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COLPO D'OCCHIO

COLPO D'OCCHIO SU LE CONDIZIONI

DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL'ANNO 1862

(2)

V. Governo,

VI. Politica.

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IV. ATROCITÀ. 

Innumerevoli, e quasi incredibili sono i fatti di atrocità consumatisi nel reame delle due Sicilie per opera degl'invasori nel corso dell'anno 1862, nella continuazione progressiva dello anteriore anno 1861.

I piemontesi non contenti di comprimere lo slancio nazionale delle popolazioni per riacquistare la loro autonomia, e la monarchia legittima, e d'imprigionare migliaia e migliaia di cittadini, dopo tanti altri esiliati, e raminghi per tutta l'Europa, hanno stabilito di consolidare il loro dominio unitario col terrore, - quindi essi, ed i loro fautori si sono dati ad esercitare il mestiere d'incendiarii e di carnefici.

Rimarranno nella storia come orribile monumento del passaggio della rivoluzione in Italia i nomi di 28 paesi incendiati, le cui rovine sono registrate dalla stampa contemporanea del biennio anzidetto. L'ultimo di essi è stato Passo d'Orta (Puglia) tra le città di Foggia e Cerignola: occupato ne' principii di novembre ultimo da una banda di volontarii regii, è assalito da un distaccamento di truppe piemontesi, che attesa la forte resistenza, non sa vincerla altramente, che appiccando il fuoco alle due estremità del borgo: davanti all'incendio la banda si ritira, seguita da una parte della popolazione, che riesce a sottrarsi alla vendetta dei vincitori.

In quanto alle fucilazioni senza giudizio vi sono stati fatti atrocissimi, che i posteri stenteranno a credere, non per difettò di autenticità, ma per riguardo alla civiltà che vanta il nostro secolo il quale mostra ribrezzo ed orrore pei sanguinosi annali francesi del 1793, e pare che miri con indifferenza i palpitanti eccidii del napoletano nel 1862.

Dovunque i così detti reazionarii ed anche i sospetti e talvolta pure coloro che non han potuto giustificarsi con un ricapito itinerario, caduti nelle mani de' drappelli subalpini, sono stati fucilati all'istante. 127

- In varii luoghi si son veduti sagrificii umani di trenta a quaranta prigionieri, e pare che la soldatesca, e le salariate guardie mobilizzate abbiano versato sangue, pel solo piacere di vederne scorrere e bruciate case, raccolte di cereali, provvisioni, industrie armentizie, ed ogni avere degli abitanti pel solo diletto di ammiserirli.

Riporteremo varii di questi avvenimenti, e saremo imparziali, e brevissimi: su la loro realtà non occorre dire altro, se non che i giornali, le corrispondenze, gli opuscoli nelle due Sicilie li banno pubblicati, e nel parlamento italiano sono stati sovente manifestati da varii deputati napoletani senza che fossero stati contrastati o smentiti.

Ma ad appareccbiare gli animi su le ferocie degli esecutori, bisogna far precedere la lettura delle disposizioni impartite dagli ordinatori Fantoni, Fumel de Martino, Gemelli, de Luca. La raccolta delle circolari, e de' bandi di costoro, uniti a quelli de' Pinelli, de' Galateri, de' Virgilii, e de' Gialdini, formerà ne' tempi avvenire «il Codice delle leggi del terrore nelle due Sicilie sotto il dominio piemontese», - ed allora sarà altresì difficilmente creduto, che non ostante codesti editti sanguinarii, vi sia stata la voce di un deputato napoletano, nel parlamento di Torino, che cosi abbia gridato.... «La legalità ci uccide! Io voglio un assoluto governo militare; io voglio misure eccezionali, acciò si reprima, quel brigantaggio, che da 18 mesi non si è potuto ancora domare» (tornata de' 9 aprile 1862, mozione del deputato Petruccelli-Gattina).

Codeste truci proclamazioni però sono generalmente riprovate, e già quando appena taluna fra esse era nota, né ancora infierivano come nel 1862, il governo imperiale francese ingiungeva al suo rappresentante in Torino «di far notare al governo italiano la emozione cagionata dalle misure di rigore attribuite a' comandanti militari piemontesi nelle provincia meridionali..... donde la urgenza nel governo subalpino di pensare a' mezzi atti a svincolare la responsabilità dalle giuste accuse, di cui sarebbe oggetto» (Dispaccio del ministro Thouvenel, 22 luglio 1861 al conte de Rayneval a Torino) 128 Gioverà riportare i testi originali. 

I. BANDO DEL TENENTE COLONNELLO FANTONI 

«Comando del distaccamento dell'8 reggimento di linea in Lucera - In seguito ad ordine ricevuto dal signor prefetto di questa provincia, allo scopo di addivenire con ogni mezzo il più efficace alla pronta distruzione del brigantaggio, il sottoscritto NOTIFICA, 1. Nessuna persona d'ora innanzi potrà porre piede ne' boschi di Dragonara, di S. Agata, di Selvanera, del Gargano, di S. Maria, di Pietra, di Molla, di Volturino, di Volturino, di Samnarco la Catola, dì Celenza, di Carlantino, nel Macchione di Biccari, nel bosco di Vetruscelle, e Caserotte (1). - 2. Ciascun proprietario, agente, o massaro, dovrà tosto dopo la pubblicazione del presente avviso far ritirare da' detti boschi tutti i lavoratori, pastori, caprari ecc. tutto il bestiame esistentevi, abbattendo le pagliaie e le capanne, da questo, e dalle persone addette alla loro sorveglianza occupate. (1) Chi non conosce la topografia di questi boschi non potrà mai apprezzare convenevolmente le gravi conseguenze del bando militare in esame. Migliaia e migliaia dì abitanti delle concentriche Provincie delle Puglie, degli Abruzzi, e del contado di Molise (quasi la metà del regno) vivono alla lettera col frequentare ne' boschi in parola, d'onde ritraggono lo alimento per le loro vaste industrie pastorizie, ed agricole, e pe' quotidiani usi della vita, di legnare, e raccoglier erbe. Il divieto quindi di accedervi equivale alla privazione della esistenza materiale, e civile d'immense famiglie, alla distruzione del principale ramo di ricchezza nazionale nel reame delle due Sicilie. Per quanto siasi vituperata la inumanità dello editto, non si potrà mai abbastanza calcolarne la desolante efficacia! Tutto ciò che potrebbe dirsene è sempre poco. La paura da una parte, e lo spirito di parte dall'altra, chiudono le bocche sul proposito. 129 3. Nessuno da oggi innanzi potrà asportare dai paesi generi di commestibili ad uso delle masserie; né queste potranno possederne più dei quanto è strettamente necessario al sostentamento di una giornata pel numero delle persone addette alle masserie medesime 4. I contravventori del presente ordine (che avrà pieno effetto due giorni dopo la sua pubblicazione) verranno trattati, senza eccezione di tempo, luogo, e persona, COME BRIGANTI, E COME TALI FUCILATI. Nel pubblicare questo ordine, il sottoscritto intima a' proprietarii di darne conoscenza in tempo utile a' loro dipendenti, affinché, evitando il più possibile d'incorrere nelle misure di rigore prestabilite, possano queste ottenere quello scopo che il governo si prefigge, avvertendo in pari tempo, che non si transigerà menomamente nell'applicazione delle misure.

Lucera 9 febbraro 1862.

Il Tenente Colonnello

Firmato = FANTONI 

Del merito di questo documento si occupa il parlamento inglese nella camera de' lordi, tornata de' 27 febbraio, ritenendolo non solo come opera del comandante militare Fantoni, ma anche come emanazione governativa, perché fatto d'accordo col capo amministrativo e politico della provincia.

Il conte di Derby osserva, tra le altre cose: - «io presento a voi, ed al mondo in tutta la sua nuda atrocità questo proclama emanato da un governo, che vanta essere stato accettato alla unanimità dal suffragio universale nel paese, al quale si applicano tali provvedimenti; di essere un governo nemico delle oppressioni, e che da molti mesi è occupato a reprimere col sangue le più piccole manifestazioni d'insubordinazione, e di ribellione in quei paesi. Io non esaminerò l'indole di quelle ribellioni, se dipendano da affetto verso la dinastia esiliata... Ma proclami di questo genere sono una offesa alla umanità: non si può pensare senza raccapriccio ad un sistema, che devasta, distrugge, uccide etc.» 130 Al che risponde il ministro lord Russel, confessando essere pienamente di accordo col preopinante, e «pensare, che non vi possa essere atto più crudele e più barbaro di questo proclama, che confonde gl'innocenti con i colpevoli, sparge la desolazione sopra un vasto tratto di paese, mette impedimenti alla industria, e fa del governo un oggetto di terrore a tutti; aggiungendo, che un tal proclama non è inspirato da una sana politica, perché non pacifica il paese, né riconcilia gli abitanti al governo».

E nella stessa camera il marchese Normanby (tornata dei 17 marzo, e 7 luglio) espone i sentimenti di orrore, che destano i fatti commessi nel desolato reame delle due Sicilie per effetto del ripetuto proclama, e per altri posteriori. 

II. BANDI DEL MAGGIORE FUMEL 

1. = Avviso «Il sottoscritto incaricato della distruzione del brigantaggio diffida, che sarà immantinenti fucilato chiunque dà ricovero, o mezzo qualunque di sussistenza, o difesa a' briganti, o vedendoli, e sapendone il luogo, ove sono rifugiati, non dia tosto avviso alla forza, o alle autorità civili, e militari. Tutte le pagliaje debbono essere abbruciate; le torri, e le case di campagna, che non sono abitate custodite dalla forza, debbono, fra lo spazio di tre giorni venire smantellate, e le aperture murate: scaduto tal termine, saranno bruciate, ed ucciso tutto il bestiame trovato senza la necessaria forza di custodia. - Resta pure proibito di recare pane, viveri fuori l'abitato de' comuni, ed il contravventore sarà trattato come complice de' briganti. L'esecuzione della caccia è provvisoriamente vietata, e perciò non si può sparare, se non per dar avviso a' posti armati della presenza, o fuga de' briganti. - Alcuni proprietarii di Longobucco hanno posto un taglione di 60 mila ducati su la comitiva di Palma. 131 Il sottoscritto non intende vedere in questa circostanza, che «, due pentiti: briganti e controbriganti; perciò tra i primi è chi voglia tenersi indifferente e contro questi si prenderanno misure energiche perché quando il bisogno lo richiede, è delitto il rifiutarvisi» = Cirò,12 febbraro 1862.

Il Maggiore

Firmato = FUMEL. 

2. = Avviso al pubblico «Il sottoscritto incaricato della distruzione del brigantaggio, promette una mancia di frange chi 100 per ogni brigante vivo, o morto, che si presenterà. Tale mancia sarà pure data a quel brigante, che ucciderà un compagno, oltre di avere salva la vita. Diffida, che sarà immediatamente fucilato chi dia ricovero, o (mezzo qualunque di sussistenza, o di difesa a' briganti, e vedendoli, o sapendone il luogo dove sonosi rifugiati, non (ne dia avviso sollecito alla forza, ed alle autorità civili, e militari. Tutte le pagliaie debbono essere abbruciate; le torri, e le case di campagna, che sono abitate e custodite da forza, debbono essere fra 3 giorni scoperte, e le aperture venire murate. Scaduto tale termine, saranno bruciate, come saranno uccisi gli animali senza la necessaria custodia di forza pubblica. Resta proibito portare pane, e viveri qualunque fuori l'abitato del comune, e sarà tenuto come complice de' briganti il contravventore. L'esercizio della caccia è vietato. La guardia nazionale è risponsabile nel territorio del proprio comune. Il sottoscritto non intende vedere in questa circostanza, che briganti, e controbriganti. Perciò tra i primi terrà chi voglia restare a indifferente f e contro questi prenderà misure energiche, I soldati sbandati che non si presenteranno tra quattro giorni saranno considerati come briganti,i.

Celico (Calabria) 1 Marzo 1862.

Il Maggiore

Firmato = S. FUMEL. 

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Nella tornata de' 27 marzo, nella camera de' comuni d'Inghilterra, il deputato sir Bowyer suscitando la quistione su gli eccidii, che si commettono nell'Italia meridionale, interpella il ministero su gli anzidetti proclami del Fumel, che caratterizza come capilavori d'inumanità. Ed è tanto consentanea alle mire del governo sardo codesta condotta de' Fantoni, e de' Fumel, che si affretta subito a punire, e rimuovere que' comandanti militari, che non ne imitano le gesta. Gli è cosi, che nella Italia (giornale torinese) de' 21 marzo si riferisce: «Il generale Della Chiesa comandante militare delle Provincie di Salerno, e di Basilicata è stato messo in disponibilità: il generale Doda, comandante militare di Capitanata, per maggior punizione è stato jeri sospeso dalle sue funzioni per ordine di Lamarmora. Questi due generali sono accusati di non avere mostrata tutta l'energia desiderata allo scopo di impedire le escursioni de' briganti. Sono rimpiazzati da' generali Avenati, e Regis. - Si estende il raggio territoriale del comando del generale Franzini». - Per la stessa ragione è punito il colonnello Brienzi, comandante nelle Puglie, che nello accomiatarsi dalle truppe, dice: «I provvedimenti da me presi per diminuire le devastazioni e gli eccidj non sono stati stimati opportuni nelle attuali contingenze dal governo del re d'Italia, che mi e ha posto in disponibilità etc.» ed altro che sarà riportato sotto l'articolo della guerra civile in seguito. III. BANDO DEL PREFETTO DI CAPITANATA. Avviso «Per affrettare la estinzione del brigantaggio, questa Prefettura intende ricorrere all'opera de' guardiani a cavallo delle proprietà private. Disuniti, essi non gioie vano né a se stessi, né a cui servono; ed infatti costretti dal numero sempre crescente di questi predoni, essi han dovuto abbandonare il contado, e rinchiudersi nelle città,e Io mi sono persuaso a raccoglierli in squadre; così potranno rendere importanti servigii alla pubblica sicurezza, esperti come sono d'ogni più remoto sentiero. I proprietarii, ne vivo sicuro, non mancheranno agi' inviti del governo: - ho interessato il comandante della provincia colonnello Materazzo a ricevere i nomi degli accorrenti e ad ordinarli in squadre. - I guardiani debbono aver seco armi, e cavallo. - I migliori cittadini hanno volontariamente aperta una soscrizione per le diarie di queste nuove milizie, la quale in due giorni, e nella sola città di Foggia è salita a 5 mila ducati. Le altre città imiteranno il patriottico esempio. Così le forze vive del paese aggruppate potranno renderci fra breve la perduta sicurezza interna.

Foggia 18 aprile 1862.

Il Deputato funz. da Prefetto

Firmato = GAETANO DEL GIUDICE 

(1) Da questo arrotamento dl Prefetto di Foggia si ve apertamente, che la creazione non è solamente combattuta con i centoventimila soldati piemontesi, come ha confessato nel parlamento il ministro della guerra, e co' feroci proclami de' comandanti militari, ma anche con armare i cittadini contro i cittadini. E mentre per godere libertà e sicurezza e per esserne difeso, si pagano i più gravosi dazii allo Stato, si deve anche esser costretto, o a caricarsi il fucile su le spalle ed azzuffarsi nella guerra civile, o a pagare (con offerte di danaro non sempre volontarie) i mercenarii, che vi si prestano, per procurarsi una difesa alla propria vita. (1) Non è un pensiero nuovo da farsene merito al ministero di Torino quello di ordinare la soscrizione volontaria contro il brigantaggio, che mena ora tanto rumore in Italia; ma una servile imitazione in maggiori proporzioni della misura presa dal prefetto di Foggia, che non ebbe ragione di compiacersene, ed altresì da quello di Lecce, come si leggerà nel costui bando riportato nelle seguenti pagine. 

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IV. BANDO DEL GENERALE BOYOLO. 

«Comando generale delle truppe attive nella provincia r di Capitanata (Puglia).

Manifesto «In base al Proclama dello stato di assedio, io assumo i poteri politici e militari in questa provincia; e f valendomi de' poteri a me conferiti dal proclama anzidetto, ordino quanto appresso: 1. È vietato a chiunque la vendita di armi e munizioni da guerra di qualunque specie. - 2. Tanto la asportazione, quanto la detenzione non autore rizzata di armi e munizioni d'ogni qualità, sono vietate sotto pena d'arresto. - 3. Sarà considerato come connivente al brigantaggio, e come tale punito (con là fucilazione) chiunque sia trovato portatore di armi, munizioni, viveri, vestiario, e di qualunque altra cosa destinata come ricatto pe' briganti. - 4. In ciascun paese, o città dalle ore pomeridiane, fino alle 4 del mattino è vietata la uscita per le strade, e dalle città, o paesi, senza un permesso speciale del comando militare, o senza gravi cagioni giustificative: ne' paesi, dove non vi è truppa questi permessi saranno rilasciati da' sindaci. - 5. Qualunque persona viaggi dovrà esser munita della già prescritta carta di passo, se n'è priva sarà arrestata. Le panetterie disperse perle campagne verranno chiuse dal giorno di settembre e d'allora in poi i generi che vi si troveranno verranno sequestrati; e tradotte in arresto le persone inservienti - Confido, che le guardie nazionali uniranno i loro sforzi a quelli della Truppa per ottenere nel più breve tempo possibile lo scopo da tutti tanto desiderato.

Foggia il 29 agosto 1862.

Il Maggior-Generale Comandante

Firmato = BOYOLO 135

V. BANDO DEL MAGGIORE MARTINI. 

Avvino «Tutti i proprietarii, fittaiuoli, coloni, pastori, abbandoneranno le loro proprietà, i loro bestiami, campi, e industrie, tutto infine, e si ritireranno tra 24 ore ne' paesi, dove hanno domicilio. Coloro, che non si uniformeranno al presente ordine, saranno arrestati e condotti in prigione».

Montesantangelo (Puglia) 16 settembre 1862.

Il Maggiore Comandante

Firmato = MARTINI 

VI. BANDO DEL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI AVELLINO, NICOLA DE LUCA.

Avellino Il ottobre 1862. «Nel fine di porre un termite ne al brigantaggio, ed anche nello scopo d'impedire, che riceva ulteriori alimenti di uomini, di armi, di viveri e di denaro, il sottoscritto invita i signori Sindaci ad osservare, e far osservare le seguenti disposizioni, dando ad esse la maggiore pubblicità: - 1. I sindaci, e i comandanti delle guardie nazionali sono chiamati sotto la loro più stretta risponsabilità, a designare fra 6 giorni al Prefetto della provincia tutt' i conniventi, ed i corrispondenti de' briganti del proprio comune. La facoltà di designarli è anche attribuita ad ogni onesto cittadino, quando però possa irrefragabilmente provare, che essi appartengono alla classe di coloro appunto, che avrebbero il dovere di denunziarli. - 2. È richiamata in vigore la circolare di questa prefettura, con la quale si prescriveva a' sindaci di fare l'elenco di tutti gli assenti, indicandone i luoghi di dimora ed il motivo di aste senza. Tale lista dovrà essere ora parimenti compilata fra 5 giorni, mandandosene copia al prefetto, a' sottoprefetti, ed a' comandi militari della provincia, e lasciando una categoria in bianco per segnarvi i nomi di que' che si allontanassero dopo la compilazione della lista medesima; nel qual caso essi dovranno essere immediatamente denunziati alle autorità sudette. 136 Nella ripetuta lista dovranno comprendersi i nomi de' briganti conosciuti. - 3. Le autorità locali dovranno procedere prontamente allo arresto, e perquisizione de' briganti, e di coloro, che dopo l'assenza non giustificata li ritornassero nel proprio comune. - 4. Le stesse dovranno pure procedere indistintamente allo arresto de' parenti dei briganti e ladri latitanti, fino al terzo grado civile; a meno che alcuno di essi non dia utili indicazioni per lo scovrimento ed arresto del congiunto latitante, e che 4 probi cittadini non ne garentissero personalmente la buona condotta. - 5. Le truppe in perlustrazione vorranno prestarsi a perquirere esattamente tutte le case di campagna ed arrestare que' che detenessero oggetti criminosi od armi senza autorizzazione. - 6. Tutti i coloni, che andranno a lavorare in campagna dovranno munirsi di una carta firmata dal Sindaco, in cui sieno espressi in modo non dubbio i proprii connotati, la contrada dove sono posti i campi da coltivarle si, e la specie del lavoro ohe debbono eseguire; affinché i briganti colti dalla forza legittima non possano impunemente mentire dichiarandosi lavoratori. I contadini medesimi saranno tenuti risponsabili pe' figliuoli minorenni, per le donne pe' garzoni, che si facessero a portare viveri, e munizioni a' malfattori. - 7. Saranno severamente puniti i lavoratori, che nel recarsi alle opere campestri, portassero secoloro viveri oltre la quantità necessaria per un solo pasto. Le stesse pene saranno applicate a' contadini, che, prima di seminare i cereali di qualunque specie, non li unissero alla calce, onde impedire, che servissero di nutrimento a' briganti. 8. Tutte le case di campagna dovranno chiudersi, e murarsi nel termine improrogabile di giorni 15; ed i contadini, che attualmente vi dimorassero, ridursi ne! proprio comune, dove a cura e risponsabilità della giunta municipale dovranno essere provveduti di abitazioni, qualora ne fossero privi. 137 «Anche in detto termine i contadini medesimi trasporteranno nello abitato tutti i loro effetti, i foraggi, i prodotti raccolti; non che il bestiame, che a seconda della specie e del numero dovrà essere menato w nel paese, o in luogo così prossimo a questo, da tenerlo non solo al sicuro, ma da impedire del tutto, che potesse divenire preda e cibo de' briganti. Ogni proprietario di bestiame si uniformerà strettamente a tale prescrizione. - 9. I sindaci, gli ufficiali, e i militi della guardia nazionale saranno tenuti al ristoro de' danni cagionati da un numerò non maggiore di dieci briganti, o quando non accorressero a tempo per impedirli, o quando tali danni avvenissero in prossimità dello abitato, o quando, avvisati, non curassero di purgare il proprio tenimento da numero così breve di malfattori. Ogni esagerazione circa detto numero, intesa a scusare la inosservanza di questa disposizione, sarà severamente punita. - 10. Si procederà immantinenti allo arresto, disarmo, e cancellazione dalla matricola della guardia nazionale, ed alla destituzione da ogni pubblicò ufficio civile ed ecclesiastico di tutti coloro, che si rifiutassero a prestare un servizio richiesto, sia dalle autorità militari, che dalle politiche e municipali. - 11. Saranno adottata misure rigorose, ed eccezionali contro le spie de' malviventi, ed i corrispondenti de' briganti colti in flagranza, o in possesso di oggetti furtivi. - 12. Coloro che senza pruova ineluttabile di essere corrispondenti, manutengoli, e spie de' malviventi, fossero nondimeno reputati tali dalla concorde voce pubblica; dovranno essere attentamente invigilati. - La stessa vigilanza dovrà portarsi sul clero, spedendosi settimanalmente al Prefetto, sotto-prefetti, e comandi militari un rapporto su la di lui attitudine, e dirigendosi uffizii straordinarii in qualche grave caso che meriti pronte misure. Al tempo stesso saranno designati alla pubblica riconoscenza que' Sacerdoti, che nello esercizio del pio ministerio persuaderanno con l'esempio, e con il consiglio la obbedienza al governo, 138 e combatteranno con la parola gli eccessi di ogni sorta che possono turbare la pubblica, e la privata tranquillità etc. etc.»


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Il Prefetto

Firmato = COMMENDATONE NICOLA DE LUCA. 

VII. BANDO DEL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI LECCE SIG. G. GEMELLI. 

Provincia di Terra d'Otranto = Editto = Lecce 23 ottobre 1862 «È urgente finirla co' briganti. A tal fine dovranno essere osservate le seguenti disposizioni. 1. Saranno formate in ogni comune nel termine di giorni 5 e da' Sindaci, e comandanti le guardie nazionali due elenchi, uno di tutti coloro, che facessero parte delle bande brigantesche, o ne fossero (autori, conniventi, manutengoli, e corrispondenti in qualunque modo; l'altro di tutte le persone assenti dal rispettivo comune, senza uno scopo conosciuto. - Tali elenchi saranno immediatamente trasmessi al Prefetto, a' sotto-prefetti, al comando militare della provincia, ed al maggiore comandante i Reali-Carabinieri in Lecce. - 3. Dopo tale trasmessione saranno tosto messe in movimento tutte le guardie nazionali. Forti drappelli di esse percorreranno, senza altra formalità, il territorio di ciascun comune, alternando il servizio a metà giorno, dando la caccia a' briganti e tenendosi in diretta comunicazione tra loro, e col colonnello Marcheti, comandante le colonne mobili di fanteria in Taranto, come è detto con la circolare de' 21 corrente. - 4. Nelle perlustrazioni i comandanti le guardie nazionali potranno passare dal territorio d'un comune all'altro senza preventiva autorizzazione del Prefetto, e le amministrazioni municipali de' comuni più minacciati potranno, sia con mezzi proprii, sia facendo contribuire con soscrizioni volontarie i proprietarii; sia in altro miglior modo, venire in aiuto a' militi stanchi, o meno agiati. 139 - 5. Qualora oltre codesto servizio di perlustrazione occorresse il servizio di distaccamento, questo sarà ordinato dal Prefetto, o sottoprefetto, e rimunerato dallo stato con le solite competenze. - 6. Accadendo il caso, che più drappelli, o distaccamenti abbiano ad agire uniti, ne assumerà il comando l'uffiziale superiore di grado, ed a parità di gradi il più anziano in età. - - 7. Contemporaneamente sarà proceduto allo arresto, o perquisizione; - 1. de' complici ricettatori, e vagabondi d'ogni genere,3. de' refrattarii, e sbandati, - 4. de' portatori, e detentori d'armi senza licenza, - 5. de' parenti de briganti sino al terzo grado civile salvo che 4 probi e cittadini non ne garantissero la buona condotta; - 6. de' propagatori di falsi allarmi, e di false notizie; - 7. di coloro, che essendosi assentati da' comuni vi ritornassero senza giustificare il motivo dell'assenza - 8. Potranno essere anche arrestati, e perquisiti tutti coloro, che senza essere fautori, spie provate de' briganti, fossero nondimeno reputati tali dalla concorde opinione pubblica: - o promuovessero, e consigliassero occultamente la disubbidienza agli ordini, che l'Autorità abbia emanati pel brigantaggio. In tali casi però la misura dello arresto, e della perquisizione dovrà essere, direttamente ordinata dal Prefetto, o deliberata d'accordo tra il sindaco, il comandante nazionale, ed il capo Stazione de' carabinieri. - 9. Potrà pure essere arrestato, e perquisito il clero regolare o irregolare, che sarà diligente temente sorvegliato.10. ne' comuni più minacciati saranno adottati i seguenti provvedimenti: 1. Vietarsi, che massari, coloni, lavoratori, domestici, e simili vadano, o si trattengano alla campagna senza essere muniti d'una carta di sicurezza rilasciata dal Sindaco, e debiti connotati; - 2. Chiudersi, e murarsi, a spese de' proprietarii, le masserie e case di campagna vuotandole d'ogni prodotto, commestibile, e foraggio, e trasportando il bestiame in luoghi, ove sia meno esposto ad essere depredato; - 3. con mezzi amministrativi e spediti, astringere i proprietarii, che a ciò si rifiutassero. 140 - È data ampia facoltà a' comandanti le guardie nazionali d'infliggere, indipendentemente da' consigli di disciplina agli» uffiziali e militi, che ricusassero di obbedire alla chiamata le pene sancite dall'art,118 legge 4 maggio 1848 oltre la privazione del grado, il disarmo, e la cancellazione dalla matricola etc. I quali provvedimenti forse ripugnano alla civiltà de' tempi, ma a mali straordinari, straordinarii rimedii».

Il Prefetto

Firmato = G. GEMELLI 

Gravi censure sono state fatte generalmente su questo editto sanguinario, notandosi dalla stampa periodica di non avere il prefetto Gemelli la facoltà di emanarlo durante lo stato d'assedio. - I suoi effetti sono stati troppo deplorabili nella provincia. Lo spionaggio, le restrizioni al libero transito, i mandati, le deportazioni, le perquisizioni, i sequestri delle lettere, gli arresti, sono stati innumerevoli, e i detenuti sottoposti a gravi rigori: basti dire, che le mogli non potevano parlare con i mariti arrestati senza l'intervento di 2 guardie, e che le vivande particolari eran pria tagliuzzate da' custodi, e poi apprestate loro. E tutto questa pel semplice sospetto di connivenza co' briganti, Niun altro risultamento ha prodotto l'editto, se non recrudescenza del brigantaggio, maggiori disordini, nemici, e sempre nuovi nemici al governo. Inoltre lo stesso prefetto con circolare de' 6 novembre è stato costretto a dichiarare, che la forza militare (la quale in Provincia di Lecce somma ad oltre i 20 mila uomini) non basta a comprimere il brigantaggio, e per le spese n non possono sopperire le Casse pubbliche; per cui ordina a tutti i sindaci di raccogliere sottoscrizioni volontarie per organizzare, e mettere in piedi un corpo di 200 volontarii a cavallo».Intanto nella relazione di Lamarmora sviluppata in Torino nella tornata degli 11 dicembre è notato che i briganti della provincia dì Lecce si riducono a soli 70! 141 Per la cui repressione non basterebbero adunque i 20 mila uomini di forza pubblica, e le casse del governo; e s'impongono tasse volontario-forzose, ed una cerna di altra milizia a cavallo!....

Premesse codeste disposizioni, derivano di conseguenza queste esecuzioni:

1. In Sora è fucilato a' 2 gennaio, come reazionario, il nominato Domenico Ferri.

2. Pubblicata appena l'anzidetta ordinanza del Fantoni, e fattala affiggere nella città dì Trani, il comandante piemontese colà, fa venire a se il capitano della guardia nazionale, e gli dice in aria minacciosa «mi bisognano tre briganti almeno, per farli fucilare, onde la proclamata ordinanza non sia presa per una vana minaccia». Il capitano si ricusa; ma vi sono quivi altri, che per mettersi in grazia del comandante gli presentano tre poveri contadini allora sorpresi col pane nella loro bisaccia pel proprio nutrimento, donde la presunzione di connivenza col brigantaggio; per cui sono fucilati all'istante. Bisognava un esempio di terrore su le popolazioni!

3. In uno de' giorni di marzo è fucilato il contadinello Antonio Colucci, di Bajano, presso Nola (Terra di Lavoro), sol perché trovandosi sopra un castagno a reciderne i rami, preso dallo spavento al vedersi tra la truppa piemontese, che giunge, ed i briganti, che sono poco lungi da lui, fa segno a costoro di fuggire. Interrogato su questo fatto l'inesperto giovanetto risponde sempre: «perché avevo paura di un conflitto, in mezzo del quale mi sarei trovato in percolo». Ciò non ostante, è tradotto nella sua patria per esservi fucilato; ma temendosi che i militi nazionali, i quali ben conoscevano la semplicità della vittima, si rifiutassero alla tragica esecuzione, si estraggono a sorte otto fucilatoti, fra i quali esce un tale che è compare del fanciullo; ed obbligandosi i costui genitori ad esser presenti, si dà il segno; - partono gli otto colpi di fucile, che riescono tutti alti dalla mira; la pietà fa tremare le braccia nella esplosione: 142 allora per non prolungare la scena si ordina a 4 soldati della truppa di farsi innanzi, e fatto fuoco, Antonio Colucci rimane ucciso. A scherno ne vien preso il cappello, e calcato sul capo del costernato genitore, per soprassoma è condotto in carcere, dove i suoi dolori fanno tregua, perché divenuto folle, perduto l'intelletto, chiede con affettuosa ilarità alla moglie Rosa che viene a visitarlo, di aver cura della salute del diletto figliuolo, che nel delirio egli crede trovarsi a casa.

4. Nello stesso mese di marzo sono arrestate nelle Puglie 4 donne, come conniventi de' briganti: se ne fucilano 3, per effetto del proclama di Fantoni; - la 4. essendo incinta e quasi prossima al parto, le si [usa il riguardo di attendere il puerperio, e quindi è fucilata.

