Eleaml


Ancor prima della concessione della costituzione del 1848 il Reame delle Due Sicilie aveva, sul piano formale, un sistema di garanzia a tutela degli imputati di cui poco si sa.

La macchina propagandistica messa in moto dalle famose lettere del Gladstone travolse la verità dei fatti dipingendo il reame come un luogo di dannazione e di misfatti contro l'umanità.

A nulla valsero i tentativi dei pochi che cercarono di opporvisi. Un mal di pancia di Poerio inteneriva il cuore delle dame delle corti europee, le migliaia di fucilati che avrebbero insanguinato le provincie meridionali di lì a dieci anni non avrebbero fatto versare una sola lacrima. In fondo, erano solo degli straccioni.

A proposito del sistema di garanzie riportiamo uno stralcio tratto da "Rassegna degli errori e delle fallacie pubblicate dal sig. Gladstone in due sue lettere indiritte al conte Aberdeen sui processi politici nel reame delle due Sicilie" stampato a Napoli, 1851:

Noi pertanto nulla diremo del sistema delle leggi penali delle due Sicilie, contenti solamente di accennare che furono trovate inspirate dal doppio sentimento della filosofia e dell'umanità quando in Francia intorno al 1832 si fece ad esse attenzione per alcune riforme a quel codice, e che valenti pubblicisti e giureconsulti non hanno dubitato addimostrare per le stesse molta ammirazione. In quanto al procedimento, qualunque abbia riguardato le leggi che vi provvedono, o abbia assistito alle pubbliche tornate delle Gran Corti criminali e speciali, ha potuto accertarsi quanto provvide e larghe esse sieno nel senso di tutelare la libertà personale, e preservare la innocenza da qualsivoglia abuso. Or siffatte leggi autorizzano gli uffìziali di polizia giudiziaria, e gli agenti di polizia ordinaria, i quali nella Capitale e nei capoluoghi delle Provincie e de' distretti esercitano anche le funzioni di polizia giudiziaria, ad arrestare l'imputato colto in flagranza, o quasi flagranza. Fuori di essa niuno può essere arrestato se non in virtù di un mandato di deposito rilasciato dall'autorità giudiziaria, o di polizia che istruisce il processo, e ponderati gl'indizii raccolti contro l'imputato. Se si debbe visitare il domicilio di alcun cittadino per sorprendere oggetti criminosi, o scoprire le tracce di alcun reato, la legge proteggendo per quanto può l'asilo domestico, non permette che vi si penetri se non in speciali e designati casi, e minaccia di sospensione l'uffiziale di polizia giudiziaria che contravvenga alle sue disposizioni. Ella vuole inoltre che l'uffiziale sia assistito da due testimoni, che inviti colui nella cui casa si rovista ad esservi presente, ed in mancanza alcuno dei suoi parenti, familiari, o vicini, e che trovandosi carte o oggetti meritevoli di ricerche, gli si mostrino perché le riconosca, e le segni del proprio carattere, e si ravvolgano e raccomandino con strisce, sulle quali s'imprimono dei suggelli.

CONFUTAZIONI

ALLE LETTERE

DEL

SIGNOR GLADSTONE

LOSANNA

1851

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Confutazioni alle lettere del signor Gladstone - Losanna 1851 (1)

Confutazioni alle lettere del signor Gladstone - Losanna 1851 (2)

PREFAZIONE

La pubblicazione di due lettere che il signor Gladstone indirizzava a lord Aberdeen sul Governo napolitano, sono stati per tre mesi, e sono tuttavia il soggetto di una viva polemica alla quale giustamente si è data da ogni parte la stampa. I giornali democratici, quelle voci che predicano repubblica, che aspirano alla totale invasione de' precetti demagogici in tutta Europa, si fecero forti di una calunnia, che senza ragione, ed all'impensata, slanciava un partigiano del partito tory, e perciò un seguace della moderazione. Senza volere alzare il velo che nascondeva l'origine e lo scopo di questa pubblicità, senza voler guardare se il Gladstone pubblicando le due lettere disertava dalla sua bandiera, ed andava a collocarsi sotto l'ombra potente del capo dell'attuale Gabinetto inglese, ed anzi volendo ad ogni costo ignorare le ragioni che i meno accorti hanno potuto trovare nella condotta del deputato di Oxford, i giornali dell'opposizione si fecero forti di una arma, che ad essi cosi generosamente si apprestava, e prendendo le mosse dal Governo del Re delle Due Sicilie, estendevano le loro recriminazioni e i loro assalti contro ogni altro Governo di Re, che al pari di quello si era alzato a muraglia incrollabile contro l'atterramento della religione, della proprietà e del trono.

Le prime voci che suonarono da per tutto furono quelle che aggiungevano tristizie all'ingiuria, calunnia alla menzogna, malvagità al delitto. I giornali più vivamente rossi, si fecero forti delle parole dell'ex-ministro tory, e le di lui invenzioni, furono la gran base dove innalzarono le piramidi delle loro ingiurie, e de' loro pravi disegni.

IV

Ma poiché se negli uomini vi sono de' tristi, la maggioranza però per la mercé di Dio è buona, così mille voci forti e solenni sursero a combattere con migliori armi, perché brandite da causa migliore, le ingiuste e ignominiose accuse, sì del Gladstone, che dei suoi meschini plagiatori.

In Francia forse, più che altrove si sono fatte sentire le più coraggiose e zelanti voci, a propugnare la giusta tenzone che erasi ad un tratto alzata gigantesca, e fra le tante difese possiamo quella onorevolissima noverare del signor Jules Gondon, il quale nell'Univers dirigeva sue lettere al signor Gladstone, e con argomenti infallibili, con prove evidenti, completamente distruggeva ed abbatteva le maligne di lui assertive. Le lettere di Gondon, sono state spedite intuite le Corti Esteri, e sembra che il ministro Baroche avesse voluto mostrare pubblicamente come ristesse Governo della Repubblica francese non si volea per nulla render solidale alle ignominiose pratiche uscite dal Gabinetto di S. Giacomo.

I giornali dell'Assemblèe National, dei Debats, della Gazette du Midi, del Courrier de Marseille, dell'Univers, ed altri, seguendo le orme del signor Gondon, si sono tutti date a pubblicare smentite solenni contro le asserzioni Gladstoniane.

In Inghilterra poi il signor Mac

Farlane una lettera diresse allo stesso conte Aberdeen, e quella lettera corredata di officiali documenti, svelava tutta la malignità dello scrittore, che avea voluto farsi accusatore del Governo napolitano. E il Catholic-Standard, prima, ed il Times stesso poi, molte risposte inserirono, e fortemente incriminarono coloro i quali con un mentito amore di umanità avean cercato ad ogni costo di sollevare contro uno dei migliori governi di Europa la pubblica riprovazione.

In Austria non si è meno stampato che altrove a difesa de' più sacri principii. Lo stesso capo del gabinetto Sclwarzemberg protestò contro il diplomatico inglese, che gli offriva la lettera di Gladstone a nome del suo ministro, qualificandolo come libello; ed il gabinetto di Pietroburgo accolse molto severamente dalla sua parte le accuse dirette contro un governo suo alleato, e ad uno dei migliori fra quei principi che al presente rappresentino la causa del dritto e dell'onesto in Europa.

In Italia non poche voci sonosi mosse a combattere le mendacie del sospetto scrittore di Albione. E lo stesso governo napoletano, senza degradare dalla sua dignità ed abbassarsi a confutare tutta quella sterminata filastrocca di assurdità, si è limitato a porre innanzi i giusti principii della sua politica, la incontrastabile santità delle sue leggi, la morale della sua amministrazione, pubblicando fìnanco la cifra de' veri condannati politici,

V

cioè di coloro i quali hanno ardito di alzare il vessillo della rivolta, e tramare congiure contro il monarca clic primo in Italia avea date franchigie a' popoli, ed avea accordato un novello statuto. Forse il governo di Napoli, avrebbe potuto astenersi di presentare tali esempi, ma ha tanti elementi in suo favore, che financo a venire ad una polemica non perde di dignità, sibbene vince in generosità ed in grandezza.

Finalmente, e non sia questo uno de' più leggieri argomenti che noi potessimo porre siccome condanna alle mal'opere del Gladstone, e del ministro che si volle fare sostenitore di que' mendacii, non vogliamo astenerci dal dire, che lord Aberdeen stesso, ha dichiarato diplomaticamente di non avere mai accettato l'indirizzo di quelle lettere, né aver consentito alla loro pubblicazione.

Or questa lunga tenzone che tuttavia dura animata e viva, e nella quale hn preso parte i principali organi della stampa europea, ci consigliava a raccogliere in un opuscolo, non tulio quanto è stato pubblicato in risposta alle lettere di sir Gladstone, ma quelle cose principalmente che più dalle altre distinguevansi. Ad alcuni sembrerà che abbiasi forse tardalo a metter fuori il nostro lavoro. Noi per contrario opiniamo di essere anche solleciti. Poiché la polemica è calda tuttora, ed i giornali di opposizione, disfatti negli argomenti, tentano di ricorrere ad altre tesi. Sicché, se veramente un lavoro completo si volesse dare per le stampe, dovrebbe»i attendere molto altro ancora. Ma per le istanze che ci vengon fatte di aver questi documenti, e pel desiderio che abbiam noi di fare circolare la verità fin da ora, ci siamo invogliali a mandare alla luce questo libro, augurandoci che vorrà esso ottenere quel favore e quel plauso che reclamano la santità e la giustizia della causa che vi è difesa.

DISCUSSIONI DELLA STAMPA ITALIANA

(Il Giornale Ufficiate del Regno delle Due Sicilie, del 29 agosto 1851,
pubblicava il seguente articolo).

Se S. M. la regina d'Inghilterra nel prorogare il Parlamento non lo avesse assicurato della continuazione de' suoi più amichevoli rapporti con te Potenze straniere, la risposta data nella tornata della Camera dei comuni dell'8 del corrente mese da lord Palmerston alla interpellanza direttagli dal suo amico signor Lacy-Evans sulle condizioni del nostro reame, ci avrebbe immersi per lo meno nella trista dubbiezza che noi, senza volerlo, fossimo in non buona intelligenza col Governo della Gran-Bretagna. Ed in vero, se egli, il nobile Lord, accolte le assurde, false ed inique calunnie attinte, al suo stesso dire, dal signor Gladstone nelle carceri e nelle galee, e spacciate senza ritegno nelle sue lettere a lord Aberdeen, vi ha prestata tanta fede e tale, da profferire dall'alto del suo seggio parole adatte a suscitare contro del nostro Governo l'odio e l'abbominio dell'uman genere, qual altra opinione poteasi in noi ingenerare? Aggiungi a ciò il suo dichiarato proponimento, in contrarietà di tutti gli usi diplomatici e dei riguardi internazionali, quello, cioè, di voler inviare le cennate lettere a tutte le legazioni inglesi presso le Corti straniere, onde far loro conoscere lo stato, quale gli si è fatto supporre, miserando ed orribile del nostro paese, come se quelle mancassero di legati propri, o questi fossero sì inetti, sì ciechi, si infedeli e sì noncuranti Dell'adempiere i doveri dei loro offici da lasciarne ad altri la briga.

Nel mentre che noi non possiamo dissimulare l'immensa nostra sorpresa sull'inaspettato ed inqualificabile contegno serbato da un ministro di una Potenza amica, e della quale l'amicizia ci è sommamente cara; nel mentre che non ad altro siamo intesi che a rinfrancare gli animi dei buoni dalla perplessità e dai timori, con cui gl'implacabili nemici d'ogni ordine sociale, cogliendo tutte le occasioni, non cessano di tenerli agitati e commossi;

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nel mentre che, mercé la esatta esecuzione delle buone nostre leggi e l'imparzialità di una giustizia illuminata, il Governo non e preoccupato che a consolidare la pace di cui, e dei frutti della quale il regno gode; nel mentre che le sue assidue ed instancabili cure per io ravvedimento dei traviati sono coronate dai più felici successi, confidiamo che il nobile Lord nel fondo del suo cuore detestando tutto che possa in menoma parte opporsi a sì lodevole scopo, vorrà di buon grado e con la stessa sollecitudine rimettere a' suoi legati le copie dell'opuscolo che gli si faranno pervenire, opuscolo pel quale sono smentite, e vittoriosamente messe nel nulla, con documenti autentici e col ricordo delle prescrizioni delle nostre leggi, le calunniose diatribe dal signor Gladstone, onde, fatti essi avvertiti del vero, si astenessero dalle pratiche le quali riescono sempre riprensibili quando al vero il falso vuoisi sostituire.

(L'Ordine, giornale che si pubblica in Napoli, facea comparire in tre numeri i seguenti articoli contro la corrispondenza di sir Gladstone).

Non recherà meraviglia il nostro silenzio su le due lettere di lord Gladstone riguardanti il Governo di Napoli, quando si sappia contener esse, pressoché nei termini stessi, le stessissime cose che abbiam da oltre un anno confutate a' giornali liguro-subalpini e ad altri periodici della medesima risma.

Il nome che quelle due lettere portano in fronte, e che da prima ci parve supposto, non può mutar l'essenza delle cose, e la verità ch'esse manomettono da capo a fondo, ha dritti più antichi e più legittimi alla pubblica stima, che qualsivoglia nome.

Giornali francesi, tedeschi, italiani hanno severamente giudicato di tali lettere, riconoscendole tutti dettate con uno stile che smentisce la fede politica dell'autore che dicesi conservatore, e scrivere per conservatori, stile che trasmoda ostilmente ne' fatti, o dà per fatti le proprie o le altrui supposizioni. Nella stessa Inghilterra gli sono sorte incontro critiche vigorose e solenni, qual'è quella di un Macfarlane, pubblicista di nota imparzialità e di pari ingegno. E se vuoisi mirare all'effetto dal signor Gladstone prodotto ne' lettori, i radicali plaudendo a' mezzi di cui egli si è servito, cioè alle sue asserzioni gratuite, han fatto mal viso al suo scopo; ed i moderati, ammettendo in astratto io scopo, sonosi indignati de' mezzi, cioè del non veridico linguaggio atto a traviare anziché ad illuminare la pubblica opinione.

Il mondo politico non ha dunque in questa lettura che un altro pascolo alla maldicenza di quegli spiriti superficiali e di reo talento, nella cui bocca la calunnia è un' arma onde che venga; ed è pur troppo da maravigliare che questa volta un' arma di sì fragil tempra sia lor venuta dalla parte d'un pubblicista col quale riguardo a principii politici, non hanno né vogliono aver nulla di comune que' medesimi, che or lo citano con una mezza compiacenza. Per interamente piacere a costoro, non bastava falsare od esagerare le cose, bisognava negare ogni qualunque autorità governative, e predicare soprattutto la distruzione de' troni. Essi sparlano de' governi, non perché mutati sarebbero contenti di que' che vorrebber dopo, ma perché voglion governare essi stessi. Son sempre quelli che oggi innalzano al cielo Pellegrino Rossi, e domani, tinti del suo sangue, proclaman Mazzini.

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Qual risposta dunque dar noi potevamo a tali lettere, se la loro materia era esausta nella polemica che abbiam sostenuta co' libellisti piemontesi?

Ma poiché per avventura si vuol riudire ciò che abbiam tante volte detto, non ostante il tedio che ci arreca la ripetizione, faremo il sunto delle nostre risposte, siccome le due lettere mentovate l'han fatto delle accuse, attingendo a' fonti stessi. Invano il loro autore protestò ch'egli non ascolterebbe risposte. A lui è lecito non udire né replicare, ma v'ha pur troppo chi ascolterà per lui ciò che la stampa imparziale di tutta Europa ha cominciato, e non finirà per ora, a rendergli in controcambio e con molla usura.

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Lo stile delle lettere del signor Gladstone è tanto acerbo quanto quello con cui sul medesimo soggetto sbizzarrironsi i libellisti piemontesi. Nessuno spassionato lettore può dunque riconoscere in esse il lavoro d'un critico imparziale sollecito unicamente della verità. Questa ha modi suoi proprii per annunziarsi e farsi rispettare: essa non prende impresto dalla diatriba l'astio e le frasi più concitanti. Non si è quindi avveduto l'inglese torniste che il tono generale del suo dire, che emula o disgrada quello dei nostri giurati nemici, avrebbe immediatamente rese sospette tutte le sue osservazioni.

Oltracciò il signor Gladstone sembra essersi studiato a seminar i dubbi in tutta la sua scrittura. Egli annega pochi fatti in profluvio di parole; adunque predominio d'ira sulla ragione. Egli dà per istoria incontrastabile tutti quei supposti fatti, e intanto ad ogni passo adopera forme dubitative come queste: si dice, credo, non ho veduto, ma ritengo per vero, ed altrettali; adunque assoluta noncuranza de' motivi di credibilità che costruiscono il carattere della storia.

Egli si sforza di dar a divedere che fu mosso a scrivere da principii filantropici e conservativi; ma perché tanto da questo fine discordano i mezzi? e perché questi mezzi sono per la loro intrinseca essenza e pel modo della loro manifestazione interamente degni della scuola radicale? Adunque il suo divisamento per lo meno larvato, se non tutto contrario a quel che l'autore vuol far supporre. Egli ammette e nel modo più assoluto (sue parole) il rispetto che devesi a' governi in genere come rappresentanti dell'autorità divina e difensori dell'ordine; e mostra tanta irreverenza verso quello di Napoli, che per attirargli addosso le maledizioni del mondo, non ischiva le asserzioni più gratuite quanto astiose, e le supposizioni più assurde, dopo aver promesso fatti. Adunque quel suo rispetto è equivoco. Egli dice esser vero quel che crede tale, senz'avvedersi che se questa regola valesse a scrivere la storia, ogni più audace presuntuoso romanziere dovrebbe porsi accanto a Tacito e a Tito Livio. Egli giunge ad asserire che non vi sono risposte a lui fare senz'accorgersi quanto sia più facile accusare che sostenere l'onus probandi. Egli non ha che elogi e de' più ampollosi per coloro che soggiacciono a' rigori delle leggi, e non ha che vilipendi per coloro che di tali leggi fanno l'applicazione. Adunque, secondo tutte le regole dell'ermeneutica, lampante è la parzialità della sua scrittura. Ma seguiamolo ne' suoi particolari, spogliati di quella sterile fecondità di parole che ne rende sì prolissa la lettura, e che aspira ad usurpar il grado e merito de' fatti.

Il signor Gladstone che fa una sì falsa ed esagerata dipintura delle nostre carceri, vi è entrato da se solo o con permissione della pubblico autorità?

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Se da se stesso, e come si entra In Ercolano c in Pompei, ci dica di grazia qual governo nel mondo tiene aporie ed a tutti accessibili prigioni di si mostruosa natura com'egli vuol dare ad intendere le nostre? Se con permissione, quale stolidezza spingerebbe un governo ad ammettere un cospicuo straniero, in un luogo che non potrebbe mostrare senza arrossirne? Confessi adunque il viaggiatore inglese che o non ha mai veduto carceri, o che quelli di Napoli somigliano a tutte le altre, se pure sotto certi aspetti non sono anche migliori.

Questa è storia o romanzo? E il popolar tali carceri con l'aritmetica usata dal Corriere Mercantile e dal Risorgimento, cioè di ventimila detenuti politici, a qual genere di asserzioni appartiene? Egli, il signor Gladstone, non ha voluto saperne il numero secondo la cifra uffiziale, perché questa non potea fare il suo spicco in una scrittura destinata unicamente a concitar passioni sotto il pretesto d'illuminar la pubblica opinione! Sarebbe stato scusabile questo svarione, se avesse egli chiesta la mentovata cifra e gli si fosse negata. Ed in tal caso, uno storico avrebbe confessato ignorarla, invece di attingerla ai fonti stessi onde la tolsero i due suddetti libelli di Genova e di Torino.

A qual genere di asserzione appartiene quella con cui dice aver risaputo da rispettabili persone che ad uno dei detenuti si conficcassero acuti strumenti sotto le ugne delle dita'?... Ed un pubblicista crede sì balordo il mendo da accettar come pezzo storico e come somministrato da persone rispettabili un cencio rettorico offerto da qualche misero avanzo della latrante demagogia?

Il signor Gladstone fa le maraviglie che portino ferri que' che a! ferri furon condannati, c che vestano secondo i regolamenti, cioè che continui ad esser in vigore la nostra legislazione penate la quale tanto migliorò in questa parte il codice di Napoleone. Per abolirla, bisogna per lo meno che tutù l'Europa ne dia gli esempi. Quanto al metodo di portar i ferri ed al peso di cui l'autore delle lettere accresce le catene, lasciamo tutto a lui il merito dell'invenzione. Noi diciam sole che la storia non si scrive così, e che il signor Gladstone ha esaurita la sua eloquenza passionalissima con l'unico scopo di non esser creduto che dal partito radicale. Ma i giudizi sono stati giusti?... Nelle cause di Stato di questo e de' due anni precedenti, anni di eccezione storica in tante parti di Europa, nessun politico del grado di lord Gladstone avea ancora creduto dover chieder conto p. e. all'Austria della celerità de' suoi giudizi, alla Francia, de' processi sommarii con cui dannò alla deportazione oltre ventimila imputati politici, ecc. Qual peso può dunque avere questa sì tarda ricerca fatta dal pubblicista inglese su' processi di Napoli, i quali differiscono da tutti gli altri per essere più degli altri durati e non seguiti dall'estremo supplizio? Il primo di tali caratteri suppone ponderazione, il secondo dimostra costante clemenza. Con tutto ciò il critico inglese ha amato meglio dire che i condannati siano vittime della ingiustizia e della illegalità! A noi basterebbe aggiugnere che ogni governo ha il suo metodo in procedere e sentenziare, che il governo di Napoli preferisce quello che costa più tempo e minor pena.

Ma per finir di combattere questo cicaleccio indegno di essersi intruso fin negli scritti d'un pubblicista del merito di lord Gladstone, noi daremo anche in ciò le risposte più perentorie e particolareggiate, pubblicando fra non guari a brani a brani un Opuscolo scritto da mano che non ha creduto aver ad attingere alle fonti della stessa specie cui ha attinto il viaggiatore inglese negli otto di del suo soggiorno in questa capitale.

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E ciò basti, almen per ora, su la prima delle due lettere. Quanto alle riflessioni generali che il suo autore fa intorno alla politica governativa di Napoli, noi crediamo con tutto il mondo che ogni Stato ne abbia una indipendente, in che siamo della stessissima opinione che il ministro inglese degli affari stranieri lord Palmerston esprimeva giorni addietro in quel Parlamento, in rispondere ad una interpellanza mossa appunto su le lettere di lord Gladstone.

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Sono tante le scuse cavillose affastellate nel proemio della seconda lettera del signor Gladstone, che ben si pare come in qualche parte la coscienza gli rimorda di avere scritto ciò che avea veduto personalmente, ho saputo per informazioni, o avea motivo di credere vero intorno a vivissime e non necessarie sventure. Basterebbe quindi fare tuia separazione fra queste tre diversissime categorie, per conchiudere ch'egli non ha veduto personalmente che cose legalmente approvabili, e che è stato poi indotto in errore, non crediamo volontariamente, dalle informazioni e da' motivi di credere, i quali anche hanno sparso il loro colorito su ciò che dice aver veduto di persona. Il che se si unisca all'altra confessione di essergli stato impossibile il verificare con precisione i particolari di parecchie delle cose narrate, si avrà un sufficiente criterio per giudicare della credibilità del suo racconto. Epperò egli rinunciando dopo il proemio alla veridicità del suo dire intorno al numero de' prigionieri politici ed allo stato delle prigioni, ben mostra quanto conto faccia egli stesso delle notizie pervenutegli da fonti che tutti sanno; e restringere tutta la quistione all'umanità e legalità degli arresti, delle detenzioni e de' giudizi.

Or qui è da notare un'altra confessione importantissima che sfugge al signor Gladstone. Egli non ha ritegno di palesare che quanto asserisce di concernente al processo lo desunse da memorie stampate da' prevenuti; or per un uomo che predica tanto legalità riesce assai strano il vedere che formi i suoi giudizi poggiandoli su ciò che una sola delle parti asserisce senza provare. Eppure agli atti di accusa, alle requisitorie, alle sentenze, si è data dal governo di Napoli la massima possibile pubblicità per le stampe, e facil cosa era per lord Gladstone il porre in bilancia il pro col centra, quando suo scopo fosse stato quello di venire in cognizione del vero. Ma vediamo come riesca in ciò che si è proposto di fare nella seconda lettera, cioè sostenere la probabilità generate delle sue asserzioni con riferirsi a falli fuor di quistione occorsi a Napoli come in altre parti d'Italia.

Ci permetteranno i nostri lettori che non ci occupiamo de' fatti di questa categoria che appartengono ad altri Stati d'Italia. Non sappiamo vedere qual rapporto abbiano coi nostri, e basta che essi siano fatti fuor di quistione pur non fermarcisi sopra.

Per quel che riguarda il nostro Reame delle Due Sicilie, non ci fa maraviglia che lo scrittore, dopo aver protestato fin dal principio di non voler entrare in ciò che riguarda la politica interna, venga poi ad occuparsene. Le sue lettere non sono che una continua contraddizione co' principii che vorrebbe far credere di seguire, ed una perpetua protesta di non voler dire le cose che dice, di non voler produrre l'effetto che in realtà di produrre si sforza. Quindi una contraddizione e una protesta di più non ci fa senso alcuno.

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Epperò egli ritorna per la centesima volta a farsi eco di quanto la stampa radicale non mancò di latrare in ogni tempo, ricordando come fosse ottriato uno statuto il 29 gennaro, come fosse confermato dopo il deplorabile avvenimento del 15 maggio. Aggiungeremo anzi ch'egli tace con quanta lealtà e legalità si procedesse dal governo napolitano dopo che i tentativi degli anarchisti furono domi dulia forza; e siamo tentati di credere ch'egli a bella posta ne taccia, per poter poi con qualche apparenza di ragione tacer pure il resto della dolorosa storia, come cioè gl'ingrati beneficati e magnanimamente perdonati facessero ogni loro sforzo per porre ostacoli all'autorità del governo, a tal seguo da renderne omai impossibile ogni azione governativa quando più aveva bisogno di esser libero nel suo operare per domare la rivolta della Calabria, la sciagurata ribellione della Sicilia, e la Repubblica anarchica di Roma che aveva discacciato il capo della Chiesa e minacciava, sebbene impotente, di spandere il suo contaggio ne' limitrofi stati. La pubblica opinione ha già giudicato della condona del governo napolitano in tale frangente; e notisi che per pubblica opinione non deesi al ceno intendere quella degli abbietti giornali del Piemonte o quella di coloro da cui il signor Gladstone ha attinto le sue notizie, ma quella di tutti gli onesti che sanno come nei casi di supremo periglio debbasi ricorrere, non a palliativi, ma a forti ed energici rimedi. Qual legame possano avere questi fatti col Catechismo filosofico per uso delle scuole inferiori non è agevole a scoprire a prima vista. Ma quando si saprà ohe il signor Gladstone ne cela, anzi ne cangia l'autore, e che a bella posta cita due ristampe di esso fatte nel 1850 senza dire che esso fu impresso per la prima volta nel 1837, ben si scorgerà il legame invisibile. Egli vuol far credere che questo libro sia stato ora lanciato come una giustificazione del fatto del governo da un ecclesiastico che è o era alla testa della commissione di pubblica istruzione. Dobbiamo dire, non per dare una mentita al signor Gladstone, ma per solo amore del vero, che questo Catechismo fu dato alla luce nel 1837, e che il suo autore fu monsignor Angelo Antonio Scotti, il quale non fu mai alla testa della pubblica istruzione, e il cui elogio, dettato da Niccola Nisco nel maggio 1845, potrebbe l'autor delle lettere procurarsi per unirlo al Catechismo.

Che conto adunque faremo del mi si dice con cui il signor Gladstone accenna ad un autore imaginario, dell'insinuazione che questo libro sia stato pubblicato e inculcato dal governo quasi per fare l'apologia del suo operato?

Di questo conio sono tutte le asserzioni del signor Gladstone, e ci pare di averlo abbastanza provato. Ma è pur notevole ch'egli stesso, conscio della invalidità dei suoi detti, prevede che avrà delle confutazioni; ma si dà animo col dire che la sola confutazione possibile che gli si possa fare può riguardare i particolari delle sue asserzioni sui fatti. Or distrutti questi, e ci lusinghiamo di averlo fatto oltre la sufficienza, che mai resta delle sue lettere? Non altro al certo che quel cicaleccio che per la prima volta ci siamo abbattuti ad incontrare in uno scrittore inglese di cose politiche; vox vox, practercaque nihil.

Da ultimo non ci resta che a contrapporre ad un passo della sua Bibbia che l'autor delle lettere prende per testo, due altri presi dalla nostra, e che con lievi differenze tornano maravigliosi»mente al caso nostro.

«Itaque cum accepisset Ezechias litteras de manu nuntiorum et legisset eas, ascendi! in domum Dommi et

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expandit eas coram Domino, et oravit in cospectu ejus, dicens: Domine.... inclina aurem tuam et audi, aperi Domine oculos tuos et vide: audi omnia verba Sennacherib qui misit ut exprobraret nobis Deum viventem» (4 Reg. cap. XIX).

«Loqueris ergo verba mea ad eos, si forte audiant et quiescant: quontam irritatores sunt.» (Ezech. II,7)

(Nel Giornale dell'Armonia di Palermo leggonsi i due seguenti articoli).

Fu da noi già fatto cenno, in uno degli ultimi numeri di questo periodico, delle storie falsate e ispirate dallo spirito di parte, di cui si fa tanto annunzio oggidì e tanta copia ne vengono alla luce. Non l'ha chi non si punga in guardia allo apparire di quei lavori contemporanei smaltiti da emigrati, viventi in suolo straniero, ai quali corre principal dovere di scagliare soprattutto epiteti, e formar libelli a danno di quei governi, che han visto tornar la calma e la tranquillità colla espulsione di quei tristi dalla loro patria.

I gridi di questi novellieri, di questi passionati declamatori vanno dall'uno all'altro punto del mondo, passano monti e mari, e non lasciano di assordare, e non mancano di penetrare attraverso di quelle stesse porte che vorrebbero restarsi inaccessibili agli attacchi di ogni elemento demagogico.

Lo spirito turbolento, le esclamazioni fatte con conati orribili, le false accuse scagliate all'impensata, gli attacchi ripetuti ad ogni momento, ad ogni ora, giungono qualche volta a sorprendere, a dar colore di verità alle mille stranezze di cui si vanno ornando le mentite pagine della nostra storia contemporanea, foggiata nei ricettacoli delle sette. Egli e certo che le false accuse non reggono, che impallidiscono alla luce dei fatti; ma non per questo può ottenersi, che tutti si sappiano porre in guardia da quelle contumelie, e che fra gli stessi moderati, n forse anche fra' meglio accorti, non si trovi taluno che si lasci alla fine abbindolare da tutti gli errori e trarre in inganno.

