole ministro delle finanze non vedeva nell'ordine del giorno d'oggi altro progetto di cui egli dovesse sostenere la discussione.


— 1987 —  TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Non so adunque come abbia potuto maravigliarsi l'onorevole Avitabile di non vedere presente il mio onorevole collega, il quale è stretto da molte cure in guisa da essere moltissimo occupato fuori della Camera quando non vi è chiamato da qualche discussione a cui egli debba prender parte. (Risa di assenso — Entra in questo momento il ministro per le finanze)

Voci. Eccolo! Eccolo!

MINISTRO PER L'INTERNO. D'altronde il deputato Avitabile vede che è soddisfatto il suo desiderio, perché il ministro delle finanze è ora entrato in quest'Aula.


INTERPELLANZA DEL DEPUTATO AVITABILE

CIRCA IL DECRETO 1° MAGGIO CORRENTE

SOPRA I PROVVEDIMENTI STRAORDINARI DI FINANZA.


PRESIDENTE. Essendo presente l'onorevole ministro delle finanze, gli domando quando intende di rispondere alla interpellanza dell'onorevole Avitabile che è in questi termini:

«Il sottoscritto domanda di interpellare l'onorevole ministro delle finanze, in seduta pubblica, intorno al decreto del primo maggio e intorno al corso forzoso dei biglietti della Banca Nazionale e se intende ovver no di riparare alle dannose conseguenze della sua applicazione.» (Movimenti)

SCIALOJA, ministro per le finanze. Sono pronto a rispondere fino da questo momento. (Bravo! Bene! a destra)

CORTESE. Domando la parola.

PRESIDENTE. L'onorevole Cortese ha presentato anch'esso un'interpellanza sullo stesso argomento. Ne darò lettura.

«Il sottoscritto desidera d'interpellare l'onorevole ministro delle finanze intorno al senso di talune disposizioni del reale decreto del 1° maggio corrente sul corso forzoso dei biglietti di Banca.»

Intende l'onorevole ministro di rispondere ora anco a quest'interpellanza?

MINISTRO PER LE FINANZE. Anche a questa.

PRESIDENTE. L'onorevole Avitabile ha la parola.

AVITABILE. Signori, debbo dichiarare che sono stato comandato dai miei amici... (Ilarità generale)

PRESIDENTE. Ma nessuno le può comandare!

BOGGIO. Si comanda ai servitori, non ai deputati?

AVITABILE. Sono stato invitato, non facciano rumore per una parola che mi è sfuggita inavvertentemente, sono stato invitato da miei amici a differire l'interpellanza.


Protesto da prima che io nel dirigere all'onorevole ministro delle finanze quest'interpellanza, non intendo di difendere questo o quell'istituto, non intendo di difendere questa o quella parte d'Italia, intendo di dirigere quest'interpellanza nell'interesse comune del paese, per il bene del paese, per il bene dell'Italia.

Se occorrerà di dovere parlare particolarmente di qualche istituto, anzi di più istituti che sono danneggiati dal decreto del 1 maggio, non è per altro che per dimostrare gli effetti dannosi di questo decreto.

E come sento all'orecchio susurrare il prodigioso aumento della rendita, incomincierò da dove avrei dovuto finire; questo decreto, si dice, vedete qual effetto, produsse nel paese; il corso della rendita è al 53 25. Ed è precisamente per questo che ne sono dolentissimo ed addolorato dell'effetto; perché sapete, o signori, che cosa significa oggi in Italia l'aumento della rendita dal 42 al 53 25? Significa che gli 11 punti di più sono le differenza del valore di meno della carta a fronte del numerario.

A Parigi la rendita sta al 43 25, a Napoli sta al 53 25, perché a Napoli si paga colla carta, e perché sopra ogni napoleone oggi a Milano, a Livorno, a Napoli c'è già il dieci per cento di sconto.

Voci. Il cinque!

AVITABILE. Insomma sia quel che si voglia, la base fondamentale è che la differenza che passa tra il numerario e la carta, è l'aggio che si paga per avere il numerario.

Se oggi comperate la rendita e convenite il pagamento a danaro sonante, voi la pagherete 43 25 quanto più o meno si paga a Parigi. Siccome a Napoli, a Livorno, a Firenze, a Milano si paga in carta, lo ripeto, il corso è al 53. A me non me ne impone quest'aumento fittizio, perché è una illusione come tante altre.

Il decreto 1 maggio, o signori, risolve la più grave questione economica che ha l'Italia.

Con questo decreto il ministro delle finanze ha risolta col fatto una questione che doveva risolvere il Parlamento, una questione la quale ventilata in altri rincontri, il Parlamento fece comprendere che non inclinava molto per le idee che dominano nel decreto.

Il 19 dicembre il Parlamento espresse la sua opinione di non voler vedere in alcun modo pregiudicata la questione della Banca unica.

Il ministro delle finanze, poco curando il voto del 19 dicembre, che io credo doveva egli tenere a guida, pregiudicò la questione. Se la Camera, nel 19 dicembre sol perché l'antecedente ministro non volle dichiarare di non eseguire il decreto pel servizio di tesoreria sino a che non veniva convertito in legge, ha disapprovato la sua condotta perché quel decreto pregiudicava la questione della Banca. Oggi non può approvare la condotta del ministro che segnò il decreto del 1° maggio che pregiudica egualmente la questione.


— 1988 —  CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


La questione della Banca sta oggi in discussione presso la Camera, ed io ho avuto il dolore di sentire che per un mese il ministro delle finanze non rispose alla Commissione che dimandava alcune notizie, dimodoché se avesse risposto la Commissione a quest'ora forse avrebbe presentata la relazione, e forse anche sarebbe risoluta la questione della Banca ed io non sarei qui venuto, a fare questa interpellanza. Si dice, il ministro delle finanze ha dovuto fatalmente pubblicare il decreto del primo maggio, l'ha dovuto pubblicare per una necessità, ed a fronte della necessità non si doveva aver riguardo a nessuno. Noi avevamo bisogno di creare un nuovo valore perché non avevamo solamente bisogno di rifornire le casse dello Stato, ma avevamo bisogno di creare un valore, perché la moneta era scarsa, nella circolazione. Io non sono tra coloro che negano questo fatto economico. Io convengo che attualmente in Italia manca la moneta circolante. Non voglio adesso incomodare la Camera delle ragioni che produssero tale mancanza, per me le trovo nella condotta del Governo durante i 5 anni, e nel monopolio riprovevole della Banca Nazionale. Non mi tratterrò a specificare i fatti; non è questo il momento lo farò in altro rincontro più opportuno.

Per ora debbo parlare del decreto del 1 maggio. Il ministro delle finanze aveva bisogno di 250 milioni, e per questo creò forse la circolazione forzosa di 250 milioni? No. Sapete che cosa fece? Per avere 250 milioni creò la circolazione forzosa di 800 o 900 milioni di carta. Io domando, se in luogo di creare la circolazione forzosa da 800 a 900 milioni di carta, si fosse creata la circolazione forzosa di 250 milioni, quale sarebbe stata la conseguenza? La conseguenza secondo il mio modo di vedere, è chiara, ed è, che la circolazione della carta in Italia sarebbe stata a quella del numerario come di uno a quattro, poiché anche nello stato attuale io credo di poter assicurare la Camera che in Italia ci sono oltre 750 milioni di numerario effettivo in circolazione; io ho elementi da dimostrare che ci sono: non sono sufficienti, convengo, ma esistono. La ristretta emissione di carta prima di tutto non avrebbe prodotto una grande perturbazione; ma, secondo me, l'utile maggiore non consisteva solo in questo. Credete voi che se si dichiarerà la guerra, come spero, i 250 milioni saranno sufficienti? Io credo che no, e credo che il signor ministro non mi potrà rispondere che sì. Come farà dunque per avere degli altri milioni? Non avrà altro mezzo che ricorrere alla stessa Banca Nazionale, mettendosi a sua discrezione se glieli vorrà dare, ed a quali condizioni.

Al contrario se il signor ministro delle finanze creava 250 milioni di biglietti governativi e li distribuiva per tutte le istituzioni di credito, e ciascuna istituzione mettendo la sua firma ai biglietti li metteva in circolazione, quali erano le conseguenze? Le conseguenze erano che se tra poco al ministro delle finanze nasceva il bisogno di altri 250 milioni, li avrebbe potuti mettere e distribuire egualmente fra tutti gli istituti di credito aprendo un conto corrente.



Così solo e non col suo mezzo il signor ministro poteva tenere a sua disposizione per la guerra da 800 a 900 milioni.

È dunque chiaro che non era interesse della nazione che l'operazione si facesse nel modo nel quale fu fatta; il modo come fu fatta non era indispensabile né era unico. E se resta provato che il modo di contrarre l'imprestito non era indispensabile, vediamo ora le conseguenze che derivano dall'averlo adottato.

Io so che a Livorno, a Napoli, a Milano le preoccupazioni sono ben grandi, e molti dei miei amici che stanno nella Camera hanno già notizie a tal riguardo, e non mi smentiranno.

Tutti coloro che debbono introitare per contratti precedenti il prezzo di merce od altro debbono perdere il 10 per cento e sino al 15, vale a dire quanto la carta perde quando si vuol convertire in numerario, e ciò indipendentemente dall'ignota perdita alla quale si va soggetti per i contratti che si fanno da ora innanzi, a causa del possibile depreziamento della carta.

Ma mi si potrà dire: la carta che voi proponete non presenta le stesse difficoltà?

Io credo di no, perché altro è l'avere 800 milioni di carta in circolazione forzosa, altro l'averne 250; essendo la carta in minor proporzione nella circolazione, certamente deve portare minor perturbazione. Ma ci è un'altra ragione per la quale la carta da noi proposta non soffrirebbe tanto depreziamento, e dico noi, perché la prima idea non è stata mia, è stata d'un onorevole membro della destra, dell'onorevole Torrigiani. Tal carta, distribuita dal Governo alle diverse istituzioni di credito per metterla in circolazione colla loro firma, portava con sé il credito del Governo ed il credito delle singole istituzioni che l'emettevano.

La carta, per esempio, emessa dalla Banca Nazionale nel Piemonte e nella Lombardia certamente non avrebbe incontrato difficoltà nella circolazione.

Così la carta emessa dalla Banca toscana avrebbe avuto gran credito in Toscana, e così la carta emessa dal Banco di Napoli e di Sicilia nelle provincie meridionali e nella Sicilia. Insomma è nella natura delle cose che le convinzioni non s'impongono, il credito bisogna ispirarlo; e quando una istituzione di credito non ha credito presso qualche popolazione, voi potete fare tutto quello che volete, non otterrete nulla.

Il Governo dovea valersi del credito delle diverse istituzioni, e non crearne uno forzoso, fittizio, immaginario, un credito che non è credito. Il Governo non deve galvanizzare i cadaveri e distruggere i vivi.

Passo ora a parlare delle singole istituzioni, e incomincierò dalla Banca toscana. Sapete, o signori, che posizione ha creata il decreto del primo maggio alla Banca toscana? È una posizione ben strana! il decreto non ha dato il corso forzoso ai biglietti della Banca toscana; però, quando si presentano, la Banca deve soddisfarli? e come deve soddisfarli? 0 in contanti o in biglietti della Banca Nazionale. Ma, domando io, come può la Banca toscana procurarsi questi biglietti?


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— 1989 —  TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Se li deve procurare col contante; non ba altro mezzo. In somma, trattandosi di due istituzioni bancarie della stessissima natura, come sono la Banca Nazionale e la Banca toscana, ad una si toglie l'obbligo di soddisfare il biglietto, all'altra si conserva dichiarando solo che ba la scelta di soddisfarlo in contanti o in biglietti della prima.

La Banca toscana per procurarsi i biglietti non ha altro mezzo che quello di trasferire la sua riserva metallica nella così detta sacristia della Banca Nazionale. In effetto la Banca toscana, come sono assicurato da onorevoli membri che hanno in essa interesse, sin da oggi stesso ha dovuto diminuire tutte le sue operazioni perché non ha i fondi necessari per compierle, mentre l'istessa Banca Nazionale, questa mattina stessa (e questo è un fatto veramente scandaloso) mandò a realizzare in contanti i biglietti.

Mi sembra quindi chiaro che la posizione creata dall'onorevole ministro delle finanze alle altre istituzioni di credito in Italia, è di averle infeudate tutte alla Banca Nazionale, come ha infeudato la nazione.

Quando la Camera ha dati i pieni poteri non ha inteso mai di darli in questo senso; anzi noi pria di dare il voto cercammo dei chiarimenti ad alcuni onorevoli membri della Commissione, i quali nettamente hanno espresso a me ed ai miei amici che il ministro delle finanze solennemente aveva dichiarato alla Commissione che non si sarebbe servito di questi poteri eccezionali per dare il corso forzato ai biglietti...

BOGGIO. Domando la parola por rettificare... (Rumori a sinistra) Come segretario della Commissione...

PRESIDENTE. Parlerà quando le spetterà la parola.

AVITABILE. Dichiaro che questa rettifica non riguarda né me, né i miei amici; riguarda i membri della Commissione ed il ministro delle finanze. Se il ministro delle finanze ed i membri della Commissione non si sono intesi, peggio per loro, ma noi certamente nella sala dei Duecento abbiamo avuto pubblicamente questa dichiarazione.

MAROLDA-PETILLI. L'hanno detto a me! (A sinistra. È vero! è vero!)

SELLA. Domando la parola.

AVITABILE. È necessario che il paese sappia che noi non avremmo dato il voto senza di questo.

Una voce a destra. Non l'avreste dato voi.

AVITABILE. Noi abbiamo votato colla certezza che il ministro delle finanze non si sarebbe servito dei poteri eccezionali per distruggere le istituzioni di credito esistenti in Italia. (A sinistra. Benissimo!) Con questa certezza abbiamo votato io ed i miei amici.



Lo dichiaro pubblicamente e voglio che il paese lo sappia. Se gli onorevoli Nicotera e La Porta non avessero date queste assicurazioni, noi non avremmo votato quella legge.

LA PORTA. Domando la parola per un fatto personale.

AVITABILE. Non parlo del Banco di Sicilia, poiché, quantunque abbia scritto per aver notizie, non le ho ancora avute; passo quindi a parlare del Banco di Napoli.

Vediamo quale è la posizione che il ministro delle finanze ha creato al Banco di Napoli.

lo avrei sperato almeno che l'onorevole ministro delle finanze prima di pubblicare il decreto 1 maggio, tenesse sotto gli occhi la situazione del Banco di Napoli al 31 marzo. È necessario che la Camera tolleri che io mostri, a volo d'uccello, come suol dirsi, il credito del Banco di Napoli. Io non voglio parlare dettagliatamente di quest'istituzione, voglio solo mostrare la potenza del suo credito; voglio parlare di quella potenza che tutti i ministri delle finanze del regno d'Italia tentarono di distruggere, e che ora l'onorevole ministro delle finanze Scialoja ha distrutta.

MINGHETTI. Non è vero!

Voci a sinistra. È verissimo.

AVITABILE. Parlerò di lei a suo tempo, signor Minghetti.

SELLA. Domando la parola per un fatto personale. (Rumori)

PRESIDENTE. Facciano silenzio; signori.

AVITABILE. La questione, signori, è grave, la questione interessa il paese, la questione non interessa individui, ed io non ho attaccati gli onorevoli ministri delle finanze come privati (Risa a destra); sono persone rispettabilissime tutte come privati, ma quando parlo alla Camera ho diritto di censurare i loro atti come ministri; potranno difendersi, ma io cito documenti per dimostrare ciò che dico. Il Banco di Napoli era la prima istituzione dell'Italia; il Banco di Napoli ha avuto una gran potenza, o signori; poco tempo prima della rivoluzione del 1848 aveva 238 milioni di numerario nelle sue casse. In ottobre 1859 aveva 82 milioni di numerario. (Risa a destra) Con i rovesci del 1860 la sua riserva metallica... (Rumori di disapprovazione)

Voci a destra. Rovesci?

SCIALOJA, ministro. L'oratore deve ritirare subito la parola. Io protesto altamente contro la qualificazione di rovesci data al movimento nazionale che produsse la caduta dei nemici dell'Italia!

Voci a destra. Sì, la ritiri subito. (Rumori)

AVITABILE. Con i rovesci dei troni... (Altri rumori) Ma se non mi vogliono lasciar parlare.

Con i rovesci dei troni del 1860... (Oh! oh!)

Mi lascin parlare.


