Storicamente le migrazioni sono il risultato della diversa velocità di sviluppo economico tra paesi o regioni.
Nel meridione, fino all'unità d'Italia, le migrazioni furono
scarse e temporanee. Il fenomeno più grosso era quelli degli
Abruzzesi che, stagionalmente, in numero non superiore a 30.000, si
recavano nel casertano e nella campagna romana.
Nel settentrione, invece, il fenomeno era massiccio, varie centinaia di
migliaia di persone migravano e, di queste, molte definitivamente.
PERIODO | 1881 | 1901 | 1911 | 1921 | 1931 | 1951 |
NORD | -1,9 | -6,2 | -3,6 | 2,2 | -2,1 | 0 |
SUD | - 0,9 | -9,2 | -7,1 | -6,7 | -2,2 | -6,1 |
Nel meridione il fenomeno dipese direttamente dalla conquista del Regno delle Due Sicilie da parte del Piemonte invasore, quindi inizia nel 1865 circa, con la fine della Guerra di Resistenza dei meridionali ai piemontesi. La causa iniziale sembrerebbe emotiva: gli sconfitti che prendono la strada dell'emigrazione!
In un fenomeno storico ci sono cause, concause, effetti che producono
altre cause che si intrecciano, si accavallano, per cui, all'analisi,
è difficile, se non impossibile dipanare la matassa. Ma sempre
il filo più grosso si può distinguere e seguire.
Se vogliamo ridurre al succo, è proprio così: l'inizio
dell'emigrazione dei meridionali coincide con la reazione alla
conquista del Piemonte. Ed è perfettamente in linea con quanto
detto circa la diversa velocità di sviluppo tra paesi.
La prova che quella dei meridionali fu una migrazione determinata da
cause particolari, cioè politiche e militari, è il fatto
che le prime grosse correnti di emigranti si diressero verso i paesi
del nord Africa e poi verso l'America del sud, in particolare verso
l'Argentina.
Questo prova due cose: la prima è che fu una scelta emotiva. Nel
nord Africa e in America del sud non c'era (non c'è ancora oggi)
una economia che si sviluppava a ritmi maggiori, tanto da attirare i
meridionali. La seconda e che fu una scelta di contadini che erano
attirati dalle terre da coltivare.
Al contrario! Quando si determinò il grosso fenomeno
dell'industrializzazione degli Stati Uniti d'America, l'emigrazione fu
fortissima sia dal nord che dal sud d'Italia. Ecco che trova conferma
la regola della diversa velocità di sviluppo tra due paesi. Ed
è ancora più confermata da un'altra considerazione. Un
numero enorme di persone partirono da tutta l'Italia verso gli Stati
Uniti. Poi il fenomeno decrebbe, fino quasi a cessare, in alcune
regioni del nord d'Italia, ed invece fu costante e forte dal sud
d'Italia. Questo perché, nel frattempo, il nord d'Italia, grazie
ai capitali “drenati” (in questo caso il termine drenato
può significare rubato, rapinato, estorto, eccetera!) al sud
d'Italia, si industrializzava, e quindi assorbiva mano d'opera dalla
sua stessa popolazione.
Le correnti di emigrazione non furono solo verso il sud ed il nord
America. Considerato che abbiamo calcolato in 5.187.000 il numero di
meridionali espatriati, nei decenni a cavallo del 1900, possiamo dire
che quasi tutti i paesi del mondo abbiano emigrati meridionali.
L'emigrazione tra il 1920 ed il 1940 fu quasi ridotta a zero per motivi
politici. Si dovrebbe in realtà parlare di colonizzazione di
territori conquistati militarmente e non di emigrazione. (Anche in
questo caso la regola della diversa velocità di sviluppo, trova
conferma).
Dal 1950 una fortissima corrente di emigrazione si è avuta dal
meridione d'Italia verso l'Italia del nord ed i paesi del nord Europa.