Sarebbe curioso il vedere oggidì scendere nell'arena un campione che volesse assumere l'incarico di andar combattendo le accuse e le menzogne che si vanno in ogni parte ed in ogni momento pubblicando. Vi sarebbe un bel da fare, nei tempi in cui la tristizia lavora senza timore, e i nemici di ogni stabilita politica, a viso scoperto, van predicando le parole della dissoluzione e dell'anarchia. Ma se pure questo cavalleresco sostenitore dovesse sorgere, non saremmo noi certamente, perché non crediamo che qui ve ne fosse il bisogno. Egli è perciò che abbiam sempre serbato il silenzio, risposta di sprezzo che gli attacchi dagli avventati a noi diretti, si son meritala.

Pur talvolta vi sono taluni casi in cui la discussione è reclamata per la pubblicità che si hanno avute le accuse, le quali, per quanto mentite e calunniose esse fossero, pur nondimeno, per una di quelle straordinarie combinazioni di cui non dovrebbe esser facile di spiegare le ragioni, vengon fuori da quelle fonti d'onde mai siffatte menzogne si sarebbero attese. Ma che cosa può sorprendere in questi giorni di sorprese? Noi abbiamo infatti veduto tanti leali e zelanti propugnatori di buoni principii lasciarsi trascinare negli errori che si sono cotanto altamente fatti valere, in modo che spesso i meglio accorti anche essi son caduti nel laccio dell'errore.

È d'uopo convenire, ed in ciò la esperienza ci è maestra, che le malnate influenze giungono a penetrare là ove meno si sarebbe pensato.

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Ed è perciò che si è visto sorgere un uomo di Stato, il quale mostrossi un tempo accorto, ed appartenente ad un partita di ragione e di moderazione (i tory), per imbrattare la stampa con accuse e menzogne di cui non vi è finora altra memoria, ove non vogliansi ad esse porre in confronto le declamazioni e le turpitudini della demagogia. E ciascuno si scorge che intendiamo noi parlare delle lettere che il sig. Gladstone ha pubblicato sulle cose di Napoli. Dalla lettura di queste meschine epistole, uopo è arguire, che non tutti gli uomini politici sanno conservare la loro accortezza, né tutti gli accorti sono esenti dall'essere invalsi dai più curiosi e strani errori. La polemica mossa contro la politica e la interna amministrazione del Reat Governo è piena di quel livore che non si sarebbe mai pensato di trovare in un organo del partito moderato. Non può farsi a meno di supporre che l'autore ha voluto per motivi puramente personali, o impuramente politici, disertar la sua bandiera. Ove poi il Gladstone per una improvvisa tendenza al romanticismo, avesse voluto tutto ad un tratto diventare autore di un racconto drammatico a forti tinte e grandi passioni, e avesse voluto arricchire le sue scene di delitti e punizioni, stragi e flagelli di ogni maniera, un bello argomento avrebbe egli potuto ritrarre dalla storia dei fatti e non dalla poesia dell'imaginazione, attingendole nelle cronache del Ceylan e dì Cefalonia, in quelle cronache viventi, calde tuttora di sangue ed echeggianti di gemiti e di mortali singhiozzi Tragga, tragga egli da quella orribile pagina di morte le sue novelle, e se l'argomento non basta alla vastità della sua opera, vadi a contemplare ed a ritrarre con la elegiaca sua penna le scene tristissime che si succedono in Irlanda, vasto ed incessante campo di miseria e di onta.

Vogliamo anche supporre che le pazzie della demagogia hanno ottenebrato le più moderate menti. Quelle calunnie inventate dal fondo dell'emigrazione viste con lo sguardo della vendetta e dell'ira hanno prevalso dappertutto, e il linguaggio dell'anarchia ha acquistato la forma di un dizionario, dal quale ogni scrittore attinge molti e concetti. Né noi vediamo altro nelle lettere del Gladstone che la riproduzione di quelle frasi di cui si son resi formidabili i gracchiatori democratici, quelle parole tante volte ripetine, quei malnati pensieri che covano in seno il delitto, ed intanto dicono di assumere la divisa del bene. E lo stesso Gladstone non per altro ha foggiato la sua novelletta che pel bene. Egli lo ha detto.

Difatti, di che si parla in quelle corrispondenze? Delle prigioni e dei prigionieri di Napoli. Il Gladstone vede con gli occhi dei nuovi tormenti e nuovi tormentati. Egli crede alle enormi cifre dei detenuti che il primo venuto gli vuol far credere; presta fede ad ogni più crudele novella, purché il narratore la vesta di abiti luttuosi e spaventevoli; né uso a mentire, come potrebbe farlo un indurito alle calunnie, non può fare a meno l'anglico narratore di spesso notare che quanto egli asserisce gli è stato detto. E davvero non può negarsi che la di lui credulità è ammirevole, abbenchè poco onesta. Che egli voglia credere non glielo può nessuno proibire, ma non perciò deve far modo che altri prestasse fede alle sue parole, facendo in guisa che desse muovessero gl'inaccorti all'indegnazione.

Ma se all'indegnazione muovonsi gli inaccorti, s'armano d'ira gli astuti politici, e declamando a grandi voci, tentano ad ogni modo di trarre argomento da quelle falsità per farne strumento a turpe scopo.

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Che le loro armi si spuntino, inutile è il dirlo. Che t'argomento basato su d' un principio menzognero, vada contro essi stessi a rivolgersi, pur troppo ne abbiamo prove incontrastabili. E difatti, che non si è tentato mai in questi tempi per gettare l'infamia sui governi, per far un continuo appello alla rivolta dei popoli? Ma tutte queste congiure, tutti questi arditi e colpevoli incitamenti, che han fatto essi? Hanno smembrato le stesse fazioni. Hanno staccato i creduli e gl'inaccorti dai tristi.

La stampa periodica di tutta Europa intanto ha preso argomento di questi inattesi attacchi del rinnegato tory, per farne oggetto di viva e passionata polemica: ma è appuntò con questa polemica ch'è stato smascherato lo scrittore e lo scopo. Non vi è stato un solo giornale del partito conservatore e moderato che avesse voluto sostenere le accuse dal Gladstone dirette contro il Real Governo. Ma egli invece è stato sostenuto dal partito wig, e dal democratico. E difatti, eravi d'uopo di un uomo del colore, finora supposto conservatore, per dare forza alle declamazioni demagogiche contro le monarchie. Mancava l'ipocrisia e la veste della moderazione ai loro attacchi. Si aveva bisogno di una accusa venula da un partito che non era il loro, ed è stato il signor Gladstone che si è prestato all'apostasia. E perciò i giornali conservatori, indegnati e della defezione e della menzogna, sono sorti ad un tratto a combatter gli errori, e combatterli con quella forza che non cede a qualunque riscossa, perché pone innanzi l'argomentò dei fatti. E noi andremo man mano pubblicando tutte queste grandi verità, che i più accreditati organi della stampa hanno replicatamento e incessantemente oppugnato, al libello del signor Gladstone, al quale ha mancato principalmente lo scopo, cioè la pubblica opinione che vi avesse voluto prestar fede.

Il linguaggio delle lettere, lo abbiam detto, risente del vocabolario demagogico, ma più che il linguaggio vi si trova quell'argomentare erroneo, mercé il quale vuoisi far valere il principio che nei popoli sia il dritto delle congiure e delle rivolte, e ne' governi è vietato poi di far cadere sul capo dei colpevoli il peso delle leggi, onde sottrarre dall'universale quelle triste esistenze che 'han tentato di sconvolgere il sistema e l'ordine. Or noi dobbiamo dirlo francamente, non si potranno mai trovare linguaggio e argomenti i quali valgano a far sì che il delitto fosse tenuto in conto di virtù.

Un governo che non sia vigile a far colpire dalla giustizia que' malnati che attentano alla legge ed all'ordine, è responsabile a Dio ed agli uomini della sua trascuratezza. Ogni uomo che ardisce di sconvolgere la società, ne minaccia la esistenza. E se questo uomo resta impunito la società andrà presto perduta.

Egli è vero; al presente si vuol far credere che lo sconvolgere la società intender si voglia rigenerarla. Ma fino a che vi sarà una forzi buona a comprimere, ed una maggioranza che ragioni, i vaneggiamenti saranno respinti, e i vaneggiatori saranno sottratti alla comune degli uomini, per non ammorbare di loro sozzura la generalità. Se questa è colpa dei governi, io sostenga sir Gladstone, ma lo sostenga con principio di dritto, e si avvalga nelle sue assertive de' fatti che possano far comparire vere le sue parole.

Le opinioni de' giornali esteri e le proteste de' valenti pubblicisti e scrittori che noi andremo riportando, sapranno meglio che le nostre parole far valere gli errori di cui va colma la corrispondenza del deputato di Oxford,

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svelarne le occulte mire per cui quelle corrispondenze furon elucubrate, e mettere a giorno le influenze politiche sotto le quali vennero forgiate le declamazioni dell'ex tory Britannico.

Mentre nella stessa Inghilterra sorge un eminente pubblicista a combattere le bugiarde accuse contenute nelle lettere del Gladstone sui processi politici di Napoli, in Francia la stampa periodica s'impegna in una vigorosa polemica sullo stesso argomento. L'Ordre, l'Assemblèe nationale, l'Uniters, la Patrie, il Courier de Marseille. l'Alsacien, La Gazette du Midi, te Messager de I'Assemblèe sono scesi in campo l'un dopo l" altro per mostrare come le asserzioni in quelle lettere contenute abbiano a fondamento la calunnia e io intrigo: la calunnia, ch'è l'arma di un partito, il quale cerca di commuovere l'opinion pubblica: l'intrigo, di cui si valgono altri affin di creare difficoltà e giungere più sollecitamente allo scopo, al quale mirano costantemente. Forse senza la commedia che rappresentossi nel parlamento inglese alla vigilia della chiusura dell'ultima sessione, le lettere dei Gladstone non avrebbero spostato la quistione dal terreno, sul quale la pose il rappresentante dell'università di Oxford, e le risposte dei Macferlan e del Gondon sarebbero bastate a porre allo scoperto tutti gli errori e lo falsità in esse contenuti; ma dopo le concertate interpellanze dirette nella camera dei comuni inglesi al ministro degli esteri, e la risposta da questo fattane, la polemica assunse un ben diverso carattere, dappoiché non era più possibile il restringersi nel cerchio delle accuse e delle smentite e diveniva indispensabile cosa rivelare il segreto di quella commedia, con tanto interesse rappresentata dai suoi principali attori.

Questa rivelazione ce l'ha fatta in primo luogo l'Ordre, e l'articolo che qui appresso traduciamo accenna a quistioni politiche della più alta importanza, come quelle che si collegano a disegni e ad intendimenti arcani solo per chi può dimenticare le scandalose memorie della nostra storia contemporanea.

«Lord Palmerston (così il citato giornale) è stato riguardato sempre come uno degli uomini più rivoluzionari dell'Europa, ed è certo che le apparenze cospirano almeno in modo singolare a giustificare la generosa riputazione che Sua Grazia si è creata. In ogni parte dove la indipendenza e la libertà dei popoli son«minacciate sul continente, lord Palmerston interviene, protesta, promette, minaccia, si agita, riempie gli animi di ardore ed alimenta i cuori colla speranza. Seguite oggi la politica inglese su tutta la superficie dell'Europa, e la troverete da per tutto, cosa notevole! alla testa del partito rivoluzionario. Alla testa, ripeto, perciocchè la stessa Repubblica Francese fin dal suo nascere non si è mostrata su questa via che in seconda linea:

Longo sed proxima intervallo.

«Lamartine, il generale Cavaignac, Luigi Napoleone e tutti i suoi ministri degli affari esterni sono sempre stati non solamente uomini moderati, al paragone di lord Palmerston, ma moderatori. Nella Svizzera, nel Belgio, in Italia, in Germania, in Austria, in Isvezia, in Oriente, Ioni Palmerston sta sempre all'avanguardia; egli è il protettore dell'indipendenza, l'angelo guardiano della libertà, l'apostolo della fratellanza, il campione dell'eguaglianza, ben s'intende, colle parole soltanto. Lord Palmerston agita, ma non opera (agite, mais il n'agit pas);

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è l'O'Connell dei diritti dell'umanità, e da per ogni dove li rivendica, sostenendone la conquista o la difesa decisamente. Non per altro mezzo, badate, che colle parole.

«Questa politica notevolissima, della quali; la monarchia di luglio a ire riprese almeno, e soprattutto nell'ultima, nel 1847, ha sperimentato gli effetti, trovasi oggi in tanta pienezza di espansione quale non fu giammai.

«In Italia lord Palmerston fa una guerra ad oltranza, intendo sempre una guerra a parole, ai due potentati che vi rappresentano il potere assoluto, cioè il regno di Napoli e l'Austria. La tribuna inglese per due volte in meno di quindici giorni ha risuonato delle simpatie affettuose e ad un tempo vendicatrici di lord Palmerston verso l'indipendenza e la libertà della penisola. Il gabinetto di Torino ed il governo di Napoli sono stati trattati nella camera dei comuni, il primo con effusione, il secondo con un disprezzo, il cui contrasto ha colpito tutte le anime generose. ll cuore di Fox chiudeva solo tanto abbandono, e l'anima di Pitt tanto sdegno, quanti ne ha mostralo lord Palmerston, il quale si direbbe che ha pronti sessantamila uomini per gettarli da un giorno all'altro sulla via che conduce a Verona, ed altri sessantamila per isbarcarli a Terracina, senza parlare delle conseguenze inevitabili in Alemagna ed in Oriente prodotte da una tale invasione di soldati inglesi nel nord e nel mezzodì della penisola.

«In Germania vedremo la stessa energia filantropica cavalleresca, perciocchè lord Palmerston non contento di attaccare il governo reazionario di Vienna a Torino, a Milano, a Roma, a Napoli, io perseguita a Berlino, a Dresda, a Monaco, ad Annover, a Stuiigard, a Francoforte. Lord Palmerston è del partilo di Simson e di De Schwerin; egli è centralizzatore costituzionale, e col principe di Prussia immilterà la coccarda nera e gialla e veste i colori dell'unità alemanna. A Francoforte lord Cawley, ben più sollecitamente che il savio e sperimuetalissimo signor do Tallenay, difende ad oltranza, non solamente i trattati del 1815, per quanto spetta la base territoriale della confederazione tedesca, ma ancora, come ci viene assicurato, i diritti fondamentali voluti dal parlamento di San Paolo; e se vi ha del vero in questo, una così fatta condotta può considerarsi come unica! Bisogna credere che lord Palmerston abbia pure da cento a centocinquantamila uomini per avviarli sopra Ulma tenendo le altura di Costanza non sì tosto gli giunga la prima notizia del seppellimento dui diritti fondamentali.

«Nel Nord come in Oriente vedremo la stessa condotta. Ad Amburgo lord Palmerston protesta col senato contro l'usurpazione federale; nei ducati difende i diritti della Danimarca come difenderebbe quelli di Gibilterra o di Malia; in Turchia protegge Kossouth; in Costantinopoli alimenta le voci dei successi veri o falsi di Sciamil. La Russia è a tal modo vigorosamente attaccata su tutti i punti più sensibili dalla politica del Foreign Office, come l'Austria, o come la corte di Postdam, e lord Palmerston trovasi ovunque l'umanità soffre, geme e spera!

«In ultimo, nel tempo stesso in cui gli agenti di lord Palmerston ricevono da Sua Grazia e comunicano al le corti, presso cui sono accreditati, le più umanitario note del mondo, a Londra risiede un comitato rivoluzionario universale che pubblica i conosciuti suoi manifesti in uno stile, più di quanto si possa imaginarlo simile a quello delle note inglesi.

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«Certamente lord Palmerston acquista per si fatta condotta titoli tali alla riconoscenza della posterità e della libertà, dei quali nessuno saprebbe contrastar lo splendore. Per intenzione, od almeno nei discorsi, lord Palmerston è sul continente il più liberale personaggio dell'epoca nostra, senza che questo gli costi veruna cosa; coll'intenzione e coi discorsi egli libera l'Italia, da a Napoli una Camera dei Comuni, ed espelle gli Austriaci dalla Lombardia; colle stesse intenzioni e cogli stessi discorsi realizza il sogno dell'unità costituzionale tedesca, costituisce l'indipendenza dei ducati, quella dei principati danubiani, quella dell'Ungheria. Sua Grazia è il messia di una palingenesi universale!

«Una tale attitudine è sicuramente bellissima, e non sarem noi quelli che vorrem denigrarne la grandezza e l'avvenire; solamente colto scopo di rassicurare i lettori vorrem mostrare che lord Palmerston seguendo una tanto arrischiata politica, non corre i pericoli ch'essa potrebbe produrre.

«Lord Palmerston sulle prime si limita a consigliare, a protestare, a promettere ed a parlare; ma è ben altra cosa quando trattasi di operare. Ricordate a mo' di esempio quel che fece in Torino il signor Abercromby alla vigilia della giornata di Novara; al Piemonte era stato promesso il sostegno dell'Inghilterra, e quando giunse il giorno del bisogno, si trovò che il Foreign-Office aveva unicamente inteso parlare di un sostegno morale. Più tardi, se la rivoluzione e la guerra, o un' indivisibile campagna, venissero a sconvolgere il continente colla massima del sostegno morale, qual necessitavi sarebbe per l'Inghilterra di prender parte allo generalo sconvolgimento? Nessuna. Lord Palmerston farebbe senza dubbio dei voti perché la libertà, l'eguaglianza, l'umanità trionfassero in ogni parte; ma se per caso non trionfassero, quale che possa essere il rammarico di Sua Grazia, non vi sarebbe nessun obbligo perché la Gran Bretagna fosse spinta in avventure, di cui nessuno saprebbe prevedere l'estensione. Purché non sia attaccata l'Inghilterra e le sue colonie, il gabinetto di Londra può rimanere spettatore indifferente di tutte le lotte continentali, ed in ciò sta appunto la spiegazione di quella impossibilità, colla quale lord Palmerston desta o provoca lotte, di cui il suo paese non può sperimentare gli orrori.

«In ultimo, lord Palmerston sembra che faccia fondamento, per la parte attiva della rivoluzione da lui fomentata, su di un partner, in tutti i tempi compiacentissimo, e di piacevole umore in simili congiunture, vai quanto dire la Francia. Lord Palmerston dice a se stesso, che se non ha un Championnet a gettare nel regno di Napoli per punire i delitti annunziati da Gladstone, i Francesi ne troveranno sempre uno; dice a se stesso che al bisogno questi stessi Francesi, di già compromessi abbastanza in Roma, potrebbero incamminarsi pel Sempione e recare man furie ai Piemontesi, Lo stesso ha luogo per la Germania, dappoiché se lord Palmerston non ha a sua disposizione i centocinquantamila uomini per tenere in soggezione l'Austria, la Russia e la Prussia nelle linee di Zurigo e di Hohenliuden, la Francia sia la, la Francia divenuta un bello strumento nelle mani di un primo ministro inglese sperimentato e potente.

«Ben si vede da tutto questo che lord Palmerston sta al coperto di tutti i pericoli, ai quali espone gli altri, e se Sua Grazia per indole e per politica ama la rivoluzione sul continente, beninteso, la ama tanto più quanto che non ha nulla da temere è una passione platonica di artista e di filosofo:

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«Suave mari magno turbantibus aequoraventis

«Et terra ulterius magnani spectare laburem.»

Questo articolo del giornale francese è la conseguenza delle parole, colle quali lord Palmerston rispondeva alle interpellanze di sir Lacy Eward, uno dei membri della camera, sostenitore della politica dell'attuale gabinetto di San Giacomo. Rispondendo a quelle interpellazioni, cui avea dato argomento la pubblicazione delle lettere del Gladstone, lord Palmerston dicea che, affine di mettere al corrente»ministri inglesi presso te diverse corti del continente di ciò che si fa in Napoli avea creduto inviare ad essi alcuni esemplari delle note lettere, colla speranza che siffatta, lettura fosse il mezzo più efficace per determinare la potente influenza dell'opinione pubblica. E l'opinione pubblica si pronunzia oggi categoricamente, facendo giustizia degli accusati e degli accusatori; essa, lungi di occuparsi delle calunnie, cerca il segreto che le ispirava, e pone allo scoperto gl'intendimenti di una politica indefinibile, e guarda ad interessi più generali. Per tal modo mentre da una parte vediamo il gabinetto di San Giacomo fatto segno alla amara ironia del giornale l'Ordre, vediamo dall'altra l'Assembleè nationale ricercare le cagioni che muovono il Foreign-Office a seguire la condotta da esso adottala rispetto al nostro Governo. «Il Gabinetto di Londra ha bisogno, dice questo periodico, che un Governo esista a Napoli modellato allo stampo di quello di Torino, e siccome il Re delle due Sicilie ha nelle vene il nobile sangue Borbone e non vuole abbassarsi a divenire un vassallo vien colmato di atroci ed abbominevoli calunnie, aspettando che si geni la maschera per attaccarlo apertamente.»

Noi abbiamo fin qui seguito storicamente la polemica impegnatasi a proposito della pubblicazione delle lettere del Gladstone, e della risposta di lord Palmerston alle interpellanze cui ha dato argomento questa pubblicazione; ma la passività storica, nella quale ci siamo rigorosamente ristretti, diverrebbe per noi una colpa dopo quanto abbiam letto nell'Assembleè nationale. Il nostro Governo non può dimenticare le parole del Principe che disse: lo ho più fede nella forza del dritto, che nel diritto della forza.. memorande parole che riassumono tutta In politica di un Sovrano, il quale per virtù propria ha saputo comprimere la rivoluzione, inalberando fermamente, primo fra tutti, la bandiera dell'ordine. Il diritto ha trionfato, né per arti subdole, né per occulti incitamenti si è riuscito in tutti i tempi a comprimerlo: la ostile attitudine che contro ogni dritto delle genti, contro ogni principio di diritto internazionale, altri ha voluto assumere, non ha fatto che mettere alla prova questa gagliarda energia, non ha servito che ad accrescere la considerazione in cui dev'essere temila una Potenza, la quale ha fede intera nella forza del diritto. Che cessino adunque le preoccupazioni: il regno delle Due Sicilie è al coperto di ogni maniera di commovimenti, e se in tempi fortunosi uscì salvo dalle tempeste che sconvolgeano l'intera Europa, in tempi tranquilli saprà sempre più raffermare le grandi conquiste delle idee di ordine. Che gli agitatori, quali che siano e da qualunque parte abbiano lo impulso, si persuadano adunque che le loro mene, i loro impeli vanno ad infrangersi contro la fermezza di quella volontà unificatrice, la quale non aspira e non vuole che l'ordine e la stabilità, queste. due grandi condizioni, senza di cui ogni progresso sarebbe impossibile; l'ordine che feconda e non isterilisce, la stabilità che non è reazione, ma giusta, onesta, necessaria, legale resistenza.

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(Leggiamo nell'Armonia di Torino:)

Due uomini di Stato giudicano due governi, e discorrono i fatti di due paesi: sir Gladstone, ed il generale Oudinot. Il primo racconta le enormezze del Governo Napoletano, il secondo combatte le villane calunnie della Montagna francese, e venendo in appoggio della nobile e sincera parola del ministro Baroche appura i fatti, e determina la posizione del Governo pontificio. Sir Gladstone è creduto sulla sua parola. Il generale Oudinot per contrario non si vuol credere, e si appunta dai nostri giornali d' ignoranza profonda e di mala fede.

Pure sir Gladstone, al dire di lord Palmerston, si trattenne in Napoli appena otto giorni. Questo tempo non pare abbastanza ad un giudice coscienzioso per fare il processo ad un Governo, e pronunziare contro di lui severissima condanna. Napoli non è poi città di provincia in cui basti entrare ed interrogare un cittadino per conoscerne di botto lo stato e l'andamento. Molto più che se i cittadini napoletani sono tanto perseguitati, debbono sempre tenersi in sospetto, e guardarsi ben bene attorno prima di informare i forestieri contro il loro Governo. Questi riflessi non pesano un lito di paglia nella bilancia del nostro giornalismo. Sir Gladstone ha dello male del Governo napoletano, dunque sir Gladstone ha detto il vero.

Ma se tante orrendità avvengono a Napoli, come l'Europa attese il viaggio di sir Gladstone per esserne informata? La Inghilterra non ha un ambasciatore a Napoli? Questo ambasciatore sta baloccandosi mentre la virtù è perseguitala e violato sistematicamente il diritto? Perché non iscrisse mai una sillaba di ciò a lord Palmerston? Perché lord Palmerston non avvalorò le notizie del veridico tory coi ragguagli del suo incaricato di affari? Questo silenzio dello ambasciatore inglese residente a Napoli depone severamente contro il racconto di sir Gladstone. Ma non conta: egli dice male del Governo napoletano, dunque dice il vero.

Finalmente lord Palmerston promette di mandare a tutti i rappresentami dell'Inghilterra all'estero parecchi esemplari delle celebri lettere di sir Gladstone, «affinché tutti mettansi in grado di sapere quel che si fa a Napoli, e colla speranza che questa lettura sia per essere il mezzo più efficace onde determinare la potente influenza dell'opinione pubblica:\d adoperarsi perché sia posto riparo agli abusi dell'illegalità.»

Ma pare certo che le lettere di sir Gladstone saranno anche spedite al rappresentante inglese a Napoli, poiché lord Palmerston non vi mise alcuna eccezione, e dal suo discorso rilevasi che quegli non conosce multo queste violazioni incessanti, sistematiche e deliberate.

Onde il ministero

inglese metterà in grado da Londra il suo rappresentante a Napoli

di sapere quel che si fa a Napoli. Questa tattica di nuovo genere, questo linguaggio, useremo una frase del risorgimento, nuovo sulle labbra di un ministro di Stato, avrebbe dovuto insospettire alquanto gli nomini di buona fede e impedire i nostri giornali di ringalluzzarsi. Ma essi hanno formolato il loro argomento: sir Gladstone dice male del Governo napoletano, dunque sir Gladstone dice il vero. E dovessero anche negare la luce di mezzo giorno, non danno indietro!

Rovesciamo la medaglia. Il generale Oudinot ebbe la maggior parte nella conquista di Roma, nella liberazione della eterna città dai voraci artigli della repubblica. Egli, nella sua dimora in quelle contrade, ha avuto agio di conoscere lo spirito dei romani.

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Protesta adunque che i veri romani sospirarono l'esercito francese e il ritorno del Papa. Ma al generale Oudinot non credono i nostri giornali; egli parla in difesa del Papa, e questo sol basta perché si rifiuti fede alle sue parole.

Egli protesta che Roma, sotto alla repubblica, era in potere d un branco di fuorusciti che la dissanguavano, che la resistenza fu fatta dai forestieri, che i veri romani attendevano con impazienza la loro liberazione. Ma tal è: le parole di Oudinot non valgono nulla, perché sono in difesa del Papa.

Per questa ragione medesima nulla vale t'attestalo del signor Baroche ministro dell'esterno in Francia. Egli, in continua relazione colle Romagne, rispondendo alle accuse mosse contro il Governo pontificio, di commettere orribili abominazioni (la frase è identica a quella di sir Gladstone a proposito del Governo di Napoli), asserisce: «Io non dubito un istante di affermare che queste accuse non sono soltanto esagerate, ma mancano completamente di esattezza. Non è vero che a Roma si dimentichino le forme della giustizia, non è vero che si perseguitino i migliori cittadini, non è vero che i tribunati romani si rendano rei dei delitti loro apposti. Io riconfermo a questo punto tutto le smentite già date dal mio onorevole predecessore.» Un linguaggio cosi deciso non si conia per nulla dal nostro giornalismo. È favorevole al Papa, favorevole al Governo pontificio, dunque è falso.

Il peggio è che vuoisi provare che il ministro Baroche non dice il vero a proposito delle cose di Roma, e la Croce di Savoia e il Risorgimento amendue si gettano in questo arringo. La Croce di Savoia cita al signor Baroche i discorsi tenuti nel Parlamento piemontese innanzi l'approvazione del trattato col la Francia, e perché taluni dilaniarono allora il Governo francese biasimando la spedizione di Roma, ne argomenta che il Papa si governa malissimo e che i suoi Stati sono orribilmente amministrali. No, non risponderemo a questa argomentazione; ci basta di averla trascritta; con ciò è confutata abbastanza. Il Risorgimento invece trae fuori colle sentenze fulminate contro coloro che impedirono di fumare. Oh come è semplice questo giornale. Egli pare un bimbo uscito testé dalle fasce. Non sa egli che cosa significhi in questi tempi la proibizione di fumare? Non sa egli onde sia venuto quest'ordine, e chi sieno coloro che lo eseguiscono e lo fanno eseguire? Ignora il Risorgimento che un'azione per sé innocentissima può divenire, per ragione delle circostanze, dei tempi, dello scopo, un delitto di fellonia? Il Risorgimento fa il semplice a questo riguardo; ma sa meglio di noi di che cosa si tratti, e meglio di noi capisce la giustizia delle sentenze che accenna. E siamo certissimi che, se gli uomini del Risorgimento si fossero trovati ministri delle Romagne; coi pericoli, cogli assalii, colle mene della demagogia, avrebbero fulminato le sentenze medesime; e non avendo alla mano leggi opportune, sarebbero tornati indietro finché ne trovassero, come fecero appunto insensatamente rispetto agli arcivescovi di Cagliari e di Torino.

Ma ciò non ha da fare colla nostra quistione. Qui si tratta di mostrare il procedere contraddittorio dei nostri giornalisti. Vogliono farci accettare l'autorità di sir Gladstone intorno alle cose di Napoli, e non vogliono accettare l'autorità di Baroche, di Oudinot e di Corcelles intorno alle cose di Roma. Sir Gladstone dice il vero, sebbene non abbia avuto tempo bastante per giudicare con cognizione di causa; sebbene il suo racconto non sia appoggiato da nessun diplomatico, nemmeno dal rappresentante inglese a Napoli;

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sebbene questo racconto medesimo sia in gran parte disdetto pubblicamente dal ministro degli affari esteri a Parigi, il quale per le sue continue comunicazioni con Roma e per l'ambasciatore che ha a Napoli è in grado di conoscere le cose per filo e per segno. Non ostante tutto ciò, sir Gladstone dire il vero, perché da addosso ad un Governo conservatore, ad un Governo amico del Papa, a un Governo che rese servizi immensi alla causa dell'ordine e della religione; a un Governo in una parola cui forse gli uomini del Risorgimento van debitori se seggono al ministero e possono scrivere il loro giornale.