— 1990 —  CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


MICELI. Non è buona fede l'interpretare così le parole.

PRESIDENTE. Sono pregati di non fare tutti questi rumori.

DI SAN DONATO. Pregherei il presidente a imporre lo stesso ordine anche alla destra.

PRESIDENTE. All'ordine lei, signor Di San Donato. Io prego tutti ugualmente a far silenzio,

MICELI. Rispettate i deputati, o signori.

DI SAN DONATO. Rispettate la libertà.

Voci a destra. Le rovine dei Borboni non sono rovesci; ma vittorie.

AVITABILE. Con i rovesci dei troni del 1860 la riserva metallica del Banco di Napoli era diminuita di 34 milioni, però immediatamente il suo credito è ritornato in su, quando ai principii del 1861 si è pronunziata la prima sentenza di morte del Banco di Napoli dal ministro delle finanze d'allora.

Esiste una ministeriale colla quale si è detto al Banco di Napoli: voi dovete cessare di fare operazioni di sconto dal momento che sarà impiantata in Napoli una sede della Banca Nazionale. I Napolitani si opposero a questo ed il Ministero delle finanze retrocedè, permettendo che la Banca Nazionale s'impiantasse senza che cessassero le operazioni del Banco di Napoli. Ecco il primo fatto. Domando se questo fatto non era un tentativo per distruggere il Banco di Napoli. Nel 1862 era ministro l'onorevole Sella, uomo più positivo del precedente ministro, perciò pria di tentare qualunque cosa ha detto: vediamo che cos'è questo Banco di Napoli, ed io allora, direttore di quell'istituto, ebbi l'onore di esser chiamato a Torino per discutere con una Commissione sulla natura del Banco di Napoli, sulle sue operazioni, sul suo credito, e se la Banca Nazionale poteva supplire alle operazioni del Banco. L'onorevole Sella allora si convinse che il Banco di Napoli valeva qualche cosa. Dopo dell'onorevole Sella è venuto l'onorevole Minghetti che ha pure domandato la parola.

L'onorevole Minghetti, presidente allora del Consiglio dei ministri e ministro delle finanze, credo che non possa sconvenire di dover dividere la responsabilità dei suoi compagni, tanto più che l'onorevole ministro che segnava una circolare non è più nel numero dei vivi...

PISANELLI. Domando la parola.

AVITABILE.... e in conseguenza non sarebbe al caso di poter rispondere.

Una voce a destra. Era un galantuomo.

PRESIDENTE. Facciano silenzio: risponderanno.

AVITABILE. L'onorevole Minghetti dunque era presidente del Consiglio quando l'onorevole ministro Manna ha scritto alla Camera di commercio di Napoli, che il Governo era risolto di far cessare le operazioni della Cassa di sconto del Banco di Napoli.



Fu allora che con una petizione con migliaia di firme del commercio di Napoli, dei cittadini più distinti, di impiegati, della popolazione tutta, si è chiesto che non di distruggesse la Cassa di sconto.

Dopo questo fatto che dimostra tanto chiaro, tanto splendido il tentativo di distruzione, io non comprendo come in questo recinto si osi dire che non si tentò mai di distruggerlo. (Bene! a sinistra)

Dopo ciò il ministro Manna mi chiamò a Torino (sono cose che è necessario si sappiano); a Torino mi dice: il Governo ha bisogno di una istituzione di credito, alla quale possa ricorrere nei momenti di bisogno; per provvedere a questo interesse del Governo, è necessario che il Banco di Napoli cessi di fare sconti.

Il cavaliere Bombrini direttore della Banca Nazionale presente alla discussione soggiunse che altrimenti, essendo le operazioni del Banco di Napoli garantite dal Governo, la Banca non poteva sostenere la concorrenza. Io risposi allora al cavaliere Bombrini: come volete che faccia ombra il Banco di Napoli alla Banca Nazionale? Se la Banca è così solida, non potrà aver paura del Banco di Napoli.

Il cavaliere Bombrini ripeté che il Banco di Napoli faceva ombra alla Banca Nazionale, per la garanzia del Governo.

Io allora a nome del Banco di Napoli, a nome della città di Napoli, e delle provincie meridionali risposi che il Governo poteva benissimo ritirare la sua garanzia. Fu per questa ragione, e per far cosa grata alla Banca Nazionale, che col decreto del 27 aprile 1863, il Governo ha riordinato il Banco di Napoli; e sa la Camera quali sono state le conseguenze? Che dopo il decreto di riordinamento, da 44 milioni di numerario che il Banco di Napoli teneva nelle sue casse, al 31 dicembre dello stesso anno 1863, la sua riserva metallica era ammontata a 64 milioni.

Ora udite, signori, la forza del credito di questa istituzione secolare, la cui vita è continuamente minacciata per l'influenza della Banca Nazionale sul Governo. Quando, o signori, io parlo dell'epoca del 31 dicembre 1863 del Banco di Napoli, parlo di un'epoca in cui i depositi volontari non esistevano più, perché a quella epoca con tante vie aperte da impiegare il danaro nessuno più lo depositava presso il Banco di Napoli senza interessi. Erano polizze quasi tutte emesse per operazioni commerciali, e che restavano per forza di credito del Banco nella circolazione per un tempo più lungo della scadenza degli effetti scontati.

Dopoché il Banco di Napoli fu liberato dal suo tutore che era il Governo, allora bisognava immaginare qualche cosa di grande, non per fare il bene solo del Banco di Napoli, ma, lo ripeto, per fare il bene della nazione.

Io manifestai più volte all'onorevole Sella che il Banco di Napoli era una istituzione tale che bene amministrata in un momento di pericolo, avrebbe potuto salvare la nazione, e lo ripeto adesso.


— 1991 —  TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Io ebbi pure l'onore di sottoporre all'onorevole ministro Minghetti un progetto che avrebbe messo il Banco di Napoli precisamente nella condizione di aver oggi quei 238 milioni di riserva metallica, che in altri tempi aveva. E sapete quale era questo progetto?

Era un progetto che, approvato in piccola proporzione sotto la dittatura del generale Garibaldi, era diretto a far sparire dalla circolazione la moneta borbonica, e che l'onorevole ministro Pepoli ha sospeso per una ragione imponentissima, per preparare la legge sull'unificazione del sistema monetario, poiché volendo introdurre una rinnovazione radicale nel sistema, vale a dire la moneta divisionaria al titolo non più di 900, ma di 835, non poteva permettere la continuazione della fabbricazione di moneta al titolo di 900. Sospesa per questa ragione quella limitata fabbricazione, io studiai un progetto pel ritiro e l'unificazione dell'intiera moneta borbonica; in tale occasione venni in chiaro più o meno, dell'effettiva quantità di moneta che stava in circolazione in Italia, ed è perciò che sono stato ora al caso di dare assicurazioni alla Camera.

Il Banco di Napoli, secondo il progetto da me presentato al Minghetti, avrebbe ritirato tutta la moneta borbonica con le sue polizze, e tramutata in moneta italiana.

Questa grande emissione di polizze, mano mano che si ritirava la moneta, dava al Banco di Napoli uno sviluppo tale che se non faceva aumentare la riserva metallica a 400 milioni la portava certo a 200, perché le polizze del Banco di Napoli rientrano in uno spazio di tempo più lungo di quello che rientrano i biglietti della Banca Nazionale. Ed ora il Banco di Napoli in luogo di 29 milioni di riserva metallica ne avrebbe 200, si potrebbero fare ben altre operazioni di quelle che il ministro delle finanze ha fatte con la Banca.

Per una fatalità, della quale non mi è permesso di parlare, il progetto accettato dal Minghetti, anzi il contratto stipulato, non è stato eseguito, quantunque, anche quando io non era più direttore del Banco, il Governo avesse dichiarato che aveva l'intenzione di eseguirlo.

La ragione per la quale non si è eseguito, io non la conosco precisamente: credo con qualche fondamento che non si è eseguito per non recare dispiacere alla Banca Nazionale.

Dimandata a qualche mio amico la ragione per la quale questo contratto non si era eseguito, ed avendomi detto che lo caratterizzavano una mia utopia, ho creduto di far esaminare il progetto da persona competente, per vedere se era una mia utopia. Lo mandai in Francia al barone Rothschild, il quale lo fece esaminare da uno degli uomini tecnici più distinti che esistono in Europa in questo genere, da M. Michel Puisat, che lo ha approvato;



anzi è venuto anche a Napoli a studiare le circostanze locali, ed ha dichiarato che il progetto era eseguibile colla spesa da me prevista di 4 a 5 milioni; di modo che il Banco, che percepiva dal Governo 9 o 10 milioni per l'operazione, guadagnava 4 o 5 milioni, ed il Governo, che aveva fatto votare dal Parlamento 14,700,000 lire, economizzava altrettanto non solo, ma economizzava anche il capitale circolante per l'operazione.

Siccome si metteva in dubbio che il Banco non voleva più fare l'operazione, perciò feci premura a M. Michel Puisat, incaricato dal barone Rothschild di parlare egli stesso col direttore del Banco, che, nel caso il Governo continuasse nell'intenzione di eseguire il contratto, ed il Banco non credesse di voler assumere intieramente il rischio, in tal caso il barone Rothschild facilmente si sarebbe deciso ad assumere gli obblighi del Banco, a determinate condizioni.

D'allora non mi sono più brigato di questo affare, poiché io l'aveva proposto nell'interesse principalmente del paese, ed ho parlato adesso di tal progetto solo per mostrare all'Italia come si trattarono per l'addietro i suoi interessi.

Il Governo, non dando esecuzione a questo contratto col Banco di Napoli, ha speso parecchi milioni finora, e la moneta è ancora in gran parte in circolazione.

La Banca Nazionale ha fatto e fa un grande vantaggio negoziando con capitali non suoi una imponente massa metallica; citerò un ultimo fatto scandaloso, ed è che la Banca appaltatrice della fabbricazione della moneta pretendeva che il Governo facesse battere i 50 centesimi a Torino e non a Napoli dove stava la materia metallica, perché a Napoli esiste la forza motrice col vapore, mentre a Torino è ad acqua. La Banca quindi a Torino economizzava la forza motrice, ma il Governo pagava il trasporto della materia da Napoli a Torino. Alcuni operai della zecca si sono rivolti a me come ex-direttore. Dalla direzione del Banco dipendeva con l'antico organico anche la zecca. Io dapprima non voleva crederlo, ma dopo ho dovuto riconoscere che l'ordine era stato già comunicato dal Ministero delle finanze ed in tempo dall'onorevole Scialoja, e se venne poi rivocato lo fu per interposizione forse di qualche persona autorevole, poiché in verità io non me ne volli mischiare.

Prima di tornare a parlare del decreto, giacché annoierei la Camera se volessi enumerare tutti i fatti di questo genere, domando all'onorevole presidente cinque minuti di riposo.

(La seduta è sospesa per cinque minuti)

PRESIDENTE. I signori deputati sono pregati di ritornare ai loro posti.

Il deputato Avitabile ha la parola per continuare il suo discorso.

AVITABILE. Il decreto dell'onorevole ministro delle finanze stabilisce una massima nel mondo finanziario per me affatto nuova, che un'istituzione di credito la quale in luogo di avere un danno per un'operazione che fa col Governo ne ha invece un vantaggio immenso, deve esser pure compensata


— 1992 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


non solo per quanto il Governo si serve del suo credito, ma anche per la parte che si serve del credito altrui. Il ministro delle finanze ha stabilito col decreto in disamina che la Banca Nazionale, la quale ottiene dall'operazione fatta col Governo un vantaggio immenso (ed il vantaggio ve lo dicono le sue azioni), debba percepire pure l'1 1|2 per cento, non solo su quella quantità di carta che usa il ministro delle finanze per metterla in circolazione, ma anche su quella che l'onorevole ministro deposita presso le altre istituzioni di credito, ritirando altri biglietti o fedi per metterli con più facilità in circolazione in alcune regioni.

Ho domandato su di ciò privatamente delle spiegazioni all'onorevole ministro delle finanze, ma come andava un po' di fretta, non me le ha potute dare. Soddisferà ora, spero, la mia curiosità a tal riguardo.

In America si è messa una tassa sopra il corso dei biglietti; il Governo quindi li dispensa e ne ritrae l'utile non solo della tassa, ma quello ancora dell'ammortizzazione di una determinata quantità di rendita che gli istituti di credito depositano per garanzia dei biglietti oltre la riserva metallica.

Mi potrebbe rispondere l'onorevole ministro delle finanze ch'egli non ha fatto un'operazione come quella d'America; ma io sostengo che sia identica a quella precisamente, colla differenza che in America il Governo l'ha fatta per conto suo, in Italia l'onorevole Scialoja l'ha fatta fare alla Banca Nazionale; insomma la parte che rappresenta lo Stato in America, in Italia la rappresenta la Banca Nazionale.

In America cosa fa il Governo, o signori? Distribuisce i biglietti a tutte le istituzioni di credito per metterli in circolazione, dando una garanzia al Governo. Ora l'onorevole ministro Scialoja con il decreto del 1° maggio cosa ha fatto? Ha data la facoltà alla Banca di creare un biglietto, ed ha detto: questo biglietto rappresenta la moneta ed ha corso forzoso come la moneta. Vedremo tra poco quali saranno le conseguenze dannose all'Italia di queste disposizioni. Per ora è indubitato che l'istituzione che sola ha il diritto di avere un biglietto con circolazione forzosa per tutta Italia come la moneta, è la Banca Nazionale; le altre disposizioni che leggete negli articoli che riguardano il Banco di Napoli, la Banca toscana, sono un'illusione, signori!

Non sono una realtà, perché nel modo come stanno scritti non producono le stesse conseguenze, ed è chiara la dimostrazione riflettendo solo che la Banca toscana, il Banco di Napoli e quello di Sicilia possono pagare sia con danaro contante sia con biglietti della Banca Nazionale, è perciò che quei biglietti soli si vollero assimilare alla moneta.

Il ministro delle finanze dunque ha creato un'altra moneta, e la diede tutta alla Banca Nazionale, e ciò spero non vi sarà alcuno in questa Camera che non lo veda chiaro. Io domando all'onorevole ministro: se avevate bisogno di creare una circolazione per 250 milioni, perché avete dato il corso forzoso a tutta la vecchia circolazione?



Quando avete data la facoltà alla Banca di fabbricare moneta, sapete che vi fa la Banca? Ritirerà nelle sue casse tutto il resto del numerario che esiste in Italia, come ha praticato sino a questo momento nella piazza di Napoli, e forse nelle altre d'Italia; essa aumentando la sua riserva metallica collo smercio stesso dei biglietti, può emettere sempre altri e poi altri biglietti.

Dio sa quali altre dannose conseguenze produrrà questo fatto, quando si toglierà il corso forzoso e tutti correranno per ritirare il numerario. La Banca Nazionale è indubitato non ha quel credito che dovrebbe avere. Infatti quando era semplicemente Banca sarda aveva una circolazione (parlando sempre dei tempi normali, non dei tempi in cui il Governo fece gl'imprestiti, perché allora il numerario era del Governo), dico aveva in circolazione 120 milioni circa; quando è diventata anche Banca lombarda è scesa a 110 circa, quando è arrivata a Napoli scese a 100, in Sicilia a 90, in fine quando si estese ad altre provincie scese ad 80 circa. Quando un'istituzione gode la fiducia del paese, quanto più si estende, tanto maggiore deve essere la circolazione dei suoi biglietti, e maggiore deve essere il suo numerario in cassa.

Ma sapete perché alla Banca Nazionale è accaduto il contrario? Perché la Banca non aveva credito in quelle provincie, e per ciò che più si estendeva, più dava agio al pubblico di cambiare i suoi biglietti. Nelle provincie meridionali è avvenuto un caso ancora più grave, ed è che la Banca ha cambiato un numero di biglietti maggiore di quello che ivi aveva portato; ciò che chiaramente dimostra che neanche nelle altre provincie dello Stato gode completa fiducia, altrimenti i biglietti non andavano a Napoli al cambio.

Questa istituzione insomma, che si vuole mettere alla testa del paese, che vuole invadere tutta l'Italia, non gode il credito degl'Italiani; essa non ha altro che il credito che impone per forza il Governo alle popolazioni, pressura del Governo ch'è riuscita e riuscirà sempre dannosa e pericolosa.

