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RIVISTA
CONTEMPORANEA
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VOLUME VIGESIMOSECONDO
ANNO OTTAVO

TORINO
DALL'UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE

1860

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Il Maestri nel mondo accademico viene considerato uno degli autori del secolo diciannovesimo di maggior prestigio sulle materie statistiche ed economiche – egli diresse il primo censimento del neonato regno d'Italia nel 1861.

Dai suoi scritti emerge che anche l'economia meridionale aveva una sua dinamicità, anche se non ne aveva una conoscenza molto precisa, probabilmente aveva contezza migliore del nord Italia essendo egli di Milano. 

Vi invitiamo pertanto a leggere anche altre opere, come “L'Italia meridionale o l'antico Reame delle due Sicilie di G. De Luca”, ad esempio.

Zenone di Elea – 20 gennaio

Pag. 207-234
DELLA INDUSTRIA MANIFATTURIERA
IN ITALIA


L'Italia, che ha conquistato due volte il mondo, dapprima colle armi, poi col commercio e colle industrie, sarebbe forse in oggi colpita dall'impotenza di quelle generazioni decrepite che nessun altro conforto possedono tranne quello dell'orgoglio della razza ed il ricordo dell'antica gloria? Pur prescindendo dalla politica, la quale non entra nel piano dei nostri studii attuali, noi crediamo che, anche di presenza all'enorme progresso fatto dall’industria e dal commercio in altri paesi più fortunati, l'Italia possa anche oggidì affacciarsi, senza arrossire, innanzi al congresso industriale delle nazioni europee. Infatti, sebbene interrotta ad ogni tratto da linee doganali, inceppata da tariffe diverse, non potendo procurarsi capitali, che principalmente hanno bisognò di confidenza, a malgrado di tutti questi ostacoli, la vita industriale dell'Italia non è meno attiva, né acquista meno per questo di anno in anno nuovi elementi di forza e di grandezza. E ciò accade perché, a lato dei detti ostacoli, vi hanno forze naturali immense che aiutano la patria nostra nell'opera della sua rigenerazione industriale e commerciale. La sua costituzione fisica e geologica è singolarmente favorevole a tutte lo industrie attinenti all'agricoltura; la natura ha prodigate a larghe mani nel seno delle sue montagne i minerali ed i marmi preziosi; le ha dato il beneficio di duo mari e di due coste lunghissime e portuose; la mancanza del carbon fossile, che con ragione si deplora, è stata in parte compensata da grandi depositi di torbe e lignite; finalmente nella sua parte settentrionale, che è in pari tempo la più fertile ed industriosa, l'abbondanza delle acque provvede il paese d'una forza motrice a buon mercato, e di canali, grandi arterie che percorrono le pianure, recando su suoi campi l'irrigazione, e ne' suoi borghi e nelle sue città il movimento e la vita.


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Vedremo più particolarmente negli studii speciali, che ci proponiamo di estendere ai diversi rami dell'industria italiana, quali siano i più prosperi e quale è l'avvenire cui sono riservati. Già abbiamo fatto intravedere la preminenza dello industrie che dipendono dall'agricoltura, ed ora ci affrettiamo a soggiungere, che, all'intento di facilitare il nostro lavoro e di classificarlo con maggiore chiarezza, abbiamo pensator di seguire il sistema che piglia a prestito le sue divisioni dai tre regni della natura, l'animale, il vegetabile ed il minerale. Cominciamo dal primo.


INDUSTRIE CONCERNENTI L'IMPIEGO DELLE SOSTANZE ANIMALI


Sete e Seterie.

 

L'Italia è il paese ove le arti e le manifatture furono di preferenza coltivate od utilizzato con maggior successo. Ciò che l'Oriente aveva fatto allorquando l'incivilimento era al suo nascere, ciò che Francia ed Inghilterra s'affaticano d'ottenere 'al presente, era una volta esclusivo vanto d'Italia, la quale occupava in allora il primo posto nel commercio e nell'industria del mondo. Tra lo fabbricazioni che maggiormente contribuirono ad arricchirla e che le diedero tanto lustro industriale, va annoverata quella della seta, avendo essa sola fatte celebri alcune fra le sue più cospicue città, e fu la più feconda sorgente dalla quale scaturì la loro potenza e ricchezza.

A chi deve l'Italia questa nobile produzione? In Italia avevasi conoscenza delle stoffe seriche molto tempo prima che vi fossero conosciuti i gelsi ed i bozzoli.

Narra Erodiano che una veste di seta, appartenente alla moglie di Antonino il Pio, fu venduta per cavarne le paghe d'una intiera armata. Eliogabalo non fu al certo estraneo alla introduzione di questo tessuto, ed i Romani ebbero da lui i primi modelli delle sfarzose vestimenta asiatiche. Alessandro Severo ed Aureliano richiamarono i proprii sudditi all'antica semplicità. Ma il lusso erasi fitto troppo addentro ai costumi, ed ai tempi di Costanze e di Giuliano preparavansi in Costantinopoli le seterie destinale ad adornare i patrizi di Roma. Sotto Giustiniano, e verso l'anno 525 dell'era novella, l'arte di coltivare i bachi erasi dalla Cina diffusa nella Grecia, ove venne per ben sette secoli segretamente custodita.

Solo più tardi, nel 1140, questa scoperta venne definitivamente acquistata dall'Italia, e devesi a Buggero-re di Sicilia l'introduzione di qualche centinaio d'operai e della semente dei tochi, ch'egli trasportò nell'isola dopo la conquista d'Atene.


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Il setificio conosciuto a Palermo, lo fu ben presto anche nelle Calabrie ed in molte città d'Italia. Lucca si distinse fra tutte, e allorché fu messa a ruba da Uguccione delle Fagiuola, alcuni cittadini fuggiaschi portarono la conoscenza di quest'arte a Firenze. Però alcuni pretendono che l'industria serica avesse i suoi patentati o matricolati fino dal 1204, e che i suoi statuti datino dal 1225. Gli storici più accreditati di quell'epoca registrarono il nome dei negozianti che la esercitarono negli anni 1265 e 1266.

Eccoci ai tempi di Giano della Bella, che nel 1233, dopo la disfatta toccata ai nobili, rappresentò con tanta energia la democrazia fiorentina, tempi nei quali le arti influirono così potentemente sulle pubbliche coso. Ciascuno dovea appartenere a qualche arte: quella del setificio era considerata come la più nobile, e contribuì per quanto le spettava alla fondazione di que' magnifici stabilimenti civili e religiosi che destano anche al presente l'universale ammirazione!

Nel 1400 Firenze annoverava ottanta e più grandiose fabbriche, nelle quali tessevansi drappi serici d'ogni colore. su d'un fondo d'oro, e trapuntati con argento, e che smerciavansi a Lione, in Ispagna, in Grecia, in Turchia ed in Barberia. Nel 1766 la quantità di seta impiegata nelle varie 'manifatture toccava i 54,553 chilogrammi, il cui lavoro dava da vivere a 20,000. operai, ed il cui commercio era esercitato da un migliaio di capitalisti.

Milano, Venezia e Genova succedettero a Firenze nell'importanza della serica industria. Il setificio era esercitato a Milano fino dal dodicesimo secolo; nel tredicesimo vi lavoravano, in. quest'arte, a quanto affermano Le cronache, 40,000 operai; e raggiunse, in sul principio del quattordicesimo secolo, il suo più grande sviluppo, per opera dei Lucchesi che emigrarono su quel di Milano. Nel 1580 trovansi da Milano e provincie meglio di tre milioni di libbre di seta, oltre quella consumata nell'interno.

Nel tredicesimo secolo troviamo che a Venezia alcuni magistrali sorvegliavano la fabbricazione dei drappi in oro e dei zendadi, il che prova, che questo ramo industriale vi era' già stabilito. Anche quivi ebbe maggior incremento dopo l'emigrazione dei Lucchesi.

La perfezione di tali drappi e dello stoffe seriche aveva ottenuto l'ammirazione d'Europa; parimenti n'erano assai ricercati i merletti ed i ricami. Si esportavano dalla Venezia in Lombardia drappi d'oro e di seta pel valore di 250,000 zecchini.


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L'uso della seta era tanto generale a Genova, che in una processione nel quattordicesimo secolo vi figurarono meglio di mille persone rivestite di questa ricca stoffa. Il velluto ed il damasco costituirono per molto tempo un importante ramo commerciale in questa ultima città, che ne ricavava dai quattro ai quattro milioni e mezzo di franchi-ciaschedun anno. I Piemontesi si occuparono gli ultimi di tali manifatture, e benché nel 1573 Torino contasse qualche fabbrica, l'introduzione e l'educazione del baco da seta e dovuta a Vittorio Amedeo.

In tal modo le produzioni seriche giunsero in Italia dall'estremo Oriente, penetrando in Sicilia per le conquiste di Ruggero, e nella penisola per opera delle guerre civili e religiose dei secoli quattordicesimo e quindicesimo, e si annidò successivamente nelle grandi città, ove' raggiunse dappoi il più alto grado di splendore.

Ma tale supremazia non durò gran fatto, ed al presente è giuocoforza il dire che le industrie straniero oscurarono i prodotti delle antiche nostro fabbriche. Tuttavia, anche confessando l'attuale decadenza delle nostre manifatture, le quali però da qualche tempo fanno di assai nobili sforzi per rilevarsi, siamo abbastanza fortunati di poter attestare un fatto che, a nostro avviso, è capitale in Italia, e che rivela da sé sola tutta l'importanza della sua situazione economica; noi accenniamo all'immenso sviluppo presso noi dato alla coltivazione del gelso, e per conseguenza all'enorme, quantità, di seta che annualmente si raccoglie.

