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Fonte:
https://www.repubblica.it/ - 10 febbraio 2011


Lo scrittore francese, napoletano d'elezione, rilegge la storia degli ultimi 150 anni

Celebro la disunità d'Italia

JEAN-NOÉL SCHIFANO


APRIRE gli occhi e leggere la storia reale dell'Italia, togliendoci di dosso il peso insopportabile delle menzogne ufficiali. Quando una menzogna, ripetuta dai libri, dai giornali, dai media, diventa celebrata vergogna, verità risaputa. E si sono stratificate a dismisura queste menzognere verità risapute che ci soffocano anima e corpo da 150 anni.

La tintoria dei Savoia ha dato il movimento continuo: le camicie rosse diventano nere, diventano rosse, diventano nere...

Di questi tempi, la tintoria italiana ce le rende piuttosto nere, sgualcite. Mentre quarant'anni fa ce le rendeva rosse di bandiere, di brigate, di sangue. E il sangue non era quello di bue di Buenos Aires. Il modello catastrofico è sempre quello: la camicia rossa di zi Peppe passa nella tintoria dei Savoia e diviene la camicia nera di Mussolini.

Sapete, quello a cavallo quando canta il gallo, quello dal prefetto di ferro, quello che fece Sabaudia in onore dei "Sabboia".

Se si aggiungono i patti lateranensi (curioso: 1929-2009/ottant'anni e nessuno ha voluto festeggiarli? Chissà perché...) tra il fascismo e lo Stato del Vaticano, abbiamo in pugno tutta la brutta storia della cosiddetta Unità d'Italia che osserviamo così ridicolmente bungabungamente sfatta fino ai giorni nostri.

La menzogna è sempre complicata. La verità è sempre semplice. Diffidate di quelli che vi dicono: "Non è così semplice". Vi vogliono imbrogliare. E l'imbroglio dura da 150 anni.

Due anni fa mi trovavo nei corridoi del Banco di Napoli —scusate San Paolo—un venerdì fine mattina e a un tratto vedo impiegati sorgere da diversi angoli e correre con valigie a rotelle verso l'uscita. Come un fuggi-fuggi dopo una rapina, prima che l'allarme si scateni. Correvano nei corridoi a testa china, non vedevano nessuno—che d'è 'sto scemanfù? Tiravano come muli impazziti le loro valigie piene. Un attacco armato? Un hold up a visi nudi sotto i miei occhi? Nessuno li fermava. Sembravano scippatori di alto bordo, allenati come atleti a svaligiare le banche.

Passato lo stupore, ho chiesto a un'amica che lavora da trent'anni in questa bella fortezza di marmo che succedeva. Mi ha risposto un po' a disagio, come una cosa naturale, purtroppo naturale: «Sono i torinesi. Corrono a prendere l'aereo per Torino».

Avete visto nelle strade di Napoli spostarsi il fantasma di bronzo brutto come un carro armato di apocalittica distruzione? Quello che ha sciacallato la nostra capitale e messo il capocamurrista Tore 'e Crescìenzo al potere, con il suo prefetto, ministro dell'Interno Don Liborio Romano. Tanto si trattava — e si è trattato durante i 150 anni, in un modo o in un altro — di "arrubbare' tutto il Sud, per riempire banche e tasche dei pezzenti settentrionali, esausti per le guerre e le cattive gestioni.

Contrariamente alla ripetuta menzogna, il problema in Italia non è mai stato meridionale, ma sempre settentrionale.

Il criminale torna irreprimimilmente, si sa, sul luogo del suo crimine: a prova, il Sabboia a piazza Borsa, dopo aver borseggiato a Napoli e nel Sud, mettendo alla gogna le popolazioni, le agognate riserve d'oro e tutte le ricchezze, peggio dei peggiori viceré spagnoli che trovavano a Napoli la Potosi d'Europa e arrivavano con le galere vuote e ripartivano con le loro navi straboccami di ricchezze, II ladro maiuscolo con la faccia di bronzo è tornato — Cucullo a croce bianca— come volendo ariana e ancora rubare, davanti alla sola Borsa che esistesse nel 1860 in Italia (Milano e Torino erano due cittaduzze di provinciali province e Roma pure) accanto alla sola banca Rothschild d'Italia che i Rothschild avevano voluto creare a Napoli, tanto le Due Sicilie si confacevano all'interazionale commercio, godendo di fama europea ben solida.

