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Ringraziamo il Direttore Goffredo Fofi e la Redazione de "Lo Straniero" per averci autortizzato a riprodurre i seguenti articoli:

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Buona lettura!


Fonte:
https://www.lostraniero.net/ - Numero 92 - febbraio 2008

Come è potuto accadere

di Maurizio Braucci

Primavera del 2007. Petra e io passeggiamo nel Parco Ventaglieri, nel centro di Napoli, facendo attenzione ai gradini rotti e alle grate su cui poggiamo i piedi, la manutenzione dello spazio è scarsa e l’effetto della furia dei ragazzini e degli agenti atmosferici trovano poco rimedio. Lei è una giornalista tedesca, di Monaco, e ha voluto incontrarmi per parlare della mia città, sa della situazione dell’emergenza rifiuti, chiede delucidazioni e, dall’alto della sua tradizione civica, esclama “Capisco tutto: la corruzione, il malgoverno... ma come è possibile che qui i politici siano arrivati al punto di permettere un disastro ambientale che umilia anche loro?”. Non so rispondere, ma la domanda mi rimane nella testa, diventa anche la mia e ancora oggi cerco di trovare le ragioni profonde di questo oltraggio. “Come è potuto accadere tutto ciò?” domanda da olocausto, instillatami da una bavarese.

Come è potuto accadere

I fatti non sono mai inequivocabili come voleva Jack London in “Martin Eden”. Dopo Einstein e l’11 settembre provi a parlare di realtà e ti ritrovi nell’immaginario e viceversa, ma intanto, nelle cronache di questi giorni, fioccano le interpretazione e gli opinionisti mentre la gente non ci ha capito niente. Qui in Campania, non siamo ad alti livelli di mistificazione, non a quello che scriveva Debord per cui “Il vero è solo un momento del falso”, qui si fa solo una gran confusione, anche da parte di chi denuncia le cose, le rivelazioni arrivano a tratti e sempre per la forza del glamour o delle vicende: il call center milionario di Bassolino, le manganellate alle donne di Pianura e così via. Ma questo disastro non era annunciato? I documenti degli attivisti (tutto loro è il merito di aver portato a galla la situazione) non sempre sono chiari, a volte oscillano tra l’ermetismo tecnoambientalista e il proclama contro l’imperialismo, le immagini delle pecore morenti dei fratelli Cannavacciuolo ad Acerra e il percolato che filtra da discariche che sarebbero state bonificate con i prelievi della Tarsu. I cittadini campani poggiano la loro indignazione sul generico assunto per cui “Chi comanda è corrotto” e “Si sono mangiati i soldi”. La stampa nazionale, che ha finalmente accolto la gravità della situazione, recita a memoria “Gli affari della camorra – La rete delle ecomafie – Un intreccio tra politica e criminalità organizzata”. La strategia di chi ha delle responsabilità sembra avvantaggiarsi di questa confusione, tra i suoi fumi è più difficile intravedere i fatti, perfino equivocarli.

Emergenza rifiuti, perché? In Campania viene dichiarata nel febbraio del 1994, e questo fa sì che la gestione passi a un delegato del capo del governo, allora limitata alla figura del prefetto, con poteri speciali che mirano a riportare la situazione verso l’ordinario. La Campania ha in quell’anno le proprie discariche piene o in via di saturazione ma ciò accade perché è in ritardo nell’adozione di un nuovo piano per i rifiuti che non si basi sul ciclo, ormai superato, di raccolta e sversamento. Commissariare significare gestire i rifiuti con fondi prevalentemente non regionali, avvalersi di competenze tecniche straordinarie e poter attuare scelte emergenziali che altrimenti non sarebbero possibili. L’altro grande caso di commissariamento a sud è quello del dopoterremoto del 1980, i danni che ha prodotto nelle terre dove la criminalità organizzata è diffusa potevano forse far prevedere che anche commissariare i rifiuti in Campania avrebbe riproposto problematiche simili, ma di questo è inutile scrivere oltre.

Parliamo con un Mr. X che ne sa molto ma non vuole comparire come fonte:

“Tu hai avuto un ruolo dirigenziale alla Provincia di Napoli fino al 1996, come mai ti sei dimesso?”