Di tal modo se la preparazione del tessuto ha dovuto sopportare spiacevole smacco nelle più cospicue fra le nostre città, nelle quali quest'arte era una volta sì viva, in compenso la raccolta dei bozzoli è sì abbondante, e questa si ottiene nelle nostre campagne in una tal misura, che tutte le provincie d'Europa insieme congiunte non potrebbero eguagliarla.

Questo. prodotto, in soli quindici giorni, ci arreca un beneficio immenso, senza che le sorgenti degli altri ricolti inaridiscano; è una rendita di 200 milioni di franchi, berla massima parte tributatici dalla Francia e dall'Inghilterra, o che danno un considerevole impulso alle private risorse, aumentando la ricchezza nazionale.

Ci resta adesso a parlare dolio stato attuale della fabbricazione delle sete e seterie; gli specchietti che seguono riassumono e traducono in cifre il valore di queste industrie. Noi cominceremo dalla raccolta de’ bozzoli, che si divide in questo modo fra' diversi paesi d'Italia:

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PRODUZIONE DEI BOZZOLI.


PRODUZIONE DEI BOZZOLI.


Quantità

Valore


in chilogrammi

in franchi

Lombardia (1)

14,112,000

63,000,000

Venezia (2)

10,920,000

39,000,000

Stati Sardi (3)

12,110,580

54,235,000

Due Sicilie Napoli (4)

5,120,000

23,852,000

Sicilia (5)

2,200,000

8,800,000

Stati Romani (6)

2,710,000

10,800,000

Toscana (7)

1,875,000

7,500,000

Tirolo italiano (8)

1,792,000

4,000,000

Modena (9)

824,900

3,299,000

Parma (10)

374,082

1,906,169

Ticino (11)

175,000

700,000

Trieste, Istria, Gorizia (12)

162,000

405,000

In tutta Italia chil.

52,374,662

217,488,169


FILATURA.

Vediamo ora, so con uri prodotto che sorpassa tutta la produzione del resto di Europa, le industrie che ne dipendono sono in condizioni egualmente favorevoli. Per cominciare dalla filatura, diamo qui il numero delle bacinelle e degli operai impiegati a questo lavoro.


(1) Vedi il Manuale di statistica austriaca, per Mais. L'adeguato generale, emerso alla Camera di commercio in Milano per l'anno 1855, è di 15,260,000 chilogrammi, pel valore di 74,440,800 franchi.

(2) V. Hain

(3) Giusta un quadro presentato alta R. Camera d'Agricoltura e Commercio di Torino, le filande dei R. Stati sommavano nel 1856 a 795, le bacinelle funzionanti a 18007 e i bozzoli filati a 705,485 quintali metrici. Noi manteniamo però le cifre da noi indicate qui sopra, perché riferentisi ad un'annata, nella quale il raccolto dei bozzoli o stato più normale. Facciamo osservare da ultimo, una volta per sempre, che, siccome nei nostri studi abbiamo compresa la Corsica, Malta e il Cantone Ticino politicamente aggregati a Stati Esteri, ma nel fatto topografico italiani, cosi trattandosi degli Stati Sardi, abbiamo esctusa dalle nostre considerazioni la Savoia, la quale geograficamente non è Italia,

(4 e 5) V. Annales du Commerce extèrieur. Paris, dècembre 1856.

(6) V. Prospetto del movimento commerciate degustati Romani del 1852, pel signor Galli, ministro delle finanze.

(7) V. Annali di Statistica di Milano. Secondo il rapporto generale della pubblica esposizione del prodotti d'industria delta Toscana fatta nel 1850, la quantità dei bozzoli raccolti è di 1,084,800 chil., che porterebbero il prodotto della seta tratta a 125,430 chil., corrispondenti al valore di 7,770,000 franchi.

(8) V. Statistica di Hain.

(9) V. Statistica del Ducato di Modena per C. Roncaglia.

(lò) V. Registri della Camera di Commercio di Parma e Piacenza. Né queste cifre, che sono le medie annue del settennio 1850-1856, rappresentano tutta la. produzione dei bozzoli del ducato, ma solo la parte che passa in lavorazione nelle filande del paese, avendovene altra che ignorasi, la quale si esporta ogni anno e viene lavorata in cambio negli stabilimenti della vicina Lombardia.

(11) V. La Svizzera italiana, per Franscini.

(12)V. Hain.


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Lombardia

34,627

79,500

Venezia

20,000

18,000

Stati Sardi (1)

25,000

57,000

Tirolo italiano

5,885

13,000

Parma

1,022

2,142

Trieste e Gorizia

555

1,406

Ticino

500

1,000

Altri Stati d'Italia

25,200

58,000

In tutta l'Italia

112,789

260,048


Da questo quadro risulta che le bacinelle sono più numerose là dove h produzione della materia prima è più abbondante, o che per tal ragiono la Lombardia, come si può vedere figura in prima linea vengono in seguito il Piemonte e il Veneto. La Lombardia e il Piemonte danno un insieme di 26,222,580 chil., che sorpassa quello di tutte le altre provincie italiane (25,279,351 chil.). L'agricoltura lombardo-veneta dà maggior quantità di bozzoli della Francia; quella di tutta la penisola ne fornisce più dell'intera Europa. La produzione annua de’ bozzoli è valutata a chilogrammi 52,374,662 di un valore di franchi 217,488,169. E potrebbesi, ottenerne molto di più, se alcuni de’ paesi che si prestano egualmente alla coltura. de’ gelsi prendessero il partito di seguire il buon esempio che loro offrono la Lombardia e gli Stati Sardi.

Al numero degli operai bisogna aggiungere i direttori, i commessi, ecc., i legnaiuoli, i lattonai, i macchinisti, ccc., che sono occupati alla costruzione, alla riparazione ed all'amministrazione delle filande. Questo personale può bene esser valutato a 300,000 individui.

Ecco la quantità de’ bozzoli che sono entrali in filatura, la quantità ed il valore della seta che no è risultata, ed il prodotto netto, o il beneficio di questa operazione:



Bozzoli entrati in filatura

Seta Grezza

Prodotto netto della


chilogr.

Quantità chil.

Valore fr.

Filat. fr.

Lombardia

16.873,400

1,406.720

79,940,000

7,215.000

Venezia

8.439,200

703,360

32,.625,000

2,500,000

Stati Sardi

12,110,000

908.000

59 020,000

3,788,000

Due Sicilie Napoli

5,120,000

426

25,500,000

1,700 000

Sicilia

1,200,000

163,000

9,780,000

980,000

Stati Romani

2,531,000

202.500

12,150,000

1,350,000

Toscana

1,875.000

140,000

8.400.000

900.00(X

Tirolo italiano

1,786,000

148,792

6,797.000 .

517,500

Modena

821,000

73,000

3.800,000

500.000

Istria e Gorizia

560,000

42,000

1,800,000

300.000

Parma

374,082

34,474

2,199,041

292,872

Ticino

175 000

14,009

840,000

140,000

Prod. totale dell'Italia

52,872,682

4,261,855

242,851,041

20,183,372

(1)Giova qui ripetere che, nei nostri studi, trattando degli Stati Sardi, resta esclusa la Savoia, la quale geograficamente non è Italia.


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La filatura assorbe, come si vede, quasi esclusivamente sul luogo il contingente dei bozzoli proprii di ciascuna località italiana. Però alcune, sprovviste di combustibili, inviano alle altre il loro prodotto primitivo. Cosi la Venezia spedisce i suoi prodotti parte alla Lombardia, parte nel Tirolo, mentre ne riceve dal littorale Adriatico. Non si fa alcuna esportazione all'estero, in ragione de’ danni che i bozzoli potrebbero soffrire nel. trasporto.

La filatura si esercita con diversi metodi, allo stato di domesticità in piccoli lavoratoi, o in grandi stabilimenti aiutati e perfezionati dalla meccanica. Ne risulta cosi una varietà nella produzione che loro non permette di raggiungere la perfezione, né la regolarità di molte sete francesi.

Il prodotto totale della seta grezza in Italia è di 4,259,058 chil. rappresentanti un valore di 241,938,739 franchi per anno. Il benefizio netto della filatura è di 20,129,437 fr.


TORCITURA.

Dopo la filatura viene la torcitura. Questa operazione in Italia non è tanto generale quanto l'altra, cioè la sua lavorazione non comprende la totalità del suo prodotto primitivo. Lo sete che si esportano allo stato grezzo sono, come vedremo (ra poco, in grandissima quantità; esse escono cosi prima di esser torte; ciò che reca profitto allo straniero e fa perdere un benefizio al paese che le produce, ed al popolo che non può lavorarle. L'esportazione dello sete grezze che si opera ogni anno nell'Italia del Nord, dove la torcitura è incontestabilmente più generalizzata che altrove, è di 583,397 chil. Di cui 197,720 chil. appartengono al Piemonte, ed il resto alla Lombardia ed al Veneto. In Lombardia la seta grezza esportata è quasi il quinto della sua totale produzione. Nelle altre parti della penisola questo rapporto è anche meno favorevole, poiché i filatoi sono comparativamente meno numerosi, e le fabbriche di tessuti cosi rare, che non incoraggiano a intraprenderne delle nuove. Ma ritorniamo alle cifre della statistica.

La Lombardia conta 551 filatoi da seta e 1,241,500 rocchetti da innaspare, di cui 703,300 per torcere e 538,200 per doppiare la seta. Sono serviti da 12,000 operai, cioè da 4,400 uomini, 5,500 donne, e 2100 ragazzi. Aggiungete inoltre 31,300 incannatrici. Vi s'impiegano 1,263,360 chilogrammi di seta grezza, il valore della quale si eleva a 69,065,000 franchi. Vi si manifattura 554,288 chil. di seta di trama, e 666,232 di organzino, per un valore totale di 7,282,500 franchi. Cosi il beneficio netto della torcitura è di 7,217,500 fr.