5. Luigi Franco, capitano di guardia mobilizzata, di Montescaglioso, distretto di Matera (Basilicata) in uno dei giorni del cessato mese di marzo, perlustrando il bosco di Bernalda, s' incontra con 12 pastori, che guardano i loro armenti, e chiede sapere se avessero notizie della banda brigantesca: costoro rispondono negativamente per essere stranieri di que 'luoghi. Procede oltre; s'imbatte co' briganti, e vi si attacca. Pochi giorni dopo, ritorna nello stesso bosco, per vendicarsi de' pastori, da' quali egli crede essere stato ingannato; invece de' medesimi, vi trova 10, o 12 contadini con le loro famiglie, li cattura, li lega mani e piedi, li chiude in un pagliaio; poi fa tirare moschettate da' suoi contro di questo e per giunta vi fa accender fuoco intorno, e così brucia vivi 10, o 12 innocenti, in presenza delle famiglie.

6. Ed anche nel cennato mese di marzo, per effetto della ordinanza di Fumel, sono fucilati quattro contadini, portatori di mezzo pane per cadauno, onde cibarsene lungo il cammino da Policastro (Calabria) fino a Cotrone loro patria: usciti appena dai primo de' detti paesi j incontrano la guardia nazionale, 143 che perquisitili, li lascia andar via, perché nulla di criminoso vede in quel poco pane. Procedendo oltre, si imbattono in un distaccamento di truppa piemontese, che senza misericordia li uccide.

7. Più tragico è l'avvenimento de' 3 aprile nell'anzidetto comune di Policastro. Vincenzo Minelli, figlio del fu Rosario, di anni 40, agricoltore, di colà, ammogliato, e padre onesto di 12 figli in tenera età, di eccellente riputazione morale, è denunziato con altri tre suoi vicini, di aver regalato del salame a' briganti. Su la denunzia verbale, e nel breve spazio di ore due, Minelli è arrestato e fucilato, con gli altri tre complici, i cui nomi sono:

Domenico Scandale, agnominato Colamatteo, mulattiere, di anni 33.

Domenico Le Rose, agnominato Granpillo, calzolaio, di anni 22.

Francesco Critozzo, mercante, di anni 60.

Il luogo della esecuzione fu il colle s. Francesco in Policastro. Inutili riuscirono le intercessioni della popolazione commossa, per ottenere almeno una sospensione di 24 ore, onde dimostrare la innocenza delle vittime; - inutili le lagrime de' parenti, delle mogli, e de' figli delle medesime.

Codesta atrocità inspira tale orrore, che la gente onesta si risolve lasciare il paese, ed emigrare altrove. Il massacro veniva eseguito d'ordine d'un signor Bigotti, capitano del 17. reggimento di linea, che volle assistere al doloroso spettacolo; e siccome le scariche di moschetteria non arrivavano ad uccidere all'intutto i quattro sventurati, ne compiva egli l'ufficio, e lo si vide avanzarsi verso Minelli con la sciabola alla mano, e fendergli il cranio d'un solo colpo. - Il Bigotti, dopo ciò, s' installa a Policastro con una certa Maria, figliuola di Sante, soprannominata la Polisona, donna crudele, e depravata; e gli si addebitano inoltre le arbitrarie spoliazioni a danno di un d. Bernardo Bevilacqua, di Ottavio Pace, de' figli d'un Pasquale Codetta, e di varii altri. 144

8. In uno de' giorni di aprile, il maggiore Fumel fa arre stare nove persone a Saracena, comune del distretto dì Castrovillari (Calabria), le fa lìgare a' pali piantati a terra, ed ordina a' suoi soldati di tirare. I cadaveri delle vittime rimangono quivi esposti per 7 giorni privi di sepoltura, ad esempio e spavento. - In seguito, nello stesso distretto di Castrovillari, fa fucilare nove persone in Bisignano, dopo che si erano presentate spontaneamente; altre due ne fa fucilare nel comune di Acri; - una donna in Corigliano, perché non faceva presentare la figlia, la quale seguiva un brigante; - altri 4 in Longobucco; - altri 6 in Cruscolo; e così in altri paesi, incendiando, e diroccando dovunque le case rurali, le capanne, i ricoveri di animali, e moltiplicando gli arresti delle persone. - Le corrispondenze di varii giornali napolitani descrivono l'allarme dello spirito pubblico in tutti i paesi delle Calabrie percorsi dal Fumel; l'avversione, che di conseguenza si aumenta contro il governo degl'invasori, ed i vantaggi progressivi della reazione.

9. In uno de' giorni di maggio, a Francavilla nel Leccese, è fucilato un soldato sbandato dell'antico esercito delle due Sicilie, a solo fine d'incutere timore, e ad esempio degli altri sbandati. - Codesta misura è poi adottata per sistema, e la si vede praticare pe' susseguenti mesi nel comune dì Roccamonfina (distretto di Gaeta) dove un giovane soldato sbandato del villaggio Garofali, tenutosi celato da più tempo senza far male ad alcuno, è fucilato nella piazza, e la madre è arrestala: - nella città di s. Germano, dove altri due soldati sbandati, presentatisi sontanei, confidando su la reale amnistia sono trasportati su d'un carretto, e messi tra le file de' soldati sono fucilati; ma uno de' due oppone tale resistenza, da reggere a' tanti replicati colpi di moschetto, fino a che l'uffiziale piemontese, deve finirlo con un colpo del suo revolver. 145 10. Nel cennato mese di maggio, secondo la costumanza agraria, varie donne sono occupate ad estirpare le erbe nocive da' campi seminati a grano: sopravvengono i soldati piemontesi, e credendole esserci briganti celati fra il folto delle erbe, fanno fuoco, ed uccidono otto di quelle sventurate.: l'uffiziale del distaccamento non riceve né pure un rimprovero da' superiori. Ciò accade a Vico, villaggio di Terra di Lavoro, nel territorio di Tricola, presso S. Maria.

11. Verso la fine dello stesso mese di maggio, in Salerno un poveruomo avanzato in età e finito di forze cade a terra presso il convento de' Cappuccini di colà. Un soldato piemontese, ritenendolo per brigante, lo fucila.

12. Ed anche intorno a detta epoca, accade nel distretto di Matera (Basilicata), che 3 briganti imbattutisi in due maestri muratori, i quali si protestano di andare pe' loro affari, e di sperar un riguardo per essere stati un tempo soldati nello esercito borbonico, risparmiano loro la vita, e li invitano a seguirli in una prossima cascina, dove sopraggiunta la guardia nazionale, i tre briganti, come più destri, prendono la fuga; ma i due muratori rimangono, sicuri della loro innocenza, e narrano il fatto a loro discarico. La guardia nazionale se ne persuade, e li conduce a Matera, consegnandoli a' piemontesi, che fanno da padroni. Ma questi, ad pota delle più palpabili pruove d'innocenza, e delle testimonianze prodotte da que' due miseri, li fucilano su la piazza dell città, non di altro rei le non di non essersi fatti ammazzare quando s'incontrarono con i briganti.

13. Corrispondentemente nella prossima città di Potenza è fucilato un povero uomo, il quale andava vendendo per que' paesi, chiodi, ferri da cavallo, ed altro, su la semplice deposizione di un nemico, che lo denunzia come spia di briganti.

14. Nelle ore pomeridiane de' 5 agosto, in mezzo alla piazza di Vallo (Salerno) al cospetto di tutte le autorità amministrative, e giudiziarie, che ne restano indifferenti, è fucilato l'innocente giovane, Vincenzo Gatto, guardia nazionale di s. Biase, 146 arrestato poche ore prima mentre zappava in campagna con due cartucce in tasca, rimastegli per dimenticanza dal giorno precedente che era stato di servizio; i bersaglieri piemontesi, che lo catturavano, per tutta risposta alle discolpe dell'infelice giovane, gli dicono sul luogo della esecuzione, voltati le spalle, ed otto moschettate Io rendono cadavere.

15. A' 4 settembre sono fucilati in Monteleone (Calabria) i soldati sbandati ritenuti come briganti, Benedetto, e Raffaele Scalese, di Castagna, - Vincenzo Pontieri di Carpenzana, e Domenico Ceranda, anche di Carpenzana.

16. A' 7 del mese stesso sono fucilati Antonio Gasparo, di Conca (distretto di Gaeta), - Nicola Martelli, di Vico (Capitanata); - ed un ignoto rinvenuto da un distaccamento di bersaglieri e creduto spia di briganti, nel bosco Vecchio di' Rocca Rainola, presso Note (Terra di lavoro).

17. Il Giornale officiale di Napoli riporta, che a' 23 del suddetto mese un drappello misto di carabinieri, e di soldati del 12. di linea arresta nel territorio di Campoli (Benevento) tre individui armati, e lì fucila A' 24, un altro drappello militare arresta il brigante Michele Notarangelo, mimato, e all'istante lo passa per le armi. A' 25, un drappello di carabinieri, e di soldati del 29. di linea arresta in una cascina, nel territorio di S. Agata de' Goti, il disertore armato Giovanni de Martino, e lo fucila; ed arresta secolui il manutengolo Agostino Jannotta, e due donne.

18. Il giornale Ufficiale di Sicilia de' 27 ottobre annunzia, che Onofrio Santoro Tommaso Sciortino, Gaetano, ed Onofrio Scardina, sorpresi armati al passo di Torremuzza, sono stati nel precedente giorno fucilati in Bagheria.

19. A' 3. novembre, un distaccamento di bersaglieri, e guardie nazionali, presso s. Fele (Basilicata) incontratosi col brigante Cario La Rossa, lo fucila all'istante.

20. Un altro drappello di 59. guardie nazionali mobili, a' 7. ' del mese stesso, fucila quattro porcajuolj, di Pedace (Calabria) nel bosco Colle della Vacca, tenimento di Cosenza, non di altro rei, che di false informazioni date, su talune interrogazioni. - E nel giorno stesso il maggiore piemontese 4yechelburg prende, e fucila nel distretto di Melfi il brigante Frecina di Bisaccia.

21. E nello stesso mese di novembre un distaccamento militare sorprende io un podere pressa Celliano (disretto di Campagna in Salerno) il vecchio settagenario Giuseppe Vecchi, mentre è addormentato, lo conduce in prigione, e nel dimani è fucilato, correo di esserci recato a visitare il figlio aggregato nelle bande.

22. A' 3 del mese anzidetta dieci contadini, abruzzesi (di Aquila) secondo l'antica costumanza agraria si recano a lavorare sul limitrofo stato pontificio, dove entrati appena, e distesi a terra per addormentarsi, sono sorpresi da un drappello di piemontesi, che violando quel territorio, ne arrestano sette (essendone, tre riusciti a fuggire) e ricondottili al di qua della frontiera del regno, un capitano piemontese li fa fucilare, senza né pure imbarazzarsi, a liquidare se fossero reazionarii, o pur no.

23. A' 19 del ripetuto mese il colono Antonio de Luca, capitano della guardia nazionale di s.. Anastasia presso Napoli, concerta,: mediante il prillo di 400 franchi, col contadino Saverio Sbarretella, la uccisione di tre soldati sbandati dell'antico esercito nascosti in quelle vicinanze cui il Saverio era solito recare il cibo da parte delle rispettive famiglie. Si riesce con tradimento ad ucciderne due nel loro nascondiglio, ed i cadaveri sono trascinati nel paese, e quivi esposti a ludibrio nella piazza, fino a tutto il giorno 20. Nel dimani si paga il prezzo del sangue al Saverio, che lo spende in un clamoroso banchetto con varii di que' militi, sbevazzando su la facile vittoria. 148 24. Aggiunge il Giornale ufficiale di Napoli de' 12 di novembre: «Annunziamo con piacere, che le operazioni del Colonnello Fumel (pochi mesi prima era mangiare, ed ora è promosso dì due gradi militari) contro il brigantaggio sono già cominciate - Noi possiamo altresì annunziare, che a S. Fele si è già cominciato a fucilare i ladri occulti ed i corrispondenti de' briganti» - Fra le molte fucilazioni de' cosiddetti manutengoli di briganti, se ne notano 4 nel solo 8 dicembre.

A' 7 dicembre la guardia nazionale di Bonefro (Molise) fucila Domenicantonio Verna di S. Elia, preso nel bosco Fìcarella, con le armi alla mano.

25. A' 14 del mese stesso i bersaglieri dì Palma (Nola) fucilano Biagio Simonetti, agnominato Capotiello, soldato sbandato - La guardia nazionale di Faeto uccide due briganti della banda di Carlo Addosio. - In Lanciano è fucilato Domenico Andreoli, arrestato e ferito da quel funzionario di polizia de Michele.

26. Nella tornata del parlamento di Torino de' 25 novembre, il deputato Nicotera, tra le altre cose, dice:..... «A Canicati, non essendo riuscito a quel prefetto di arrestare il Sindaco, creduto garibaldino, fa arrestare il padre di 74 anni. A Noto, l'egregio giovane Mariano Salvo la Rosa, direttore del Democratio, un giorno scrisse un articolo contro il prefetto; ebbene, è reputato così grave questo fatto, che l'infelice giovane è posto in una prigione cosi orribile, che dopo qualche giorno, hanno sbocco di sangue, e muore. - A' 2 ottobre un tal Vincenzo Caferro, di Siculiana pensa di andare a caccia, e tira la fucilata ad un uccello, indi si accorge, che si avanza la truppa, ed allora questo disgraziato temendo, che la truppa per aver inteso il colpo di fucile lo arrestasse, si rifugia nella casetta vicina d'un contadino cui narra il fatto: questi risponde: che hai a temere? se viene la truppa io mostrerà l'uccello ucciso, e si persuaderanno; lascia a me il fucile, ci penserò io. - L'altro acconsente - La truppa arriva, e fa il suo dovere. - Dal momento che v'è il bando di proibizione per le armi, arresta il contadino, 149 lo porta a Siculiana: si telegrafa al prefetto; e il prefetto ordina la fucilazione. In questo io domando la testimonianza del deputato Cognata.»


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Quest'ultimo parla, ed aggiunge: - «L'onorevole Nicotera ha chiamata a testimonianza il mio nome: io sento il dovere di dichiarare, che il fatto da lui narrato, in gran parte vero, merita rettifiche; le quali però aggravano l'orrore che deve inspirare nell'animo degli onesti la fucilazione d'un innocente, e per conseguenza aumentano la responsabilità del ministero. Parve a me, o signori, che in quel fatto, sostituito l'arbitrio alle leggi, la giustizia fosse un nome. vano per la mia Sicilia. Sotto l'incubo di questa fatale impressione, io, deputato al parlamento e rappresentante dì qual corpo elettorale, scrissi una lettera al presidente del Consiglio, che non si degnò rispondermi: da quell'altezza que' signori stentano a vedere questi piccoli insetti, che si chiamano rappresentanti del popolo».

E il Nicotera ripiglia: - «dirò solamente di. un fatto avvenuto a Fantina,, che può essere provato da un nostro collega, che sta qui nella camera. Un giorno a Fantina si presentano sette garibaldini, sette uomini vestiti con la camicia rossa. - L'ufficiale, che era a Fantina li crede disertori, ed ordina la fucilazione. Due, di questi disgraziati gridano, protestano, dicono: noi non siamo disertori. Ma non si sente ragione, sono fucilati tutti e sette: dopo la fucilazione si vetrifica, che veramente due non erano disertori... - Debbo necessariamente discorrere di un bando emanato il 31 agosto dal generate Cialdini in Sicilia. Questo bando, ignori, non ha potuto esser letto dall'Europa civile del 1862 senza rabbrividire per orrore. Né si può egli riparare sotto lo scudo delle circostanze eccezionali di guerra; poiché né meno la prepotenza militare può giustificare quel proclama, che pare dettato da Tamerlano, da Gengis-Kan; anzi si sarebbe meglio attagliato ad Attila circondato da' suoi Unni, che invase l'Italia». 150

E nella susseguente tornata de' 30 l'altro deputato Ferrari dice al governo di Torino: «... voi con la vostra condotta avete prodotto un grandissimo malcontento in Sicilia, ed in Napoli; avete violata la Costituzione con tanti arresti, e col modo atroce di reprimere il brigantaggio, cioè con gli incedi de' paesi, e con le fucilazioni: questa è una giurisprudenza nuova. Quel che è peggio

, gli

arrestati in Napoli, ed in Sicilia non sono mai liberati, e le fucilazioni vengono eseguite contro chiunque è colto con le armi in mano».

27. In vari giornali napoletani sotto là data degli 8 dicembre si legge: - «Nello scorso mese elemosinava per Napoli una infelice donna, lacera delle vesti, sparuta nel volto, con sei infelici bambini figli, il più grande de' quali non oltrepassava l'età di 7 anni. Era là vedova di Pasquale Bugito, dì Afragola (grossa borgata a poche miglia da Napoli) barbaramente fucilato senza formalità di giudizio senza e senza colto con le armi alla mano, senza aver fatto parte di alcuna comitiva. Abbiamo voluto prendere esatte informazioni della verità, ed abbiamo verificato, che il Bugito non trovando più ad esercitare il mestiere di domestico, si mise ad esercitare quello di facchino, e talvolta recavasi a Benevento a rilevare un po' di tabacco; in una di queste fiate, al di qua di Cancello, vedendo la truppa, si tenne nascosto presso un gruppo di tavole, e catturato, non valsero le sue ragioni, e la indicazione della patria, ed invano chiese esser tradotto in giudizio. Dieci palle lo freddarono senza più, ed ei lasciava la moglie incinta, e sei miseri figliuoletti».

Ma le fucilazioni sistematiche, e sopratutto quelle degl'innocenti, non bastano a domare l'avversione, che per gli atti arbitrarii del nuovo governo si aumenta sempre più nelle popolazioni. - E come se fosse poco lo sperperamento, che si fa giornalmente delle umane vite, non si risparmia né pure all'onore, 151 come si compruova in un ultimo avvenimento del mese dì dicembre, riferito da' giornali sotto la data de' 6 nelle corrispondenze della provincia di Cosenza. Ivi è narrato «che un Delegato di Polizia insidiava l'onore di casta giovanetta, contadina di uno di que' villaggi, che ferma a respingere le inoneste lusinghe del medesimo, ha però dovuto soccombere nella vita per una delle tante atrocità in corso; perocché il seduttore, col pretesto di esser colei parente d'un brigante, fattala condurre pochi passi fuori l'abitato, con un vecchio parente, che la consigliava a non cedere alle sollecitazioni, ha disposto di entrambi la fucilazione; ciò che ha destato orrore nel pubblico».

Lo sfogo adunque alle private vendette giunge all'eccesso in ogni punto del reame delle due Sicilie, dove facilissimo è stato agl'invasori il poter distruggere le buone istituzioni amministrative, giudiziarie, e finanziarie che vi erano, ma impossibile riesce loro il ricostruirne migliori.

28. A dì 8 dicembre la guardia nazionale di Bojano (Molise) arresta due briganti, e sul momento li fucila. - Il colonnello Fumel con 3 compagnie di guardie nazionali, e con 20 carabinieri, nella provincia di Cosenza (Calabria) uccide 5 briganti in varii conflitti, - prende 52 prigionieri, de' quali fa fucilare 17.

29. E pochi giorni prima è fucilato in Lanciano (Abruzzo) un vecchio ottagenario pel sospetto di connivenza con i figli, che fanno parte delle bande reazionarie.

Ecco adunque con quali mezzi i piemontesi intendono, che dovesse rigenerarsi, ed unificarsi l'Italia; e sperano di consolidare la loro signoria nel regno di Napoli; dove vorrebbero far credere in Europa esser contenti i popoli, ed i costoro disperati sforzi per sottrarsi al loro giogo si dovessero interpetrare come voti, suffragi di amore, e conservazione. Se ne' tempi andati serpeggiò qualche elemento di malumore e di astio in que' paesi (fomentato da occulte istigazioni settarie, ora confessate palesemente), 152 il governo legittimò, come ognuno sa, provvide con giustizia, e moderazione. E pure, lo scalpore, le lamentazioni, e finanche le straniere intercessioni accorsero a favore de' colpevoli in allora; ma al presente, che in realtà quivi è flagrante l'atrocità degli eccidii, la indifferenza, ed il silenzio regna dovunque!

Sono cose, che appena sì crederebbero possibili, se non le avessimo sotto degli occhi! E purè hanno la Idro spiegazione naturalissima dal solo fatto dell'essere il potere sovrano divenuto eredità di que' medesimi cospiratori, i cui supposti strazii si compiangevano da potenti confratelli stranieri, i quali miravano ad ottenere, che tutta la nazione diventasse preda indifesa delle sette. Ottenuto questo, essi non conoscono altri mezzi di governo, che imprigionamenti in massa, e niun altra legge, fuorché quella del terrore, a danno ili onesti cittadini, cui si ascrive a grave misfatto solo lamentarsi, protestare. - Così è dimostrato, che una finta ed immaginaria tirannide sopra de' pochi, è stato il mezzo più efficace per arrivare ad esercitare una verissima tirannide sopra i molti; e non è da fare lemeraviglie, che quei pochi, afferrato il potere, lo adoprino senza misericordia per reprimere le reazioni, le quali sono una maniera convenientissima, secondo le idee in voga, da esprimere la unanimità del suffragio troppo sfavorevole alla fazione che ha afferrato il potete. Intanto è officialmente constatato essere settemila i fucilati nel regno di Napoli, cioè i soli fucilati per arbitrio del potere militare, non compresi quelli uccisi combattendo, ed altri molti sagrificatr nel folto delle boscaglie, e ne' lontani paeselli. - Il primo risultamento delle indagini della Commissione d'inchiesta parlamentare è stato di conoscere questa ecatombe umana di settemila fucilati; numero che là stampa imparziale ripete con raccapriccio, e ne incolpa la setta, che si vanta rigeneratrice d'Italia! 153 V. GUERRA CIVILE. Volgendo lo sguardo sul civile consorzio del reame delle due Sicilie, si vede una situazione, che non può essere più trista. Partiti frementi, ed inesorabili, che si imputano a vicenda i mali della patria; i vinti ed i traditi rialzano il capo e minacciano i prepotenti, ed i traditori; da queste ire è generata quella reazione, che come l'idra favolosa riproduce le sue teste, che credevansi troncate; reazione oramai divenuta guerra civile per le sue proporzioni, e pel suo innegabile carattere politico: perché i sempre carattere politico quello che muove molti uomini a combattere disperatamente un principio governativo, col quale flagello vanno di conserva le uccisioni, le devastazioni, i depredamenti, che mettono in continuo repentaglio la pubblica, è la privata fortuna. Come conseguenza di questo stato si aggiunge il ristagno delle operazioni commerciali interne; ciò che fa infierire la miseria dovunque, perché da un lato toglie i mezzi di guadagno ad una moltitudine infinita di persone, e dall'altro fa aumentare il prezzo delle materie alimentizie, come tuttodì si verifica. - A' tristi data balia di governarsi a lor talento; a' pacifici cittadini è tolta ogni sicurtà di vita, e di averi. Né basta alfe funzione prevalente opprimere i suoi avversarli politici; essa pretende, che in generale si abbia ad esultare della oppressione, soffocare il crepacuore, accendere luminarie, denunziare da spia per non cadere in sospetto. - Egli è perciò, che quando ne' molti luoghi delle province meridionali, venutosi alle armi, hanno trionfato i cosi detti borbonici sì è voluto dire di essere scoppiata la reazione, mentre dove pel soverchiante numero, e per la gran copia d'armi hanno avuta la meglio i piemontesi, con il partito loro aderente, si è versato molto sangue, si sono riempiute le prigioni, allora si è detto che l'unità d'Italia si consolidava, e l'ordine era mirabilmente conservato; ma i vinti od i non pochi perseguitati per sottrarsi alle implacabili ire de' nemici si son dati a battere la campagna. 154 Il governo subalpino, che sa di aver nemico il mazzinismo, ma lo tollerai per paura, ha inventato perciò nel suo linguaggio officiale, ed ha fatto adottare il vocabolo di BRIGANTI, per indicare il sentimento a lui ostile delle popolazioni che si sollevano per riacquistare la loro indipendenza; - siccome dal 1849 al 1860 aveva inventato, ed avea fatto adottare, anche nel Congresso del 1856, a suo esclusivo profitto, che i principi italiani erano invisi perché tiranni, e che i loro governi erano condannabili sotto ogni aspetto; mentre macchinava per detronizzarli, ed usurpare i dominii. - Inventa ora così, e vorrebbe far credere, che sia divenuto felice il reame delle due Sicilie da lui rigeneralo con l'annessione; per dar luogo ad interpretazioni diverse su le, resistenze popolari che sperimenta.

Ma in un paese ridotto a tali condizioni, non vi è bisogno di molto esame per conoscere la vera pausa delle reazioni. Quando tutti i sentimenti di giustizia sono offesi da chi dovrebbe difenderli; - tutti i più gravi interessi abbandonati al latrocinio de' potenti; - quando le promesse guarentigie di legge rimangono una lettera morta; la libertà individuale non più rispettata; l'arbitrio, il volere d'un uffiziale, ed anche di un caporale divenire il regolatore del borgo, del villaggio, della città; ed intorno alla sciabola; dell'uffiziale ed alla baionetta del caporale stringersi spesso i più malvagi del paese per soddisfare le loro privata passioni, - allora il popolo ridotto agli estremi si ricorda, che fu incitato, dal 1848 al 1860 pel segreto lavorio delle sette, a ribellarsi contro i governi paterni che lo reggevano con moderazione, e non saprebbe rassegnarsi a padroni illegittimi, che lo trattano da schiavo: si ricorda, che non sono abbrutiti e corrotti, (come vorrebbero dargli a credere taluni) i discendenti de' Siculi, e degl'Itali, forti razze primitive, d'onde ebbe nome tutta la nazione; i discendenti di que' Sanniti, dì que' Marsi di quegli Appuli, che seppero resistere, e talvolta vincere le invitte aquile romane; 155

i distendenti de' più perdurati fra i longobardi, de' più arditi fra i normanni; - il popolo si ricorda che anche le sue moderne generazioni han saputo risplendere accanto a' lombardi ed a' piemontesi negli eserciti napoleonici; - e che non ha perduta la vigoria con la quale seppe protestare col sangue contro la decennale occupazione di straniero dominatore, - il popolo infine col suo contegno smentisce le calunnie di colono, che vorrebbero attribuire alla corruzione del governo antico, o a subdole influenze lontane, lo stato presente del reame; e dimostra col fatto, che un governo corruttore non avrebbe potuto lasciare tanto affetto e desiderio di sé; che un popolo corrotto non versa il suo sangue per un principio; che se il fuoco non fosse stato per se stesso acceso, sarebbe riuscito inutile il soffiarvi dentro; è che da ultimo la cessazione della reazione non è possibile, se prima non cessa la invasione straniera da cui si ripete l'attuale desolazione. Il movimento popolare adunque, che la fazione al potere chiama per dispregio il brigantaggio, è nella pubblica opinione il movimento rigeneratore d'Italia.

Della laconica definizione data dall'Hobbes alla guerra civile bellum omnium in omnes, si esamini ora come nel parlamento di Torino ne vien fatta una maestrevole applicazione alle attuali province meridionali: «In che consiste il brigantaggio? (si fa a ragionare il deputato Ferrari nella tornata 29 novembre) Consisterebbe nel fatto (come vorrebbe far credere il ministero), che 1500 uomini, capitanati da 2 o 3 malandrini, tengono testa ad un regno, e ad un esercito di centoventimila soldati? - Ma quei 1500 sono semidei, dunque, sono eroi! Intanto, mi si risponde, sono esseri illegali, eminentemente incostituzionali, e quindi conviene opporre la violenza alla violenza. Quindi, se per se stesso il brigantaggio si riducesse ad una sciagura, di cui potreste rendervi irrisponsabili, la repressione del brigantaggio diventa un vero caos di guerra interra civile, e causa di nuove repressioni eccezionali. 156

- Io mi ricordo, che appena voleste credermi quando vi dissi di aver visitate le provincie meridionali, e di aver veduta una città di cinquemila abitanti distrutta.. e da chi? - Forse dai briganti? No! Adesso, o, signori sappiamo, che si fucila, che le famiglie sono arrestate, che sono detenuti in massa; che vi sono in quelle provincie degli uomini liberati da' giudici, e ritenuti in carcere in virtù dello stato d'assedio, che era stato proclamate, e che si dice cessato; ma essi sono ancora detenuti! (Voci di conferma a sinistra)... Poi si è introdotto il nuovo diritto, sul quale le dichiarazioni del ministero non hanno lasciato alcun dubbio; il DIRITTO, dico, DI FUCILARE UN UOMO PRESO CON ARMI ALLA MANO. QUESTA si chiama GUERRA DI BARBARI, GUERRA SENZA QUARTIERE. Ed all'interno come si chiama? Dateci. voi un nome.., io non so darlo. E se il vostro senso morale non vi dice, che camminate nel sangue, io non so come spiegarmi. Molti sindaci ad Gargano sono stati messi a pane ed acqua; e da chi? Non da' briganti, perché non ne avevano tempo. Il sindaco di Serracapriola è stato battuto, da chi? - Io non lo so. In somma è aperta una inchiesta, io non voglio pregiudicarla. Ma vi debito ripetere le parole con le quali finiva un mio discorso, dicendovi, che se noi perseveriamo nella via, in cui ci siamo impegnati, noi entriamo nell'era degli antichi tiranni italiani... Io ho visto Pontelandolfo incendiato; a Pontelandolfo si oppone adesso Aspromonte. Dove siamo noi? - Quello che dico del regno di Napoli deve ripetersi per la Sicilia, se non che ivi il clima è diverso, e, gli uomini di opposta natura. Quindi altre scene... quindi le repressioni militari; quindi proclamate leggi terribili: quindi le fucilazioni hanno luogo anche in Sicilia SENZA PROCESSO...».

Nelle provincie meridionali adunque (secondo la espressione del Popolo d'Italia, 21 novembre) «il governo di Torino sparge in copia il sangue, e spessa sangue innocente, ed è finito per porre que' paesi nella terribile condizione dì dover tremare, 157 ed avere m orrore più gli Agenti del nuovo Potere, che briganti ! Arbitrio, ed impotenza sono le sole armi dei governo, e così non potrà mai distruggere il brigantaggio, ma perdere invece, (come gli è accaduto), l'affetto delle popolazioni.» - Ed arduo sarebbe il voler tutte enunciare le sanguinose lotte della guerra civile quivi fervente nel corso del 1862, maggiore, e più fiera che non sia stata da due anni.

Del numero di stragi, incendii, depredazioni, fucilazioni e ruine che essa arreca sarebbe ben ingenuo chi volesse farsene un concetto dalle sole quotidiane relazioni ufficiali, che sono stampate sul Giornale di Napoli, o da altri cenni, che ne pubblicano i diarii colà. - Delle relazioni militari, e di polizia, che giungono in Torino al comando generale, ed al ministero, solo centro da cui si potrebbero trarre più esatte notizie, una parte rimane infatti naturalmente secreta, come materia di alta polizia militare e da un altra parte la stampa va ad attingere quello che può e che crede, e cosi sì ha sempre una scarsissima parte del vero. Si è pubblicato che durante il 1861 fossero ammontati a 574 gli scontri tra truppe piemontesi e reazionarii; cifra, che dovrebbe essere di gran lunga maggiore pel 1862: ma chi può assicurarlo con certezza? Basti dire, che nel corso dell'anno stesso sono giunti ogni di, su tale materia al comando generale militare, da un 60 a 100 fra telegrammi, e relazioni, delle quali ì giornali non possono, o non voglio pubblicare più di quelle quattro, o sei, o dieci, che così sole si diffondono poi per la stampa. Inoltre si sa anche per prova, che non mai vengono riferiti in quelle relazioni tutti i fatti che accadono. Parte rimangono ignoti a' carabinieri stessi o a' militari; - parte per molti motivi non vengono riferiti, o per riserbo delle autorità che scrivono,, vengono attenuati. 158 Non presumiamo perciò di esporre in questo colpo d'occhio una cronaca, esatta e completa della guerra civile e delle fucilazioni nel periodo annale del 1862; - ma fornire nell'insieme tutti gli elementi che si son potuti raccogliere in un Sommario cronologico; certi, che in esso non sarà il minore inconveniente l'aver dovuto empire molte pagine di nomenclature corografiche e topografiche, rattristante da una monotonia di tragici eventi, poco tra loro diversi per la maggiore, o minor violenza del risalto, e della rispondente compressione. 