Per converso Baroche, Oudinot, CorcelIes, dicono il falso, sebbene due di loro conoscono le cose per averle esaminate coi propri occhi, e non per pochi giorni soltanto, ma assai lungamente, trovandosi in mezzo agli affari. Dicono il falso sebbene abbiano amici e rappresentanti a Roma, che per dovere d'impiego mandano ogni giorno ragguagli e tengono informato il ministero francese di quanto avviene.

Tutto conchiude contro il racconto di sir Gladstone. Il silenzio della diplomazia, la pace di Napoli, la sicurezza del Re. Tutto depone in favore delle attestazioni di Baroche, Oudinot e CorcelIes: la loro posizione, la loro lealtà, le loro comunicazioni. Pure questa ultima autorità è rigettata perché difende il Pontefice, ed accettata la prima che aggrava già Governo conservatore. Che bella logica è questa! Così ragionano le fazioni!

(La Civiltà Cattolica, anno 2; Vol.6; Fascic. XXXV; pag.596: 1 sabato di settembre pubblica quanto segue nella sua cronaca contemporanea).

Nel parlamento inglese erano accadute cose importanti prima della sua chiusura le quali non dobbiamo tacere; ed in prima si parlò molto delle interpellanze di sir de Lacy Evans sul Piemonte e su Napoli, cui rispose lord Palmerston facendo grandi elogi del primo e grandi lamenti del secondo. Pretendono alcuni che lord Palmerston non voleva lasciar chiudere questa sessione senza dare una novella assicurazione a' mestatori del globo del suo affatto disinteressato per loro. E perciò dicono che egli si fece inorpellare dal predetta suo amico, architettando quell'interrogazione, come una scena di commedia ben preparata, per fare il suo effetto nel rispettabile pubblico. Invano un membro dei comuni, l'onorevole Cochrane, che visitò Napoli recentemente, protestò subito contro quell'insulto recato sotto forma di una interrogazione dal sig. de Lacy Evans: Lord Palmerston non ne prese meno occasione per i suoi preparali lamenti contro il Governo napolitano. Quanto agli elogi del Piemonte, noi ce ne congratuliamo purché non siano esani come i lamenti sopra Napoli. Al qual riguardo se lord Palmerston non ha altra autorità che le lettere di M. Gladstone, noi dopo averle lene e aver letto quanto sopra esse scrissero finora pro e contra molti giornali, dobbiam confessare che quell'autorità ci pare assai debole, e in moltissime parti interamente falsa. Chi è difatti che non debba sorridere di compassione all'udire M. Gladstone che protesta farsi in Napoli un processo per la costituzione, mentre tutta Europa sa che i soli processi fatti a Napoli sono quelli dell'unità italiana e del quindici maggio, mentre tutta Napoli vede passeggiare liberissimi per le sue vie onorati o stimati parecchi dei Ministri costituzionali, e de' Deputati anche dell'opposizione?

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Che dire poi dell'autorità di uno scrittore che pretende aver veduto e toccato e palpato, e poi quando ti parla del numero dei carcerati non sa dir altro se non che la cifra loro non ti può sapere, e ciò dopo aver detto che la credenza generate ti è che la cifra dei detenuti politici sia o di 15 o di 20 o di 30 mila! Ben è vero però che egli assicura che dai documenti ufficiali non compariscono che duemila detenuti; ma ciò nonostante il tessuto intero del suo scritto conduce il lettore a credere che M. Gladstone, posto in mezzo ad un documento ufficiale o ad una opinione generale che non sì può sapere di certo, non esita per amore della verità a prestar fede a ciò che non si può sapere. Il vero si è che il sig. Macfarlane celebre pubblicista Inglese, in un suo scritto indirizzato a Lord Aberdeen, in cui prende a confutare le lettere di M. Gladstone, in mezzo a molte altre falsità che prova ritrovarcisi, accenna specialmente al numero appunto dei carcerati, e reca in conferma non la credenza generale, ma i documenti inviatigli dal Governo medesimo, da cui rilevasi che i detenuti politici non sono più di duemila e ventiquattro

in tutto io Stato: numero certamente non grande, se si considerino le rivoluzioni donde esce il paese. il documento è sottoscritto da' signori cav. Giovanni Pascaloni e Giuseppe Barlolomucci agenti superiori del Governo e uomini rispettabilissimi sotto ogni riguardo. Parimente il sig. Gladstone asserisce che gli accusati pel 15 maggio sono da 400 o 500, laddove dall'atto d'accusa consta essere essi solamente 46. Dicasi il medesimo delle confische dei beni che si pretendono frequenti, e furono invece solamente applicate cinque volte e per sole tre ultimane, giacchè Re Ferdinando le tolse ad istanza delle famiglie.

Il sig. Gladstone considera come schiavi i giudici e magistrati Napoletani: 1. perché amovibili; 2. perché pagati sì poco che i meglio retribuiti hanno solo 4 mila ducati. Ora è da sapere che l'inamovibilità dei giudici è in Napoli osservata meglio forse che non in Piemonte, e che 4 mila ducati sono 17 mila franchi, quanti non ne ha in Francia un Presidente della corte d'appello, che ne tocca solo da sei a dieci mila.

Non essendo questo il luogo di confutar quelle lettere, crediamo che bastino questi pochi cenni per ora a dimostrar ai nostri lettori su che razza di autorità si fondino coloro che sparlano del Re di Napoli e del suo Governo.

Ed a questo proposito invitiamo i nostri lettori a ridere con noi anche del The Morning Ckronicle il quale in alcuni suoi articoli contenuti nei suoi numeri 28 e 27 luglio, articoli ricopiati diligentemente da molti giornali Italiani, assicura che il numero dei detenuti a Napoli è o di 40 mila, o di 20 mila, o di 2 mila, o di 600, o di 500.

Ecco dunque lo cifre dentro cui oscillano i carcerati politici del Ragno di Napoli: essi sono o 40 mila o 500! Quest'osservazione noi la dobbiamo od un nobile Lord inglese che ci inviò un articolo a questo proposito, che con dispiacere non possiam pubblicare intero, per mancanza di spazio. Inoltre non sappiamo con qual fronte uomini gravi possano appoggiarsi all'autorità di uno scrittore che non è ben sicuro egli medesimo di ciò che asserisce. E questa ci pare l'unica scusa che può arrecarsi in favore d'un uomo che finora ha ben meritato del partito conservatore. Giacché quando egli stesso ad ogni quattro linee conforta le sue asserzioni con un siccome odo dire (as i hear) ho inteso dire (I have heard)si dice (it il said)

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come mi hanno assicurato (as i was assured) so da fonte rispettabile, ma non sicura (the mode wans specified to me upon respectable thoug not certain authority) io dubito (i fear) io son convinto secondo che mi fu detto (from what has reached me); quando dico, l'autore medesimo parla quasi sempre così dubitando e quasi volendo con ciò stesso pregare i suoi lettori a non credergli sulla parola, viene proprio in capo che il sig. Gladstone o non ebbe agio nel poco tempo della sua fermata a Napoli di verificare molte cose, o che egli messo in mezzo alla sua lealtà abituale e a quelle, non sappiamo quali circostanze che lo mossero a scrivere quelle due lettere, abbia fatta una transazione Ira la coscienza e la politica, ponendo ad ogni asserzione il correttivo del dubbio e dell'esitazione.

Ciò nel supposto che il sig Gladstone sia ancora del partito dell'ordine, imperciocchè se mai fosse vero quello che in un opuscolo stampato poco fa a Londra si asserisce sul conto suo, che egli cioè da qualche tempo in qua va dicendo che le monarchie d'Europa sono vecchie e che il sistema monarchico e un vecchiume e un rococò: se ciò fosse, allora noi dovremmo sempre più congratularci col Risorgimento di avere per tanto amico un repubblicano, e col Farini di avere un tal conservatore per traduttore di quella che egli chiama Storia dello Stato Romano. Noi crediamo che i soli rivoluzionari di professione, i quali odiano cordialmente un Re che seppe burlarsi di tutti i loro sforzi per sommuovergli le popolazioni che l'amano teneramente, e i soli nemici della Chiesa che non perdoneranno mai a Ferdinando II di essere stato ospite sì gemile e sì pio del capo della Cristianità, sol essi si sfiateranno senza pro a ripetere le nude asserzioni delle lettere del sig. Gladstone; il quale se non si è interamente dato al partito dell'anarchia, dee essere ora più che pentito del suo scritto, dopo che lo vide sì caramente accolto da tutti coloro che egli finora ha combattuto. Non lasciamo qui in fine di osservare l'autorità che si meritano questi rivoluzionar! di professione, che alzano a cielo le lettere del sig. Gladstone. La voce nel Deserto dopo aver protestato che essa ha letto le lettere del sig. Gladstone, dopo aver dichiarato che essa le ha trovate tutte veridiche, tutte esattissime, si lasciò sfuggire che esse sono cinque. Segno evidente che neppure le ha vedute, giacché vedendole l'onorevole sig. Angelo Brofferio colla sua perspicacia ordinaria avrebbe scorto che essa appena son due.

Tutto ciò sia dello riguardo all'autorità che si meritano quelle lettere: riguardo poi alle parole di lord Palmerston sul Governo di Napoli e all'aver» egli inviale ai Governi quelle due lettere, ci sembra degnissima di esser qui riportata la risposta che S A. il principe di Schwarzenberg inviò a Sua Signoria dopo ricevuto il prezioso regalo. La risposta (dice il Corriere Italiano che mostra di parlare ufficialmente) fu tutto altro che soddisfacente: anzi crediamo poter asserire che il suddetto nostro ministro presidente abbia schiettamente dichiarato al nobile Lord, qual mente l'oggetto ai cui trattasi sia affatto di natura interna e di spettanza assoluta del Governo di Napoli: spettare poi meno che a qualunque altra potenza all'Inghilterra di muover lagno intorno alle misure che al Governo di Napoli sembrano necessarie pel mantenimento dell'ordine, avendo la medesima verso i Chartisti delle isole Ionie e recentemente nell'isola Ceylon

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DATI TALI ESEMPI DI SEVERA CRUDELTÀ CHE NON SI TROVANO NELLA STORIA RECENTE DI NESSUN ALTRO PAESE CIVILIZZATO. Le quali parole del Corriere di Vienna sono poi seguite nel N. del 20 agosto da queste anche più significami: Sua Maestà il Re di Napoli ha la gloria di avere molti torti verso l'Inghilterra, particolarmente poi quello d'essere stato in grado di domare con fermezza e con proprie forze una ribellione che fu incoraggiata de lord Palmerston nel solo scopo di far sventolare la bandiera britannica sulle coste della Sicilia onde beatificare quell'isola colla delizia della protezione inglese. Preghiamo specialmente il leale Risorgimento, a riportar almeno la risposta di S. A. il principi) di Schwarzenberg.

(La Bilancia, giornale di Milano, emettea con le seguenti parole la sua opinione sulla polemica suscitata dallo lettera dal signor Gladstone).

Il molto onorevole signor Guglielmo Gladstone è un puesista inglese deputato al Parlamento dall'Università di Oxford; fu ministro delle cotone, ai tempi di Peel; scrisse un libro intitolato: La Chiesa e lo Stato; è partigiano della dottrina del libero scambio; in Parlamento nella discussione del bill sui titoli ecclesiastici seguitò le opinioni più miti, ed ebbe sempre cura di seguire in politica i principii conservatori, i quali sembra ora avere abbandonati. Questo mutamento politico, a giudizio di alcuni suoi compatrioti, avrebbegli alienata la opinione dell'Università, di guisa che temendo di non esservi rieletto, e prevedendo forse una prossima dissoluzione del Parlamento, e la necessità di nuove elezioni generali, egli si sarebbe in tutto aderito alla parte radicale, sperando di ottenerne i suffragi.

Per acquistare la fede del radicali, era mestieri farsi apertamente partigiano dei loro principii, amico dei loro amici, nemico dei loro avversari!. Ed ecco che il signor Gladstone cerca in Europa un capro espiatore che cancelli i suoi peccati, e lo metta in grazia dei radicali. La vittima ch'egli scelse è il Governo di Napoli.

Il Re di Napoli, a cui principalmente la rivoluzione radicale in Italia deve la sua rovina, è odiato a morte da tutti i radicali. Egli strappò la Sicilia al loro dominio, egli li fulminé alle barricata di Napoli, di Messina e di Palermo; egli li perseguitò a morte nelle Calabrie, egli tolse loro nel suo reame ogni forza, ogni credito, ogni popolarità.

Oltre ciò egli amministrò ed amministra il suo regno in guisa che provvide e provvedo a tutti l bisogni dello Stato senza opprimere di imposte il popolo e senza aumentare il debito dello Stato, e il suo Governo ha inspirato un tale credito nel commercio o nella possidenza, che in quel regno, che i radicali si studiano di dipingere coi più neri colori, i fondi pubblici, con unico esempio in Europa, sono sempre o al pari o al disopra del parti.

Il signor Gladstone volle dunque farsi in grazia dei radicali, screditando il Governo di Napoli e il suo Re. Sì munì di commendatizie sui principali membri del Governo delle due Sicilie, e per altri distinti personaggi, ma recatosi a Napoli non ne fece uso. Conferì con uomini o ignari delle cose, o avversi al Governo, raccolse tutte le esagerazioni e le menzogne come fossero verità, e ne fece tesoro, e rimasto tre o quattro mesi come egli scrive, nel regno, compilò due lettere Velie persecuzioni di Stato del Governo Napolitano, e le divulgò per la stampa, indirizzandole al conte di Aberdeen, già ministro degli affari esteri nel Gabinetto Peel.

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Il credito dì un ex-ministro della Gran-Bretagna, di un deputato dell'Università di Oxford al Parlamento, di un onorevole membro del partito conservatore, dovea nella opinione degli uomini imprimere un carattere di grande veracità ed importanza alle due lettere, e infatti furono letto con immensa avidità.

Il partito radicale, conosciuta la maschera, diè fiato alle sette trombe, e le lettere del molto onorevole signor Gladstone divennero il manuale di tutti i martiri della libertà, di tutti I furbi che la carezzano o per amor di partito, o per ambizione, o per interesse.

Le lettere del sig. Gladstone pigliarono due colombi ad una fava, come dice il proverbio. I radicali vi plaudirono, come fossero il loro Vangelo. Il Re di Napoli ne era fulminato, a ragione o a torto, non conta; bastava ad essi che se no dicesse tutto il male possibile. D'altra parte non pochi uomini di buona fede, credendo impossibile che un conservatore potesse ingannarsi od essere ingannato, si posero le mani ne' capelli e piansero le persecuzioni di Stato napoletane. L'ammirazione per le lettere del signor Gladstone fu uguale in Inghilterra ed in Italia, perché i radicali sono sempre e dappertutto all'unisono. In Piemonte la politica ministeriale astia il Re di Napoli, il giornale semi-ufficiale il

Risorgimento è il più attivo strumento dell'astio ministeriale, nessuna meraviglia adunque che questo giornale riboccante d'anglomania abbia riprodotto le due lettere di lord Gladstone, e gli articoli de' giornali che ne facevano l'apoteosi. L'ammirazione del Risorgimento trovò eco necessariamente in alcuni giornali del Lombardo-Veneto, e la riputazione del Governo di Napoli pareva perduta per sempre. Così un ex-conservatore, un ex-ministro inglese, pareva dovesse dare piena vittoria al radicalismo italiano sul Governo di Napoli, almeno nulla pubblica opinione.

Questo conforto era necessario ai poveri radicali pesti a malconci nel regno di Napoli!

Ma ciò bastava. Le pateticità narrazioni dei sig. Gladstone ripetute da tutti i giornali di colore sanguigno, distribuite, regalate a chi ne voleva e a chi non ne voleva dagli agenti inglesi, hanno fatto parlare di sé nel Parlamento britannico, e lord Palmerston s'è fatto anch'egli dispensiero di quelle lettere a tutti gli Incaricati d'ufficio della Gran Bretagna presso tutti gli Stati del mondo. Cosi la navicella di lord Gladstone navigava tranquillamente col vento in poppa; ma ben presto si oscurò il cielo e si sollevò la tempesta che le minaccia naufragio.

I giornali conservatori di Francia e del Piemonte, cominciarono a mover dubbi intorno alla sincerità di quelle lettere; venne in seguito un concittadino di lord Gladstone il sig. Mac-Farlane che scrisse una lettera allo stesso conte Aberdeen a cui lord Gladstone avea dirette le sue, e fece manifeste la principali falsità esposte non so dire se più per leggerezza o per mala fede dal rivelatore delle pretese persecuzioni di Stato napoletano. Il signor Mac-Farlane recò documenti ufficiali a combatterò io osservazioni infedeli e malevolenti di lord Gladiatore. Que' documenti ufficiali non furono smentiti sinora, e noi possono essere, malgrado tutti i clamori de' radicali che si provano di soffocare la voce del vero.

Dopo il sig. Mac-Farlane, la cui lettera è stata pubblicata nel giornale la Patrie, il sig. Giulio Gondon nell'Univers si accinse a pubblicare una serie di lettere al sig. Gladstone, nelle quali, riducendo a sommi capi le accuse da lui fatte al Governo di Napoli, le esamina partita mente, e le dimostra del tutto insussistenti.

Tale è lo stato di cose per ciò che concerne le lettere di lord Gladstone. La discussione sui fatti da lui denunziati all'Europa è cominciata e si fa sempre più fervida.

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La verità è presto offuscata, ma a tergerla e a ridarle il suo nativo splendore è mestieri tempo, fatica e costanza. Il Governo di Napoli ha la gran colpa di avere soffocata la rivoluzione nel suo reame, e di aver fatto da sé, ciò che il restante d'Italia non ha potuto, né saputo fare, e i radicali non gliela perdoneranno mai più, ma il Governo di Napoli ha il dovere d'espiare quella colpa con una solenne manifestazione del vero.

Ma a parlare più chiaro diremo che le lettere di lord Gladstone sono una fortuna pel Governo di Napoli. La calunnia torna sempre in pro del calunniato, so questi ha la forza di far conoscere la verità.

Quanto a noi nella presente quistione, non abbiamo che il desiderio di conoscere il vero e il dovere di manifestarlo, e io faremo ora che abbiamo sufficienti dati per poterlo discernere di mezzo alle esagerazioni, ed alle menzogne di cui l'aveano palliato uomini sleali pei loro fini sinistri.

L'articolo del Giornale Officiate del Regno delle due Sicilie del 29 agosto 1851 riprodotto alla prima pagina di questa raccolta, prometteva la pubblicazione di un opuscolo, contenente la Rassegna

DEGLI ERRORI E DELLE FALLACIE PUBBLICATE DAL SIC. GLADSTONE IN DUE SUE LETTERE INDIRITTE AL COME ABERDEEN SUI PROCESSI POLITICI NEL REAME DELLE DUE SICILIE.

Essendo siffatto lavoro venuto alla luce, chiudiamo con esso la prima parte di questo volume.

Errare, nescire, decipi et malum et turpe ducimus.

Ciccer. de Off.1.1, c.6.

Il fervore con cui taluni dei giornali stranieri han pubblicato o cementato con maligno compiacimento due lettere del

l'onorevole signor Gladstone M conte Aberdeen lui processi di Stato nel Reame; delle due Sicilie, ha eccitato un giusto sentimento di ansietà per sapere se gli straordinari fatti in esse allegali abbiano alcun che di veridico e di reale. Imperocchè narransi di tali e tanti dolori cui soggiacciono nelle napolitano contrade gì'imputati per reati politici, di un così esagerato ed incredibile numero di essi, di tali arbitrarie forme nel giudicarli, e di sì dure pene loro inflitte, che anche coloro i quali ignorano gl'interni ordinamenti del Reame, ed il modo secondo cui vi si amministra la giustizia, non possono facilmente condurci ad aggiustar fede alle notizie con tanta leggerezza spacciate come vere dal predetto scrittore, ed alle fosche descrizioni che ne va delineando nel suo lavoro. Ma siffatto dubbio è un fenomeno elio egli stesso presentiva nel pubblicar la seconda sua lettera. Gli uomini, si scrive, debbono esser tardivi a credere che possono intervenire tali cose in una contrada cristiana, sede di quasi tutta la vecchia civiltà di Europa. Debbono essere inclinati ad attribuire te mie asserzioni a fanatismo e follia da mia parte anziché crederle un genuino racconto del modo di procedere di uno stabile Governo.

Noi non le ascriviamo né a fanatismo né a follia. Chiaro è il nome dell'onorevole sig. Gladstone come uno dei capi del partito conservatore, e membro del parlamento inglese, e noti sono i suoi principii politici par dubitare che egli ad un tratto ne abbia potuto declinare e farsi l'eco di bugiarde e calunniose voci.

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Forse un sentimento di commiserazione e di pietà verso coloro che la giustizia ha raggiunti a nome della società messa in pericolo, ha potuto fargli con facilità accogliere tutto ciò che taluno di quegli sciagurati, o qualche pietoso loro amico gli avrà suggerito; ed ci sospinto da motivi di umanità (come dice o giova credergli), è ritornato in patria coll'animo deliberato di operare quanto eia in suo potare per alleviarne la sorte.

Bella è la pietà, ma non vuole esser disgiunta dalla giustizia e dalla verità. Intenerirsi alle altrui sventure, senza voler sapere se meritate o no, procacciare di racconsolarle, è certamente un pensiero filantropico; ma lanciare delle accuse contro un Governo che ha diritto, come gli altri, all'universale rispetto, e denunziarle innanzi al tribunale della pubblica opinione, è un divisamente che non sappiam dire se possa esser giustificato anche nel caso che le accuse fossero fondate su fatti veri. Ma dei fatti evidenti è la falsità ove vogliasi indagare a quali fonti impure ed invelenite siano stati attinti, il che tornerà agevole a chiunque scevro di passione si fa a disaminare la lunga diceria del sig. Gladstone, e col lume della critica e colla scorta dei più irrecusabili documenti ne voglia scoprire la fallacia.

Il perché a noi è partito sano consiglio e quasi debito uffizio nell'interasse della verità e dell'umanità stessa che vuoisi cotanto oltraggiata, venir restituendo i fatti esagerati alle loro vere proporzioni, additare quelli interamente, falsi e scoprire i calunniosi. E fia questa la migliore risposta agli errori ed alle accuso di cui il signor Gladstone non ha dubitato farsi propugnatore, senza che noi il volessimo imitare nell'acerbità delle parole e nei vilipendi, onde con (stupore di tatti la sua scritta vedesi sparsa. La buona causa sdegna le recriminazioni e le contumelie, e si contenta di persuadere colla invincibile potenza dei fatti e delle ragioni. L'errore e lo inganno si reputano, e sono realmente, sorgenti feconde di danno e di vergogna, ma non riescono a pervertire la pubblica opinione quando, come nel caso presente, si ha tal copia di fatti e documenti da smascherare qualsivoglia ben congegnata calunnia.

I.

Osservazione generale sulle ragioni dalle quali il signor Gladstone dice di essere stato indotto ascrivere ed a pubblicar per le stampe le tue lettere.

Il signor Gladstone nell'esordire la prima sua lettera, pubblicala l'11 luglio del volgente armo, afferma di averla scritta penetrato dal sentimento di dover tentare di mitigare gli orrori dell'amministrazione del Reame. Dimostreremo qui appresso quanto falsa e calunniosa sia la supposizione de' sognati orrori, discorrendoli tutti partitamente nell'ordire e nel modo secondo cui sono stati dal sig. Gladstone dedotti; ma non potremo astenerci dal rivocare in dubbio la cagione dalla quale egli dice di essere stato mosso, senza convenire che la via scelta da lui fosse la sola conducente a fargli conseguire io scopo al quale accenna. Ed in vero, è egli presumibile, e può entrar mai in mente umana che un Governo qualunque, e sia anche il meno curante della sua dignità, potesse venir determinato a mutar sistema, gridaudoglisi da taluno la croce addosso, concitandoglisi con accuse bugiarde l'odio o l'abbominio dell'umana generazione?

Tutta altra adunque ed affatto opposta esser dovea la condona del signor Gladstone per raggiugnere il fine da esso additato, e niuno più di lui avrebbe potuto ottenere maggior successo;

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dacché venuto in Napoli come uno fra i più distinti conservatori della Gran Bretagna, e col prestigio di rappresentante la celebre università di Oxford nel Parlamento e di aver fatto parte del ministero Peci, non che da' registri, ma dal Re stesso, se egli il voleva, sarebbe stato benignamente accolto ed ascoltato con ogni attenzione e riguardo, come amico ascoltar si suole.

Ben lungi di battere il cammino che il più scarso senso comune gli additava quale unico e proprio, egli, il signor Gladstone, nella sua dimora in Napoli, anzi di avvicinare alcun ministro o altro ragguardevole personaggio, o dimostrare, come ogni altro distinto straniero, il desiderio di vedere il Re, non visse, al dire di lord Palmerston, che tra i detenuti nelle carceri, e tra i galeotti ne' bagni, e dalle bocche di costoro e di talun altro che la clemenza del Re ha sinora sottratto al meritato castigo, attinse tutte le calunnie ch'egli sparse con incredibile facilità, e delle quali qui appresso sarà fatta, come abbiam cennato, ampia ed esatta giustizia.

Oh! se egli, il signor Gladstone, non nell'anno che volge, ma nell'infausto del 1848, o nei primi mesi dell'anno seguente, fosse venuto tra noi, non che più mesi, non vi sarebbe rimasto un giorno solo, ove non avesse preferito all'ordine ed alla pace il tumulto ed il terrore suscitato dalla furente ed implacabile demagogia. Scaduto dal tutto in quei tempi il rispetto per le leggi e per le autorità costituite, rinchiusi e rannicchiati gli onesti nelle proprie abitazioni ed in esse neppur sicuri, chiuso le botteghe addette ai negozi, non vedevansi dovunque ed in tutte le ore per le strade o nelle piazze della popolosa Napoli che i soli agitatori, né udiransi altre grida che le loro, e tutte di obbrobri e minacce gravide, e dirette senza alcun mistero al rovescio non già della Monarchia, ma dell'ordine sociale. E io statuto ottenuto da essi per frode e per inganno, e largito con la maggior buona fede e lealtà dalla magnanimità del Re, non veniva ad essi accolto che come mezzo per recare ad effetto si barbaro e reo disegno. Né da altro procede l'avversione dell'influita maggioranza degli abitatori del Reame allo statuto suddetto, e P ardente, concorde, spontaneo ed unanime loro voto in mille guise espresso e mille volte ripetuto, onde, quello abolito, si facesse ritorno alla pura Monarchia.

Questo breve cenno basta, secondo noi, a far chiara la convenienza o la giustizia dell'attuale ordine politico del Reame; né ci spenderemo altre parole, dappoiché il signor Gladstone in pari tempo che se ne fa in una certa maniera il censore, confessa di non esser quello soggetto a straniera ingerenza, ed ammette net modo più assoluto il rispetto che devesi dagl'Inglesi come da ogni altro popolo ai Governi in genere, siano essi assoluti, costituzionali, o repubblicani, come rappresentanti dell'autorità divina; e difensori dell'ordine.

II.

Fonti alle quali il signor Gladstone ha attinto le false notizie da lui spacciate.

Lo scrittore delle lettere dichiara che fu come a forza indotto (da chi?) a trattare questo triste soggetto, che non intese punto fare una propaganda politica, e che non raccolse senza discernimento te notizie, di cui parte conosce per osservazioni personali, che altre crede fermamente, dopo averne attentamente esaminato te fonti. Hoc opus, hic labor est!... Se queste sono le basi sulle quali è innalzato tutto codesto formidabile castello di accuse contro il Governo napoletano da far trasecolare gli illusi riguardanti,

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e dall'eccitare il fiero sogghigno dei sovvertitori di ogni civil reggimento, vuoisi indagare te le basi riposino sopra solido terreno, o piuttosto su di un monticello di arena che in tempi di arido e dissennate passioni, le onde innalzarono in riva al mare.

E primamente qualunque è preso dalla nobile ambizione di scoprire il vero, potrebbe addimandare in qual modo ed in compagnia di chi furon fatti; quelle osservazioni personali, primo sostrato delle notizie che ci da l'illustre scrittore. Secondariamente potrebbe chiedersi a quali fonti si sono attinte le altre notizie, ad esporre le quali vuoisi che le fonti medesime sieno state attentamente esportate. Imperocchè ben si sa che la critica non si conduce facilmente ad ammettere un fatto senza d'avere assodato tutti questi punti. So per avventura lo fonti si scoprissero limacciose, o invelenite dall'altrui perfidia, ne potrebbero mai sgorgare limpidi rigagnoli?

E che a fonti men che pure siasi appressato il signor Gladstone, non è più dubbio (osto che pubblicamente è stato annunziato ch'egli nella sua dimora in Napoli preferì di conversate co' detenuti e co' servi di pena anziché con persone che pii avrebbero somministrato accurato nozioni del paese; e per conseguente non ha potuto che riprodurre i lamenti di quegli sciagurati, ed improntare io stesso loro linguaggio passionato.

Niuno ignora quanto sventuratamente a' nostri tempi abbia prevalenza il funesto errore, per lo quale si attribuisce ai reati politici, che attaccano la sicurezza e la esistenza stessa delle comunanze civili, un grado di riprovazione assai inferiore a quello con cui si guardano i misfatti comuni, come se vi fosse a far paragone tra l'attentare alla proprietà o alla vita di un cittadino, e t'incitare alla guerra fratricida, scrollando i governi stabiliti per sostituitisi il dispotismo della piazza, e le sanguinose scene che la storia ha mostrato averlo sempre accompagnato. Dalla influenza di cosi pernicioso errore procede che i condannali politici si reputano vittime di un destino fatale, anziché rei, e che non rifiniscono mai di gridare agli abusi ed alle crudeltà, ove non intrudesi ad altro che ad eseguire una legge da essi vilmente calpestata a danno della pubblica sicurezza. D'altra parte l'interesse e la compassione che i medesimi ispirano, si accresce in proporzione delle loro qualità intellettuali e della loro condizione, ed è pero che molti prestano facile orecchio ai loro lamenti. Tutti i governi, tranne qualche rara eccezione, ne han fatto un triste esperimento. L'Inghilterra stessa ebbe a sentire una critica severa per lo estremo rigore esercitato dall'H. Ward e lord Torrington; e non ha guari ha formato l'obbietto di una mozione alla Camera do' comuni il trattamento che dicevasi duro ed inumano, fatto subire a molti Irlandesi condannati per reati politici.

Ma tornando onde abbiamo incominciato, l'autor delle lettere non si dissimula che la esposizione de' fatti per lui allegai i avrebbe eccitato in alcuna indignazione e l'orrore (se fosser veri) la incredulità in altri (questi sono tutti gli amici del giusto e dell'onesto) [a indifferenza in pochissimi.