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In Piemonte i filatoi da seta sono al numero di 185, de’ quali 133 per l'organzino e 52 per seta di trama; 12,879 operai lavorano 560,000 chil. di seta prezza, ciò che rende al paese il beneficio netto di 4,000,000 di fr.

La torcitura nelle province venete è ancora meno sviluppata della filatura comparativamente alla Lombardia; 20,000 persone vi lavorano a' filatoi ed alle altre occupazioni successorie. Il prodotto è di 527,600 chil. di seta filata, che rappresentano 28,000,000 fr.; questo risultato è prodotto da 565,000 chil. Di seta grezza di un valore di 25,725,000 fr. Il benefizio della torcitura è per conseguenza di 3,080,000 fr.

I filatoi del Tirolo sono nel numero di 55, e contano 125,470 rocchetti, di cui 85,885 per la torcitura e 39,585 por la doppia tura. Operai: 500 uomini,1,200 femmine e ragazzi,200 dipannatrici. Vi si contano inoltre alcuni altri piccoli filatoi con 500 lavoratori

Seta grezza impiegata,129,584 chil. Valore 5,535,000 fr. Seta lavorata, 123,424 chil.; valore, 6,612,500 fr. Benefizio, 1,077,500 fr.

Cosi il prodotto netto della torcitura in Piemonte, nel Tirolo, e nel Lombardo-Veneto è di 15 a 1.6,000,000 di fr. Noi non sappiamo al giusto ciò che questa operazione renda agli altri Stati italiani „ il regno di Napoli, gli stati Romani, la Toscana, Parma e Modena; ma dal poco che abbiamo raccolto si deve. conchiudere chela torcitura in questi paesi è meno generalizzata che altrove, e che il suo beneficio è quindi comparativamente più ristretto. Fa d'uopo sperare che questo ramo industriale faccia altrettanti progressi in Italia, per quanti ne ha fatti da qualche tempo la filatura; noi desideriamo che essa pervenga da per tutto a raggiungere quel grado di perfezione che è proprio solamente di alcuni paesi della penisola e dell'estero; che infine i suoi istrumenti di lavoro si moltiplichino e si modifichino sopra quelli che si sono recentemente introdotti i"n Francia ed in Inghilterra.


SCARDASSATURA E FILATURA DEGLI AVANZI DI SETA.


Si ottengono sia dalla filatura, sia dalla torcitura de’ prodotti chiamali differentemente secondo i paesi, e che venduti all'estero, o lavorati nell'intorno, aumentano le risorse già considerevoli degli intraprenditori. Così in Piemonte, gli avanzi della seta da scardassare estratti ogni anno variano fra i 100 e 130,000 chil., aventi un valore di 300 a 400,000 franchi. Gli avanzi della seta scardassata da filare variano da 48 a' 68,000 chil., e rappresentano un valore -di 195 a 270,000 fr.

In Lombardia, la strazza ottenuta è di 42,560 chil., e rappresenta 285,000 fr.; nella Venezia se ne producono 23,620 chil. pel valore di 185,000 fr., nel Tirolo por 50,000 fr.


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Il prodotto dev'esser valutato, per tutta l'Italia, ad un valore di 2,000,000 presso a poco. Ed esso potrebbe essere anche maggiore, se invece di mandarne all'estero la maggior parto, si avesse cura di scardassarla e di lavorarla nelle filande meccaniche del paese. Ma la scardassatura è ancora molto popolare presso di noi; così, noi abbiamo veduto più del terzo delle moresche piemontesi scardassate nel paese, sia nello stato domestico, sia in qualche stabilimento. In Lombardia questi stabilimenti sono numerosi, poiché la sola provincia di Milano ne con la sette.

La filatura della strazza al contrario è ristrettissima, e non conta che alcune fabbriche in Piemonte ed in Lombardia. In quest'ultima provincia tre sono le fabbriche por la filatura meccanica del cascame, cioè una con N.512 fusi nel borgo San Goliardo di Milano, mossi dalle acque del naviglio di Pavia, altra a Bergamo con circa 1000 fusi, a cui serve di motore una grande ruota idraulica sulla roggia Serio, nell'interno delle mura, ed altra a Cremona, la quale realmente non venne poi mai posta in attività.


CONDIZIONAMENTO.


Il Regno Lombardo-Veneto possiede cinque stabilimenti di questo genere, di cui duo sono in Milano, uno a Bergamo, uno a Brescia ed uno a Como. Lo stabilimento, nella prima di quelle città, sotto la ditta Osio e Comp. passò, nel 1856, alla stagionatura 1,137,321 chilogrammi di seta, mentre l'altro sollo la ditta Serra e Groppolli non ne condizionò in quello stesso anno che 1,034,489. La seta stagionata nei due stabilimenti durante il triennio 1854-5-6 fu di chil 5,878,659. Lo stabilimento Osio, provvisto di 55 apparecchi e da 15 a 16 impiegati, introduceva fin dal 1853 lo ultime modificazioni francesi, attuando' il sistema Talabot-Persoz-Rogeat, o lo stabilimento Serra quello dell'ingegnere milanese signor Odazio, denominando perciò il suo sistema Talabot-Odazio.

Lo stabilimento di Bergamo creato sul sistema Talabot poté condizionare nel 1853 circa 509,925 chil. di seta.

A Torino negli Stati Sardi vi ha ugualmente un altro stabilimento a vapore di questo genere, su di una vasta-scala, ad imitazione degli stabilimenti che si osservano a Lione. H totale del peso di seta presentato alla condiziono di detto stabilimento si fu nel 1855 di 575,573 chil., mentre nel 1852 (prima annata intera di esercizio) non è stato che, di 402,886 chilogrammi. Stabilimenti di condizionatura della seta furono eretti in Toscana dai signori Scoti e Mèjean di Poscia, e più recentemente dai fratelli Scoti di Firenze.


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TINTURA, STAMPA, APPRETTO.


Fra le diverse industrie, alle quali danno origine la produzione e la fabbricazione della seta, vi è anche la tintura, che, in Italia, è la meno avanzata. Ed infatti, a Milano, dove lavorano molti stabilimenti di questo genere, quasi tutti non fanno che del nero galla. Per questo colore essi possono uguagliare le tinture dell'estero, mentre che per le mezze tinte o per i bianchi sono di molto inferiori. Le tintorie in Lombardia sono ventiquattro, ripartile in eguali proporzioni fra Milano e Como. Presso ogni tintoria si trovano macchine per dare il lucido alla seta; in alcune anche congegni per estrar l'acqua e macinare le materie coloranti ad esse occorrenti. Quella della ditta Bruno in Milano è provveduta d'una macchina a vapore che serve di riscaldante e di forza motrice. Negli stabilimenti lombardi si tingono annualmente circa 2350 quintali metrici di seta, la maggior parte dei quali, come abbiam detto, in nero galla. La seta in natura si purga per 1/3 cogli acidi e per 2/3 col sapone. Il personale addetto-alle tintorie sopranominate si può valutare a 150 operai che guadagnano da fr.1 75 a fr.2 64 al giorno.

In tutti i paesi, ne' quali la tessitura della seta è in attività, esistono degli stabilimenti di tintura. Cosi Bologna, Firenze, Torino, Genova ne posseggono dei più o meno considerevoli, ma sempre limitati ai bisogni delle industrie locali.

Non mancano di alcune materie prime, mentrecchè per la più gran parte debbono essere tributario dello straniero. Il sapone soprattutto viene da Livorno o da Marsiglia. Gli stabilimenti di Lombardia pagano solamente per questo articolo 50,000 fr. Questa mancanza di risorse è compensata in certo modo dal basso prezzo dei salarii che non si eleva al di là de’ 3 franchi per giorno. Ma ciò che non può aver compenso è l'insufficienza dell’istruzione tecnica, un po' troppo negletta in Italia, e che mantiene là scienza e l'arte applicate in una condizione subalterna a fronte dell'arte e della scienza straniera.

Bisogna però eccettuare alcuni bei prodotti di tinture lombarde; i velluti di Genova, che per la vivacità de’ loro colori non invidiano punto le fabbriche francesi; gli articoli del sig. Bellosta di Torino, e le matasse del sig. Oemens, del sig. Odras e del signor Callet di Napoli, molto pregevoli per la loro lucidezza e bianchezza. L'ospizio reale di S. Francesco a Giovinezze fa anche delle belle tinture.

Riguardo alle stamperie, diremo come la ditta Scotti, di Milano, in Lombardia, stampi su qualsiasi stoffa, specialmente di seta con colore nero e rosso resistente, vivo o di bellissimo effetto.


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Por quelle specie di merci, a cui finora la stessa Inghilterra non poté dare la stampa col mezzo di cilindri, por esempio i scialli, i fazzoletti da collo e da naso, ha questa Ditta raggiunto un bel grado di perfezione, siccome pervenne a gareggiare colle stamperie di Vienna pei scialli e fazzoletti, comunemente detti lapis. Oltre questa Ditta, clic conta almeno 100 operai, Milano ne annovera altre tre, una delle quali con ben 20 operai, o che si occupa solo dello stampo delle merci di seta, 'o di quelle di canape e lino in fazzoletti, tende, tappeti, ecc. Treviglio nella provincia di Bergamo possiede altra stamperia con 30 lavoranti por la stampo principalmente dei fazzoletti di seta detti foulard: La mercede degli operai è di 1 fr.70 cent, a 2 60 ceni.