Sommario cronologico della guerra civile nel corso dell'anno 1862

Mese di gennaio.

A dì 2. Attacco nel tenimento di Sora fra truppe piemontesi ed una banda di reazionarii: è preso fra questi un Domenico Ferri ed è fucilato a Sora.

Dal 1 al 3. Attacchi a Trentinara (Abruzzi) è preso e fucilato Daniele Cicchetti, ritenuto come capo-banda. - Da Basilicata giungono notizie di piccoli scontri fra truppe, e briganti (seguiamo in questo vocabolo il linguaggio officiale): Quelli che infestavano l'agro di Palo (Salerno) furono disfatti, lasciando sei morti, le 17 prigionieri. Si ha da Nola, che nella settimana se né sono presentati più di 69 della banda Cipriani;

A di 4. Sotto il comune di Auletta (confine tra le due province di Salerno e di Basilicata) lungo ed accanito combattimento sostengono i reazionarii ivi riunitisi: la truppa piemontese soffre varie perdite, ma uccide 26 de' primi e mette in fuga gli altri - fa 18 prigionieri. 159 A di 5. Il giornale officiale di Napoli annunzia oggi, che il comando militane di Capitanata avendo spedito in perlustrazione un forte pelottone di cavalleria (Lancieri) comandato dal conte Fossati è stato quasi tutta ucciso in una imboscata tesagli da una comitiva di 200 irriganti presso al ponte della Sassela poco lungi dalla città di Foggia.

Si annunzia nell'odierno giornale il Popolo d'Italia,, un altro scontro presso il comune di Rotello (provincia di Molise) de' briganti con i cavalleggeri di Montebello; - morti 16 de' primi e 5 de' secondi: ed un combattimento presso S. Severo Puglia durato una intera giornata tra truppe regolari, e grosse bande reazionarie armate, senza decisivo risultamento, e con molte vittime da ambo le parti.

A dì 6. Si ha da Catanzaro (Calabria) essere stata distrutta, ed uccisa in un attacco la banda di. Carbone, composta di sei individui.

A Castellammare in Sicilia si procede militarmente per il grave avvenimento (riferito pagina 35), le cui conseguenze confermano i caratteri, di una guerra civile.


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Indirizzo della guardia nazionale di Napoli espresso per organo del suo comandante Tupputi, felicitando quella del piccolo comune di Pietragalla in Basilicata. per la valorosi difesa sostenuta testé contro i briganti.

Da' 7 a' 16. Attacco in Ripacandida; (distretto di Melfi) nel cui bosco è ucciso il capo-banda Michele. de Biase - l'altro capo-banda Andrea de Masi, detto il Miseria, presso Benevento, con cinque compagni, si arrendono, al capitano Capanna del 18. bersaglieri; - due altri di essi sostengono il fuoco con la guardia nazionale ed i carabinieri di Colle, nella stessa provincia, e sono fucilati. - La guardia nazionale riunita de' comuni di Calabritto e Senerchia (provincia di Avellino) dopo un conflitto con i briganti di Oliveto, ne resta dodici, tra i quali 4 feriti. - Ad Angellara (provincia di Salerno) vi è attacco fra la truppa, e sette briganti, due de' quali rimangono uccisi, gli altri fuggono. 160

- Nel fare una perlustrazione in una grotta presso Lago Pesole (Basificata) si rinviene una spagnuolo, che si annunzia pel maggiore Agostino Capdivilla: si dice che abbia seco carte rilevanti.

Da' 17 al 33. Da telegrammi officiali si ha che una banda di 150 reazionarii a cavallo, presso il fiume Fortone (linea di confine tra le Puglie, e la provincia di Campobasso) attacca una compagnia di truppa piemontese ivi appiattata, la quale si difende valorosamente alla baionetta, ed obbliga gli assalitori a fuggire, lasciando sei morti sul terreno: i fuggitivi s'incontrano con altre due compagnie di truppa che cagionano loro altre perdite. - De' soldati un solo morto!

Altro attacco nella masseria Lauria, tenimento di Serracapriola (Capitanata): dove il maggiore Sommasi, col suo battaglione piemontese attacca 100 briganti a cavalla, e dopo aspro conflitto, ne uccide dodici, e mette in fuga gli altri.

Da' 24 a' 31. Nel vasto bosco Petacoiato (che si estende da setto Larino in Molise fin presso Vasto, Abruzzo) scorrazza una forte banda di reazionarii. La truppa muove contro di essa, e la fa fuggire nel contiguo bosco Ramitelli, presso Termoli. La guardia nazionale mobile in Molise attacca e disperde la banda reazionaria comandata da Nicola d'Alessandro ferendone ed uccidendone parecchi.

Altro telegramma officiale annunzia che in S. Severo di Puglia sono carcerati 56 reazionarii presentatisi, e molte persone loro conniventi. - Ciò non di meno la stampa esclama esser quivi imperversante più ohe mai la reazione, e vigoroaissima, non ostante le energiche persecuzioni date dalla truppa alle varie bande, le frequenti fucilazioni, gli arresti, e le nevi invernali, che non impediscono le ardite razzie; cosicché il prefetto di Napoli generale Lamarmora si è visto nella necessità di chiedere rinforzi di altre truppe al governo di Torino. - Al quale come se fossero pochi i gravi imbarazzi del brigantaggio, si aggiungono i maneggi a favore del principe Murat, annunziando la Patria del 13 di questo mese (giornale liberale di Napoli) 161 «di essere, stato arrestato Gaetano de Peppo, facoltoso possidente della Puglia, attivo agente in questa impresa e detentore di varie lettere convergenti allo scopo». Mese di febbraio.

A' 2. In Lesina (Capitanata) sono sorpresi e fucilati due reazionarii feriti celati in un pagliaio.

A' 3. Riunite varie guardie nazionali de' comuni della provincia di Campobasso si attaccano con una banda di reazionarii a cavallo, che riesce a rinselvarsi nel bosco S. Agata, al confine verso le Puglie, lasciando 34 cavalli, e varii oggetti.

Da per tutto ingrossano le bande. - Presso Mola, nel distretto di Gaeta, è rinvenuto il teschio del sindaco Francesco Spina ohe dopo essere stato pel passato un devoto del cessato governo si mostrava ora caldo partigiano dei piemontesi.

«I posti avanzati d volontarii borbonici (dice un giornale napoletano di questa data) si concentrano nel bosco Monticchio presso Melfi, giungono sino a Toppo di Scilla, e son comandate da Coppo; altre bande sono a cavallo. - Ardite manovre compie nel Cilento la banda comandata a dal giovane Giuseppe Tardio, che in varii piccoli comuni, senza arrecar danno ad alcuno, ha ristabilito, fra le popolari acclamazioni, le statue, ed il governo del re Francesco II. - Nella provincia di Molise i reazionarii armati si sono impadroniti di 16 carriaggi appartenenti al governo. - Nel mezzo del mercato di Caserta ì popolani sfogano l'animo loro con evviva al re Francesco II. Dalla Sicilia notizie oltremodo gravi: per gli angoli dell strade leggonsi affissi i cartelli eccitanti il popolo alla rivolta: una catastrofe sembra imminente».

Nella notte de' 4 a' 5. presso Bovino una banda arresta due uffìziali piemontesi, che viaggiano nella messaggeria diretta a Napoli e seco conducendoli, ne fa ignorare il destino. 162 - Nella città di Reggio (Calabria) il governo allarmato fa eseguire molti arresti, per la scoverta d'un complotto legittimista.

Una nuova squadriglia di 30 briganti si presenta in Basilicata, ed aggredisce una borgata presso Castelvetere. - Un' altra banda di 12 è sorpresa quivi nelle capanne in tenimento di Muro; e tre soli riescono a fuggire: gli altri nove son fatti prigionieri.

Dal 6 al 26. Una comitiva di circa cento soldati borbonici sbandati, comandati da Cipriano La Gala scorre per la provincia di Terra di Lavoro, e s'innoltra quasi a vista di Napoli, impegnandosi in conflitto con la truppa.

Un'altra banda dello stesso numero, a piedi e a cavallo (credonsi quelli comandati da Croce) proveniente dalla Basilicata, è venuta a rinforzare la reazione nella provincia di Bari.

Notte de' 27. Attacco tra una banda di 20 reazionari! con le guardie nazionali del villaggio S. Felice, presso la masseria Castagneto, tenimento dì Pietravairano (distretto di Caserta) i primi, secondo la loro strategica, si sparpagliano dopo una breve zuffa.

Sera de' 28. Scoppia, una bomba avanti al real teatro S. Carlo in Napoli.

Nel corso di questo mese le mura di Napoli sono spesso coverte di affissi, su cui si legge alternativamente «Viva Francesco II - Viva Mazzini - Abbasso il Piemonte - Morte a' piemontesi».

Il Moniteur, e la Patrie de' 20 febbraio riferiscono: «una nuova manifestazione in senso mazziniano avrebbe avuto luogo in Napoli: da lungo tempo la città non si è trovata in una simile agitazione: i muri sono coperti di cartelloni, su cui si può leggere a mano a mano Viva Francesco II - Viva Mazzini! La gente si accapiglia nelle vie in mezzo ad una confusione, a traverso la quale il governo pena immensamente a far sentire la sua autorità». 163 Mese di marzo.

A' 2. Il luogotenente Gianinì, e il sergente foriere Verdura della guardia nazionale di S. Giorgio la Molara (Avellino) sono aggrediti da tre reazionari nella strada che mena da Arpaia a Montesarchio.

A' 4. In vicinanza del Bradano (fiume che divide la Basilicata dalla Puglia) una banda di reazionarii impegna un vivo combattimento con la truppa, che vi perde un caporale un soldato uccisi, e sei feriti; de' primi si dicono 26 uccisi, e varii feriti, con la perdita di quattro cavalli bene bardati.

Da' 4 a' 7. La banda reazionaria di Crocco attacca nel bosco S. Tito (Puglia) una compagnia del 50 reggimento di linea, e vi perde 25 individui, come dice il telegramma riportata dal giornale officioso il Nazionale di Napoli che non parla della perdita de' soldati.

Da Pescolanciano (provincia di Campobasso) si ha che nel bosco Collemelucci si annida una mano di briganti a cavallo, protettavi dalla estensione del bosco, che sfida qualunque assalto di forze militari.

In Palma (distretto di Nola) si organizzano varie piccole bande reazionarie. Nel prossimo tenimento di Avella scorrazza il nucleo di quella comandata dal cosiddetto Zappatore. Su' monti di Sarno, e Siano (Salerno) è riapparso con una quindicina di uomini il capo-banda Gavino. - Una comitiva di circa 100 reazionarii, fra cui si notano due donne, tiene in agitazione la provincia di Bari. - Precisamente a' 7 di questo mese la squadriglia di guardie mobili dì S. Severo (Puglia) riesce a catturare due reazionarii, che nel domani sono passati per le armi.

A dì 8. Scoppia una bomba nella piazza S. Brigida, punto il più popolato di Napoli; - e la folla se ne scuote; ma siegue una dimostrazione a' gridi di «Viva Italia, e Garibaldi». 164

A di 11. Il giornale ufficiale di Napoli riporta il seguente telegramma: - «Truppe del 49 reggimento inseguono i briganti del Gargano (il più alto moine delle Puglie) e presso ' it comune di S. Marco in Lamis cinque briganti presi con le armi alla mano sono fucilati, tra i quali il nominato Vardella, uno de' capi. - Vengono presi Cavalli, munizioni e ed altri oggetti».

Da' 12 a' 14. Dalla Gazzetta del Popolo di Torino si ha: «Nel mattino de' 12 corrente circa 500 individui vestiti da guardie nazionali si sono presentati armati nella città di Foggia (Puglia) avanti alla caserma de' reali carabinieri, gridando - Morte a' piemontesi, abbasso i carabinieri. - Già erano su le mosse di far fuoco, quando quel comandante di piazza signor Materazzo, e il capitano Antonio Cuneddu si sono slanciati con impeto contro i tumultuanti, e tanto hanno fatto, che hanno ritardato l'assalto di que' forsennati, fino a che giunta la truppa regolare sul luogo, li ha dispersi, dopo averne arrestati parecchi, tra i quali il capo di quella banda».

Di Maggior importanza è il tragico avvenimento contemporaneo nella campagna dì Corato (popoloso comune di Terra di Bari) di cui sessanta guardie nazionali uscite in perlustrazione, sono interamente uccise in un attacco contro una banda di circa dugento reazionari!.

A' 15. Presso Lacedonia (provincia di Avellino) i reazionarii uccidono un distaccamento di guardie di pubblica sicurezza: la truppa egee dal paese la banda ripiega so Biccari (Puglia) e non avviene scontro.

Da' 16 a' 20. In tenimento di Avella (distretto di Nola) contrada Monte Corvo vi è conflitto tra i piemontesi, che hanno due morti e quattro feriti, ed una banda di 150 reazionarii, tre de' quali son fatti prigionieri, e fucilati all'istante: si assicura che uno di questi sia lombardo o modenese, uffiziale testé disertato dalle file sarde per congiungersi con i briganti. 165 Telegrammi annunziano, che la reazione ingigantisce nelle Puglie, percorse in lungo ed in largo da piccole guerriglie composte per lo più di soldati dell'antico esercito delle due Sicilie, da' 50 a' 150 uomini, quasi tutte a cavallo, comandate da capi soprannominati lo Zambro, Parise Pirozzi, Schiavone, Peluso, il Turco, Crocco e dicesi finanche esservi altre due bande comandate da due ardite donne. Le truppe piemontesi escono dalle varie città delle Puglie in continue esplorazioni e sono stanche d'una guerra, a cui non sono avvezze; d'onde le frequenti diserzioni. - Di fatti, in una banda, che sorprende quattro vetture di viaggiatori nel Vallo di Bovino vengono ravvisati tra i suoi componenti 7 o 8, tuttora vestiti con la divisa del 6. reggimento di linea piemontese. - Verso la catena de' monti di Puglia, denominati le Murge, avviene uno scontro tra.400 piemontesi con guardie nazionali in loro sussidio, ed una banda di 200 briganti, i quali mercé una imboscata fanno risentire gravi perdite a' primi, che se ne vendicano indi a poco fucilando varii contadini, accusati come conniventi de' briganti. - A questi però le popolazioni in generale si mostrano in Puglia molto favorevoli. - Si parla di un altro attacco in tenimento di Minervino (Puglia) dove le truppe avrebbero dovuto ritirarsi con perdite. Contemporaneamente nel giorno 17 avvengono altri due scontri, l'uno a s. Giorgio (Avellino) tra piemontesi con guardie nazionali da una parte, delle quali, molte restano morte, e ferite, - e d'altra parte i briganti che dopo, un vivo fuoco, vi perdono un solo uomo e si salvano con la fuga: un uomo però ritenuto per loro spia è preso, e fucilato: - l'altro scontro è ne' monti della Rocca presso Nola tra la banda dello Zappatore con sette uomini, e varie guardie nazionali de' con vicini paesi: 3 de' briganti vengono presi, e fucilati per ordine dell'uffiziale piemontese, che ivi comanda.

E nello stesso giorno 17, mentre un distaccamento di truppe si reca in Benevento, è aggredito da' briganti, che fanno soffrire gravi perdite a' soldati, e fatto prigioniero il comandante a cavallo, seco loro la traggono ne' monti.. 166 - Su' vasti versanti del Matese, uno degli atti monti Appennini, nel mezzo tra la provincia di Terra di Lavoro, e quella di Campobasso, si aggirano anche numerose bande reazionarie e ve n'è una di 200, alla quale tuttodì si congiungono i varii contadini de' dintorni, non ostante i feroci rigori delle Autorità politiche e militari: è quivi riposta tuttora nella mente d'ognuno la memoria de' sanguinosi eccidii de' paesi di Pontelandolfo, e Casalduni, le cui rovine giacciono appunto in questi. Avvengono frequenti attacchi co' distaccamenti di truppe in perlustrazione, con perdite da ambo le parti.

A' 21. Oltremodo tragico è l'odierno avvenimento. Il capitano Richard con un distaccamento di soldati piemontesi dell''8. reggimento di linea, si attacca presso Bovino con una banda reazionaria; e vi resta ucciso esso Capitano, e 18 soldati.

Il Pungolo di Napoli giornale del 26 marzo riporta l'ordine del giorno pubblicato nel rincontro dal colonnello Brienzi mandante del detto reggimento messo in disponibilità, forse per don aver vendicato con mezzi feroci questa dolorosa sconfitta «I provvedimenti (egli dice) che furono presi per diminuire le devastazioni e gli eccidij non sono stati stimati opportuni nelle attuali contingenze dal governo del re d'Italia, che mi ha posto in disponibilità. - Il capitana Richard, e 19 soldati, che furano assassinati combattendo contro 140 briganti fanno fede della nostra annegazione, o soldati; e fra essi quattro erano napoletani. Son felice di tributarvi questo elogio. I soldati della Italia meridionale sono degni di combattere a fianco de' soldati di Palestro. L'animo mio gode di sapervi scevri da spirito municipale; e son certo che risponderete alle cure del nuovo Capo destinato a dirigervi».

Le corrispondenze di varii giornali asseriscono, che l'anzidetto comandante era a poca distanza dal luogo dell'eccidio con molta forza, la quale mostrava esitazione a spingersi innanzi e che lo sventurato capitano Richard, 167 seguito dal suo drappello imprudentemente si avventurava a perseguitare la biada avversaria, il cui capo Crocco simulando una ritirata, adoprava la strategica di trarli tutti in siti difficili, dove li avviluppava retrocedendo all'improvviso.


A' 22. , Dura quasi l'intera giornata un attacco su la strada, che mena a s. Marco in Lamia, con perdite vicendevoli: la notte viene a separare i combattenti, rimanendo indeciso l'esito della lotta.

Un corpo di truppe spedito a Bisaccia (Avellino) per disperdere la forte banda che si annida nel bosco Castiglione, partendo per Calitri, d'onde deve salire sul bosco, cade in una imboscata nelle sinuosità di quegli ardui sentieri; l'attacco, durato molte ore, è terribile e sanguinoso. con perdite dalle due parti: i reazionarii sono sussidiati da non pochi malcontenti de' vicini paesi, che prendono parte per essi contro i piemontesi.

Di fatti, nel piccolo comune di Cerva si deviene allo scioglimento della guardia nazionale, perché ligia del capo-brigante Muraca nativo del luogo

23 a 27. Per gl'infelici risuscitamenti negli attacchi tra i reazionarii, e le guardie nazionali, il Consiglio provinciale di Terra di Lavoro statuisce un fondo per le pensioni alle vedove, ed orfani di queste ultime norte ne' conflitti (1).

La guardia nazionale di Caserta si incontra, con una comitiva, reazionaria, l'attacca, e fa 4 prigionieri: arresta altresì il brigante Pascarella, e tutti quelli di Cervino. - La guardia di s. Maria a Vioo arresta Gennaro di Lucia compagno del capo-banda Cipriano La Gala e lo fucila. (1) Le truppe, e le guardie nazionali debbono essere pur troppo stanche e svogliate a questa guerra fratricida, se ad aizzarne gli spinti accorrono i prefetti nelle province, i consigli provinciali, e da ultimo il ministero in Torino a fissare larghi compensi, promuovendo a loro incoraggiamento soscrizioni pecuniarie. Si comprende da sé, che questi cruenti premii mirano a mercare affetto per la causa piemontese che diversamente non saprebbe aver proseliti. 168 Tra Puglia, e Basilicata si congiungono le bande reazionarie di Crocco, e di Schiavone. La stampa descrive come organizzate in squadroni, ed anche con un poco di cavalleria, trombe, e tamburi, le comitive di reazionarii. Ve n'è una di circa 150 uomini ne' monti s. Angelo, accampata regolarmente, con bandiera tricolore, trombe, e tamburi, i cui cui suoni si odono fino nell'abitato.

Non vi è giorno, in cui non accadono scontri con le bande del Gargano, che sminuzzate in piccole frazioni, si congiungono nella opportunità da superare il numero di 400.

Verso la fine del mese si veggono giungere due carri dalle Puglie carichi di vestiarii, e corredi militari; e corre voce che appartenessero a' soldati periti quivi ne' varii attacchi.

Nel bosco Monticchio (Basilicata) in questi giorni, i piemontesi perdono 60 uomini in un attacco con le bande.

Da' 28 a 30. - Il capo-banda Pilone, che si aggira per le falde del Vesuvio entra con 20' de' suoi nel comune' di Terzigno, presso Ottaiano, a poche miglia da Napoli, love disarma il posto di guardia nazionale, uccide un caporale, ferisce due uffiziali, e va via.

Sul confine tra Molise, ed Abruzzo esce una nuova banda di 70 uomini a cavallo. Ciò che sorprende è la imperturbabilità e pacatezza, con cui richiedono, e ricevono i viveri da' vicini comuni, senza arrecare altre molestie.

Ne' paesi della Puglia non recano tanto spavento ì briganti, per quanto ne infondono i proclamai di Fantoni e degli altri comandanti militari, che lo imitano.

Sovrabbondano ne' giornali le notizie di volontari borbonici, che tuttodì nelle provincie corrono ad. ingrossare le file della reazione. - Il Popolo d'Italia de' 30 marzo annunzia: - «Jeri l'altro le quattro bande riunite di Crocco, Schiavone, Coppa, e Caruso si trovavano a Pietratagliata. 169 Il generale Franzini comandante militare della provincia di Avellino, e de' distretti di Nola (Terra di Lavoro); - di Melfi (Basilicata); e di Bovino (Capitanata) ha intrapreso operazioni militari contro il brigantaggio. Vedremo i risultati».

Varii attacchi accadono in questi ultimi giorni di marzo. - Uno in contrada Mezzanone presso S. Severo di Puglia fra la truppa, ed una banda di 200 uomini,che sul principio ha il sopravvento, è fa sentire gravi perdite a' soldati; ma sopraggiunto a costoro un rinforzo di cavalleria, si dilegua. Due in contrada Vitulano (Avellino), l'uno su la montagna, dove la truppa ha a deplorare soli 8 feriti; l'altro alle sponde del fiume Calore, dove maggiori sono le perdite di questa; essendo i briganti in maggior numero, comandati dall'ardito capo Francesco Bottisani. - Presso il monte Gargano una compagnia del 49. di linea appoggiata dalla guardia 'nazionale impegna la zuffa con varie piccole bande reazionarie, le quali avendo saputo scegliete acconce posizioni, come ben pratiche de' luoghi, le cagionano gravi danni col fuoco di moschetteria.

Nel giorno posteriore all'anzidetto attacco la banda del Bottisani, reduce da una escursione in tenimento di Pontelandolfo, con ardita manovra sbaraglia una raccolta di guardie mobili de' varii paesi, che si erano appostate per prenderla.

Altro scontro avviene nelle gole del Macerone tra Isernia, ed Abruzzo, e si dice con perdita delle truppe.

A' 29 la banda di Cipriano La Gala, che scorrazza pei monti di Nola, si attacca con quella guardia nazionale, varii militi della quale rientrano feriti a Nola.


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In quella, che si aggira per le boscaglie di Montemale, presso Montecalvo, comandata da un Masiello, s'incontra un distaccamento di guardie mobili, che per la inferiorità dì forza non osa attaccarla, e si limita a tirarle da lontano qualche innocua fucilata. 170 Disgiunte le due bande di Rossi e di Cresoenzi, la 1.a resta su' monti di Palma (distretto di Nola); l'altra passa alle montagne di Prato sopra Sarno (Salerno) dove sostiene con vantaggi due scontri co' militi ivi stanziati.

A' 28 la banda di Cozzolino, sopra i Camaldoli di Torre del Greco; (presso Napoli) costringe, fra Ottaiano, e Boscoreale, un distaccamento di truppe a ripiegare e correre a Napoli per rinforzo.

La voce pubblica attribuisce a' briganti del Taburno (distretto di Caserta) di esser muniti. finanche di piccola artiglieria da montagna. - Il Sindaco di Saviano a' 25 di questo mese alla testa delle guardie nazionali, sostiene un conflitto contro 10 briganti, e ne arresta uno, che nel dimani è fucilato: come è stato praticato ne' precedenti giorni in persona del bandito Pasquale Strozza catturato per opera dello stesso Sindaco.

Nel distretto di Piedimonte (Terra di lavoro) vi sono le bande di Nicola della Guancia di Pietraroia -del cosiddetto Guitto, e di Mastrofilippo contro le quali non osano avventurarsi le guardie nazionali de' vicini paesi dopo averne fatto qualche doloroso sperimento. Codeste bande ricercano i viveri da' paesi, che pagano esattamente.

Nel. tenimento fra Altamura, e Gravina (Puglia) una forte mano di briganti attacca le truppe: dura il fuoco l'intero giorno con pari accanimento tra le due parti combattenti: le perdite sono gravi; varii i feriti, e d morti una dozzina, tra' quali 4 de' briganti.

Un distaccamento di guardie mobili è messo incompleta rotta presso Minervino dalla banda comandata da Orlando Fraccacreta, antico sotto-uffiziale borbonico.

A' 31 marzo. Si ha a deplorare un altra perdita per le truppe. Bue squadroni de' cavalleggieri di Lucca sotto gli ordini del tenente colonnello Del Monte, sussidiati da un distaccamento del 17, bersaglieri, si reca di stazione in Ascoli di Puglia. 171 Appena giunti, ed avvisati di esservi nelle vicinanze una banda reazionaria, senza troppe informarsi del numero, si spedisce contro essa un distaccamento di 50 cavalleggieri, i quali attaccato il conflitto, perdono 14 uomini, e sono costretti a ritirarsi. Mese di aprile.

Dal 1. al 4. - Il teatro delle gesta reazionarie sembra esser designato per questi giorni su la Basilicata, e le limitrofe Puglie. Frequenti e numerosi passaggi di bande armate di reazionarii veggonsi per quelle direzioni. Una di queste bande s'impegna in un combattimento con le guardie mobili di Vogliano Nuovo, che mette in fuga ne raccoglie le armi, e ne impicca due.

Calvello in Basilicata è in costernazione per la banda di Mirto, che scorrazza per quel tenimento, provocando a battaglia le guardie nazionali.

Al passo di Gualeta, comune di Montemilone (Avellino) vi è conflitto fra truppa, e briganti, con fuoco di più ore: questi ultimi si ritirano alla montagna lasciando sul terreno 5 morti, ed un ferito: la truppa ha a deplorare sette morti, ed altrettanti feriti.

Nel bosco Conversano, comune di Ceglie (Puglia) al 1 di questo mese un altro attacco fra truppa, e reazionarii dura dall'alba fino a sera, con la peggio, della prima che riceve perdite significanti.

Tra Lavello, e Cerignola (Basilicata, e Puglia) la banda di Crocco perde 25 uomini in un attacco co' piemontesi, che la mettono in fuga. Nell'altro conflitto sostenuto a Montecarafa la stessa banda perde due uomini, uno de' quali è il famigerato Caruso.

Dal: 5 al 7. - Nella provincia di Leccai. aumentai sempreppiù le reazioni, che crearono di ardire ed ogni giorno accadono conflitti parziali tra i cosi detti briganti, e le truppe. - Uno accanito ne succede su la via che mena a Brindisi, 172 durato oltre sei ore, con perdite scambievoli. Altri scontri nella Capitanata, al ponte di Candelaro, ed al passo idi Civitate, poco lungi dal lago di Lesina, dove la zuffa è stata di maggior rilievo. «La stampa giornalistica afferma, che le truppe non trovano un istante di tregua, e sebbene sieno state aumentate in numero co' nuovi rinforzi spediti da Torino, pure è sempre scarsa in confronto del bisogno».

A' 6 una banda, di reazionarii aggredisce Luco, villaggio d'Avezzano (Abruzzo), dove trovandosi una ventina di soldati piemontesi, le resiste combattendo per tre ore; fino a che sopraggiunge il capitano Galli con forza imponente e la mette in fuga uccidendole tre uomini, e facendo un prigioniero, che vien tosto fucilato.

Nello stesso giorno un'altra banda a cavallo. comparisce nelle vicinanze di Bovino; ma inseguita da' piemontesi, verso s. Marco, arriva a Camerelle. I soldati della legione ungherese accasermati a Lavello, le impediscono il passaggio per cui s'ingolfa ne' boschi seguendo la sinistra, del fiume Ofanto sino a Ponte Venere, deve riesce a guadarle, lasciando feriti 3 cavalli. Ma nel dimani la comitiva di Crocco attacca gli ungheresi, che trovandosi in numero inferiore perdono varii uomini tra Lavello, e Venosa.

Presso Rocca d'Arce (Terra di lavoro) le guardie nazionali attaccano un drappello di reazionarii, e ne hanno la peggio, perché in numero inferiore.

In Carbonara (Avellino) i reazionari capitanati dai Crescenzo Gravina sostengono un vivo fuoco di moschetteria con le guardie mobili, e le nazionali, le quali perdono 15 uomini, e tre i primi, con molti feriti da ambo le parti.

A dì 8. - Alle 5 pomeridiane una banda di circa 200 reazionarii ii è attaccata pressi Torre Fiorentina, tenimento di Lucera (Puglia) da due squadroni di cavalleria, Lancieri, comandati dal maggiore piemontese Municchi, che uccidono 30 reazionarii, e mettono in fuga i rimanenti: vi restano morti 4 lancieri, e 3 soli leggermente feriti, tra i quali il luogotenente Pacealupi e Parelussi. 173

A Montalbano (nel Leccese) le bande a cavallo corrono pe' greppi irti, è dirupati di que' monti, e pratiche di quei sentieri, fanno riescire fatali alla truppa piemontese i varii attacchi tenuti in questi giorni. E per que' paesi circostanti appena si sparge la voce della presenza di tali bande, i villici diventano «più reazionarii de' medesimi briganti» (come si esprimono i diarii officiosi) e si danno a gridare pe' campi è per le vie «viva il nostro desiderato re Francesco II» costringendo i viandanti a ripetere queste voci.

Da' 9. a' 11. - Nel bosco di Lagopesole (Basilicata) presso Potenza a dl Il corrente truppa e guardia nazionale attaccano la banda reazionaria, che nel conflitto perde nove individui uccisi; mentre de' primi si hanno a deplorare 4 morti; ed un ferito.

Ne' boschi di Paupisi, tenimento di Vitulano (Avellino, e Benevento) nuovo attacco ha luogo tra i piemontesi, e la banda di Francesco Bottisani viepiù ingrossata, e ohe sembra diretta con abilità e strategica, essendosele aggiunte le due altre minori bande, l'una comandata dal Giannuzzi agnominato Gobbo, e l'altra da Francesco De Cristofaro, antico sotto-uffiziale borbonico i piemontesi in numero insufficiente son costretti a ripiegare, lasciando qualche ferito sul terreno.

Dura per più ore un altro accanito conflitto in Paola (Calabria citra) fra i reazionarii, e la truppa, la quale, non ostante il Superiore coraggio mostrato, pure ha a deplorare varii feriti, che giungono in quel porto.

La paura delle popolazioni in generale per questi accresciuti conflitti, consiglia le famiglie più agiate, a lasciare i siti campestri per vivere al sicuro nelle grandi città, dove corrono in gran numero a ricoverarsi. Le varie bande del Gargano (Puglia) si sono fuse insieme, e ne impongono tanto, ohe a' 10 corrente due compagnie di truppe trovatesi loro a fronte, evitano di attaccare ed il comandante fa premura al generale residente in Foggia per avere rinforzi, che tosto gli sono spediti. 174 Da'12 a'13. - Venti briganti a cavallo assaltano il posto di Torre-Rivoli (Puglia), cassinano la porta del telegrafo e bastonano un doganiere. Indi vanno a congiungersi con la maggior banchi anche a cavallo, nel bosco Maresca, tenimento di Serracapriola.

I dintorni di Napoli sono infestati da piccole bande, che spingono le loro escursioni fin presse le mura della città, dove una di esse imbattutasi in un liberale, l'obbliga a gridare Viva Francesca II, ed al rifiuto, lo ferisce gravemente.