Come mai i settentrionali non solo non emigravano ma “avevano
bisogno” di immigrati? Il processo di industrializzazione,
partito con l'unità d'Italia e con i capitali
“drenati” al sud, ebbe una fortissima spinta, dopo la
seconda Guerra Mondiale, per l'ingresso in Italia di capitali che ci
arrivarono sotto forma di aiuti per la ricostruzione e sotto forma di
capitali che, mutate le condizioni politiche, l'industria estera
impiegava in Italia. Questi capitali, manco a dirlo, dirottati quasi
esclusivamente al nord, ebbero bisogno di mano d'opera a basso costo: i
meridionali erano lì proprio per questo! Ecco la spiegazione del
grosso fenomeno dell'emigrazione dei meridionali verso il nord
d'Italia, dal 1950 al 1970, che a sua volta spiega perché i
capitali, che del nord non erano, non vennero ben divisi
geograficamente.
Mettiamo un po’ in ordine i fatti.
1 - I meridionali prima del 1860 non emigravano, i settentrionali
invece si: quindi prima i meridionali stavano bene ed i settentrionali
no.
2 - I meridionali iniziano ad emigrare appena dopo la conquista
piemontese del Regno delle Due Sicilie, i settentrionali invece
più tardi: quindi, accanto alla diversa velocità di
sviluppo tra paesi, ci fu un'altra causa e questa fu la ribellione dei
meridionali all’unità d'Italia che non sentivano e non
volevano.
3 - Dopo l'emigrazione in massa di tutti gli italiani, l'emigrazione fu
costante soltanto al meridione: quindi, essendo partiti, il nord ed il
sud, in inferiorità rispetto ad altre nazioni, al nord questa
inferiorità si andava riducendo, e si riduceva l'emigrazione, al
sud, invece, l'emigrazione andava sempre più incrementando, a
causa del peggioramento del tenore di vita. Se ci domandiamo il
perché di questo differente comportamento, capiremo chiaramente
che il nord migliorava ai danni del sud.
4 - Dal 1950 al 1970 gli emigranti furono per la massima parte
meridionali: ora, quindi, i settentrionali stanno bene mentre i
meridionali continuano a star male.
5 - I meridionali solo ora vanno al nord d'Italia: quindi solo ora il
nord d'Italia inizia una vera espansione. Altro che chiacchiere!
L'industria, quella vera, al nord è nata nel secondo dopoguerra!
Il Grafico che indica le percentuali della popolazione che è
emigrata (al di sotto dello zero, nel Grafico), mostra chiaramente che
i dati numerici confortano la nostra tesi (anzi, per meglio dire, i
dati numerici hanno contribuito a formare la nostra tesi). Si
può vedere, infatti, che tra il 1881 ed il 1911 il sud è
ricorso all’emigrazione come il nord e che il fenomeno per il sud
è continuato fino al 1950 mentre al nord è finito.
Negli ultimi anni, dal 1970, i meridionali ritornano al sud,
perché? Preoccupate di avere mano d'opera a basso prezzo, le
nazioni o le regioni che favoriscono l'immigrazione guardano al breve
termine. Poi si rendono conto che ai vantaggi seguono degli svantaggi e
quindi bloccano l'immigrazione, anche con fenomeni di intolleranza e di
xenofobia. Problemi di natura sociale, razziale fanno sì che si
riorganizzi il bisogno di mano d'opera a basso costo.
Vediamo due esempi: il nord America ed il nord d'Italia.
Gli Stati Uniti non considerano gli immigrati come estranei ma come
americani. E' ovvio che il processo sia lento ed accompagnato da
fenomeni negativi. Ma la prova che sia l'unico modo per risolvere la
questione è il fatto che gli italo-americani di seconda o terza
generazione non si sentono immigrati ma americani, americani a tutti
gli effetti.
Ben diverso è l'atteggiamento dei settentrionali nei confronti
dei meridionali. Ecco perché ritornano! Gli italiani del nord
non vogliono più gli italiani del sud semplicemente
perché non lo vogliono. L'atteggiamento dei settentrionali nasce
dalla mancanza di volontà di integrarsi con i meridionali in un
sol popolo di italiani.