“Ho preso parte a quella che chiamerei ‘fase 1’ dell’attuale emergenza. Allora già subodoravo che questa faccenda del commissariamento non sarebbe valsa a risolvere la situazione ma, anzi, a peggiorarla. Nel 1995, con la giunta regionale di Antonio Rastrelli di An, ho visto il prevalere di criteri di consociativismo proprio a partire dalle possibilità che la situazione di emergenza offriva ai politici. Io stesso presi parte alla gestione del primo bando di formazione per operatori ecologici che poi portò all’assunzione di 2.500 persone. La cosa che mi scandalizzò fu che Regione, Provincia e Comune aggirarono il collocamento e scelsero i corsisti tra liste di disoccupati create anche all’ultimo minuto, con evidente presenza della camorra che comprava gli elenchi dei nomi da gruppi già esistenti. Fu una spartizione tra destra e sinistra, divisa in quartieri e aree, secondo le esigenze di ciascun partito che ne guadagnò bacini di voti, cedendo, attraverso i fondi per l’emergenza rifiuti, denaro alle cooperative che poi, in seguito, venivano incaricate di svolgere servizi di nettezza urbana. Da questa prima manovra, ripresa dal commissario e governatore dell’Udr Losco, nel 1999, e poi subito dopo dalla giunta Bassolino, siamo arrivati ad avere oggi in Campania  12.000 addetti alla raccolta dei rifiuti, cioè 1 ogni 400 abitanti mentre la media italiana è 1 ogni 9.000. Una rete di clientele che poi il centrosinistra al potere dal 1999 ha perfezionato con il ricorso alle società miste; gli Lsu, i lavoratori socialmente utili, sono stati resi stabili con lo stesso meccanismo. Sotto Losco le assunzioni vennero fatte anche attraverso l’azienda speciale Asia, o meglio per assorbire quei lavoratori fu creata questa azienda che gestisce l’igiene ambientale a Napoli. A me bastarono i primi due anni, quando mi resi conto di ciò che stava accadendo diedi le dimissioni, altri invece sono rimasti e vedo che hanno fatto carriera.”

Sempre durante la giunta Rastrelli, nel 1996, il governo amplia i poteri dei commissari speciali e dà la possibilità, ai limiti del legittimo, che queste cariche possano essere ricoperte dai presidenti eletti delle Regioni. L’allora governatore viene scelto a guidare l’emergenza e vara un piano con cui affida l’intero ciclo dei rifiuti a imprese private, riducendo via via la funzione di controllo istituzionale e, come gli è permesso dallo stato di emergenza, mutando le valutazioni di impatto ambientale in pareri sulla “compatibilità”. Con il ciclo dei rifiuti nelle mani dei privati, dal momento che l’individuazione delle discariche spettano alle aziende, iniziano subito le speculazioni su terreni da adibire a siti di stoccaggio o discariche, la creatività del profitto fa sì che i terreni – spesso di proprietà dei clan – vengano comprati a prezzi folli dalle società appaltatrici – spesso infiltrate – pesando sul bilancio del commissariamento. Alla fine, oltre alle diseconomie, ne viene fuori una mappa regionale dei siti assurda, dettata solo dalla speculazione, comprendente territori dove sarebbe invece necessaria una bonifica e dove il tasso di morbilità è ormai allarmante. Già prima che venga pubblicata la ricerca del fisiologo del Cnr Alfredo Mazza nel 2004, le popolazioni comprese tra i comuni del napoletano di Nola, Acerra e Marigliano, soprannominato il triangolo della morte, capiscono  che qualcosa non va. In questa zona abitata da oltre mezzo milione di persone l’indice di mortalità per tumore al fegato ogni 100 mila abitanti sfiora il 35.9 per gli uomini e il 20.5 per le donne rispetto a una media nazionale che è del 14, lo stesso per quanto riguarda il cancro alla vescica, al sistema nervoso e alla prostata. Intanto, la giunta Rastrelli prepara il grande appalto che consiste nel cedere il ciclo dei rifiuti a una sola azienda “amica”, lo fa con una gara indetta nel 1998 e vinta poi dalla società Fibe, del gruppo Impregilo allora sotto la presidenza di Cesare Romiti e che annovera colossi della finanza italiana. La Fibe vince con un progetto tecnico modesto ma promettendo velocità e risparmio, due bufale come sappiamo oggi. La tecnologia è vecchia e probabilmente il progetto era stato pensato prima che il decreto del ministro Ronchi del 1997 stabilisse una gerarchia dei rifiuti, facendo prevalere raccolta differenziata e termocombustione – per la quale vengono previsti degli incentivi – e mettendo in ultima posizione discariche e incenerimento. La Fibe ottiene così, nel 2000, dal nuovo commissario ai rifiuti Bassolino, l’appalto per la costruzione di 7 impianti di stoccaggio di ecoballe e di due inceneritori per esse, la gestione della raccolta differenziata e la creazione di discariche. I ministri dell’ambiente e dell’industria sottoscrivono l’accordo, è un piacere fatto a pezzi importanti dell’economia nazionale, frutto di accordi politici trasversali e misteriosi. L’appalto del ciclo è previsto solo per la provincia di Napoli, il commissario speciale e governatore Bassolino lo estende in breve a tutta la regione. Nel 2000 il gruppo Impregilo si trova in mano un affare colossale, devono finanziarlo ricorrendo alle banche e le banche lo trovano interessante, molto interessante.