Tanto Napoli fa gola e fa paura che da allora fino ai nostri giorni si è sviluppata, da Roma in su, una vera e propria xenofobia storica, diventata xenofobia di Stato

Da 150 anni, capitale artificiale, caput Mundi duemila anni fa, kaputt tout court 150 anni fa — e latrina politica oggi — Roma vuole fare di Napoli una città bonsai, ridurla con tutto il peso dei settentrionali a una discarica di tutti i mali italiani, fare di Napoli il capro espiatorio della disunità d'Italia, fare della capitale della tolleranza un'infame Gomorra. far credere al mondo che da Caserta a Salerno c'è un'altra striscia di Gaza. Impoverire, ridurre alla fame, tenere al guinzaglio, assistendo con elemosine, dopo aver tanto svaligiato, durante i 150 anni!

Cambiare subito il nome delle strade e delle piazze. Disidentificare una intera civiltà.

Insopportabile una via che porta il nome di mille ladroni, di mille saccheggiatori, di mille assassini, di mille mafiosi! Vergogna unitaria! Non è più sopportabile questa vita per la civiltà napoletana che ha saputo—sola al mondo— per tre volte, con estremo coraggio e libertà, rifiutare la Santissima Inquisizione e che non ha mai avuto un ghetto (sotto Carlo III gli ebrei perseguitati in Spagna si venivano a rifugiare a Napoli).

Il 12 dicembre 1995, l'Asseblea generale delle Nazioni unite invita gli Stati a celebrare il 16 novembre di ogni anno il giorno della tolleranza. La nazione napoletana deve, con immensa fierezza, Festeggiare come altre nazioni del mondo, più che altre nazioni del mondo, il giorno universale della tolleranza, l'intera storia di Napoli, fino ai giorni nostri, massacrati dallo squallido ed ectoplasmico Stato italiano e dalla sua Protezione incivile. L'intera storia di Napoli mostra che Napoli è la capitale mondiale della tolleranza. E, quando i politici, ignoranti della loro propria storia e "cecati" dalla loro ideologia, parlano di "tolleranza zero", insultano l'umanità e la più umana e tormentata delle civiltà, la civiltà napoletana.

Qualche mese fa, prendo un taxi a Capodichino. L'autista avrà la trentina, non lo conosco, non mi conosce (almeno di persona). Appena sulla tangenziale, si gira verso di me e, con l'aria seria dì chi rimugina da tempo certi pesanti pensieri, mi dice esattamente queste parole: «Nuje napoletani non sappiamo chi siamo...»

Non dice di più e continua muto a guidare. Non potevo io rimanere muto. Era come una richiesta d'aiuto gridata da chi ha persi) memoria e identità. Lo stupido totalitarismo dell'Unità stava per fare sotto i miei occhi un'altra disperata vittima. Per fortuna, la linfa sale sempre nel trimillenario albero napoletano, malgrado le tante ferite profonde

Da lì si deve partire e proseguire con determinazione, da ciò che dite e fate oggi, dalla riconquista completa dell'idealità napoletana, dal rifiutare la maledetta disidentificazione delle teste e delle strade. Non È dunque possibile - o punibile solo come un'offesa, uno sfregio a milioni di persone, a milioni di morti - una piazza Bomba H a Hiroshima, né una piazza Garibaldi a Napoli e in tutto il Sud d'Italia.

A Nord, il nanetto storica che non riusciva neanche a salire da solo a cavallo, sciaboletta prima di lui, lo possono mettere dove vogliono loro, anche in quanto monumento al primo gambizzato dell'Italia unita!

E ricordarsi tutto. E non dimenticare niente della trimillenaria storia di Partenopee. Dalla lingua napoletana (popolare, diplomatica e letteraria) a tutti gli avvenimenti gloriosi della storia napoletana, a tutte le occasioni perse, al modo dì uscire da questo luttuoso tunnel unitario. Con una Confederazione del Sud accanto a una già ideata Confederazione del Nord— trappola fiscale — per annientare ancora di più il Sud e con una Roma capitale, sì, ma solo dello Stato del Vaticano.