Le stoffe di seta non offrono bella apparenza se non vengono assoggettate ad un certo apparecchio che in commercio dicesi appretto. Soltanto qualche anno fa quest'industria veniva esercitata, per ciò che spetta alla Lombardia, esclusivamente io Milano.. Poi essa venne estesa anche a Como, noi due stabilimenti del Sig. Castagna; in quelle due città l'appretto è applicato mercé il vapore. Gli operai apprettatori in seta sono in numero di 80, aventi una mercede che varia da 1 fr. 76 cent, a 2 fr. 60 cent.


TESSITURA.


Ma non basta ottenere de’ bozzoli, filare e torcere la la seta; bisogna ancora saper lavorare la materia primitiva, e creare dei tessuti paragonabili n quelli che noi paghiamo all'estero a così caro prezzo. Disgraziatamente questo ramo industriale non è molto avanzato in Italia, dove ciò nonpertanto altra volta godeva gran rinomanza. Attualmente, non si esercita che su di una porzione molto piccola della ricchezza sericola nazionale, come si può vedere dalle seguenti indicazioni:

Le fabbriche del Piemonte sono al numero di 49. Vi si contano 4,600 telai,10,000 operai, e vi s'impiegano 135,000 chilogrammi di seta.

I tessuti delle fabbriche piemontesi possono classificarsi presso a poco cosi:

Velluti, broccati, damaschi.

310,000

metri

Stoffe diverse, foulards, o piccoli scialli

1,500,000

»

Stoffe di seta mista.

30,000

»

Nastri di ogni qualità

6,700,000

»

Grandi scialli

10,000

»

La quantità totale de' tessuti fabbricati in questo Stato è di 110,000 chil., ed il loro valore è di 16,000,000 di franchi, di cui la metà


218


rappresenta il prezzo degli organzini e dolio trame, e l'altra metà il salario degli operai, l'interesse de’ capitali, il valore di locazione delle fabbriche, la tintura od il beneficio della fabbricazione. Quest'ultimo è per lo meno di 3,600,000 di fr.

La Lombardia possiedo 94 fabbriche, 5,447 telai, 7,919 operai. S'impiegano 205,456 chil. di seta, il valore della quale si eleva a 12,327,360 fr. se ne producono in tessuti per 16,650,000 fr. Il beneficio dev'essere valutato cosi -a 4,330,000 fr. Secondo le informazioni date dal sig. Frattini nella sua Storia e statistica dell'industria manifatturiera in Lombardia, il numero delle fabbriche lombarde sarebbe di 141, quello dei telai di 4,431, di cui 835 alla Jacquard e 3596 semplici. Attendono alla tessitura della seta 4431 lavoranti al telaio, 1108 incannatrici, 222 orditrici, 831 spolai, 665 remondini, 335 rimettine, 222 torcitrici. Il guadagno dei più abili lavoratiti in stolte varia dai 14 ai 17 franchi per settimana. Le manifatture lombarde fabbricano ogni specie di stoffe, le uno tutta seta, le altre miste, ad imitazione di quelle di Lione; delle stoffe unite ed affazzonate per vesti, per cravatte, per corpetti, ecc., dei damaschi, de’ lampaschi (1), de’ broccati per tappezzeria e mobili di tutta seta o misti; infine de’ piccoli broccati, delle stoffe ricamate in oro ed argento per chiese, del scialli, dei velluti, dei barèges, delle tocche, ecc. I prodotti hanno i loro spacci nell’interno del Regno Lombardo-Veneto, nei Ducati, di Modena e di Parma, in Romagna, in Austria, in Polonia ed in Russia.

La fabbricazione dei nastri di seta, che puro è sotto molti rapporti di non lieve importanza, appartiene esclusivamente alla città di Milano. Quivi quest'industria conta olio fabbriche con quindici telai alla Jacquard e sessanta semplici, la cui produzione raggiunge l'annuo valore di 264,000 a 352,000 franchi. Il numero dei lavoranti, compresi gli ausiliarii, ascendo a 127. Due sono le.. specie dei nastri che escono principalmente da queste fabbriche: i nastri spigati lisci ed operati che servono all'orlo dei cappelli e delle scarpe, e quelli lisci straordinariamente leggieri denominati satin. I nastri di quest'ultima categoria escono dalla fabbrica del signor Masson, che conia 20 telai, ciascuno dei quali produce contemporaneamente dalle 10 alle 24 pezzette del titolo 1 a 9, mossi da una macchina a vapore, la quale serve anche all'incannaggio della seta ed alla confezione delle spole. Mezzi semplici ed economici provvedono nel detto stabilimento all'apparecchio che costituisce, come ognun sa, la difficoltà principale a superarsi in questo genere di fabbricazione.


(1)Lampasco — stoffa di seta che si estraeva originariamente dalla Cina e che è in generale a grandi disegni, di un colore diverso da quello del fondo.


219


Le provincie venete fabbricano per 13,000,000 di fr. di tessuti, ed il Tirolo italiano per 1,500,000 fr.

In Toscana, esistono 41 fabbriche, che contano 4,262 telai, e 9,500 operai. Fra i più belli campioni de’ loro prodotti, si osservano i drappi, le stoffe, i velluti, i broccati di seta di diversi colori, in oro, in argento, gentilmente lavorati, del sig. Frullini di Firenze; i broccati in oro, a molte gradazioni di colori de’ signori Maffei e Riva di Firenze, e del sig. Bevilacqua di Lucca; infine i gros, gli amoerri lisci e rasati, i damaschi, la nobiltà, i foulards, le sciarpe dello stabilimento de’ signori Borgagni e Borgognini di Firenze. Non bisogna neppur dimenticare le coltri fatte con gli avanzi di tutta seta, o mista, delle quali il signor Francescani ha fondato un grande stabilimento a Prato.

Alcune fabbriche di lustrini, di damaschi, di nastri, di passamani, esistono nel Ducato di Modena e in quel di l'arma, dove si distingue soprattutto il collegio di S. Girolamo di Piacenza per la fabbricazione de’ rasi, e degli altri tessuti di seta. Le tappezzerie del palazzo de’ Duchi, i damaschi della chiesa di S. Giovanni Evangelista, ed i lampaschi del palazzo Tosti sono di una bella tessitura.

Le fabbriche degli Stati Romani sono in numero di 64, e producono de’ lustrini, de’ damaschi, de’ gros, de’ peluzzi, dei velluti, ecc. Buon numero di telai non fanno che nastri e passamani. Bologna fabbrica delle stoffe che per poco la cedono alle straniere; i tessuti misti ed i madras soprattutto, de' quali esiste un'altra manifattura a Sinigaglia. Ma ciò che vi ha di più generalmente conosciuto come appartenente a Bologna, sono le tocche, che davano lavoro altra volta a 12,000 persone.

Napoli tesse 3,000 pezze di stoffe. Gli stabilimenti del regno che si distinguono per una migliore fabbricazione sono: quello di S. Leucio, di cui i damaschi, i fiori incrociati, la regina de’ fiori, la renaissance, l'amoerro orientale, il pekin reale, i taffetà rasati,, meritano una menzione tutta particolare; il Real Convitto del Carminello, con i suoi broccati lavorati e di diversi colori, i suoi cordonnè ed i suoi bei foulards. Vengono in seguito le fabbriche, dei fratelli Cosenza coi loro damaschi, broccati, cordonné e rasi; lo stabilimento di S. Girolamo diretto dal signor Matera, il più antico de’ fabbricanti napolitani, che dà del lavoro a buon numero di telai, ed occupa più di cento persone. Fra' suoi prodotti si distinguono delle stoffe per mobili e per corpetti, e dei tappeti in velluto. Finalmente vogliamo qui ricordare lo case dei signori Solei ed Heber di Napoli; il Monotrofio, od Ospizio £i mentecatti, e l'Ospizio di S. Agostino di A versa; l'istituzione delle Gerolomine nella Basilicata; l''Ospizio de’ poveri degli Abruzzi; l'Orfanotrofio di S. Filomena di Lecco;


220


il Conservatorio di S. Maria della Stella; le fabbriche dei signori Mazzocchi e Verona di Catanzaro, che lavorano ciascuna dal suo lato con maggioro o minore attività ed intelligenza.

Si tessono in alcune case de’ dintorni di Messina in Sicilia delle stoffe di Damasco per le chiese, come pure alcuni tessuti per foulards e fisciù di seta; 60 telai presso a poco sono addetti a questa fabbrica, che impiega annualmente 6,000 chilogrammi di seta grezza.

A Catania esistono alcune piccole fabbriche di tessuti di seta. Per le impressioni su seta, mussolina e tocca, si citano alcuni stabilimenti, ed in uno di essi, il più considerevole, si contano 1,170 telai, de’ quali 170 alla Jacquart, impiegati alla fabbricazione dei tessuti di seta, e che producono 13,284 pezze per anno. La quantità di seta grezza che vi entra, si eleva a 56,420 chilogrammi. In questa stessa città 250 telai sono impiegati alla fabbricazione dei nastri, e producono per anno 36,000 pezze, che assorbono 4,500 chil. di seta grezza. Una porzione di queste servono alla fabbricazione delle frange, de’ galloni e delle ghianduzze. Buon numero di telai sono impiegati a filare ed a torcere la seta che si prepara per la fabbricazione de’ tessuti; 30 telai fanno dei velluti di seta e cotone. Acireale possiede egualmente 100 telai per stoffe miste di seta e cotone. Il numero degli operai che lavorano a Catania la seta sorpassai 6,000. Secondo più recenti informazioni, il consumo della seta nell'isola pei diversi tessuti che vi si fabbricano può calcolarsi a 1,920 quintali metrici.

In riassunto, dopo quel che abbiamo dotto, il profitto netto della fabbricazione de’ tessuti di seta in Italia può esser valutato a 15 o 20 milioni di franchi.


MOVIMENTO COMMERCIALE.

Per portare il nostro compito sino all'ultimo, non ci rimane che a registrare qui tutto ciò che riguarda l'importazione e l'esportazione di questo articolo.