Nella sera del 13 due vetture ripiene di uomini che gridano Viva Francesco II, obbligano la guardia, che su la via cosi detta del Campo allo ingresso di Napoli, a far loro eco: s'impegna una lotta, e varii fra essi sono malconci, ed arrestati dalla forza.

A' 14. - Le truppe piemontesi, fanteria, e cavalleria sostengono un sanguinoso attacco con numerosa banda reazionaria, fra il Vallo di Bovino, ed Ariano di Puglia: sensibili sono le perdite dall'una parte e dall'altra.

Presso Apricena (Puglia) si vede una nuova banda di circa 200 uomini comandata da Giovanni Coppola ex ufficiala borbonico, che ha seco gli avanzi della comitiva testé disfatta nel bosco Dragonara. Si muove coraggiosamente ad attaccarla il capitano Papp, piemontese col tenente Fannolì, e 43 soldati del 49. di linea, a' quali riesce mettere in fuga la cennata banda, ucciderle due uomini, e ferirne varii.

A' 15. e 16. - Al varco di Cerasale (Basilicata) 45 briganti a cavallo vengono alle mani con una pattuglia di 25 uomini metà di truppa piemontese, e metà guardie mobilizzate in perlustrazione per lo stradale del Melfese; e dopo, tre ore di fuoco, i secondi riportano quattro morti, - ed i primi 7. o 8. i cui cadaveri giusta il solito sono condotti via da' compagni, e bruciati. 175 I bersaglieri piemontesi stanziati a Rionero, all'annunzio, che una banda di reazionarii accampa su le coste de' gralli, bosco di Monticchio (Basilicata), la sorprendono, e fattole una scarica di fucilate addossò, ne uccidono 4, ne feriscono varii, e gli altri prendono la fuga, lasciando sul luogo cavalli, armi, munizioni, animali vaccini, e finanche una donna del loro seguito.

Contemporaneamente altro attacco ha luogo ne' dintorni di Venosa; per la durata di due ore: i reazionarii lasciano 5 uomini uccisi, e varii feriti, e della truppa 3 dei primi, e 7 de' secondi.

A' 17. I distaccamenti di truppa piemontese di Trentinara, Roccaviva, Sora, Balzorano (frontiera degli Abruzzi verso lo Stato Pontificio) percorrono le posizioni di Monte Macchialunga, e di Faggiogrosso, occupate da' reazionarii, i quali in poce scaramucce vi perdono un nomo, - e 4 feriti, e fuggono altrove.

I diarii napoletani dicono, che a' proclami di Fantoni, e di Fumel bisogna aggiungere gli atti del Sommati, maggiore comandante un battaglione del 86. reggimento piemontese stanziato in Larino (Molise), che si comporta con estremo rigore.

A 18. Dalle montagne di Castellammare presso Napoli, scende oggi nel comune di Pimonte la banda reazionaria comandata da Pilone, e percorre il paese a' gridi di viva Francesco II; il capitano della guardia nazionale prende la fuga, e 'l figlio corre al capo-distretto, per invitare le truppe piemontesi, che giungono troppo tardi; perocché i reazionarii aveano già preso 800 ducati dalla cassa erariale, cominciando ad incendiare le carte della nuova amministrazione comunale, e si erano ritirati su' prossimi monti tra Gragnano, e Lettere.

A' 19. Due attacchi nella provincia di Campobasso, l'uno a Salcito, nel quale la truppa fa prigionieri due reazionarii con 3 cavalli; e l'altro a Caccavone nel quale periscono 4 individui della guardia nazionale. 176 A' 20. Nel comune il Lettere (presso Napoli) avviene sanguinosa lotta tra i reazionarii, che invadono il paese ed un distaccamento piemontese di rinforzo alla guardia nazionale, il cui, capitano viene ucciso con 15 suoi militi nel conflitt, ed è bruciata la casa comunale.

Un, drappello piemontese, e 30 guardie mobilizzate perlustrano il bosco di Carbonara (provincia di Avellino) dove vengono a conflitto con un numero maggiore di reazionarii, i quali costringono. a ripiegare, perdendovi la vita 4 guardie mobili (una delle quali è Battista Marengo, agnominato Ciannella, e l'altro Vito Zuccarini, agnominato Tegara) tre soldati, un sergente, ed il luogotenente piemontese. La banda vincitrice s'imbaldanzisce, e corre fin presso al paese dove il nerbo della truppa e tutta la guardia nazionale: è sotto le armi, per cui retrocede, e si ritira ne' monti.

Altro conflitto fra i reazionari, e le guardie mobilizzate, e nazionali di Fragneto (Benevento) ha luogo nei bosco Montrone, dove varii de' secondi riportano ferite non pericoloso.

A' 21. In Corbora, Corbara (distretto di Salerno) una numerosa banda reazionaria viene in conflitto con un distaccamento in numero inferiore di truppa piemontese, e guardie nazionali: sopraffatti quelli della truppa, retrocedono, e rimangono in azione soltanto le guardie nazionali, alle quali i reazionarii non arrecano verun male, dicendo: - «noi non l'abbiamo con voi, perché siete nostri fratelli, ma i nostri nemici' sono i piemontese: vi risparmiamo dunque la vita: solamente lasciate le armi, e partite

Altro. attacco nel tenimento di Sora fra truppa e reazionarii.

A' 22. Nella provincia di Campobasso, un distaccamento di, saldati piemontesi del 1. reggimento di linea in perlustrazione a Collemeluccio s'incontra co' reazionarii, ne uccide due, e prende vari cavalli: - altro attacco a Montelongo, tenimento di Salcito, dove però soccombono 12 militi della guarda nazionale 177 di Caccavone, e 4 di quella di Calcito col loro capitano sig. Pasquale Antonucci.

Nelle Calabrie aumentano le bande reazionarie, sopratutto vati boschi, della Sila; per cui vi si spedisce il maggiore Fumel; ma (giusta la espressione di vari giornali) «la costui ferocia non potrà sradicare que' mali, oramai si rendono insuperabili pel governo di Torino».

23. Telegrammi annunziano, che i briganti combattono con le truppe negli Abruzzi presso Campo di Giove, presso Orsogna, e che vari di essi si sono ritirati a Morrone, e verso Ascoli.

Inquietanti sono le notizie per altri attacchi nelle Puglie, nelle contrade Incoronata, e lungo il fiume Fortore. - Le truppe piemontesi quivi riunite si valutano a quattromila soldati: «è tanta forza raccolta in quel punto (osservano i giornali napoletani) attesa la estensione delle bande reazionarie, le quali non sono più in forti comitive, come prima, ma sparpagliate in piccoli drappelli, infeste sempre al nuovo governo».

Presso Sepino (Campobasso) raccolta una comitiva reazionaria, si reca ad attaccarla, un distaccamento di truppa che sopraffatta dal numero è obbligata a retrocedere, lasciando sul terreno qualche vittima, e vari feriti.

Le guardie razionali di Viggiano (Basilicata) uccidono tre briganti, tra i quai l'ex-gendarme Angevano.

Mentre una banda reazionaria tende a passare dalle Puglia negli Abruzzi è sorpresa da una compagnia del 35. reggimento piemontese, nel bosco Cantalupo, tra Palena, e Rivisondoli, e dopo lunga resistenza, rimane sconfitta, lasciando 10 morti, e vari feriti. - Non cosi in Montuori (Avellino) dove i reazionari trovandosi in maggior numero costringono la truppa a retrocedere con perdite; e nelle vicinanze di Foggia dove la banda del Coppola, aumentata da' refrattarii di leva, e da' malcontenti, si attacca co' cavalleggieri di Lucca e bersaglieri, che essendo di numero inferiore debbono ritirarsi, dopo che vari di essi battutisi eoo valore son caduti morti sul terreno. 178 Le montagne di Monteforte (Avellino) sono di nuovo infestate da' reazionari!, che cagionano molestie ed imbarazzi alla truppa, ed alle guardie nazionali.

Ricomparisce ne' monti di Palma presso Nola la banda di Crescenzio Gravina.

Da' 24 a' 26. La banda reazionaria comandata da Parise sbaraglia nel bosco la guardia nazionale di Corleto (Basilicata), e progredisce alla direzione di Viggiano.

Altri reazionarii disarmano il posto della guardia nazionale di S. Giorgio, e spezzano per circa è miglia di linea telegrafica; e lo stesso vien praticato su l'altra linea di Chieti a Puglia.

A Liveri sanguinoso attacco fra truppa, e reazionari, i quali si sono battuti con accanimento, lasciando molti morti, e feriti, le questi ultimi si finivano tra essi di uccidere a colpi di pistola per non cader vivi nelle mani della truppa.

A' 27. Su l'odierno conflitto giova riportare il proclama pubblicato dal deputato Gaetano del Giudice prefetto dì Capitanata in data di domani: - «Foggia 28 aprile 1862, ore 6 pomeridiane. Jeri la colonna spedizionaria comandata dal brigadiere Ferrero, s'incontrò con il maggior nerbo della comitiva Nunzio Tamburrini presso la masseria Barretta. Il Tamburini erasi separato da' suoi, alquanti giorni prima con 5 della banda. I rimanenti erano 18. Caricati da una sezione de' lancieri di Montebello, comandata dal luogotenente Mussi, i briganti sì dispersero, lasciando tre uccisi, e 6 prigionieri. Quattro dì questi furono passati per le armi stamane a S. Leonardo; e due in Foggia testé. - Fra i primi la guardia nazionale di Manfredonia riconosceva Gabriele Galasso e Pasquale Gioffreda, appellato Giordaniello). La truppa continuerà a battere la campagna fino al completo sterminio de' malfattori».

Il Prefetto

Firmato = DEL GIUDICE. 179 «Ecco ora l'elenco de briganti fucilati in Ascoli di Puglia a' 23 di questo mese di aprile:

«1. Tommaso Melcangi, pagliacciello, di anni 19, di Cerignola.

«2. Fedele Pesto, di Nicola, di anni 23 di Montecalvo, refrattario della leva militare.

«3. Michele Marinaccio, di anni 22, fu Michele, di Savignano, refrattario come sopra.

«4. Matteo Conti, fu Michele, di anni 22, di Deliceto, «refrattario come sopra.

«5. Antonio Santarelli, fu Luigi, di anni 21, di Casaltrinità, refrattario come sopra.

«6. Gaetano Macone, fu Domenico, di anni 24, di Montaguto.

«7. Gaetano d'Amato,... di anni 26, idem.

«8. Francesco Lena, fu Antonio, di anni 19, di Andretta (Avellino).

«9. Lorenzo Saporito, fu Gaetano, di anni 25, di Pratola idem.

«10. Giacomo Giliberti, fu Michele, di anni 33, di Trani.

«11. Ruggiero Cappeggia, fu Ignazio, di anni 40, di Barletta.

«12. Felice Bartucci, fu Francesco Paolo, di anni 24, di Trani.

«13. Donato Volpi, di Giovanni, di anni 25, di Castiglione (Chieti).

«14. Angelo Valentino, fu Antonio, di anni 29, di Zapponeto.

«15. Vito Ciottariello, fu Alessandro, di anni 27, dì Laviano.

«16. Pasquale Rafino, fu Ruggiero, di anni 26, di Barletta.

«17. Ruggiero Boraccino, fu Domenico, di anni 27, -idem;

«18. Bernardino de Simone, fu Antonio, di anni 19, di Mirabella. 180 «19. Beniamino Spinelli, di Giovanni, di anni 21, di Caposele.

«20. Giuseppe Defurio,... di anni 26, di Ariano.

«21. Francesco Luiso, fu Domenico, di anni 24, di S. Giorgio.

«Foggia 28 aprile 1862.

Il Prefetto

Firmato = GAETANO DEL GIUDICE. «Cui aggiunti i suddetti sei formano un totale di 27 fucilati».

In soli 4 giorni, da' 23 a' 27 aprile, sono stati fucilati ventisette individui d'ordine del prefetto di Foggia, dalle truppe piemontesi, e fra i fucilati si contano giovanetti di 19 e 20 anni; fatti prigionieri in una piccola banda, da una forza militare imponente, comandata dal generale Ferrero! Contemporaneamente si festeggia officialmente l'arrivo del re Vittorio-Emmanuele in Napoli.


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A' 28. Credendo le truppe piemontesi di trionfare egualmente, come della frazione della banda Tamburrini, anche della banda reazionaria comandata da Codipietro, e conoscendola accampata sul monte Gargano in una svantaggiosa posizione, risolvono di attaccarla, e con manovra militare accerchiarla intorno per farla interamente prigioniera; poca prima dell'alba apertosi il fuoco, nel barlume non si distinguono i vantaggi, che si riportano: la cerchia della truppa semprepiù va restringendosi; i reazionarii ripiegano, cessando dal fuoco, in un contiguo bosco; - ma al sorgere del sole si scorge che una maggior forza di reazionari a piedi, ed a cavallo piomba dalle alture soprastanti, comandata dal Codipietro, e con impeto scagliasi su le troppe, che con la baionetta in canna sono costrette a veder fallito il loro piano, e ritirarsi con qualche perdita a Manfredonia.

Tra le vicinanze di Foggia, e Cerignola il generale Regis co' suoi sostiene altro conflitto con i reazionarii, che erano corsi per catturarlo, ma pel valore de' soldati è scongiurata la disgrazia. 181

A' 29. La guardia mobile di Calvello (Basilicata) al numero dì 40 militi si dà ad inseguire la banda reazionaria di Mirto, che tiene in iscompiglio quel tenimento, e credendo averla sbaragliata, sol perché la vede fuggire, s'innoltra incautamente in un burrone, dove la strategica fa trovare tutta la banda riunita, che uccide la maggior parte delle guardie mobili, delle quali poche possono salvarsi per recare nel paese il tragico annunzio.

Nella contrada Lagopesole, punto detto Consolo (Basilicata) vi è attacco, con perdite vicendevoli, tra bersaglieri piemontesi e reazionarii. In vista di questo infruttuoso assalto, il prefetto di Potenza mobilizza 100 militi della guardia nazionale di Avigliano per combatterli.

A' 30. Una banda di circa 80 reazionarii, cercando passare per la via de' monti dalle Puglie agli Abruzzi, s'incontra presso Capracotta (Molise) con una trentina di guardie nazionali di questo paese, che perdendo nel conflitto quasi una metà di uomini, son costrette a ripiegare. L'annunzio di questo infausto successo fa mettere in movimento le circostanti forze militari, e le nazionali di altri paesi, che raggiungono nel dimani l'anzidetta banda e le danno una completa rotta; cosicché pochi possono campare con la fuga.

Verso gli ultimi giorni di questo mese scoppia un'altra bomba in Napoli, in via nuova della Pace, tra il giardino ed il palazzo del duca di Mignano Nunziante. Il giornale il Tribuno del 9 osserva «esser questo un altro argomento di guerra civile ed opera stolta d'incorreggibili reazionarii».

Mese di maggio.

Al 1. Una pattuglia del distaccamento di Terzigno villaggio di Ottaiano sostiene lieve scaramuccia con parte della banda comandata da Pilone, che favorito dalla notte, si ritira nel bosco Mauro, in quel tenimento. 182 - Il comandante militare di Castellammare vi spedisce 200 guardie nazionali per darle la caccia, che torna infruttuosa.

A' 2. Nelle pianure tra Nola e Palma, nuovo incontro avviene contro la banda di Crescenzo: il fuoco dura 5 ore, cadono altre vittime dall'una e dall'altra, parte, senza decisivo risultato.

Per notizia pervenuta da Salerno si ha, che ritornando colà altra truppa piemontese da Eboli, incontra nelle circostanti campagne un contadino, che preso per brigante, è steso morto da varii colpi di fucile. Ma la effettiva banda di briganti è nel distretto di Campagna, a poca distanza, dove entrata in uno de' comuni, fa le sue provvisioni, e paga tutto con puntualità.

A' 3. Alle falde del Matese dura per sei ore un attacco tra la banda del Guitto, e la guardia nazionale di Sepino, la quale al tramonto del sole è obbligata a ritirarsi per non essere sorpresa dalla notte in quelle boscaglie impraticabili, e seco trasporta varii feriti de' suoi, ciò che sparge la costernazione nelle famiglie.

Nel tenimento di Cerignola i reazionarii in numero superiore costringono un distaccamento di truppa a retrocedere.

Nel bosco della Grotta, confine tra le Puglie e Molise si è scoperta una nuova banda capitanata da certo Guglielmi, senza che le guardie nazionali avessero potuto distruggerla.

A Ceglie di Ostuni (nel Leccese) molti omicidii si commettono, senza potersene scoprire gli autori, per vendicare gl'insulti, che si fanno di continuo a' sospetti di borbonismo. Una banda reazionaria disarma la guardia nazionale di Campodimele (distretto di Gaeta) ed invano il generale piemontese Covone spedisce 200 bersaglieri ed artiglieria per rintracciarla.

Scorrazzano altre piccole bande ne' convicini paesi di Pico, e Civita-Pontino: e sul monte laburno si aggirano quattro bande, che fanno sempre echeggiare que' luoghi di inni borbonici, senza che si abbia potuto devenire ad un attacco contro di esse. 183

Sul Monte Caruso vi è conflitto tra truppe e briganti con gravi perdite di entrambi.

A' 4. Oggi una banda reazionaria è tanto ardita da accostarsi fin presso Catanzaro, a farvi le sue provvisioni.

Da' 5 a 8. Una banda di circa 400 uomini a cavallo si presenta a poca distanza dall'abitato di Savigliano, distretto di Ariano, ed invia un parlamentario al capitano di quella guardia nazionale, chiedendo immantinenti 20 fucili, e la munizione; una provvista di commestibili, frumento, e biada pe' cavalli.

I reazionari comandati dal Sambro sostengono negli ultimi 5 giorni tre combattimenti, uno nel bosco di Ururi (Molise) il secondo nel tenimento di S. Nicandro e S. Marco in Lamis (Puglia), ed il terzo, che è il più importante; nel versante della consolare da Foggia a Manfredonia, lungo il canale di S. Lucia: in quest'ultimo attacco la banda è comandata da Gabriele, e i periscono della truppa 14 lancieri.

È tale lo spavento, che le numerose bande reazionarie incutono nella Basilicata, che il maggiore Petruccelli di quella guardia nazionale corre fino a Torino ad implorare solleciti provvedimenti dal ministro Rattazzi.

A Montemale per lo spazio di 5 ore la guardia mobile sostiene, benché in numero inferiore, il conflitto con la banda reazionaria dì Masiello, la quale nel basso della grande fiumara, col dorso alla selva, serba ne' movimenti una precisione tutta militare, in doppio cordone, in ordine aperto, e con fuoco nutrito: nove militi rimangono feriti, e due dei reazionarii morti.

Un aumento di masse armate infesta i tenimenti di Pontelandolfo, Casalduni, Circello, e Cerreto (Molise); di Vaglio, Pietragalla, Cancellara, e dello stesso capoluogo della Basilicata; come pure in altri comuni di quella vasta provincia. 184 Tutti i pubblici cammini sonosi resi malsicuri e pericolosi: l'audacia delle bande ha sparso lo spavento fra i proseliti del piemontesismo.

Da' 9 a' 13. Verso Ripacandida (Basilicata) un distaccamento della 3 compagnia degli Ungheresi attacca il fuoco con alcuni reazionarii a cavallo che sono per averne il sopravvento; ma giungendo un rinforzo di cavalleria a' primi, sono costretti i secondi a retrocedere, con la perdita dì varii cavalli.

Altri attacchi si rinnovano nelle montagne, di Vitulano (Avellino) dove le guardie mobili e nazionali sono volte in fuga dalla soverchiante massa reazionaria; ed in Torello, presso Benevento, una delle cui pattuglie s'incontra con 5 briganti, che sostengono il fuoco, e rinforzati dalla sopraggiunta porzione residuale della loro banda, riescono vincitori.

Altre scorrerie nel tenimento di Frasso.

Varii fatti d'anni avvengono nell'Abruzzo Aquilano dal 10 al 13 fra la truppa e le bande, che si aggirano in quella provincia con alternativi vantaggi e perdite.

Uno scontro ha luogo nel bosco Dragonara; e cosi riesce ad evadere un ricco possidente dì Colletorto tenuto in sequestro dalla banda.

Sanguinoso conflitto ha luogo in tenimento di Ruvo tra i reazionarii e la compagnia delle guardie mobili a cavallo comandate dal maggiore nazionale Davide Mennuni, di Genzano: le relazioni officiali dicono esserne rimasti morti 17 de' primi, ma da speciali corrispondenze sopraluogo si ha, che invece sieno stati 5 de' primi e 12 de' secondi; circostanza tenuta occulta dal Mennuni per non destare scoramento nel suo partito.

Da' 14 a' 24. In tenimento di Frasso (distretto di Caserta) una compagnia piemontese s'imbatte in una forte massa di reazionarii (luogo detto S. Angelo) che raccoltisi a suono di tromba, piombano su la truppa, ed uccidono sei soldati ferendone una quindicina.

Verso Pizzoferrato (Abruzzo citra) compariscono nuove bande oltre quella già costituitasi lungo il fiume Sangro. 185 I proclami di Fumel, emanati per circoscrivere il brigantaggio nel solo distretto di Cotrone, hanno invece irritati gli animi nelle Calabrie, facendolo estendere da pertutto.

La provincia dì Avellino ha ora pia bande reazionarie, che nel decorso anno. «L opera del prefetto de Luca per distruggerle si avvicina al furore (come si esprime la Stampa); ma ciò non ostante si è sempre da capo e peggio». Nelle campagne di Ricigliano vi è un attacco tra briganti e guardia nazionale.

A vista d'una raccolta di guardie nazionali de' circostanti paesi di Sansossio, Flumeri, Sannicola, Castelbaronia, Santagata, Anzano, e Trevico, si ferma a far colazione per più ore una banda di 42 reazionarii a cavallo su la collina Molara, poco lungi da Zugoli, e da Monteleone, facendo pascolare i cavalli. Questa stessa banda si attacca in seguito con un distaccamento di 57 piemontesi, cui fa sentire la perdita di 22 soldati.

A' 21 una comitiva reazionaria tutta a cavallo di circa 60 individui, alle Serre di Pietragalla (Basilicata) ferma la compagnia della banda musicale di Caposele, e la costringe a suonare una marcia militare, ed i reazionarii ballano e cantano con disinvoltura sul pubblico cammino.

Nella stessa provincia avvengono contemporaneamente tre scontri, uno ad Escalonga presso Avigliano, l'altro a Grottole (distretto di Matera) con la banda di Serravalle con molti morti e feriti da ambo le parti; ma col trionfo della truppa; ed il terzo presso al bosco Monticchio della durata di tre ore, perdendovi questa selle uomini, ed i reazionarii undici.

Altri due attacchi in Puglia: l'uno in lenimento di Ariano, dove prevalgono i reazionarii contro una imponente forza riunita di carabinieri, guardie mobili, nazionali, e di polizia, cadendovi morti 5 de' primi di questa forza,40 delle seconde,30 delle terze, e 4 delle ultime, mentre i reazionarii perdono 6 uomini e 12 cavalli. 186

L'altro attacco è nell'agro di Bovino tra la truppa regolare ed i briganti, in esito del quale ognuna delle parti combattenti ha a deplorare molti estinti.

Al sotto prefetto di Avezzano (Abruzzo) si presentano 36 briganti.

Il capo-banda Pezzi, ferito si presenta volontariamente al sindaco di Catanzaro.

Da' 25 a' 31. Nel contado di Molise le bande. reazionarie scorrono da un paese all'altro, incutendo timore a' devoti del piemontismo. Del pari nel prossimo distretto di Vasto ( Abruzzo citra) una banda di 220 individui percorre le montagne di Atessa, impedendo la circolazione de' coloni è dei possidenti, che debbono recarsi a' loro poderi, e ne sono impediti.

Un delegato di polizia è catturato da una banda fra Cervinara e S. Martino (Avellino) e sotto pena di morte, gli si chiedono 1000 ducati di riscatto.

I reazionarii di Gelico, Serra, Spezzanopiccolo, e Longobucco (Calabria citeriore) si sono fusi in una sola banda, che scorrazza audacemente la Sila, e i boschi convicini.

Parimente l'altra banda di S. Croce di Magliano (Molise) diretta dall'agnominato Vulpiano si estende fino alla prossima Capitanata.

A' 27 nelle vicinanze di Gragnano (provincia di Napoli) prevale una massa di reazionarii in un attacco contro la truppa.

A' 29 la banda di Pilone alle falde del Vesuvio sostiene due ore di fuoco co' piemontesi, i quali sono impediti poi dallo inseguirla, dopo che quella prendeva la fuga, da una lava del vulcano.

Un fatto d'armi ha luogo nelle vicinanze di Cerreto (Terra di Lavoro); la truppa fa prigionieri due reazionarii che vengono subito fucilati.

Riepilogo deprimi venti giorni del mese di maggio, de' fatti d'armi più importanti, secondo i luoghi indicati dai 17 giornali napoletani il Nomade, la Patria, l'Osservatore napolitano, l'Eco di Napoli, il Difensore: 187 1. Provincia di Napoli, sul Vesuvio, Gragnano, vicinanza di Castellammare, S. Anastasia

2. Provincia di Abruzzo, sul laburno, nell'aquilano.

3. Provincia di Avellino, Montemale, Savignano, Vitulano, Cusano, Torre Cuso;

4. Provincia di Terra di Lavoro, Sora, il Garigliano, Cerreto, sul Matese, Caserta, Palma, Pastena, Lenola, Campodimele, Pico, Nola, Cerreto.

5. Provincia di Molise, Larino, Sepino, Castellone, Circello.

6. Provincia di Basilicata, Montalbano, Melfi, Calvello, Pietragalla, Cancellara, Taglio, Brindisi di Potenza, Venosa, Monticchio, Lavello.

7. Provincia di Puglia, Manfredonia, Casamassima, Incoronata, lungo il Fortore, Torremaggiore, CasteIlaneta, Bovino, presso Foggia, Corato, Martina, Minervino.

8. Provincia di Salerno, Angri, Laviano, Campagna, e tenimento di Sarno. Mese di giugno.

Dal 1. al 12 Una banda di reazionarii a piedi, ed a cavallo occupa il comune di Morra, distante appena 3 miglia da capo distretto di s. Angelo de' Lombardi (Avellino) ed amichevolmente dagli uffìziali di quella guardia nazionale, è fornita di viveri, e foraggi.

A' 13. Ritornando dalla, perlustrazione nel confine di S. Bartolomeo. in Caldo (Puglia) un drappello di undici guardie mobili, e 4 carabinieri è aggredito da una banda di 40 reazionarii, che uccide quasi tutto il drappello; anzidetto, non riescendo a salvarsi, che un solo carabiniere datosi a precipitosa fuga: il conflitto dura circa un ora e mezza.

Da' 14 a' 30 Le bande reazionarie aumentano, ed ingrossano dovunque, soprattutto nelle Puglie, centro il Gargano; 188 -

altro centro Basilicata, che si estendono fino alla destra sponda dell'Ofanto: altre masse distaccate fanno scorrerie pel contado di Molise, pe' distretti di Sora, e di Gaeta. - Le guardie mobilizzate sono nello sgomento, - le truppe non bastano ad occorrere in tutti i punti minacciati: ogni giorno scaramucce, e finte fughe di reazionarii, che ricompariscono tosto in altri punti improvvisamente. La stampa sovrabbonda di notizie. sconfortanti per gli annessionisti. Mese a luglio.

A di 1. e 2. Nel distretto di Melfi un distaccamento di truppa attacca nella masseria di Giuseppe Casella un picchetto delle guardie nazionali di Rapolla, credendolo essere una banda reazionaria; ed a' colpi tirati da' soldati cade morto il nazionale Biagio Casca.

Per lo stesso equivoco una frazione di milizia accorsa su di un battello per circondare i briganti nella marina di Sapri (Salerno) fa fuoco contro una calca di gente affollata al lido, che sono guardie nazionali, e che i soldati per isbaglio credevano essere briganti.

Bene a proposito un foglio di Torino (La politica del Popolo, 16 di questo mese) esclama: «Le condizioni d'Italia sono malto gravi, Io si vede nella intemperanza de' partiti, nella conciliazione degli spiriti, nella prepotenza di taluni, nello avvilimento di altri: e nella confusione generale.»

A' 4. - Per telegramma ufficiale si ha: - «pochi briganti sbarcano oggi presso Futani nel Celentano (Salerno) immantinenti la banda ingrossa con altri de' luoghi stessi, ed occupa il comune di Camerata nel vallo Salernitano, dove si barrica: va ad essere attaccata dal 5. battaglione bersaglieri, e da due compagnie granatieri partite da Napoli.» 189 Altre bande reazionarie si dirigono prima a s. Giovanni a Piro, poi a Celle, Montano, Laurito finalmente ad Alfano.

A' 5. A' confini di Basilicata verso Puglia sul tenimento del distretto dì Melfi la banda reazionaria di Crocco tende una imboscata ad una colonna di 200 uomini fra truppa, e guardie mobili, e queste ne rimangono vittime per la maggior parte: que' della banda inseguono ed uccidono fin presso le mura di Melfi tre guardie nubili, che erano riuscite a fuggire.

Da'6 a' 10. - Nella Puglia si ha un conflitto fra reazionari, e la 6. compagnia dell'8. reggimento piemontese, che riporta vari morti, e feriti, perché non ben pratica de' siti, come lo sono i primi. - A Celenza, Valfortore (Capitanata) un distaccamento di truppa è circondato da una banda, e risente gravi perdite. -

Presso il Volturno altro sanguinoso attacco. Nelle vicinanze di Stigliano (Basilicata) la banda a cavallo comandata da un tale Cavalcanti scorrazza liberamente, senza che finora sia venuta alcuna truppa a molestarla. -

La costiera di Amalfi è infestata da bande armate; una delle quali penetra nel comune di Agerola, vi disarma la guardia nazionale; libera i detenuti dalle prigioni; e minaccia assalire la vicina città di Amalfi.

Presso Foggia un accanito scontro si verifica, nel quale i reazionarii vedendo ferito un loro compagno, sono presi da tanto furore, che si battono con vantaggioso successo contro una compagnia del 49. reggimento. Dagli 11 a 20 Nella sera de' 15 una banda di 50 reazionaria combatte con truppe e guardie nazionali di Atessa (Abruzzo citra).

L'Espero (giornale piemontese) de' 19 corrente reca la notizia: - «Un recente dispaccio da Napoli assicura, che i briganti spedirono al prefetto Lamarmora in un centellino la testa, e le mani di un ufficiale della nostra armata al quale il generale era affezionatissimo.» 190 La Basilicata è dominata interamente dalle bande di Crocco, di Coppa, di Ninco - Nanco, di Serravalle, di Cavalcante.

La provincia dì Salerno non lo è meno infestata, soprattutto nelle montagne di Corbara, Tramonti, Ravello, Positano, Agerola.

Orribile è la condizione in cui si vive, in tutta la costiera di Amalfi da oltre due mesi, a segno, che i sindaci di Furore, di Praiano, Tramonti, Conca hanno dovuto abbandonare le loro amministrazioni per mancanza di tutela.

E' cosi generalmente diffusa la reazione, che deputato napoletano Lazzaro, nella tornata parlamentare di Torino de' 17 di questo mese muove urgente interpellanza al presidente de' ministri Rattazzi «su' pericoli della sicurezza pubblica, e sul brigantaggio che in questi giorni va aumentando nelle provincie meridionali... e protesta voler far conoscere la costoro condizione economica, credendo egli poter dimostrare la necessità di mutare il sistema fin qui usato per rimediare a' mali di quelle province».

A' 21. Oggi una banda di 150 reazionarii occupa il comune di Scanzano, e vi è ricevuta da quegli abitanti con la massima cordialità, siccome si esprimono i giornali napoletani.

Contemporaneamente vi è conflitto tra le truppe, e le band reazionarie in due luoghi separati.


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Da Solopaca (Benevento) si ha notizia di un attacco ivi avvenuto ira piemontesi, e reazionarii, nel quale questi ultimi occupando miglior posizione, riportano vantaci.