E questa incredulità non «fantastica, non è ispirala da brama di oppugnare quanto lo scrittore vien mettendo in luce per un puro sentimento di umanità, come egli dice, e per l'onore di quel gran partito conservatore cui si pregia appartenere; ma è un risultamento delle investigazioni per noi fatte e delle notizie attinte a validi ed irrefragabili documenti. Che se egli vagheggia la dolce consolazione, onde il suo cuore sarebbe preso,

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se potesse prestar fede a tutto ciò che la critica ha detto, e potrà dire intorno alle sue notizie, noi confidando nelle sue parole, vogliamo presumere che sarà figli il primo a ricredersi, e smentire il racconto di sognati abusi, de' quali non che il Governo di Napoli, ma qualunque altro, nella presente civiltà, avrebbe orrore.

II

Ragione secondo la quale sono dalla giustizia raggiunti e giudicati gli imputati politici: loro numero.

Compiuto il disaminato proemio, l'onorevole sig. Gladstone entra in materia, ed annunzia senz'alcuna difficoltà la seguente proposizione, né monta che egli stesso la tenga per dubbiosa. Si crede generalmente, ci dice, difettosa l'organizzazione dei Governi dell'Italia meridionale, che l'amministrazione della giustizia non è scevra di corruzione, che comuni sono i casi di abuso e di crudeltà fra i pubblici impiegati subordinati, che vi sono duramente puniti i reali politici senza che si abbia motto riguardo alle forme della giustizia. Egli fa opera di dimostrare queste ed altre più truculenti accuse del genere medesimo, non citando alcun fatto, non ponendo innanzi alcun documento, non confortando neppure di un'autorità i suoi detti, e procedendo in siffatta guisa non rifugge dallo affermare che la presente persecuzione è più grave ancora che non te precedenti, come se veramente potessero chiamarsi a riscontro i tempi presenti con quei del cader dello scorso secolo; dei quali non vi ha chi non sappia 'e sventure inenarrabili, ed i patiboli rizzati più che dalla propria severità, dall'odio implacabile, e dalla nissuna fede altrui. Non dovea però alle informazioni mancare l'appoggio di un fatto, ed egli ne arreca in mezzo uno gravissimo, e che farebbe inarcare le ciglia se non fosse della stessa tempra delle altre notizie da lui spacciate: Credesi generalmente (notate, è sempre una credenza) che i prigionieri per reati politici nel regno delle due Sicilie ammontino a quindici, venti, trentamila..... Nella sola Napoli parecchie centinaia sono in questo momento accusati di delitto capitale; e quando lasciai quella città, si credeva imminente un processo (detto quello del 15 maggio) in cui il numero degli accusati era fra i quattro o cinquecento. Noi saremmo per troncare il tiro delle idee dell'autore, o per meglio dire delle fole dategli ad intendere, e gridare: ah! se queste sono, onorevole Gladstone, le notizie che voi ci date, e di cui dite avere attentamente esplorato le fonti, lasciate di appellarvi al giudizio della colta Europa, poiché unanime sarà il grido d'indignazione contro que' vili calunniatori ed infamatori del proprio paese che abusarono la vostra buona fede, per farvi strumento delle loro stolte passioni!... Ma serbiamo ad altro luogo la confutazione di questa grossolana menzogna, e seguitiamo l'autore nella sua esposizione. Vi ha una legge in Napoli, prosegue a dire il medesimo, anteriore di molto alla costituzione, che stabilisce la inviolabilità della libertà personale, tranne per mandato di una Corte di giustizia. Ecco uno sprazzo di luce uscito dalla penna di lui a traverso le tenebre addensategli sugli occhi dall'altrui malignità. Ma questa legge si conculca, ed il Governo, ripiglia l'autore, di cui importante membro è. il Prefetto di Polizia, per mezzo degli agenti di questo dicastero, insegue e codia i cittadini, fa visite domiciliari ordinariamente di notte, rovista te case, sequestra mobili e carte: tutto questo sotto pretesto di cercare armi: incarcera uomini a ventine, a centinaia, a migliaia (misericordia!) senta alcun mandato, talvolta senza pur mostrare alcun ordine scritto...

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Si leggono quindi le lettere del prigione tostoche può sembrare udite, e si esamina poi questo senz'atto di accusa (notale!) la quale infatti non esiste, e senza testimoni che questi pure non sussistono.

Non si permette all'incolpato alcuna assistenza, né il mezzo di consultare un avvocato. Di queste e somiglianti calunniose accuse spedito è il giudizio, e certa la sentenza di universale riprovazione sol che si consultino le leggi penali di Napoli, e si voglia essere informato da persone scevre di passioni come vi sono scrupolosamente eseguite. Grande meraviglia debbe in sulle prime desiare che un viaggiatore, dopo breve dimora in uno Stato amico, faccia sì pessimo governo degli ordinamenti di esso, e ne tratti con tanta inesattezza ed assurdità da mostrare quanto poco vi si sia versato.

Noi pertanto nulla diremo del sistema delle leggi penali delle due Sicilie, contenti solamente di accennare che furono trovate inspirate dal doppio sentimento della filosofia e dell'umanità quando in Francia intorno al 1832 si fece ad esse attenzione per alcune riforme a quel codice, e che valenti pubblicisti e giureconsulti non hanno dubitato addimostrare per le stesse molta ammirazione. In quanto al procedimento, qualunque abbia riguardato le leggi che vi provvedono, o abbia assistito allo pubbliche tornate delle gran Corti criminali e speciali, ha potuto accertarsi quanto provvide e larghe esse sieno nel senso di tutelare la libertà personale, e preservare la innocenza da qualsivoglia abuso. Or siffatte leggi autorizzano gli uffìziali di polizia giudiziaria, e gli agenti di polizia ordinaria, i quali nella Capitale e nei capoluoghi delle province e de" distretti esercitano anche le funzioni di polizia giudiziaria, ad arrestare l'imputato colto in flagranza, o quasi flagranza (1). Fuori di essa niuno può essere arrestato se non in virtù di un mandato di deposito rilasciato dell'autorità giudiziaria, o di polizia che istruisce il processo, e ponderati gl'indizi raccolti contro l'imputato (2). Se si debbe visitare il domicilio di alcun cittadino per sorprendere oggetti criminosi, o scoprire le tracce di alcun reato, la legge proteggendo per quanto può l'asilo domestico, non permette che vi si penetri se non in speciali e designati casi, e minaccia di sospensione l'uffiziale di polizia giudiziaria che contravvenga alle sue disposizioni (3). Ella vuole inoltre che lo uffiziale sia assistito da due testimoni, che inviti colui nella cui casa si rovista ad esservi presente, ed in mancanza alcuno dei suoi parenti, familiari, o vicini, e che trovandosi carte o oggetti meritevoli di ricerche, gli si mostrino perché le riconosca, e le segui del proprio carattere, e si ravvolgano e raccomandino con strisce, sulle quali s'imprimono dei suggelli (4). Poscia che l'imputato è arrestato, viene immediatamente interrogato, ed informato de' motivi del suo imprigionamento. Le sue risposte come le sue discolpe sono registrate per indagarsi cosi sui fatti a carico che sulle giustificazioni(5). Della esecuzione di ogni mandato di deposito tra le 24 ore si dà informazione alla gran Corte criminale, la quale esaminate le pruove sino a quel punto raccolte o sul processo stesso o sul rapporto dell'inquisitore, delibera se vi ha luogo a confermare o rivocare il mandato,

(1) Art.50 e 101 LL. di proc. penale.

Art.10 delle Istruzioni sulla polizia del 22 gennaio 1817.

Art.20 della L. organica dell'ordine giudiziario del 20 maggio 1817.

Art.19 del R. Decreto del 16 giugno 1824. (i) Art.13,104,151 e 187 LL. di proc. pen.

(3) Art.233 LL. penati.

(4) Art.71 e 72 LL. di proc. penale, (o) Art.108 LL. di proc. penale.

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tenendo anche presenti le memorie delle parti (i). Noi funi però qualificati di alta polizia, come la reità di Stato, le riunioni settarie e le fazioni, la polizia ordinaria e rivestita ancora delle attribuzioni di polizia giudiziaria, e può procedere all'arresto delle persone prevenute di tali misfatti anche fuori i casi di flagranza, ritenerle a sua disposizione oltre le 24 ore, e compilare essa medesima le istruzioni(2). Qualora la gran Corte criminale confermi l'arresto dell'imputato, compiuta che sia la istruzione delle pruove, il procurata generale presso la medesima, se crede bene assodata la pruova, formola il suo atto di accusa, e lo deposita nella cancelleria della gran Corte (3). Allora l'imputato è nuovamente interrogato sui capi di accusa. Questo secondo interrogatorio dicesi costituto, e non debbe confondersi col primo che segue la cattura (4). Egli ha inoltre facoltà di presentare memorie scritte, affinché sieno dai magistrali valutate nel decidere sull'accusa (5). La gran Corte esamina il processo, vede se visiono indizi sufficienti di reità, e delibera se siavi luogo ad ammettere o pur no l'accusa (6). Ove questa resti ammessa, è prescritto, e lo si pratica costantemente, che si notifichi in copia allo imputato l'atto stesso di accusa.

Questo è propriamente il tempo in cui l'intero originale processo e tutt'i documenti ed oggetti di convinzione che vi sono relativi, sono depositati nella cancelleria della gran Corte, e divengono pubblici così pel difensore che pei congiunti ed amici dell'accusato (7). Da tal punto questi può liberamente conferire col suo difensore, o se non ne sia provveduto, o non abbia mezzi di procurarselo, glie n' è tosto destinato uno di uffizio (8). Gli avvocati del foro napoletano, conviene render loro questa giustizia, si pregiano di accettare con nobile disinteresse siffatte difese, e vi spiegano tutto lo zelo che si dee, come se trattassero le cause de! loro più cArt. Quindi si apre un termine di cinque giorni onde allegarsi tutt'i mezzi d'incompetenza o di nullità di atti, e chiedersi gli esperimenti di fatto di cui può essere capace la natura del reato, e delle vestigia che il medesimo ha lasciate (9). Appresso accordarsi un altro termine di 84 ore, nel quale il ministero pubblico presenta la lista de' testimoni, e l'accusato le sue posizioni a discolpa e la nota de' propri testimoni (10). Tra altri due giorni è dato opporre l'eccezione di ripulsa contro ciascuno de' testimoni, indicandosene le pruove (11); e dopo che si è giudicato su tutto ciò, si destina il giorno per procedersi alla pubblica discussione (12). Quivi, presenti tutt'i giudici che debbono pronunziare sull'accusa, aperte le porte al pubblico, e con l'intervento del procuratore generale, dell'accusato, e del suo difensore, si procede alla disamina di mite le pruove orali o scritte, si ascoltano i testimoni,

(1) Art.110,111 e 112 LL. di proc. penale.

(2) Art.10 dello Istruzioni del 22 gemi.1817.

(3) Art.138 LL. di proc. penale.

(4) Art.131 dello LL.

(5) Art.143 ivi.

(6) Art.118 ivi.

(7) Art.166 e 167 ivi.

(8) Art.169 e 170 ivi.

(9) Art.175 ivi.

(10) Art.193 ivi.

(11) Art.201 ivi.

(12) Art.214 ivi.

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i quali sono dapprima esortati a dire il vero sotto la santità del giuramento, e lo prestano innanzi la G. C, si leggono i documenti, e si ricevono tutte le spiegazioni e dimanda che si vogliano fare, sulle quali si ha il debito di deliberare, e far palese il deliberato.

Compiuta la discussione delle pruove, sorge il procurator generale a riassumerle, presenta le sue osservazioni, e secondo il proprio convincimento può chiedere o l'assoluzione del reo, se trovi che l'accusa non è abbastanza comprovata, o la condanna di lui. Hanno quindi la parola gli avvocati, e da ultimo io stesso accusato, perché le ultime voci innanzi alla decisione sieno quelle della difesa. La Corte immediatamente si ritira in disparte, e va a giudicare; né può sciogliersi se non dopo che, rientrata nella sala delle udienze, avrà fatto leggere dal cancelliere ad alta voce la sua decisione (1).

Queste disposizioni legislative, che noi abbiamo arrecato colle parole stesse del codice di procedura penale napoletano, mostrano quali e quante garantie sono stabilite a proteggere la innocenza, forse più che a scoprire la reità. Tre volte fassi accurata disamina degl'indizi raccolti contro un imputato, e quando si spedisce il mandato di deposito, e quando se ne conferma io arresto, e quando io si accusa; e compiuti questi stadi, si passa alla solenne e pubblica discussione di tutte le pruove sì contrarie che favorevoli all'accusato, e si decide sulla sorte di lui.

Tali salutari prescrizioni sono comuni così alle gran Corti criminali che alle gran Corti speciali, tranne che per le Corti speciali i termini sono più brevi tanto per prodursi il ricorso per annullamento alla Corte suprema di giustizia avverso la decisione di competenza speciale, che per inoltrarsi le dimande di sperimenti di fatto e le difese, e darsi le liste de' testimoni (2). Ad assicurare però la retta amministrazione della giustizia, nelle Corti speciali intervengono otto giudici laddove nelle Corti criminali prendono parte soltanto sei giudici (3). Nella parità dei voti prevale l'opinione più favorevole al reo così nelle dette Corti che nelle speciali (4); e se contro le decisioni di condanna profferite da queste ultime non si da il rimedio del ricorso per annullamento, lo si ammette però nella sola parte che risguarda l'applicazione della legge, quante volte si tratti di condanne a pene capitali o perpetue pronunziate a sola maggioranza, e senza il concorso di sei tra gli otto giudici votanti (5). Né debbe supporsi. come forse crede taluno poco conoscitore delle leggi del paese, che le accennate Corti speciali sieno Corti straordinarie, perocchè la istituzione di esse non è nuova, ma forma parte integrale così della legge del 29 maggio 1817 sull'ordinamento del potere giudiziario, che del codice penale e di procedura pubblicato nel 1819. Sono le stesse gran Corti criminali che assumono il titolo di gran Corti speciali (6) e procedono, nei casi stabiliti dalla legge, cioè nei reati contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato, in quelli riguardanti le associazioni settarie con vincolo di segreto, nei misfatti di falsità di monete, di carte bancali, di decisioni delle autorità,

(1) Art.218 a 271 LL. di proc. penale.

(2) Art.431 e 432 ivi,

(3) Art.128 ivi.

(4) Art.81 della L. del 29 maggio 1817.

(5) Art.434 della LL. di proc. penale.

(6) Art.86 della L. del 29 maggio 1817.

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di suggelli e bolli dello stato, e nei misfatti di pubblica violenza, e di evasione dai luoghi di pena o di custodia (1). Laonde esse non hanno nulla di comune coi tribunali straordinari o colle giunte di Stato di un tempo, né colle commissioni supreme di poi istituite per la repressione dei reati politici, ed abolite dalla sapienza del Re con decreto del 1 luglio 1846. Sono Corti composte di magistrati ordinari, a' quali per dippiù lo stesso codice conferisce il diritto prezioso di raccomandare il condannato alla clemenza Sovrana (2).

Qualunque sia rischiarato da queste disposizioni legislative in piena osservanza, non potrà aggiustar fede a' lamenti che indebitamente si muovono nelle lettere del sig. Gladstone sull'organamento del Governo Napoletano per ciò che concerne la giustizia. Potrete per esempio credere che si arrestano i cittadini senza ordini scritti ed a piacere del Prefetto di Polizia, quando questi e i suoi agenti sono dalla legge chiamati ad esercitare la polizia giudiziaria nella capitale, ad investigare e scoprire i reati, ad assicurarsi de' prevenuti di essi? Potrete rattenere il riso in leggendo quella sperticata falsissima esagerazione, che cioè s'incarcerano uomini a ventine, a centinaia, a migliaia, come sa fosser tordi o altro di peggio, mentre io stato ultimo delle prigioni di Napoli e delle province non oltrepassa la cifra di 2024 detenuti per reati politici, senza diffalcarsene quelli che sono stati di poi messi in libertà sia per giudicati delle gran Corti, sia per effetto del decreto di grazia del 30 aprile del volgente anno, o di altri atti di clemenza sovrana (3)? Potrete persuadervi che un detenuto sia interrogato senza atto di accusa, e senza che sieno uditi testimoni, mentre udizione di questi precede la tranne i casi di flagranza, e l'accusa sussegue, e non precede l'interrogatorio? Crederete che i prigionieri politici sieno quindici, venti, trentamila, e che nel processo del 15 maggio 1848 gli accusati ascendano a quattro o cinquecento, mentre l'autore stesso mostra la incertezza dalle sue notizie, non facendo alcun conto se i detenuti per reati di Stato sieno quindici o trentamila (non oltrepassano i 2024 come testè si è accennato) e mentre tutti ormai conoscono che gli accusati del processo del 15 maggio non sono più che trentasette (4)? Ma l'autore afferma su questo particolare essere una credenza generate che il numero de' prigionieri politici net reame delle due Sicilie possa variare da quindici a trentamila. E quale n'è la giustificazione? Nessuna altra che le asserzioni di coloro che si compiacciono parlare a nome della pubblica opinione, a nome del paese, com'è proprio di tutti i demagoghi, quando non esprimono che i loro odi e disfogano in nere calunnie il loro fanatismo politico. L'autore ha quindi il merito di avere pubblicate le più false notizie, e di avere messo in non cale tutto ciò che avrebbe potuto illuminarlo sulla reale condizione e sul numero de' prigionieri politici. Se si fosse indirizzato al Governo, gli sarebbe stato agevole consultare anche il registro delle carceri, ed accertarsi co' propri occhi della vera cifra dei detenuti. Allora soliamo avrebbe potuto dire: io ho veduto e toccato con mano. Che dire del modo come l ' autore

(1) Art.426 LL. di proc. penale.

(2) Art.436 delle LL.

(3) Veggasi in fine lo stato numerico degli imputati politici distinti per ciascuna provincia.

(4) Veggasi l'atto di accusa pubblicato dal Procurator generate sig. Angelillo nell'11 giugno 1851.

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travolge la istituzione delle gran Corti speciali? Suppone che dovendo giudicare una corte speciale, si abbrevia il processo colla omissione di motte forme, la maggior parte utili per la difesa dell'accusato. Perciò in questo caso ben quaranta penane furono private de' mezzi di difesa per lo scopo di far presto. Davvero può dirsi in sul serio che subitamente fu trattata la causa della setta denominata l'Unità Italiana, cui allude l'autore, mentre vi s'impiegarono meglio che otto mesi, e furono consacrate venticinque intere tornale alle aringhe degli avvocati, ed alle perorazioni di taluni degli stessi accusati che vollero la parola! Con fatti cosi bugiardi no, non potrassi mai preoccupare la pubblica opinione, e meno spargere la credenza che pessimamente nelle due Sicilie si amministri la giustizia!

IV.

Del trattenimento dei detenuti nelle carceri di Napoli.

Tra la cattura di un imputato ed il pubblico giudizio intercede un periodo di tempo, talvolta non breve, nel quale, o si dà opera alla istruzione delle prove, non riputandosi sufficienti le prime raccolte, o alla riunione di altri processi e di altri imputati, quando trattasi di un avvenimento stesso cui molti hanno partecipato. In questo frattempo la sorte dei prevenuti è indecisa, poiché non si sa se essi risulteranno rei od innocenti, ed essa forse per tal rispetto richiama le sue cure e la filantropia dell'autor delle lettere. Il quale si rattrista e si conturba ripensando allo squallore ed al sudiciume delle prigioni di Napoli. Sa dei

gamorristi , uomini i più famigerati per audacia nel misfare, e che esercitano una specie di autorità: non nega che il pane che loro si da, comunque ordinario, è però sano, e dice la minestra, che forma l'altro elemento di sussistenza, nauseabonda. Noi vogliamo per poco concedere che trista e non del tutto monda sia quella dimora dove molti, e di condizione la più parte plebea, sono obbligati a vivere, ma non possiamo che respingere tutt'altra supposizione. Il signor Cochrane, che volle improvvisamente visitare le prigioni di Napoli, fécesi più favorevole idea della tenuta delle medesime. Ed in fatto, al reggimento interno di tali luoghi sovraintende una Commissione preseduta dall'Intendente della provincia, e che prende ogni cura del nutrimento e della salute dei detenuti; ai quali se il Governo somministra un alimento abbondante ma non isquisito, vuoisi intendere di coloro tra i prigioni che sono privi di altri mezzi, perocchè gli agiati possono aversi quel pranzo e quei refìciamenti che meglio loro talenta, e sono in ciò largamente secondati dai custodi. Mal poi potrebbe credersi, senz'alcun fatto positivo, che i medici di uffizio non si recano a visitare i prigioni malati, e che questi colla morte sul viso si arrancano sulle scale di quel carnaio della Vicaria. L'onoranda classe dei medici napolitani si è mai sempre distinta per sapere, per disinteresse ed umanità. coloro che sono destinati ad aver cura della salute degli infelici prigioni, compiono scrupolosamente il loro uffizio senz'altro impulso che il sentimento del proprio dovere, la compassione per l'umanità che geme e, se vuoisi ancora, un sublime pensiero di religione, che in Napoli forse più che in ogni altro luogo nobilita ed eleva le più comunali azioni ad un'alta sfera di virtù. E questa religione medesima, la quale non ha più bel precetto di quello della carità fraterna, muove tanti pii sacerdoti o claustrali a visitare a quando a quando il voluto cornaio, arrecandovi il conforto di quella parola che ha il potere di mutare i cuori, e di far soffrire con rassegnazione le pene della vita.

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Quivi, non sono molti mesi decorsi, vi penetrava anche quel venerando Pastore, il Cardinale Arcivescovo di Napoli, del quale è gran ventura che lo scrittore, acerbo verso tutti, dica voler credere che egli è lungi dal partecipare, od anche dall'approvare degli atti indegni del sua carattere. Egli spandeva sul cuore di quei detenuti il balsamo dei precetti evangelici, e quello delle sue beneficenze, e colla sua presenza in quella pretesa bolgia smentiva innanzi tempo le bugiarde descrizioni dell'autore delle lettere.

Ma a costui, cui tanto di falso e di iniquo si è detto contro l'onore del proprio paese, doveasi tacere un umanissimo provvedimento del regnante Sovrano. Il quale come ascese sul trono degli avi suoi, volse le prime sue cure ad immegliare gli alberghi della pena, e fece tostamente chiudere e colmare quei dolenti sotterranei così detti criminali, che appo noi ed altri popoli (che forse gli hanno ancora) faceano brutta testimonianza della rozzezza dei tempi feudali (1). La Vicaria, una volta palagio del Vicario del Re, ed ora luogo ove si amministra la giustizia civile, penale e commerciale, è il convegno in tutti i giorni delle prime notabilità del foro, e di tutti coloro che vengono a trattarvi affari. Essa non asconde più alcun luogo di buia e sotterranea detenzione, onde tanto si addolora l'autore, né il potrebbe, accessibile com'è agii sguardi di tutti ed in luogo popoloso della capitale.

Egli però non ha potuto vedere che provvisoriamente nel carcero della vicaria i detenuti politici, dei quali vivamente s'interessa. Costoro da più di un anno sono stati separali dai prevenuti di reati comuni, ed allogati nella casa di custodia detta di S. Maria Apparente, la quale è sita nel più pittoresco luogo di Napoli, cioè in cima della collina di S. Martino, prospettando da una parte il mare, e dall'altra la vaghissima città che la sta come a piedi. Soltanto in tempo in cui si trattano le cause, gl'imputati politici, che ne sono l'obbietto, rimangono alla Vicaria ove siede la gran Corte speciale, perché molto tornerebbe loro incomodo venirvi ogni dì da S. Maria Apparente; e quei che sono infermi o di vacillante salute si stanno nell'ampio ospedale di S. Francesco presso la porta Capuana.

Né più esatta di quelle finora discorse è la notizia che Michele Pironti dal 7 dicembre al 3 febbraio del volgente anno abbia passato le intere giornate e le lunghe notti in una cella della vicaria della superficie di due metri e mezzo sotto il livello del suolo di essa, e non rischiarata che da una piccola inferriata per cui non poteva veder nulla. Il sig. Gladstone, il quale annunzia di avare assistito a parecchie tornate della gran Corte criminale e speciale di Napoli nel giudizio a carico del detto Pironti e di altri accusati di partecipazione alla setta dell'Unità Italiana, dovea sovvenirsi d'una circostanza che seguì le ultime parole, colle quali il procuratore generale chiedeva la condanna nel capo del Pironti e di altri cinque individui. Levatosi costui in piedi, chiedeva al presidente ed alla gran Corte che si dassero ordini ond'egli dopo la capitale requisitoria non fosse ristretto in modo da mancare dei mezzi a preparare la sua difesa. Gli fu risposto, che la direzione delle prigioni, pel regolamenti da lunghi anni in vigore, dipendeva da una speciale delegazione da uffiziali di polizia ordinaria, i quali sapevan conciliare i riguardi per io esercizio del sacro dritto della difesa colla maggior vigilanza che suole spiegarsi su coloro che sono sotto giudizio capitale.

(1) Vedi il Sovrano Rescritto dell'11 gennaro 1831.

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Né Pironti fu rimosso dal luogo ove trovavasi nel corso della discussione della causa, né mancò di mezzi per preparare una elaborata aringa in risposta alla requisitoria del procurator generale. Egli lesse riposatamente, com'è suo costume, il preparato lavoro, ed i giudici furono religiosi nel seguirlo in tutti i suoi argomenti, comechè quasi tutti fossero stati già annunziati e svolti dall'egregio suo avvocato. L'autor delle lettere ha il merito di aver tramutalo un timore del Pironti in un fatto compiuto, e che non poteva avvenire stante la inesistenza di qualsivoglia cella sotterranea; e sì che sillogizzando egli in così strana guisa potrà dare per esistenti tutti i possibili! Se non che egli arreca a conforto dei suoi detti un altro esempio di buia e sotterranea detenzione di un certo barone Porcari, rinchiuso nel maschio di Ischio, posto ventiquattro piedi, o palmi, (non sa più che cosa dire) sotto il livello del mare. Ma questo così detto maschio non è già al di sotto del livella del mare, né può esserlo se facciasi attenzione al significalo che dessi a questa parola. Il maschio di un castello costituisce la piazza ove i soldati si esercitano al maneggio delle armi nell'interno del forte. Or si Sa da quelli del paese che nella parte più elevata del castello d'Ischia sorge il luogo denominato maschio, ove permettesi ai condannati di passeggiare. Dall'un dei lati poi vi sono delle capaci stanze, nelle quali rinchiudono quei condannati che van soggetti a misure disciplinari come violatori dei regolamenti del bagno. Lo esempio quindi arrecato dall'A. non ha neppure il pregio di corrispondere alla naturale situazione dei luoghi. Dal che e agevole argomentare di quali svarioni e granchi sieno zeppe le famose lettere.

V.

Condanna di Carlo Poerio e degli altri accusati di appartenenza alla setta denominata l'Unità Italiana.

L'autore delle lettere passa poi di proposito a toccare del caso di Cario Poerio e di qualche altro. Egli ne discorre lungamente non togliendo altra guida (credereste quale?) che la difesa stessa dell'accusato. E perché ci si creda senz'alcuna esitazione, vogliamo arrecare le parole stesse dell'autore: Merita attenzione, ei scrive, la storia del suo arresto quale ce la narra egli stesso (cioè il Poerio) nella sua allocuzione ai giudici all'8 febbraro 1850. E conchiude così:

Raccolsi questi particolari dal Poerio stesso nella sua difesa. Ogni uomo di buon senso a qualsivoglia nazione si appartenga, sotto qualunque forma di Governo ei viva, si sarebbe ricordato di certi dettami di giustizia universale, anzi, diremo meglio, di buon senso, secondo i quali non puossi giudicare del buon diritto dell'uno senza sentire le ragioni dell'altro, e senza farvi intervenire un terzo che decida sulla opposte pretensioni delle parti contendenti.

Nel caso presente, chi non sarà preso di maraviglia e di stupore nel vedere che si accusa un Governo di arbitrari giudizi, ed un collegio di magistrati d'iniqua semenza sul fondamento delle assertive dello stesso accusato? Ma non vedete che questa è propriamente la difesa? Che dovete porci a riscontro l'accusa?E che ponderar pur vi conviene il giudicato, che non interamente ammise t'accusa, ma segnò la linea che la giustizia esigeva, dichiarando il Poerio settario, ed escludendo per la dubbiezza delle prove l'altro più grave carico di cospirazione contro il Governo, quantunque non lievi indizi se ne avessero?

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Ovvero ci sarebbe una nuova ragione, per la quale dovesse aggiustarsi fede alle parole ed ai sottili argomenti di un imputato, e non ritenere il giudizio di uomini esercitati nell'arte di giudicare, avvezzi a discernere i colpevoli dagli innocenti, ammaestrati anche per l'esperienza scoprire le arti subdole e tenebrose onde i settatori si sono sempre celati, e infiniti uomini onesti? Ma voi, onorevole signor Gladstone, vi sbarazzate di tutte le obbiezioni che non avete potuto dissimularvi, chiamando schiavi i giudici napolitani, e fate lor grazia a non crederli mostri: li ponete per dottrina e per morate al di sotto dei membri del foro; li dite mal pagati ed esposti al capriccio di esser rimossi a talento del Governo, e per tutta prova citate l'esempio di un magistrato ottuagenario dismesso, o di taluni giudici di Reggio castigati, perché dovettero decidere sopra qualche caso, come voi dite, relativo alla malaugurata costituzione. Se le glorie della magistratura napolitana vi fossero un poco narrate, non avreste serbato questo linguaggio, la cui infamia ricade unicamente su coloro che ve ne l'hanno suggerito, e cui troppo ciecamente avete voluto prestar fede. La magistratura, fedele alle sue tradizioni, accorda la sua stima all'onorando ceto degli avvocati, e sovente accoglie nel suo grembo quelli che sono degni del sacerdozio di temi per sapere e per virtù, e però non discende a paragonarsi con coloro che reputa suoi ausiliari. Essa sa che, seguendo i dettami della propria coscienza, e non cedendo alle passioni del tempo, o all'influenza di perniciosi errori, il Governo rispetterà sempre questa prima garanzia delle società civili, la giustizia. Quel magistrato ottuagenario cui alludete, non fu rimosso di uffizio por aver deciso di una causa di contravvenzione alla legge sulla stampa, come supponete, ma per altre e ben gravi giuste ragioni che fia meglio non ridire, e ciò nondimeno gli fu conservata buona parie degli averi. Tre solamente dei giudici di Reggio furono messi in attenzione di destino con la metà dello stipendio. Essi decisero non già di alcun caso relativo alla malaugurata costituitone, come voi dite, ma di taluni gravissimi fatti occorsi nelle Calabrie agitate dai demagoghi, i quali dopo la sconfitta del 5 maggio recarono colà la guerra civile. Ma questi speciali provvedimenti. che il Governo ha creduto adottare, non possono fornire la dimostrazione della schiavitù in cui osate dire che gema la magistratura. Fatti recenti e troppo luminosi vi avrebbero dovuto far meglio apprezzare quanto essa ubbidisca alla propria convinzione, anziché ad alcuna estranea influenza. La solenne decisione della causa sulla setta dell'Unità Italiana ve ne offre il più splendido argomento. In questa causa, che vi fu dallo esser opera della polizia, e per la quale tanto vi addolorate sino a scrivere molte carte avreste dovuto osservare che di otto giudici, quattro ebbero la fermezza, non già di assolvere aparecchi degli accusati, che noi potevano dove le prove erano parlanti, ma di seguire i dettami del proprio criterio morale e della scienza legale, dando alla reità di essi la conveniente definizione, e tale che loro salvava la vita e gli assoggettava ad altra pena. E per venire ai particolari della rammentata causa, Togliamo notarti che pii mio giudici componenti la gran Corte speciale di Napoli furono concordi nel proclamare la esistenza della settaria associazione sono il titolo dell'Unità Italiana., perocchè non potea loro offrirsi maggior prova di quella degl'impressi catechismi e de' dissepolti diplomi coi nomi ancora degli affiliati. Dichiararono quindi all'unanimità colpevoli di appartenenza alla stessa Faucitano, Agresti, Settembrini, Barilla, Nisco, Pironti ed altri.