Filippo Granara, rappresentante del gruppo San Paolo Imi, nel 2005 ha riferito a riguardo di questo appalto alla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti: “Quindi, bruciare energia e venderla era parte fondamentale del business di Fibe e per noi rappresentava il 60 per cento dei ricavi del progetto, con uno sfasamento temporale. Il nostro finanziamento ha riguardato un sistema integrato. È stato anche simpatico spiegarlo, perché si tratta non di un termovalorizzatore o di un impianto di trattamento, ma di un sistema integrato, anche abbastanza grande, certamente pionieristico, il primo in Italia di quelle dimensioni – ancorché operazioni in project financing in questo settore ne sono state fatte almeno tre o quattro – e uno dei più significativi in Europa, tant’è che la nostra presentazione del progetto al mercato ha generato notevole interesse a livello delle banche europee. Un rischio che sapevamo di correre era che il termovalorizzatore non si sarebbe mai fatto, per eventi indipendenti dalla volontà delle banche, del commissario e di altri.”

Il commissario speciale ai rifiuti Antonio Bassolino, dal 2000 al 2004, porta ad alti livelli il meccanismo visto finora; più che di una continuità forzata con le giunte precedenti, come ha dichiarato di recente il governatore, si tratta di una progressione del malaffare. Il primo livello è costituito dal ricorso alle società miste, pubblico e privato, che l’ideologia dei Ds si mette all’occhiello in tutta Italia. La rete clientelare passa per gli affari, gli affari passano per la concessione di servizi pubblici ai privati, gli imprenditori amici ricevono denaro, ne restituiscono una parte nelle campagne elettorali e intanto assumono personale creando lavoro inutile e dispendioso, tanto, nel caso dei rifiuti, e non solo, a pagare sono il governo e la Comunità Europea. Inoltre è anche un modo per collocare i compagni di partito che non sono stati eletti e per tenersi buona l’opposizione che ottiene la sua fetta. L’amministrazione della regione non è più una funzione centrale, la classe politica che nel 1993 aveva soppiantato quella di Tangentopoli bada solo a gestire il potere attraverso la committenza pubblica, ma l’ex sindaco della rinascita diventa commissario della riesumazione dei vecchi poteri, si lega a essi e li sistema pur di restare in sella. Basta solo pensare che le spese della dirigenza del commissariato ai rifiuti salgono dai 16.638 euro del 1998 a 1.140.000 nel 2003, mentre nel 2004 arrivano a ben quattro le sue sedi, con un costo di 857 mila euro l’anno. Intanto i costi delle consulenze sono un pozzo senza fondo, specie nell’ambito universitario, ricorrendo a servizi esterni per obiettivi che venivano fino ad allora forniti dalla stessa pubblica amministrazione: Riccardo Di Palma, ora presidente della Provincia di Napoli, riceve per una sola consulenza su un riassestamento idrico la cifra di 400.000 euro. Intanto sono 2.361 gli assunti e stipendiati per una raccolta differenziata mai iniziata, 50 gli automezzi acquistati per la stessa raccolta che vengono rubati appena dopo la consegna, 9.270.401 gli euro spesi per il progetto “Sirenetta” che vorrebbe controllare via etere lo spostamento dei camion dei rifiuti e che incontra l’opposizione dei loro conducenti ai quali poi la magistratura dà ragione.

Un’assurda vicenda è quella che riguarda il trattamento dei rifiuti speciali in Campania. Nel 2002, Antonio Bassolino, prima in qualità di commissario approva e poi il suo consiglio regionale delibera, l’ingresso in Campania, in piena emergenza, di rifiuti speciali provenienti da altre regioni che poi vengano sottoposti a trattamento presso impianti di proprietà di industriali campani. È una follia, vista la situazione, ma con questa delibera pare si voglia favorire un settore nascente tra gli imprenditori locali. Il libro di Saviano non è stato ancora pubblicato ma vari dossier di Legambiente e l’inchiesta “Cassiopea” condotta dal magistrato Donato Ceglie già stanno denunciando il traffico di rifiuti tossici della camorra dal nord Italia alla Campania. Il seguito viene quando il commissario che succede a Bassolino nel 2004, Corrado Catenacci, giustamente prova ad impedire l’ingresso in regione di questi rifiuti speciali ma senza riuscirci perchè l’Unione Industrali napoletani fa ricorso al Tar e vince. Cosa può segnare un limite agli interessi degli speculatori? Possiamo pensare che un’attività del genere, visti i precedenti e la situazione regionale, sia del tutto estranea al traffico criminale? Intanto, nel 2007, l’inchiesta “Cassiopea” arriva a mettere sotto sequestro, per accettarvi la presenza di rifiuti tossici, 18 aree tra cui cave, fornaci, aziende agricole e impianti di recupero adibiti a discariche abusive. A maggio dello stesso anno, quando ormai il disastro campano sta venendo a galla in Italia, Giorgio Napolitano firma un decreto-legge che prevede degli interventi straordinari per superare l’emergenza in cui si dispone che “Il Commissario delegato può altresì utilizzare, previa requisizione, gli impianti, le cave dismesse o abbandonate... anche sottoposti a provvedimenti di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”. Che cosa sta succendo? Follia, ma univoca? O la perdita di qualunque ritegno?