A' 22. Regna oggi la costernazione fra i liberali di Andria, |e lo scoramento per esserne stata ritirata la truppa che deve recarsi altrove a combattere una invasione reazionaria. Facendo essa truppa una perlustrazione per le campagne, disertano sei soldati armati, ed invano si diramano ordini circolari pel loro arresto.

Una colonna di 60 uomini, tra guardie mobili di Lucera e Volturara, e pochi carabinieri, perlustrando il tenimento di Lacera, 191 vede 4 reazionari, e comincia ad inseguirli: 20 de' mobili distaccarsi dagli altri, ed uccidono uno de' 4; proseguendo accanitamente gli altri tre, i quali s' innoltrano nel sito, dov'è celata tutta la banda, che sortendo, circonda i 20 persecutori, e li fa tutti cader morti sotto i suoi colpi.

Da' 23. a' 31. Per telegramma officiale si ha, che la legione ungherese abbia valorosamente battuta la banda di Tortora, uccidendole 12 uomini.

Il comune di Ginestra (Basilicata) è invaso da una banda di 150 reazionarii: il capitano della guardia nazionale fa suonare le campane a stormo; ma appena gli riesce riunire una quindicina di uomini, co' quali non può resistere; ed invano spedisce per soccorsi net prossimo comune di Castelfranco d'onde la truppa non intende muoversi. I reazionarii vogliono far cantare il Te Deum dall'Arciprete, che vi si ricusa per cui vien preso con un altro sacerdote, ed un certo Martucci, uffiziale di quella guardia nazionale; ma indi a poco son rilasciati immuni da ogni oltraggio; con che i reazionarii (secondo la espressione del giornalismo) danno un esempio di tolleranza a' piemontisti, che imprigionano, condannano, e fanno anche di peggio agli ecclesiastici, che si ricusano cantare Te Deum per conto del loro partito.

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Al cadere di questo mese ingagliardiscono i conflitti reazionarii; e sene contano in Ariano, in Piazzano, presso Benevento, presso Potenza, a Pietragalla, a Campomaggiore (Basilicata) dove da una banda di 80 reazionarii è disarmata la guardia nazionale, che chiusasi per timore nelle case porge le armi dalle finestre, e son rotte le statue dì Vittorio Enunar nude, e di Garibaldi; ne' tenimenti di Valva, di Nola, di Amalfi, di Carpineto, di S. Marco la Catola, di Macchiagodena, di Pietrapertosa (Basilicata) dove tre bande armate provocano la truppa in quel picco quasi inaccessibile. 192 Mese di agosto.

A' di 1. e 2. Pe' tenimenti di Montalbano (Lecce), e di San Lupo (Molise) bande armate di reazionarii occupano le case rurali.

A Piaggine Soprani altra banda percorre i dintorni; ed accenna ad altri paesi.

Nel circondario di Matera la. guardia nazionale in un conflitto uccide 15 reazionarii, e ne ferisce molti altri.

Una banda di reazionarii invade il comune di Gesualdo.

Le truppe fucilano un contadino, creduto spia de' briganti; ed un altro ne fucila nelle vicinanze del comune di Felitto (Abruzzo citra) mentre quell'infelice andava in cerca per la campagna d'un suo bocale disperso.

E la smania di fucilare è tale, che i giornali riportano il lepido avvenimento di un asino fucilato in Orsogna, (Abruzzo) perché carico di erba si avvanzava senza rispondere ad una sentinella che posta all'ingresso del paese intimava il chi va là? per 3 volte, e dopo scaricava il fucile.

L'intero circondario di Ariano (Puglia) è infestato da varie bande a cavallo, il cui totale dicesi giungere a' 400.

A' 3. Sanguinose scene di guerra civile avvengono oggi nel comune di Guilmi (distretto di Vasto, Abruzzo citra), invaso da una banda di oltre duecento reazionarii, i quali dopo aver disarmata la guardia nazionale, ed incendiato l'archivio delle carte comunali del vicino comune di Carpineto, mettono in istato d'assedio il cennato paese di Guilmi, di circa 3 mila abitanti, con la intelligenza e cooperazione di varii di questi, ed uccidono il sindaco Giovanni Ruggiero il costui parente Carmineantonio Ruggieri, e i due costui figli; non che Nicola de Bisio, e il tenente della guardia nazionale Alessandro Lancia, essi avendo spedito nel prossimo capoluogo di Atessa ad invitare le truppe, si erano trincerati sul campanile tirando fucilate contro i reazionarii. 193 - I quali passano dipoi li Villa Alfonsina, dove incendiano il palazzo del signor Salerno e quindi percorrono i paesi di Rolo Colledimezzo, e Pennadomo.

Altre bande reazionarie si annidano tra le gole del monte Maiella (uno de' più alti Appennini) alle cui pendici trovano i popolosi comuni di Palena, di Lama, di Fara S. Martino, e Palombara, un tempo floridi per manifatture di pannilana, ed ora ridotti alla mendicità per le nuove leggi piemontesi.

A' 5. In Casalnuovo di Capitanata (Puglia) nel pomeriggio armeggiano tra loro alcuni delle bande reazionarie ivi in discordia. Credono di trarne vantaggio le guardie nazionali per sorprenderli, e vi accorrono con 4 carabinieri; ma i reazionarii cessando di rissare fra loro, si riuniscono per combattere que' militi, co' quali sostengono un fuoco di 5 ore, con qualche loro vantaggio che sarebbe stato decisivo se non fosse accorso in ajuto de' nazionali un rinforzo della 14. compagnia dell'8. di linea.

A. 6. Una banda invade i comuni di Altino, e Roccascalegna (Abruzzo citeriore) dove prende armi, e fai requisizioni di denaro; e di oggetti preziosi.

A' 7. Attacchi fra la truppa ed i reazionari presso Sora; e nel tenimento di Acerenza (Basilicata) dove il capo banda Agatiello riporta vantaggio. - La banda, che percorre l'agro di Montesarchio (Avellino) è comandata da un tale Giuliano, che sul monte Taburno è attaccata con veemenza dalla truppa, alla quale non riesce di sbaragliarla.

Nell'ago di Ostuni (Lecce) accadono varii omicidii per cagione di odii politici: il guardia nazionale Riccardo Tanzarella, che giorni dietro arrestava un soldato sbandato, è ucciso con 5 fucilale, e seviziato anche il cadavere da' reazionarii nella decorsa notte, in un suo giardino di cocomeri fuori l'abitato; e contemporaneamente sono uccisi in quel dintorno padre, e figlio Mirancilo, sol perché in voce di liberali. 194 Nella cosi detta Pianella, presso Martina vi è un conflitto fra truppa, e pochi reazionari a cavallo.

Non poche fucilazioni avvengono in questi giorni su le persone de' così detti briganti arrestati, come a Cerignola, a Guardia lombarda, a Ripalda, nel. distretto di Sora, ma ne' diarii se ne accenna la notizia in termini generali, senza dare altra indicazione sul numero, e su' nomi delle disgraziate, vittime.

Dagli 8. a' 10. - Appariscono per la prima volta le bande reazionarie nel distretto di Penne (Abruzzo), e sequestrano il Cancelliere comunale, che viene subito liberate per protezione generosa di uno de' reazionarii; consegnandoglisi denaro per darlo al Curato-prevosto del paese, con la preghiera di celebrarne messe in suffragio de' defunti. - Indi hanno un attacco nella contrada Celiera, in quel tenimento, con la truppa piemontese, la quale trovando» in una sfavorevole posizione, perde sette soldati.

Nel giorno 11 una banda di 200 ricade, in Foggia cavalli per somministrarli a' suoi volontarii accresciutisi in due giorni di altri cento.

Le guardie nazionali da S. Giorgio la montagna (Avellino) sono obbligate, di stare in armi notte e giorno; perché la numerosa banda reazionaria accampata sul Montemale ha intimato quasi ofticialmente di dover fra giorni invadere il paese, e che operava non incontrare resistenza; protestando, che la sua dimora colà sarebbe unicamente per eseguire alcune operazioni strategiche di accordo con altre bande delle limitrofe provincie, per un gran colpo da tentarsi.

Varii conflitti avvengono fra te truppe, e le diverse comitive ne' tenimenti di Teora (Avellino); - nella Basilicata, nelle Calabrie, dove accanitissimo è l'attacco sostenuto dalle guardie nazionali di Miglierina, ed Amato nel Catanzarese; - alla Castellana di Cafarelli presso Manfredonia (Puglia); e Terra di Lavoro, distretti di Gaeta, e di Sora. 195 Crescono le fucilazioni; ed in proporzione di queste si aumenta il briganteggio. - A Rotondella (Basilicata) è fucilato un brigante, che travasasi in una capanna a curarsi le ferite riportate in un precedente attacco con la truppa; son fucilati due altri presi con le armi alla mano; al un terzo a nome Agatiello fatto prigioniero nel conflitto. Uno della banda vesuviana di Pi-lone, preso con le armi alla mano è fucilato a Boscotrecase; - a' 15 di questo mese ne soli fucilati 4. in Montesarchio «fatti prigionieri mezz'ora prima in un cespuglio, indicati da una spia» come si esprimono i giornali l'Indipendente e l'Omnibus. Parimenti sono fucilati nella provincia di Avellino i quattro soldati romagnuoli disertati dal 34. di linea per congiungersi a' reazionarii, e presi dalla truppa sotto Frigento.

In tenimento di Carditello (presso Capua) la truppa procede a perquisizioni, e rinviene celata in un pagliaio Pasquale Capozzo, Pietro Panella, Luigi di Lauro, Pasquale Cipolla, e Vincenzo Mola: fucila i primi tre per aver fatta resistenza; e conduce i 2 altri in carcere. - Nel comune di Rocchella è altresì fucilato un brigante, e nello stesso giorno uno di que' naturali va ad arruolarsi tra le bande: cosi pure in S. Agata ne vengono fucilati due, e nel dimani uno di que' naturali va a rimpiazzare il loro posto nella comitiva reazionaria. - L'atrocità e la ingiustizia della pena adottata da' piemontesi, non solo non incute soggezione tra i popoli, ma invece ne irrita ed esaspera gli animi; d'onde le varie sanguinose vendette contro i denunzianti, ed i persecutori de' così detti briganti. - In Santa Sofia (Calabria citra) sono catturati da' briganti i due liberali Raffaele Monto, e Basilio Cardamone, ad ognuno de' quali è reciso un orecchio e si liberano, previo pagamento di denari. Nella montagna Parata, tenimento di Cerreto, sono uccise 550 pecore del signor Vara;- al Tufo di Pietraroia 16 animali vaccini del signor Amato; sul monte Matese 30 di Achille del Giudice ed incendiano un bosco ad Alessandro, fratelli del prefetto di Foggia autore delle fucilazioni riportate sotto la p. 179. 196

e varii animali porcini a danno del patriottico capitano della guardia nazionale di Rotello in Molise.

Il comune di Campodigiove (Abruzzo) è invaso a' 14 di questo mese da una banda di 60 reazionarii, i cui due capi restano uccisi, ed altri sono feriti pel coraggio. mostralo dalla famiglia Ricciardi.

A' di 16 la decimasesta compagnia del 34. reggimento di linea, comandata dal capitano Berardi, nella contrada Scampitella, presso Anzano (Avellino) attacca 56 reazionarii a ca vallo, che retrocedono nel bosco S. Pietro, dove sopraggiunta la notte non può la truppa raggiungerli, e non se ne ha verun risultamento.

Varìi comuni della provincia di Foggia, e quelli della costa d'Amalfi lamentano la incapacità, e la stravaganza del Governo nella persecuzione del brigantaggio, oscillando sempre in un'altalena di eccessi contrari, e passando dalla più accidiosa incuria, alla più fiera crudeltà.

Da' 17. A' 25. Nella. provincia di Foggia si aggiunge una nuova banda alle preesistenti, che ha per capo un Michele Azzarone, agnominato il Cassonaro; - ed un altro di 180 si tiene celata nel vasto bosco Dragonara. - Nell'Abruzzo Aquilano, nella provincia di Benevento altresì sorgono novelle bande, che giornalmente si attaccano con le truppe e le guardie nazionali. - I clamori delle popolazioni del reame per tanti disordini, confusioni, e sangue sparso sono immensi, ma non uditi da alcuno.

A' 17. - In Penna-piedimonte (Abruzzo) celebrandosi la festa di) Santa Brigida, una banda reazionaria si attacca nel vicino bosco Catania con distaccamento di guardie mobili che trovandosi di numero inferiore vi perde 4. individui uccisi, e 2 feriti, tra' quali il tenente. giovano di gran coraggio.

A' 18. Un distaccamento di bersaglieri coni guardie nazionali in tenimento di Ruvo (Puglia) si batte con una banda di 20 realizzatori, che perdono 3 uomini uccisi, nel torrente Lianto; mentre un solo della truppa vi resta morto. 197 Contemporaneamente il Maggiore Maurizia del 24 reggimento, con una colonna mobile, in tenimento di Bari, arresta 12 uomini sospetti di brigantaggio, e per la prima volta si sente, che sieno stati posti a disposizione del Potere giudiziario, senza essere fucilati all'istante.

In Bitonto (provincia di Bari) è pubblicamente affisso un cartello che annunzia come sicura la restaurazione del Be legittimo, ed eccita il popolo a ribellarsi contro l'attuale governo: il Sindaco lo toglie, e lo consegna all'Autorità giudiziaria.

A' 19. In Tiriolo (Calabria) vi è conflitto fra truppa e reazionarii, uno di questi rimane ucciso, e l'altro è preso, e fucilato. - Nello stesso giorno i carabinieri, e la guardia nazionale di Scanno (Abruzzo) ammazzano un brigante in una imboscata.

E nell'altro comune di Puzzoli (Abruzzo) è arrestato il ricercatissimo capo-reazionario Daniele Hordant-Cicchetti, che nel 1860 fece fuoco contro il generale Pinelli, e sarebbe anche fuggito dalle mani della truppa, se non lo avesse raggiunto il sergente Andreoli nel bosco.

Altri due attacchi vi sono nei giorni susseguenti nel bosco di Migliano, presse S. Angelo de' Lombardi (Avellino) dove le truppe piemontesi lasciano sul campo 4, soldati morti, e riportano un loro sergente feriti.

Il capitano della guardia nazionale di Bisaccia (Avellino) arresta un brigante e lo consegna al maggiore comandarne il 33 reggimento, che senza altra formatila lo fa fucilare.

Nella notte de' 20, un drappello di sbandati reazionarii disarma il posto della guardia nazionale di Fragagnano (Terra di Bari); e vi prende 16 fucili. E nel dimani si pratica la stesso nel comune d Montaquila (distretto d' Isernia).

In questi giorni si osserva lungo la linea occupata dalle bande un gran movimento: quelle di Basilicata passano nelle Puglie, alcune di queste si trasportano in Molise e quelle di Molise trasmigrano in Abruzzo. 198 A' 22. - Una compagnia di bersaglieri esce da Troja (Paglia) e sostiene un combattimento nel punto detto Visciglito, tra Foggia e Lucera con le bande riunite di Pirro, Varanelli, Petrozzi, e Schiavone, circa 130 individui, e li obbliga a ritrarsi. - Questi per altro aveano già sostenuto un precedente attacco nel pomeriggio de' 18. sul cosi detto Monte Santo, tenimento di Troja, con un distaccamento dell'8. di fanteria, perdendovi soltanto 3 cavalli.

Altri parziali conflitti avvengono in que' tenimenti ne' giorni posteriori: un distaccamento da Apricena esce in perlustrazione, attacca dieci reazionari a cavallo, ne uccide uno, ne ferisce tre, che non gli è possibile di rinvenire, ma i 4 loro cavalli cadono in potere della truppa: - un altro distaccamento della guarnigione dì Lucera combatte presso la masseria Reggente con un drappello di reazionarii, due de' quali cadono morti, uno è ferito nella fronte; due carabinieri restano uccisi: nel contempo altra colonna di truppa si porta nella contrada Pavoni proprietà del Marchese Nicastro, dove attacca un'altra banda di circa 50 reazionarii, né uccide 3, ne ferisce molti; e perseguita i rimanenti fino a Montearatro. - Quivi il capitano Baralis dell'8. reggimento piemontese postosi in agguato presso la masseria del marchese De Luca nella notte de' 18. a 19. arresta il capobanda Antonio Campanozzi, e tradottolo a Serracapriola lo fucila.

Nel villaggio Zapponeto (Capitanata) una banda di 80 reazionarii vi disarma la guardia nazionale, impone varie tasse a' proprietarii fautori del Piemonte, e stabilisce un governo provvisorio.

Nella notte de' 24. una banda reazionaria di 130 individui invade il comune di Castelluccio in Terra di Lavoro, e vi sfoga vendette; mentre per lo corso di 4 ore la guardia nazionale fa fuoco trinceratasi in una torre.

A' 25. Il capitano del distaccamento de' bersaglieri stanziati in Carbonara (Avellino) va ad incontrare una banda di 32 individui, che dopo una prima scarica, si dà in fuga: 199 vi sono feriti dall'una e dall'altra parte, ma nessuno lo è gravemente; e non si ha altro risultamento.

Il governo è in grave apprensione per complotti reazionarii ne' cosiddetti casali di Cosenza (Calabria) sopratutto nei popolosi comuni di Celico, e Spezzano grande, dove i sintomi si manifestano nelle occasioni con radunanze armate.

Da' 26. a'31. Una comitiva di 90 briganti tenta invadere il comune di Motta nel giorno 26; ma è respinta.

Una scaramuccia ha luogo nello stesso giorno in Latronico (Basilicata) fra reazionarii e carabinieri.

Il proprietario Vito Angelini, di Noci (Puglia) è catturato per Vendette politiche da un drappello reazionario, e trucidato nel bosco. - Nel dimani (27.) la stessa tragica sorte incontra Andrea Mondella di Bojano (Molise) catturato, insieme co 'conterranei Gennaro Orlandi, e Francesco Piciocchi da una comitiva di briganti, che rilasciano gli altri due con riscatto pecuniario. In Cervinara (Avellino) a' 28. è catturato da sette briganti il nominato Pasquale Valente, né può riuscire a' carabinieri di ripigliarlo. - Contemporaneamente 5. altri paesani sono catturati nell'agro di Guardia Lombarda (Avellino) punto denominato Casazzo di Bisaccia, e sì chiedono da' briganti armi, e denaro per loro riscatto. Fiere vendette si fanno contro coloro, che si ricusano alle requisizioni fatte da parte de' briganti: così, è bruciata la masseria di Michele di Nicola nel tenimento di Calitri, per aver rifiutato un cavallo: - in Ricigliano (Salerno) è trucidato il proprietario Nicola Buonavoglìa, mentre passeggiava col fratello presso l'abitato: - A S. Massimo (Molise) depredano 400 pecore a quel capitano nazionale, e minacciano i briganti di aggredire il paese, ma le guardie nazionali de' vicini comuni di Bojano, e Roccamandolfi li respingono, ripigliando loro gli animali predati.

A '26. - II capitano Mondino del 45. reggimento alla testa di un distaccamento di 30 soldati, a Castelfranco, presso Benevento batte, e sbaraglia una banda di 70 uomini, uccidendone sei. 200

A' 27. - Tra Marsiconuovo, e Marsicovetere (Basilicata) in un conflitto fra alcuni di que' borghesi, ed una piccola banda condotta da Angelantonio Masini questi, ed un altro compagno restano gravemente feriti.

A' 28. Un distaccamento del 21 reggimento. di linea, e varii carabinieri della stazione di Bovino attaccano e pongono in fuga nel comune di Facto una banda di 80 briganti, ed arrestano varii costoro conniventi.

Nello stesso giorno un drappello di sei briganti a cavallo, chiede all'arciprete D. Luigi De Simone, di Guardia Lombarda, sessanta razioni di viveri per la intera banda idi circa 70; - la quale è immantinente attaccata dal sottotenente Zerbi con un distaccamento. del 34. di linea: la banda a cavallo prende la fuga, le si vendica sull'istante uccidendo 4 animali vaccini a danno dell'arciprete.

A' 29 la nona compagnia del 22. reggimento comandata dal capitano Bologna, coadiuvata dalla guardia nazionale di Grottaminarda (Avellino) con agnato sorprende la banda reazionaria al ponte di Medito, che sostiene accanito conflitto, e vi cadono morti il capobanda Andreozzi, e 4 de' suoi rimanendone altri 6. feriti; con perdita di 6. cavalli, fucili e munizioni.

A' 30. Una banda di 30 briganti aggredisce una osteria in Sicignano.

Nello stesso giorno il tenente Benevelli con un distaccamento del 22. reggimento di fanteria attacca una comitiva di circa 50 reazionarii, in tenimento di Ariano che informati. a tempo, prendono la fuga: - ma la truppa arresta, e fucila alcuni contadini, ohe aveano data informazione delle sue mosse a' reazionarii.

A' 31. - Una banda di 80 individui tenta sorprendere il distaccamento di bersaglieri acquartierato in Castronuovo presso Avezzano (Abruzzo); ma è obbligata a retrocedere pel vivo fuoco fatto da' bersaglieri, uno de' quali però a nome Giuseppe Pelimonte, vi rifilane deciso. 201 Nello stesso giorno celebrandosi una rinomata fiera nel comune di Montefusco (Avellino) si presentano non più ohe 20 briganti, annunziandosi fintamente come avanguardia di maggior banda: tutti fuggono; ed anche la guardia nazionale si atterrisce: gli aggressori restano liberi a prendersi da' generi esposti al mercato tuttociò che loro aggrada. Mese di settembre.


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A dì 1. Una compagnia del 18. bersaglieri comandata dal capitano Filippo Cartocci a due miglia dal comune di Apice s'impegna in un vivo combattimento con 45 reazionarii, che sono messi in rotta, e lasciano 14 morti sul terreno,1 cavallo, 11 fucili, 4 pistole.

Nello stesso giorno una comitiva di circa 80 degli stessi reazionarii nell'Abruzzo citeriore, cerca assalire la vettura di trasporto del pubblico denaro, che una scorta militare, ben che in iscarso numero, difende coraggiosamente.

In altro plinto il capitano Mangiaracina con un drappello di 45 soldati mette in fuga una banda dr 150 briganti, a' quali uccide due uomini, e secondo il giornale di Napoli, sequestra armi, munizioni, e medaglie.

Castelsaraceno (Basilicata) è invaso da una banda reazionaria di' cento individui comandati dal Cavalcante; che disarmano la guardia nazionale; e fanno molto soffrire alle case de' fautori del Piemonte; e quindi si ritirano tranquillamente. In questo giorno il distaccamento militare avea lasciato Castelsaraceno per assistere alla festività di S. Egidio nel prossimo comune di Latronico. Questo avvenimento mette in costernazione i piemontesisti dell'altro comune di Lauria, che temendo l'eguale invasione restano in armi tutta la notte. 202

A' 2. Una banda reazionaria aggredisce il comune di S. Sossio (Calabria), che comunque respinta da quella guardia nazionale, pure si accampa a due miglia dall'abitato.

In Avellino sono fucilati quattro de' briganti, che giorni indietro aggredivano la vettura corriera: il sindaco ripartisce tra le guardie nazionali, che li hanno arrestati, i ducati 38 répertati presso i medesimi.

Una pattuglia mista di carabinieri, e bersaglieri nel lenimento di S. Fele (Basilicata) si attacca con 17 briganti a cavallo comandati da Coppa, 4 de' quali benché feriti, fuggono con gli altri, ma perdono 2 cavalli.

Nei corso di questa notte una comitiva di 80 individui aggredisce la casa di Donato Ceree, in Biccari (Puglia), che dà I! allarme al paese con un colpo d'arma a fuoco; - accorrono i carabinieri, che inseguendo gli aggressori, ne uccidono uno.

A' 3. Altra numerosa comitiva minaccia d'invadere Flumeri (Avellino); ma n'è impettita da' bersaglieri di Roccaminarda.

Ne' villaggi di Cave, e Catailli, presso Conca (distretto dì Gaeta) è disarmato il posto della guardia nazionale; - e devastata la casa di Angelo Masi. I carabinieri arrestano come: complice di questo attentato il tenente della guardia nazionale Antonio Galdieri.

Nella notte tre carabinieri hanno uno scontro con 10 briganti nel tenimento di Serrastretta (Calabria) e riescono a catturarne uno, che fucilano; - altri 4 ne sono presi e fucilati poco dopo dalla guardia nazionale dello stesso comune.

Nella contrada Piletta, tenimento di Carpineto (Abruzzo) una banda di 18 uomini uccide i due contadini Carmine Dascani ed Eligio Mastronardi.

In Pescopennataro (Molise) i reazionarii. fanno una scorreria nel podere di Domenico Palumbo, e gli uccidono 200 animali pecorini. 203

A' 5. Due briganti in questa notte si. recano nel villaggio di Tuoro-Funaro, comune di Marzano di Gaeta, ed aggredita la casa di Luigi Cipolla con intenzione di ucciderlo; non avendolo rinvenuto feriscono invece mortalmente la moglie.

La banda d'un tal Nerone, composta di 30 uomini, saccheggia, e disarma i villaggi di S. Pietro, di Pòlocia e di Campinola, provincia di Salerno.

Un distaccamento della guardia nazionale di S. Martino (Basilicata) co' carabinieri, insegue una banda di 60 individui, ne ferisce due, e ne uccide uno.

Nelle ore pomeridiane si mostra fino ad un miglio dall'abitato di S. Severo (Puglia) una banda di 100 reazionarii; togliendo da quelle campagne tutti i cavalli per po terne montare: è spedita ad incontrarla una compagnia dì soldati di linea.

A' 6. In questa notte un drappello di bersaglieri, e guardie nazionali di Cicciano (Terra di Lavora) in perlustrazione, giunti al punto denominato S. Martino, cadono in un agguato teso da' reazionarii, che facendo una scarica d'armi, uccidono il sergente nazionale Sebastiano Caliendo, e profittando del buio della notte, sfuggono ad ogni ricerca.

A' 7. Mostratasi mia banda reazionaria di 200 individui nella contrada Canestrelle, tenimento del comune di Candela (Puglia) è attaccata dal colonnello piemontese Balzani con 40 bersaglieri, e 40 cavalleggieri di Lucca, che uccide 15 della banda, ne ferisce molti, e prende 19 cavalli, e varie armi, e munizioni.

Presso S. Paolo (anche Puglia) un distaccamento di 60 guardie nazionali della vicina città di Severo comandata dal tenente Tommaso La Cicilia attacca il fuoco con una banda di 90 individui, che resiste per 5 ore, e si ritira con tre feriti; essendo però rimasto ferito esso La Cicilia.

Nel dimani d'ordine del comando militare della provincia i carabinieri. arrestano il sindaco, ed il capitano della guardia nazionale del suddetto comune di S. Paolo, 204 che traducono ignominiosamente in carcere, come incolpati di aver impedito a' pochi volenterosi del paese di prendere le armi contro i reazionarii, che si battevano a 100 passi dal paese.

Dopo un attacco di qualche ora un drappello militare insegue nella montagna di Cesima, tra Conca, e Gallnccio (Terra di Lavoro) una banda di circa 50 individui, uno de' quali è preso, e fucilato all'istante, riconosciuto per abitante del primo de' detti paesi.

Identico caso avviane contemporaneamente nel tenimento di Scanno (Abruzzo) con la fucilazione di altro individuo.

A' 8. Minacciosa è la banda che scorre le montagne di Moro, e S. Gregorio (Basilicata) dove a' proprietarii, che sono reputati favorevoli a' piemontesi, usano le rappresaglie di uccidere gli animali caprini e pecorini.

A' 9. Il distaccamento di Sora (Terra di Lavoro) del 46. reggimento si attacca co' reazionarii, che fuggono con la perdita di un morto, e di vari feriti.

I reazionarii comandati da Tristany, verso Rendinara (Abruzzo) si attaccano con un distaccamento di bersaglieri piemontesi, uno de' quali rimane ucciso, e l'uffiziale leggermente ferito: sono feriti parimenti due de' primi, che si curano a Polleparto presso il convento di Trisulti.

Un piccolo drappello reazionario assale e ferisce un carabiniere, ohe si recava per servizio da Torchiara a Salerno.

Il distretto di Vasto (Abruzzo) è infestato da un'audace banda di circa 200 reazionarii, aumentata tuttogiorno dalla gioventù de' luoghi, che mette lo scompiglio tra i proprietarii favorevoli al nuovo ordine di cose introdotto colà da' piemontesi.

A' 10. Il distaccamento militare di Torricella (Abruzzo arresta, dopo accanita resistenza, il reazionario Nicola d'Ulisse, già soldato del 55. reggimento, e sull'istante lo fucila.

Una banda reazionaria minaccia d'invadere nelle ore pomeridiane il comune dì Casalbore, 305

la cui guardia nazionale resiste con due ore di fuoco; in esito del quale la banda si ritira con due feriti. Allo avviso accorre da Ariano nella notte stessa il capitano Gloag con truppa ed artiglieria; ma i reazionarii dopo poche fucilate, dalle quali rimane ucciso un artigliere si ritirano.

Di un distaccamento militare di 20 bersaglieri comandato dal sotto-tenente Paolo Pizzi, lombarda, giovane di 21 anni, due soli riescono a salvarsi in m conflitti contro i reazionarii al numero di circa 200 al ponte di S. Venere presso Lacedonia (Avellino) comunque il cennato uffiziale avesse cercato fortificarsi nella prossima masseria S. Antonio, che i nemici davano alle fiamme; per cui uscendone disperatamente col sergente, e con sette de' suoi, vengono tutti uccisi a colpi di baionette.

A' di 11. Nuovi combattimenti fra truppa, e reazionarii alle Corcelle, pressa Agevola; presso Melfi (Basilicata) durato due ore, - altri su le alture di Torciero, - a Montecalvo, - nel comune di S. Gregorio a Taverna S. Felice; - e presso Roccarasa (Abruzzo).

A' 12. Le province del napoletano si trovano sotto un doppio stato di assedio, l'uno imposto dal nuovo governo; - e l'altro dalle bande reazionarie, alle quali molto meno si può resistere, dopo il generale disarmamento eseguito dal primo. Le seconde entrano nell'abitato del comune di S. Bartolomeo in Galdo (grossa borgata nel Beneventano). dove per 4 ore sostengono un vivo fuoco con la truppa e dopo si ritirano.

Le bande stesse dimorano poi per duo giorni nel prossimo comune di Montefalcione, dove non ostante te atroci repressioni e incendi cagionati nel decorso anno: dal Prefetto de Luca, e dagli ungheresi, sono sempre più pronunziate le simpatie reazionarie; e le bande anzidette rompono ivi le statue, ed emblemi del governo invasore. 206 Da 13 a' 22. Piccole bande reazionarie scorrazzano a vista di Napoli, ed una n'è inseguita a Chiaiano villaggio della Capitale. In questa l'allarme è tale, che nella sera de 13 vari distaccamenti delle guardie nazionali del 5.6. 7.8. battaglione, sotto il comando del generale Carrano, e 40 carabinieri, fanno una escursione nel tenimento di Capodimonte, dove si diceva aggirarsi una comitiva di 80 reazionarii.

Ed un altra, di 50 a cavallo da 4 mesi domina ne' vari paesi del Beneventano, e della provincia di Avellino,taglieggiando su' comuni a danno de' possidenti più facoltosi, e devoti al governo subalpino; come sperimentano i comuni di Buonalbergo, S. Giorgio, Ginestra, e Montecalvo.

A' 23. Parte dello abitato, di Pescopagano (capo luogo mandamentale in Basilicata) è oggi assalito da una banda reazionaria, che si vendica delle sofferte persecuzioni contro i poderi de' liberali più noti e de' deputati.

Da' 24 a' 30. Da notizie riferite per l'organo di persone imparziali, reduci dalle Puglie, si ha, che ne' boschi di Monticchio il Crocco comanda oltre i 500 uomini, sparpagliati in piccole bande da' 15 a' 30 individui, in varie direzioni, che si concentrano a feconda delle imprese che tuttogiorno tentano; godendo sempre le simpatie, ed i favori delle popolazioni agricole, che cordialmente avversano ì piemontesi.