Napoli potrà ritrovare il suo destino unico in Europa,continente che è esistito in nuce a Napoli, prima di esistere come dovrebbe un giorno esistere. Destino sospeso, che non è italiano, ma europeo e intercontinentale, Lo potrà ritrovare con forza e legalmente se l'Italia non vuole continuare ad affondare nella disunità con tutte le convergenze delle criminalità. Una mano lava l'altra. Sì, ma è sempre la stessa a mostrarsi pulita, sempre la stessa a nascondersi sporca. Bisognerà, allora, integrare ciò che non si può disintegrare, Museificare questi dannati anni unitari che hanno visto come uno scudo d'oro e di veleno svilupparsi, da 150 anni, camorra, 'ndrangheta, sacra corona unita, mafia. Perché i controveleni secernati siano questi, la malattia dell'Unità non può che essere mortale.

Nelle caserme italiane, fino a poco tempo fa le reclute nate a Sud di Roma le chiamavano tutte con disprezzo "I Napoli". I Napoli che qualcuno—ricordate—che ha diretto recentemente la Protezione incivile, voleva distrutti dal Vesuvio. Da Gaeta a Portopalo: i Napoli, siamo, Rivoltiamolo e rivendichiamolo come complimento, come compimento, come gloria millenaria: sì, certo siamo i Napoli! I Napoli, con orgoglio, con una civiltà greco-spagnola unica al mondo, dove regnano una cultura e tolleranza e che ci invidiano, al punto di xenofobarci! E di avvelenarci. A dire il vero, sono le tette della lupa che schizzano diossina e percolato! La sirena è morta per darci la vita, la lupa vive per darci la morte! Ci volevano far fare la fine d"e surece, per non dire d"e zoccole, facendo l'Italia... Ci hanno messo 'a capa dint"a monnezza de Roma! Per inalare i fratelli d'Italia! Dicevano: l'Italia è fatta, adesso bisogna fare gli italiani. Nossignori, e lo sapete, facendo finta di niente, niente e fatto, tutto è sfatto e niente si farà senza i napoletani!

Veniamo da lontano, veniamo da Rodi, dove i greci, nostri antenati, potevano praticare il culto vietato altrove in terra ellena, il culto della sirena. Veniamo da Rhodon, dalla rosa intorno alla quale sì assembrano Omero. Virgilio e Dante.

Intorno all'Averno: 0,5 chilometri quadri di acqua, una lagrima alla superficie della terra, una lagrima sulfurea da dove sorgono le parole e le immagini che fecondano il nostro mondo, una lagrima nella fucina delle nostre armi.

Quanto ci deve la cosiddetta Italia Unita? Quanto? Avete fatto i calcoli? Quanto rubato dallo Stato piemontese? Quanto distrutta, quanti crimini contro l'umanità? E le prime delocalizzazioni d'Europa: morte di Pietrarsa. Castellammare di Stabia in agonia dal 1860, con le sue costruzioni navali traslocate verso la Quarto genovese dei mercenari scamiciati, senza fede, né legge. Partono da Quarto-Genova e, 150 anni dopo, ci fanno l'Italia della monnezza a Quarto-Napoli!

Quanto in richieste di perdono, quanto in euro? Avete fatto il conto? Bisogna esigere rimpianti e rimborsi, con interessi compensatori! Farlo ragionevolmente, farlo fermamente, farlo sarà il modo migliore di festeggiare i 150 anni maturati di disunita! E, nel contempo, dare nascita a un partito politico, moderno e radicato nella tradizione, che potrebbe chiamarsi Movimento Sud e potrebbe avere questo simbolo.

"Astipate 'o milo pe' quanno te vene 'a sete".

Quale migliore mela che l'unica mela originaria dell'Italia meridionale, quella che, uscita dalle falde dell'Averno, sotto il segno di Plutone, segno mitologico delle ricchezze, cresce nel Beneventano, nel Napoletano, nel Salemitano, nel Casertano. Questa regina delle mele, la mela annurca!

"Astipate 'o milo pe' quanno te vene 'a sete".

Ingomma, conserva la mela per quando avrai sete. Certo. Ciò che vuoi d ire in "lengua nosta": non bisogna aver fretta per ritorcere contro qualcuno i torti subiti. Vanno riparati, amici miei, anche 150 anni dopo!








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