Per il mutuo di 250 milioni il tesoro corrisponde alla Banca su tutto l'ammontare l'interesse in ragione dell'uno e mezzo per cento pagabile a semestri maturati; ora io domando all'onorevole ministro, s'egli ha preveduto il caso contemplato nell'articolo 10, che, portando nelle provincie napoletane e siciliane una porzione di questi 250 milioni di biglietti, avrebbe incontrato delle difficoltà a metterli in circolazione, perché non ha contrattato direttamente col Banco di Napoli una porzione del prestito senza pagare aggio a chicchessia? Facendo diversamente, egli non ha fatto che l'interesse della Banca Nazionale, in danno del credito di quell'istituto, e dei terzi suoi creditori.

L'articolo 10 è chiaro, in esso sta scritto così:

«Il ministro delle finanze, potrà depositando presso gli istituti di credito (badate, depositando) di cui all'articolo 4, biglietti della Banca Nazionale pagati al tesoro pel mutuo di cui all'articolo 1, facendosi rilasciare rispettivamente da ciascuno di essi istituti egual valore in titoli loro propri.»


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— 1993 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Il ministro delle finanze mi risponderà che questo non nuoce. Convengo che non nuoce sino ad un certo punto, vale a dire, fino a tanto che il ministro delle finanze o chi per esso va a cambiare le polizze rilasciate da questi istituti, e gli istituti gli consegnano i biglietti della Banca.

Ma in quanto al dare ed all'avere, vediamo, signori, se nuoce al loro credito. Nuoce moltissimo.

Io credo che il danno pel Banco di Napoli è evidente; quell'istituto si trova di avere più credito della Banca Nazionale, ma per ora la sua riserva metallica è scarsa; una istituzione la quale non ha più che 29 milioni di numerario che rimangono sequestrati, e che teneva già in circolazione il 31 marzo 96 milioni di polizze, come volete che conservi il suo credito, quando il ministro delle finanze l'obbliga ad emettere delle altre polizze, che hanno in corrispettivo i biglietti della Banca?

Ora, stando al decreto, il ministro delle finanze potrà depositare al Banco di Napoli anche 100 milioni di biglietti, e prendersi 100 milioni di polizze.

La questione legale con i terzi possessori delle polizze non compete a me di trattarla, né è questione che possa trattarsi nella Camera; ma io spero almeno che l'onorevole ministro pria di segnare il decreto l'ha esaminata e fatta bene esaminare. Ritorno perciò sul mio terreno e domando all'onorevole ministro, come si troverebbe il Banco se vi rientrassero non cinquanta, ma solo anche trenta milioni di polizze; e possono benissimo rientrare.

Dall'ultima situazione del Banco di Napoli, quella del 31 marzo, risulta che il Banco tiene 62 milioni circa di valori non prontamente realizzabili, come buoni del tesoro, rendita pubblica, pegni, immobili, e crediti.

Quindi da 119 milioni di attivo se se ne debbono togliere 62 non prontamente realizzabili, rimane l'attivo in 57 milioni.

Il ministro delle finanze col decreto ha detto: la riserva metallica del Banco di Napoli resta immobilizzata e la Banca Nazionale gli darà altrettanti biglietti per metterli in circolazione; questo sta bene, se il Banco non può disporre del metallo dispone dei biglietti, gli rimangono sempre 57 milioni disponibili, per cui non sarebbe un gran danno; i creditori dei 97 milioni di sue polizze in circolazione non si possono presentare in una volta.

Questa però era la posizione come stava prima del decreto; ma ora che il ministro delle finanze ha richiamato il Banco alla osservanza del suo regolamento, quando a sua riserva metallica è costituita di soli 29 milioni, il diritto di emissione a termini dei suoi statuti, si restringerebbe al doppio della sua riserva metallica, cioè a 58 milioni. Ma dai 29 milioni se ne debbono togliere due e mezzo che sono della Cassa di risparmio; e non credo che il ministro delle finanze abbia potuto immaginare di far sequestrare anche le somme che sono della Cassa di risparmio;



 la riserva metallica quindi resta di milioni 26 e mezzo, e perciò l'emissione del Banco ridotta a 53 milioni. Ecco come si debbono ritirare 43 milioni di polizze necessariamente, oltre la carta che volontariamente potrebbero, ma che certo non presentano i possessori delle fedi di credito sino a che in luogo di danaro devono ritirare biglietti della Banca.

Questa insomma è la posizione difficile che il ministro delle finanze ha creato.

Mi potrà dire l'onorevole Ministro che egli non l'ha creata. Io rispondo: l'avete creata voi, perché il Banco di Napoli aveva due operazioni, una operazione di sconto, ed era guarentita sui fondi di proprietà del Banco; quindi per quante erano le operazioni di circolazione, poteva benissimo l'onorevole ministro da ora in avanti disporre altrimenti di quello che si praticava prima; pel bene della nazione aveva il diritto di fargli correre qualche rischio, come lo corrono tutte le altre istituzioni. Ma che hanno da fare con ciò i depositi che i privati hanno fatto, non già come operazione di circolazione, ma come Operazione di deposito semplice?

Ora il ministro perturba, non solo le operazioni di sconto, ma arresta anche e paralizza i depositi, mettendo il Banco nella posizione di non poter pagare le sue fedi di credito in contanti.

A me sembra che questo non sia giusto.

Io trovo che il ministro poteva servirsi del credito di tutti gl'istituti e pretendere che ciascuno facesse dei sacrifizi a favore dell'Italia, ma non fare indirettamente il vantaggio d'un solo istituto in danno di tutti gli altri. Dico indirettamente, poiché il ministro non ha fatto un decreto col quale attacca direttamente il Banco di Napoli, ma lo ha messo nella posizione di poter pericolare.

Ma, la solidità delle sue basi è tale che lo farà, io ne ho fede, trionfare di questi inaspettati e sleali assalti della Banca, come ha trionfato in altri rincontri.

Noti la Camera che in altra occasione, nel 1794, si sono emesse anche delle polizze a vuoto. Qual è stata la conseguenza? La conseguenza è stata che in brevissimo tempo si è presentata tutta la carta che stava in circolazione: morì, ma rinacque più rigoglioso.

Oggi che il ministro Scialoja gli farà emettere delle polizze garentite dai biglietti delle Banca Nazionale potrà perdere d'importanza ma non finire. Le popolazioni meridionali io spero non lo priveranno della loro fiducia.

Il discredito di tanti milioni di carta che illimitatamente permette il ministro delle finanze metta in circolazione forzosa, la Banca Nazionale, purché tenga la corrispondente riserva metallica, trascina con sé naturalmente il discredito delle polizze, poiché il Governo non dà garanzia, il Governo pretende, vuole, impone che la garanzia del Banco per le fedi che il ministro si prende stia nei biglietti della Banca Nazionale.


— 1994 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


Ma, signori, questo è troppo, queste pretese verso un'istituzione da obbligarla per forza a cambiare milioni di sua carta con biglietti della Banca Nazionale sanno di esorbitante, non è una cosa giusta, si vuole insomma assolutamente, chiaramente accreditare una sola istituzione e discreditare tutte le altre.

Eppure io dico: se con questi sacrifici il ministro delle finanze assicurasse oggi la Camera che con i 250 milioni ha provveduto a tutti i bisogni dell'Italia, io mi dichiarerei soddisfatto, ma io sono sicuro che il ministro delle finanze questa dichiarazione non potrà farla; ed in conseguenza qual è la posizione nella quale egli ha collocato le finanze dell'Italia?

Ha esaurito tutti i mezzi interni, non gli resta ora che quello del prestito forzoso, e dopo questo non avrà più che fare; invece col progetto dell'onorevole Torrigiani, il ministro delle finanze, emettendo oggi 250 milioni di biglietti, sarebbe stato al caso di emetterne altri 250 milioni dopo poco altro tempo, e dopo anche altri 250, perché, se si può sostenere una circolazione di 700 ad 800 milioni di carta forzosa a vantaggio della Banca, poteva benissimo sostenersi in vantaggio dello Stato.

Ecco, o signori, le ragioni per le quali io mi sono spinto a fare l'interpellanza, non già nell'interesse del Banco di Napoli, non già nell'interesse delle singole istituzioni, ma nell'interesse dell'Italia.

Ora mi resta solo a rispondere agli onorevoli della Destra ed al ministro delle finanze intorno ai rumori che han fatto quando io pronunziai la parola rovesci, senza lasciarmi spiegare di che rovesci io intendessi parlare. Che cosa significa ciò? Significa che le mie parole non andavano loro a garbo: il rovescio non poteva mai attribuirsi all'Italia.

L'Italia si è rialzata nel 1860, i troni dei sovrani spodestati si sono rovesciati; se ci è stato un discredito commerciale, ciò succede in tutte le rivoluzioni anche le più sante.

Io non insisto su questo, poiché io credo, o signori, che se non ho fatto l'Italia, non ho fatto nulla neanche per rovesciarla come stan facendo altri. (Benissimo! a sinistra)

MINGHETTI. La Camera stia certa che io restringerò le mie parole a quanto è necessario per rispondere alle accuse così vivamente, o a meglio dire scortesemente lanciate dall'onorevole preopinante. Stia certa ancora che, rispondendo, io non mi scorderò delle circostanze nelle quali oggi si trova il paese.

L'onorevole preopinante, accusando tutti i ministri di finanza passati d'avere voluto distruggere il Banco di Napoli, giunto all'amministrazione che io ebbi l'onore di presiedere, per provarlo, ha citato una lettera circolare dell'onorevole mio collega Manna nella quale si ordinava al Banco la cessazione dello sconto; ha citato in appresso il decreto del 27 aprile 1863 che riordinava quell'istituto;



ha parlato infine di un progetto pel cambio della moneta borbonica in moneta decimale che sarebbe stato da affidarsi al Banco, progetto assentito prima, e non eseguito di poi.

Queste accuse mi riescono strane invero. Dire che il Manna volesse distruggere il Banco di Napoli è cosa così lontana dal vero che a smentirla basterebbe rispondere: io me ne appello a tutti i presenti qualunque sia il partito a cui appartengono, me ne appello all'opinione pubblica di Napoli. E Manna è stato al contrario uno dei più caldi fautori di quell'istituto, sin prima di entrare al Ministero, ed entrato poi al Ministero egli ha dato al Banco indipendenza e nuova vita.

La circolare alla quale allude l'onorevole preopinante, o signori, sapete voi che cosa era, ? Era una nota indirizzata alla Camera di commercio e d'arti a Napoli. E che cosa diceva essa? Io lo ricavo dal rapporto che lo stesso Manna...

AVITABILE. Legga la circolare.

PRESIDENTE. Non interrompa.

MINGHETTI... faceva precedere al decreto 27 aprile 1863.

Quel che dice qui riassume la nota, onde io non lo credo necessario, né l'ho qui; del resto si può cercarla. «Fino dai primi giorni in cui da V. M. io mi ebbi affidata la direzione d'industria e commercio tolsi a studiare quali partiti si avessero ad adottare per uscire da questo stato anormale di cose» egli parlava quivi dello stato anormale in cui trovavasi il Banco, «senza recare nessuna scossa alla fiducia onde il Banco godeva della pubblica opinione in Napoli... Se non che la voce sparsa di questi studi che si facevano nel Ministero, esagerati per l'incertezza del partito che il Governo sarebbe stato per adottare, dette origine al timore che si fosse voluto sconvolgere quell'istituto, o togliere alcuni dei suoi diritti. L'opinione pubblica di Napoli se ne commosse.

«Ad evitare inutili polemiche, le quali nessun buon frutto avrebbero potuto produrre, io mi indirizzai con lettera del 31 marzo messa a stampa alla Camera di commercio ed arti di Napoli per ispiegare gl'intendimenti del Governo.» Veda la Camera se questa era una circolare che vietasse lo sconto. Indi prosegue: «La risposta della Camera non è ancora giunta, ma l'opinione pubblica si è pronunziata favorevole al mantenimento del Banco di Napoli con tutte le sue dipendenze compresa la Cassa di sconto.

«Forte di quest'appoggio dell'opinione pubblica, e trovando le stesse idee nel mio collega il ministro delle finanze (notisi anche questo), io vengo d'accordo con lui e col parere unanime del Consiglio dei ministri a sottoporre alla Maestà Vostra il seguente regio decreto pel riordinamento dell'amministrazione del Banco.»


— 1995 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Vede adunque l'onorevole preopinante che la circolare sulla quale egli fondava la sua accusa non era altro che una nota alla Camera di commercio e di arti in Napoli per conoscere le sue opinioni prima di venire ad una riforma. Vede inoltre che l'intendimento del suo autore, lungi dall'essere un intento di distruzione, era appunto quello di riordinare e di rialzare il Banco.

E di fatti il decreto del 27 aprile 1863 ha data indipendenza e vita novella al Banco di Napoli. L'onorevole preopinante ha già confutato se stesso, ed io non ho per provarlo che a richiamare quanto egli disse, cioè che la riserva del Banco da 44 milioni che era, dopo il decreto del 27 aprile salì bentosto a 64 milioni. Del resto su questo punto l'opinione pubblica è talmente illuminata, i fatti sono talmente noti che. ripeto, non ho bisogno di prove per persuadervi che l'indipendenza e il risorgimento del Banco Nazionale datano appunto da quel decreto che egli voleva qualificare come un mezzo per distruggere quell'istituzione.

AVITABILE. Domando la parola per un chiarimento.

MINGHETTI. L'onorevole preopinante ha parlato altresì del progetto di affidare al Banco il cambio della moneta borbonica in moneta decimale. È verissimo che egli mi fece tale progetto; è verissimo altresì che il progetto a me non dispiacque; anzi era disposto ad accettarlo, parendomi attuabile ed utile; ma per legge io doveva prima consultare il Consiglio di Stato. Ciò feci, ma ignoro quale sia stato il risultato di tale consultazione, avendo dovuto lasciare il potere prima che la pratica fosse esaurita.

Finalmente non può dimenticare l'onorevole preopinante tutte le cure e tutte le sollecitudini le quali io, come ministro delle finanze, ho sempre usate perché le questioni che esistevano tra il Banco di Napoli e le finanze fossero con onorevoli transazioni e con reciproca soddisfazione composte. Ora, se questo sia un voler distruggere il Banco di Napoli, lascio alla Camera di giudicarne.

Quando io testè udendo le accuse del preopinante, e per un movimento di animo indignato lo interruppi dicendo che non erano vere, egli ha soggiunto che io era il presidente del Consiglio, ed ha messo in dubbio perciò se avrei voluto accettare la responsabilità di quello che fece il mio collega dell'agricoltura e commercio.

L'onorevole preopinante non mi conosce; se egli fosse stato deputato nell'altra Camera, o se in questa Camera si tratteranno argomenti che si riferiscano alle cose antecedentemente fatte, egli non potrebbe neppure concepire un tal dubbio. Egli mi avrebbe trovato e mi troverà sempre pronto a risponder non solo degli atti miei, ma altresì di quelli del Ministero che ebbi l'onore di presiedere.

Qui poi mi è carissimo il difendere la memoria di un amico che non è più, di un uomo che ha onorato l'Italia, di un uomo che dovrebbe essere tanto più riverito e rimpianto da coloro che ebbero la sorte di nascere nella stessa città che gli diede la vita. (Benissimo! a destra)



PRESIDENTE. L'onorevole La Porta ha la parola per un fatto personale.

SELLA. Se permette l'onorevole La Porta, io chiederei di parlare ora, perché continuerei l'argomento trattato dall'onorevole Minghetti.

LA PORTA. Parli pure.

SELLA. L'accusa così recisa lanciata dall'onorevole Avitabile ai ministri delle finanze di volere la distruzione del Banco di Napoli mette anche me nella necessità di dire qualche parola a questo riguardo.

L'onorevole Avitabile vi narrò i miei crimini durante il 1862 rispetto al Banco di Napoli.

In che cosa consistettero? Lo avete udito da lui stesso: consistettero nel pregare l'onorevole Avitabile, che allora era direttore del Banco, di voler venire a Torino per conferire con lui intorno all'andamento di quest'istituto, e vedere come si potesse ordinarlo in modo che desse i più grandi frutti al paese.

In seguito egli non accennò fatti a mio carico; ma siccome ha parlato del contratto relativo al cambio delle monete nelle provincie napoletane, il quale non poté aver luogo sotto l'amministrazione dell'onorevole Minghetti per la ragione che egli ha teste indicata, mi permetterà la Camera che io dica quello che è avvenuto, onde possa giudicare del modo con cui io ho proceduto in questa faccenda.

