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Fonte:
https://www.pompeomaritati.eu/

Se il Sud aiutasse la Padania a separarsi, paradossalmente

diverrebbe più ricco dell’attuale lombado-veneto

Pompeo Maritati

Luglio 2010

Se dovessimo veramente cominciare a farci i conti in tasca e far girare l’economia di questo paese nel verso giusto, slegata dai laccioli delle grandi aziende che altro non sono che delle vecchie locomotiva a carbone, alimentate da contributi ed elargizioni statali, scopriremo che il sud, in caso di separazione dal lombardo-veneto, diverrebbe più ricco del nord e soprattutto, sorpresa, rappresenterebbe per quest’ultimo la sua vera ed unica fonte di ricchezza. Prima di tutto diciamo che siamo stufi che gli investimenti in questi ultimi trent’anni si siano fatti solo al nord.

Le infrastrutture del sud hanno bisogno di essere adeguate agli standard europei. E’inammissibile che in varie regioni del sud la percorrenza ferroviaria è mediamente di 40 chilometri orari. Roba da terzo mondo e pensare che il primo tratto ferroviario inaugurato fu quello della Napoli-Portici. Per questo ritenendo satura la situazione, ed avendo soprattutto raggiunto il limite della sopportazione in merito al vile comportamento razzista delle regioni del nord, auspichiamo anche noi un sud indipendente. Pertanto sarei del parere di proporre che Il ricavato dello sfruttamento energetico dovrà restare nelle aree in cui viene prodotto. E’ veramente paradossale ammirare dal lungomare di Crotone le piattaforme petrolifere, e poi rilevare che la provincia di Crotone è tra le più povere d’Italia.

Ogni regione diventerebbe concessionaria delle reti di distribuzione dell’energia e delle comunicazioni, comprese le autostrade, ad un canone annuo che tenga conto della qualità e della quantità delle infrastrutture ivi esistenti. Poi una seria ed autorevole rivisitazione della storia risorgimentale non guasterebbe, non quella blasfema riportata sui libri di storia di una scuola che più che italiana doveva essere denominata “Storia piemontese” avendo travisato e modificato la realtà storica del XIX secolo.

Chiediamo pertanto anche noi la separazione, cominciamo anche noi ad a render pane per focaccia a quella parte d’Italia che non merita più di essere chiamata tale, anche perché è lei stessa che si rifiuta di essere italiana. Cominciamo anche noi con caparbietà a promuovere o meglio ad aiutare i padani ad andare finalmente a quel paese. Vedremo cosa faranno la maggior parte delle loro aziende, che sono andate avanti solo grazie agli aiuti statali, non pensando in questi ultimi vent’anni, di porre in essere riconversioni e riammodernamenti perdendo considerevole terreno nella corsa della competitività internazionale, contando solo sul mercato interno, cioè dalle Alpi a Lampedusa. Siamo stanchi di pagare milioni di giornate di cassa integrazione ad aziende decotte.

Penso che se tutti i soldi che sono stati dati sino ad oggi alla Fiat ed all’Alitalia, fossero stati erogati a fondo perduto ai relativi operai, compresi anche quelli dell’indotto, oggi questi starebbero molto meglio e sicuramente avremmo speso anche molto di meno. Questa Italia a noi del sud non serve. E’ un’Italia che sa solo prendere, altro che investimenti e casse del mezzogiorno, sono tutti soldi che si sono spartititi quelli del nord, e qui son rimaste solo le briciole, o meglio le cattedrali nel deserto, insediamenti industriali che hanno letteralmente bruciato migliaia di miliardi di lire per poi dopo qualche anno chiudere i battenti. Pertanto essendo stufi di tutto ciò e soprattutto di essere vilipesi da quattro cialtroni, chiediamo anche noi di mandare a ramengo quest’Italia, chiediamo anche noi che, come dice Bossi, che auguriamo ci sia la “separazione consensuale, altrimenti…”.

Non vedo perché se lo dice lui, peraltro ministro dell’attuale governo, insediatosi previo giuramento di fedeltà all’Italia ed alla sua costituzione, non lo possiamo dire anche noi.

E’ questo oggi il pensiero che sta montando tra le genti del sud. Un pensiero che si sta pian piano trasformando in odio. Un odio pericoloso i cui risvolti potrebbero essere molto gravi per il futuro del nostro paese. Penso che avrete capito che la prima parte di questo articolo ovviamente altro non voleva essere che una forte provocazione che non deve essere sottovalutata.

Quello che preoccupa più di tutto oggi, non sono le esternazioni misere e nauseabonde dei leghisti, è la scarsa attenzione che viene riposta a questo fenomeno da parte delle alte cariche dello stato, delle istituzioni in genere, che non si stanno rendendo conto che è proprio questa indifferenza ad irritare di più e a far montare la sensazione di un sud abbandonato e bistrattato al punto che, percorrere anch’esso la strada del separatismo, forse non è un’idea così peregrina anche perché poi alla fine della giostra a rimetterci sarà proprio il nord, ed il nord questo non l’ha ancora capito.

L’unità di questo paese è forse l’unica vera ricchezza che gli è rimasta, e qui spero vivamente di sbagliarmi, i nostri politici non sembrano esserne molto convinti. E’ un momento molto delicato e fragile della nostra storia quello che stiamo vivendo ora, ed è necessario che tutti facessimo molta attenzione cercando di ricordare che qui di fronte a noi, sulla dirimpettaia sponda dell’Adriatico, c’era una volta una nazione che si chiamava Iugoslavia. Chi ha orecchie per intendere intenda.






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