Facciamo un esempio di questa mancanza di volontà. Non citeremo,
ovviamente, i casi di bar proibiti ai meridionali ed ai cani; i casi
degli appartamenti che si fittano solo ai settentrionali o il fatto che
quando sui giornali settentrionali viene raccontato un fatto di cronaca
nera, viene sempre citato il luogo di provenienza quando è del
meridione.
Tutte queste cose possono dar fastidio, far sentire qualcosa dentro,
qui sullo stomaco, ma non sono, come si dice, prove. In un'analisi
critica e seria dei fatti quelli citati non trovano posto.
L'esempio che facciamo indica, invece, una precisa volontà, un
preciso orientamento: è, quindi, una prova. La città di
Milano ha approvato il suo piano regolatore che indica fino al 2000 una
crescita zero. (E' sconfortante rileggere nel 1995 queste noterelle
scritte nel 1978 e verificare la validità della tesi
sostenuta!).
Significa che devono andar via da Milano tante persone per quante ne
nasceranno e, se non ne nasceranno, l'immigrazione sarà comunque
controllata. Non è difficile immaginare chi sarà
costretto ad andar via!
Tutto il nord d'Italia si sta regolando allo stesso modo. Integrarsi
con i meridionali non solo implica la volontà di superare quelle
differenze di razza e di cultura, per quanto al nord questa fusione
costa e quindi non conviene. Costruire case, scuole ed ospedali costa.
Perché farlo se poi ad avvantaggiarsene sono i meridionali?
Ecco che, dopo avere esaminato i fatti e le cause, vediamo che è
semplice la spiegazione del ritorno dei meridionali al sud. E'
più semplice fare una fabbrica al sud (e perché poi fare
la fabbrica al sud? Perché non in Polonia oppure in Cina?),
piuttosto che fabbriche, case, scuole ed ospedali al nord.
In conclusione: noi sosteniamo che l'unità d'Italia abbia creato
due gruppi di popolazioni, di cui uno, il perdente, deve star peggio
per far star meglio l'altro.
Aggiungiamo delle considerazioni su chi, dopo aver voluto
l’unità d’Italia per interesse, ora la mette in
dubbio ancora una volta per il proprio interesse.
C’è un concetto di fondo che regola il fenomeno: come
considerare l’Italia nello scenario dei blocchi che si stanno
formando a livello mondiale. Il ritornello che sentiamo più
spesso è quello che l’Italia deve entrare in Europa e che
per arrivare a questa meta tutti i sacrifici sono giustificati.
Questo concetto contrasta con la Storia, con la Geografia e con il buon
senso. L’Italia è al centro del Mediterraneo tra
l’Europa, l’Asia e l’Africa. Il suo naturale destino
è lì. I nuovi “pensatori” della padania, per
un fatto contingente (cioè la svalutazione della lira che
consente loro di esportare) credono di poter, solo per quello, entrare
in Europa. Noi facciamo il tifo perché ci riescano per vedere
come saranno trattati dai tedeschi!
C’è un interesse di noi meridionali in una politica
mediterranea. L’Italia del nord, e quindi lo stato che è
nelle sue mani, ha interesse, sbagliando, in una politica europea.
Sarebbe auspicabile che l’Italia si ponesse, prima al suo interno
(nord e sud d’Italia), e poi all’esterno (Europa, paesi
arabi, Africa) in una posizione di mediazione.
L’Italia, in questo modo, non sarebbe, nei confronti
dell’Europa, la nazione di serie B da trascinare, ma la nazione
che consentirebbe all’Europa di dialogare, commerciare con i
paesi mediterranei, con l’Asia, con l’Africa: ruolo
importante e necessario. I due popoli italiani, in questo nuovo
scenario troverebbero interesse alla collaborazione perché
ognuno svolgerebbe il suo ruolo di collegamento, l’uno verso
l’Europa, l’altro verso il mediterraneo e, ovviamente,
troverebbero buoni motivi per convivere pacificamente.
Questo non sta succedendo per l’egoismo delle popolazioni del
nord d’Italia. Questo egoismo, con la conseguente ingordigia,
è giustificata dalla fame che hanno avuto per secoli, fino al
1860!
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