L'onorevole Minghetti aveva mandato questo contratto al Consiglio di Stato, giusta quello che la legge vuole, perché esso desse il suo parere. Il parere del Consiglio di Stato, ed ho qui i documenti che il ministro delle finanze ebbe la cortesia (di cui lo ringrazio), di far cercare nel Ministero, questo parere fu recisamente contrario a questo contratto, che esso Consiglio non ravvisava utile alle finanze.

Malgrado questo però, avendone io fatto uno studio accurato, ed essendo venuto per le mie profonde convinzioni sopra quell'argomento a conclusione direttamente contraria, io non aveva esitato a prendere sopra di me la responsabilità di firmare questo contratto; e se l'onorevole Avitabile, il quale mi pare non prestar molta fede alle dichiarazioni che si fanno, vuole prenderne visione, vedrà qui tutto il contratto firmato da me.

Io poi che, giusta la legge di contabilità, doveva trasmettere il contratto da me sottoscritto al Consiglio di Stato affinché, secondo quanto prescrive la legge, decidesse se a questo contratto si poteva dare esecuzione, nella mia relazione allo stesso Consiglio di Stato lungamente replicai per mostrare le ragioni le quali mi parevano rendere meritevole l'accettazione di questo contratto. Infatti il Consiglio di Stato dopo queste osservazioni, mentre non rinunziò alla sua opinione sulla natura del contratto, tuttavia concluse che ci si poteva dar corso. Ma giunto il contratto, come la legge vuole, alla Corte dei conti, perché registrasse il decreto che ne approvava l'esecuzione, la Corte dei conti ad unanimità di voti deliberò di non ammettere quel decreto a registrazione.


— 1996 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


A fronte di tale deliberazione della Corte dei conti, io avrei dovuto prendere sopra di me la responsabilità di far registrare con riserva questo contratto e mandarlo ad eseguire; ma, o signori, voi ben sapete quali appunti siensi fatti per lo più ai ministri quando prendono sopra di sé la responsabilità di, dare esecuzione ai contratti ai quali il Consiglio di Stato non sia stato favorevole e la Corte dei conti abbia rifiutato il voto di registrazione.

Di modo che con mio grandissimo rincrescimento non ho potuto dar corso a questo contratto; e dico con mio rincrescimento, imperocché nell'anno testé decorso, per le varie operazioni di credito che si sono fatte, la finanza si è trovata di poter disporre di considerevoli masse metalliche, in guisa che per parte mia ho accelerato, con tutti quanti i mezzi che erano a mia disposizione, la conversione delle antiche monete che erano disseminate sulla superficie del regno d'Italia e che portavano altra impronta, in moneta del regno d'Italia portante la gloriosa effigie di Vittorio Emanuele. Ed in fatti, o signori, durante il 1865 si poté attivare quell'operazione in una misura immensamente più grande di quello che non si fosse potuto fare negli anni precedenti; e quindi non aveva che un desiderio, ed era di poter far concorrere anche la riserva del Banco in quest'operazione. Perlocché forse il Consiglio di Stato avrà avuto ragione di ritenerla una qualche operazione di tornaconto, per i patti proposti dal Banco; ma io non entro in cotesto che è questione di dettaglio, io entro nella questione politica.

Parve a me di avere grandemente ragione, imperocché pensava che nel 1865, avendo masse metalliche, si poteva fare qualche cosa nel cambio delle monete: io, signori, non era sicuro dell'avvenire.

Ciò posto, vede la Camera se io posso essere tacciato, come mi accusava l'onorevole Avitabile, di malevolenza verso il Banco di Napoli per aver mancato di dare esecuzione ad un contratto di tale natura.

Ma di grazia, signori, come si può concepire che uno il quale ha l'onore di reggere la cosa pubblica possa avere della malevolenza verso un istituto dell'importanza del Banco di Napoli? (Mormorio a sinistra)

Io non comprendo il senso di questi rumori.

Signori, può egli venire in mente a qualcuno che ci possano essere individui i quali, perché ritengono utile una Banca che estenda le sue operazioni sopra tutto quanto il regno, perché credono che sia utile che vi sia un biglietto di Banca riconosciuto sopra tutta la superficie del regno, abbiano scelto questa occasione per far prosperare un'istituzione di questo genere, e recar danno ad altri istituti, quale è, per esempio, il Banco di Napoli?

Ho veduto dall'altra parte (Indicando la sinistra) qualche segno di capo che m'indica avere io per avventura indovinate le ragioni per le quali si può forse attribuire a qualche ministro delle finanze una minore benevolenza verso il Banco di Napoli.



Ma, signori, quando io credeva utile, come diceva, un istituto il quale si estendesse sopra tutta la superficie del regno e i cui titoli portati nell'una o nell'altra parte del regno, potessero sempre essere ricevuti, non ne viene di conseguenza che io desiderassi che venisse meno in qualche parte un istituto come il Banco di Napoli.

Ma sono forse troppi gli istituti di credito in Italia!

Ma, ditemi, in grazia, è mai venuto in mente ad un ministro di finanze, per esempio, in altre parti del regno, dove sono altri istituti di credito, sebbene non aventi facoltà di emettere titoli, di far danno a questi istituti perché tutte le operazioni potessero essere fatte dalla Banca?

Ma o credo, signori, che un ministro di finanze per desiderare che fossero in qualche guisa menomati il credito e la sfera di attività di un istituto come il Banco di Napoli, bisognerebbe che non avesse nessun sentimento della situazione del credito d'Italia, o che per idee particolari non avesse affetto al suo paese.

Signori, rispetto al Banco di Napoli mi fu fatto più volte questo rimprovero di volerne la morte; è la parola usata, e mi fu fatta specialmente quest'accusa quando si trattò di quel famoso contratto delle tesorerie il quale fu, non credo la principale, ma la ragione determinante perché io fossi congedato.

Ma, signori, quando si trattò di riordinare il servizio delle tesorerie del regno, per poco che ci si rifletta un momento, se qualcuno di voi ha per avventura data un'occhiata alla relazione sull'accertamento dello stato del tesoro, e sulla proposta di legge sulla contabilità, avrà veduto che il ministro non ebbe che a tenere di mira un punto solo, quello che riguarda il movimento del denaro pubblico, che da Catanzaro cioè gli possa questo essere mandato, per modo d'esempio a Novara, senza che il Governo debba intervenire nelle verifiche, nelle registrazioni e in tutte quelle operazioni che si debbono fare per accertare questo passaggio del numerario.

Per conseguenza, partendo dall'idea e dalla ferma convinzione che ho sull'ordinamento della contabilità in Italia, mi trovava in questa necessità, cioè, che doveva trattare con un solo stabilimento, il quale potesse avere colla finanza un conto solo per ciò che riguardava il servizio. Ed io confesso che, se il Banco di Napoli, invece di essere circoscritto alle provincie napoletane, fosse sopra tutta la superficie del regno, mi sarebbe tornato molto più caro il fare un contratto di quella natura col medesimo, imperocché il Banco di Napoli è un corpo morale il cui capitale non è annualmente e soprattutto utilizzato dagli azionisti, e per conseguenza può offrire maggiori garanzie che non altri istituti i quali debbono annualmente ripartire il frutto del loro capitale.

Ma in che condizione si trovava il Banco di Napoli? Esso operava soltanto nelle provincie napoletane, per conseguenza era impossibile di ottenere trattando con lui, quello che si aveva, trattando colla Banca Nazionale la quale offriva le condizioni volute per ciò che riguardava il movimento delle tesorerie.


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— 1997 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


L'onorevole Avitabile il quale attribuisce tal malvolere a ministri delle finanze, rispetto al Banco, ha scordato quello che si fece relativamente al credito fondiario; ha scordato che in quella circostanza pure alcuni miei colleghi ed io avevamo presa sopra di noi la responsabilità di quel decreto che ha incontrato così triste accoglienza in questo Parlamento; ha scordato che o era stato favorevole non solo che il Banco di Napoli estendesse la sua sfera d'azione e vedesse modo di stabilire altre sedi nelle provincie napoletane, ma anche di trasportare una succursale nella capitale del regno.

Io, signori, non posso dir altro, senonché non solo non mi è passato mai per la mente un pensiero come quello che mi venne così stranamente attribuito dall'onorevole Avitabile, ma che per parte mia non ho fatto altro se non quello che sapevo è potevo, perché una istituzione come quella del Banco di Napoli prosperasse e recasse in quelle provincie vantaggi anche maggiori di quelli che reca nell'attuale suo stato.

LA PORTA. Pregherei la Camera e il presidente di dar prima la parola al deputato Boggio, il quale credo abbia il verbale della seduta di quella Commissione alla quale accennava l'onorevole deputato Avitabile, onde legga quella parte che riguarda appunto la manifestazione di questi timori, fatta in molti uffici, intorno alle spiegazioni date dall'onorevole ministro delle finanze in ordine ad un ipotetico corso forzoso, ed alla rovina od al danno eventuale del Banco di Napoli.

Io mi riservo la parola dopo queste spiegazioni dell'onorevole Boggio.

PRESIDENTE. L'onorevole Boggio non ha domandato la parola per un fatto personale, e devo darla prima all'onorevole Scoti.

SCOTI. Parlerò dopo il signor Boggio.

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole Boggio.

BOGGIO. Ringrazio l'onorevole Scoti dell'atto suo di cortesia.

Io certamente non mi propongo di entrare nel merito di questa discussione.

Il signor ministro delle finanze ha chiesto insieme coi suoi colleghi larghe facoltà al Parlamento per adottarle sotto la sua responsabilità: egli saprà difendere il suo operato.

Quanto a me ho chiesto facoltà di parlare quando mi è sembrato che alcune parole dell'onorevole Avitabile accennassero ad un apprezzamento, nel, mio modo di vedere, meno esatto delle dichiarazioni che il ministro aveva fatte nella Commissione; e siccome mi sembra che qualunque sia l'opinione che ciascuno di noi voglia avere sul modo col quale il Governo usi le facoltà a lui concesse, importa però all'interesse della patria che tra noi non vi siano equivoci, così io chiesi facoltà di ricordare alla Camera il preciso tenore delle dichiarazioni del ministro, e non farò altro.


Premetterò solo, affinché la Camera sia di tutto informata, che ieri io ho Creduto fosse d'interesse generale di pregare i membri della Commissione, sebbene già defunta, a tenere una seduta postuma, per vedere di concordare un verbale, che esprimesse in modo unanime lo apprezzamento, o, dirò meglio, la impressione che ciascuno di noi conservava delle domande fatte al ministro, e delle risposte avutene. Tutti i nove membri della Commissione, cioè gli onorevoli Ricasoli, Rattazzi, Minghetti, Sella, Pisanelli, La Porta, Nicotera, De Cesare e Boggio si trovarono presenti, e di comune accordo si formulò un verbale che io ora leggerò in quella parte che si riferisce al punto controverso, perché quanto agli altri non credo di dover entrare a discorrerne.

Con questa lettura il mio compito sarà finito, e mi auguro che valga, se non altro, a rendere meno vivace questa discussione, e più agevole lo intenderci pel bene della patria. (Segni di assenso)

Ecco ora il frammento del verbale:

«Dopo fatta da ciascuno dei commissari l'esposizione dei voti del proprio ufficio, ed essendo intervenuto nel seno della Commissione il signor ministro delle finanze, l'onorevole La Porta, premesso che egli non pretende conoscere le intenzioni del ministro circa i provvedimenti finanziari da attuare, gli fa presente che egli molto si preoccupa della possibilità del corso forzoso privilegiato dei biglietti della Banca Nazionale, ed avverte come in ispecie nell'Italia meridionale potrebbe produrre sinistra impressione pel danno che verrebbe al Banco della città di Napoli.

«Il ministro Scialoja risponde: Le mie opinioni teoriche sulla pluralità delle Banche sono troppo note. Io son nato in Napoli, sicché non si deve temere ch'io desideri un provvedimento che debba nuocere al Banco di Napoli. Ma io non posso prendere impegni circa l'indole dei temperamenti che mi verranno imposti dalla necessità. In ogni caso procurerò sempre di conciliare come meglio mi venga fatto i vari interessi.»

Questa redazione ebbe ieri l'assenso di tutti e nove i commissari.

SCIALOJA, ministro per le finanze. Domando la parola.

Signori deputati, due specie di censure furono lanciate dall'onorevole Avitabile contro gli straordinari provvedimenti da me presi.

Le une riguardano l'importanza del provvedimento e le sue generali conseguenze, le altre più specialmente concernono gli interessi di alcuni stabilimenti di credito.

Certamente, signori, quando la necessità urgente delle cose costringe il ministro delle finanze a prendere la penna per scrivere ciò che l'urgenza stessa gli detta, quei provvedimenti non sono fatti con la coscienza di scegliere tra le migliori risoluzioni quella che debbe fruttare più utili risultamenti.


— 1998 —  CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


Allora, chiunque trovisi al timone dello Stato, considerati i fatti presenti, ponderate le condizioni del momento, non può far altro che scegliere fra due mali il minore possibile, evitare per quanto egli può intendere le cose, i mali maggiori. Il corso forzato dei biglietti è appunto, a signori, uno di quei provvedimenti che non può essere difeso come il più utile, ma solamente come il meno dannoso nelle urgenti circostanze in cui ci troviamo; sicché, quando l'onorevole Avitabile dice che le fedi di credito di Napoli scapiteranno perché non sono più rimborsabili in denaro, che scapiteranno i titoli di credito tutti, perché non sono più rimborsabili in danaro, egli dice, me lo perdoni, una volgare verità.

Ma quando il corso forzato è una necessità, quest'opposizione è un non senso.

Pertanto, o signori, non mi arresterò ad esaminare se veramente il rimborso o no in danaro delle fedi di credito sia un male; io ho semplicemente il debito di chiarire la Camera intorno a questo punto, e cioè, che secondo il mio profondo convincimento, non scosso per nulla dagli argomenti dell'onorevole deputato Avitabile, credo di avere trattate tutte le istituzioni di credito in modo che nessuna di esse abbia signoria, nessuna abbia soggezione rispetto alle altre, nessuna sia più specialmente danneggiata dai miei provvedimenti. Ecco la dimostrazione del mio assunto. L'onorevole Avitabile per farsi strada a trattare del Banco di Napoli, che egli naturalmente meglio conosce, perché ne fu direttore fino ai tempi dell'onorevole mio amico Manna, ha cominciato a toccare della Banca toscana. Signori, stando alla lettera del decreto primo maggio, che non poteva più essere differito, la Banca di Toscana non si trova menzionato nell'articolo dove si parla del corso obbligatorio tra i privati; ma non è stata questa una dimenticanza, né è stata una malevolenza. La Banca di Toscana si trova, rispetto allo Stato, in certe speciali condizioni; essa si trova creditrice dello Stato di cinque milioni in conto corrente, sin dal tempo in cui fu riordinata sotto il cessato Governo, ed ha inoltre nelle casse del tesoro un deposito di due milioni di lire toscane, cioè di circa 1,680,000 lire italiane, che serviva per guarentire l'obbligo che per legge avevano allora le casse toscane, di ricevere i biglietti della Banca.

La Banca di Toscana poteva, e può, considerare come sua riserva questo milione e 680,000 lire: ma bisognava, prima di provvedere intorno al corso della sua carta metterla in grado di disporre degli altri 5 milioni a liquidarci conti tra il Governo e la Banca medesima. Questa liquidazione è già cominciata all'ora in cui parliamo, ed il Governo non ba mancato al dover suo, come debitore della Banca, di fornirle tutti i mezzi onde far fronte ai suoi impegni.



Sicché, o signori, io non consentirei mai che una parola di dubbio uscita questa mattina da quest'Aula, potesse essere causa di sospetti nei possessori dei biglietti della Banca toscana. I possessori di questi biglietti, o signori, hanno nelle loro mani un titolo che io confido essere tanto valido, tanto degno di credito, quanto è una polizza del Banco di Napoli, quanto è un biglietto della Banca Nazionale, ed il ministro delle finanze sarebbe ben stato colpevole se non avesse preveduto ciò di cui l'onorevole Avitabile mi vuol condannare. Ma, ripeto, circostanze affatto speciali, indipendenti dal Governo, impedivano che la Banca di Toscana potesse venire considerata nel provvedimento generale.

Ora vengo a ciò che più importa al deputato Avitabile, cioè al Banco di Napoli.

Io non istarò a ripetere sdegnose parole per respingere qualunque intenzione del ministro di voler distruggere il Banco di Napoli.