Le bande poi del Matese (Appennino), che possono padroneggiare per varie direzioni le provincie di Terra di lavoro, di Avellino, di Benevento, di Molise e comunicare agevolmente con le Puglie, e gli Abruzzi (oltre la metà del reame) sembrano fatte più audaci dalla stessa loro poca forza numerica; e diventano, più feroci vedendo ringagliardirsi la persecuzione loro mossa con lo stato d'assedio. La truppa ogni giorno, or qua o là, ha dei scontri, senza però nessun frutto; «perché i briganti (secondo la espressione della stampa officiale, ed officiosa) non impegnano mai serio combattimento, sono velocissimi nella fuga; ben informazioni de' luoghi; e godono le simpatie delle popolazioni». 207 Mese di ottobre.

A di 1. Da una relazione officiale del generale piemontese conte Masé de la Roche, comandante territoriale nelle Paglie (pubblicata in vari giornali di Torino) si ha, che nella sola provincia di Foggia negli ultimi undici giorni inclusivamente fino ad oggi, vi sono statila combattimenti fra truppa, e reazionari, e 4 fucilazioni di questi ultimi; cosi distinte: - «a' 21 settembre, attacco con 31 briganti; - a' 22 con 30 briganti: - a' 23 con 70; - a' 24 con uno; a' 26 due scontri; - a' 27 uno scontro; - a' 29 due scontri; - a' 30 due scontri, - ed anche due nel 1 ottobre. - Si sono fucilati senza processo a' 24 un brigante; un altro a' 26; - un nitro a' 29; - un altro al 1 ottobre».

Come documento di questa flagrante guerra civile, è utile riportare interamente il testo di un Ordine del giorno, anche in data di oggi, in via confidenziale, comunicato dal medesimo generale alla truppa da lui comandata; -

«COMANDO GENERALE DELLE TRUPPE ATTIVE NELLA CAPITANATA E DELLO STATO D'ASSEDIO.

«Confidenziale. A' signori comandanti di corpo e distaccamenti.

«Il sottoscritto ha qualche ragione di credere, che non tutti i militari da esso dipendenti sieno penetrati della missione, che ha l'esercito in queste provincie, la quale missione, per quanto esiga pur troppo l'applicazione di misure di rigore, - non esclude tuttavia che si debba procurare, per quanto è possibile di rialzare lo spirito delle popolazioni, e specialmente della classe più misera, e tenuta più abbietta, voglio dire i coltivatori e pastori. È questa missione civilizzatrice, che ha il soldato d'un libero governo, di mostrare, cioè, 208 anche alla infima classe per la cordialità del tratto come un riflesso della paterna cura, che ha Io Stato per tutti i cittadini, indistintamente eguale: con ciò, ripeto, non si esclude punto il più fermo contegno per attenere quanto spetta al soldato, o quanto può essere utile alle operazioni per la sicurezza pubblica: - ciò non esclude punto, come più sopra ho detto, l'applicazione delle più severe, e dicasi pure anche delle estreme misure di rigore; ma però senza mai abbandonarsi ad ingiuriose e degradanti qualificazioni allusive ad una intera popolazione o ad una intera classe, di cittadini; né tanto meno a mali trattamenti ecc, provocati talvolta dal solo non intendersi il dialetto degli abitanti; mentre a ben più forte ragione non intendono essi il nostro; né tampoco la lingua italiana. - I signori comandanti. de' corpi tutti dipendenti da questo comando, vengono perciò invitati ad inculcare bene a' loro dipendenti di qualunque grado a volersi strettamente uniformare alle intenzioni del sottoscritto, che in certo qual modo ne li terrà responsabili, dovendo essi aver mezzi di far loro intendere, che non già si esige da essi un contegno d'imbelle mansuetudine, ma solo si vuole escludere, la inutile ed insultante durezza.

Giacciono. nelle carceri in gran numero carcerati sul di cui conto non si sa qual misura prendere, per non avere assolutamente alcun dato su la loro carcerazione, tranne la imputazione vaga di connivenza col brigantaggio.

Non di rado si vede anche, che persone così arrestate dimostrano con evidenti pruove, essere state invece vittime esse stesse de' briganti prima, e poscia di denunzie per private vendette; oltre lo smacco che ne viene ad avere l'Autorità col doverle mettere in libertà, a memo di ostinarsi in un evidente diniego di giustizia, si fanno con ciò nuovi nemici al governo, del quale si veggono trattati così arbitrariamente. - Meschina è poi la figura, che fa l'autorità stessa superiore col non aver nessun dato in mano per provare la loro colpabilità; 209

e talvolta non l'ignorare finanche per lunghi giorni il motivo dell'arresto fondato o infondato che sia. - I signori comandanti di corpi, o di distaccamenti sono perciò invitati ad accompagnare sempre l'atto degli arresti che facessero, di succinto rapporto fondato su' fatti, che diano almeno una probabilità di provare la colpabilità bell'arrestato: beninteso, che poi briganti colti con l'armi alla mano, o in flagrante delitto di ricatto, di spionaggio, di ricettazione di malfattori, si continuerà sempre, come per lo passato, alle estreme misure, assumendone la risponsabilità il comandante della forza che operò l'arresto, o la cattura, senza altro bisogno di chiedere autorizzazioni.

Infine consta pure al sottoscritto, ohe nel perlustrare, od occupare le masserie, si permettono i soldati di appropriarsi pollami, o altri generi di mangiativa, furtivamente dando così poca buona opinione dì se agli abitanti, che in tali atti di prepotenza possono quasi vedere ripetuti i fatti di rapina, che siamo invece chiamati a reprimere. Anche su di ciò ricbiamo l'attenzione de' Comandanti dei corpi, de' distaccamenti, o delle colonne mobili, che chiamerò pure pecuniariamente risponsabili de' danni fondatamente reclamati. È ovvio, che quando la truppa abbisogna di cibo, si prende dov'è, ma deve essere il comandante che fa regolarmente la requisizione dell'occorrente, e non mai il soldato arbitrariamente».

Foggia 1 ottobre 1862.

Il Brigadiere Comandante

firmato = CONTE MAZÈ DE LA ROCHE. 

Da'4 a' 12. Lagrimevole è la descrizione dell'attuale stato delle Provincie del napoletano; e sopratutto delle Puglie. - Dalle lettere di alcuni deputati parlamentari di colà, pubblicate dal Diritto di Torino N.310, si notano tra le altre cose, le seguenti confessioni: 210 - «Lo stato di queste provincie è pessimo: i briganti hanno consumato forse la metà del ricolto con incendii, devastazioni, e ricatti; si sono poi ingigantiti a segno da venire ad insultare ì grossi centri delle popolazioni, sino a due chilometri dalle mura i delle città. I proprietarii non possono uscire dalle loro case: i coloni, o non coltivano le terre pel nuovo ricolto, o lo fanno malissimo, i braccianti non trovano lavoro, perché gli agricoltori non possono darne, né mandare gli animali in campagna. Si è gridato, e pregata per aver forza, ma nulla si è mai ottenuto. Ora vi è stata una presentazione di circa 120 briganti, ma ci stanno tuttavia grandi masse, fino 200 a cavallo. Questo stato di cose, non esagerato al certo, porta un terribile tracollo alla finanza particolare e generale, un grave intoppo all'amministrazione della giustizia, un grandissimo incaglio al commercio, un discredito immenso al governo e ciò che è più tristo, mette un dubbio funesto nell'animo di tutti su le nostre future sorti.... Insomma qui siamo in un generale scoramento, soverchiati in tutti i modi, senza più rispetto alle leggi, abbandonati all'arbitrio di quanti sono impiegati, impiegatuzzi, comandanti militari uffiziali, caporali, soldati, si arresta a capriccio, si vessano gli onesti, si proteggono i malvagi... Diresti, che gli Agenti del governo si affatichino a renderlo odioso, e rovesciarlo».

A' 5 corrente il distaccamento militare di Andretta (Avellino) accompagnando varii prigionieri, è attaccato da 20 briganti presso Guardia Lombarda, che vorrebbero far fuggire i detenuti; ma i soldati sostengono con valore il conflitto, e fanno retrocedere gli aggressori, che vi perdono un cavallo, un cappotto, ed una giberna.

A' 13. Il comandante Fumel è nel comune di S. Fili (Calabria) in procinto di muovere contro i briganti, il giornale di quella provincia il Calabrese «aspetta con sicurezza i fatti, che saranno al solito degni dello egregio maggiore Fumel».

Da' 14 a'26. La Gazzetta de' comuni, giornale dell'Abruzzo citeriore, scrive «che colà il brigantaggio si ride dello stato 211 d'assedio; il mandamento di Torricella è travagliato dalla banda di Domenico Fanti: in Gessopalena i ricatti sono giornalieri; ed è sommamente pericoloso di uscire fuori dell'abitato: molte famiglie sono costrette a riscattare figli e nipoti con parecchie centinaia di lire; e non ha guari veniva massacrato un tale Emilio Sambuco: un gentiluomo dello stesso comune, signor Garzia Pellicciotti, richiesto con viglietto di ricatto per vistosa somma di denaro, si uccideva con un colpo di pistola».

E il deputato Ricciardi, da Napoli, con lettera de' 24, pubblicata nel giornale il Diritto osserva, tra l'altro «che il brigantaggio sia cresciuto con lo stato d'assedio, e principalmente a cagione dello stato d'assedio, e narra, ohe non ha guari 37 reazionarii pervenuti in Apricena (Puglia), dopo essere sbarcati comodissimamente, cioè, senza molestia alcuna in quella spiaggia di Lesina, sebbene giunti senza armi e senza munizioni, hanno subito trovato, sì le une che le altre, ed ora ingrossano le varie bande, che scorrazzano la infelice provincia».

Ricomparisce una banda reazionaria su' monti di Amalfi, e si presenta nel giorno 26 a Ravello (Salerno) dove gli s'imbandisce lauto banchetto, celebrandovisi la festa del B. Bonaventura, e quindi dà fuoco ad un deposito di fascine; richiede 500 ducati a D. Alessio Manzi, che non glieli dà; e ritorna a tutto agio a' suoi covi. Ben tardi sopraggiunge la guardia nazionale di Amalfi; essendo quella costiera sfornita di truppa, che ha dovuto accorrere in luoghi più minacciati.


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A' 27. I giornali pubblicano la lettera di un pubblico funzionario residente nelle Puglie, diretta ad un deputato, nella quale è notevole il seguente periodo: - «È tempo che si ponga un confine agli arbitrii militari; è che si determinino le facoltà competenti, anche in questo stato eccezionale, all'autorità de' comandanti di truppe. 212 A' 27 ottobre questa città fu per trovarsi in preda al disordine stante un conflitto fra l'autorità militare ed il consiglio municipale. Intanto il brigantaggio continua a devastare le campagne. I briganti, respinti da' punti vicini, ripiegano su questi paesi. Il prefetto fa appello alla guardia nazionale. Ma chi risponde? Dopo il disastro di Aspromonte, la sfidueia è ingigantita, la prostrazione è generale».

Da' 28 a' 31. E su lo stesso tenore esclamano i diarii, anche quelli che hanno per mestiere di soffiare nel fuoco delle discordie intestine de' popoli. Così il giornale Le Temps accennando alla insufficienza de' 120 mila soldati che il governo di Torino adopra per contenere un popolo, che egli spacciò essersi dato volonteroso a portare il giogo del «Piemonte, si dichiara, stomacato della impudenza con cui si vorrebbe far credere esser rimaste appena poche reliquie della reazione» e conchiude: «A Torino si è fermato il proposito, e si mantiene, d'ingannare l'Europa su lo stato degli Abruzzi, e specialmente delle Puglie. Le pretese vittorie delle truppe non esistono che su la carta; la strada da Foggia a Napoli è impraticabile: le vetture ed i trasporti di merci derubati ad ogni momento: le circolari de' prefetti, e persino quella del prefetto di Lecce, si orribile da far drizzare i capelli in fronte, non sono che inefficaci e ridicole minacce». Mese di novembre.

Dal 1 al 5. Da S. Croce di Magliano (provincia di Molise) muove nel mattino de' 5 il capitano Rota, col luogotenente Perrino, comandando un distaccamento di soldati del 36 reggimento piemontese per attaccare la banda reazionaria ne' boschi contigui, che dividono quella provincia dalle Puglie; ma nel conflitto in contrada Melanico vi rimangono uccisi i due uffiziali, ed è distrutto quasi tutto il distaccamento, e soK undici prigionieri in mano a' briganti. 213 - A prevenire ogni scossa, che il fatale annunzio potrebbe eccitare 213 nelle popolazioni accorre una colonna da Caserta (distanza di circa 80 miglia) di fanteria e cavalleria, comandata dal capitano Berti; ed ha un primo scontro con altra banda nel bosco Petacciato (tra Molise ed Abruzzo citra) fa prigioni tre briganti, e li fa subito fucilare nel vicino comune di Termoli.

Del disastro accaduto al cennato distaccamento del 36 reggimento, ecco l'ufficiale rendiconto pubblicato dall'Italia militare: «Individui di cui si sono rinvenuti i cadaveri

«1. Giuseppe Rota - capitano comandante la 13 compagnia del 36 reggimento di linea.

«2. Vincenzo Ferrino - luogotenente.

«3. Temistocle Cassini - sergente.

«4. Gaetano Basilio - caporale.

«5. Rocco Brusa - id.

«6. Dario Cocci - scelto.

«7. Secondo Surra - id.

«8. Marco Capelli - soldato.

«9. Bartolomeo Bertone - id.

«10. Nicola Boniello - id.

«11, Pietro Clerici - id.

«12. Pietro Cuzzetti - id.

«13. Guisi Roffo - id.

«14. Clemente Ambrogi id.

«15. Pietro Micone - id.

«16. Pietro Garbarino - id. «Individui i cui cadaveri furono sotterrati da' villici

«17. Giuseppe Seghezza - soldato scelto.

« 18. Gaspare Pasero - soldato.

«19. Ferd. Senise - id. 214 «20. Pietro Gapatto - soldato.

«21. Angelo Jardella - id.

«22. Pietro Facchiiretti id. Individui dispersi

« 23. Francesco Sista - sergente.

« 24. Luigi Trivisonno - caporal-foriere.

«25. Natale Michelucci - caporale.

«26. Pasquale Fratangelo - soldato scelto.

«27. Lorenzo Mìroglio - soldato.

«28. Nunzio Cerfoglio - id.

«29. Domenico Alise - id.

« 30. Pasquale Mucerino - id.

«31. Michele Bartolini - id.

« 32. Sebastiano Mecca - id..

«33. Luigi Annibali - id. Individui salvati.

«34. Lorenzo Didier - caporale.

«35. Guglielmo Palmieri - soldato scelto.

«36. Giuseppe Tozzuolo - id..

«37. Cherubino Galli - soldato.

« 38. Davide Ghioldi - id. Da' 6 agli 8. La Gazzetta di Torino riferisce, che per notizie pervenute da Foggia i lancieri di Montebello attaccati da una banda reazionaria ne avevano uccisi venti, ed avevano fugato il resto della banda stessa.

Una compagnia del 55 reggimento comandata dal capitano Rossi, con un distaccamento di guardia nazionale, e due carabinieri si scontra a di 8 con un numero superiore di reazionarii a cavallo, nel tenimento di S. Severo di Puglia. 215 Per guadagnare una buona posizione, ordina alla sua truppa il capitano di concentrarsi nel sito detto Focicchia: nello eseguirsi questo movimento, quattro guardie nazionali prese da timor panico si danno a fuggire, ma raggiunte da' reazionarii sono uccise, unitamente ad uno de' carabinieri rimasto alla coda della colonna: Ja truppa, guadagnata che ebbe la posizione indicatale dal capitano Rossi, si sostiene con valore contro i nemici, i quali manovrano pure con tutte le regole strategiche, ciò che fa ritenere essere tutti antichi soldati dello esercito napoletano, ed i loro capi vecchi militari: al cadere della notte questi ultimi si ritirano, e scompariscono.

Da' 9 a' 13. La Gazzetta officiale di Torino annunzia «che nel mattino de' 10 le regie truppe comandate dal generale Franzini attaccano in regolare ordine di battaglia le bande Pio, e Andreotti, nel bosco Monticchio, al luogo detto Fiumara d'Atella (Basilicata): il 6 squadrone dei cavalleggieri di Lucca carica a gran carriera. Poco dopo ce i briganti sono sopraggiunti alla corsa dalla 1. compagnia del 13 bersaglieri, che li segue per più miglia. Alla fucilata accorre la 13 compagnia del 33 di linea. I briganti perdono 23 cavalli bardati, molti viveri, e munizioni, ed utensili da cucina. Non si hanno notizie del maggiore Brera del 33 di linea, che perlustra il lato opposto del bosco».

Il tenimento di Taranto (Terra d'Otranto) è infestato interamente da reazionarii; alla vicinanza di sole 5 miglia si sono accampate le bande: ne' vicinissimi villaggi di Staiti e di Crispiani sono padroni assoluti del terreno.

A' 14 e 15, Secondo il giornale officiale di Napoli «dal 7 settembre fino ad oggi (14 novembre) il governo rigeneratore ha fatti fucilare più di novanta briganti, o sospetti di complicità con i briganti, oltre quelli caduti negli attacchi con le truppe».

A' 16. Oggi si fa firmare dal re in Torino il decreto con cui termina lo stato d'assedio, conservandosi però a' prefetti di Napoli e di Palermo gli amplissimi poteri politici, onde li avevano investiti i decreti de' 12 e 15 agosto. 216 Il giornale torinese il Diritto osserva sul proposito: «Non essendo oggi le condizioni delle provincie meridionali mutate punto da quel che erano, una, due, o più settimane addietro, il togliere lo stato d'assedio precisamente alla vigilia della riapertura del parlamento, non può voler dir altro, se non che il ministero ammette ciò che la opposizione va dicendo da mesi, cioè, che quello stato eccezionale, in cui da più mesi senza alcun beneficio, è stata gettata mezza Italia, è incompatibile affatto con i principii e con la essenza della vita costituzionale: in questo modo, il voto di biasimo su l'operato del ministero comincia a partire da lui stesso».

A' 17. Una banda reazionaria invade in questa sera il comune di Grottaglie (provincia di Lecce) a' gridi di Evviva al re Francesco II; s'impossessa delle armi al posto di guardia nazionale, che abbandonatolo, è fuggita; libera i detenuti dal carcere, e si vendica delle sofferte persecuzioni su le case de' liberali, i quali fuggono spaventati, e si nascondono: la maggior parte della popolazione è a favore de' reazionarii che vi restano fino al dimani; e' si trovano partiti quando sopraggiungono le truppe, e le autorità superiori da Taranto. È arrestato il sindaco, per ordine di queste, come sospetto di aver favorito quel movimento. Uno de' reazionarii a nome Francesco Monaco rimane ucciso nel rincontro da Alfonso Pignatelli, la cui casa era stata aggredita.

Su questo avvenimento è data lettura nel parlamento del telegramma del deputato Castromediano diretto dalla Puglia. «Briganti entrati a Grottaglie commettendo soliti «danni. Paese retrivo li ha ricevuti con luminarie. Sindaco «ed assessori conniventi, guardia nazionale pure. Il caso (è grave. Sindaco, ed assessori arrestati. Il Consiglio comunale apertamente ostile. Indispensabile immediato scioglimento, e destinare alla amministrazione commissario provvisorio. 217 Domando autorizzazione per urgenza».

A' 18. Nel comune di Francavilla, prossimo a quello di Grottaglie, si teme oggi la stessa sorte toccata jeri a questo: i liberali, e la guardia nazionale sono tutti in armi, e ne impongono al minuto popolo, che aspetterebbe con giubilo le bande reazionarie, che si sono fatte vedere fino a due miglia dal paese.

Da 19 a' 24. Nella notte de' 21 i reazionarii comandati da Errico Romano di Gioia, e da un tale La Veneziana entrano in Carovigno (Lecco) tra le acclamazioni, e le luminarie della popolazione co' gridi di Evviva il re Francesco II; disarmano il corpo di guardia nazionale; - spezzano i busti del re Vittorio Emmanuele, e di Garibaldi e non commettono la menoma intemperanza contro niuno degli abitanti. Il delegato di polizia Giuseppe Calò, contro il quale si proferisce qualche minaccia, si nasconde. Nel mattino la banda con la popolazione si recano fuori il paese a celebrare la festività religiosa nella chiesa della Madonna di Belvedere. In questo mentre sopraggiungono le forze maggiori dal capo-luogo distrettuale; e procedono a misure di rigore, ma la banda si è già allontanata. Il contegno moderato serbato da questa in Carovigno è attribuito dalla stampa liberale a' sentimenti reazionarii che generalmente ivi prevalgono, meno pochi devoti al Piemonte; e la stessa Perseveranza di Milano aggiunge sotto la data de' 25 «che questa visita della banda non è giunta, né inaspettata, né sgradita a' Carovignesi».

Nello stesso giorno (come pubblica la Gazzetta officiale di Torino) la guardia nazionale di Melito (distretto dì Ariano) comandata dal suo capitano Catugno si batte con una banda di 20 reazionarii, per 3 ore, ferendo uno di questi, e prendendo 3 cavalli. - Nel domani altro conflitto tra altri reazionarii, e la guardia nazionale di Villanova (Avellino) sussidiata da' notabili, e finanche da' preti del paese. 218 Ben a ragione quindi nelle correnti tornate parlamentari il deputato pugliese Castromediano assicura: «di aver vedute parecchie guardie nazionali di un comune chiamato Cellino (Puglia), le quali per isfregio avevano avuto da' briganti le orecchie mozzate».

E altro deputato Massari aggiunge, che «nel distretto di Taranto, i briganti se ne vanno pacificamente ad assistere a' fuochi di artifizio ne' paesi.» - Alla interpellanza dell'altro deputato Ara, sul contegno degli abitanti - il primo risponde «che gli abitanti sono disarmati; e se non sono briganti, sono però loro affezionati».

E il Popolo d'Italia sotto questa stessa data conchiude; «Il brigantaggio a piedi e a cavallo infesta le 3 Puglie, le (province di Avellino, di Benevento, e Campobasso; non escluso il Salernitano, l'Abruzzo chietino, e l'Aquilano. Ed a sentire i giornali dello stato d'assedio, questo orribile flagello dell'Italia meridionale deve presto sparire, e per sempre!»

A' 20. La guardia nazionale di Manduria (Lecce) si attacca con una banda a cavallo di 50 reazionarii, in S. Pietro a Bevagna.

A' 22. Nelle ore pomeridiane oggi arriva in Manduria per rinforzo io squadrone de' cavalleggieri di Lucca. A carico del costui comandante, muove lamento il deputato Nicola Schiavone con lettera inserita nel giornale il Cittadino leccese dal perché non curava mettere in movimento tutta la sua forza, anzi marciava per opposta posizione, allo annunzio, che una banda di 150 reazionarii a cavallo si aggirava a' 23 nel tenimento del paese.

A' 23. Il generale Franzini alla testa di 75 cavalleggieri di Lucca insegue senza posa e pel tratto di 35 miglia un' altra banda di 150 reazionarii a cavallo, dalla masseria Cisternosa, tenimento di Bovino, fino albi sponde dell'Ofanto, e non cessa, che pel sopraggiungere della notte, e per la spossatezza de' cavalli, de' quali quattro ne muoiono. 219 Diciotto reazionarii cadono sotto i colpi di sciabola di 5 cavalleggieri condotti dal capitano Maglia, che precede tutti, e ne uccide tre di sua mano.

A' 25. La stampa è costernata pel ritardo di sette giorni della posta di Napoli, in Lecce, le cui strade consolari sono tutte ingombre da bande reazionarie a piedi, ed a cavallo, che interdicono ogni transita; comunque imponenti forze militari si fossero ivi raccolte, ed operassero razzie ad ogni istante: sfoga quindi il suo malumore contro il prefetto, e i sottoprefetti, che non sanno provvedere alla libera comunicazione delle corrispondenze postali.

Oggi il delegato di polizia della città di Lanciano (Abruzzo) dopo aver superato la più accanita resistenza per parte del vecchio reazionario Domenico Andreoli, di colà, lo arresta, ferito, e dopo poche ore lo fa fucilare in piazza.

Uno de' capitani della 4. compagnia di guardi nazionale di Rionero, con la sua forza, e due carabinieri, perlustra il bosco Monticchio, si. attacca con una banda, le uccide un uomo, ne ferisce altri, prende 4 cavalli, ed alcuni viveri.

A' 26. Nella odierna tornata parlamentare in Torino il deputato Ricciardi dichiara, che l'altro deputato napolitano Leopolda Cannavina non ha potuto recarsi colà da Campobasso perché comunque ne fosse partito scortato da 150 soldati; pure appena fatte poche miglia, è stato costretto a retrocedere essendosi imbattuto in una banda di oltre 300 briganti.

E nella stessa tornata il presidente de' ministri Battazzi rispondendo alla interpellanza del deputato Dc; Cesare dice, che «una forte banda di briganti delle Puglie aveva promesso di arrendersi, a condizione di godere la grazia Sovrana, la quale grazia non fu loro negata, ma che i briganti stessi, mutato parere, la rifiutarono»

A' 27. Una forte banda reazionaria si spinge a poca distanza di S. Vito (Lecce) con intenzione di penetrarvi,ma la ferma attitudine della forza pubblica, manda a vuoto il tentativo. 220 La banda nel retrocedere si vendica incendiando varie masserie.

A' 28 e 29. La stampa italiana, e straniera e concorde nello affermare «non essere più solamente bande irregolari, e indisciplinate, che percorrono il napoletano; - ma colonne di gente a cavallo bene armate, ed equipaggiate.

In luogo di 20, o 30 insorti, che si erano scelto un capo all'azzardo, s'incontra adesso un vero corpo di 400, e 500 uomini. Il governo di Torino spedisce ordini per punire le località colpevoli di non voler combattere i briganti, fa minacciare le autorità locali; invia deputati su i punti più pericolosi. Sforzi inutili! - Il generale Lamarmora vorrebbe come una volta il Manhès mettersi alla testa delle sue truppe; ma è necessario che tenga Napoli occupata, e circondata da 50 mila uomini. Quanto alle autorità civili si ha un bel cambiarle; esse nulla più valgono. Il contagio della paura, e la persuasione che il male è senza rimedio rende tutti inutili i loro sforzi».

A' 28. Una forte banda a cavallo intercetta ogni comunicazione tra Napoli, e Puglia; perocché messasi alla metà del cammino, nel punto detto Giardinetto, ferma 36 carri, che dalle Puglie marciavano carichi di svariati generi verso Napoli, e li obbliga a retrocedere; - altrettanto pratica nel dimani con altri 40 carri carichi di mercanzie, che da Napoli dirigevansi alle Puglie.

A' 30. Il generale Franzini scrive al sindaco di Flumeri una lettera, che comincia con queste parole: - «In mezzo alla continua apprensione, ed allo spavento, da cui sono dominate queste popolazioni sotto il flagello del brigantaggio, che, ridotto all'agonia pochi mesi fa, tenta ora di rialzare il capo etc.».

Un telegramma officiale da S. Angelo de' Lombardi (Avellino), riferisce «che il suddetto generale abbia intanto compiuta con importanti successi una perlustrazione generale co' distaccamenti de' due reggimenti 28. e 33. a Vallo, 221 Bovino, Formicoso, e Matera, attaccando, e disperdendo i briganti, 23 de' quali sono rimasti morti, altri molti prigionieri, e prese armi e munizioni ».

Non vi può essere nella vita umana più penosa contraddizione di quella, cui soggiacciono i possidenti nello Abruzzo, esposti alle continue requisizioni di viveri e denaro fatte loro sotto le più fiere minacce da' briganti, ed alle effettive fucilazioni imposte da' piemontesi contro chiunque esegue gl'invii pretesi dal brigantaggio.

Alla famiglia Placidi vengono uccisi 40 animali vaccini per vendetta. Le famiglie Mozzetti, Martelli, Maeli, Ghiavelli, Antonini, Silvi, Jacobelli, Ortenzi non osano uscire più di casa, ed hanno abbandonato i poderi, e le industrie armentizie. Un povero prete è stato in procinto di esser fucilato per aver riscattato con denaro una greggia pecorina sequestratagli da' briganti, ed ha transatto con 40 giorni di duro carcere in Aquila.

Perquisizioni ed arresti in tutta la provincia esegue la polizia piemontese; ed in un piccolo convento di cappuccini, tuttocchè nulla avesse rinvenuto di attendibile, pure ha arrestati i frati, e ridotto il convento a caserma militare.

Passando a rassegna gli avvenimenti compiutisi nel corso di questo mese, il giornalismo francese (sopratutto il Pays) si compiace accennare alla relazione officiale sul brigantaggio presentata dal prefetto Lamarmora, il quale vorrebbe far credere, che lo si riduce a poche centinaia; ed osserva ironicamente, che con 120 mila soldati, quanti ne ha confessati il ministro della guerra nella tornata parlamentare de' 22 di questo mese di trovarsene ora nel reame delle due Sicilie, bastò alla Francia ne suoi più tristi giorni domare molti milioni di Arabi da' confini del gran deserto fino alle frontiere del Marocco, e sopra un terreno ben altramente difficile, che il regno di Napoli. 222 - E l'altro giornale la France aggiunge, che «questo non è annesso al Piemonte, ma è semplicemente conquistato; e che il gabinetto di Torino è così impensierito da una simile condizione di cose da voler adottare per colà un autonomia amministrativa; ciò che potrebbe esser foriero di ALTRA PIU' IMPORTANTE MISURA reclamata dalla opinione pubblica, e dallo intero paese.» - E conchiude «essere giunto a Torino da Napoli un dispaccio, che termina con queste parole: - le popolazioni napoletane ci sono tutte contrarie; noi non possediamo nel mezzogiorno che il terreno occupato materialmente dalle nostre truppe».

Deplorando, come dopo tre anni di fucilazioni, di stragi, con 28 paesi bruciati, dopo tre o quattro mesi di stato d'assedio, dopo la energia de' Fantoni, de' Fumel, de' Pinelli, de' De Luca, il brigantaggio ingigantisca semprepìù, il deputato Ricciardi in una delle ultime tornate parlamentari dice: «Fino a che non si avranno contentate le province napoletane, noi non avremo l'unità italiana. Io non amo, né odio il generale Lamarmora; ma io credo, che egli sia la causa principale del malcontento generale pel suo dispotismo, e poi pel suo militarismo».

Il Popolo d'Italia diffidando della esattezza delle cifre officiali troppo minime sul numero totale de' briganti, esclama: «se queste cifre fossero effettivamente tali, se il fatto fosse vero, noi saremmo i primi a consigliare a' nostri ufficiali dello esercito di spezzare le loro spade!» Mese di decembre.


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Dal di 1. al 3. La Gazzetta officiale di Torino riferisce: «Circa 150 briganti comandati dal loro capo, soprannominato il Sergente Romano, fortificatisi nella masseria de' Monaci di S. Domenico, fra Alberobello, e Noci, circondario di Altamura (Terra di Bari) sono oggi 1. dicembre attaccati alle 3 pomeridiane dalla 16. compagnia del 10. reggimento, 223 che prende d'assalto la masseria uccidendo 4. briganti, e facendone prigionieri altri. Cadono in potere della truppa 70 cavalli bardati: altri 10 sono tra gli uccisi, e i feriti: i briganti lasciano pure armi ed altri oggetti: il resto della banda si è dispersa fuggendo. Tra i feriti sono due de' capi, Valente, e Pizzichicchio: da parte della truppa due soldati sono feriti».

I giornali napoletani, aggiungono, che i 10 prigionieri sono stati subito fucilati; e che il residuo della banda ricostituitosi subite in armi ha mandato una sfida alla truppa; anzi si è suddivisa in altre bande, l'una comandata da Capraro si versa su la Basilicata; e l'altra dal Gioja percorre la provincia di Bari, senza che le guardie nazionali riescano ad incontrarla.

Altra banda si ferma a poca distanza del comune di Montrone (Bari), e fa precedere quattro suoi esploratori, che fattisi riconoscere dal pacifico corpo di guardia nazionale, ed assicuratisi di non aver a temere ostilità, passano oltre senza molestia, e nel giorno dopo la si vede a poca distanza dalla città di Bari nel luogo detto Mangiavacche.