Ecco il bilancio commerciale delle sole in Piemonte:


 


Esportazione


Importazione

Seta grezza.

Chil.

197,720

chil.

190,070

» preparata

»

837,790

»

185,950

Borra di seta

»

338,800

»


Tessuti di seta

»

57,280

»

67,180

Il valore totale dell’esportazione è di

fr.

42,767,000

Il valore totale dell'importazione o di

»

19,659,000

Eccesso dell'esportazione sull'importazione

fr.

23,108,000

221


Questo paese invia in Francia per 26 milioni 851,000 fr. di seta grezza, e per 1,744,000 fr. di tessuti. Viceversa, riceve da questa provenienza per 5,063,000 fr. di seta, e per 3,628,000 fr. di tessuti., La sua esportazione per l'Inghilterra è di 1,608,00(1 fr. di seta grezza, ed 1,465,000 di tessuti. Spedisce in Isvizzera 5,252,000 fr. di seta grezza; ed 1,734,4)00 fr. di tessuti..

Dal Regno Lombardo-Veneto si esportano 1,467,500 chil. di seta grezza e torta, che rappresenta un valore di 65,454,000 fr. così ripartito:

Seta grezza.

138,500 chil.

Seta filata o torta

1,266,000 »

Seta imbiancata o tinta

63,000 »


In questo ragguaglio non è compresa la seta inviata a Vienna, e che figura per 552,203 chilogrammi. Il valore totale della. sua esportazione in seta grezza e torta dov'essere portato conseguentemente ad 80,000,000 di franchi. Noi non sappiamo al giusto a qual cifra si eleva l'esportazione de’ tessuti; ma crediamo apporci al vero fissandola da sette ad otto milioni di franchi per ogni anno.

La Lombardia esporta a Londra 209,864 chil. di seta grezza, ed a I. inni 175,813 chil. Le sete lavorate spedite alla prima destinazione si elevano a 38,757 chil. ed a 250,203 fr. per la seconda. Se ne spediscono in Russia 46,077 chil. La strazza inviata all'estero è di 51,763 chil., ed i suoi cascami 216,671 chil..

Quasi tutta la seta del Tirolo Italiano, valutata per 148,792 chil., è spedita a Vienna, per un quarto allo stato grezzo, e per i tre quarti filata.

Dal Ducato di Parma si Astraggono 14,400 chil. di seta grezza,6,900 di seta filata e 700 chil. di seta di seconda qualità. Esportazione totale 22,000 chilogrammi, del valore di Uh milione di franchi. Le stesse cifro presso a poco si applicano allo Stato di Modena.

I valori dell'esportazione toscana si riassumono (anno medio) di questo modo: tessuti di seta 858,547 fr. Seta soda 1,972,435 fr. Seta cotta tinta e lavorata 883,1.21 fr. Sinighelle 574,788 fr. In tutto 4,261,891 fr. I valori invece dell'importazione non sommano che a 2,063,474 fr., nella qual cifra la seta soda entra per 944,698 fr., ed i tessuti di seta per 549,813 fr.

Gli Stati Romani esportano: filo di seta greggio 144,824 chil. o pel valore di 6,792,692 fr. Importano: tessuti di seta 30,752 chil. e pel valore di 3,406,018 fr.

Nel regno di Napoli l'esportazione raggiunge i 352,000 chil., e 21,120,000 fr. in seta grezza, cruda, filata o per cucire.


222


L'importazione non è ammessa che per i tessuti, e si eleva a 4,868 chil. ed 1,556,000 fr.

In Sicilia l'esportazione è di 2,628,000 fr. in seta grezza e lavorata, e l'importazione di 1,190,000 fr. in tessuti. Da notizie più recenti sappiamo come l'esportazione annua delle sete greggie dall'isola in Francia, Inghilterra, Germania ascenda a circa 151,480 chilogrammi.

Così quasi in tutti gli Stati Italiani l'esportazione eccede di molto l'importazione, soprattutto in Piemonte, nel Lombardo-Veneto, negli Stati Romani, in Toscana e nel regno di Napoli. Si spediscono ogni anno per 150,000,000 di fr. di seta all'estero, che ne manda in cambio per 50,000,000 di fr. L'Italia quindi gode conseguentemente l'annuo beneficio di 100,000,000 di fr. La nostra esportazione consiste quasi totalmente in seta grezza e filata, mentre che l'importazione concerne quasi esclusivamente i tessuti,.

Noi abbiamo veduto qual è la parte brillante che, nella storia della seta, appartiene all'Italia; ne abbiamo veduta la decadenza che è stata quasi immediatamente compensata in una targa maniera da una produzione di materia primitiva che sorpassa tuttociò che è stato fatto altrove. Le differenti branche di questa industria, sono, quanto al loro andamento, in una serie decrescente. In tal modo completissima alla sua origine, la filatura', lo è meno net suo secondo periodo, la torcitura; e meno ancora nel terzo, la tessitura, che pertanto comincia in molti punti ad acquistare alquanta importanza. I paesi che producono in maggior copia sono pur anche quelli che hanno dato maggior sviluppo a tutte le operazioni industriali di cui abbiamo parlato. Cosi il Piemonte e la Lombardia occupano il primo posto nella produzione della Seta e nelle successive elaborazioni di essa. Quasi tutti sono suscettibili di un gran progresso, e noi speriamo che gl'Italiani, sia per onore, sia per il loro interesse, si affretteranno a compiere gli alti destini cui sono chiamati da una industria, che rende loro di già la somma al certo prodigiosa di 300,000,000 di fr. per ogni anno.


Lanerie.


Non potrebbesi dar principio all'esame di questa industria senza qui ricordare i tempi felici in cui la Toscana, non solamente tesseva i proprii drappi, ma ancora perfezionava, soprattutto per ciò che riguarda la tintura in iscarlatto, in nero, in azzurro, quelli che venivano d'Inghilterra, di Francia e di Alemagna. Nel 1378 questa arte teneva occupati a Firenze più di trenta mila operai, che producevano Un valore di 1,200,000 fiorini d'oro.


223


In Lombardia gli Umiliati introdussero l'industria delle lanerie esercitata da sessanta mila operai su grandi proporzioni.

Tale era la sua importanza che il doge Tommaso Mocenigo, per distornare Venezia da una lega con i Fiorentini contro Filippo Maria Visconti, non ebbe che a ricordarle le grandi ricchezze che il commercio con i Milanesi rapportava alla Repubblica, ricevendo ventinovemila pezzo di drappi, mentre che d'altra parte il prezzo pagato per la compra delle materie prime poteva essere valutato a 100,000 zecchini d'oro per ogni anno. A Venezia ancora questa manifattura ora fiorente, per la sua tintura in iscarlatto e cremesi, protetta da leggi e da un segreto custodito religiosamente per lungo tempo. In un'epoca più vicina, ne' tempi dell'Impero Francese o del Regno d'Italia, la lana serviva di base ad una industria molto importante a Bergamo ed a Como. Vi s'impiegavano ogni anno 840,000 chil, di lana, e vi si confezionavano de’ drappi per sessantamila soldati del paese.

A' nostri giorni l'arte di tessere la lana è caduta in tal basso stato presso di noi, per quanto quella della seta ha fatto dei progressi. Ma noi non vogliamo esser creduti sulla parola, ed è per tal ragione che, come l'abbiamo fatto per la seta, registriamo qui tutto ciò che ha rapporto all'industria delta lana considerata nella sua produzione e nello stato attuale della filatura e tessitura.


PRODUZIONE.


Il numero della popolazione ovina e la produzione dalla lana in Italia si distribuisce nel seguente modo:



N° delle teste

Prod. In chil.

Due Sicilie Napoli

3,500,000

..............

Sicilia

500,000

..............

Stati Romani

1,257,000

2,025,000

Stati Sardi Terraferma

637,000

180,000

Sardegna

61,400


Toscana

600,000

.............

Venezia

351,800

89,600

Modena

314,000

158,300

Trieste, Istria e Gorizia

299,300

192,900

Corsica

297,000

............

Parma

206,000

...........

Lombardia

121,700

190,000

Tirolo italiano

111,000

...........

Cantone Ticino

24,000

50,000

Per tutta l'Italia

8,496,200

8,000,000


224


Le cifre di questo quadro non sono in rapporto con quelle della popolazione né di ciascun stato in particolare, né dell'Italia tutta intiera; ciò che viene a confermare il fatto, che noi siamo lungi dal possedere lo condizioni volute pel conosciuto proverbio: «tanti uomini, altrettante pecore.» Ed in effetti, si pretende che un paese non è sufficientemente provvisto di lana che quando il numero della razza ovina uguaglia quello degli abitanti. Tale è la situazione in Francia ed in Inghilterra, ne' quali paesi la razza ovina è valutata oggidì a 40 milioni di teste per ciascheduna nazione. La Francia mantiene questi 40 milioni di pecore sul suo territorio di 530,000 chilometri quadrati e l'Inghilterra su 239,000, mentre in Italia, su 315,000 chilometri quadrati il numero delle nostre pecore non giunge a 9 milioni. Così, ripetiamolo, presso di noi, la razza ovina non e in rapporto colla popolazione; non risponde, almeno in questo senso, alla moltipliche dei suoi bisogni e del suo consumo in carni, formaggi, e pelli; non può essa soddisfare alle domande di materia prima per le sue lanerie; presenta in una parola una grande ineguaglianza fra i suoi prodotti e le attitudini del suo suolo e le esigenze delle sue arti e delle sue manifatture.