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Ne convissero anche Poerio con sei voti, e non cinque, come erroneamente dite nelle vostre lettere; e se voi che vi mostrate a parte delle segrete cosebene o male riferitevi, foste stato più accurato nel versare sulla faccenda, avreste conosciuto che niuno de' due giudici dissenzienti pensò mai di assolvere il Poerio, dappoiché essi, che dubitavano della forza delle prore per la sua partecipazione alla setta, trovarono però validi elementi per ritenerlo, come il dichiararono, colpevole d'intelligenza nell'ordita cospirazione contro Il Governo, e di omessa rivelazione, fatto che le leggi penali di Napoli puniscono di reclusione (1).

Per le accuse capitali a carico del Pironti e del Nisco, quattro de' giudici opinavano per una reità minore e per la pena dei ferri, anziché per l'ultimo supplizio, e siffatta parità, stante la umanità delle leggi, si risolveva a favore dei mi, e formava la decisione. Per la parità medesima, Barilla, anziché soggiace re alla pena del capo, incontrava quella dell'ergastolo, e Settembrini, escluso dalla qualifica di capo della setta, veniva per un voto di più dichiarato cospiratore e dannato all'ultima pena. Agresti, con la maggioranza di cinque voti e come capo della, setta o come cospiratore, andava incontro alla pena medesima. Solo Faucitano richiamavasi sul capo il concorso di sei voli per l'ultimo supplizio. Or non è questa la prova la più irrecusabile che giudici han seguito le ispirazioni della coscienza, anziché quelle che calunniosamente si attribuiscono al Governo? Il quale seguendo sempre le vie della giustizia, che forma il vero sostegno dei Troni, lungi dal chiamare ad esame una cotal difformità di voti, ha reso omaggio al delicato sentire dei magistrati che così hanno opinato, pubblicando sul Giornate Ufficiate i risultamenti i del giudizio stesso (2). Né questa è la sola causa in cui i magistrati han dato prova di esser fedeli alla propria coscienza. L'autore, che tanto sa addentro nelle cose di Napoli, tace di altre cause politiche nelle quali a sola maggioranza di voti parecchi imputati sono andati soggetti a pene più miti, ed altri del tutto assoluti, e rimossi in libertà.

La credenza quindi che il Poerio, il cui caso (secondo l'autore delle lettere) era pur bello per giudici Napoletani, farebbe stato assoluto in una divisione di quattro giudici contro quattro, è fondata sopra falsi supposti. Sempre il Poerio sarebbe stato condannato: ai ferri per voto dei sei giudici decidenti; alla reclusione per voto degli altri due, a meno che per lui non avessero dovuto prevalere quelle simpatie, alle quali non si mostra estraneo lo scrittore quando dice: né dei nomi da me mentovati avvenne alcuno più caro alla nazione inglese, forse niuno così caro, com'è quello di Carlo Poerio a' suoi concittadini Napoletani (3). Ma le simpatie come gli odii non debbono penetrare nel santuario della giustizia e turbarne la serenità.

(1) Art. Il leggi penali. I condannati alla reclusione sono chiusi in una casa di forza ed addetti a' lavori... La durata di questa pena non sarà minore di sei anni né maggiore di dieci.

(2) Veggasi il Giornate Ufficiale delle due Sicilie del 13 maggio 1851.

(3) Caro!... a chi? forse a quel che con te sue criminose macchinazioni ha tirato netta stessa sua ruina, o a coloro che veggono in esso la insegna di un partito?

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Anacarsi derideva Solone, tutto inteso a far leggi, quando le paragonava alle tele di ragni acconce a rattenere i piccoli insetti, facili ad essere infrante da quelli più grandi (1).

Sarebbe tornato per avventura gradito che si rinnovasse cotal riso pel caso di Poerio? ma avrebbe egli avuto maggiori diritti innanzi alla giustizia al paragone di tanti sciagurati da lui tratti in ruina? O nei tempi in cui si predica l'eguaglianza, e si fa tanto rumori: sui diritti dell'uomo, vi sarebbero due paesi e due misure?

Ma lo scrittore non per questo desiste dal suo proposto, ed afferma essere il Poerio strettamente partigiano della forma costituzionale, e non averlo udito mai accusare di altro errore politico che di quelli che si potrebbero imputare ai più leali, intelligenti e degni statisti Inglesi. Non fu per questo desiderio delle forme costituzionali che venne il Poerio raggiunto dalla giustizia, e molto meno per la corrispondenza del marchese Dragonetti, della quale si parla noi corso delle lettere. Egli fu imprigionato, accusato e condannato a' ferri per avere occultamente partecipato ad una criminosa associazione, la quale sotto il prestigioso nome della Unità italiana, aveva per iscopo di attentare al Governo; e non si tenne conto dai giudici di altre sue delittuose pratiche, e dell'appostagli qualità di uno de' capi della setta, dacché le prove non erano bene assodate. Lo scoprimento di cotal rea appartenenza non risale punto al tempo in cui il Poerio fu da' circoli gridato Ministro della Corona, ed il fu (lo sappian tutti) per ventotto giorni dal 6 marzo al 2 aprile del 1848, e del solo dipartimento della pubblica istruzione, ma è un fatto che si scontra nell'epoca posteriore a quella in che, conquisa la ribellione nelle strade della Capitale,

Noi noi diremo, che fia meglio udire la vita e la colpabilità di lui dalla bocca di un altro inglese.»

Les écrivains sont unanimes dans leurs convictions de la culpabilité de Poerio. J'ai cause avec des Anglais qui avaient résidé dans le royaume de Naples, non pas un petit nombre de semaines, comme M. Gladstone, mais un grand nombre d'années, et je les ai trouvés part faite ment convaincus de la culpabilité de l'avocat républicain. Permettez-moi de vous donner un aperçu de la vie de Carlo Poerio. il parait e que l'ami constitutionnel de M. Gladstone trouva que le climat de son pays était trop chaud pour lui en 1830, qu'il émigra a Paris, où il fraternisa avec Mazzini: qu'il écrivit des articles dans son recueil, La Jeune Italie; qu' a son retour a Naples, il reprit sa profession de révolutionnaire, et que tout le ministère dont il faisait partie était compose de républicains avérés, tels que Pepe et Saliceti. Comme preuve a l'appui, je vous engage A tire tes Mémoires de Guillaume Pepe récemment publiés. Ce livre est aussi stupide qu'il est mauvais; mais il doit être étudié par ceux qui veulent savoir comment on faites révolutions. Pepe affirme on vertement, que le Roi de Naples devait être détrôné par la Costituente, la quelle devait être formée au e moyen de la nouvelle chambre en mai 1848. Personne n'en doutait à Naples. Tout le monde était persuade que si tes révoltés des barricades avaient réussi, la république aurait été proclamée, et te Roi et sa famille assassiné.?»

Lettera del sig. Mac. Partane al conte Aberdeen inserita netta Patria del 16 a 18 ag.1851, numeri 228 e 230.

(1) Leges aranearum tetis similcs sibi videri. Quemadmodum enim illac inflrmiora ammatia retinent, atentiora transmittunt: sic pauperes et humiles legibus constringuntur, divites et praepotentes eas perrumpunt.

Plut. in Solon.

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gli agitatori non avendo più coraggio di mostrarsi alla svelata, si rifuggirono ira le ombre e nel mistero della setta.

È dunque falso che l'accusa del Poerio si riferisca ai pochi giorni del suo così sovente invocato ministero. Né egli ebbe mai l'alto uffizio di primo ministro, come il qualifica lord Palmerston, né pervenne a quello stesso della pubblica istruzione per splendidi servigi renduti allo Stato o per opere date alla luce, chè innanzi al 1848 ci modestamente visse in mezzo al foro penale tra gli avvocati non di primo grido, e poi subitamente ascese al potere per l'imperio di ineluttabili e momentanee circostanze.

Le prove raccoltesi a carico dell'anzidetto Poerio non restrintonsi a quelle additate dallo scrittore, e delle quali egli fa sì pessimo governo. Esse sono non poche, e tutte di grave momento per chi si faccia attentamente a considerarvi leggendole distesamente nella decisione a stampa, ch'è alle mani di tutti. Soltanto non possiamo passarci dal far notare che quella Polizia, ch'è tanto acremente combattuta nelle lettere, fu sì generosa e longanime verso il Poerio da non imprigionarlo sulle prime deposizioni di Luigi Jervolino, e soltanto il raggiunse quando per la scoverta presso del tipografo Gaetano Romeo di parecchi esemplari del catechismo della setta, di molti proclami ed altre carte criminose, non vi fu dubbio alcuno che la setta vivea e tendeva insidie al pubblico riposo. Aggiungi che io stesso Romeo veniva ad aggravar la situazione del Poerio, dichiarando che in casa dell'Arciprete Antonio Miele, avea udito a parlare dell'appartenenza di Poerio, di Settembrini e di altri alla setta medesima. E più tardi il siciliano Margherita, tratto da Siracusa in prigione a Napoli, ed ignaro de' processi che si erano già formati, veniva con spontanee rivelazioni a dar conferma alle cose tutte sia registrato nelle carte processuali, e a dichiarare specialmente come il Poerio avea partecipato alle riunioni che sotteratisi in casa dell'Agresti.

Né regge alla critica la circostanza che il Jervolino non avrebbe potuto svelare nel 29 maggio 1849 alcuna colpa del Poerio quando costui era già in possesso sin dal 22 dello stesso mese di una sua denunzia scritta, perocchè se il Poerio da tale epoca in arami rimase avvertito di guardarsi dalle visite del Jervolino per sconcertarne le investigazioni, non poté però distruggere e le precedenti dichiarazioni del Jervolino medesimo, ed i fatti avvenuti nell'anno anteriore, cioè ne' mesi seguenti al maggio del 1848, tempo in cui esso Jervolino gli fece la inchiesta di essere ascritto alla setta, e così scoprì lui e gli altri comproseliti.

Ma l'onorevole sig. Gladstone assicura aver egli stesso

udito discutersi motte ore nel Tribunale la testimonianza del Jervolino, il che prova quanta cura si ponga nelle Corti di Giustizia di Napoli a sceverare il vero dal falso.

Ei però tace con quale aggiustatezza il testimone rispose alle reiterale interrogazioni direttegli dagli accusati, e segnatamente dal Poerio, e come si tenne fermo non pure ai loro sarcasmi, ma anche ai mezzi adoperati per trarlo in errore. Se Jervolino è uomo senza grado e carattere secondo l'autor delle lettere, s'è un chieditor frustato di basso impiego come spiegarsi che quest'uomo di poca intelligenza è sempre uniforme alle diverse sue dichiarazioni, non cade in alcuna contraddizione, disvela come s'introdusse nella casa del Poerio, sin dacché questi era al potere, come conobbe i particolari della vita di lui, e per quali vie pervenne a scoprire le tracce della criminosa associazione.

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No, non è possibile supporre che alcuno deliberatamente mentisca e calunnii, quando con tante circostanze particolareggia i fatti, e non ha alcun motivo di odio, e men sete di vendetta!

La deposizione del Jervolino non è il solo elemento su cui riposa la condanna del Poerio, chè oltre gli argomenti dianzi accennati, molti altri possono riscontrarsi nella sua sentenza anziché nella difesa, dove con esempio tutto nuovo io scrittor delle lettere ha supposto poter trovare tracce d'innocenza. Oltreché egli stesso, il Poerio, improvvidamente arrecava in mezzo le pruove della sua reità, discorrendo i precedenti della sua vita politica, che riteneva come onorevoli (1), e che io saranno sol quando il cospirare tacitamente contro i Governi costituiti sarà una gloria anziché un reato do' più esiziali alla sicurezza interna. I nostri tempi, comechè abbiano addotte un fatale travolgimento d'idee su questo proposito, non hanno però potuto elevare ad eroismo l'attentare al pubblico riposo; e quegli accusati pe' fatti delle giornate di giugno in Francia, i quali nel difendersi pretendeano impudentemente fare l'apologia del diritto d'insurrezione, furono così essi che i loro avvocati severamente ammoniti da' giudici, e venne loro ricordato che la difesa comechè libera non può trascorrere in un campo di massime sovvertitici di ogni civile reggimento.

IV.

Legalità ed umanità che fu eseguita la decisione nel discorso processo della Unità Italiana,

Tutt'altro che regolare e conveniente ad un popolo cattolico e civile suppone Io scrittore delle lettere che sia stata la esecuzione data alla decisione nella causa della setta dell'Unità Italiana, ch'egli ama meglio chiamare causa del Poerio, tanta è la simpatia per lui anziché per gli altri sciagurati dannati a pene più dure, sia perpetue, sia temporanee.

Da' 42 accusati per cotale associazione due, com'è noto, cioè il Leipnecher ed un certo Brancaccio pagarono il tributo all'umana natura nel corso del giudizio, i tre per nome Faucitano, Agresti e Settembrini furono dannati all'ultimo supplizio; Barilla e Mazza all'ergastolo; Nisco e Margherita, quegli che fece tante rivelazioni a danno de' suoi coaccusati, a trent'anni di ferri; Catalano, Vellucci e Braico a 25 anni di ferri; Poerio, Pironti, Romeo a 24 anni di simil pena; altri dieci accusati a 19 anni di ferri; due a sei anni di rilegazione; cinque ad un anno di prigionia; uno a quindici giorni di detenzione, un altro a ducati cinquanta di multa, ed otio furono messi in libertà provvisoria.

Questa gradazione di pene per un uomo scevro di passioniti grande argomento della giustizia serbatasi da' giudici; ma l'autor delle lettere non vi bada, e solo è vago di annunziare che quelli assolti erano tuttavia in carcere Menzogna come le altre imboccatagli da quei che sono usi a sconoscere i beneficii! Non vi ha in Napoli chi non sappia essersi dopo due giorni data piena esecuzione alla decisione.

I tre sciagurati condannati nel capo ottennero la grazia della vita, e furono invece spediti all'ergastolo, ch'è un luogo di reclusione a vita nel forte di una isola.

(1) Quali sieno siffatti precedenti non vi è chi noi sappia in Napoli e fuori: essi fruttarono al Poerio per tre volte l'onore del carcere politico, secondo ch'egli stesso diceva, e sono compendiati nella indicata lettera del signor Mac Parlane V. la Patrie del 16 e 18 agosto 1851 num.228 e 230.

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Quelli ch'ebber condanna ai ferri, partirono pel loro destino nel tempo medesimo che ricuperarono la loro libertà quelli assoluti.

I cinque poi dannati ad un anno di prigionia, cominciarono appena ad espiare siffatta pena che loro fu condonata dal Re col decreto di grazia del 30 aprile di questo anno, decreto che a tanti altri detenuti n condannati ha dischiuso le prigioni. Laonde di quaranta accusati già quindici sono in libertà, venticinque espiano la loro pena, ma con quella umanità ch'è propria del Governo napoletano. A comprovar la quale, basta accennare che niun patibolo ha fatto sinora innalzare dopo le memorande rivoltare del 1848, e che ha dato non uno ma molti | generosi esempi di magnanimità e di clemenza. Né per Napoli possonsi addurre, come per altri stati travolti dal turbine delle procelle politiche, gli stati di assedio, i giudizi statarii, o le deportar. ioni in massa di migliaia di cittadini, e neppure i consigli di guerra, co' quali la Francia repubblicana giudica di presente del compiono di Lione.

Ma suo malgrado lo scrittore delle lettere convien che riconosca l'umanità del Governo napolitano Ei dice sembrargli che una legge od usanza napoletana provvegga umanamente che quando tre persone sono condannate nella mia, non si esegua la sentenza che sovra una; che però ciò si era dimenticato dai giudici e scoperto solo dal procurator generale o da talun altro dopo che la causa era finita. l giudici non potevano obbliare ciò che sarebbe stato una delle prime nozioni del loro uffizio, né il procurator generalo additò loro alcuna legge od usanza cui allude l'autore. Se non che nello statuto penale militare si prevede il caso della condanna di molti all'ultimo supplizio, e se ne restringe umanissimamente la esecuzione a pochi con prestabilite norme che in quella legge sono descritte(1). Nel caso presente un sovrano rescritto dato sin dal 30 novembre 1850 annunziava esser benigno volere del Re che, ove la gran Corte avesse dannato alla pena estrema più accusali come capi della setta o come cospiratori, la Corte stessa avesse designato se sopra uno o due di tali sciagurati dovesse cadere la fatale esecuzione secondo i vari casi figurati in quell'atto sovrano. Ciò comandava il re mosso dall'animo suo clementissimo, aborrente dal sangue, ed inteso a prevenirne la effusione.

Ma i giudici convocati a deliberare sopra ciò erano ripugnanti, per quanto udimmo, a fare alcuna designazione, manifestando che la scelta nell'esercizio prezioso dello eminente diritto di far grazia era superiore alle loro ordinarie attribuzioni.

Nulla di meno vinti dall'autorità del sovrano comando, e rispondendo alla fiducia che il re poneva nella loro religione, espressero concordemente il parere che se, a correggimento de' tristi e per pubblico esempio, dovesse sopra alcuno alzarsi la scure del carnefice, il Faucitano sarebbe stato il più gravato come quegli che, secondo esprimevasi la Corte nella decisione messa a stampa, dagli atti immateriali era trapassato a que' materiali e di esecuzione.

(1) Art.370 dello statuto penate militare del 30 gennaro 1819.

Se più individui dell'esercito incorrono netta pena di morte per lo stesso reato militare commesso in complicità i consigli di guerra dovranno condannarli secondo la legge, e la sentenza sarà eseguita quante volte i condannati non fossero più di duo. Oltrepassando questo numero, da due sino a sei, la condanna sarà eseguita contro un solo, da sette a dieci la condanna sarà eseguita contro due. da dieci a quindici sarà eseguita contro tre, e cosi successivamente. Per gli altri condannati si sospenderà l'esecuzione, e saranno raccomandati alta Sovrana Clemenza per una commutazione di pena.

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Ed in vero egli fu quell'andito settatore che dopo di aver tentato con bottiglie incendiarie di riprodurre in Napoli le sanguinose scene di Vienna e di Roma, diede di propria mano opera all'esplosione di un apparecchio a guisa di bomba in giorno sacro a religiosa cerimonia, innanzi alla Reggia, ed in mezzo ad una calca di popolo tuttavia trepidante per la memoria dello perturbazioni del 1848 onde ingenerare un tumulto, ed eccitare la guerra civile e la strage negli abitanti di popolosa capitale.

Appresso a questi fatti, come potrebbe menomarsi al Re del Regno delle due Sicilie la lode di aver data la vita al Faucitano non meno che gli altri due Agresti e Settembrini? Come credere che l'onorevole signor Gladstone sia stato bene informato su questo del pari che sugli altri fatti dinanzi esaminali? Egli scrive avere udito (notate, ma da chi?) che certe minacce di privare il Governo di Napoli di un utile sostegno, anziché l'umanità dettassero in quegli ultimi momenti la commutazione della pena. Ma chi potea sino a tal segno interessarsi della sorte dell'oscuro Faucitano? o meglio chi avrebbe avuto il diritto d'immischiarsi nell'amministrazione della giustizia di uno Stato? Ed è forse questa la prima grazia fatta dal Re agli sciagiurati condannali per attentati contro la sicurezza interna dello Stato? Senza ricordare gli esempi precedenti al 1848, che sono molti e splendidi, diremo che le poche condanne capitali profferite dopo questa infausta epoca sono state tutte commutate in altre pene; e dopo tanta perturbazione, dopo le tremende cospirazioni sventate o represse, ed i civili conflitti, niun luogo del reame è stato contristato dai patiboli che in altri Stati han dovuto elevarsi a terrore de' sovvertitoci di ogni ordine sociale (1). Questa è storia unica del Re delle duo Sicilie, contro cui le vane e bugiardo parola di qualche giornale più o meno rosso sono come nebbia al vento, o come vapori che si dileguano al sorgere del sole.

Ma se voglia chiedersi della faccenda a qualunque o delle classi medie, cui il Faucitano apparteneva, o anche delle alte, tutti vi diranno concordemente che gli avvocati di lui e degli altri due condannati a morte si recarono tosto alla Reggia di Caserta per implorare la clemenza Sovrana; che ne tornarono soddisfatti all'udire che il Re avrebbe provveduto sulle petizioni; che tosto si divulgò per la capitale un non so quale presentimento della grazia, e taluni la diceano già accordata; e che la numerosa famiglia del Faucitano in abiti di duolo e di mestizia trasse anche colà ad impietosire l'animo reale. E se fosse permesso spingere io sguardo dell'interno della Reggia, noi diremmo che il Re fu lungamente dibattuto nell'animo suo tra i doveri di supremo imperante che provveder debbe alla sicurezza dello Stato ed alla repressione di quei che la conturbano, e la pietà onde spesso dette magnanime prove. Vinse questa anche un'altra volta, e la sua corona adornossi di novella fulgida gemma, onde un periodico napoletano nell'annunziare la grazia scrisse le seguenti belle parole:«Il cuore e la mente sono conformazioni divine, ed esse non possono mutare per fatti terreni.

«Nel 1848, un grave delitto di Stato portava a morte Longo e delli Francis l'attentato certo, il giudizio imparzialissimo, la pena fu volta in grazia dal solo e principale offeso. I maligni alludevano a necessità di tempi... Aspettate.

(1) Veggasi infine il quadro dello condanne capitati, cui abbiamo accennato.

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«Un altro non men grate giudizio si risolve nel principio del 1851. Tre sono condannati a morte. I tempi sono rassicurati; gli animi in calma; le menti ravviate; il potere consolidato. La grazia stessa arriva più magnanima, più generosa!

«Il cuore e la mente sono conformazioni divine, ed essi non possono mutare per fatti terreni (1).»

Ma il discorso, che or ora si era composto a miti pensieri, convien che novellamente si turbi nel rispondere alle tante e sì sperticate fallaci esagerazioni che l'amore delle lettere accumula in parlando del come i condannati per la causa dianzi cennata espiano la loro pena. Egli descrive il bagno di Nisida presso il Lazzaretto, ove dapprima furono menati Poerio e di suoi compagni, la stanza nella quale furono collocati alquanto umida e priva di vetri, gli abiti di che fur vestiti, e le catene onde furono gravati, e qui si spazia a numerarne le anella, dirne la lunghezza, e sinanche il peso. Ahi sì questo è un riguardar dappresso la triste condizione di chi soggiace ad una somigliante pena, e fare il paragone tra gli agi e le comodità della vita precedente colle ristrettezze, e se vuoisi, colle sofferenze del luogo per se doloroso. Ma, dimanderemo, si è fatto alcun che per aggravare la sorte degli sciagurati Poerio e compagni? No, che l'autore stesso sente la forza dell'obbiezione, e così la esprime: Si dirà che l'usanza è barbara e non dovrebbe sussistere e che sussistendo egli è difficile t'esentarne alcune per sane perché più raffinate. Ma questa non è la spiegazione., anzi egli è per questi due signori che s'introdusse nel bagno di Nisida l'uso d'incatenare insieme i carcerati... e che per lo innanzi questi doppi ferri erano sconosciutiQuindi un'usanza, ma non nuova, o meglio direbbe l'autore, una legge da molti anni in osservanza in tutti i bagni del reame prescrive in qual modo. i condannati a' ferri debbano assoggettarsi a sì dura pena. E questa stessa legge, se fosse stata consultata dall'autore, gli avrebbe fatto schivare l'altra falsa supposizione, che cioè si fosse di recente ed a danno del Poerio introdotto t'uso di congiungere a due a due i condannati a' ferri per trascinare la catena (2). La quale supposizione è così veridica come se taluno pretendesse che la pena della deportazione nelle colonie fosse stata inventata per martirizzare Smith O' Brien, e gli altri cospiratori del 1848 che l'Inghilterra dové severamente punire.

Né più veridica è l'altra pellegrina notizia che per ordine di S. A. R. il conte di Aquila si fosse recato in Nisida il Brigadiere Palombo ad esaminare i ceppi del Poerio e dei compagni, e renderli più gravi. Quell'onorando Principe non dette, né potea dare alcuna disposizione sul proposito, lasciando stare che l'animo suo nobilissimo rifugge da ogni pensiero men che benigno, perocchè i bagni, questi alberghi de' condannati a' ferri, non dipendono dall'Ammiragliato né dal Ministero di Marina, ma sono governati unicamente dal Ministero de' lavori pubblici, diretto dall'egregio signor generale Carascosa, il cui lavor militare gareggia

(1) Omnibus. Giornale politico letterario del 5 febbraio 1851, ann. XIX, num.11.

(2) Art.9 LL. penati.

»La pena dei ferri sottopone il condannato a fatiche penose a profitto dello Stato. Essa è di due sorte per gli uomini. La prima si espia ne' bagni', ove i condannati trascineranno a' piedi una catena o soli, o uniti a due, secondo la natura del lavoro cui verranno addetti La seconda si espia nel presidio Per questa pena è sottoposto il condannato a' lavori interni di un forte con un cerchio di ferro»nella gamba destra, secondo i regolamenti.

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colle pregevoli finalità del suo umanissimo cuore. E se vuoisi sapere il netto di questa faccenda, debbe dirsi che il brigadiere Palumbo, nella qualità d'Ispettore de' rami alieni della Real marina recossi nel febbraro di questo anno in Nisida per compiere il suo uffizio, ed osservare in qual modo i condannati testé colà arrivati per la causa della setta l'Unità Italiana fossero custoditi. Vi trovò ch'erano riuniti in un locale, separato del rimanente de' condannati, e che molti di essi, e specialmente quelli di condizione più agiata usavano di materassi ed altri arnesi per comodo della vita, e non si oppose punto a farli loro ritenere. Veggasi come si travolge il fatto più onesto per farne il subbietto di calunniosi; accuse!

Il Settembrini condannato nel capo, e per grazia del Re, come si e detto, fatto degno della vita, era riservato, scrive il sig. Gladstone, a ben più dura sorte a doppiiferri a vita sopra una remota ed isolata rupe. Vi è inoltre ogni ragione di credere ch'egli venga assoggettato a fisiche torture. Rispettabili persone mi accertarono (prosegue l'autore) che gli si conficcassero acuti strumenti sotto te ugne delle dita. I doppii ferri sì spesso ripetuti dallo scrittore non possono affliggere un condannato all'ergastolo come Settembrini, il quale comechè a vita debbe star rinchiuso nel forte di un'isola. Quella di S-Stefano né remota, né distante dalla terra ferma accoglie lui e gli altri suoi compagni dannati a. simigliante pena (1). Se anco belve e non uomini fossero alla loro custodia, quai ragione mai avrebbero di seviziarli? Egli il Settembrini non si dolse di alcuna crudeltà del tempo del processo, lasciando stare che in Napoli si aborre da' mezzi inumani, e ne sarebbe poscia stato vittima? perché, o per compiacere a chi, se a lui generosamente si dava la vita? Ma l'autore ne fu accertato da persone rispettabili... ah! tacciano costoro, che essi soli sono gl'infamatori del proprio paese i più implacabili nemici di ogni bene pubblico, quei che di continuo soffiano nel fuoco della discordia per non rendere possibile alcuna conciliazione!

L'autore delle lettere crede che dopo la sua partenza da Napoli il Poerio fosse precipitato in più orrende calamità, perché condotto da Nisida ad Ischia, e dice essere convinto che trattandosi di una persona intelligente da esser temuta, si cercò il fine del patibolo con mezzi più crudeli che il patibolo, e senza il clamore che avrebbe questo eccitato. Ma quali sono queste orrende calamità cui accenna l'autore? Vorremmo anche noi saperlo, s'egli ha pubblicato lo sue lettere per destare sentimenti di passione nell'universale. Il cangiamento di località ha potuto ed è stato consigliato da motivi che risguardano la disciplina de' luoghi di pena, e da circostanze di più opportuna stanza. Ma non è questa una buona ragione per supporre che siasi desiderato il fine del patibolo con mezzi più crudeli che il patibolo. Incommensurabile è la distanza ira la pena dei ferri e quella dell'ultimo supplizio, per quanto la vita si discosta dalla morte. Né questa volle alcuno de' giudici del Poerio, o chiunque altro chè suppone l'amore, abbia potino bramarne la persecuzione; e la più bella prova ne dà lo scrittor medesimo quando dice essere stato suggerito al Poerio da persone autorevoli che sua madre, di cui era solo sostegno, od egli stesso potessero ricorrere al Re per implorare perdono, ma egli costantemente ricusò.

(1) Art.7 LL. penati.

La pena dell'ergastolo consiste nulla reclusione del condannato per tutta la vita nel forte di un'isola.

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Noi nulla sappiamo di questa particolarità, ma possiamo dire che la è per lo meno una voce che addimostra quanto generale fosse la confidenza nella clemenza del Re. Se il Poerio paga alla società, minata dalle pratiche di una setta criminosa, il tributo di una pena, convien ch'egli ed i suoi amici si sottomettano alla legge del paese in cui nacque, ed ove volle rimanere malgrado i pericoli che vi correva pel suo reo operare, e tuttochè ne fosse stato avvertito. L'Iliade de' suoi dolori non scaturisce mica dal suo amore per la costituzione, come crede l'autore delle lettere, perché di siffatto pensiero niuno è stato punito, e sono parlanti testimoni coloro che, benché amici di lai sistema, rimangono tranquilli in loro casa, e parecchi sono anche in ufficio, ma perché fu sospinto a ricorrere alle favorite sue arti antiche onde addimostrarsi per Napoli capo di un partito, qual fu Mazzini per l'Italia tutta.