Io non accetto a questo prezzo la popolarità, e piuttosto so rinunciare anche alla più cara popolarità, quale è quella del mio paese natio. Io dico, che adempiendo all'obbligo mio di non pregiudicare il credito del Banco di Napoli, ho fatto quello che avrebbe fatto qualunque ministro delle finanze, nato in qualunque parte d'Italia, poiché io credo, o signori, che nel cuore di un buon italiano non vi è più distinzione tra Napoli, Torino, Firenze, Milano...

Voci. Bravo! Bene!

SCIALOJA, ministro... Tutte le città italiane devon essere uguali nel petto di un cuore italiano. Io, o signori, soffro qualunque insulto, ma non soffrirei che si dubitasse che io mi senta napoletano piuttosto che italiano.

Voci. Bene! Bravo!

SCIALOJA, ministro. Ebbene, o signori, fatta questa dichiarazione, perché non si creda che io mi ingegni di dare sforzate interpretazioni per accattare popolarità locale, dirò che io non ho dimenticato neppure quel più speciale affetto che ciascuno ha e deve avere per la terra propria dove è nato. E ve lo proverò, sviluppando, se mel permettete, il vero concetto del decreto primo del maggio 1866.

Il ministro delle finanze era a fronte di fatti esistenti, che egli, dall'oggi al domani, non poteva né distruggere né modificare. Questi fatti esistenti erano: una Banca detta Nazionale sarda nel regno d'Italia, la quale gradatamente e per anteriori provvedimenti, aveva estese le sue operazioni a tutta Italia; il biglietto di questa Banca già accreditato in mezza Italia, riconosciuto ed in corso nell'altra metà; un'istituzione tutta locale in Toscana; e nelle provincie napoletane una ragguardevole ed antica istituzione, il Banco di Napoli, che restringeva le sue operazioni di credito nel confine delle sole provincie continentali dell'antico regno di Napoli; infine un'altra simile istituzione al di là del Faro, nelle Provincie siciliane.


— 1999 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Difficilissimo era il problema di non distruggere queste istituzioni, di consolidare il loro credito e nel tempo stesso non offendere un altro scopo che volevasi raggiungere, quello cioè, che sospendendo il rimborso dei biglietti e delle fedi di credito, non si creassero simultaneamente più titoli a corso forzato in tutto il regno d'Italia: lo che, mentre sarebbe stato un ostacolo grandissimo alla buona riuscita del provvedimento generale, sarebbe tornato di nocumento grandissimo alle medesime istituzioni, che oggi crede compromesse l'onorevole Avitabile.

Diffatti, supponete per poco che si fosse dato il corso forzato a tutte queste carte diverse che sono in giro: ben poteva avvenire che taluno arrivando, per esempio, a Milano con un biglietto della Banca sarda, con una fede di credito di Sicilia, con una fede di credito di Napoli, con un biglietto della Banca toscana, avesse dovuto spendere tutte queste diverse carte nella stessa Milano. Ivi essendo conosciuto il biglietto della Banca sarda, detta oggi Nazionale nel regno d'Italia, questo biglietto sarebbe stato facilmente accettato ed accolte invece con minore favore le altre carte, perché meno conosciute. Ma quando una carta o una moneta è accolta in commercio con minor favore, è costretta a pagare un aggio; sicché le carte equivalenti a moneta, dette fedi di credito del Banco di Napoli, biglietti della Banca di Toscana, fedi di credito del Banco di Sicilia, sarebbero state svilite di pregio a fronte dei biglietti della Banca Nazionale.

Ma quella moneta, la quale è svilita di pregio fa cadere in discredito chi la batte e chi la mette in corso: dunque, come io vi diceva, non solamente quel provvedimento avrebbe mancato di quella previdenza che deve avere chi ordina il corso forzato, ma avrebbe danneggiatogli stessi istituti che avrebbe sembrato di favorire.

Si può opporre che non era d'uopo dare a' vari titoli il corso forzato in tutto il regno d'Italia, ma restringerlo per ciascuno nelle proprie provincie...

VALERIO. Credo che da questa parte nessuno abbia detto questo.

MINISTRO PER LE FINANZE... Questo, signori, come dice benissimo l'onorevole interruttore, questo sarebbe stato impossibile. Ed in ogni modo ne sarebbe derivato uno svilimento di quei titoli, i quali, non avendo corso fuori di determinate provincie, si sarebbero trovati in condizioni peggiori degli altri, i quali sarebbero stati ricercati in tutto lo Stato.

Escluse queste due vie, quale rimaneva, o signori? Una sola: fare che quel biglietto che in fatto già aveva corso in tutta Italia, potesse, conservando questo corso, giovare e servire di mezzo al corso degli altri titoli più conosciuti nelle proprie provincie, dove per ciò potevano essere conservati con vantaggio della circolazione medesima; perché, come ciascuno lo intende, quel titolo più facilmente si accetta, il quale prima era maggiormente noto.



All'opposto se a questi titoli non si fosse conceduta la convertibilità in biglietti, non potendo essi uscire, come dicevo poc'anzi, dalle provincie dove sono nati, avrebbero fatto incontrare al possessore un'immensa difficoltà, quando avesse dovuto da quelle provincie passare altrove e spenderli come moneta. Allora indirettamente si sarebbe dato un aggio ai biglietti della Banca Nazionale, cioè a' biglietti aventi corso dappertutto. Gl'individui possessori di fedi di credito sarebbero stati costretti a cambiarle con sacrifizi con questi biglietti ovunque conosciuti e avrebbero dovuto concambiarle con uno sconto.

Questo cambio sarebbe stato anche una prova evidente di essere il titolo che si andava ad offrire di un valore minore del titolo che si sarebbe andato ad acquistare. Bisognava adunque, per non isvilirne affatto quel titolo speciale, dargli la convertibilità a vista con quel biglietto il quale altrimenti si sarebbe acquistato con aggio.

Per dare questa convertibilità alle fedi di credito bisognava non privare, non spogliare le istituzioni, che emettono codesti titoli, di una garantìa la quale infine è la sola garantia reale, quella cioè dell'aro e dell'argento effettivo: ma bisognava nello stesso tempo fornire gratuitamente queste istituzioni, di que' biglietti che la necessità delle cose avrebbe fatto ricercare e scontare, se le fedi di credito si fossero dichiarate inconvertibili. Ed è perciò, o signori, che il decreto dispone che assicurate le masse metalliche nell'interesse di coloro cui appartengono, acciocché non escano dalle casse dove si trovano, i vari istituti locali sieno forniti di biglietti accettabili per ogni dove, e li abbian gratuitamente per convertire i titoli propri, quando colui che li possiede ha necessità di avere in loro scambio un titolo accettabile in tutto il resto d'Italia.

Ora posto ciò, signori, le fedi di credito del Banco di Napoli, nell'ambito di quelle provincie, godono di un doppio vantaggio: l'uno di essere più facilmente ricevute, come titoli più conosciuti, e di essere ricevute ed accettate come prima, poiché la massa metallica, che il Banco mantiene per garantirle, è assicurata in massima parte. L'altro vantaggio poi sta in ciò che i detentori di quelle fedi possono avere a proprio talento quel biglietto, il quale essendo noto nel resto d'Italia, dà a queste polizze il complemento che manca loro, cioè quello di avere indirettamente corso in tutto il resto d'Italia. E notate, o signori, che oltre di questi due vantaggi speciali che ha la fede di credito nel luogo dove è emessa e deve circolare, oggi ne ha un altro, che dirò opinativo, per il suo avvenire.

Il biglietto della Banca Nazionale ha due garantìe: ha la garantìa metallica, che la Banca deve tenere in certa proporzione con la circolazione, e il capitale degli azionisti della Banca. Ma il biglietto del Banco di Napoli avrà la massa metallica assicurata. La riserva metallica della Banca è essa medesima in parte circolante, è una riserva che può crescere e diminuire, ma che avrà una certa ragione di proporzione la quale non può passare da uno a tre i biglietti in circolazione.


— 2000 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


La Banca Nazionale è anche obbligata dalla legge a mettere a disposizione dello Stato altri 250 milioni che entreranno in circolazione, ma il Banco di Napoli che deve continuare a rimanere nella cerchia de' suoi statuti ed avere sempre una circolazione proporzionata ad una riserva in gran parte immobilizzata, certamente ha una garantìa relativamente maggiore di una riserva mobile.

E qui occorre di rispondere ad un altro obbietto dell'onorevole Avitabile. Egli lodava come accortamente riservata nell'interesse del Governo, la facoltà indicata nell'articolo 10 del decreto, ma soggiungeva che l'uso di quella facoltà sarebbe tornato a discapito del Banco di Napoli. E qui ancora traspariva dalle sue parole, come nella sua mente sia una certa opposizione tra gl'interessi del Governo, che sono quelli dell'intera Italia, con gli interessi di una od altra provincia.

Signori, io dico che se quel provvedimento danneggiasse una parte d'Italia per giovare ad altra, non meriterebbe le lodi che l'onorevole preopinante ha date all'avvedutezza del ministro. Ma io accetto queste lodi, e dico che è conforme agli interessi del Governo, appunto perché è conforme agl'interessi d'Italia.

Essendo riservata al ministro di finanza la facoltà di depositare nelle casse del Banco di Napoli, come degli altri istituti, una parte dei 250 milioni di biglietti, che ritirerà a poco a poco in conto corrente, ed ottenere in cambio di questi biglietti depositati corrispondenti titoli di quegli istituti dove fa il deposito, crede l'onorevole Avitabile che con ciò sieno esposti quegli istituti agli stessi rischi a cui è esposta la Banca Nazionale; e ne trae la conseguenza che il Banco ne sarà danneggiato.

Signori, la premessa del sillogismo è erronea. Non è esposto a nessun rischio speciale alcuno di questi istituti quando riceve in deposito i biglietti della Banca Nazionale, ed emette un eguale valore delle proprie fedi. Perciocché il detentore delle fedi, non ha altro diritto se non quello di convertire le fedi in quei biglietti. Or se non reggessero nella circolazione le soperchio ledi emesse, quali sacrifizi risentirebbe la istituzione che le ha poste in circolazione contro deposito di biglietti se non quello di restituirli? Qual rischio può correre questa istituzione, quando la legge dice che le sue fedi, che i suoi titoli, sono convertibili in biglietti? Se si fosse detto che quando si ripigliano i pagamenti le fedi di credito debbono essere direttamente pagate in danaro, allora comprendo che vi sarebbe un pericolo, ma il Banco di Napoli può pagare in biglietti le sue fedi finché non sarà ripreso il pagamento in danaro; e dal giorno in cui questo avverrà, esso avrà il mezzo di ritrarre da' biglietti il danaro sufficiente per rimborsare le fedi.

Ma, diceva l'onorevole Avitabile, sempre sospettando delle intenzioni del ministro di finanza, voi potete un bel giorno portare al Banco di Napoli 100 milioni dei 250...



AVITABILE. Non l'ho detto

MINISTRO PER LE FINANZE... depositarli in un giorno, caricare soverchiamente la circolazione delle fedi di credito, e così indirettamente portare un discredito a quelle carte circolanti. Ma, signori, egli non aveva presente un altro decreto reale che è il regolamento, anzi la prima parte del regolamento esecutivo del decreto del primo maggio 1866, in cui è detto che se il ministro delle finanze intende giovarsi della facoltà riservatagli dall'articolo 10 dovrà regolare la distribuzione dei biglietti in ragione della circolazione media dei diversi istituti. Sicché, signori, è tolta da questo decreto anche la possibilità di gettare soverchiamente una somma di biglietti nelle casse di uno di questi istituti perché sia disturbato l'equilibrio della circolazione dei biglietti propri colle carte altrui. Dacché adunque è dal decreto medesimo tracciata al ministro delle finanze la regola che egli non può infrangere, di non scostarsi, cioè, dalla proporzione della circolazione media, de' varii istituti non è ammessibile neppure questo relativo discredito di una delle carte rispetto all'altra. 

La Banca Nazionale è in fin de' conti la vera debitrice finale de' suoi biglietti, ed è perciò che in compenso di una certa specie di assicurazione e del servigio de' biglietti medesimi altra volta ebbe un aggio del 2 ed ora quello dell'uno e mezzo per cento all'anno.

Signori, lo ripeto, se si tratta' di osservazioni generali, nessuno può sostenere che la circolazione forzata dei biglietti non sia un sacrifizio; ma io confido che questo sagrifizio e tutti quegli altri che la nazione italiana dovrà essere chiamata a fare, sia per la nazione un'arra anticipata di quella gloria che speriamo sia per uscire dalle imprese a cui daranno occasione le vane speranze dei nostri nemici sorte per le strettezze in cui ci troviamo. Sì, signori, meglio che censurare i provvedimenti straordinari, per ciò che hanno di non vantaggioso, io esorterei gl'Italiani a prendere argomento da questo primo fatto per mostrare sempre più la ferma risoluzione di non trascurare nessun sacrifizio, per grande che sia, quando abbia a servir di mezzo per rinnovare in Italia avvenimenti gloriosi, i quali lascio ad altri chiamar rovesci, e compiere questa grande nazione a cui abbiamo e dobbiamo avere la gloria di appartenere.

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole La Porta per un fatto personale.

SCOTI. Credo che ora sia il mio turno di parlare, io l'ho ceduto all'onorevole Boggio, senza però rinunziare a parlare.

PRESIDENTE. Perdoni, l'onorevole La Porta parla ora per un fatto personale.


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— 2001 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


LA PORTA. Domandai la parola quando l'onorevole Avitabile accennava a me ed all'onorevole mio amico Nicotera, come quelli che avendo fatto parte della Commissione sui provvedimenti finanziari eccezionali, e preoccupati dei corso forzoso ilei biglietti, e del danno grandissimo che presumibilmente ne sarebbe venuto al Banco di Napoli, avevamo ricevuto in risposta dal ministro delle finanze, da noi interrogato a questo proposito, che tanto per le sue opinioni teoriche, quanto per l'amore che portava alla sua terra natia, non poteva essere sospettato, come, stabilendosi il corso forzoso dei biglietti, avesse voluto danneggiare il Banco di Napoli.

Fu questa l'impressione che noi ricevemmo, e che portammo nella Camera. Essa ha udito la lettura di quella parte del verbale che comunicò l'onorevole Boggio: se questo verbale non riproduce le parole testuali del ministro, ed era difficile di ciò fare al domani, certo è che riproduce le nostre impressioni.

Io lascio al ministro per le finanze la difesa del decreto del primo maggio, lascio alla Camera l'apprezzarlo; m'importa solamente dichiarare che io, e l'onorevole Nicotera, del quale credo interpretare le intenzioni, quando abbiamo dato il nostro voto favorevole ai provvedimenti straordinari nel seno della Commissione, quando l'abbiamo dato cogli altri favorevole nella Camera non abbiamo punto inteso fare questioni sulle ipotesi, alle quali poteva dar luogo la legge che noi votavamo; noi allora abbiamo detto che non si doveva guardare al ministro che quei provvedimenti domandava, e che non si trattava di una questione di fiducia. Che se tale fosse stata, non avrebbe al certo il ministro avuto favorevole il nostro voto.

Noi non vedemmo che un Governo nazionale il quale ci chiedeva le finanze della guerra, e noi le abbiamo votate. (Segni di approvazione)

PRESIDENTE. Il deputato Scoti ha facoltà di parlare.

SCOTI. Domandai la parola per fare qualche osservazione sul decreto 1° maggio per quanto riguarda la Banca toscana.

Mi è parso sentire dalle parole dell'onorevole ministro delle finanze che esso ritiene il decreto del 1° maggio non molto pregiudicievole per la Banca toscana.

Io credo invece che quel decreto condanna immancabilmente, necessariamente la Banca toscana alla sospensione dei pagamenti.

L'articolo 2 del decreto 1° maggio dice: «dal giorno due maggio sino a nuova disposizione la Banca Nazionale è sciolta dall'obbligo del pagamento in danaro contante.»



La Banca toscana non è sciolta da quest'obbligo. Questa diversità di trattamento tra una Banca e l'altra fa sì che tutti i portatori dei biglietti della Banca toscana corrono in folla al baratto. Questa non è soltanto una cosa presumibile, ma è un fatto già avverato, e che si avvera anche in questo momento, cioè no in questo momento poiché sono le 5, ma che si avverava sino alle 4.

Il 3° articolo del decreto 1° maggio dice: «I biglietti della Banca saranno dati e ricevuti come danaro contante per il loro valore.»