Cosi gli Stati Romani producono 2,025,000 chil. di lana, mentre che se ne lavorano nell'interno 5,000,000 di chil: per lo mono. La parte continentale degli Stati Sardi ne produco 180,000 chil., dei quali 14,000 chil. di lana fina, 16,000 di media, e 150,300 chil. affatto ordinaria. Il contingente di Modena è di 158,300 chilog.; quello del Lombardo-Veneto, di Trieste, d'Istria e di Gorizia, di 472,500 chil. Ora sur un numero di 8,200,000 capi di pecore, dietro le proporzioni stesse de’ paesi che abbiamo esaminato, non si può raccogliei^n tutta Italia che 8,000,000 chil. di lana, vai quanto dire un poco meno di 1 chil. per ogni pecora; mentre che;, secondo le leggi ordinario, so ne ottengono 2. In Francia, in Alemagna, in Inghilterra i rapporti sono pure molto più favorevoli a questa produzione. In questo ultimo paese soprattutto, su 40 milioni di capi si raccoglie 94 milioni chilog. di lana.

Del resto non v'è solamente difetto di quantità, ma anche la qualità della specie ovina presso di noi lascia molto a desiderare. Il bestiame è ancora in molti luoghi nello stato nomade; le razze sono quasi come erano altra volta; le pecore di lana fina non hanno ancora attualmente rimpiazzato quelle che vi erano un tempo. Le lane provenienti da queste greggi mal curate son troppo dure; esse mancano di untume, e si lavorano difficilmente; le s'impiegano nelle fabbricazioni le più ordinarie, e si è obbligato, per i lavori di un più gran volume, di comprare dall'estero la quasi totalità della lana fina, e domandare all'Inghilterra, all'Alemagna ed alla Francia degli articoli di già confezionati.


225


Nondimeno da qualche tempo un certo progresso si è operato nell'allevamento delle pecore, e grazie agli sforzi intelligenti di alcuni uomini che. han camminato risolutamente nella via del miglioramento agricolo, noi siamo nel caso di constatare qui gli sforzi che sono stati fatti recentemente presso di noi per l'introduzione delle nuove razze e per l'accoppiamento delle indigene, sforzi che hanno avuto per risultato di ottenere una lana di miglior qualità.

Per cominciare dal regno di Napoli, noi diremo che dopo l'introduzione fatta da un allevatore della Puglia di 200 merinos, nel 1826, la razza di pecore indigene si è considerevolmente migliorata, e le lane sono divenute di una qualità più soddisfacente. Dopo la Puglia vengono la Capitanata e le tre Calabrie, dove si distinguono fra le altre le lunghe lane delle pecore del Conte di Traili a Tressanti, della baronessa Gallucci di S. Giovanni in Fiore, de’ sig. Taffueri e Giovinazzi di Castellanata.

Nella Calabria Ulteriore 2° meritano una particolare menzione le greggie dei signori Baracco, i quali mediante l'incrociamento delle pecore meticcio avute nel 1833 dalle reali razze di Santa Cecilia e dal signor Cappelli coni merinos fatti venire dalla Svizzera nel 1837, hanno ora un gregge di oltre 7000 capi di 1°,2°, 3° innesto di pecore meticcio di Puglia e di merini: tipo, le cui lane, tanto più pregevoli, quanto maggiori sono i gradi d'innesto, giungono a gareggiare por finezza con quelle del tipo, ed hanno già il primato in Napoli servendo pei migliori tessuti e fra gli altri per quelli detti circassi imperiali.

Le lane dello greggi che profittano dei ricchi pascoli della campagna romana e della provincia di Civitavecchia, e quella che si estrae dal Bolognese, sono reputate le migliori dello Stato, quantun que non possano servire alla fabbricazione dei drappi fini. A Bologna però, si è tentato non senza un certo successo un accoppiamento de’ montoni indigeni co’ merinos spagnuoli. Le qualità di lana più abbondanti sono le lane comuni che si denominano in Francia pelo di cane. Le lane indigene, le sole impiegate alla fabbricazione de’ drappi, sono conosciute sotto il nome di lane della campagna romana, dello stato di Castro, Corvetano, Comarca, ed altri. Vi ha inoltro delle lane dette latinate, provenienti dagli animali uccisi nel macello. Queste lane sono quasi tutte impiegate alla fabbricazione dei drappi comuni chiamati peloncini.

In Toscana la razza ovina, confidata abitualmente alle cure esclusive de’ contadini, dà una lana di qualità molto ordinaria. Il Governo ha avuto nonpertanto la felice ispirazione d'introdurre da qualche tempo dall'Alemagna nelle Maremme 700 capi di merinos legittimi, che han finito coll'accoppiarsi utilissimamente con le razze delle pecore indigene.


226


Il sig. Colacchioni ha egualmente introdotti dall'estero de’ merinos spagnuoli, come aveva già fatto per le più belle pecore merinos del regno di Sardegna. Attualmente, i merinos delle proprietà del Granduca sono in numero di 6,000; quelli del sig. Colacchioni di 4,000. Il prezzo della lana che si ottiene da queste greggia 6 di 140 lire per ogni 100 libre.

Quanto alla qualità, si può dire che il peso no è leggiero e flessibile ad un tempo, e che possiede un bel lucido e la più grande morbidezza. I tosoni sopratutto del sig. Ponticelli, amministratore delle proprietà del Granduca, sono forti ed hanno nerbo ed 'untume. Sono di una finezza media, e provengono da un gregge ben nudrito e ben curato.

Fra le razze ovine e le lane del Modenese, quelle della provincia di Modena sono le più giustamente stimate. II prezzo medio di questo prodotto lanifero è di 2 fr. e 38 ceni, il chi I'.

Nella Venezia, le provincie di Treviso, di Vicenza e di Padova hanno le migliori qualità di lana e di montoni. Furono introdotti di recente in Lombardia 60 capi merini por cura di un solo allevatore.

Gli sforzi del Piemonte per migliorare la razza ovina datano da gran tempo. Già verso la metà del XVIII secolo, l'intendente Avenato introdusse nella valle di Fenestrelle le pecore del Berry, ricercatissime in quell'epoca. Più tardi, nel 1792, il Governo del re ottenne da quello di Spagna l'estrazione di una mandria di 300 capi delle celebri razze di Castigtia e di Leon. Il cavaliere Colleguo e la Società di Agricoltura di Torino possedevano, ciascuno dal suo lato,300 capi di pecora di laua una.

È inutile di seguire qui tutti i particolari di questi miglioramenti; ma noi diremo solamente che nel 1844 il numero dei capi di razza fina era di 5,500, e quello dei meticci di 7 ad 8,000. La prima è così distribuita:

Gregge del sig. Cavour

1,000

capi

» Sella

500

»

» de’ fratelli Brun.

2,000

»

» di altri proprietari

2,000

»

Totale

5,500

»

Dal 1844 in poi l'aumento occorso nel numero dei merinos di questi Stati è piuttosto ragguardevole, poiché solo nel 1850 si potevano calcolare, non più a 5,500, ma a 14,000. I merinos soprattutto de’ fratelli Brun di Pinerolo si distinguono per una grandissima finezza; quantunque corto, il bioccolo è nervoso, e conviene alla drapperia fina.

Questi progressi, che noi constatiamo con piacere, sono ancora disgraziatamente, come dicemmo, nello stato di cominciamento sopra una piccolissima scala, mentre ci resta a deplorare l'insufficienza puramente della produzione lanifera, e conseguentemente il poco sviluppo che hanno ricevuto le successive manipolazioni.


227


FILATURA.


Le filande principali del Regno di Napoli sono stabilite nell'isola di Sora, l'una dei sigg. Mazzetti, l'altra del sig. Larabert. Le tane filate dalla prima sono eguali, morbide, elastiche, sgrassate ed imbiancate; esse sono comprese tra il num.14 ed il 36; mentre quelle del secondo lo sono tra il 30 e il 54., Di un prezzo moderato tutte due, sono filate, lavate e sgrassate con mezzi meccanici di buona e recente costruzione.

Meritano perimenti d'essere qui ricordate le quattro filande appartenenti alla fabbrica del signor Januzzi. stabilita sull'Irno, nel Principato Citeriore.

A Bologna negli Stati Romani, ed a Prato, Pi. sa e Stia nel Granducato di Toscana vi sono delle filande meccaniche più o meno importanti. Nel Comune di. Gandino, in Lombardia, esistono cinque filature con 2700 fusi; di cui il motore idraulico è posto in azione dalle acque della roggia Camossola; m Verteva due con 720 fusi mossi dalle acque della roggia Verteva, ed in Gazzaniga uno con fusi 240, a cui servono di motore le acque che scorrono per un canale estratto dal Serio. Ad eccezione di queste filature che fanno uso però. di sola lana cardata, nessun'altra se ne trova in tutta Lombardia. Colà non havvi poi alcuna filatura, che col mezzo di lana pettinata produca lavori più fini, per il che si è costretti a ritirare dall'estero tutti i filati che abbisognano pei lavori di ricamo, aguggeria, ecc.

Nello provincie venete, a Senio, il sig. Rossi ha introdotto delle macchine a cilindro per la scardassatura e la filatura del suo stabilimento. Quello del sig. Garbin, pure di Schio, si distingue per uno spanditoio coperto a quattro file, lungo 320 metri. Vi ha un buon numero di Mull-jenny o di continue, degli apparecchi e delle gualchiere nuove, due correnti d'acqua, ed alcuni motori combinati colla miglior arte. Infine la filanda di Trollina, nella provincia di Treviso, conta per lo meno 1800 rocchetti..