Vogliamo però racconsolare il signor Gladstone, innanzi di chiudere il presente articolo. S'egli ha con incredibile facilità raccolte e divulgate tante dolorose notizie, vere o false che sieno, poco a lui importa, per contrario vogliamo dargliene delle piacevoli. Dopo la sua partenza, la condizione del Poerio e degli altri suoi compagni è di molto divenuta più comportabile, non perché il Governo (si badi bene) avesse dato ordini onde derogarsi a' regolamenti concernenti i luoghi di pena, ma perché la pietà in questa buona pasta della gente napolitana col tempo sa tutto mitigare. Noi siamo stati informati non già dalle persone rispettabili consultate dal sig. Gladstone, ma da taluno che al bisogno può giustificare i suoi detti anche con una corrispondenza ufficiale, che né tutt'i condannati né sempre vestono gli abiti della pena, che Poerio e Pironti hanno avuto l'agio di passare all'ospedale per prendervi i bagni, ed il primo vi è tornato non come l'infermo, ma perché desiderava di rimaner quivi più comodamente; che in talune ore del giorno depongono le catene, ed in altre vanno a respirare l'aere salubre di quell'isola; che il Nisco è sovente visitato dalla moglie, dalle sue figliuolette, e da un suo germano, e tutti questi suoi parenti in un bel dì vollero con lui starsene e desinare insieme e già s'intende che Nisco non avea ai fianchi l'inseparabile compagno di pena, né trascinava alcuna catena al piede.

Ma per coprire sempre più di fosche tinte il quadro de' luoghi di pena, l'autore delle lettere ricorre ad un fatto non recente, e lo narra in modo così difforme dal vero, che non gli si può aggiustare alcuna fede. Ei dice che tempo fa esasperati dal modo con che si trattavano i reclusi nella prigione di Stato d'Ischia, si rivoltarono, e si sforzarono d'impadronirsi di esso. Il modo come si sedò la sollevazione fu il seguente: I soldati cui era affidata la guardia di essa gittarono cotta mano delle granate tra i prigioni, e ne uccisero 175, e fra questi 17 invalidi ch'erano nell'infermeria, e non aveano preso parte alla rivolta. Ecco in poche parole molte false o esagerate notizie. Il fatto non avvenne nella prigione d'Ischia, come scrive il signor Gladstone, ma nel bagno di Procida. Non era quella una prigione di Stato, ma un luogo di pena per sciagurati condannali a' ferri, e tra essi non ve n'era alcuno per reato politico, chè l'affare risale al mese di giugno del 1848, tempo in cui ferveano ancorale agitazioni demagogiche, e non si era intrapreso alcun processo contro la sicurezza dello Stato. Non fu una mera ribellione di que' condannati che obbligò la forza che li custodiva ad impugnare le armi, ma l'impeto e le violenze da loro commesse per evadere sino a prosciogliersi dai ceppi, abbattere un muro ed i cancelli, di tal che un altro solo facea schermo alla loro fuga.

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Essi lungi dal quietare in vedere l'attitudine della milizia, si slanciarono furiosamente contro della stessa, e ne avrebbero fatto scempio se quella non avesse fatto fuoco per contenerti. È a deplorarsi che vi furono delle vittime, ma non mica Ira quelli ch'erano nell'infermeria. L'autore stesso riconosce che una rivolta in prigione è cosa orribile ed esige energia; e però senz'alcun frutto è evidente ch'egli abbia dissepolto un vieto fatto, avvenuto in tutto altro modo da quello per lui narrato, e comandato dalla vera e legittima necessità della repressione de' ribellatisi servi di pena.

VII.

La seconda lettera del sig. Gladstone è una conferma della prima, tranne qualche altro errore di più.

L'onorevole sig. Gladstone, non pago della prima lettera al conte Aberdeen, ne ha pubblicato un'altra nel corso della quale si esprime così: non intendo di aggiungere fatti a quelli che sono contenuti nella mia prima lettera quantunque non siano essi che una parte e neppure i più considerabili.

E più innanzi: il mio scopo presente è sostenere la probabilità generate delle mie asserzioni col riferirmi a fatti fuori di quistione occorse a Napoli come in altre parti d'Italia Ma quali sono questi fatti indubitati? uditeli! Ei narra il caso di un poliziotto di Milano detto Colza, e dice che al tempo della rivoluzione del 1848 furono scoperte le note private del Governo sul carattere di lui e di altri agenti di polizia, nelle quali il Bolza è ritratto come individuo rozzo, falso, tutt'altro che rispettabile, capace di ogni cosa per denaro, tuttavia molto intendente degli all'ari e pieno di abilità. Aggiunge che, venuto a morte il Bolza, impose col testamento a' suoi figli di non chiedere alcun impiego nella polizia esecutiva; tanto egli si aveva opinione poco favorevole del suo mestiere! Che vuole l'autore da ciò conchiudere? Sarà una sventura che nei bassi uffici della polizia esecutiva non si abbiano sempre nomini virtuosi, e questa è piaga forse comune a molti Stati che per la indole e pe' costumi degli abitanti non possono porsi a riscontro dello abitudini e delle tradizioni inglesi, ove il Constabile (uffiziale di polizia) secondo egli scrive, è oggetto di rispetto generale. Ma in Napoli come in altri paesi, se n'eccettui i subalterni esecutori di polizia, gli altri uffiziali godono presso il Governo ed i loro concittadini di un grado di considerazione, che sempre più si eleva a misura dei loro talenti e delle loro virtù. Leggasi a conferma di questo vero il regolamento del 1° dicembre 1839, col quale si provvede agli esperimenti che debbono subire coloro che vogliono iniziarsi nel dicasterio di polizia. Debbono essi dar pruova di. loro perizia nelle materie penali e nelle istruzioni ed ordinanze di polizia, addimostrare di aver serbato una condotta irreprensibile, ed anche di aver mezzi di decente sostentamento. Giustificati cotali requisiti, sono ammessi nel primo scalino dell'ordine gerarchico, e nominati ispettori aggiunti di polizia. Successivamente a misura che si mostrano degni del posto loro affidato, fanno i loro ascensi.

L'autore tocca poscia di alcune ordinanze e regolamenti emanati dalla Corte di Roma, e dal Ducato di Modena in epoca anteriore. il 1848, senz'aver altro che dire sulla polizia, ritorna sul prediletto argomento della posizione politica del presente Governo di Napoli.

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Ricordava egli però aver dal bel principio protestato di voler evitare una discussione su tale tema; ma ora dice esser necessario toccarne alcuni punii, perché nessun (inverno potrebbe arrivare a tal estremo dì terrore, crudeltà e viltà quale fu suo doloroso dovere descrivere, a meno che non fosse già pervertito da una mala coscienza. Noi opponemmo a queste parole il cenno degli orrori, che funestarono la capitale, e le province alcun tempo dopo pubblicata la costituzione del 1848, e dicemmo clic non ci avremmo spese altre parole, dappoiché l'autore riconosceva che la era una materia nella quale niuno straniero avea dritto d'immischiarsi. Ma s'egli vi torna sopra, è perché sente troppo pena del terrore e della crudeltà che afferma colà regnare, e vorrebbe scoprire le cause di sì inesplicabile fenomeno, poiché egli stesso non può negare alla genie napoletana costumi semplici, cuore espansivo, e molta religione, e bisognerebbe che quelli preposti al Governo dal più alto posto sino all'imo fossero di tutt'altra pasta. E riconosce pure che il Monarca ha fama di essere molto regolare e stretto nelle pratiche religiose; ed in ciò egli dice assai meno del vero.

Or queste stesse cose rendono inverosimili le accuse di crudeli persecuzioni e di feroci pene presso chiunque ha fior di senno, poiché la pietà e la ferocia non furono giammai viste albergare sotto lo stesso tetto, né la religione cattolica in alcun tempo ai sacrifici delle vittime umane. Ma il filantropico scrittore delle lettere, creda a noi, potrà rimettere del suo dolore, e racconsolarsi ove rifletta che le idee di terrore e di crudeltà sono parte d'inferme fantasie, e gli furono suggerite da quegli sciagurati che gemendo sotto il peso delle proprie colpe, non sanno che disfogare nell'odio contro quelli che credono loro persecutori, e non furono che giudici benigni. Or se impure sono le fonti cui quelle idee sono attinte come nell'esordire dicemmo, torbidi per necessità debbono essere i rigagnoli. Ma l'autore di. Ile lettere a sempre più riformare le sue asserzioni, e già s'intende che gliene correva l'obbligo ricorre ad un altra fonte di prove, com'egli dice: che spiegano nella forma più penosa e rivoltante la continua compiuta perfetta organizzazione del sistema da lui descritto. Da cotal fonte di pruove però non altro attingesi che la pubblicazione di un'operetta d'ignoto autore col titolo Catechismo filosofico per uso delle scuole inferiori impresso dal tipografo Raffaele Miranda nel 1850, e col motto videte ne quis vos decipiat per philosophiam. Lo scrittore reputa censurabile in molti luoghi un tale opuscolo, e per tutta dimostrazione ne riassume e riporta parecchi brani, trovandovi, secondo lui, false, viti ed immorali dottrine, talvolta ridicole, ma più spesso orribili... né ha ribrezzo Dell'affermare che in cotal libro si contiene una compiuta filosofia dello spergiuro ridotto a sistema ad uso dei Monarchi. Noi ci dilungheremmo dallo scopo stesso del lavoro del sig. Gladstone se volessimo imprendere a discutere il merito delle dottrine esposte nel male interpretato Catechismo. Né il sig. Gladstone, né noi siamo giudici competenti di cosiffatto libro: troppo è la materia religiosa che si dovrebbe andare svolgendo per poterlo sottilmente disaminare, né vorremmo trasportare sopra altro campo una quistione che lo scrittore presentava ristretta alle forme più o meno regolari secondo le quali erano stati giudicati pochi sciagurati, ed al modo come essi stavano espiando la pena loro inflitta.

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D'altra parte s'egli si fonda, sopra questo libro unicamente per appoggiare la proposizione ch'esso è consentaneo ai fatti della storia Napoletana degli ultimi tre anni e mezzo, rimarrà preso egli stesso di stupore e di giustissimo sdegno quando sentirà che questo libro non è un'opera degli ultimi tre anni e mezzo, cui allude, ma è un vecchio opuscolo, che piacque alla pietà di un ecclesiastico pubblicare molli anni innanzi al memorando 184$, e che l'erede di lui nel 1850 ha creduto fare ristampare per suo utile privato, e senza che il Governo ne abbia conosciuto nulla, meno autorizzata la diffusione. L'antica edizione, che abbiamo consultala, vide la luce nel 1837, e si compone di pagine 70 oltre l'indice, in fogli cinque di stampa in ottavo. Essa corrisponde perfettamente all'edizione del 1850, la quale è stata anche pubblicata innanzi che si fosse emanata la legge sulla censura preventiva della stampa, por cui né la pubblica istruzione né l'autorità di polizia ha potuto approvarne e neppure permettere la impressione. Il titolo ad uso delle scuole inferiori e tutto arbitrario, di tal che nell'altra edizione del 1850, che porta in fronte le iniziali C. M. L. non è affatto adoperato. Da siffatti schiarimenti l'egregio scrittore torrà nuovo argomento onde persuadersi come sia stato mito in errore dall'altrui malignità, e dal deliberato proponimento (questo sì ch'é sistema) di tutto travolgere, se fosse possibile, a disdecoro del Governo Napoletano.

CONCLUSIONE

Non rimane che seguire io scrittore delle lettere nella conchiusione ch'ei pone infine della prima di esse, dove la somma degli errori e delle calunniose accuse o tutta racchiusa: e noi il faremo volentieri, dappoiché molte cose della seconda lettera sono state innanzi toccate. Egli ringrazia Lord Aberdeen di avergli permesso d'indirizzargliela, senza di che si farebbe trovato senz'alcuna speranza di potersi efficacemente adoperare per correggere gli atti del Governo Napolitano. E protesta di aver intrapresa questa faticosa e penosa opera colla speranza di contribuire a scemare una quantità di dolori umani cosi grandi e cosi acuti, per non dir più come qualunque possa contemplare il cielo. Lodevole e santo pensiero di cui ogni uomo onesto gli deve saper grado! ma la giustizia ha pure le sue ragioni, in guisa che mal pretenderebbe taluno di predicare umanità calpestando gli altrui dritti, e massime se sieno quelli della società minacciata nel suo riposo. Se non che l'analisi per noi sinora fatta sulle lettere di lui può fare accorti i più schiavi quanto egli sia andato lungi dal vero:

1° coll'elevarsi in certa maniera ad ingiusto censore di un Governo, tuttoche riconosca non averne il dritto, e senz'arrecare altra pruova che le bugiarde e calunniose voci de' nemici di ogni ordine sociale;

2° col deplorare la condizione degl'imputati politici, ed esagerarne a dismisura il numero, mentre per testimonianza di altri illustri viaggiatori, e per documenti irrefragabili è noto come quelli sieno umanamente trattati, e come nel giugno di questo anno non oltrepassavano i 2024, senza diffalcarne i molti che di poi hanno ottenuto la loro libertà;

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3° col supporre ingiuste le condanne di taluni Ira' più notabili cospiratori, attingendone i falsi elementi dalla loro bocca o dalle loro difese a stampa, senza voler consultare le valide pruove raccolte a loro carico, anche divulgale per le stampe, e la stessa pubblica opinione, la quale è concorde nel dire che la sentenza fu inspirata dall'umanità anziché dal rigore;

4° coll'immaginare crudeltà e ferocia nell'esecuzione di siffatte condanne mentre per la clemenza del Re, niuna condanna di morte è stata eseguita, e quelle allo ergastolo o a' ferri si fanno espiare con tanta mitezza da parte de' preposti a' bagni ch'è piuttosto da dirsi eccessiva.

Laonde tutti gli esagerati dolori ed i sognati abusi sono unicamente nella mente feconda dello scrittore delle lettere, e se volete, nella simpatia ch'egli prova verso coloro che raggiunti dalla legge, e convinti in solenne giudizio di pratiche sediziose e di attentati all'ordine pubblico, gemono sotto il peso delle pene cui volontariamente si sono esposti.

Una scuola di massime infernali, egli è vero, tenta andar spargendo anche in Italia potersi impunemente turbare il riposo de' popoli, scrollare le fondamenta dei Governi, contrastare loro il diritto di raggiungere quelli che ne insidiano la stabilità, e non doverci essere inquisitori, non testimoni, non giudici che possano trovare rei questi cupi sovvertitori delle comunanze civili. Ma il senno della immensa maggioranza di coloro che rigettane e condannano sì falsi ed iniqui principii, e propugnano in tutti gli Stati di Europa la causa dell'ordine e del riposo sociale, che ormai è causa universale saprà dar giusta sentenza tra gli errori e le false accuse a larga mano sparse nelle lettere del sig. Gladstone col mantello di vedute filantropiche, ed i fatti e i documenti da noi messi in luce con la semplicità di chi sente aver ragione.

Napoli,25 agosto 1851.

(N.1) STATO NUMERICO

Degl'imputati politici presenti in giudizio, in carcere, o con modo di custodia esteriore presso le Gran Corti speciali de' Domini continentali del regno delle due Sicilie.

PROVINCE

IN CARCERE

CON MODO DI CUSTODIA ESTERIORE

OSSERVAZIONI

Napoli 223 28 Le controscritte cifre, desunte dagli ultimi stati rimessi al R Ministero di Grazia e Giustizia, hanno già subito una diminuzione; perciocché varie cause, dopo lo invio degli stati medesimi, sono state esaurite, e la Sovrana Indulgenza del 19 scorso maggio a favore di una determinata classe d'imputati politici relativi a 212 cause, ne ha ridotti molti in libertà.

Non pochi giudizii vanno poi ad espletarsi nel volgere del corrente mese di giugno, e nei principii dell'entrante luglio.



PROVINCE

IN CARCERE


CON MODO DI CUSTODIA ESTERIORE



OSSERVAZIONI

Napoli

223

28

Le controscritte cifre, desunte dagli ultimi stati rimessi al R Ministero di Grazia e Giustizia, hanno già subito una diminuzione; perciocché varie cause, dopo lo invio degli stati medesimi, sono state esaurite, e la Sovrana Indulgenza del 19 scorso maggio a favore di una determinata classe d'imputati politici relativi a 212 cause, ne ha ridotti molti in libertà.

Non pochi giudizii vanno poi ad espletarsi nel volgere del corrente mese di giugno, e nei principii dell'entrante luglio.

Napoli,18 giugno 1851

L'Uffiziale Capo del 3 Ripartimene del Ministero di Grazia e Giustizia

Firmato — Cav. Giov. Pasqualoni

Terra di Lavoro

80

6

Principato Citra

381

12

Principato Ultra

4

»

Molise

43

»

Basilicata

156

11

Abruzzo Citra

6

»

Abruzzo Ultra 2

94


Abruzzo Ultra 1

1

»

Calabria Citra

293


Calabria Ultra 2

54

»

Calabria Ultra 1

344

»

Capitanata

112

15

Terra di Bari

20

»

Terra d'Otranto

8

»

Totale

1819

79


Alta indicata cifra di detenuti politici presso le G. C. speciali ascendente a

1819

Se si aggiunga quella dei detenuti per conto della Polizia, giusta lo stato n.2 che segue

205

Si ha la somma di detenuti politici in

2024


Da qual numero debhonsi poi diffalcare quo' che sono stati ammessi alle Sovrane Indulgenze del 30 aprile e 19 maggio 1851 giusta lo stato n.3, non che coloro che sono stati giudicati dalle G. C. Speciali dal mese di giugno, epoca della compitazione del premesso stato, sino al cader di agosto di questo medesimo anno 1851.

(N.2) STATO NUMERICO

Degl'individui che trovatisi in carcere a disposizione della Polizia per reati politici nelle diverse province de' Domini continentali del Regno delle due Sicilie.

Napoli N 77

L'arresto dei controscritti detenuti ò stato sempre eseguito per gravi ed imperiose considerazioni d'ordine e rii sicurezza pubblica, non a capriccio e senza forme legali, ma in virtù di mandati emanati dalle autorità rivestite della Polizia ordinaria, le quali per espressa disposizione di legge hanno la facoltà di arrestare per vedute di alta polizia, e possono anche compilare processi, quando trattasi di reati di Stato, giusta le istruzioni del 23 gennaio 1817 (a) solennemente rifermate con altre posteriori disposizioni legislative.

(a) Art.10. «Oltre le facoltà espresse nei due articoli precedenti, la Polizia ordinaria nei fatti di alta polizia, indicati nell'articolo 3, è rivestita ancora delle attribuzioni di Polizia giudiziaria. In questa qualità può procedere all'arresto delle persone prevenute de’ suddetti misfatti, anche fuori il caso della flagranza e quasi, può ritenere gli arrestati a sua disposizione oltre le 24 ore, e può compilare essa medesima le istruzioni su tali reati. Ciò però non impedisce agli altri agenti della Polizia giudiziaria di occuparsi anch'essi allo scovrimento de’ reati medesimi, e perseguitarne gli autori.»

N. B. Secondo che pervengono le dimandate informazioni sul conto de* detenuti compresi negli elenchi, se ne dispone l'abilitazione di giorno in giorno, come si è costantemente praticato.

L'uffiziale Capo di Ripartimento del Ministero dell’Interno ramo di Polizia

Firmato —Giuseppe Bartolomucci

Pozzuoli Castellammare
»
» 2
Caserta » 2
Salerno » 19
Avellino » 17
Potenza » 6
Foggia » 9
Bari » 4
Lecce » 10
Cosenza » 6
Catanzaro » 2
Reggio » 10
Campobasso » 7
Chieti » 12
Aquila » 19
Teramo » 3

TOTALE
205

(N.3) STATO NUMERICO

Degl'imputati di reati politici ne' Beali Dominii continentali presenti al giudizio, ed ammessi al beneficio delle Sovrane Indulgenze del 30 aprile e 19 maggio 1851.



PROVINCE

CONDANNATI cui è rimasta condonata la pena

GIUDICABILI cui è stata abolita l'azione penale

Totale

OSSERVAZIONI

Napoli

14

23

86













Napoli,34 luglio 1861


L'Uffiziale Capo del 8 Ripartimento del R. Ministero di Stato di Grazia e Giustizia

Fir. —Cav. Giov. Pasquàloni.

Terra di Lavoro

6

11

17

Principato Citra

6

29

35

Principato Ultra

9

16

25

Molise

6

22

23

Basilicata

4

18

17

Calabria Citra

1

»

1

Calabria Ultra 2

8

6

9

Calabria Ultra 1

7

6

13

Abruzzo Citra

2

8

10

Abruzzo Ultra 2

5

27

32

Abruzzo Ultra 1

3

1

4

Capitanata

5

47

52

Terra di Bari

4

10

14

Terra d'Otranto

4

w

15

Totale

79

229

308



(N.4) STATO NUMERICO

Italie condanne capitali in materia politica dopo l'infausto anno 1848, commutate da S. M. il Re delle due Sicilie per grazia spontanea in altre pene, ne' suoi domini i continentali.

NOMI

E COGNOMI

DEGL'IMPUTATI


NATURA DEL REATO

GRAN CORTI

SPECIALI

CHE HAN GIUDICATO

EPOCA

DEI DECRETI

di graziosa

COMMUTAZIONE DI PENA


1 Gennaro Placco

2. Giovanni Pollaro



Convinti di attentato contro

la sicurezza interna dello Stato, consumando atti di esecuzione per distruggere il Governo ed eccitare i sudditi ad armarsi, contro l'autorità Reale.

Condannati alla pena di morte dalla G. Corte Speciale di Co-

senza.

Con R. Decreto

del 22 febbr.1850

la pena fu loro

commutata in quel-

la dello ergastolo.


3 Tobia Gentile

Convinto d'aggregazione a

milizia estera e nemica, portando le armi centro il proprio Sovrano e lo Stato.

Condannato alla pena di morte dalla G. Corte Speciale di Aquila.

Con R. Decreto del 24 settembre 1850 la pena gli fu commutata in quella di anni 18 di ferri.


Convinti di associazione illecita organizzata in corpo con vincolo di segreto costituente setta, L'Unità italiana, di cui il primo anche come capo.

Condannati alla pena di morte dalla G. Corte Speciale di Napoli.

Con R. Decreto

del 3 febbr.1851 la

pena venne loro

commutata in quel-

la dell* ergastolo.

4. Filippo Agresti

5 Luigi Settembrini..

6. Salvatore Faucitano.

Convinti altresì 1* Agresti ed il Settembrini di cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato ad oggetto di distruggere e cambiare il Governo, ed il Faucitano di eccitamento alla guerra civile ed a portar la strage tra gli abitanti della capitale.




7. P. Girolamo da Carnale, nel secolo Domenico Lombardo..

Convinto di cospirazione ed

attentato contro la sicurezza interna dello Stato ad oggetto di distruggere e cambiare il Governo, eccitando i sudditi ad armarsi contro l'autorità Reale con discorsi in luoghi pubblici diretti a provocare direttamente gli abitanti del Regno a commettere i suddetti reati

Condannato alla pena di morte dalla

G. Corte Special* di Reggio.

Con R. Decreto del 7 marzo 1751 la pena gli fu commutata in quella dell* ergastolo-




(segue)

NOMI

E COGNOMI

DEGL'IMPUTATI


NATURA DEL REATO

GRAN CORTI

SPECIALI

CHE HAN GIUDICATO

EPOCA

DEI DECRETI

di graziosa

COMMUTAZIONE DI PENA



8. Girolamo Zorbi



Convinto di attentato avente Per oggetto di distruggere e cambiare il Governo, e di eccitare i sudditi e gli abitanti del Regno ad armarsi contro l'autorità Reale.

Condannato alla pena di morte dalla G. Corte Speciale di Reggio.

Con Regio Decreto del 14 magg.1851 la pena gli fu commutata in quella di anni 24 di ferri.



9. Giovan Francesco

Griffo

Convinto di attentati contro la sicurezza interna dello Stato Per oggetto di distruggere e cambiare il Governo, con aver fatto parte di banda armata organizzata per lo stesso fine, esercitando comando e resi¬stendo alle Reali milizie.

Condannato alla pena di morte dalla G. Corte Speciale di Catanzaro.

Con R. Decreto del 2 giugno 1851 la pena gli fu commutata in quella di anni 24 di ferri.



10. Nicola Palermo

Convinto di cospirazione ed attentato per distruggere e cambiare il Governo.

Condannato alla pena di morte dalla G. Corte Speciale di Reggio

Con R. Decreto del 7 giugno 1851 la pena gli fu commutata in quella di anni 24 di ferri.

DISCUSSIONI

DELLA STAMPA STRANIERA

LETTERA

CONTE ABERDEEN

DA

CARLO MAC FARLANE

Milord,

Dirigo questa lettera a voi uomo di Stato, conservatore, sperimentato ed invariabile. Non vi ho domandato il permesso di farlo come dice di averlo tatto il signor Gladstone; ma son sicuro che se fosse stata a conoscenza di Y. S. ciò che contenevano le due lettere dell'onorevole membro di Oxford, non avreste affatto permesso che fossero a voi dirette, né dubito che la materia della quale ora vi ragiono vi sarà più accetta di quella che si contiene nelle due lettore tanto insolenti al nostro alleato, Sua Maestà il Re dello due Sicilie, e l'amico governo napolitano.

Non so comprendere milord il repentino cambiamento del signor Gladstone, personaggio che sono stato sempre solito riguardare con rispetto considerevolissimo. Per servirmi della frase frequentemente usata dal signor Gladstone nelle sue lettere a voi dirette Sunt boni, qui dicunt cioè vi sono delle genti buone le quali dicono, che il sig. Gladstone, timoroso, di perduro il sogli i o nella sua Alma Mater, e prevedendo uno imminente scioglimento, ed una elezione generale, va cercando costituzioni popolari, e per cattivarsi i dolci suffragi radicali, vi ha duetto queste due lettere che offendono un Re ed un governo il quale (quantunque relativamente debole) seppe arrestare il corso della rivoluzione e della anarchia nell'Italia meridionale, onde si è attirato l'odio e l'imprecazione del sedicente partito liberale in tutta l'Europa.

Mi dicono, a dippiù, altre buone genti, che l'onorevole N. E. Gladstone, che io prima conosceva come conservatore, ha sentito ad un tratto, a positiva avversione per le Istituzioni monarchiche, e suole dire adesso, e ripetere ad nauseam che tutte le monarchie dell'Europa sono usati e vecchie, la monarchia in se stessa è rococò e quanto più ci avviciniamo, al modello condizione normale degli Sfati Uniti del nord di America, sarà tanto di meglio per tutti.

54

Le mie autorità per questi; allegazioni (o insinuazioni se così volete chiamarle o milord), hanno almeno cinquanta volt,; più di peso di qualunque delle accuse che l'onorevole membro dell'Università) di Oxford ha profferito nelle due lettere a voi dirette. Avrei creduto, milord, che l'intero corso degli eventi del \ 848, sarebbe stato capace a, disingannare le menti giovani e romantiche, e gli ultra-classici, di qualunque illusione repubblicana, e che ima persona così acuta come il sig. Gladstone. E della sua esperienza politica, avrebbe dovuto avere nel 1851 una positiva indignazione per l'elemento monarchico di una costituzione. Si può perdonare il repubblicanesimo democratico in un fanciullo; come si può scusare in un uomo l'inevitabile accidente di essere stato una volta fanciullo; ma il sig. Gladstone... ed alla sua età!...

So quel che mi dico, e ne ho ampia autorità quando affermo che il signor Gladstone, prima di andare in Napoli domandò ed ottenne lettere d'introduzione per i membri principali del governo di S. M. c per altri distinti individui non appartenenti al partito rivoluzionario o repubblicano rosso. Che a Napoli tali personaggi appellavano le di lui visite; che egli attinse, ciò che chiama Informazione esclusivamente da un certo partito, il quale sin dall'alba dello turbolenze rivoluzionarie nell'Italia meridionale, si è mostrato il più osti'. e a S M. delle due Sicilie, ed al suo governo. Se il sig. Gladstone fosse stato realmente testimonio delle atrocità e degli, orrori, dei quali parla o scrivo nelle sue lettere a vostra signoria, perché non visitava il Re, o il suo illuminato, umano primo ministro, il cavaliere Fortunato? peroni non vedeva il principe d'Ischitella ministro ella guerra, il quale nel suoi primi anni dimorò lungo tempo in Inghilterra, che ha lasciato in questo paese una memoria tanto rispettata, e che ha il vantaggio di parlar tanto bene e facilmente l'inglese? Questa ultima parlo è di qualche importanza, perciò mi si assicura che il sig. Gladstone conosce imperfettamente l'italiano, e sa del patois o dialetto, o linguaggio napolitano quanto vostra signoria sa del sanscrito, o io della lingua vernacola della contrada di Delhi Llama nel Tibet. Ed io, milord, come colui che ho abitato in Napoli e nei suoi dintorni per circa undici anni, posso assicurarvi clic senza una familiare conoscenza del dialetto locale, nessuno forastiero può realmente comprendere il popolo napolitano.

In verità temo, milord, che oltre la disgrazia di incontrarsi colla detta compagnia (e non prelodata come sarebbe la frase italiana) l'onorevole Gladstone sarà andato in un triste albergo, ed avrà preso al suo servigio un servitore di piazza che parlava francese, e di tendenze più che rivoluzionarie. Voi conoscete, milord, l'importanza di questi mezzi d'interpretazione. L'interessante vittima Carlo Poerio parla francese, presso a poco come il sig. Gladstone parla italiano. Oltre a ciò, milord, so che l'onorevole membro di Oxford (non avendo avuto una compagni,! di viaggio), ha viaggiato quasi niente, e conosce pochissimo del continente europeo.