Il capitano Jannarelli della guardia nazionale mobilizzata di Potenza attacca la banda di Antonio Franco su la montagna Pallino; la disperde; - fa prigioniero un brigante, e lo fucila.

A' 4. - La banda di D'Elia, perseguitata da due giorni dalle truppe di Ariano, e Camporeale, è oggi raggiunta nel bosco di Magliano da una parte del distaccamento dì Orsara, cui si sono riuniti alcuni carabinieri, e guardie nazionali: il risultato del conflitto è 3 briganti uccisi, fra i quali il noto Abruzzese decorato della medaglia di Sicilia del 1849; altri feriti; rimasti in potere della truppa 6 cavalli bardati, armi, munizioni, ed abiti.

Diverso è l'esito dello attacco presso Canosa (Puglia), dove l'impeto de' reazionarii costringe le truppe a ritirarsi.

A' 5. Il capo-banda Baronelli, con 20 seguaci invade la masseria di Francesco Paolucci di Castelnuovo (Puglia), e non potendo ottenere, cibi, e vestiarii ammazza 5 vacche. 224

A' 9 A danno del medesimi Paolucci sono uccisi 28 bufali da 80 individui della banda di Caruso.

A' 13. Circolare del Ministro dell'interno da Torino che crea battaglioni di guardia nazionale. per ogni mandamento, onde semprepiù aggiungere forza a forza per la persecuzione del brigantaggio, insufficienti ritenendosi i 120 uomini di truppe piemontesi.

Si crea pure un Ispettorato generale di guardia nazionale.

Nello stesso giorno è preso e fucilato in Gioja di Calabria dalla truppa un Uomo ignoto sospetto di far parte della banda di Antonio Pellegrino.

A' 17. In Conca presso Amalfi una banda di 16. reazionarii disarma il posto di guardia nazionale, e prende 30 fucili con le munizioni.

La stampa osserva, che l'antagonismo tra il Prefetto di Foggia, e quel Comandante militare riesce di grave detrimento al pubblico servizio.

Presso Palata (in Molise) il capitano Fersa co' bersaglieri del 26. e guardie nazionali batte la banda Giorgi, e gli uccide 5 uomini.

18 a'20. La guardia nazionale di Migliano (Terra dì Lavoro) arresta, e fucila Alessio Puoco brigante della banda di Monte-Cesima.

Dopo varie sedute segretissime della Camera de 'deputati e serbando mistero, per non far trapelare e diffondere l'allarmante stato delle provincie meridionali, è nominata la così detta Commessione d'inchiesta pel brigantaggio comporta da' deputati Sirtori, Romeo Stefano; Castagnola, Ciccone; Massari; Morelli Donato; Ricasoli, e Bixio; supplenti Imbriani, e Crispi. Questa Commessione si dirige a Napoli con apparato e seguito.

Oggi 18 esce da Torre Maggiore (Puglia) il Delegato di Leva col segretario Gaetano Giampietro, scortati da 80 bersaglieri piemontesi: 225 fatti appena pochi passi s'imbattono con forte banda a cavallo; a' primi colpi cade ucciso il capitano piemontese, ed sottotenente prende il comando della truppa. Dura il conflitto; ed il Segretario del Delegato di Leva gittatosi in un fosso; per la paura n'esce carponi, e va a chiedere soccorso al vicino paese: accorre la guardia nazionale; - sopraggiungono 100 soldati che si erano recati a tagliare il vicino ponte di Civitate, per privare i reazionarii d'un punto di sfuggita: a fronte delle forze riunite, la banda si ritira. E nel domani rinnova i danni al Paoluc;i uccidendogli 17. bufale, e 26. vaccine, valutate ducati, settemila.

All'alba la compagnia di guardie nazionali di Vallata si scontra con la banda Andreotti sul Formicoso, catturando uno de' briganti lo fucila: il buio impedisce ottenere, risultamenti maggiori.

Si scrive dalla Puglia, che varii de' capi banda già presentatisi, tra' quali un Galardi, promettendo fare le guide alle truppe, invece hanno usato questo stratagemma per ingrossare per ingrossare le loro bande, ed associarle altre reclute.

21 a 23. - Un distaccamento di cavalleria, e guardie nazionali assalta, ed incendia la cascina Barcana presso Venosa in Basilicata dove si è rifugiata la banda di Carbone: quattro de' seguaci di costui cadono morti nel conflitto; - 15 periscono bruciati nella cascina: sono presi 11. cavalli. - La perdita del distaccamento, è di un soldato morto, ed un caporale ferito.

Infierisce talmente la guerra civile nelle campagne della Provincia di Campobasso, che in molti paesi, dove il principale prodotto è l'olio, i cittadini lasciano marcire le olivo su gli 'alberi per paura di recarsi in campagna, temendo i reazionarii da una parte, e la truppa dall'altra.

Nella masseria di Nicastro, tenimento di Lucera una forte banda prende.50 cavalli e vuole pure 4. mila ducati: al rifiuto uccide 21. buoi. 226 Nella notte de' 22. nel bosco di Brienza in Basilicata i carabinieri piemontesi, con guardie nazionali si attaccano con 4 briganti nella masseria Paternostro, ne uccidono tre, e catturano il 4. per fucilarlo nel paese.

24. a 27. - Il governo di Torino è allarmato pel brigantaggio e ricorre a straordinarii e più crescenti rigori per iscongiurare l'imminente pericolo.

I diarii spiegano la causa della inesattezza della relazione di Lamarmora su l'infimo numero de' briganti, come derivante dal foglio di un costui uffiziale subalterno, e noti da lui direttamente.

Nelle vicinanze di Vallo (Salerno) vivo fuoco s'impegna tra carabinieri, e reazionarii armati, i quali resistono, ed uccidono varii deprimi. - Altro attacco in Ariano con un distaccamento della banda Petrozzi. - A Ceglie (Puglia) un buon numero di reazionarii si è raggranellato in armi e sfida gli attacchi della truppa, innalzando bandiera borbonica. - Presso Orsara altro conflitto. - Non passa giorno nel tenimento di Bari senza combattimenti fra la truppa ed i briganti. - Terribili sono le notizie di Foggia per I accanimento de' reazionarii contro i fautori della invasione piemontese.

Come ultimo rimedio il governo medesimo risolve (con una circolare del ministro dello interno de' 29 dicembre) facultare i prefetti delle province napoletane a sciogliere tutti i municipii, e tutte le guardie nazionali che non sappiano o non vogliano contribuire alla distruzione delle bande armate.

Il prefetto di Foggia (Puglia) pubblica l'elenco nominativo dì 509 individui datisi al brigantaggio in quella sola provincia.

Il prefetto di Lecce ne pubblica un altro di 41. sfuggiti alla disfatta della masseria de' Monaci (accennata di sopra al 1. corrente) e promette un premio di 500 lire a chi arresta un capobanda e di 200 per un brigante, sbandato, disertore. 227

A Grottaglie è fucilato il brigante Nicola de Morni.

A' 27. - Verso Finelli (Chieti) un distaccamento del 48. di linea ha un attacco co' reazionarii; prende 14. cavalli, e 5 individui, che fucila immantinenti: due altri cadono morti sul luogo del combattimento.

28. - La guardia nazionale di Messina è nella necessità di caricare alla baionetta, e con la esplosione di 4. o 5. fucilate, contro una immensa calca di popolo, che si mostra risoluta tumultuare col pretesto di far suonare l'inno dì Garibaldi dalla banda musicale di quella milizia cittadina, elle vi si ricusa. Restano feriti di baionetta 4. o 5. cittadini; ed altrettanti vengono arrestati.

La chiusura dell'anno è rimarchevole per le copiose circolari del Ministero di Torino, in una delle quali è significativo il periodo: - «Il brigantaggio, che travaglia le provincie meridionali è danno generale d'Italia, perché leva il vigore a tutto il corpo, col fame ammalare le membra, e macula la purezza di questo moto nazionale». - Implicitamente con la circolare del ministro dell'interno si rivela che 120 mila soldati non bastano a sostenere nel regno di Napoli il governo piemontese il quale «richiede il concorso del denaro, e delle braccia de' privati cittadini per difendersi da briganti, e si appiglia al detestabile mezzo di assegnare premii e denaro allo spionaggio, al tradimento alla calunnia, e sono questi gli atti di coraggio, che intende premiare».

L'insieme delle circolari stesse, che dà ampia facoltà a' prefetti delle provincie di mutare il personale ne' municipii, nella polizia, ne' giudici, nelle guardie nazionali, inspira generalmente la persuasione che vi sieno briganti ne' rappresentanti de' comuni, i quali danno ricetto e protezioni a' reazionarii) briganti tra gl'impiegati di polizia che li favoriscono; briganti tra i giudici, che li assolvono; - e quindi briganti nell'esercito che si logora per le diserzioni; brigante il popolo che ha fratelli, padri, figliuoli, amici, e parenti nelle file reazionarie; 228 briganti il clero, i frati, le monache pe' sentimenti di pietà, che ispirano nelle popolazioni alla vista delle loro miserie, e delle persecuzioni che soffrono; brigante infine lo stesso plebiscito che da tutti questi fatti riceve una mentita la più splendida, e convincente. 

VI. L'INESTINGUIBILE SENTIMENTO POPOLARE PER L'AUTONOMIA. 

1. Si vede abbastanza dal rapido progetto dianzi esposto cosa sia divenuto in due anni il reame delle due Sicilie sotto il governo invasore. - I partiti si agitano, e sconvolgono il paese; la discordia divide tutti gli animi; gli uni scavalcano gli altri per montare al potere e scorticare i popoli, che nutrono odio irreconciliabile contro i piemontesi; l'amministrazione interna è un caos; - le finanze sono esauste, è sopraccaricate da ingente debito pubblico, che ne obbliga contrarre altro smisuratissimo - le tasse decuplicate; - rincarito oltremodo il prezzo de viveri; resa impossibile l'agricoltura: e la pastorizia nelle più fertili provincie; sterilito e ridotto a nulla il commerciò; sostituito il capriccio delle soldatesche al giudizio de' Magistrati, ed al reggimento delle leggi; arresti arbitrarii d innocenti a migliaia; incendii, e devastazioni di città e borgate; fucilazioni innumerevoli senza processi, senza giudizio contro individui non di altro rei, per la maggior parte, se non di aver voluto difendere i loro focolari, la loro religione,, la patria autonomia dinastica; ed in tanta confusione si fa anche correre la voce dell'abdicazione del re Vittorio Emmanuele.

Al quale, mentre nel 1860 facevasi dire di aver intesi i gridi di dolore dell'Italia, ora che le esorbitanze e gli eccessi di coloro che governano nelle provincie meridionali in suo nome formano l'onta della umanità, e dell'onore delle nazioni, si rende, così ottuso l'udito, da fargli scrivere da Napoli a' 3. maggio in una lettera all'Imperatore de' francesi, queste parole cotanto iin contraddizione co' fatti flagranti: 229

- «L'ordine, che regna in queste provincie meridionali e le fervide dimostrazioni di affetto, che ricevo da tutte le parti rispondono vittoriosamente alle calunnie de nostri nemici, e convinceranno, spero, l'Europa, che la idea della Unità riposa su solide basi e si trova profondamente impressa nel cuore di tutti gl'italiani».

Ma come antitesi di codeste assertive il deputato napoletano Petruccelli nella tornata parlamentare de' 28 novembre affermava: - «La unità italiana è minacciata a Roma, è minacciata a Napoli; ed io son certo, che se il presidente del consiglio avesse presentati tutti i rapporti della vigilante Autorità di Napoli, l'Europa rimarrebbe scandalizzata da' tentativi fatti dal partito Murattiano. Ma l'Imperatore Napoleone dovrebbe sapere, che se i napoletani avessero a scegliere tra un Borbone, ed un Bonaparte, non esiterebbero a scegliere un Borbone!»

2. Ed è nello stesso ordine naturale degli avvenimenti, che le popolazioni del reame nutrano inestinguibile e perenne il sentimento per l'autonomia dinastica; e che le loro tendenze, a costo di tanti sagrifizii sieno convergenti a tale: supremo scopo.

Le masse, che non veggono migliorate, ed invece semprepiù pervertite le loro condizioni di benessere materiale, divengono oramai intolleranti del presente, e desiderano un passato che loro ricorda le più prosperanti condizioni della civile esistenza, di un pacifico, mite, e paterno ordinamento, e elle ora alimenta le loro speranze di restaurazione. Il merito, e lo stesso patriottismo il più disinteressato, feriti dalla ingratitudine, dal disprezzo, e da' più oppressivi atti del governo, rifiutano l'opera loro al paese; d'onde le frequenti domande di dimissione al posto di deputato e la continuata assenza di altri dal parlamento. I proprietarii, che non veggono garentite le loro proprietà imprecano, e maledicono gl'invasori subalpini, e rimpiangono uniformemente l'antico governo, il quale, secondo la espressiva confessione del deputato napoletano Nicotera nella tornata de' 15 dicembre, 230 aveva il gran merito di far tutelare le vite, e le sostanze de' cittadini: e, secondo l'altro deputato Ricciardi nella stessa tornata, «era così scrupolosamente osservante delle leggi, e della giustizia, che comunque vincitore dopo il 15 maggio 1848, non faceva arti restare niuno di que deputati, che apertamente ribelli, ed acerrimi nemici del Sovrano, ne aveano attentato alla Suprema Autorità».

I commercianti, che veggono i loro fondi in ristagno, si rivoltano contro lo attuale stato di cose, e rammentano i vantaggiosi cambii marittimi, la sicurezza de' pubblici cammini, il corso della rendita pubblica alla elevata cifra del 120; beni tutti, che si godevano sotto la Dinastia Borbonica. - Gl'impiegati civili; l'Esercito; la magistratura dell'antico indipendente reame delle Due Sicilie, dopo essere stati così iniquamente maltrattati, quale attaccamento possono nutrire pei governanti piemontesi? - I quali trovano quivi in ogni individuo un avversario, ed in ogni classe una sorgente di odio contro di loro, ed una reminiscenza affettuosa per gli antichi suoi sovrani; la quale è tenuta in freno da 120 mila bajonette, dalla fazione armata de' fautori del Piemonte, dalle rigurgitanti prigioni, e dalle sovrabbondanti fucilazioni.

Egli era in vista di queste manifestazioni, e delle altre officiali, ed autentiche fatte da molti deputati, già accennate nel corso di questo lavoro, che uno de' popolari giornali di Napoli stampava la seguente apostrofe: «Vengano ora i diarii officiosi a smentire gl'incendii de' villaggi, le carnificine dei contadi, lo spoglio, il saccheggio de' casali, e de' sobborghi (c del napoletano! - Vittime di Pontelandolfo, di Casalduni, innocenti periti tra le fiamme di 28 paesi; madri vaganti pe' boschi in cerca de' figli periti tra gli orrori della più cruda morte, - voi siete oramai ben vendicate; e vendicate per opera de' medesimi vostri nemici».

3. Vi è pure chi dice essere inevitabili i dissesti, e le perturbazioni in ogni mutamento politico, ancorché buono, e non doversi perciò meravigliare pe' disordini nel napoletano, che col tempo saranno sedati. 231 Ma quivi i fatti hanno dimostrata esservi grande differenza tra que' sconci, che accompagnano le mutazioni politiche anche migliori (ed una di queste fu quando Carlo III elevò a florido e ben governato reame le due Sicilie un tempo misere provincie di lontano dominatore); e que' disordini, che nascono dacché si opera contro la natura, le tendenze, il sentimento delle popolazioni, (come ha ora agito il Piemonte soggiogando, e riducendo a Provincie infelici un regno prospero, e indipendente): i primi sconci sono parziali e col volgere del tempo cessano del tutto; - i secondi per l'opposto sono generali, ingagliardiscono col tempo, e più si va innanzi, più cresce la confusione, e l'orrore.

Di questo incontrastabile sillogismo fortificano il loro ragionare autorevoli scrittori napoletani che nel corso del 1862 hanno pubblicato opere convincenti su la necessità della restaurazione autonomica nelle travagliate province meridionali.

Essi han dimostrato, che «avendo forzosamente imposto il principio della unificazione i governanti subalpini sono stati necessitati a straripare da ogni linea di, condotta assennata, ed equabile; ad essere poco scrupolosi in su i mezzi purché il fine si raggiungesse: divenne per essi una necessità, violare lo statuto, tradire il plebiscito, battere francamente la via della rivoluzione anarchica, annullando ordinamenti che prosperavano da secoli, sperimentati e vigorosi; abbattendo senza distinzione quello che poteva e doveva conservarsi; distruggendo parimenti il buono ed il mediocre; e per conseguente contraddicendo alla storia, alla natura, alla vita del popolo delle due Sicilie, nel quale non può estinguersi il sentimento della sua autonomia. - Ed è singolare, che mentre il Cavour dichiarava in parlamento chiusa l'epoca delle rivolture, la sua azione governativa era tanto rivoluzionaria, quanto più si può immaginare, se rivoluzione vuol dire rovina totale degli ordini antichi, sforzo di edificare tutto da nuovo. 232 I Montagnards della Convenzione Nazionale avevano appena osato altrettanto.»

4. A suggello delle esposte cose soccorrono le teoriche di un antico politico italiano, la cui autorità è spesso invocata da' moderni riformatori travolgendola secondo i loro gusti. Egli raccomanda come regola di prudente condotta politica di serbare ad ogni stato italiano il proprio ordinamento «impossibile essendo riunirli in uno Stato solo, perché gli uomini sono tenaci delle consuetudini; né per lunghezza di tempo, né per beneficii possono mai scordarsi de' loro modi antichi (1).».

Che questi sieno i sentimenti innati dell'universale nel reame, se ne hanno argomenti incontrastabili ne' quotidiani avvenimenti; La pompa funebre, con cui il clero, e il popolo di Napoli accompagna nella gran via Toledo in uno de' giorni di dicembre il feretro dello arcivescovo Naselli della principesca stirpe siciliana de' Signori di Aragona, antico Cappellano-maggiore del re Francesco II è riguardata generalmente come uno splendido trionfo de' legittimisti. Il Diritto di Torino n.357 se ne mostra irritato, e per l'organo del suo corrispondente napoletano si duole «per essersi fatta impunemente questa dimostrazione, che un anno dietro né pure sarebbesi potuta tentare: insomma, senza tema di esagerare, si può dire, che nelle due Sicilie l'elemento separatista va innanzi, molto innanzi, ed è audace, beffardo, provocatore...».

5. Se facesse il computo di quelli, che ivi sostengono le così dette reazioni, che le approvano, e né desiderano il buon riuscimento, si troverebbe esserne cosi sterminato il numero da sorgerne spontanea nel pensiero questa conseguenza, che, se, cioè, vi ha in quelle provincie unanimità di suffragio essa sta appunto nel voto di essere liberati dal giogo subalpino, (1) Macchiavelli, in varii luoghi de Discorsi, e del Principe, 

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e di esser lasciati vivere in pace, nella propria patria, e con la loro legittima autonomia.


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Ad onta de' rigori fiscali il giornalismo napoletano ha accennato in varii rincontri «che nelle provincie, ove più ferve la reazione non si possono dimenticare i beneficii loro impartiti dalla Dinastia passata; ed esservi spesso occasione di vedere, non solo nelle classi agiate, ma anche nel minuto popolo, chi conserva come reliquia affettuosa una moneta con la effigie del re Francesco II, e mostrarla con tenerezza. Ed è come un talismano per la propria salvezza, che i viandanti di ogni condizione, e finanche gli ecclesiastici, recano una di tali monete nelle loro tasche per esibirle alle bande de' così detti briganti su' pubblici sentieri».

6. Non ignora che ad attenuare la forza di questi fatti, e di queste reazioni, vi è chi parla della influenza degli esuli in Roma; ma la calunniosa assertiva rimane smentita dalla «stessa natura dette cose; e dalla considerazione, che i movimenti reazionarii, disgregati fra loro, sono sforniti di direzione e d'impulso, mancanti di unità e d'indirizzo; e sopratutto di unico Capo eminente, risoluto, esperto; - ciò per altro ne aumenta il merito, sia per la spontaneità; sia per la scarsezza dei mezzi con che si resiste ad un poderoso esercito di oltre 220 mila uomini, ed a misure governative di una ferocia elle non trova riscontro nella storia.

Ma codesta agitazione reazionaria si rende quasi invincibile, perché mette appunto radice nello inestinguibile sentimento popolare per l'autonomia. 

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V° POLITICA 

1. RICONOSCIMENTI.

2. MANCANZA DI RIGUARDI DIPLOMATICI

3. CONTEGNO DE' REGI RAPPRESENTANTI DEL NUOVO REGNO ITALICO NELLO ESTERO. 

I. RICONOSCIMENTI. 

Di tutti i modi con i quali può mascherarsi una disfatta, il più sicuro è quello di trasformarla in vittoria, come ha pensato di fare il governo subalpino nel menare in trionfo i riconoscimenti del nuovo regno italico da parte di alcuni gabinetti europei, È pregio dell'opera meditare sul proposito con quale elevatezza di vedute diplomatiche se ne sia giudicato nelle Camere del Belgio. Datasi quivi lettura del dispaccio «con il quale, si dice, non essersi fatto altro, che riconoscere nel nuovo regno d'Italia uno stato di possesso senza costituirsi giudice degli avvenimenti, che l'hanno stabilito e riserbarsi la libertà di estimazione rispetto alle eventualità che potrebbero modificare questo stato di fatto)», - il ministro degli affari esteri conferma oralmente «di riconoscere il semplice fatto, cosi richiedendo l'interesse del Belgio, e i doveri di neutralità; - e protesta di non avere con ciò riconosciuta l'Italia siccome posseduta da un solo Sovrano in tutta la sua ampiezza; né le aspirazioni d'una nazione novella in tutta la loro estensione»: - e ad attenuare l'effetto prodotto dagli eloquenti oratori della opposizione, aggiunge «noi riconosciamo soltanto uno stato di fatto di possesso, senza costituirci giudici, né solidarii». 235

Ed il ministro delle finanze signor Frère spiega «che non solo questo riconoscimento non conferisce verun diritto, ma se i governi caduti in Italia saranno restaurati, noi li riconosceremo».

Il deputato Vilain XIIII osserva nel rincontro:«.... voi «non avreste dovuto riconoscere il nuovo regno d'Italia, poiché non è fatto; anzi sta su la via di disfarsi.... ohimè! forse questo titolo di re d'Italia sarà di grave peso in futuro per la casa di Savoia, e si congiungerà agli altri titoli, di cui è insignita, di re di Cipro, e di Gerusalemme, e di duca di Savoia, che assume tuttora».

Il deputato Overloop analogamente discorre, e produce una notevole comparazione storica dicendo: «La condotta de' piemontesi in Napoli è identicamente la stessa, che i rivoluzionarii di uno stato vicino seguirono nel Belgio nel 1792, 1793, e 1794: spedizione di emissarii incaricati a suscitar tumulti in nome della libertà, spedizione di bande sotto pretesto di rovesciare un governo tirannico, soppressione di qualsivoglia stampa ostile sotto pretesto di ordine pubblico; VOTO UNIVERSALE DI ANNESSIONE, IN GRAZIA DELLE MINACCE E DELLE BAIONETTE; PARTITANTI DELLA INDIPENDENZA TRATTATI DA BRIGANTI E FUCILATI IN MASSA; confisca della nazionalità e dispotismo nello interno sotto nome della libertà».

Ed a questo quadro cosi naturale delle condizioni del napoletano, l'altro deputato Dumortier ne aggiunge un altro non men vivo con te seguenti espressioni: - «La rivoluzione della Italia è la storia di tutte le turpitudini, di i tutti i tradimenti, di tutte le corruzioni, di tutte le vergogne! Nel mondo politico non havvi che due cose: la forza, ed il diritto. Le piccole nazionalità hanno il solo diritto, che è stato conculcato dalla forza.... Il Piemonte a si è impadronito DA TRADITORE del regno di Napoli. Nulla di sacro ci riconosce, né il diritto delle genti, né la osservanza de' trattati, né i vincoli di sangue, 236 né la fede giurata, né l'onore, né la virtù... Si mena tanto rumore de' Drusi, che assassinarono i Maroniti; e voi, o liberali, da' sentimenti si pieni di umanità, non avete una parola pe' generosi abitanti del regno dì Napoli trucidati dal ferro dei carnefici piemontesi! Tante città messe a ferro e fuoco; tutti i prigionieri barbaramente uccisi; in Napoli e nel regno 25 mila persone rinchiuse nette prigioni senza condanna e senza forma veruna di processo; la libertà individuale surrogata dal governo del ferro, la libertà civile dalla dittatura..... chiamasi questo, o miei signori, uno stato di cose che meriti la nostra approvazione?»

Il deputato Thibaut dopo aver severamente riprovata la politica dei Piemonte, e il contegno di alcune potenze conchiude Il re Vittorio Emmanuele ha violato il diritto pubblico, chi lo viola così, al dire dì un celebre pubblicista, È FUORI DELLA LEGGE: egli è il grande anarchista della società internazionale, egli è l'insorto contro la civilizzazione. Maledizione sul re, sul popolo, o sul conquistatore, che non riconosce il diritto pubblico; sia egli scomunicato dalla civilizzazione!»

Un più grave giudizio di censura politica si esprime su lo stesso proposito nel senato belga nella tornata de' 2 maggio: vani senatori parlano contro il riconoscimento del nuovo regno d'Italia; ma il discorso più meritevole di attenzione è quello del senatore conte di Robìano: - «Le annessioni (egli dice) sono fatte in Italia per la corruzione degli uni, e la vigliaccheria degli altri. Garibaldi entrò in Napoli: era egli con napoletani? Niente affatto: egli entrò a Napoli con individui appartenenti a tutte le nazioni, e che io mi asterrò dal qualificare. Che fece allora il re di Napoli? Volendo risparmiare gravi disastri alla sua capitale, si ritirò in Gaeta, d'onde combatté i garibaldini, e gl'inglesi, che andavano a fare il colpo dì fucile con armi perfezionate, 237 e ritornavano quindi a pranzare, vantandosi del numero de' napoletani che avevano ucciso. - I napolitani si sono forse rivoltati contro il loro re? Niente affatto. Essi invece hanno dato di loro re un appoggio cosi efficace che fu per un momento sul punto di riportare la vittoria, poiché i garibaldini, senza il soccorso de' piemontesi erano battuti» - E qui l'oratore afferma che il plebiscito, o suffragio universale, non si effettuò., che in un modo illusorio, avendo avuto luogo alla presenza di soldati, che con la spada impugnata minacciavano coloro che avessero votato pel no ed applaudivano a quelli che avessero votato pel sì. - Indi soggiunge: - Gl'insorti napoletani sono chiamati briganti: ma dopo il 1830 ancor no) eravamo briganti: l'onorevole ministro degli affari esteri era un brigante: quelli che combattevano nella Vandea contro la Convenzione del terrore erano pure briganti. Voi vedete che i briganti di Napoli si trovano in assai buona compagnia. - Veramente i filantropi inglesi trovavano al tempo de' Borboni, che i prigionieri politici non erano ben trattati: essi s'informavano de' minimi particolari, andavano finanche a gustare la loro minestra per vedere, se fosse ben condita. - Oggidì non si tratta più di tutte queste prevenzioni; si fucilano le persone, ed a quel che pare almeno, si fa bene, perché i morti non alzano più alcun reclamo; né per essi si alza reclamo da altri; si fucilano partigiani, e sedicenti partigiani, quelli che danno loro da mangiare quelli che sono sospetti di darne loro, donne, vecchi, fanciulli, e dopo ciò s'incendiano i paesi. - Vorrei sapere se i miei avversarii in questa camera approvino codesti atti; per me io li trovo tutt'al più degni degl'irochesi e de' cannibali... L'unità d'Italia non ha mai esistito, a se non sotto il regime della dominazione romana, quando cioè l'Italia era schiava: la sua unità adunque, almeno quanto al passato è un sogno. Si è detto che la rivoluzione italiana è simile a quella del Belgio; io respingo questa somiglianza; noi abbiamo espulsi dal paese quelli che non erano belgi: 238 in Italia al contrario i piemontesi, che hanno voluto usurpare gli stati altrui, non sono considerati come italiani. - lo non v'intratterrò di più intorno e a' mezzi adoperati per unificare l'Italia: si conoscono gli e atti di crudeltà, di corruzione, le fucilazioni che si posero in opera, e che debbono ripugnare a tutti. - Si parla delle potenze che riconobbero l'Italia; ma io nego il fatto...

In quanto alla Francia, essa non l'ha riconosciuta che sotto condizione: essa si è sempre attenuta al trattato di Villafranca, senza voler riconoscere pienamente il regime attuale: la Francia è contraria alla unificazione d'Italia....

Io sarei lieto che mi si dicesse quello che avverrebbe a Napoli se i piemontesi lasciassero quella città?.... Io oso affermare che essi sarebbero completamente espulsi da questa parte d'Italia»

Continuando la discussione su lo stesso soggetto, prende la parola il senatore della Faille, e, tra l'altro, dice «che la rivoluzione italiana non ha altro movente, che l'ambizione d'uno stato secondario qual è il Piemonte, che vuol divenire una sesta grande potenza con la soppressione di altre nazionalità più antiche e legittime della sua La Francia non solamente ha protestato contro gli avvenimenti, che produssero la formazione del nuovo regno d'Italia; ma di più ha mantenuto, e mantiene ancora in tutta la loro forza le stipulazioni di Villa-franca, ed i trattali di Zurigo: essa ha dichiarato di riconoscere semplicemente un fatto; essa ne ha determinato il valore (1), e si è riservata una perfetta libertà di azione». (1) Nel dispaccio de' 18 giugno 1861 diretto da Parigi dal ministro degli affari esteri agl'imperiali Agenti diplomatici all'estero sul riconoscimento del nuovo regno d'Italia è detto tra l'altro "che le truppe francesi continueranno ad occupar Roma; e che con questo riconoscimento non si deve supporre in nessun modo l'approvazione di una politica di cui in altro tempo abbiamo biasimato gli atti. Non si appartiene, che all'avvenire di giudicare, su l'ordinamento più atto a fissare i destini della penisola". 239 - L'oratore conchiude tessendo la storia del nuovo regno d'Italia, che egli dice «essersi formato col mezzo del tradimento, della perfidia e della violenza; non trovarvisi né ordine, ne libertà; e soprattutto l'antico reame delle due Sicilie essere in preda a sanguinose esecuzioni, ì cui autori, come i Cialdini, e i Pinelli, sono grandemente ricompensati». -

Nella susseguente tornata del 3 maggio il senatore de Ribaucort dice, che se le parole pronunciate in questa occasione nel Senato del Belgio fossero disapprovate dal nuovo governo italiano, egli ne sarebbe lieto; invece si spaventerebbe se sapesse di poter meritare lode dal medesimo.

Il barone d'Anethan, altro senatore conchiude cosi la discussione: - «Il governo di Torino a Napoli non è incontestato. Altro è un paese, che modifica la sua costituzione interna; - altro un paese, che è vittima della conquista. In questo ultimo caso si turba l'equilibrio europeo - Non sono napoletani quelli, che hanno fatta la rivoluzione di Napoli: sono stranieri, che hanno imposto al reame di Napoli una dominazione, che esso riprova. È questo uno stato di cose, che mi si può riconoscere soprattutto invocando il diritto delle genti.»

I riconoscimenti da parte della Prussia, e della Russia, secondo l'opinione generale in Europa, sono una sconfitta, anziché un trionfo pel Piemonte.

Giova riandarne i documenti -

Per Prussia - A'4 luglio - il ministro degli affari esteri di Prussia signor Bernstorff indirizza al sig. Brassier de Saint-Simon ambasciatore prussiano a Torino un dispaccio, con cui ricordate le istanze fattegli dal governo del re Vittorio Emmanuele per essere riconosciuto, ed i motivi perciò allegati, e le promesse di far prevalere i grandi principii dell'ordine morale, e sociale, senza spingersi a violente pretensioni territoriali per Roma, e per Venezia, - dice che il governo prussiano ha esitato finora a tale riconoscimento 

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non voler pregiudicare i diritti de’ terzi che si trovano lesi pe' fatti che hanno avuto luogo nella penisola; e conchiude con queste parole: - «Ma se il governo di Torino vuol darci sopra le sue intenzioni in quanto a Roma e Venezia, assicurazioni che noi possiamo riguardare come guarentigie sufficienti per noi; e che siano nello stesso tempo di natura da rassicurare i nostri Confederati, e la parte della nostra popolazione che potrebbe vedere nel nostro riconoscimento ciò che non è, cioè un riconoscimento anticipato di avvenimenti futuri che essa prevede; - io sono autorizzato d'incaricarla a dichiarare al governo di Torino, che sua Maestà il Re N. S. è pronto a riconoscere il titolo di re d'Italia etc.