Il Piemonte possiede da quattro a cinque filande di lana aventi 23,820 rocchetti, e 3484 uomini o donne che vi lavorano. La filanda dei fratelli Sella di Croce-Mosso si distingue per la quantità di meccanismi di cui dispone; essa possiede tre macchino, chiamate diavolo, volante, lupus e brisoir, che servono ad aprire la lana dopo averla lavata, a dividerne i peli, ed a prepararla per scardassatura; una macchina per purificare le lane; ventisei macchine da scardassare costruite secondo il sistema Cockerill; sette macchine continue per la prima filatura, sistema Gotze e C. di Chemnitz; un filatoio meccanico in grosso


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che serve per la prima tensione ed allungamento delle lane scardassate; sette mull-jenny di 260 a 300 rocchetti ognuna; quattro antichi filatoi detti di fino a mano, per le lane ordinarie.

Sopra vasta scala procede lo stabilimento industriale dei fratelli Antongina di Borgosesia, che posseggono una filatura di lana a pettine con tintoria in Aranco.

In quello stabilimento la battitura e a montatura della lana si eseguisce coi mezzi ordinarii. Destinate alla lavatura si vedono quattro buone macchine a vapore, del sistema francese. La lana ne esce d'un candido quasi brillante, e passa poi in una macchina detta idro-estrattore, che per virtù di forza centrifuga con migliaia di giri al minuto, la spoglia dell'umidità e la. rende atta ad entrare nelle macchine preparatorie alla filatura.

Queste in numero, di venti sono di più specie, parte d'Inghilterra e parte francesi che eseguiscono la così detta pettinatura e raffinatura.

Anche alla filatura servono macchine miste, almeno quanto al sistema; poiché vi si notano cinque mull-jenny di grande mole e 3 continues, eseguite secondo i metodi più recenti.

Quattro macchine per torcere sono poi ad ingranaggio, due altre macchine servono, all'annaspa tura e alla torcitura.

Lo stabilimento può disporre infine di una forza d'acqua, per tenere in moto le macchine, piuttosto ragguardevole, e di un motore a turbine ohe nulla lascia a desiderare in fatto di costruzione. Esso somministra al commercio la egregia cifra di 55 a 60 mila chilogrammi annui di lana filata, ed occupa 140 operai. Tre sono le qualità dei filati di cui si occupa specialmente quella fabbrica: dei filati per tessere, per tercotaggio e infine dei filati bianchi e tinti per ricamo comunemente detti lane sephir. La filatura si estende dal n° 12 al 50 pei filati accoppiati, e pei filati semplici anche dal n° 8 parimenti al 50, a seconda però della lana più o meno fina. Le materie prime sono tirate per la massima parte dagli scali di Genova e di Trieste.

Altro stabilimento finalmente per l'imbiancatura, cardatura e filatura delle lane esiste a Stresa, di proprietà dei signori Vanzini e Sala. Servito dalla forza d'acqua di un torrente vicino, esso possiede una macchina a due cilindri per lavatura, altre 10 di preparazione per la pettinatura, e tre per quest'ultima operazione. Per filare e per torcere le macchine acquistate dai signori Vanzini e Sala in Inghilterra sono tutte del sistema dello continues, otto per la prima operazione, tre perla seconda. Otto giovanette regolano tutto il lavoro di questa parte dello stabilimento, presso cui si contano un migliaio di fusi in movimento continuo.


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La materia che se ne ottiene è di tre specie; cioè filati per la fabbricazione di oggetti a maglia, filati di ricamo e filati per la tessitura.

Noi non abbiamo fatto che dare delle indicazioni sommarie sulle filande meccaniche esistenti presso di noi. Il resto della lana è filato secondo gli antichi metodi, in piccolo, dai particolari e in case di poca importanza.


TESSITURA.


L'industria dei drappi nel regno di Napoli deve la sua esistenza a Carlo III, che per l'abbigliamento della sua armata ebbe ricorso alle manifatture nazionali. Gli abitanti di Arpino pretendono avere avuto delle antichissime fabbriche, il che ci è attestato da iscrizioni latine ai buoni Dei delle lanerie: Diis lanariis. Ma fu sempre sotto Carlo III che questa popolazione dette alla sua industria un più grande slancio, aiutato dalla fondazione di una scuola, e dall'invito fatto ai manifatturieri francesi, che vennero infatti a stabilirvisi. Adesso su molti p, unti del regno, e soprattutto negli Abruzzi e nei Principati, si, fabbricano dei tessuti di lana in grandissima quantità, ai quali si dà il nome di panni, e che le genti del paese chiamano più impropriamente peluscia o tarantola da Taranto, nell'Abbruzzo Citeriore, ai piedi della Majella, dove siffatte manifatture sono in numero di quarantaquattro, specie di panno ordinarissimo valutato a quattro franchi il metro. Nel Principato Citeriore le manifatture di lana sono pure -assai numerose. Sull'Irno al presente trovansi quattro completi stabilimenti eretti dal 1835 al 1830 con ordigni per filare le lane, tessitorie, tintorie e tutte le altre macchine necessario per produrre de’ panni della migliore qualità. Il più grandioso di quegli stabilimenti è quello eretto dalla società del Sebeto, diretto dal signor Minervini. Il secondo appartiene al signor Fumo di Pelezzano. Il torzo al signor Geldret, il cui opificio riunisce filande e tessitorie, il quarto al signor Ianuzzi, ricco, come abbiano visto, di quattro filande. Oltre queste fabbriche, altre ne esistono di panni più ordinarii destinati a fornire le truppe dell'esercito regio. Capriglia, Baronissi, Saraguano sono i comuni dove più si manifatturano tali tessuti. Coperte di lana ed altri tessuti si costruiscono in S. Cipriano, Castiglione, ecc.

Né bisogna molto meno dimenticare i sessantasei comuni della Calabria Ulteriore 2°, ove si fabbrica un grosso panno detto arbaso, di cui so ne tessono annualmente 126,000 metri con l'impiego di 1,114,400 libbre di lana, e ciò oltre quella che si consuma in calze, berretti e coperte, e l'altra che si impiega in tessuti con lino e cotone e per materassi.


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Si è cominciato a lavorare da poco tempo un altro tessuto misto di lana gentile e del filo che si ottiene dai bozzoli cattivi e di nessun uso nella trattura della seta.

In Terra di Lavoro pure vi sono non pochi fabbricanti, fra cui il signor Zino in Carnello presso Sora, nella cui manifattura la filatura della lana è sempre uguale, fina o solida, la trama fitta, l'operazione delle gualchiere condotta a perfezione, ed il pelo raso come nei panni della migliore qualità.

Appartengono alla medesima provincia le fabbriche del signor Ciccodirola di Arpino, e quelle dei signori Manno, Mazzetti, Polsiaelli, tutti d'Isola di Sora. Spettano invece alla Calabria Citeriore le manifatture dei signori Mormanno, Morano, Altomonte, Spezzano e Rogliano. Parecchi stabilimenti sono aperti nella stessa Napoli. Ma ancora la fabbrica di maggior rilievo è dirotta dal signor Sava in Santa Catterina a Formello. Quivi più di 500 operai, trecento dei quali servi di pena, e gli altri braccia libere, vi lavorano 160,200 chilogrammi di velli all'anno che si confezionano in 6,000 pacchetti di lana di differente specie e qualità.

I tessuti di questa fabbrica sono d'una grande vivacità di colori, valutati da 13 fr.46 ceni, a 22 fr.77 cent. Fra i prodotti delle altre fabbriche si distinguono specialmente i drappi dell’isola di Sora; i castori azzurri, verdi, nero-bronzo a 16 franchi 56 cent.; le circassine per calzoni di estate a 10 fr.34 ceni., gli scialli, dei tricots di doppia larghezza; i tappeti di lana di una nuova fabbrica, larghi 91 centimetri, valutati a 7 franchi 91 cent. il metro. Nelle isole d'Ischia e di Procida si fanno dei tappeti con i ritagli di panno, mentre la fabbrica di S. Leucio ne fa dei ricchissimi. Finalmente una produzione puranche vantaggiosa pel paese è quella dei berretti pel Levante, tenuti in molto pregio per la vivacità del loro colore e per la loro buona qualità.

Un conto della fabbricazione generale del regno ci è fornito dai registri della dogana, che in un solo anno ha bollato gli articoli seguenti: drappi 66,676 pezze; tessuti di lana 325; tessuti un poco più leggieri 17,803; coltri 756; peluscie 353.

Gli Stati, Romani contano cento quaranta stabilimenti che impiegano 1,356,000 chil. di lana indigena, e 400,000 chil. di lana straniera. La parte occidentale di questi Stati conta da so sola 45 fabbriche con tre o quattromila operai, rappresentati da un valore di 5,989,000 fr. Una delle fabbriche più importanti è quella del signor Pasquini, di Bologna, che impiega 20 telai, con macchine poste in moto economicamente da due motori ad acqua. Le persone impiegate sono in numero di 250, e il consumo annuo della lana sta fra i 33,900 e i 40,000 chilogrammi, che provvedesi parte in Sassonia, e parte nello Stato.


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Manferini conduce una fabbrica, pure in Bologna, servita da buone macchine e da un motore idraulico, da un personale di 200 persone e da una maggiore quantità di lana straniera.

Le fabbriche dei panni ordinarii sono molto numerose in Toscana; si distinguono fra le altre quelle del Casentino, che ne producono 4,500 pezze ogni anno; quelle di Pelago, di Brozzi e di Sesto. In quest'ultima località s'impiegano 27,000 chil. di lana, e si producono 1,000 pezze di 69 metri ciascuna.