Milord, se il sig. Gladstone è risoluto di cambiarsi in repubblicano Rosso, in Cobdenita (ed il paese della sua nascita sente di Manchester) o in Nhig radicale noi non abbiamo nulla da fare o da dire con lui. Ma, milord, come persona attaccata alla santa causa dell'ordine, ed alla maggior parie degli uomini che compongono attualmente il gabinetto di S. M. dello due Sicilie,

55

uomini coi quali ho vissuto per molti anni in termini di stretta amicizia, io non posso fare a meno di dirvi che le lettere direttevi dall'onorevole membro di Oxford, sono dal principio alla fine, una serie di errori i più grossolani, e di falsità tali che io mi abbia mai inteso anche in questo periodo Nhig-radicale. Mi auguro milord, di essere moderato, anche in una circostanza nella quale le mie opinioni politiche sono oltraggiate, ed i miei intimi amici fatti segno di esecrazione, e forse del coltello dell'assassino, o della mannaia, se la repubblica Rossa sarebbe per tre giorni in permanenza in Napoli. Ho fiducia di non dir un. la che non abbia la sua garanzia, e che la materia che tratterò convincerà voi, e gran parte dell'Inghilterra di qualunque colore politico si fossa.

Ho già posato il punto della quistione. Se trascorrerò forse un poco nel svilupparne gli argomenti, o piuttosto i fatti, voi milord, mi scuserete, ed il signor Gladstone traviato come devo supporto, perdonerà il mio calore in difendere uomini che sono stati gli amici della mia gioventù, i miei compagni di molti e motti anni, ed i quali, come io credo, milord, sono incapaci di qualunque crudeltà, oppressione o tirannia al pari di voi e del sig. Gladstone. Don Carlo Filangieri Principe di Satriano il quale schiacciò la ribellione in Sicilia, rischiando la sua vita, non e l'uomo di farsi istrumento di un tiranno sanguinario come vuole rappresentarlo l'onorevole membro dell'Università di Oxford (ed il quale avrà in appresso ben altri costituenti), don Francesco Pinto, principe d'Ischitella) attuale ministro detto guerra, è un uomo che sfiderebbe l'esilio, la povertà, la morte piuttosto, anzi che servire un tiranno. Potrei continuare, milord, con molti altri, che formano attualmente, o formavano di recente il gabinetto di Sua Maestà delle due Sicilie; ma riuscirebbe una bisogna noiosa; parlerò solamente del mio estimo amico don Gennaro Spinelli principe di Cariati, a voi ben noto, che era ministro degli affari esteri quando io fui ultimamente, in Napoli, e che era uno degli uomini i più umani e piacevoli, che io mi abbia mai veduto in alcun paese. La sua liberalità in politica sorpassava la mia misura, e senza meno la vostra o milord, ma il principe Cariati intendeva bene, faceva meglio ed era sempre gemile e compassionevole. Quando io fui ultimamente in Napoli nell'anno 1848, quell'anno doloroso, il mio amico il principe di Cariati, benché non nominativamente era col fatto il primo ministro, o consigliere principale di Sua Maestà il Re delle duo Sicilie.

Per la conoscenza che io aveva di lui, e rispettando la sua memoria come non cesserò mai di fare, a dire mio, milord, che egli era un uomo incapace di crudeltà o di qualunque sorta di oppressione; e sotto la sua amministrazione il governo napolitano arrestò molti di quei rivoluzionari di barricate il di cui fato sembra eccitare un interesse così vivo nell'onorevole membro dell'università di Oxford.

Vi ripeto, milord, che sin dai deplorabili eventi di quell'anno di rivoluzioni 1848, ed il successo del Re delle due Sicilie aiutato da un esercito leale e da una gran maggioranza dei suoi sudditi schiacciando una rivoluzione, che avrebbe inondato il Reno di sangue, e degenerato in repubblica Rossa ed in anarchia, Sua Maestà ed il suo governo sono stati incessantemente lo scopo delle virulenze del partito liberale e radicale di tutta l'Europa.

A questa lega dannata, il completo trionfo del Re prima nei suoi domini continentali e poscia in Sicilia è stato disgustoso come il fiele e l'assenzio.

56

Quando non giovava a Luigi Filippo la sua astuzia, e la sua regia sottigliezza per tenerlo sul trono di Francia; quando la rivoluzione invadeva Ber lino e Vienna, sciogliendo per qualche tempo tutti i governi e quasi tutte le leggi; quando la democrazia aveva un grande ascendente in tutta l'Italia dalle frontiere del Regno sino alle Alpi; quando la rivoluzione scoppiava in ogni luogo, non si può concepire come il sovrano di una potenza di terz'ordine (un Regolo come io chiamano) potesse in un giorno abbattere le barricate alzaie contro di lui, vincere la ribellione, e sostenere il suo trono. Non potendo negare i fatti quando erano fatti compiuti, cominciarono a gridare che il Re aveva macchiato la sua vittoria colle atrocità; che era un mostro di crudeltà quanto Cesare Borgia. Non han dato tregua a S. M. Hanno ammassato calunnie sopra calunnie, falsità sopra falsità finché l'ammontare totale crebbe sino alla mostruosità ed all'incredibile. Parecchi scrittori inglesi imparziali mossi solamente dall'amore della verità han smascherato molti di questi edifizi. Il sig. Baillie Cochrane che aveva i migliori mezzi di purificare la verità, ha fatto molto per rivendicare il carattere del Re delle due Sicilie, e l'attuale di lui governo. Posso con certezza asserire che la testimonianza del sig. Baillie Cochrane non può essere attaccata di dubbio e di sospetto. Il corrispondente del Times in Italia, dopo essersi rimesso da alcune illusioni scusabili in un personaggio nuovo nel paese ha servitola causa della verità, dell'ordine e della giustizia in molte lettere interessanti scritte da Roma, Napoli ed altri punti della beli» penisola.

E pure questo non è stato sufficiente 9 frenare la lingua e la penna dei calunniatori. Sanno tutti che mentiscono per la gola, ma sperano perseverando in questa pratica far passare per vere le loro falsità.

Comechè questi uomini chiamino costantemente ipocriti i loro avversari, essi hanno tutti studiato alla scuola di Don Basilio quel gran professore di calunnia, e sanno a memoria le sue lezioni.

«La calunnia Signore? voi non sapete ciò che rifiutate; ho veduto la gente più onesta restarne quasi vittima. Credete a me non avvi cosa la più cattiva, non orrori, non rapporti assurdi che non si facciano adottare agli oziosi di una gran città sapendo ben portarli: e qui abbiamo persone di una destrezza!.... Dapprima un leggiero rumore che striscia sul terreno come una rondine all'appressarsi di una tempesta, piattissimo mormora e sfila e semina correndo il dardo avvelenato. Una bocca la raccoglie, e piano piano ve la la passare scaltramente nell'orecchio. Il male è fatto; germoglia, striscia, cammina, e rinforzando di bocca in bocca va come il diavolo; poi ad un tratto, non so come voi vedete la calunnia alzarsi, fischiare, gonfiarsi ingrandir e a Vista d'occhio. Indi si slancia, stende il suo volo, si fa turbine, inviluppa, strappa, trascina, scoppia, tuona, e diventa, grazie al ciclo, un grido generale, un crescendo pubblico, un coro universale di odio e di prescrizione. Chi potrebbe resistere? (1)»

Non è stato sistema della legazione napolitana in Londra, in Parigi, o altrove di rispondere alle accuse vili e mal fondate di scrittori anonimi, o di uomini di un peso o considerazione nel mondo politico; uomini, i quali pubblicando i |oro nomi presentano una sufficiente confutazione alle loro calunnia.

(1) Beaumarchais Le Barbier de Seville.

57

Ma quando queste falsità sono adottate e ripetute da un soggetto intelligente, da un personaggio così rispettato come l'onorevole sig. Gladstone rappresentante dell'Università di Oxford, gli amici del Re o del Governo delle. due Sicilie sono nell'obbligo di prender conto di tali ingiuriose pubblicazioni, o sono stanco di controversie politiche, e non mi sarei misurato conti avversario meno distinto

Nelle due lettere direttevi, l'onorevole gentleman, vi ripeto, si è reso colpevole di una lunga serie di errori e di sbagli. Non vi è una pagina in quelle lettere nella quale non compeggi, non si scorga qualche gravissimo e S'isolare errore; però sarebbe inutile e noiosa una critica dettagliata, mi limiterò quindi a pochi importanti punti dai quali potete ben giudicare dell'esattezza delle asserzioni del sig. Gladstone in generale.

L'onorevole gentleman afferma, essere credenza generale che i prigionieri politici nel regno delle due Sicilie ascendono da quindici a venti, o trenta mila! ed egli stesso crede che venti mila non sarebbe un calcolo ragionevole.

Ora, i rapporti della polizia mandatimi da Napoli provano che questi prigionieri di Stato sono in tonalità 2024!

Ammetto che anche questo sia un numero a deplorarsi, ma quando si riflette esservi stata una rivoluzione in Napoli, una più sanguinosa in Sicilia, insurrezioni in Calabria, e più di una estesa congiura per assassinare il Re e tutti i membri della famiglia reale, e proclamare la repubblica rossa, credo che quel numero non dovrebbe sorprendere.

Sa il sig. Gladstone quanti individui furono arrestati in Irlanda nel 1848 per il comico tentativo di rivoluzione fatto dal sig. Smith, O'Brien?

Perché non si cada in errore, eccovi o milord lo Stato delle prigioni n;napolitane ormato officialmente e di una esattezza indisputabile.

(N.1) STATO NUMERICO

Degl'imputati politici presenti in giudizio, in carcere, o con modo di custodia esteriore presso le Gran Corti speciali de' Domini



PROVINCE

IN CARCERE

CON MODO DI CUSTODIA ESTERIORE




OSSERVAZIONI

Napoli

223

28

Le controscritte cifre, desunte dagli ultimi stati rimessi al R. Ministero di Grazia e Giustizia, hanno già subito una diminuzione; perciocché varie cause, dopo lo invio degli stati medesimi, sono state esaurite, e la Sovrana Indulgenza del 19 scorso maggio a favore di una determinata classe d'imputati politici relativi a 212 cause, ne ha ridotti molti in libertà.

Non pochi giudizii vanno poi ad espletarsi nel volgere del corrente mese di giugno, e nei principii dell'entrante luglio.

Napoli,18 giugno 1851.

L'Uffìziale Capo del 3 Ripartimento del Ministero di Grazia e Giustizia

Firmato — Càv. Giov. Pasqualoni

Terra di Lavoro

80

6

Principato Citra

381

12

Principato Ultra

4

»

Molise

43

»

Basilicata

156

11

Abruzzo Citra

6

»

Abruzzo Ultra 2

94


Abruzzo Ultra 1

1

»

Calabria Citra

293

7

Calabria Ultra 2

54


Calabria Ultra 1

344

»

Capitanata

112

15

Terra di Bari

20

»

Terra d'Otranto

8

»

Totale

1819

79



(N.2) STATO NUMERICO

Degl'individui clic trovansi in carcere a disposizione della Polizia per reati politici nelle diverse province de' Domimi continentali del Regno delle due Sicilie.

Napoli

77

L'arresto dei controscrìtti detenuti è stato sempre eseguito per gravi ed imperiose considerazioni d'ordine e di sicurezza pubblica, non a capriccio e senza forme legali, ma in virtù di mandati emanati dalle autorità rivestite della Polizia ordinaria, le quali per espressa disposizione di legge hanno la facoltà di arrestare per vedute di alta polizia, e possono anche compilare processi, quando trattasi di reati di Stato, giusta le istruzioni del 23 gennaio 1817 (a) solennemente rifermate con altre posteriori disposizioni legislative.


(a) «Art.10. —Oltre le facoltà espresse e nei due articoli precedenti, la Polizia ordinaria nei fatti di alta polizia, indicati nell'articolo 3, è rivestita ancora delle attribuzioni di Polizia giudiziaria. In questa qualità può procedere all'arresto delle persone prevenute de* suddetti misfatti, anche fuori il caso della flagranza e quasi, può ritenere gli arrestati a sua disposizione oltre le 24 ore, e può compilare essa medesima le istruzioni su tali reati. Ciò però non impedisce agli altri agenti della Polizia giudiziaria di occuparsi anch'essi allo scovamento de’ reati medesimi, e perseguitarne gli autori.»


N. B. Secondo che pervengono le dimandate informazioni sul contò de* detenuti compresi negli elenchi, se ne dispone l'abilitazione di giorno in giorno, come si è costantemente praticato.

L'uffiziale Capo di Ripartimento del Ministero dell’Interno ramo di Polizia

Firmato—Giuseppe Barlolomucci

Pozzuoli e

Castellammare

»

2

Caserta

»

2

Salerno,

»

19

Avellino

»

17

Potenza

»

6

Foggia

»

9

Bari

»

4

Lecce

»

10

Cosenza

»

6

Catanzaro

»

2

Reggio

»

10

Campobasso

»

7

Chieti

»

12

Aquila

»

19

Teramo

»

3


Totale

205

60

Avrete osservato, milord, da questi stati come l'onorevole sig. Gladstone per fabbricare un'accusa contro un governo monarchico e legittimo ha moltiplicato le cifre per dieci e per venti, e non potete non osservare il numero dei prigionieri di stato ch'egli da a Reggio e Salerno, ecc. tutte città rivoluzionarie, ed il numero effettivo degli attuali arrestali. Ripeto, milord, le cifre che io vi presento sono officiali e veramente autentiche. Abborrendo dall'esagerazioni, da qualsivoglia parte derivino, ed avendo avuto occasione nei corso della mia carriera letteraria di osservare il numero degl'individui che furono massacrali in Parigi da' settembristi nella prima gloriosa rivoluzione, ho acquistato molta facilità in comprendere ciò che in francese si chiama des ècroux, o ciò che in inglese chiamiamo prison-lists (registro dei carcerati). Non posso sbagliare sulle figure, e coloro i quali mi han passato alle mani i notamenti dei prigionieri sono incapaci di falsificare fatti e figure, come io non commettere un atto di falsificazione sulla Banca d'Inghilterra o dei sigg. Coutts e Comp. Io non ho tradotto l'italiano, perché questa lettera ove fosse stampata ha il solo oggetto di esser veduta da gente educata; ma se voi milord lo credete necessario metterò le traduzioni in un appendice.

Ho notato il numero dei prigionieri di stato nel regno di Napoli, ad una i ifra comparativamente bassissima; ma fra le altre accuse ancora se ne incontra una molto seria. L'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford non solamente annunzia, ma spiattellatamente afferma che questi prigionieri di stato sono trattati così barbaramente che tutta l'Europa cristiana,. dovrebbe muovere guerra contro il Re delle due Sicilie, aprire le porte delle prigioni, e mettere in libertà gl'interessanti, gentili, cordati, intelligenti prigionieri di Stato.

Milord, se vorreste spogliare queste asserzioni dalle falsità e dalle esagerazioni che contengono, trovereste che il residuo della verità sarebbe una dose infinitesimale amministrata omiopaticamente. Benché non siano state mai come le han descritto Lady Morgan, e l'onorevole rappresentante di Oxford, pure le prigioni dei dominii continentali ed insulari del Re delle due Sicilie, non erano a tempo mio le prigioni che avrebbero meritato l'approvazione di John Howard il filantropico quacquero. Anzi vi confesso che in alcuni casi sino a pochi anni addietro, erano ribottami per me che non sono né quacquero, né ultra-filantropo, né cosmopolita. In quet tempo quasi tutte le prigioni dell'Europa meridionale erano cattive, e le spagnuole le peggiori, ma le napoletane non furono mai tali come il sig. Gladstone ha voluto descriverle; e sin dall'avvenimento al trono dell'attuale Re, sono state grandemente migliorate. La vicaria nella quale furono confinati la maggior parie dei delinquenti politici prima di essere giudicati, non è tale come la dipinge il sig. Gladstone e come la fazione bonapartiana pensava di descrivere l'isola di Sant'Elena. Moltissime volte, o milord, ho visitato quella prigione, né viddi o intesi mai parlare di carceri sotterranee come quelle delle quali sembra parlare l'onorevole rappresentante. Prima di esser una prigione, la vicaria era un palazzo vice-regio (donde il nome di vicariai. I viceré spagnuoli la fabbricarono, e vi abitavano: essa è piacevolmente situata vicino porta Capuana; l'aria ne è buona e libera; ed io non conosco una prigione in qualunque parte di Europa che abbia segni esterni e visibili di maggior salubrità e conforto. Non pertanto vi sarebbe tuttavia di che migliorarlo.

61

Il sig. Gladstone fu certamente provveduto di un cannocchiale acromatico curioso. Quando vuol ingrandire un oggetto, egli vi aggiunge una lente e guarda come si suoi fare a traverso il cristallo; ma quando conviene al suo scopo, egli rovescia interamente il cannocchiale, e vede l'oggetto dal centro dal quale avrebbe dovuto cominciare a guardarlo. Così, perché qualcuno dei suoi pendards o pendubles, nel tempo della sua visita si trovò confinato nell'antico castello di Nisida, egli cambia quella fortezza in una torre infernale! Fo appello allo migliaia di cacciatori che han visitato quell'amena isoletta, e l'antica fortezza che la domina, per dire quanto sia esatta quella descrizione. Milord, è tanto vero, quanto è lontano dalla verità che sia un buon governo quello dei whig radicali, l'essere Cario Poerio incatenato con un assassino, un brigante, un sicario, un contrabbandistaEgli può godere della compagnia, meglio di quel che lo potrei io se fossi nella sua posizione. Egli è incatenato con un uomo della sua condizione, con un avvocato, un rivoluzionario, un ribelle come lui. L'affare andò tant'oltre, milord, che quando Poerio, giustamente condannato. (e se non è giustamente condannato, voi milord potete alzarvi nella Camera dei Pari, e fare una mozione per richiamare Smith O' Brien) il suo governo domandò allo stesso Poerio con chi preferiva di essere incatenato, ed egli scelse il suo compagno. Se desiderate una prova di quanto asserisco posso procurarvela in brevissimo tempo. Quando questi uomini congiuravano contro le vite della famiglia reale, sicuramente essi Don sentivano nulla di simil grado di compassione. Milord, siamo uomini, ed eredi dell'umana debolezza.

Alcune delle cospirazioni erano immediatamente dirette, come il migliore dei principi, all'uccisione del Re e della famiglia reale. Per le prove, leggete i processi politici che sono stampati e pubblicati ed accessibili a voi come a me. Posso ben comprendere, milord, la condizione di un uomo già whig, quasi radicale giacendo sul suo guanciale, e sottomettendosi a qualunque cosa possa ricevere da una rivoluzione o da un incendio, ma non posso comprendere che un padre di famiglia possa rassegnarsi ai destini di quelle rivoluzioni che il signor Gladstone sembra ammirare. Il Re di Napoli aveva sei figli, e le vite di questi dal più grande sino al più piccolo furono in pericolo nel tempo delle barricate, i fabbri delle quali furono gl'interessanti prigionieri il di cui fato il signor Gladstone ha tanto a cuore. Son sicuro, milord, che colle mie passioni moderate da 52 anni di esistenza, potrei perdonare, e provarmi a perdonare qualunque violenza fatta a me personalmente e direttamente; ma sono un p. idre di famiglia, e dubito se potessi estendere la mia generosità ad un uomo che avesse temuto la rovina di uno dei miei figli.

E pure il Re dello due Sicilie non s'ingerì in questi processi di Stato, tranne per esser moderato e pietoso, e commutare la pena di morte ai condannati dalla Corte Suprema, in prigionia dai ferri.

Il sig. Gladstone crede e dice che questa commutazione di pena è peggiore della stessa morte. Che torni in Napoli, e domandi il parere dei suoi interessanti amici.

Se il Re fosse sempre così disposto alla misericordia ed alla bontà, la grande maggioranza dei suoi sudditi avrebbe gridato vendetta contro i feroci combattenti delle barricate del 1848. Non fu l'affare, di poco momento, milord, non si trattò di una baruffa; molti di loro perderono i figli, i fratelli, gli amici nei sanguinosi combattimenti al palazzo Gravina, in Toledo e nella strada di Santa Brigida; molte vedove ed orfani restarono nella miseria in poche ore per la pazzia e la ferocia di pochi nomini.

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Né era da attendersi che coloro i quali avevano sofferto quelle calamità non dovessero reclamare misure energiche e repressive perché si impedissero in appresso questi sanguinosi sperimenti.

L'istinto della propria conservazione muoveva la parte dell'ordine dei sudditi del Re delle due Sicilie, e vi ripeto milord, senza il minimo timore di confutazione, che questa parte comprendeva la gran maggioranza dei sudditi di S. M. Aide toi et Dieu t'aidera. Se la vostra casa è cadente puntellatela, e soffritene le inevitabili conseguenze.

Ma non sia alcun di si poco cervello,

Che creda, se la sua casa rovina.

Che Dio salvi senza altro puntello:

Perché e' morrà sotto quella ruina (1).

La rovina minacciava cadere sulla testa di ogni persona pacifica e rispettabile dei regni uniti di Napoli e Sicilia.

L'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford conviene che i napolitani sono amabili, di cuore leggiero e buono, avversi alla durezza ed alla crudeltà. La sua poca conoscenza del paese Don darebbe molto peso alla sua testimonianza, pure una volta sembra di avere ragione.

I napolitani sono com'egli li descrive. Ma è necessario per me nel rammentare all'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford questa verità vecchia ed usata, che come i popoli, così sono i loro governi? Dove l'indole, e la disposizione naturale di un popolo è dolce e gentile, voi non troverete mai un governo feroce, ed al contrario non esisterà un governo umano e compassionevole dove il popolo è feroce, spietato, sanguinario. Io conosco alcuni dei difetti nazionali dei napolitani (e volesse il cielo che potessi rimediarli!) ma dopo tanti anni di esperienza, e molli viaggi e lungo soggiorno nel loro eccellente paese, posso far indubitata fede delle loro molto buone qualità.

Il signor Gladstone annunzia che la punizione d'incatenare a due a due i prigionieri fu inventata ad hoc per essere applicata ai delinquenti politici. Questo, milord, è tanto vero, quanto sarebbe vero che il nostro castigo della deportazione alle colonie ebbe origine dal crudele desiderio di punire M. Smith O'Brien, ed i nostri pazzi cospiratori del 1848. Non ho bisogno d'indagare l'antichità della pena dei ferri, o ai ferri, basterà il dirvi che io la trovai in uso nei bagni di Napoli e di Castellammare al mio primo arrivo in quel paese nel 1816. Credo che prima di andare in Italia, osservai usarsi la stessa pena nel Portogallo e nella Spagna, e son certo che i condannati erano incatenati insieme in Brest, Ponton, Roma, Civitavecchia, Livorno e Genova.

L'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford avrebbe dovuto leggere i tre volumi dei processi di Stato (La Setta dell'Unità Italiana) prima di farsi a proclamare il costituzionalismo, la moderazione politica, e l'innocenza tolale di Carlo Poerio.

lo ho veduto alcune notevoli lettere scritte recentemente da individui che conoscono perfettamente tutta l'Italia, ed i suoi affari politici. Queste lettere confutano più di una calunnia, e danne un'ammirabile conoscenza dello Stato reale delle cose nel Regno delle due Sicilie, e possono far ben giudicare come i napolitani ed i siciliani siano ben adatti e preparati pel regime costituzionale.

(1) Asino d'oro.

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Tutti gli scrittori sono convinti di accordo della reità di Poerio. Ho avuto luogo di parlare con personaggi inglesi i quali sono dimorati in Napoli non per poche settimane come il signor Gladstone, ma per molti anni, e trovo in tutti la stessa ferma credenza sul delitto del legale repubblicano.

Permettete elio vi dia un piccolo cenno della vita di Carlo Poerio. Pare che intesto amico costituzionale del signor Gladstone, nel 1830 non trovando più conveniente il dimorare nel suo paese fuggì in Parigi, ove fraternizzò con Mazzini; scriveva articoli in quell'organo rivoluzionario La Giovine Italia E. che al suo ritorno in Napoli riprese la sua vocazione repubblicana; onde tutto il ministero del quale faceva parte era composto di repubblicani sperimentati, come Pepe e Saliceli. Per maggior prova del mio assunto mi riferisco, milord, alla memorie stesse che Guglielmo Pepe ha di recente pubblicale. Quel libro è altrettanto stolto quanto malvagio, ma dev'esser letto da coloro che studiano la storia de' fabbri di rivoluzioni; perché quello schiamazzoso vecchio rimbambito parla e rivela senza rossore non solamente sue turpi azioni, ma le follie e i delitti dei suoi compagni di sedizione e di tradimento. Pepe afferma spiattellalamente che il Re delle due Sicilie doveva essere detronizzato dall'Assemblea Costituente nella quale essi erano determinati di trasformare la nuova camera in maggio 1848. Nessuno in Napoli dubitava di ciò, ed ogni napolitano credeva che se i ribelli avessero trionfato sulle loro barricate, si sarebbe proclamata la repubblica, ed Il Re e la sua famiglia sarebbero stati assassinati. La fazione repubblicana governava la camera ed il ministero, calunniando ed allontanando gli amici del Sovrano, della legge o dell'ordine. La miglior prova dell'animo di questa fazione repubblicana si trova nei suoi atti pubblici del 15 maggio. Un famoso libello ultimamente pubblicato in Torino da un certo Petrucelli mostra chiaramente le intenzioni di quest'innocenti politici alleati con giuramento di Mazzini.

Crede forse l'intelligente membro dell'Università di Oxford che Mazzini sia costituzionalista e non repubblicano?Mazzini si è fatto cosi manifesto che non può più cadere alcun dubbio sul suo fanatismo repubblicano, come sugli orribili mezzi ai quali era apparecchiato ricorrere, non che sulla sua iniquità personale, e la sua scellerataggine.

Dovreste leggere, milord, la sua famosa nota a Capana, quando mandò cinque innocenti alla morte a S. Calisto senza alcun processo. Quella nota fu pubblicala nella sua gazzetta officiate di Roma. Fu la fazione repubblicana, furono il Poerio ed i discepoli di Mazzini, e non il Re che fecero sospendere la costituzione, e resero odiosa e ributtante la parola costituzione agli orecchi della gran maggioranza dei sudditi di S. M. Come possa mantenersi ed andare avanti il Governo rappresentativo, quando i popoli assolutamente rifiutano di eleggere i loro rappresentanti è un problema che lascerò risolvere al sig. Gladstone.

Non solo i napolitani ma tutti gl'italiani sono fanciulli in politica. Essi han bisogno di educazione politica, di esperienza e di una lunga pratica nei veri affari della vita pubblica. Il Re delle due Sicilie difficilmente poteva aspettarsi di veder operare una monarchia costituzionale dagli agenti democratici e repubblicani rossi.

Io posso corroborare tutto ciò che i miei amici dicono della disposizione umana, dolce e compassionevole del Re. Sua M. è veramente troppo umano e compassionevole.

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Nel giorno delle barricate, nel deplorabile 15 maggio 1848, quando il palazzo echeggiava del fragore dell'artiglieria dei ribelli, egli disse ad un generale che venne a domandargli istruzioni: Risparmiate i miei sudditi traviati! Fate prigionieri! Non ammazzate! Fate prigionieri! Queste parole furono intese da centinaia di persone.

Furono rapportate a me nel mese di agosto di quell'anno da un distintissimo diplomatico (distinto in letteratura e diplomazia) che si trovava accanto al Re, e non l'abbandonò finché non cessarono i pericoli di quel giorno. Mi furono poi confermate da altri personaggi di alto rango, e di una veracità la più irrefragabile, quantunque sarebbe stata superflua ogni conferma.

Nel tempo in cui la stampa rivoluzionaria radicale rappresentava il Re delle due Sicilie nuotando sino al ginocchio nel sangue dei suoi sudditi, e tripudiando allo spettacolo dei patiboli e delle mannaie, S. M. raccomandava carità e moderazione. al suo consiglio, ai tribunali, ed alla parte irritata dei suoi sudditi leali, molti dei quali pensavano esser necessario poche esecuzioni di giustizia da servire com'esempio ed avvertimento.

Il Re disse al sig. Baillie Cochrane di rammentare non essere stata giustiziata alcuna persona per delitti politici. Questa è una solenne verità, un gran fatto. In qualunque caso le corti hanno emesso una sentenza di morte, il Re è intervenuto a sospenderla! Questo mostro di crudeltà, come mendacemente è chiamato, non poteva firmare una sentenza di morte senza rabbrividire. Fra le altre indecenti insinuazioni contenute nelle lettere del sig. Gladstone, non ve n'ha una, milord, che sia più grossolana di quella nella quale parlate dell'agenzia per mezzo della quale si ottenne in Caserta, la commutazione della pena del traditore Faucitano. Che cosa intende per quell'agenzia?

Vuoi forse far credercene il Re ebbe del denaro, o promise il perdono sotto quelle condizioni fatte dal nostro macellaio Kirk, dopo la ribellione di monmouth? Come la sentenza dell'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford sta attualmente come tipo, lascia libera l'immaginazione del lettore di supporre qualunque bassezza o atrocità.

Milord, la sola agenzia nel caso di cui è quistione è il carattere dolce ed umano del Re.

In moltissimi casi nei quali si trattava di qualche castigo penitenziario, il Re ha liberato i prigionieri politici, e richiamato quelli fuggiti per timore della legge, vivendo nell'esilio (molti di loro in grande povertà).

Il sig. Gladstone parla di confische e sequestri, ed io posso assicurarvi milord, che ciò non si è mai verificato; non si è toccato un moggio di terra, una casa, un abituro, un frammento di proprietà di qualunque natura!

La clemenza mostrata verso i ribelli è eccessiva. In Sicilia molli di quelli che votarono la decadenza del Re, ed alcuni di quelli che andarono ad offerire la corona al Duca di Genova sono attualmente in Palermo ed ammessi alla Corte.

Voi avrete milord lo straordinario libro pubblicato da Guglielmo Pepe. Io era intimo amico col di costui fratello, differente da lui sono tutti i riguardi, il generale Florestano Pepe, della di cui recente perdita sono tuttavia addolorato. Nel 1848 io mi trovava con Florestano Pepe nell'isola d'Ischia, con mio figlio attualmente uffiziale in India, e rammento benissimo il dispiacere di quell'uomo amabile e leale per la politica condotta di suo fratello. Capo dei carbonari nel 1820-21, e sempre rivoluzionario e burbero.

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Sarebbe quasi una impertinenza di aggiungere qualche cosa al carattere già descritto del Re di Napoli! però come uno che ho conosciuto il Re sin da quando era un fanciullo biondo ed innocente (rassomigliante più ad un giovinetto inglese, anzi che ad un bruno italiano meridionale) e come uno che sono stato sempre intimo amico di coloro che stavano continuamente vicini alla persona dell'altura

Altezza Reale, potrebbe essere di qualche conseguenza il dire ch'egli era sempre notevole per la bontà e la cortesia del suo carattere. Milord, voi leggete la poesia e siete un ammiratore del mio caro e vecchio amico Nordsmorth. Ergo, non potete aver dimenticato un verso tanto spesso citato, ed anche più spesso male a proposito.

«Il fanciullo è padre dell'uomo»

Credo, milord, che la maggior colpa (politica e forse domestica) che può addebitarsi al Re delle due Sicilie è quella di esser troppo buono, e facile a perdonare ogni cosa.