Qual è la conseguenza di ciò? Come la conseguenza del 2° articolo di questo decreto era quella di far correre in folla tutti i portatori di quei titoli al baratto in moneta metallica, la conseguenza necessaria di questo 3° articolo è che la Banca toscana è impotente alle operazioni ulteriori, poiché non avendo altro se non dei biglietti che nessuno riceve più in pagamento, ogni nuova operazione è impossibile per lei. Ci è dunque da una parte furia per barattare, dall'altra impossibilità di operare; e così la Banca è uccisa evidentemente. (Movimenti)

Mi è parso di sentire fra le ragioni addotte dall'onorevole ministro di finanze per giustificare la misura, che vi era bisogno di una specie di liquidazione di un conto esistente tra l'erario e la Banca toscana. E questo un fatto che conosco benissimo; si tratta di due milioni di lire che, a termini dello statuto della Banca toscana, la Banca dovette depositare nella tesoreria del Governo toscano per far fronte all'obbligo che assumeva il Governo di ricevere in pagamento i biglietti della Banca. Io non capisco qual rapporto possa esservi fra la liquidazione e la restituzione di questa somma col corso forzato. Fino a che non si trattava di dare anche alla Banca toscana il privilegio del corso forzato, la restituzione in moneta di questi 2 milioni di lire poteva essere utile per le operazioni della Banca, ma quando si tratta invece di esonerarla dall'obbligo di rimborsare in moneta effettiva i suoi biglietti, non capisco qual forza possa aggiungere alle operazioni della Banca toscana la restituzione o non restituzione di questa somma.

L'altra ragione che l'onorevole ministro delle finanze ha addotta per giustificare di avere esclusa la Banca toscana dalle misure che sono state favorite alla Banca sarda è stato il timore di produrre delle perturbazioni nella circolazione dei biglietti, e convengo che quando si fosse trattato di estendere il corso forzato al di fuori dell'antica provincia toscana, dove i biglietti non sono conosciuti, la perturbazione esisterebbe; ma trattandosi di limitare il corso forzato dei biglietti della Banca toscana alla periferia dello antico granducato, ove essi sono da lungo tempo sì conosciuti, procedendosi, come si è proceduto relativamente al Banco di Napoli e a quel di Sicilia limitati alle antiche provincie meridionali, io non so capire davvero come si possa produrre la minima perturbazione, meno il caso non valutabile certamente in commercio di coloro che debbono trasportarsi dall'uno all'altro paese.


— 2002 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


Ma il commercio si serve di questi titoli per tutt'altro che per i viaggi; se ne serve per pagare le proprie obbligazioni mercantili e per quest'oggetto la esistenza del duplice biglietto nel fatto non può produrre conseguenze gravissime. Invece obbligando la Banca toscana a sospendere i suoi pagamenti in un momento in cui è indispensabile di accrescere la fiducia pubblica, io credo che si esponga il paese intero e specialmente la Toscana ad una perturbazione molte volte più grave di quella che produrrebbe il corso forzato dei suoi biglietti. (Bisbigli) Io non saprei davvero comprendere qual grave danno potesse nascere da una circolazione coatta così limitata; e la stessa ragione di temere vi sarebbe stata anche per le fedi di credito del Banco di Napoli.

Io ho presa la parola solo per giustificare che questa misura portava un danno gravissimo alla Banca Toscana, e per provare come i timori che ha affacciati l'onorevole ministro per non accordare alla medesima gli stessi favori che alle altre Banche, non hanno valore.

VALERIO. Domando la parola.

TORRIGIANI. Domando la parola.

PRESIDENTE. Il signor ministro per le finanze ha la parola.

MINISTRO PER LE FINANZE. Io ho detto alcune parole che credo essere state fraintese dall'onorevole preopinante. Io ho detto che, sebbene leggendo l'articolo come è scritto, sembri che vi sia una dimenticanza, questa dimenticanza non è tale, ed ha una ragione. Fra breve, forse a giorni la Banca toscana sarà messa in quella condizione ch'egli desidera; e poiché sono spinto su questo punto, fa d'uopo che io dica che la Banca toscana aveva bisogno di rientrare ne' termini regolari della sua circolazione prima che il suo biglietto avesse corso obbligatorio. Ed io come ministro delle finanze le ho somministrato il mezzo per farvela entrare. (Movimenti diversi)

Voci a destra. Ha ragione! ha ragione!

SCOTI. Difatti io mi sono scordato di prevenire quest'eccezione.

PRESIDENTE. Non ha la parola.

Voci a sinistra. Parli! parli!

SCOTI. Io era stato avvertito che questa risposta sarebbe stata data a chi assumesse la difesa della Banca toscana. È vero il fatto: la Banca toscana ha il dovere di limitare la sua circolazione dei biglietti fiduciari al triplo della riserva metallica; ed in questo momento essa ha oltrepassato questo triplo... (Rumori, interruzioni)

DE CESARE. Domando la chiusura.

PLUTINO AGOSTINO. Domando la parola.

PRESIDENTE. Prego di far silenzio. Parli l'onorevole Scoti.



SCOTI. Io non posso asserire in che condizione si trovino le altre Banche; ho però motivo di credere che la loro posizione legale non sia molto differente da quella della Banca toscana.

Tutti sanno che da circa due settimane a questa parte esistevano due specie di diffidenze gravissime nel paese, una delle quali era per parte dell'alto commercio, il quale dubitando delle complicazioni future, procurava di convertire in numerario i titoli di fiducia che possedeva. Questo stato degli spiriti, che aveva invaso l'alto commercio, faceva si che tutti accorrevano alla Banca a cambiare i loro biglietti. Ma contemporaneamente esisteva nel piccolo e medio commercio il bisogno di una circolazione attiva che si rendeva necessaria per la stessa mancanza di fiducia.

Affluivano contemporaneamente alla Banca domande di baratti in effettiva moneta e ricerche di mezzi per sconto di cambiali.

In questo stato di cose la direzione della Banca toscana credo che esitasse molto prima di risolversi. Tutti sapevano che si temevano delle forti sospensioni di pagamento. La Banca toscana credo che dopo matura considerazione ritenesse miglior partito quello di largheggiare piuttosto negli sconti; e intanto che la Banca toscana...

(Conversazione vicino all'oratore, il quale si arresta)

VALERIO e RICCIARDI. Lasciate parlare.

SCOTI. Se era immediatamente impossibile di riportare al limite legale la sua riserva metallica per l'affluenza contemporanea dei biglietti al baratto; però, questa deviazione dallo statuto piccolissima, straordinaria, avvenuta solo in questi ultimi giorni per circostanze veramente eccezionali, non sembrava ragione sufficiente per negare a lei ciò che è stato accordato alla Banca Nazionale sarda; e ritengo altronde che sarebbe facilissimo il rimediare ad ogni inconveniente ristringendo le sue operazioni future al limite rigoroso dei suoi statuti, limite da cui appena si è discostata.

DE CESARE. Domando la parola.

MINISTRO PER LE FINANZE. Domando la parola perché mi sembra che le cose si siano così complicate che è necessità di metterle in chiaro. Non vi è niente di oscuro né di misterioso. Ho detto prima d'ora che un milione e 680 mila lire italiane furono date in deposito dalla Banca toscana in garanzia al cessato Governo granducale, e cinque milioni di lire, cioè tanta somma che equivale a 5 milioni di lire italiane, in conto corrente scoperto; per cui il tesoro è debitore di questi 5 milioni di lire verso la Banca e gliene paga l'interesse del 4 per cento. Ora potendo avere questi cinque milioni all'uno e mezzo per cento, è anche mio interesse farne restituzione alla Banca toscana; la quale dal canto suo impiegandoli a rimborsare i suoi propri biglietti, farà che la circolazione rientri nell'ordine. Appena che ciò si avvererà, sarà provveduto pe' suoi biglietti come per gli altri.


— 2003 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


In ogni modo io diceva che il titolo della Banca Nazionale toscana è così solido oggi come qualunque altro, perché lo stabilimento ha cinque milioni restituitile dal tesoro, oltre della sua riserva, e con ciò non credo abbia nulla da temere, e può rimborsare la parte eccedente de' suoi fogli in circolazione. (Bene! Bravo!)

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole Pisanelli per un fatto personale.

PISANELLI. Io aveva domandato la parola, quando l'onorevole deputato Avitabile aveva creduto opportuno di lanciare una parola amara alla memoria di un mio collega ed amico. (Oh! oh! — Rumori a sinistra)

L'onorevole Avitabile aveva creduto di potere accagionare non solo il Manna, ma anche i suoi colleghi, ed io ora non intendeva rispondere alle accuse dell'onorevole Avitabile, poiché credeva che l'ingiustizia umana non si potesse spingere fino al punto di accusare il Manna coma distruttore del Banco di Napoli, quando al Manna deve il Banco di Napoli la sua presente posizione, la sua autonomia, e la sua floridezza.

Del resto a quest'accusa, è signori, rispose il collega Minghetti, e ad ogni modo a quest'accusa risponde sufficientemente il decreto del 1864 che porta la firma del Manna.

CORTESE. E la sanzione della coscienza pubblica.

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole De Cesare.

DE CESARE. Signori, non intendo di fare un discorso, ma voglio soltanto dire che, alla vigilia di grandi avvenimenti, coteste questioni, mentre esasperano gli spiriti, rompono quella concordia che ci è tanto necessaria in questi supremi momenti, non giovano a nessuno, ne alla Banca Nazionale, né al Banco di Napoli, né a quello di Toscana, ne ad alcuna delle istituzioni industriali. Invece fanno un gran male alla nostra situazione finanziaria e danno colpi esiziali al credito italiano, cotanto bersagliato dai nostri nemici. È colpevole imprudenza adunque sollevare siffatte questioni, ed accompagnarle eziandio con affermazioni erronee; credetelo, il paese ne soffre, e moltissimo!

Per queste considerazioni, io rinunzio alla parola, e credo di fare opera di buon cittadino tacendo. All'uopo, domando la chiusura di questa non prudente discussione (Bravo!).

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole Doda.

Voci. La chiusura! la chiusura!

VALERIO. Domando la parola contro la chiusura. (Rumori a destra)

Non sono questioni queste che si chiudono a questo modo. (Rumori)

PRESIDENTE. Facciano silenzio. La parola è all'onorevole Doda.


SEISMIT-DODA FEDERICO. Io aveva chiesto la parola per una dichiarazione, allorquando l'onorevole Avitabile accennò nel suo discorso ai lavori della Commissione per l'esame sul progetto di legge sulla Banca d'Italia, Commissione della quale ho l'onore di formar parte.

Ma l'avevo chiesta scorgendo assente dalla Camera l'onorevole signor barone Ricasoli, presidente della Commissione stessa. Ora, poiché lo vedo ritornato in questo recinto, credo debito di convenienza il cedere a lui la parola, onde si compiaccia informare la Camera di quanto si riferisce ai lavori della Commissione da lui presieduta.

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole Ricasoli, a cui è ceduta dall'onorevole Doda.

RICASOLI. Ho bisogno di spiegare alla Camera il motivo della vivezza, con cui ho chiesto la parola, vedendo la sua tendenza per la chiusura.

Io intendeva pregare la Camera, perché mi desse licenza di parlare per render conto dei lavori della Commissione intorno alla Banca d'Italia.

Ma poiché l'onorevole Doda mi ha voluto cedere la parola, io sono grato a lui ed alla Camera di questa circostanza.

La Commissione per la Banca d'Italia non è stata punto negligente nel prendere in esame la legge presentata dal ministro delle finanze intorno a questa Banca e la fusione delle due Banche toscana antica e sarda antica.

Cominciò i suoi lavori e li condusse con quella alacrità che era di dovere. Arrivata ad un tal punto, vide la necessità di fare una specie di inchiesta intorno alle condizioni in cui si trovavano i vari istituti di credito, almeno i principali d'Italia.

Furono invitati, mercé il ministro delle finanze, a comparire nel suo seno i rappresentanti di questi istituti, epperò vi ebbero molte sedute per sentire il parere e le notizie che ciascuno credeva di dover presentare.

Non credeva la Commissione con ciò di avere compiuto il suo mandato, e perciò mise insieme una serie di quesiti, su i quali richiese l'avviso del ministro delle finanze, che egli dette sopra alcuni oralmente e sopra altri si riserbava di farlo per iscritto, trattandosi di notizie ohe egli doveva raccogliere.

Frattanto vennero le vacanze di Pasqua; la Commissione credette di sospendere i suoi lavori, tanto più che non eran giunte ancora le notizie che il ministro delle finanze aveva promesso di darci; anzi colgo l'occasione che mi si porge per rammentare all'onorevole ministro che le notizie da lungo tempo promesse non sono peranche giunte alla Commissione. La Commissione intraprese nuovamente i suoi studi; ma, sopraggiunto il decreto del primo maggio, questi studi furono interrotti per portare il suo esame intorno agli effetti di questo decreto; ieri mattina fu tenuta una nuova adunanza nella quale si esaminò lungamente la nuova condizione che questo decreto andava facendo ai vari istituti di credito che sono in Italia.


— 2004 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


Esaminò se i suoi studi avessero potuto condurre almeno ad una utilità pratica, ma sembrando che per lo meno sarebbero risultati superflui deliberò la sospensione dei lavori nominando un relatore il quale è incaricato di dar conto degli studi già fatti, delle ragioni di questa deliberazione presa, cioè della sospensione della sua opera, e di dare alla Camera le ragioni particolari del perché essa è venuta in questa sentenza.

Non mi pare che sia necessario che io intrattenga la Camera di tutti questi motivi, tanto più che la relazione, che sarà quanto prima presentata, vi porgerà ragione come la Commissione intendesse operare il suo mandato, come fosse per compirlo, e come ha creduto di doverlo sospendere stante la legge del 1° maggio.

ROMANO GIUSEPPE. Io sarò brevissimo; mi limiterò alla sola illegalità del decreto riguardo alla indole dei depositi del Banco di Napoli, senza punto entrare a discutere del merito finanziario del provvedimento.

Il Banco di Napoli è un istituto privato, autonomo ed indipendente. Il numerario che si rinviene nelle sue Casse è un deposito che vi fanno i privati contro il rilascio di un titolo detto fede di credito, nel quale sta scritto così:

Leggo una fede effettiva dell'onorevole collega Bove che mi siede al fianco.

«Il Banco di Napoli tiene creditore il signor Francesco Bove in lire... che pagherà in oro o argento contante con la restituzione della presente firmata.»

Il Banco non paga ai depositanti alcun interesse, ma ha l'obbligo di restituire in contanti alla richiesta de' depositanti; perocché, non facendolo, mancherebbe alle leggi del deposito, violerebbe la fede pubblica, e il più sacro dei contratti umani.

La legge del 30 aprile che io combattei nell'uffizio, ponendolo in guardia sulle note predilezioni dell'onorevole ministro per la Banca Nazionale, la facoltà a provvedere per decreti reali, anche con mezzi straordinari, ai bisogni delle finanze per la difesa dello Stato; ma certo non lo autorizza a violare i principii del diritto comune, ad invertire i rapporti giuridici tra i privati e lo Stato.

Poteva egli ordinare il corso forzato di un biglietto di banca; poteva egli fare una carta monetata, poteva imporre un prestito forzoso, poteva fare qualunque altra disposizione che più stimava; ma doveva essere una disposizione generale per tutto lo Stato, non già una confisca del deposito dei privati, e del numerario di un istituto privato. Il decreto del 1° maggio è una vera confisca; è tale flagrante illegalità, che non vi sono condizioni politiche, non vi sono ragioni finanziarie dello Stato, le quali possano permettere ad un Ministro delle finanze di fare questa specie di spoliazione!

L'onorevole ministro delle finanze avendo simpatia per le consolidazioni e per le immobilizzazioni, dopo di aver proposta la consolidazione dell'imposta fondiaria, ossia il comunismo dello Stato, che spero non sarà per riuscirgli, ha decretato sotto lo specioso nome d'immobilizzazione, la confisca del contante dei privati. Se cotesto non è un atto arbitrario, io non so quale mai sarebbe l'arbitrio.



E cotesto arbitrio sarà cagione delle più disastrose conseguenze, ed opererà in pochi giorni necessariamente e direttamente la distruzione del Banco di Napoli, e di tutti gli altri istituti di credito; perocché niuno depositerà più denaro nelle loro casse, quando invece di contante son condannati a riceversi biglietti della Banca Nazionale che certo non sono equivalenti  del contante. La Banca Nazionale ha molto credito nel nord d'Italia; ma sventuratamente non ha per ora lo stesso credito nelle provincie meridionali, e il corso forzato dei suoi biglietti non è certo il miglior mezzo di accreditarli.