Le tra fabbriche di Arezzo hanno duecentotrenta operai; esse impiegano 26,000 chil. di lana e producono 1,120 pezze di 14 metri e 130 di 24 metri, il di cui valore totale è di 210,000 fr. I telai di Siena sono al numero di 40, che lavorano per 13,000. chil. di lana. Lo due fabbriche di Stia posseggono duecento operai e fabbricano 200 a 300 pezze di panno ogni anno. A Lucca gli operai impiegati nel solo stabilimento esistente sono al numero di novecento. Le sedici fabbriche di Prato ne hanno duemila duecento. Quattro fra di esse sono esclusivamente consacrate alla fabbricazione de’ berretti, per i quali si impiegano 50,000 chil. di lana, dodici altre manifatture producono 2,000 pezze di 20 a 22 metri, ed impiegano 40,000 chil. di lana. Ma la produzione. più considerevole anche in Toscana consiste nei berretti rossi che s'inviano in Oriente, e la fabbricazione de’ quali si eleva a 1,144 casse, al prezzo di 1,700 fr. la cassa. Il loro peso totale è di 775,000 chil., ed il valore totale di 384,000 fr.

Presso Parma ed a Gorizia si fabbricano egualmente de’ tessuti di lana ordinaria.

Lo stabilimento del sig. Rossi di Schio, nelle provincie venete, conta trecento operai, ottocentodieci telai, alcuni de’ quali alla meccanica aiutati dal vapore, e gli altri alla Jacquart. La produzione è di 5,000 pezze di 15 metri ciascuna, e del prezzo di 8 a 20 fr. il metro. Le spese della fabbrica sono. valutate ad un milione di fr. Lo stabilimento del signor Garbin non ha che settanta telai e duecento cinquanta lavoratori; esso produce 50,000 metri di panno, che costa da 9 a 20 fr. La rendita totale di ogni anno è di 700,900 fr. La fabbrica di Trollina, provincia di Treviso, possiede 82 telai, e dette macchine fatte da' migliori meccanici stranieri. A Venezia la fabbricazione dei berretti di lana è sempre attivissima: il suo smercio principale è in Albania. Vi si fanno anche delle coltri o panni, volgarmente dette schiavine e rascie.

In Lombardia i Comuni della provincia di Bergamo che più si distinguono nel lanificio sono quelli di Gandino, Casnigo, Cazzaniga, Peja e Leffe.


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Contano in complesso 27 fabbriche con 400 telai per la fabbricazione dei panni, e 50 altri per la lavorazione dei tappeti, coperte ed altri tessuti. Producono circa 9,000 pezze di panno in parte piuttosto ordinario ed in parte mezzo fino, ed anche delle coperte e delle flanelle candide, di buona qualità. Queste merci sono ricercate sia nell’interno, sia nelle altro provincie italiane, segnatamente nel Modenese servendo i panni di vestimento a quelle truppe.

Le valli del Bergamasco e del Veronese, l'Ungheria e la Turchia e per poca parte la Romagna e la Puglia ne forniscono la materia prima, cioè la lana in una quantità di circa quintali 7,500.

La povertà in cui presentemente trovasi quest'industria fa sì che non tenga arruolati al di lei servizio che circa 700 individui, la quarta parte dei quali sono fanciulli. Il guadagno dogli adulti può calcolarsi da I fr.75 ceni, a 2 fr.30 centesimi. — Anche nella provincia di Broscia, e. specialmente nel comune di Sale Marazzino (distretto d'Isco) si esercita la manifattura dei lanaggi, sebbene ivi sia meno estesa e meno raffinata che nel distretto di Gandino, Applicandosi perla massima parte ai lavori semplici e grossolani, e specialmente alla fabbricazione delle coperte da letto. Il numero delle fabbriche che ivi funzionano è di 15 con 40 telai, serviti da 350 uomini, 350 donne e 37 ragazzi. Le mercedi d'Isco sono di 1/4 minori di quelli di Gandino. Le lane greggio sono fornite dai pastori del Bergamasco, della Valtellina, in parte da Trieste e Venezia. Il prodotto si calcola a 20,000 coperte metà fine e metà di casermaggio, pel valore di 352,000 fr.

In Milano pure vi sono tre piccole fabbriche che lavorano in lana con 30 telai, e danno lavoro a 210 operai.

Sessanta sono le fabbriche di panni esistenti degli Stati Sardi, e possono dividersi in quattro categorie, cioè:

12 fabbriche

che hanno da

7 a 10

assortimenti di filatura

16

»

4 a 6

»

19

»

2 a 3

»

13 fabbriche

che hanno

meno di due

assortimenti di filatura.

assortimenti di filatura.

Gli assortimenti possono calcolarsi in totale 220.

Calcolando che ogni assortimento possa alimentare 10 telai di grande larghezza, noi non ci scosteremo molto dal vero dicendo che in Piemonte vi sono in attività 2,200 telai di tessuti di lana. Queste sessanta fabbriche occupano almeno 12,000 operai. La maggior parte delle fabbriche della prima categoria produce panni che costano da 10 a 20 franchi al metro. Alcuno di questa stessa categoria non producono che panni comuni, e quelle poi delle altre tre classi non tessono che qualità al di sotto di 10 fr. al metro.


233


A Genova e nelle Riviere vi sono altre piccole fabbriche di coperte che ci basta soltanto di qui accennare.

La qualità di lana annualmente importata e consumata per la fabbricazione nello Stato può calcolarsi a i'5,000 quintali. Il Piemonte non produce che pochissima lana, che si può dividere in due qualità ben distinte, cioè: la merinos, originaria di Spagna, e la meticcia. La prima è finìssima e ricercata dai fabbricanti, ma la quantità annua non eccede i 15,000 chilogrammi non ancora purgata dal sucidume. La meticcia non è buona ad altro che a far coperte e materassi. La produzione delle fabbriche sarde si può valutare dai 15 ai 18 milioni di fr.

Le fabbriche principali si trovano nelle provincie di Pinerolo, di Mondovì, e nelle piccolo città di Pallanza e di Saluzzo. La provincia di Biella conta pure un grande stabilimento de’ fratelli Serra di Croco-Mosso, e ricco di 60 a 70 telai, parie meccanici, parie alla jacquart. Esso possiede inoltre delle macchine per saldare, sgrassare e scardassare i drappi, macchine per cimare, e pressoio. Non dimentichiamo i berretti rossi di cui Genova fa un commercio vastissimo con l'Oriente. Le fabbriche di questa città ne producono da 9 a 10,000 dozzine per ogni anno, che vendono a 30 fr. caduna.


TINTURA.


Diciamo poche parole della tintura delle lane, che è fatta, là dove si lavorano drappi, secondo le loro diverse qualità ed in un modo assai soddisfacente. Fra le materie prime che vi s'impiegano, ve ne ha una parte nell'istesso paese, mentre che l'altra è caramente pagata allo straniero. Fra le prime figurano l'indaco, la garanza, la potassa, l'olio, il sapone, il solfato di ferro; le seconde sono le teste di cardi (dipsacus fullonum), che si comprano quasi esclusivamente in Francia al prezzo di' 240 fr. il quintale. Vicenza e Gaudino nel Lombardo-Veneto, Pinerolo in Piemonte, Prato in Toscana, Arpino, Chieti e t'isola di Sora nel ragno di Napoli, sono i centri principati di questa operazione presso di noi Venezia, Genova, Livorno lavorano anche per i berretti, de’ quali si fa un attivissimo commercio col Levante.

L'industria della lana è molto indietro in Italia, a cagione dell'insufficienza delle materie prime e delle loro cattive qualità. La lana ci manca, e quella che abbiamo non può servire che per le fabbricazioni le più ordinarie. La spremitura, questa prima branca di attività industriale fatta secondo gli antichi metodi, è sprovvista per la maggior parte di mezzi meccanici.


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La tessitura è ancora più rudimentale, vai quanto dire che ci contentiamo di fabbricare alcuni grossi panni pel popolo, mentre che si è obbligati di ritirare dall'estero le confezioni un po' meno ordinarie. Cosi, sia per la compra della materia prima, sia per quella de’ prodotti confezionati, l'Italia spendo molto danaro all'estero, come si può vedere dal quadro seguente, che rappresenta i' importazione annua delle lanerie presso di noi:


Importazione

Regno delle Due Sicilie Napoli

4,500,000

Sicilia

9,461,000

Stati Sardi

7,000,000

Toscana

4,700,000

Stati Romani

4,600,000

Non si conoscono le cifro dei Ducati e del Rogno Lombardo-Veneto; ma noi non crediamo esagerare valutando dai 50 ai 60 milioni di franchi la somma che paghiamo annualmente alle manifatture delle altre nazioni.


Lana pinna.

LANA ESTRATTA DALLE PINNE de’ PESCI.


Come appendice a quel che abbiamo detto sulle lanerie, aggiungeremo alcune parole sulla lana pinna, o lana pesce, di marina, specie di prodotto che i Tarantini estraggono da alcune bivalve (pinna rudis et nobilis di Linneo) che abitano il fondo del mare, Queste bivalve sono provvedute di una ciocca di peli delicatissimi, che non potrebbersi paragonare se non alla lana ed alla seta, con la quale si attaccano agli scogli, vivendo continuamente nelle acque.

Gli antichi ne avevano fatto oggetto di commercio ricercatissimo; per tal ragione le vesti chiamate tarentinidiane erano dappertutto rinomate. Si è giunto persino a dire che la fascia del turbante di Archita era di lana pinna. Oggi ancora se ne fa un uso utilissimo. Le donne pettinano la lana pinna con dei cardi delicatissimi; si fila, e se ne fanno de’ calzarmi, de’ guanti, de’ berretti, pregevolissimi per la cedevolezza del pelo, pel lucido d'oro brugiato ondato.

I migliori prodotti di questa materia escono dall'ospizio degli Orfani di S. Filomena a Lecce. Nell'ultima esposizione napolitana dell'industria si ammirava un tappeto quadrato molto grande di lana pinna, con de’ festoni di seta agli angoli, ed una ghirlanda nel mozzo.


(continua)

Dottor Pietro Maestri.




GENNAIO 2010 - Pubblicazioni - Articoli - Documenti













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