Intanto, nel 2000, dopo l’affidamento dell’appalto del ciclo dei rifiuti, la Fibe inizia la sua attività. Eppure, non solo l’individuazione delle discariche risponde alle solite logiche di speculazione e di collusione criminale, non solo la raccolta differenziata invece di aumentare diminuisce, ma le ecoballe prodotte non sono bruciabili e in più, anche volendo, gli inceneritori, ad Acerra e Santa Maria La Fossa, non vengono realizzati nemmeno dopo 5 anni di gestione. Si racconta che alcune delle ecoballe campane della Fibe arrivino al nuovo inceneritore di Terni e che, quando entrano nell’impianto, facciano suonare gli allarmi dei rilevatori di diossina e radioattività, suggerendo che nelle aree dove vengono stoccate si inseriscano anche rifiuti tossici. Qualcuno tuttavia ipotizza che da parte della Fibe non ci sia mai stata alcuna intenzione di realizzare dei termovalorizzatori – questo termine è stato abrogato dalla Comunità Europea – ma che li abbiano spacciati per tali allo scopo di ricevere gli appositi incentivi come impianti di energia rinnovabile. In realtà, secondo questa ipotesi, si tratterebbe di inceneritori a griglia mobile capaci di bruciare i rifiuti “tal quali” ma con enormi effetti inquinanti. In ogni modo, in cinque anni, la Campania si avvia verso il disastro ambientale, le masse di finte ecoballe, cinque milioni di tonnellate, languono nei vari siti senza possibilità di essere eliminate, le discariche in funzione si saturano, le denunce e gli allarmi sanitari fioccano e i soli atti che il commissario Bassolino porta a termine durante il suo mandato sono quelli di concedere ulteriori agevolazioni contrattuali alla Fibe. Si eliminano i controlli previsti sui tempi e sulla qualità della realizzazione del ciclo dei rifiuti da parte della società, le si conferisce sempre maggiore liquidità per far fronte ai suoi debiti verso le banche, si elimina ogni prospettiva di penali e risarcimenti per le sue inadempienze, si assumono sui bilanci del commissariato le spese di adeguamento degli impianti in costruzione. Così, quando la magistratura interviene, nel 2005, ormai il contratto con la Fibe viene rescisso dal governo Berlusconi senza grossi problemi per la società, la quale però continua a percepire soldi per mantenere, in via transitoria, i servizi di smaltimento e di impiantistica. Due successive gare d’appalto – l’ultima è del settembre 2007 – per l’affidamento del ciclo dei rifiuti campani vanno deserte, tra le condizioni contrattuali viene richiesto che l’affidatario del servizio, per ben 20 anni, si assuma un costo iniziale di quasi 2 milioni di euro per subentrare alla Fibe acquistandone gli impianti e i debiti. Intanto, nel 2007, la procura di Napoli deposita la richiesta di rinvio a giudizio per Antonio Bassolino, Piergiorgio e Paolo Romiti e altri 25 indagati nell’ambito della gestione dell’emergenza rifiuti in Campania dal 1994. La posizione del governatore campano in questo futuro processo, se mai si svolgerà viste le tante difficoltà e opposizioni che incontra, sembra sempre più avviarsi verso la prescrizione dei reati. E del resto le accuse per lui e per gli altri 27 rinviati a giudizio, truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture, sono di una natura ben più lieve di quel disastro ambientale a cui stiamo assistendo. Intanto, dal luglio 2007, a dirigere la Fibe, è stato chiamato Bruno Ferrante che, per accettare l’incarico si è dimesso dall’incarico (ma certo non dalle conoscenze) di Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione. L’impunità e la strategia degli accordi politici sottobanco sembra essere il destino dei tentativi di fare emergere le responsabilità di questo oltraggio civile e ambientale che, oltre all’oppressione di una popolazione, ha causato lo spreco di 1 miliardo e 300 milioni e debiti per circa 500 milioni di euro, chiaramente a carico dei contribuenti.

Come è stato possibile tutto questo? Dove arriveremo ancora? Basta “la banalità del male” per spiegarlo? Forse il male ha una sua evoluzione che ci lascerà sempre più sorpresi, fino a morirne senza averci capito nulla.













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