E non è meno abusiva quella parte del decreto che obbliga il Banco di Napoli a riceversi dal signor ministro i biglietti della Banca Nazionale, e dare invece le sue fedi di credito.

In fine, tacerò del resto, e noterò come l'onorevole ministro stabilisce una sorveglianza ed un'ingerenza governativa sul Banco di Napoli e su tutti gli altri istituti di credito, menzionati nell'articolo quarto del decreto medesimo.

Questa superfetazione d'ingerenza governativa è contraria agli istituti, è contraria alle leggi; è un altro arbitrio; perciocché la legge del 30 aprile non gli permette di attentare alle condizioni degli istituti privati; ed immutarne le leggi di sorveglianza.

E non è tutto: cotesti arbitrii, e coteste illegalità distruggono affatto il commercio delle provincie meridionali, perché colà non vi è altro mezzo di trasporto dell'effettivo che quello delle fedi di credito, ed una volta che la fede di credito ha perduto il suo prestigio, il commercio è distrutto, ed io temo che numerosi fallimenti avverranno in conseguenza di questo malaugurato decreto.

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole Minervini.

MINERVINI. Sarò brevissimo, perocché a Camera stanca è malagevole compiere il proprio dovere, epperò imploro un poco di benigna attenzione in grazia della gravità dell'argomento che tratterò come alla men peggio, mi riesca in questo momento.

L'onorevole ministro ha detto che aveva egli tutelati tutti gl'istituti di Banca, e che li aveva tutelati così, come preservarli nel miglior modo possibile nella condizione speciale di essi. Ha detto che, non essendo dato al suo volere di cambiare la condizione delle cose, non vi era altra via da seguire, tranne quella indicata nel decreto 1 maggio. Ha detto essersi ingegnato a fare in modo, nude possibilmente ogni istituto fosse messo a pari condizione.

Io mi permetto di osservare che dal decreto analizzato a priori ed a posteriori ne risulti essere desso l'ultimo fatto compiuto di un preconcetto proposito, per l'elemento storico che lo ha preceduto e che io rammenterò alla Camera.


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— 2005 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Rammenterà la Camera come una riunione di banchieri si offerisse di prestare al Governo 250 milioni, a patto che si approvassero le misure finanziarie del signor ministro; che codesti banchieri andassero a Torino per tentare di avere danaro dal Comitato del Consorzio Nazionale; che tornato infruttuoso quel tentativo, si udisse dai giornali ufficiosi a parlare del corso forzato dei biglietti della Banca Nazionale; che allarmatosi il paese di quella notizia, gli stessi giornali la smentissero; e che alla Camera, di ciò fatta domanda all'onorevole Scialoja, rispondesse non essere in suo pensiero cotale misura.

Ora questa cifra dei 250 milioni io la vedo tramutata nel decreto e con tutto il favore alla Banca Nazionale. Laonde la iniziativa di cotesto fatto finanziario procederebbe dai banchieri nella Nazionale; ciò è evidente. Constatato questo vengo all'analisi del decreto in questione.

Anzitutto dichiaro che per me sta che, se questo decreto concede tutt'i vantaggi, anzi un esclusivo monopolio alla Banca Nazionale e tutto il danno agli altri istituti di credito, il signor ministro ha voluto togliere via il numerario di cotesti istituti per surrogare a quello i biglietti della prediletta Banca Nazionale, e così per via indiretta realizzare le sue intenzioni che la pubblica opinione e la maggioranza della Camera avevano censurato e disapprovato nel tentativo indiretto già fatto dal Sella, cioè di volere una Banca unica, come conseguenza della riscossione delle imposte, da infeudare alla Banca sotto il pretesto di economia. Ora l'onorevole Scialoja, facendo col decreto arbitra la Banca Nazionale di tutti i valori metallici circolanti e di riserva degli altri istituti, surrogando a quelli i biglietti della Banca, ha divisato così annullare tutti gl'istituti d'Italia, imperocché, quando in luogo dei propri titoli e del proprio denaro gli si obbliga ad avere biglietti della Banca, col fatto la loro entità, i loro statuti, la loro proprietà, il loro credito sono distrutti.

Una volta che gl'instituti, presi di mira con l'obbligo di doversi prendete i biglietti di Banca in luogo della loro riserva metallica al valore della Banca, e con l'obbligo di dare al Governo i propri titoli, rimborsabili a contanti, per avere i biglietti che il Governo riceverebbe dalla Banca Nazionale pel prestito dei 250 milioni in carta, è evidente che la Banca Nazionale non avendo danaro, presti carta per 250 milioni, e che a fare il danaro, lo si pigli dagli altri istituti per forza, ed intanto alla Banca Nazionale, che dà carta per danari, e che i danari toglie agli altri istituti, si concede l'interesso non solo sopra i 250 milioni di carta, ma anche sulle altre carte, ossieno biglietti, che in luogo del metallo darebbe agli altri istituti. Ecco come il signor ministro crede di avere rispettati gli altri istituti, e di non avere favorita la Banca Nazionale. Non voglio aggiungere comenti; ne lascio giudice la Camera e la coscienza pubblica. (Bene! a sinistra)



Solo conchiuderò questa parte del mio discorso, con dire alla Camera avere voluto il signor ministro, prevalendosi di un momento scelto a disegno, venire un bel giorno ad annunziare, come non avendo gli altri istituti altro che biglietti di Banca in luogo di danaro, ne conseguisse che dovessero scomparire, e così l'unica Banca, per la quale una Commissione studia da mesi, e che la maggioranza non ammette e che il paese non vuole, verrebbe dall'onorevole Scialoja creata indirettamente, ed in opposizione della volontà della nazione, la quale ripugna di essere infeudata al monopolio di codesta unica e favorita Banca.

L'onorevole Ricasoli vi esponeva poc'anzi che la Commissione incaricata di esaminare il progetto della Banca unica, in vista del decreto 1 maggio, ha detto che essendosi riunita (dopo avere invano attese le notizie promesse dal signor ministro e non mai date) ha deciso che dopo quel decreto era una derisione proseguire nei suoi lavori, e li ha sospesi. Queste parole con tutta la nobile reticenza del barone Ricasoli, sono eloquentissima prova del mio assunto. Noto questo e passo oltre.

Io debbo adesso meglio dimostrare come la Banca Nazionale sia l'unica favorita, e come gli altri istituti di Banca siano manomessi.

Io questo voglio provarvelo unicamente col decreto, voglio provare il mio assunto colle stesse parole del signor ministro.

Prego la Camera d'un poco di calma e d'un poco d'attenzione. La Camera vede che quando è il momento di far plauso a tutto ciò che tende al bene del paese noi siamo tutti concordi, e se qualche volta non possiamo assentire a talune cose, egli è perché abbiamo l'intimo convincimento che invece del bene la rovina del paese ci sta dinanzi.

Signori, il ministro delle finanze ha detto che veniva facendo questa proposta a motivo del contegno d'una potenza vicina, e chi diceva ciò non era il ministro della guerra, ma quello di finanze. Notatelo. E quando pochi giorni prima il presidente del Consiglio diceva che non eravamo minacciati dalla guerra, bensì dal colera, e che fosse stato frainteso il discorso dell'onorevole Chiaves, che di quella minaccia avea tenuto proposito alla Camera. (Bene! a sinistra)

L'onorevole Scialoja voleva procurarsi 250 milioni; la Banca Nazionale si offrì a darglieli: ma in effettivo contante? No, in carta; e se la Banca Nazionale non ha fondi di riserva in proporzione degli statuti comesi disse con non troppa prudenza finanziaria dal signor ministro che non ne avesse la Banca toscana, se alla Banca toscana fa difetto di 5 milioni per non dispensarla dal pagamento in numerario dei suoi biglietti, come conciliare che alla Banca Nazionale, la quale ha messo dieci volte al di là di quello che gli statuti consentissero, si concede codesto privilegio e non solo per i 250 milioni, che dicesi prestare, ma per circa 800 milioni di biglietti che tiene in circolazione, al dire dell'onorevole Avitabile, il quale non è stato in questo contraddetto?


— 2006 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


Che cosa ha fatto il ministro? Ha dato il fondo che manca alla Banca Nazionale togliendolo agli altri istituti; egli si procura i 250 milioni distruggendo le riserve metalliche degli altri istituti, e dando per carta alla Banca l'interesse.

Vediamo ora se questo sia un favore per la Banca Nazionale o la distruzione delle altre Banche. Che voleva il Ministero? Il corso forzato dei biglietti di Banca. Ebbene, il corso forzato dei biglietti vuol dire che i biglietti di ciascun istituto di credito sarebbero ricevuti in luogo di numerario effettivo. Invece di questo, il signor ministro ha esonerato la Banca Nazionale da pagare i biglietti che emetterebbe pel prestito dei 250 milioni, ma anche l'ha esonerata dal pagamento dei biglietti che ha in circolazione per circa 800 milioni, e gli concede un interesse; e in due modi ha voluto distruggere il credito e l'entità degli altri istituti, con esaurire le loro riserve metalliche di forza, e con porre in luogo di quelle i biglietti della Banca Nazionale non solo, ma anche obbligando a dare al Governo i propri titoli, in cambio dei biglietti, che la Banca Nazionale darebbe al Governo, invece di danaro pel prestito dei 250 milioni.

Esaurire le riserve metalliche, vuotare i Banchi, è rovinare le istituzioni; perché, facendo obbligo agli istituti di credito di dovere pigliarsi forzatamente biglietti della Banca Nazionale contro moneta, questo non è corso forzato dei biglietti, ma togliere la proprietà ed il credito di quegl'istituti; che ciò avviene sostituendo al danaro la carta, e la carta non garantita dalla Banca Nazionale. Altro è il corso forzato dei biglietti, altro è il dire ad una Banca: io vi piglio il danaro e vi do in cambio carta di un'altra Banca.

Dunque in quest'operazione non vi è che l'apparente corso forzato dei biglietti, ma il corso forzato dei biglietti è stato fatto unicamente per il biglietto della Banca Nazionale, alla quale ha conceduto il Ministero non la facoltà di rifiutarsi al pagamento in numerario di soli 250 milioni di biglietti, ma dà nientemeno che la facoltà di non pagare ben circa 800 e più milioni che tiene in circolazione contro gli statuti ossia a vuoto.

Voi vedete quindi quale specie di favore riceve la Banca Nazionale.

Vediamo ora se questo favore sia stato equilibrato su tutti gli altri istituti di credito come asseriva il signor ministro.

L'onorevole Scoti ha detto al signor ministro: volete il corso forzato per le polizze di Napoli per le fedi di credito di Sicilia; ma e per la Toscana?

La Banca Toscana deve pagare in contanti.

Vuol dire che in quel decreto vi è il favore alla Banca Nazionale ed il favore ai possessori dei biglietti toscani, perché questi possessori oggi o domani tormenteranno la Banca, e la Banca dovrà perdere il credito e fallire o pagare.

Ed il signor ministro pare che voglia parificare la sorte della Banca di Toscana, quando i possessori dei biglietti saranno stati rimborsati in contante.


Dunque per me trovo favore ai possessori dei biglietti toscani in danno della Banca, cosa veramente enorme.

Ne è poi vero che quel rimborso di cinque milioni che vorrebbe il signor ministro fare in carta e di questa bella carta alla Banca toscana muti l'essenza delle cose; deve o concedere tutto, o negare tutto. Dunque per me trovo favore pei possessori dei biglietti toscani in danno della Banca.

Quando si votò da noi, non come fiducia, ma come necessità alla difesa della patria, la facoltà di sopperire alle spese con mezzi straordinari, il signor ministro chiamato nella Commissione, fece intravedere che non anderebbe a questa misura del corso forzato, che tutti respingevamo, e poi nel modo come lo ha pubblicato era inconcepibile a sospettare che si facesse in violazione dello Statuto. Ma se il ministro teneva fatto a quell'epoca codesto decreto, che resterà famoso negli annali italiani, perché non manifestarlo alla Commissione?

Quindi sotto questo rapporto io ritengo che il decreto 1° maggio non sia altra cosa se non che un preconcetto modo onde indirettamente pervenire all'unicità della Banca, che proposta per legge la maggioranza respinge, e con essa il paese: e con un decreto, pigliando i valori effettivi degli altri istituti, surrogare a quelli i biglietti di una Banca privilegiata e favorita per infeudarle il paese, distruggendo indirettamente gl"istituti di credito che hanno funzionato fin qui in Italia od hanno sempre goduto il favore ed il credito delle popolazioni. Ora siccome il signor ministro ha veduto come l'opinione pubblica e la Commissione della Camera si fossero dimostrate contrarie all'unicità della Banca e non dividessero le sue opinioni, non dovrebbe malvoler raggiungere indirettamente uno scopo che la maggioranza della Camera ed il paese non gli consentono.

Io domando ancora al signor ministro: se la Banca Nazionale fallisse (questo non sia detto a male, è un'ipotesi lontanissima che faccio), se la Banca Nazionale fallisse, che cosa avverrà delle Banche che tengono i suoi biglietti, ed ai quali istituti, ministro, pigliaste (dirò questa e non altra parola) il danaro e con esso la vita ed il credito? Saranno distrutti. Dunque voi volete la supremazia di una Banca speciale, danneggiando gl'interessi di altre Banche, le quali funzionano da lungo tempo e godono della fiducia delle popolazioni? E credete che ciò si possa?Non lo pensate.

Credete voi, signori, che il credito si comandi, s'imponga; che basti a crearlo un ministro? V'ingannate; il credito si deve ispirare. E voi, signori ministri, lo distruggete nel credere di crearlo.

Quando l'onorevole Avitabile diceva che il decreto Manna non ha fatto altro se non che col togliere l'ingerenza governativa mutare le condizioni del Banco di Napoli da cattive, sotto quella ingerenza, in migliori da quella liberato, vi dice che il pubblico non è col Governo; non è col Governo, perché vede che i suoi interessi sono dal Governo manomessi.


— 2007 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


Quindi sotto questo rapporto la giustizia della Camera vede che quel decreto annulla il credito del paese; è una fantasmagoria, a cui il parere cadendo innanzi all'analisi, rivelasi un danno alla proprietà, alla buona fede, al credito e ai diritti degl'istituti benemeriti del paese, per infeudare la nazione ad una Banca la quale presta in carta 250 milioni, pigliandone i valori agli altri istituti, e lucrandosi un interesse per sopra mercato, e liberandosi da pagare in numerario ben 800 milioni che tiene in circolazione.

Noi abbiamo un progetto, che fu presentato dall'onorevole Torrigiani e cui inerimmo moltissimi deputati di tutti i banchi della Camera e di ogni provincia italiana, e che mentre concilia tutti gli interessi, dà al signor ministro i 250 milioni, e potrebbe anche dargli di più, quando lo volesse.

Di questo progetto il signor ministro, al quale fu renduto ostensivo, non ha tenuto motto, perocché escludeva quella urgente necessità di cui volle farsi scudo per difendere una cattiva causa sia dal lato politico, sia dal lato economico, sia dal lato della giustizia, il decreto del 1° maggio è un atto che non può stare, che non può eseguirsi, se non si voglia distruggere proprietà e credito contro lo Statuto, e con danno della finanza e del paese.

Noi non facciamo opposizione all'onorevole Scialoja personalmente: la nostra opposizione è al sistema, ad un atto che reputiamo incostituzionale, illegale, ineseguibile, e che con offesa ai diritti ed al credito degli istituti italiani, e con aggravio all'industria, al commercio, al movimento dei cittadini, crea favore alla Banca Nazionale, della quale rimarrebbero servi il Governo ed il paese; e per la libertà dell'uno e dell'altro noi disapproviamo quel decreto ed invitiamo il Ministero a ritirarlo.

Dopo queste parole mi conviene di dire brevemente sulla impossibilità dell'applicazione al Banco di Napoli. Sa bene l'onorevole Scialoja napoletano, economista ed ora ministro di finanza, che il Banco di Napoli ha per istituto di ricevere il danaro dei privati in luogo di deposito e senza dare ed essi sconto: per ogni deposito lascia una fede pagabile a vista al deponente o suo giratario. E per questa parte non è una Banca di crediti, ma una Cassa di depositi.

Il Banco di Napoli poi dal suo patrimonio e sopra operazioni di pegno e di sconto al piccolo commercio, utilizza il tempo fra la emissione e il ritiro del valsente delle fedi di credito; ma a suo rischio. Sa l'onorevole Scialoja che in caso di furto o di forza maggiore, il danaro depositato dai privati, si perde a danno dei depositari e non del Banco?