Io io credo fermamente religioso (non entreremo qui, milord, in discussione sui meriti del cattolicismo papale e del protesi autismo), ma ripeto che lo credo un Principe (o se vi piace un uomo) pienamente imbevuto della credenza dei grandi articoli di cristianità, i quali non dipendono solamente e numericamente su i 39 o su qualunque altra cifra. Senza la benedetta qualità di misericordia non vi è cristianità; e senza cristianità, temo, che ordinariamente non vi fosse se non pochissima misericordia; i nemici del Re, gli uomini i quali avrebbero voluto detronizzarlo ed assassinarlo, sono noti per essere infedeli. Da Mazzini al padre Gavazzi, non credo che possano trovarsi dieci italiani liberali con qualunque siasi fede religiosa. La loro ostilità contro l'altare è altrettanto violenta quanto il loro odio contro i troni. Lasciate che i santi di Exter-Hall, o il pio partito della chiesa ordinaria che attualmente protegge l'errante frate Barnabita, perché insulta il Papa di Roma, o la fede nella quale nacque, e della quale fu per molti anni ministro consacrato, lasciate che dassero ascolto ad Una voce di avvertimento. Guai, milord, alla credulità di quelli i quali immaginano che il padre Gavazzi nell'abbandonare la Chiesa di Roma, abbia abbracciato le dottrine della chiesa anglicana, o qualunque altra forma di culto o di fede!

Ho detto, milord, che il sig. Gladstone avrebbe dovuto leggere i processi politici; vi è altresì un altro documento che avrebbe dovuto anche leggere.

Atto di accusa nella causa degli avvenimenti politici del 15 maggio 1848.

Questo atto chiaramente prova le congiure, le vedute ed i delitti de' rivoluzionari napolitani. Niente è più vera che una breve dichiarazione in esso contenuta che i primi semi della sedizione dovevano spargersi calunniando il governo del Re.

La calunnia ripeto, è la grand'arma dei liberali ovunque esistano. Essi conoscono a perfezione l'uso di questa arma, e possono dar lezione allo stesso Don Basilio.

Se l'onorevole rappresentante della Università di Oxford, non si fosse risoluto come il monaco romano ncll'Anastasius di vedere solamente un lato della quistione, avrebbe anche osservato la seguente opera Documenti istorici riguardante l'insurrezione calabra, preceduta dalla storia degli avvenimenti di Napoli del tu maggio. Napoli 1849. Il volume è zeppo d'irrecusabili prove documentate. In esso voi simile parlare i rivoluzionari e spiegare le loro vedute e le loro intenzioni; sono convinti rei dalle loro proprie mani. Non erano necessari commenti e riflessioni, e perciò son pochissimi in questo libro.

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Un'occhiata su queste lettere mostrerà quanto strettamente, e con quanta servilità, questi Costituzionalisti come li chiama il sig. Gladstone, imitavano i giacobini ed i Cordeliers del 1793. Il loro primo oggetto in ogni luogo era l'ergere un Comitato di salute pubblica, nome tradotto dal francese, nome di orrore che nessun uomo di buon senso, che conosce la storia della prima gran rivoluzione di Francia, può leggere o sentir pronunziare senza provare una dolorosa emozione.

Fra I corrispondenti Ila questi documenti storici trovo Alessandro Poerio fratello di Carlo Poerio. Egli marciava con un corpo di esercito che Il Re forzato dai rivoluzionari spediva io Lombardia per far la guerra contro il suo vicino parente l'Imperatore d Austria, per mandare ad effetto il pazzo sogno dell'Unità d'Italia. Appena sua Maestà ricuperò sufficiente potere, richiamò quelle truppe, la maggior parte delle quali leale ed affezionata tornava tranquillamente in Napoli. Ma l'imbecille vecchio traditore, Guglielmo Pepe, sedusse un numero considerevole di ufficiali e di soldati, e marciò con essi per mangiare gli Austriaci. Alessandro Poerio rampando il suo giuramento verso il mo Sovrano, e macchiando il suo onore come soldato e come galantuomo, seguì il vecchio cospiratore Pepe, o mori o a Venezia, o fuggendo da quella città. Gl'infelici che furono sedotti ad ammutinarsi ed alla diserzione periscono di fame in esilio, mentre la maggior parte dei capi della ribellione stanno pingui ed agiati, ben nutriti da coloro i quali affettano simpatia per i rivoluzionari. Questa mattina, milord, mentre stava scrivendo questa lettera si presentò a me in uno stato di disperazione uno dei disertori napolitani, che giunse, sino in Londra. Signore, egli mi diceva, la carità inglese da molto denaro in sollievo di nei poveri rifugiati privi di auto; ma questo non giunge fino a noi e resta fra i capi rivoluzionari; Mazzini vive nel lusso, ma io, ed altri come me, siamo lasciati perir di fame nelle strade. Io era giovanotto, aveva appena diciotto anni, quando uomini maturi amici di Guglielmo Pepe m'indussero a disertare dal mio reggimento. Comprendo il mio errore ed il mio delitto; non ostante tutto ciò che dicono, conosco la clemenza del Re, e purché potessi ritornare alla mia cara patria, mi contenterei espiare le mie culpe in una prigione o ai ferri.

Il numero dei disertori e rifuggiti napolitani attualmente in Londra è poco, ma assicuratevi, milord, che in Parigi, in Torino, ed in altre città, vi sono moltissimi italiani nella stessa infelice posizione come questo giovine, che non ricevono soccorso né simpatia da alcuno dei loro capi.

Ma torniamo ad Alessandro Poerio; quattro giorni prima che si fosse combattuto sulle barricate nella città di Napoli, questo individuo scrisse la seguente lettera ad un fratello Carbonaro. Per esaltata e falsa che fosse è la più moderata epistola fra tutte quelle dello stesso conio, che ho potuto trovare nei documenti storici.

«Ancona, n maggio,1848

«Carissima Peppino,

Giunti qua trovammo (come era da prevedere) entusiasmo grande pei Napoletani, ma nel tempo stesso forte indignazione contro il nostro Governo, pel turpe abbandono dei Veneti, dopo l'ufficiale e solenne annunzio della spedizione; ed il sentire da un giovane Veneto, mandato qua ad invocare il soccorso della flotta, come i Veneziani ci aspettassero, e con quanta impazienza di gioia,

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e come ci preparassero con anticipata gratitudine accoglienze, e feste fraterne, mi trafisse l'anima, mi fece arrossir di vergogna per tutti in un fascio governanti e governati.

Fortunatamente trovandosi la flotta ancora qua, il generale Pepe non perdé tempo, e fece fare una comunicazione telegrafica a Napoli, iersera mi disse esser giunta la risposta per telegrafo, che per ora la flotta soprattenga in questo porto. Ciò non basta; speriamo che sia principio di risoluzioni migliori. L'Austria imbaldanzita dall'inerzia del nostro Governo, ha dichiarato il blocco di Venezia, e con due fregate, ed alcuni legni minori (forze per certo impotenti ad offendere quella ben munita città) le fa peraltro grave danno con l'impedire il commercio. Bisogna dunque assolutamente (se non vogliamo rimaner con carico grande, ed eterna infamia di aver tradita la causa Italiana) che la flotta nostra, rinforzata di qualche altro legno, prenda l'offensiva, sblocchi Venezia, e distrugga la marina Austriaca il che le verrà fatto tanto maggiormente, che la flottiglia Sarda è già in via per congiungersi seco, partita da Genova il 16 aprile. Mentre Carlo Alberto (come leggerai da' giornali) combatte a Pastrengo o poi a Bussolongo, dove forza 1,500 Austriaci a deporre le armi, poi di là dall'Adige a Ponton, riporta una splendida vittoria (3,000 Tedeschi morii, feriti, o prigionieri, tra i primi il principe Jons e Taxis, ira i secondi il barone d'Aspre, e tra gli ultimi il principe di Liechtenstein); mentre il Generale Pontificio Durando, secondato dal nostro valoroso Ferrari, marcia velocemente a combattere Nugent nel Friuli, mentre anche i Toscani si distinguono in continui scontri sotto le mura di Mantova, il nostro Governo ha ordinato le cose in modo che le avviate truppe (scarne rispetto a tanta parte d'Italia quanto noi siamo) non giungeranno in linea di operazione prima di giugno. Invece la posizione marittima potrebbe essere proprio decisiva, liberar Venezia, minacciar Trieste, ed alcune navi servirebbero a condurre truppe, dove fosse maggiore necessità di soccorso, ed opportunità di sbarco. Queste cose ho voluto scriverli, affinché tu e Carducci, il tuo energico cognato, il quale caramente saluto, e quanti altri siete costà veri e caldi amatori della causa nazionale, aiutate le instante che si fanno dal generale Pepe con dimostrazioni gagliarde, che sieno, potente scoppio della pubblica opinione, e forzino la mano al Governo, vincendo ogni ostacolo di corte, sventando tutte le mene scerete, facendo vergognare chi è capace di vergogna, od impaurire chi non ha altro Dio che la paura. Ma il Re come mai non intende che rischia tutto, lasciando tutto a Carlo Alberto la gloria della liberazione d'Italia? Ma ti chieggo scusa di aver supposto un momento che egli potate intendere. Intendiamoci noi e facciamo presto.

Ti accludo un'ordine del giorno del general Pepe, il quale desidera che sia subito inserito ne' giornali. Egli m'incarica de' suoi saluti per le.

Scrivimi a Bologna, e credimi invariabilmente

Il tuo affezionatissimo

Alessandro Poerio»

Al signor Giuseppe del Re,

Tale e tanta era la smania unitaria! Tutto doveva sacrificarsi per l'Unità d'Italia, lealtà e fede! Il Re doveva essere atterrito a condiscendere con gagliarde dimostrazioni «Faire peur» era la parola d'ordine di questi uomini, com'era quella di Danton e Robespierre.

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E pure questi uomini, erano costituzionali, secondo l'onorevole rappresentante di Oxford, in conseguenza dimostrazioni gagliarde sono misure legali e costituzionali.

E molte se ne fecero con grande spavento di S. M. la Regina, i di lei innocenti figli, e le dame di Corte. Ma essi non conoscevano il carattere del Re: la sua bontà non era timore; non poterono atterrirlo, no, nemmeno quando lo minacciavano ogni giorno di assassinarlo.

Questa lettera di A. Poerio che potè ben giungere in Napoli il giorno 14, o anche prima, si può supporre che abbia in certo modo contribuito alle sanguinose scene del 15 maggio. Ma altre e più autorevoli parole d'ordine, vennero in Napoli da Ancona per parte di Pepe e dogli altri settari e cospiratori.

Dimenticando i loro delitti, e gli orrori che contemplavano, l'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford, sente pietà dei settari e dei cospiratori che attualmente sono prigionieri di Stato; ma la maggior parte della sua simpatia è riserbala per Carlo Poerio, il quale è quello che io ho dimostrato, e che non lascia però di essere un uomo scaltro ed astutissimo, e cento volte più malizioso di quanto sarebbe necessario per ingannare una persona così credula come il sig. Gladstone si è mostrato, o ha preteso mostrarsi nelle lettere a voi dirette.

Ma mi sorprende, milord, come invece di lasciar da parte Poerio, il signor Gladstone e coloro che l'hanno istruito e consigliato, si sono dati ogni impegno per tener sempre in mira Poerio. Essi han gonfio la vana mente di quel condannato facendogli credere che il suo fato è una quistione europea; che la forza della pubblica opinione io farà disgiungere dal suo compagno cospiratore, romperà le sue catena, e lo metterà in libertà per cominciar di nuovo a congiurare contro il suo sovrano, e ridurre il suo paese ai principii di Mazzini. Essi han reso sordo il suo cuore al pentimento ed al rimorso, lo hanno incoraggiato ad assumere un' attitudine di sfida verso il pietoso principe, il quale senza meno sarebbe stato disposto, da un differente modo di condotta, a moderare lo sconforto della di lui prigionia, e forse ad impartirgli il real perdono.

È assolutamente falso, milord, che il Governo napolitano impedisca ogni mezzo di esatta informazione, e che non vi sia certezza in tutto ciò che riguarda i prigionieri di Stato, i loro processi, ed il loro ultimo destino. Il Governo napolitano fa discutere pubblicamente queste materie. Gli arresti, i processi, te condanne si sono operati alla prima luce del giorno. L'affettato rapporto del signor Gladstone sugli arresti in massa di notte, sulle visite domiciliari notturne della polizia, possono paragonarsi ai romanzi «I misteri di Udolfo» o «L'Italiano, ossia il confessionile dei penitenti neri.» Io vi riferisco alle note officiali nel margine degli stati che ho qui inseriti precedentemente. Nessun reo politico è stato arrestato senza l'osservanza dei regolamenti ivi accennati, o senza un ordine regolare a firma di un magistrato. Nessuno è stato ritenuto più di 24 ore senza essere esaminato. La legge di Napoli è stata sempre questa, e S. M. ed i membri del gabinetto mettono ogni possibile cura perché la legge fosse strettamente osservala. Forse avranno avuto luogo pochi arresti notturni. Se un uomo accusato del più grave dei delitti, potrebbe solamente trovarsi a mezzanotte, e non a mezzogiorno, suppongo che la polizia napolitana l'arresterebbe a mezzanotte, come farebbe la nostra polizia in Londra con un feroce assassino.

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In una parte della prima lettera di Gladstone, vi è tanto di volgare che si potrebbe appena supporre da un uomo della sua condizione: sente più del mercato di Liverpool, che della buona società di Oxford.

Perché i giudici napoletani non hanno forti salari, egli porta questo come una prova addizionale che devono esser tutti sottomessi alla Corte, venali, ed abbominevolmente corrotti. Non sarebbe necessario il dire all'onorevole sig. Gladstone, che prendendo in considerazione la differenza del valore del denaro, e la grandi; differenza del modo di vivere nei due paesi,4000 ducali all'anno in Napoli, equivalgono a tremila lire sterline in Inghilterra.. Ma se non lo fosse, può il sig. Gladstone credere che tutti vii uomini fossero solamente mossi da usa maggiore o minor cifra dei loro guadagni pecuniari. Non so prestar fede ch'egli sia un allievo tanto perfetto della scuola di James Mill.

In ambedue le lettere si sostiene che i processi politici furono precipitati in un modo scandaloso. Milord, quei processi durarono otto lunghi mesi dal primo giugno 1850 al 31 gennaro 1851, e questo perché alcuni degli accusati asserivano che per trovarsi in cattivo stato di salute, non potevano assistere alla propria difesa. La pubblica discussione non durò meno di 74 giorni.

Il numero dei testimoni esaminati ammontò a 226: le deposizioni scritte che furono lette formarono un volume di tatuo peso, che messo in una bilancia con tutti i Blue-Books di lord Palmerston l'avrebbe di gran lunga fatto traboccare dal suo lato.

Nulla di più falso quanto l'aderire che i prigionieri politici furono privi del beneficio delle leggi, e dell'assistenza di un avvocato. I prigionieri prima e durante il giudizio furono difesi dai migliori legali del regno. Per questo ho l'autorità di persone che assistirino al giudizio, che non erano anticostituzionali, e che restarono edificali dalla buona regola di tutte le procedure legali. Milord le aringhe degli avvocati, e di quelli fra gli accusati che parlarono e trattarono da se stessi la propria difesa, durarono venticinque giorni.

Dopo tutto questo la gran Corte speciale deliberò tutta la notte e parte del giorno appresso. Ecco il giudizio che lo onorevole rappresentante dell'Università di Oxford descrivo come sconsigliato.

Una tale insinuazione non che quella dell'uso della tortura nelle prigionie troppo mostruosa ed assurda per meritare la menoma attenzione. Egli non cita l'autorità d'onde l'attinse, (benché io potessi indicare a dito l'autore di questa novella) e questo paragrafo è scritto così dubbioso da far rilevare la poca credenza che meritava anche da colui clic lo scrisse.

Ma come scusare l'averlo scritto con tali circostanze? Il governo napolitano fu uno dei primi del continente europeo che abolì e riprovò l'uso della tortura giudiziaria. In uno stato di eccitamento e di conflitto (come quello in cui i francesi furono in Calabria) io non potrei rispondere per qualche individuo, ma credo che a sanane freddo, non vi sarebbe un Napolitano che potesse eseguirà la mostruosa operazione di torturare il proprio simile.

Il signor Gladstone non può saperlo, ma voi, milord, non avrete dimenticato che il popolo napolitano non volle ammettere l'inquisizione, che combatté valorosamente contro i suoi padroni di quell'epoca, gli Spagnuoli, i quali volevano obbligarvelo, ed in conseguenza l'inquisizione non fu mai stabilita io Napoli.

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Un'ultima parola sul trattamento dei condannati politici, e poi lascerò questo ributtante soggetto. Posso, milord, assicurare colla stessa certezza come consiste l'esposizione in Hyde-Park, che i delinquenti politici di civile condizione non sono accomunati cogli assassini e coi tagliaborse, ma son tenuti in luogo separato.

L'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford afferma, che quasi tutti coloro che formavano l'opposizione nella camera dei deputali In Napoli sono in prigione o in esilio. Egli parla di costituzione, ma crede che sia sfato costituzionale per l'opposizione il dichiarare che non si voleva camera di pari, che si sarebbero fatte le barricate, e che il Re capo di questa costituzione doveva esser detronizzato ed assassinato colla sua famiglia? Il sig. Gladstone quindi rapporta il triste avvenimento di un certo Carducci, il quale, benché cadde in un modo irregolare, pure meritare benissimo quel destino.

Questo Carducci era l'energico cognato del traditore Giuseppe del Re, al quale era diretta la lettera a faire peur di Alessandro Poerio (vedi pag.66).

Dopo aver alzato le barricate e combattere dietro ad esse ed essere stato respinto con tutti gli altri, questo vero Rouge si gettò nelle montagne, si fece capo di un orda di contrabbandieri, ladri e banditi, ed emulando Garibaldi faceva una guerra di guerriglie, nella quale si commettevano le più incredibili atrocità. Se il sig. Gladstone non avesse esaurito tutta la sua compassione per i settari, i ribelli ed i condannati politici, avrebbe potuto impartirne un poco alla povera gente di campagna inoffensiva, ch'era saccheggiata, crudelmente bistrattata, e non di rado assassinata da questo interessantissimo membro costituzionale!e dell'opposizione.

Ho veduto delle prove positive, milord, che giustificano come Carducci ed i suoi masnadieri vivessero largamente fra donne e provvigioni, entrassero nelle piccole città, e nei villaggi saccheggiando ed ammazzando in modo che il nome di Carducci divenne sinonimo di Diavolio. Il Re ed il suo Governo quindi facendo quello che avrebbe fatto ogni governo In quella circostanza, io mise fuor di legge ed a taglia. È vero che colui che guadagnò il premio sorprendendo ed ammazzando di propria mano Carducci, fu un prete che si chiamava Peluso, ma non è vero che costui percepisce per questo fatto una pensione dal Governo.

Mi si dice che Peluso non cammina nelle strade di Napoli, ma se camminasse, io dimando, dov'è la legge (a meno che non parliamo della sirena legge canonica) che ne lo impedisce? Prete o non prete, nessuna quistione potrebbe legalmente muoversi ad un individuo che avesse fatto ciò che fece Peluso avventandosi contro un uomo posto fuor di legga.

Fu dispiacevole il veder consumato quell'atto da un sacerdote, ma sarebbe sfato più dispiacevole che non si fosse tolto di mezzo un furibondo come Carducci. Se una tigre si avventasse in una tranquilla capanna, e fosse uccisa, credo che non si domanderebbe se colui che l'abbia ucciso fosse un prete o un laico.

In quanto al Catechismo politico, sul quale fa tanto rumore il signor Gladstone, che dice esser adottato per obbligo in tutte le scuole del regno di Napoli, posso affermare che sia un affare nel quale il governo non prende alcuna ingerenza. Il Catechismo non fu mai presentato al Re o al suo consiglio, né fu da loro autorizzato.

Tutto ciò che il signor Gladstone dice de' medici delle prigioni, e del trattamento dei prigionieri ammalati è una mera favola che non merita attenzione.

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Non occorre, milord, rilevarvi altri esempli delle tante esagerazioni del signor Gladstone, ma ve n'ha una che non può andar dimenticata. Egli vi dice che quando lasciò Napoli si agitava una causa di stato (quella del 15 maggio) nella quale il numero degli accusati era di 400 a 500 incluse una o più persona di alto rango, le di cui opinioni in questo paese sarebbero considerate più conservative della vostra.

Ora, milord, questa era la

causa della Setta l'Unità

Italiana; io vi ho rimandato al rapporto stampato della medesima; il numero degli imputati invece di essere 400 a 500 era esattamente 43.

In quanto alle persone di alto rango, non ve n'era una, se si voglia eccettuare Carlo Poerio. Il sig. Gladstone potrà trovare nel numero di quelli avventati repubblicani uomini più conservatori di voi; io non saprei scoprirne né immaginarne. Essi erano tutti membri della setta o società segreta chiamata l'unità Italiana; abbiamo le loro stesse parole, le loro proprie confessioni, anzi le loro millanterie esistenti nei manoscritti, e nelle carte da loro stampate, che provano come l'oggetto di questa setta fosse lo stesso di quello che aveva di mira la società de' Carbonari, e la congrega di Mazzini, la Giovane Italia. Nelle Istruzioni comunicate dalla grande o madre società al club affiliati dalle province il primo articolo, era questo:

«1° La società dell'Unità Italiana è la medesima che la Carboneria e la Giovine Italia.»

I Carbonari erano politici costituzionali? I discepoli ed i seidi di Giuseppe Mazzini sono più conservatori di voi, milord?

Ma per usare una frase napolitano nel suo dialetto «le chiacchiere stanno a niente, venimmo ai fatti.»

Il numero degli accusati come vi ho detto è di 43. Otto fra questi furono messi in libertà; venti condannati ai ferri; due a sei anni di ad un anno di prigionia senza ferri; uno a quindici giorni di arresto, uno alla multa di 50 ducati, e tre alla morte, e furono Salvatore Faucitano, Filippo Agresti e Luigi Settembrini, ai quali il Re commutò la pena.

Quasi tutti costoro erano vecchi cospiratori; la maggior parte di essi erano stati prima in prigione, in esilio, o in angustie, alcuni erano tornati in Napoli pochi giorni prima del sanguinoso 15 maggio. Né disastri né lezioni di avversità possono riformare tali uomini, o moderare il loro fanatismo; il castigo non può correggerli, né l'indulgenza o la clemenza reale emendarli, lo non so che potrà far di loro sua maestà Ferdinando II, meno che tenerli dove si trovano. Se domani potessero andar liberi fra la società comincerebbero nuovamente a congiurare. Il vero cospiratore italiano giacobino o carbonaro può solo esser curato o reso impotente dalla morte, e dalla più stretta e forte prigione. Ciò può sembrar crudele, o milord, ma io conosco l'infame razza, e non credo sia cosa pietosa o saggia l'esporre tutta una nazione alla miseria ed al sangue per lo amore di alleviare i patimenti di pochi disperati cospiratori, i quali han già cagionato tanto danno al regno delle due Sicilie.

Quel regno, milord, si va rimettendo, e rapidamente dagli effetti dei feroci movimenti rivoluzionari e delle convulsioni del 1848. Il brigantaggio sempre difficile a curarsi (anche in tempi di pace) in un paese tanto montagnoso, pieno di gole e di foreste, dopo le tempeste rivoluzionarie è stato completamente estirpato e soppresso; t'industria agricola, le manifatture, ed il commercio progrediscono sempre;

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le finanze nazionali si vanno ogni giorno riordinando in eccellente condizione; la massa della popolazione è tranquilla, ben intenzionata, e tutta confidente, lieta e pacifica, nel governo, perché conosce benissimo dovere alla forza, alla prudenza ed al coraggio del governo l'essere stata salvata dall'anarchia; e veramente nel breve spazio di tre anni, è sparito ogni vestigio di quell'anarchia.

Il Re ed i suoi ministri nel riorganizzare il paese hanno con ogni cura evitato quelle improvvise e numerose imposizioni, quelle tasse ad hoc, alte quali molti altri Stati han dovuto aver ricorso in casi simili od anche di minor urgenza.

L'onorevole rappresentante dell'Università di Oxford vorrebbe mettere in pericolo questa prosperità, e gettare un'altra volta il paese nell'anarchia del 1848? Se no, perché pubblicare queste calunnie contro un governo che ha fatto, e sta facendo ancora tanto bene? Perché si fa eco delle parole di condannati ribelli e tradì tori, contro le testimonianze di un popolo leale e di uomini di alto rango e di onore immacolato? Perché si fa strumento, e coadiuva gl'intrighi di Giuseppe Mazzini?

Milord, senza un intero convincimento della verità di tutto ciò che dico, non vi avrei diretto questa lettera, ne avrei preso la penna. Ho nutrito un grande affetto pel popolo napolitano, e pel bellissimo paese che abitano. Molti anni (a in un mio libro dichiarai che dopo il mio paese preferirci finire la mia vita in Napoli, e trovar là semplicemente

…................... un sasso

Che distingua le mie dalle infinite

Ossa, che in terra e in mar semina morte.

Ma in tutte le belle ed estese possessioni che giacciono fra il Garigliano, e lo stretto di Messina, non ve ne sarebbe una che potrebbe darmi il Re della Due Sicilie, per corrompere e farmi asserire a ragion veduta una menzogna su di una materia come questa. A dippiù se S. M. fosse quel tiranno come l'ha spacciato quella orda vile di cospiratori, io non passerei più i confini del suo reame durante il suo governo.

Milord, ho vissuto in paesi mal governati, e quel che è peggio in paesi senza governo, ed ovunque mi si è spezzato il cuore ai patimenti del popolo. La più lieve idea di oppressione e di tirannia mi ha fatto sanguinare il cuore. Posso assicurarvi milord, che nel mio soggiorno in Turchia nel 1847 e parte del 1848 il giornaliero spettacolo della tirannia dei Pascià, e la spoliazione degli Armeni, mi oppressero in modo che ammalai.

Ho dimorato in paesi (nell'Asia minore) dove il suolo è il più fertile, il clima il più delizioso, le vedute le più pittoresche. Il tutto però non era così bello come Napoli, perché nulla io è sulla superficie della terra, e pure l'intero aspetto del paese era tale, da rendersi tanto caro ad un uomo di gusto e sentire poetico.

Ma, milord, la miseria e la tirannia! villaggi abbandonati! città cadute in rovina! donne che distruggono i loro figli non nati! l'elemento musulmano osmanli che muore e sparisce rapidamente i Se il sig. Gladstone vuol sapere cosa sia realmente oppressione e mal governo, che vada nella Turchia europea ed asiatica. Era sempre un soffrire, e qualche volta un' assoluta agonia. Ho altrove raccontato il piacere e l'espansione di cuore da me provato quando passai dall'orribile Impero ottomano (dove la riforma non ha fatto se non male) alle care spiagge della penisola

….......... che il mar circonda

E le Alpi..

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In Turchia osservai solamente deterioramento ed assoluta mina, una ruina che conia il suo principio almeno da due secoli; ma (checche ne dica in contrario il mio antico ed onorevole amico sir Stratford Canning) prodigiosamente accelerata da dodici anni a questa parte, dalle novità e dalle mutazioni del Visir Keschid Pascià, e dai Turchi della sua scuola.

In Italia al contrario trovai generalmente un sorprendente progresso, che data dal periodo dei trattati di Vienna e dalla Pace del 1815 impedito, ma non abbandonato per la prevalenza dei principii democratici rivoluzionari.

Pure anche nella combustione del 1848 passando dalla Turchia in Napoli (il primo punto della penisola dove io dimorai alquanto) mi parve che dallo inferno fossi andato al purgatorio. Voi conoscete Dante, milord,

Pur correr miglior acqua alza la Tela.

So quell'acqua migliore fu disturbata, la colpa, milord, non e del Re di Napoli, del gran Duca di Toscana, o di qualunque altro Principe, o vecchio governo d'Italia, ma dei club democratici, delle società segrete, e dei vagabondi come Mazzini, nomini che non hanno nulla da perdere, anzi una probabilità, di guadagnar molto nulla rivoluzione.

Credo, milord, che voi preferirete la mia parola in tali materie, alle violenti asserzioni di scrittore di giornali o riviste, i quali nella maggior parte, non conoscono i dialetti, la maniera di pensare, i sentimenti, e le passioni degl'Italiani. Voi crederete che io sono un uomo di verità, di onore, e voi conoscete coloro i quali garantiscono i fatti, e mi hanno onorato della loro amicizia sin da venti o trent'anni.

Noi viriamo in tempi torbidi e critici. La vecchia Europa è stata scossa e convulsa in tutte le sue parti, ed i popoli poveri, e rosi inquieti, sospettosi, ed infelici da orde unite di demagoghi, scrittoruzzi e cospiratori.

Milord, vi e una lega ed una cospirazione in unta l'Europa, idi cui capi non si sgomentano per la cattiva riuscita di una teoria, di un esperimento politico, di una rivoluzione.

Vi prego, milord, di rammentare la mia cita/innl'di Beaumarchais. In una materia cosi grave, come in qualunque altra, io non voglio alludere a me. stesso.

Ma nel tentare di asserire la verità, ed attaccare il torrente rivoluzionario insano e democratico, io ho attirato sul mio capo, da parte di ceni partiti, un ammasso di vituperi, e d'insulti chi: pochi nomini hanno mai sofferto. Non contenti di aver condannato i miei libri in materia politica, i partiti mi hanno attaccato su di ogni punto, ed hanno fatto il possibile per distruggerli le mie risorse come uomo di lettere. Schiacciamo l'infame! L'unione fa, la forza! Uniamoci, e schiacciamo tutto ciò che ci è contrario!

Questa, milord, è la vecchia canzone, il vecchio sistema, che conta la sua data dai tempi di d'Alembert, Diderot, d'Holhach e C. Quel sistema ha i suoi seguaci, i suoi allievi in Inghilterra, in Scozia, in Irlanda, in metà delle nostre colonie; e dopo laute prove che il mondo ha avuto delle sue atroci iniquità, vi sono ancora degli scrittori in Londra che sostengono Giuseppe Mazzini come un rivoluzionario amabile di buon cuore, modello dei patriotti moderni italiani, e che son pronti in qualunque tempo ad attaccare e calunniare quell'uomo che professa opinioni differenti a quelle del loro idolo.

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Ma facciano pure quel che vogliono, non sarà tanto facile por loro schiacciar me, e le verità che ho dette. Sono, milord Aberdeen, con tutto rispetto e considerazione

Vostro umilis. e devotìs. servo

Carlo Mac Farlane

Londra,7 agosto 1851.







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