Il tenore di questo dispaccio viene generalmente valutato come significante, sia per la insistenza nel riservare i diritti de’ terzi lesi dalle annessioni, e per l'obbligo di non molestare  Roma e Venezia; - sia per una certa diffidenza, ohe mostra verso il governo piemontese.

A' del detto mese di luglio. Il ministro Durando risponde da Torino, facendo pompa della moderazione adoperata dal suo governo nel condurre le pratiche per l'unità italiana; ribadisce la promessa d'impedire ogni tentativo rivoluzionario contro Roma e Venezia; e conchiude doversi risolvere tali quistioni con mezzi morali, e diplomatici.

A' 21 dello anzidetto mese, da Berlino il ministro Berustorff spedisce al sig. Brassier de Saint-Simon un altro dispaccio, nel quale così espressamente si pronunzia: - «Noi prendiamo atto di queste dichiarazioni del governo del re Vittorio Emmanuele sopra le sue intenzioni pacifiche, rispetto a Roma, e Venezia. Dopo aver ricevuto queste formali, assicurazioni del gabinetto di Torino, il re nostro angusto signore ha risoluto di riconoscere il titolo del re d'Italia; ma prendendo questa decisione, importa che il nostro riconoscimento non sia interpetrato in modo inesatto. Il governo del re in nessuna circostanza. ha celato le sue


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opinioni su gli avvenimenti consumati nella penisola (1). Il riconoscimento dello stato di cose che ne risulta potrebbe adunque essere la guarentigia, nello stesso modo, che non saprebbe implicare una sanzione retrospettiva della politica, che il gabinetto di Torino ha tenuta. Molto meno intendiamo pregiudicare le questioni, che interessano i terzi, e rinunziare ad una intera libertà di giudizio rispetto alle eventualità, che potrebbero modificare lo stato presente delle cose etc.»

A' 22 detto mese. Quando il deputato Reicheusperger nel parlamento di Berlino muove interpellanza su tale riconoscimento, il ministro Bernstorff si fa a rispondere: - «quanto al principio delle nazionalità, noi con questo atto non intendiamo riconoscerlo.... Il regno d'Italia non è stato riconosciuto, se non nella sua attuale esistenza, e non riconosceremo le conseguenze, che ne potessero essere inferite. Abbiamo, all’opposto, fatte espresse riserve su questo punto. Tutti i diritti de’  terzi sono accuratamente riservati; e noi nulla abbiamo fatto con questo atto, che potesse pregiudicare simili diritti. In quanto alle pretese su Roma e Venezia il governo di Torino ha espressamente promesso, che egli non cercherà di effettuarle, se non per via pacifica, e con pacifici mezzi».

A' 26 detto mese: dispaccio del conte Rechberg ministro degli affari esteri dell’impero austriaco, cui essendo stata data comunicazione dello anzidetto riconoscimento dal gabinetto di Prussia, risponde da parte dello Imperatore, con parole cortesi di ringraziamento verso il re di Prussia «per la resistenza opposta finora alle istanze fatteglisi per


(1) Con la nota, de’  18 ottobre 1860 da Coblentz il governo prussiano protestò, ne' termini più energici contro la invasione del regno delle due Sicilie invaso dal Piemonte per favorire la rivoluzione, ciò che deplorò profondamente, esprimendo nel modo il più esplicito la sua riprovazione per una così flagrante  infrazione de’  trattati, e del diritto interazionale etc.


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riconoscere ciò che chiamano Regno d'Italia; e si augura che la Prussia non abbia mai a pentirsi nel proprio interesse della risoluzione, che ciò non ostante ha presa, di riconoscere il trionfo della più violenta rivoluzione, e della violazione più flagrante del diritto, e de’  trattati» - : e conchiude di non doversi spendere né pure una parola alle pretese guarentigie promesse da Torino; le quali non hanno nemmeno il valore della carta su la quale sono scritte: «Noi crediamo anzi, che su questo punto il generale Durando ministro degli affari esteri in Torino, la pensi esattamente come noi (1)».

Per la Russia = A' 18 agosto. Dispaccio del ministro degli affari esteri di Pietroburgo principe Gortschakoff, col quale dichiara essersi risoluto il gabinetto imperiale di Russia «di ristabilire le già interrotte relazioni diplomatiche col re Vittorio Emmanuele, come Re d'Italia, in considerazione delle costui assicurazioni di aver forza a reprimere ogni conato rivoluzionario ne' suoi dominii che potesse turbare lo stato attuale delle relazioni esistenti: e posto, mente, di non discutersi ora questioni di diritto; ma doversi salvare il principio monarchico e l’ordine sociale, che trovansi alle prese con l'anarchia rivoluzionaria, di cui l'Italia è il focolare, e ohe minaccia riversarsi sul resto dell’Europa». - Accenna al precedente dispaccio del 28 settembre (10 ottobre 1860) «nel quale si manifestò il giudizio portato dallo Imperatore di Russia su gli avvenimenti compiutisi in Italia, ed i motivi che lo indussero a richiamare la sua legazione da Torino (2).


(1) Per comprendere la forza di questa frase grammatica è d'uopo ricordare, che al generale Durando si attribuisce averla profferita accennando alle promesse da lui fatte al gabinetto prussiano col dispaccio anzidetto de’  9 luglio.

(2) È oramai nel demanio della storia questo Importante dispaccio della Russia de’  23 settembre (10 ottobre) 1860 per la, serietà e rigore con cui giudicò gli atti del Piemonte nella invasione  


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Protesta infine «che con questa determinazione l'Imperatore non intende, ne sollevare né risolvere alcuna quistione di diritto».

È da premettersi, che con dispaccio anteriore de' 16 giugno l'anzidetto ministro Durando scriveva al rappresentante del nuovo regno italico a Parigi «di ringraziare l'Imperatore Napoleone III di ciò che aveva fatto per ottenere il riconoscimento della Russia; lo informava delle misure repressive adottate per tenere a freno ogni esorbitanza rivoluzionaria; ed a sgombrare ogni preoccupazione dall'animo del gabinetto di Pietroburgo su la permanenza della emigrazione polacca nel Piemonte, si obbligava di rinunciare alla formazione della legione polacca, di sciogliere, e mandar via la scuola de' giovani della Polonia, stabilita prima a Genova, e poi a Cuneo».

La stampa rende di pubblica ragione le condizioni sotta le quali si sarebbero subordinati i riconoscimenti della Prussia, e della Russia «1. lo scioglimento del collegio militare polacco in Piemonte; - 2. licenziamento de' volontari polacchi, ungheresi etc. arruolati dal governa italiano; - 3. mantenimento del potere temporale del Papa: - 4. dominio assoluto dello Czar in Oriente: - 5. stazione per una flotta russa nell'Adriatico, come aveva già a Villafranca presso a Nizza».

A di 1 luglio da Roma il re Francesco II protesta formalmente per la salvezza de' suoi diritti, contro i cennati due riconoscimenti della Prussia, e della Russia con atti dichiarativi a que' gabinetti, facendo rilevare che la posizione dell'Italia, del reame delle due Sicilie «dove patteggiando apertamente con la rivoluzione e con l'opera delle truppe ed altri funzionari sardi, che stavano al servizio di Vittorio Emmanuele, in mezzo ad una pace profonda, senza dichiarazione di guerra, si consumava una serie di violazioni di diritto, con iniquità, che l'Imperatore delle Russie nella sua coscienza, e nella sua convinzione u altamente disapprova».

244 dall'epoca delle precedenti noie di riprovazione spedite da' gabinetti di Berlino, e di Pietroburgo al governo di Torino, non è punto cambiata, e l'opera della rivoluzione non apparisce da ieri: da per tutto malcontento e miseria; partiti estremi che si minacciano, e si fanno la guerra l'un l'altro; la guerra civile, che da due anni desola le provincie napoletane; il sangue versato a torrenti; la strage del popolo inerme; non esser certamente motivi da indurre i gabinetti anzidetti a trovare oggi conveniente e giusto ciò che ritenevano jeri condannabile, ed ingiusto».

Il giornalismo grida contro il governo di Torino «che dopo aver sagrificata la dignità del paese a riconoscimenti che lo umiliano, ha dovuto adempire agl'impegni, che aveva assunti per ottenere questi riconoscimenti».

La Stampa dì Torino, giornale del nuovo ministero (28 dicembre) dice: «Le ricognizioni della Russia, e della Prussia avrebbero dovuto migliorare la posizione diplomatica dell'Italia; ma esse ottenute per un malinteso, per opera del governo francese, che ci compromise, sono servite a legare, anziché ad assicurate il governo italiano».

E la Discussione aggiunge: «la Francia che dispettosamente ci vieta andare a Roma, proibisce negoziare a Parigi i titoli del nuovo prestito italiano, e finanche di quotare alla Borsa i valori italiani».

Con quale irritazione parli il Garibaldi de' riconoscimenti in parola, può leggersi nell'Unità politica di Palermo, è nella Opinione di Torino num.191. «Il riconoscimento della Russia (egli esclama) è una doppia vergogna per l'Italia: 1. perché quel riconoscimento ottenuto dal Bonaparte, costituisce sopra l'Italia il protettorato dell'Uomo del 2 dicembre, macchialo di sangue del popolo di Parigi... - 2. perché quel riconoscimento si è ottenuto con una codarda condiscendenza, cioè, sciogliendo la scuola polacca; e quindi obbligando que' generosi giovani ad esulare dall'Italia, dove avevano trovato asilo». 245 Nel parlamento di Torino, discutendosi la interpellanza su le condizioni del nuovo regno d'Italia in faccia alle potenze estere, nella tornata de' 20 luglio, il deputato napoletano Petrucelli, tra le altre cose dice: - «In due anni non è stata ancora riconosciuta l'Italia da tutte le potenze d'Europa. Per la Baviera, e per la Spagna noi siamo un lutto di famiglia. - Per la Germania noi siamo uno scandalo. La Francia ci riconobbe, ma con molte condizioni. - Altri Stati ci riconobbero, ma presso a poco nello stesso modo. - Qual è il valore di que' tali riconoscimenti? - Io lo domanderò alla stessa natura delle potenze, che ci riconobbero.» - E qui l'oratore si diffonde a dimostrare di quanto danno alla Italia riescano riconoscimenti subordinati a condizioni umilianti, e quanto gravosa le sia l'alleanza col governo imperiale francese, la cui politica egli sviluppa a modo suo, e sopratutto se ne lamenta per riguardo a Roma: - quindi ripiglia: - «Ma questo stato di cose non può durare! Noi dobbiamo smettere questa alleanza con la Francia, e tutto invece ci porta all'alleanza con l'Austria; ciò che ci produrrà molti vantaggi: questa ha da essere la nostra futura politica» e termina lodando la solidità e fortezza dell'impero austriaco.

In modo più amaro giudicano de' riconoscimenti in parola, nella sussecutiva tornata de' 27 i deputati Mordini, e Crispi. Il primo di essi dice: - «La politica estera del gabinetto non mi rassicura, perché la via da lui tenuta è contraria agl'interessi della nazione. Io deploro la debolezza nello interno; ma non so comprenderla allo estero: intendo parlare dello scioglimento della scuola polacca di Cuneo, il quale si effettuò per assicurarsi il riconoscimento della Russia... Ma io credo giunto il momento di giudicare su la politica del governo francese verso dì noi. 246 - La Francia, o signori, non è favorevole alla Italia. Essa a Villafranca ha tentato arrestarci, ognuno sa in qual modo. Io non so credere, che l'Imperatore abbia avventurato il suo trono, e la sua corona pel solo amore d'Italia.» - L'oratore chiama indi pericolosa a questa ogni alleanza che eserciti pressione sopra di lei, e conchiude, che l'Italia deve mettersi in istato di guerra.

L'altro deputato Crispi dice «di rallegrarsi de' ricouoscimenti della Prussia, e della Russia; ma avrebbe amato meglio, che si fossero verificati quando l'Italia potesse farsi temere. - La Russia paventava, che l'Italia le mettesse il fuoco in casa; ecco perché la riconobbe; ma dopo averne avute le necessarie guarentigie. Quanto alla Prussia, essa è la figlia primogenita del dispotismo russo, e perciò ci riconobbe ancor essa; ma dopo aver avuta l'assicurazione, che non si sarebbe andato mai né a Roma, né a Venezia».

A' 10 settembre, il generale Durando ministro degli affari esteri in Torino, dopo che Garibaldi fu ferito e fatto prigioniero in Aspromonte per impedirgli di aggredire Roma, pubblica una circolare diplomatica per ottenere ciò che si è impedito a Garibaldi. - I gabinetti di Parigi, di Pietroburgo, e di Berlino fanno serie avvertenze al nuovo governo italiano, ricordandogli le condizioni sotto le quali ebbe luogo il loro riconoscimento, di dover, cioè, rispettare Roma e Venezia: sopratutto nella nota del gabinetto di Prussia si fa la recriminazione al ministro Durando di trovarsi contraddittorio col suo precedente dispaccio de' 9 luglio, dianzi accennato; e si conchiude nel modo il più esplicito «che la Prussia considera la situazione religiosa e politica del Sommo Pontefice come intangibile, e vuole che non venga atte taccata in modo alcuno con atti successivi».

E la France, organo officioso del governo imperiale francese pronunzia definitivamente, che la unità italiana, almeno pel regno delle due Sicilie, è una unità falsa, ed impossibile». 247 Il Constitutionnel in tuono minaccioso aggiunge: «il governo di Torino per varie colpe.... ha dato alimento alle speranze ostili all'Italia; ed ha reso possibile, che si proponga sul serio il ristabilimento del regno di Napoli».


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II. MANCANZA DI RIGUARDI DIPLOMATICI. 

1. Ad ingannare la pubblica opinione, il ministero di Torino, nel mese di aprile, fa trombare da tutti i suoi giornali, il grande onore che in occasione del viaggio per Napoli del nuovo Re d'Italia, farebbero i governi di Francia, e d'Inghilterra inviando le loro flotte ad accompagnarlo colà. Ma la flotta inglese vi giunge prima del re, ed in tutto il tempo della costui dimora in Napoli, non dà segno di vita. Per la francese, con un avviso ufficiale del Moniteur vien dichiarato, che se giunse insieme con il re, fu per effetto di nebbie, di oscurità, di coincidenza casuale insomma, e non di proposito deliberato.

A parare questo scacco il ministero adopra nuova arte, e fa scrivere dal re all'imperatore de' francesi la lettera di ringraziamento, che contro ogni uso della diplomazia rende di pubblica ragione pria che giunga al suo destino. Il Moniteur però nel riprodurla ili Parigi omette il periodo (riportato dianzi, p. 228. 229. sotto l'articolo della guerra civile) che parla dell'ordine ristabilito, delle calde testimonianze d'affetto, e della unità che riposa sopra solide basi; - con che dimostra di non ammettere la verità di tali asserzioni, e rivolge quell'arte tutta a danno di chi avevala escogitata.

2. Del discredito governativo, e nel tempo stesso diplomatico, sì ha una confessione esplicita nella tornata del parlamento di Torino de' 24 novembre, dove il ministro Pepoli fa nuove rivelazioni circa il modo come si sono compiute le annessioni Italia, ed in quale sfiducia finanziaria si versi: - Il governo del Re (egli dice) ha sussidiato l'Emilia (Legazione di Bologna tolta allo Stato Pontificio), oltre al prestito, di cui facevasi mallevadore; 248 le anticipava 4. milioni; - e senza questa anticipazione ci sarebbe stato malagevolissimo proseguire negli armamenti... Il giorno dopo la pace di Villafranca, io medesimo ho portato a Bologna dugentomila franchi, che il ministro di Finanze del Piemonte mi aveva in quel tempo con larghezza concessi. Aggiungerò un fatto ancora. Il prestito delle Romagne incontrava grandi difficoltà, ed io non avevo trovato banchiere, che volesse assicurare questo prestito: venni a Torino, esposi le cose quali erano re, che vedendo le angustie in cui versavamo, mi guarentiva, con atto che sommaraente l'onora, per ben cinquecentomila franchi....; ma niuno de' banchieri si mostrò disposto a scontare questi titoli che noi loro offrivamo... Ecco perché ho detto che senza che il sussidio del Piemonte, io non avrei potuto in nessun modo».... (qui è interrotto da varie parti; ma s'intende da se il rimanente del concetto). Il presidente della camera rimedia a questa confessione, asserendo che allora non erano ancora succedute le annessioni, e che «i sussidi di quel tempo non si concedevano dal re di Sardegna col carattere di re».

Né sola questa, ma altre più interessanti particolarità il medesimo ministro rivelava nella tornata precedente de' 22 novembre (atti ufficiali n. 906. pag. 3523.).

Ad ammaestramento, ed a rettificazione della storia contemporanea, il ministro Pepoli nel parlamento di Torino nel 1862 smentisce le inesattezze del proclama reale diretto dal re Vittorio Emmanuele a' popoli dell'Italia meridionale a' 9 Ottobre 1860 da Ancona.

Gioverà fare un confronto fra le assertive dell'uno, e le smentite dell'altro. 

249 

Parole del re Vittorio Emanuele nel proclama de' 9 ottobre 1860

Dopo la pace di Villafranca, quelle provincie italiane (tra cui le Romagne) dimandarono la mia protezione contro il minacciato ristauro degli antichi governi, Se i fatti: della Italia centrale erano la conseguenza della guerra alla quale noi aveva mo invitati i popoli se il sistema delle intervenzioni straniere doveva essere per sempre sbandito dall'Italia, io dovevo conoscere e difendere in quei popoli il diritto di legalmente e liberamente manifestare i loro voti.

Ritirai il mio governo, ed essi fecero un governo ordina- io: ritirai le mie truppe, ed essi ordinarono forte regolari; ed a gara di concordia e di civili virtù vennero in tanta riputazione e forza che solo per violenza di armi straniere avrebbero potuto esser vinti.

Grazie al senno de' i popoli ... la Italia crebbe nella estimazione delle genti civili , e fu manifesto all'Europa, come gli italiani sieno acconci a governar se stessi 

Parole del ministro Pepoli 22 novembre 1862.

Dopo la pace di Villafranca il moto italiano si fermava, e senza la persistente volontà de' ministri di Torino, Farini, e Ricasoli, L'UNITA' ITALIANA AVREBBE MISERAMENTE NAUFRAGATO. Io era in que' tempi ministro degli affari esteri nelle Romagne: avevo partecipato a que' moti e cooperato per la liberazione del mio paese. Noi ci trovavamo adunque , dopo Villafranca, in dolorose condizioni: la giunta di governo in Bologna era sprovvista di denaro e senza soldati per difendere il paese: trovò forte ed efficace ajuto nel ministero di Torino presieduto da Lamarmora, di cui era parte precipua Rattazzi, i QUALI DIEDERO GAGLIARDO APPOGGIO ALLE ROMAGNE, senza del quale non si avrebbe potuto tutelare l'ordine, e tenere in rispetto i nemici (s'intendono per tali i molti che desideravano il restauro dell'antico governo Pontificio): ora, come avremmo potuto mai difenderci da costoro, se non avessimo avuto que' potenti aiuti del ministero di Torino? stava allora un reggimento di soldati piemontesi a nostra difesa nella Emilia in Bologna: il governo francese aveva richiesto, che queste milizie fossero subitamente ritirate secondo i patti di Villafranca. 

Il ministro Rattazzi si adoperò in modo che le milizie stesse continuarono a stanziare fra noi, e così riuscimmo a mantenere l'ordine. Il nostro erario era in dissesto; mancavamo di tutto: i banchieri ci rifiutarono ogni aiuto di credito e di denaro; ma il ministero di Torino fu largo al governo provvisorio delle Romagne di que' sussidi senza i quali saremmo stati rovinati; di più il governo del re Vittorio Emanuele garantì un cospicuo imprestito a quelle provincie. 


250 

Non occorre far osservare che de' fatti in quistione il Pepoli è fissai meglio informato, e sa indicarli con precisione; donde i popoli dell'Italia meridionale, cui fu diretto. il proclama reale anzidetto, potranno profittare per la estimazione di quant'altro ivi si contiene.

3. A'4. novembre centrano nel porto di Napoli il principe ereditario di Prussia con la consorte, ed il principe di Galles; e prima loro cura è di mandar avviso a' consoli della loro rispettiva nazione di rifiutare ogni maniera di visite, e ricevimenti ufficiali. Ricusano la ospitalità ne' reali Palazzi, loro offerta in nome del prefetto generale Lamarmora. Si recano privatamente ad osservare tutte le rarità, è meraviglie di quella Capitale, e dintorni, un dì sì felice, ed ora oppressa, dalla tirannide rivoluzionaria; sgradevolmente colpiti dalla necessità in cui si trova l'autorità militare, di perlustrare con due battaglioni armati in guerra la via, che da' reali viaggiatori deve percorrersi per salire al Vesuvio; ciò che dà loro una tristissima idea della sicurezza pubblica in quelle provincie, dove i piemontesi millantano esser venuti a restaurare l'ordine morale. 251 Egli è perciò, che il principedi Prussia dice afd una deputazione napoletana presentatiglisi in Roma. - «Sono 10. anni, che io venni a visitare Napoli: allora volli vedere il Vesuvio. S. M. il re Ferdinando II. mi diede una guida sicura, e mi fece accompagnare da due gentiluomini della sua corte. Jeri ho desiderato rivedere il Vesuvio, ed il generale Lamarmora non ha creduto, che io potessi fare con sicurezza questa corsa senza essere accompagnato da due battaglioni di soldati!»

L'augusto principe in questo viaggio evita di passare per Torino; - di transito a Milano rifiuta il pranzo offertogli dal principe ereditario del Piemonte; - e diretto per Verona, si reca a Vienna, dove è cordialmente festeggiato. - Il conte Brassier de Saint-Simon rappresentante della Prussia a Torino è richiamato dal suo posto, e tramutato altrove, asserendo la stampa piemontese esser ciò derivato, sia per essersi mostrato troppo italianissimo; sia per aver osato di fare qualche osservazione su questo contegno del Reale viaggiale. - In rimpiazzo viene destinato il generale Williesn. Sul proposito i giornali osservano che la Prussia richiamando Brassier de Saint-Simonn, non solo ha voluto togliere a Torino un amico troppo dichiarato; ma ha voluto invece mandarvi un avversario». Di fatto, gli stessi fogli ministeriali annunziano con rancore ohe il Willisen sia quel medesimo, che nel 1849 trovavasi al campo di Radetzky durante la battaglia di Novara in cui fu battuto l'esercito piemontese.

Si parla anche del richiamo di quello di Russia per lo stesso motivo che ha indotto la Prussia a richiamare il suo.

Si afferma, che il governo imperiale Francese vada ad apportare una mutazione nel personale de' Consoli della penisola italiana, sostituendovi persone, che' non abbiano tendenze favorevoli al Piemonte; e sieno d'accordo pel consolidamento del potere temporale Pontificio, e per la ristorazione de' Borboni a Napoli (Dal giornale il Diritto de'... Dicembre). 

252 

III. CONTEGNO DE' REGII RAPPRESENTANTI DEL NUOVO REGNO ITALICO ALL'ESTERO. 

I giornali di Torino annunziano «che contro quel governo si mostra in modo straordinario irritata ed ostile la Prussia, per avere scoperto, che fino ad un certo punto il copte di Launay ministro italiano a Berlino segua gli esempii de' Boncompagni, de' Migliorati, ed altri agenti diplomatici, che hanno procurata la rovina de' regni dov'erano accreditati».

Varii giornali della Prussia, e dell'Alemagna affermano ohe il conte de Launay, come uno de' segreti corrispondenti della Gazzetta di Colonia, si dilettava a procurare imbarazzi al governo prussiano censurandone gli atti, ed a morderlo in varii modi. Da ciò si teme una rottura tra i due gabinetti».

2. Nell'ultima rivoluzione di Grecia si riconosce da' diarii europei la sistematica ingerenza della diplomazia di Torino, attuata con i maneggi del suo ministro colà conte Mamiani.

3. La Porta Ottomana domanda il richiamo del nuovo ambasciatore italiana in Costantinopoli, marchese Camillo Caracciolo di Bella per aver parlato pubblicamente su la imminente caduta dell'impero turco.

4. Della degradazione politica del nuovo regno italiano parla il deputato Ferrari, quando nella tornata de' 29 novembre rinfaccia al governo... «Il Piemonte nel 1848 voleva l'ajuto del re di Napoli in Lombardia, nell'atto stesso in cui gli toglieva la Sicilia! Io non vi avrei trattenuto della necessità di conservare la vostra dignità, se le confidenze indecorose e le umili preghiere, non ci riconducessero allo antico dominio dei Cesari. Noi, ci rivolgiamo a Napoleone III come gli antichi italiani si rivolgevano ad Arrigo VII, a Ludovico il Bavaro, ed a Carlo V; gli chiediamo soccorso, lo diciamo liberatore; nelle stesse nostre collere gli trasmettiamo 253 l'antico dovere e il correlativo diritto di provvedere alla nostra salvezza. Voi compromettete la idea della indipendenza del regno. E l'imperatore francese, che vi resiste, e poi cede, quasi fosse nostro re costituzionale, vi abitua a riverirlo, ad inchinarlo, e se continuate in questo modo, verrà giorno al fine, che voi avrete compromessa la vostra dignità a tal punto, che mal vi separerete dagli antichi italiani da voi derisi come Cesarei.

«E la nostra diplomazia trovasi appunto in questa via; e pur troppo si inaugurava il nuovo regno con la cessione di Nizza, e Savoia».

Su l'attitudine delle Potenze estere verso il Piemonte, non si può far meglio, che trascrivere il giudizio d'una recente pubblicazione officiosa inspirata in regione eminente: - Ora il grande scopo è di consolidare l'ordine europeo, conciliando i diritti riconosciuti, con le legittime aspirazioni nazionali, e con i principi di libertà» (opuscolo Unità politica nel governo).

Generalmente adunque la politica verso il regno italiano è l'abbandono morale di tutte le Potenze. La pubblica opinione profondamente commossa ha reso giustizia alla forzata unità italica con definirla: - «un controsenso sotto tutti gli aspetti, al punto di vista storico, al punto di vista geografico, al punto di vita delle differenze radicali, che separano naturalmente i varii Stati autonomi della penisola, i quali richiedono ordinamenti distinti, e separati, come la esperienza di tre anni ha dimostrato. È oramai certo, che la unità s'infranga, perché ogni giorno mette semprepiù in chiaro la sua intrinseca impossibilità, non meno, che i suoi esteriori i pericoli. La unità italiana è adunque religiosamente impossibile; geograficamente impossibile; politicamente, tradizionalmente, storicamente impossibile: la logica comanda di evitarla» (1). (1) L'union italienne nuovo opuscolo francese. 254 CONCHIUSIONE Nel dar termine a questa quale che siasi rassegna gioverà riportare la ipotiposi su lo stato generale d'Italia al cadere dell'anno 1862: - «Non uniti né concordi i cittadini, ma promosse soscrizioni per premiare il fratello che ucciderà il fratello (1); - non raggiunta la indipendenza nazionale; ma servi gli italiani di ogni potente straniero; - non bene speso il pubblico denaro, né sollevato il popolo, ma sopraccaricato d'imposte, vuoto l'erario, immensi i debiti, difficili, e sempre rovinosi i prestiti; - non favoriti gli studii, ma corrotti i cuori ed oscurate le menti con false ed empie dottrine; - non floridi i commerci, né arricchite le città, ma frequenti i morti di fame nella stessa Torino. Tristissimo il presente, peggiore l'avvenire, incerti i nuovi possessi, perduti gli antichi!».

«Il 1862 nacque come i due suoi predecessori dallo incesto del tradimento con la menzogna, e mori fornicando con la ipocrisia e con la rapina.

«Danzò e s'inebriò su i cadaveri; insultò codardamente agli esuli; - penetrò ne' segreti della coscienza, della fede, della gratitudine, e li calpestò forsennato; a' segreti del postribolo e del lupanare educò la generazione crescente de' suoi satelliti. Popolò gli ergastoli, stipendiò carnefici, nobilitò spie, i delatori, i birri; eresse templi a bugiardi dei; - il vero tempio di Dio vero fé profanare da apostati. Sedusse la innocenza, carpi firme ed indirizzi a' deboli ed ignoranti, innalzò cattedre alla seduzione; il libertinaggio, e la industria meretricia fece soggetto di pubblica rendita e di favore. Per lui non vi è casa senza una vedova, non famiglia senza un orfano, (1) Circolare dell'interno 29 dicembre, accennata nel corso di questo lavoro, pag.226. e 227. 255 non popolo senza pastore, non chiesa senza levita, non eremo senza dolori. - Spogliò i monti, distrusse i frutti de' campi, inaridì i commerci, uccise le industrie; disse al padre di tradire il figlio; ordinò al figlio di ammanettare il padre (1); i fratelli per lui denno spiare i fratelli, e le spose a' carnefici denno consegnare gli sposi, Giudici, e magistrati incontaminati gettò alla elemosina, disonorò probi impiegati, sollevò in alto una turba di protervi, di ebeti, di gozzovigliatori. - Salutiamo concordi l'aurora del 1863, che si avanza. Salutiamolo foriero di pace al travagliato Pontefice, alla sua Chiesa, a' suoi ministri, all'orbe cattolico universo. Il diritto eterno, e la eterna giustizia trionfi su la terra. I voti legittimi de 'popoli sieno esauditi». (1) Vedi i bandi, le circolari, il sommario cronologico della guerra civile, pag.128. e seguenti. 


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257

INDICE


Prefazione

Pag.

III


I. Religione

»

1


Oltraggi, e persecuzioni al clero – Empietà – Spogli a danno della Chiesa – Perdita di forza morale del nuovo regno subalpino



»



1



a



19

II. Finanze

»

20

a

Dissesti forieri di bancarotta – Aumento di imposizioni – Malcontento – Perdita economica



»



20



a



30

III. Esercito

»

31

a

52

Sue tristi condizioni – Perdita di forza materiale

ivi



Avversione popolare

»

31

a

34

Ripugnanza alla leva militare

»

35


Diserzioni, ed insubordinazioni

»

41


Esorbitanze ne' provvedimenti repressivi

»

48


IV. GIUSTIZIA

»

53

a

79

Mancanza assoluta di libertà, e di sicurezza

»




1. per lo pensiere

»

55


2. per la vita e per la proprietà

»

57


Prigioni, trattamento e numero de' detenuti

»

69


V. Governo

»

80


Prospetto

»

81


Disordini e prepotenze governative

»

83


Stato d'assedio

»

107


Anarchia

»

119


Atrocità

»

126


bando di Fantoni

»

128


bandi di Fumel

»

130


bando del prefetto di Capitanata

»

132




258


bando del generale Boyolo

pag.

134


bando del Maggiore Martini

»

135


bando del prefetto di Avellino

»

135


bando di quelle di Lecce

»

138


Fucilazioni

»

141


Guerra civile

»

153


Sommario cronologico della guerra civile

»

158


mese di gennaio

»

ivi


mese di febbraio

»

161


mese di marzo

»

163


mese di aprile

»

171


mese di maggio

»

181


mese di giugno

»

187


mese di luglio

»

188


mese di agosto

»

192


mese di settembre

»

201


mese di ottobre

»

207


mese di novembre

»

212


mese di dicembre

»

222


Inestinguibile sentimento popolare per l'autonomia

»

228


VI. POLITICA

»

234


Riconoscimenti

»

ivi


1. del Belgio

»

235


2. della Prussia

»

239


3. della Russia

»

242


Giudizii su tali riconoscimenti


243

a

246

Mancanza di riguardi diplomatici


247


Contegno de' rappresentanti del nuovo regno italico all'estero


252


CONCHIUSIONE


254




















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