Sa l'onorevole Scialoja che il Banco di Napoli, degli utili che consegue dalla pegnorazione e dallo sconto, e per e quali operazioni ha una cassa a parte e diversa da quella del deposito dei privati, non dispone un dividendo a chicchessia, ma, dedotte le spese, e versato il rimanente in aumento della sua dote?


Ecco perché si vorrebbe togliere quest'organismo. Si vorrebbe che gli utili andassero a finire in saccoccia degli speculatori! Ecco il segreto della guerra che si tentò sempre fare a quel Banco ed a cui il paese dovette resistere, e vinse.

Signori, domanderò all'onorevole Scialoja un chiarimento, che, se me lo darà in modo convincente, gliene saprò buon grado; ma sfido, che non potrà darmi ragioni a spiegare quello che io gli domanderò.

Col decreto avete detto che il Banco di Napoli continuerà ad emettere le sue fedi di credito secondo i suoi statuti; ma chi poteva o lo potrebbe impedire? Che forse le emetteva per ingerenza governativa? No. Dunque quella parola continuerà è artificiosamente messa per creare un precedente. Ma continuiamo.

Col decreto avete detto che sequestrate due terzi della riserva metallica: per quella che risponde ai depositi effettivi dei privati non potete avere pensato, credo, di sequestrarla senza volere imitare in peggio lo storico spoglio fatto dal Borbone ai privati, ma che pure si fece coscienza di ristorare con fondi demaniali: avrete voluto dire della riserva metallica che il Banco tiene per la pignorazione e per lo sconto; e ciò facendo volete perturbare la pignorazione, ossia favorire l'usura: vorrete far fallire il piccolo commercio. E vi pare questo politico, logico, economico, opportuno atto finanziario? Ma continuiamo.

Col decreto avete detto che il Banco in luogo della sequestrata riserva metallica, dovrà pigliarsi biglietti della Banca Nazionale: e perché? Che il Governo possa obbligare il banco a pigliarsi anche da lui i biglietti che la Banca Nazionale darà in carta invece di denaro pel famoso prestito dei 250 milioni, e che il Banco debba invece rilasciare al Governo l'equivalente in fedi di credito del Banco: e perché? Risponderò al primo ed al secondo perché.

Volete con i danari del Banco, dare una garanzia alla carta senza garanzia della Banca Nazionale: volete pigliarvi i danari del Banco in virtù delle sue fedi di credito, che volete a vostro favore rilasciasse, in contro a biglietti della Banca che sono carte: e siccome le fedi di credito vi farebbero creditore, da essere pagato in oro od in argento effettivo, vorreste che il Banco per farsi spogliare vi desse i titoli propri, ossia vorreste imporgli il suicidio!

L'articolo 10 del decreto 1° maggio dice:

«Il ministro delle finanze potrà, depositando presso gl'istituti di credito di cui all'articolo 4 biglietti della Banca Nazionale pagati al tesoro pel mutuo di cui all'articolo 1°, farsi rilasciare rispettivamente da ciascuno di essi istituti egual valore in titoli loro propri.»

Le fedi di credito del Banco di Napoli portano l'obbligo di pagare al portatore intestatario o al suo giratario il valsente in effettivo oro od argento sonante.


— 2008 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


Dunque una delle due: o il banco di Napoli pagherà le fedi di credito con i biglietti della Banca Nazionale, ed allora inutile il deposito dei biglietti, quando il Governo, con i nuovi titoli che pretende, avrebbe biglietti e non danaro; o il Banco di Napoli dovrà pagare in oro o in argento la carta che ha depositato il Governo, ed allora tra il titolo del deposito e l'effetto depositato vi sarebbe una falsità, e sarebbe questa ideata per togliere ai privati l'oro o l'argento effettivamente depositati, e dar loro biglietti di Banca. E il Governo che avrebbe depositati biglietti della Banca Nazionale, s'impadronirebbe del danaro dei privati. Vi pare che sia morale questa?

Dunque con questo artificio il Banco di Napoli sarà distrutto nel credito privato del proprio e del danaro altrui in buona fede depositato: e l'onorevole Scialoja, napoletano, economista, ministro costituzionale per le finanze, vi dice che ha provveduto al bene ed agl’interessi degl'istituti di credito, e massime del Banco di Napoli! Ma questo assolutamente non è. E si ha il coraggio di dire che sia questo espediente fatto per rialzare il credito nazionale? Questo è annientarlo.

Non è questo il modo di rialzare la finanza, ma è di screditare il credito del paese in momenti in cui abbiamo interesse di rilevarlo. Pensateci, signor ministro; la Camera altrimenti dovrà essa pensarci. (Bravo! a sinistra)

TORRIGIANI. Domando la parola per un fatto personale.

Voci. La chiusura!

VALERIO. Domando la parola contro la chiusura.

Voci a sinistra. A domani! a domani!

PRESIDENTE. Se la Camera desidera che la seduta sia rinviata a domani... (Voci affermative a sinistra e negative a destra)

MINISTRO PER LE FINANZE. Signori, non posso acconsentire a che la seduta sia rinviata a domani.

Le signorie loro intendono che ogni discussione che si porta sopra un decreto, che il potere esecutivo ha emanato con forza legislativa, che già si esegue in tutta Italia, che impegna il credito di tutta Italia, di tutta la nazione, e con essa il nostro avvenire, non può essere protratta più lungamente.

Signori, io domando instantemente che in questo momento sia chiusa la discussione e proferito il vostro ultimo verdetto.

Fatelo pure, io ne assumo intera la responsabilità, ma io sono certo che l'interesse dello Stato vi ispira tutt'altro consiglio, tutt'altro voto. (Bene!)

PRESIDENTE. La parola è all'onorevole Valerio contro la chiusura. (Rumori a destra)

VALERIO. Mi perdonino, i rumori non mi faranno tacere. (Ohi ohi)

Io sono tanto convinto come l'onorevole ministro, che la questione che ora si tratta tocca al nostro avvenire, al sacro avvenire d'Italia. Perciò, o signori, aveva domandato di non chiudere questa discussione. Si è cercato di far comparire questa discussione come una discussione municipale; locché non è.


 È una discussione che tocca ai sacrosanti principii di libertà, che tocca ad un colpo di stato finanziario, che da lungo tempo si tenta di fare in Italia e che oggi all'onorevole ministro delle finanze sarebbe riuscito, valendosi dei pieni poteri che noi non gli avevamo dati. E noi non glieli avevamo dati per questo quei pieni poteri!

Io domando che la discussione sia continuata; noi siamo pronti di star qui sino a che sia necessario.

Noi non vogliamo rimandarla a domani, ma non permetteremo mai che coteste gravissime discussioni siano soffocate sotto il ridicolo pretesto che noi facciamo qui del municipalismo.

PRESIDENTE. Pongo ai voti la chiusura.

AVITABILE. Io essendo l'interpellante domando la parola prima che si chiuda la discussione.

Voci a destra. No! no! Ai voti!

PRESIDENTE. Pongo ai voti la chiusura: chi l'approva sorga.

(È approvata.)

È stato inviato al banco della Presidenza una proposta firmata dagli onorevoli Avitabile, Valerio e Bertani così concepita:

«La Camera invita il ministro delle finanze a provvedere alla circolazione di un biglietto unico governativo, emesso dagli istituti diversi di credito pubblico in Italia per i bisogni dello Stato, diverso da quelli della Banca Nazionale.»

E stato domandato che si proceda alla votazione di questa proposta per appello nominale. (Rumori)

VENTURELLI. Propongo l'ordine del giorno puro e semplice su questo ordine del giorno. (Rumori a sinistra)

VALERIO. Io ho mandato alla Presidenza la proposta letta poco fa d'accordo con alcuni miei compagni, domando di poter dire alcune parole, come mi spetta per ragione di regolamento.

PRESIDENTE. È stato già più volte deliberato dalla Camera, che non si osserva quanto alle interpellanze il sistema che è invalso nella consuetudine della Camera per la discussione sui progetti di legge; quando si tratta d'interpellanze, deliberata una volta la chiusura, non si dà la parola a quelli che hanno firmata qualche proposta.

VALERIO. Domando la parola per una mozione d'ordine. Io prego l'onorevole Presidente di consultare la Camera su questa mozione d'ordine. Noi siamo tutti d'accordo, qualunque sia la vivacità delle opinioni, che questa è questione grave. Io vorrei domandare alla Camera (la quale è compresa dell'importanza che negli attuali momenti le opinioni abbiano un terreno su cui concordare, perché in fine dei conti vogliamo tutti lo stesso scopo, ma solo possiamo differire nei mezzi),


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— 2009 — TORNATA DEL 4 MAGGIO 1866


vorrei domandare alla Camera se creda conveniente di strozzare questa discussione in questo modo (Mormorio), d'impedire che si sviluppino i mezzi che noi abbiamo proposti, perché nell'ordine del giorno v'è una proposta nuova che non fu discussa finora, e che il signor ministro nel suo discorso, quando ha ricordato le varie proposte, ha taciuta.

Io domando alla vostra coscienza se sia conveniente che una discussione così grave sia chiusa a questo modo; io domando alla vostra intelligenza, al vostro patriottismo di lasciarmi dire poche parole. Saprò essere tranquillo, saprò essere misurato, e spero che non avrete a pentirvene. Ve lo domando e lascio a voi la responsabilità di negarlo o concederlo.

PRESIDENTE. È stato proposto l'ordine del giorno puro e semplice, e come questo deve avere la precedenza, ho fatto interrogare alcuni di quelli che avevano domandato l'appello nominale sull'ordine del giorno Avitabile, ed essi hanno dichiarato che insistono per l'appello nominale anche sulla votazione dell'ordine del giorno puro e semplice proposto dall'onorevole Venturelli.

VALERIO. Credo di aver diritto che venga posta ai voti la mia domanda, di avere facoltà di svolgere...

PRESIDENTE. Sta bene, ma io doveva annunziare ciò che ho detto alla Camera; ora si procederà...

VALERIO. Perdoni, signor presidente, io non credo che ella possa, presiedendo a questa Camera, passar sopra alla proposta che fa un deputato. Io ho pregato di voler domandare alla Camera che mi concedesse facoltà di parlare...

VENTURELLI. Non può parlare; la discussione è chiusa.

VALERIO. Mi scusi, si è fatto cento volte. Io credo che il decoro della Camera non sia rispettato quando non si rispetta il decoro dei deputati.

VENTURELLI. Domando la parola per un richiamo al regolamento e per un fatto personale.

VALERIO. Io non l'ho nominato. Ho fatto una preghiera all'onorevole presidente, ho fatto una preghiera alla Camera, ed ho almeno il diritto di sentire la risposta.

PRESIDENTE. Ho detto già che ella aveva ragione, e pongo ai voti la sua proposta, quantunque non sia una mozione d'ordine, ma la dimanda di parlare, nonostante la deliberata chiusura...

VALERIO. Domando alla Camera che mi faccia il favore di lasciarmi parlare.

VENTURELLI. Ho domandato la parola per un appello al regolamento.

PRESIDENTE. Parli.

DE BONI. La Camera è al disopra del regolamento.


VENTURELLI. Io non divido l'opinione dell'onorevole De Boni, il quale crede che la Camera è al disopra del regolamento; il regolamento domina la Camera, il regolamento è fatto per difesa delle minoranze, e per imporre alle maggioranze il rispetto a quella legge che esse hanno fatta, e che non possono disfare in un momento per impetuosità; e siccome il regolamento dice che quando la discussione è chiusa non si può più parlare, così io mi oppongo a che il presidente metta ai voti la proposta dell'onorevole Valerio, la quale è contraria al regolamento, e domando invece che si metta anzitutto ai voti l'ordine del giorno puro e semplice che ho proposto.

PRESIDENTE. Io porrò ai voti la domanda dell'onorevole Valerio; la Camera farà quello che più le piacerà...

Voci a destra. No! No! C'è il regolamento! (Rumori)

CHIAVES, ministro per l'interno. Poiché si tratta di mettere ai voti la proposta dell'onorevole mio amico Valerio, io vorrei pregarlo a pensare un momento allo scopo della sua proposta. A che tende essa? Tende a mettere delle nuove basi, sulle quali si debba sancire un nuovo decreto del Governo in forza delle facoltà straordinarie che gli furono concedute con legge recentissima. Ma quella legge la quale concedeva facoltà straordinarie al Governo ha forse modificato anche le competenze e le attribuzioni della Camera, per cui ora le leggi si facciano in questo singolar modo, che la Camera metta le basi ed il Governo sancisca le leggi? ma dove andiamo? Stiamo nelle competenze ordinarie, finché ci dobbiamo stare; ma quando passiamo alle facoltà straordinarie, lasciamo che queste si esplichino secondo i più normali principii.

È evidente che la Camera è rimasta nelle sue vere attribuzioni. Quindi se l'onorevole Valerio vuole, per avventura, modificare questa legge, si valga della sua iniziativa parlamentare, presenti un progetto di legge, e vedremo allora se questo potrà avere quell'esito che egli desidera.

Ma questo mettere innanzi il singolar sistema di venir qui a discutere su principii, sui quali si debba poi fare un decreto in forza di facoltà straordinarie che gli vengono concesse per legge approvata recentemente, io credo che sia una proposizione la quale non possa in verun modo venir accolta.

PRESIDENTE. Insiste l'onorevole Valerio?

VALERIO. Insisto, e la Camera mi permetterà che io risponda poche parole all'onorevole ministro dell'interno. (Rumori a destra)

Ma io ho fatto una proposta, l'onorevole ministro risponde, e mi si vuol impedire di rispondergli? (Rumori)

LAZZARO. La discussione era chiusa per tutti, non doveva quindi nemnanco darsi la parola al ministro.

PRESIDIATE. L'onorevole Lazzaro faccia silenzio. Non ha la parola.

L'onorevole Valerio parli, ma non in merito.


— 2010 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866


VALERIO. Io credo che l'onorevole ministro dell'interno avrebbe perfettamente ragione se io intendessi di fare quello che egli ha supposto. Io ed i miei amici che hanno firmato quell'ordine del giorno non abbiamo mai avuto quell'idea.

Io credo che i miei amici abbiano dimostrato che l'effetto di quel decreto dell'onorevole ministro delle finanze è esiziale all'Italia, esiziale alla liberti, esiziale al nostro avvenire. Noi ci siamo creduti in debito di indicare quei rimedi che noi reputavamo convenienti al male da lui fatto. Ora io domando, se un deputato abbia o no il diritto di segnalare al Ministero cotesti rimedi. Con ciò non ne viene la conseguenza di venire ad urtare quei principii legali del nostro Governo, che il ministro segnava.

Non è il caso che noi proponiamo che la Camera si arroghi alcun diritto che non le spetti. Noi proponiamo che la Camera esprima in questa grave materia la sua opinione: le conseguenze costituzionali di questa espressione vengono di poi, e spetta al Ministero ed al paese lo apprezzarle.

E queste son vere teorie costituzionali che il signor ministro, dell'interno conosce troppo bene, perché io abbia a spendere molte parole a dimostrargliele.

PRESIDENTE. Ripeto alla Camera che anche per recente deliberazione, una volta chiusa la discussione, quando si tratta di interpellanze e non di progetti di logge, si intende tolta la parola anche a quelli che hanno proposto ordini del giorno; nonostante, l'onorevole Valerio, non come mozione d'ordine...

VALERIO. Come preghiera.

PRESIDENTE...  domanda per favore speciale di poter parlare, ben inteso, senza che si riapra la discussione. (Rumori— Voci. No! no!)

Io non posso che consultare la Camera; farà essa quello che crede, ma il presidente non può fare ameno di consultarla quando un deputato chiede che ciò si faccia. Così si è sempre adoperato in simili circostanze.

Chi intende, che debba aver la parola l'onorevole Valerio, è pregato ad alzarsi.

(Dopo prova, e controprova, non gli è accordata facoltà di parlare.)

Si procede alla votazione per appello nominale sull'ordine del giorno puro e semplice, se la proposta non è ritirata. (Rumori)

COMIN. Domando la parola.

lo vorrei pregare gli onorevoli miei colleghi, i quali hanno firmata la domanda dell'appello nominale, a volerla ritirare per risparmio di tempo. (Sì! sii)

PRESIDENTE. Insistono quelli che hanno fatto la domanda per l'appello nominale? (No! No!)

Allora pongo ai voti per alzata e seduta l'ordine del giorno puro e semplice.

(È approvato.)

Dunque la seduta pubblica è per lunedì.

La seduta è levata alle ore 6.










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