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CRONACA
DEGLI AVVENIMENTI DI SICILIA
Da' 4 aprile a' principii d'agosto 1860
con l'aggiunta de' fatti posteriori fino a marzo 1861
ESTRATTA DA DOCUMENTI.
ITALIA 1863
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VENERDÌ 1 GIUGNO.

Truppe rincorate: si spera nella mediazione anglo-francese per veder composti i dissidii siciliani. Istruzioni pel caso del rincominciamento delle ostilità. Stato attuale.

1. Non ostante i patiti rovesci, le reali truppe sono animate per le rincoranti assicurazioni della sovrana benevolenza. A proposta del ministro francese Brenier si accetta la offerta di una mediazione anglo-francese (1)

, per

(1) Alle trattative iniziate su la mediazione della Francia, e della Inghilterra, per far terminare la desolante guerra in Sicilia, si riferiscono i dispacci diplomatici de' 13, e 30 luglio 1860 del conte Persigny ministro francese a Londra, i cui più importanti squarci giova qui trascrivere: "Lord John Russel a répliqué, qu'il s'était a souhaiter, que l'on put arriver, à une trêve (dans la Sicile) pour arrêter les hostilités, permettre de formule des propositions

, et pacifier les esprits. J'ai, comme vous devez le penser, vivement approuvé cette idée; et comme je l'en félicitais; Lord John m'a répondu, qu'après tout il serait BIEN PLUS AVANTAGEUX pour tout le monde, que l'Italie formai deux groupes amis et unis par un intérêt commun, que de courir après une unité peut-être impossible a réaliser. (Lord Russell ha replicato di esser desiderabile, che in Sicilia potesse ottenersi una tregua per sospendere le ostilità, permettere di formare le proposte, e pacificare gli spiriti. Potete immaginare come io abbia vivamente approvata codesta idea, e come ne abbia fatto plauso a lord Russell, il quale ha soggiunto, che in fine sarebbe MOLTO PIÙ VANTAGGIOSO PER TUTTI, che l'Italia formasse due gruppi (regno delle due Sicilie, e regno di Sardegna) areici, ed uniti da un interesse comune, anziché correre appresso ad una unità forse impossibile ad attuarsi). Ed in altro paragrafo è detto dallo stesso Russell: "que soutenir Garibaldi par des envois d'hommes, et de munitions est construire au droit; que demander au Roi de Naples de s'engager, au cas où le négociations n'aboutiraient a rien, à ne faire aucun attaque sur la Sicile serait l'équivalent d'une domande d'abdication; et que l'attitude de la

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veder terminata alla meglio la guerra di Sicilia; per cui si esorta a prorogare la tregua; e qualora avessero a riprendersi le ostilità, si consiglia il piano strategico del concentramento di tutte le forze in Messina (reali istruzioni in data di oggi). Le stesse posizioni di ieri sono guardate da ambo le parti. Le bande degl'insorti intralciano, ed ostacolano il più che possono il transito del convoglio de' viveri per le truppe: invano se ne lamenta il generale Lanza con officio diretto a Garibaldi. Previo processo verbale, e giusta la convenzione si consegna il Regio banco alla nuova guardia nazionale di Palermo, e ne sono ritirati i soldati di custodia. (Giornale Poliz.).

Nelle casse del Banco cedute dalle truppe reali a Garibaldi sono depositati cinque milioni di ducati (22 milioni di franchi); di cui centomila ducati si appartengono al governo, ed il resto e deposito de' privati.

Sardaigne, dans ces circonstances n'est pas, ce quelle devrait être dans l'intérêt de l'Italie"

(sostenere Garibaldi con «invio di uomini e di monizioni è contrario al diritto: domandare al re di Napoli d'impegnarsi, nel caso che nulla si conchiudesse con le trattative, a non fare verun attacco contro la Sicilia, sarebbe lo stesso che pretendere da lui un abdicazione: altronde il modo di procedere della Sardegna in queste circostanze non è quale dovrebbe essere nello interesse dell'Italia). Ved i dispacci de' diplomatici napoletani a Londra riportati in seguito sotto le date de' 27 luglio, e 22 febbraio.

Non ostante però queste così solenni assicurazioni, e deviando dall'antica politica benevola verso la Real Corte di Napoli, il gabinetto inglese avendo altri suoi interessi in vista, incoraggia il governo di Torino ad imporre a quello di Napoli, in occasione della costui proposta di alleanza, gravissime ed umilianti condizioni, tra le quali sono "che non tenterebbe riconquistare la Sicilia anzi cederebbe Messina a Garibaldi, e ritirerebbe le regie truppe dalla isola, lasciando a' siciliani la facoltà di darsi al Piemonte." Contemporaneamente per mezzo del suo ministro sir Elliot a Napoli fa esercitare una pressione su quel governo per soscrivere a queste proposizioni, e mantenersi in una funesta inazione a fronte della Sicilia. (Dispacci di lord Russell a sir Hudson a Torino, a lord Cowley a Parigi, ed a sir Elliot in Napoli de' 9. 14. e 15 luglio 1860: e dispacci di quest'ultimo al suo governo de' 12 e 22 del mese stesso).

(1 giugno) 147 Atti dittatoriali. - Proclama.

2. In nome del dittatore Garibaldi, si rinnova il decreto, col quale è punito di morte chiunque si rende reo di omicidio, di furto, di saccheggio di qualsiasi specie: e con altro decreto si nomina un consiglio di guerra composto del colonnello Calana presidente; Bixio, Carini, Forni comandante i cacciatori delle alpi, San tanna co mandante i cacciatori dell'Etna, giudici; - Manin, fiscale militare; - tenente Salterio ufficiale istruttore, sottotenente Mazzucchelli segretario. - Si pubblica pure un or dine del comitato delle barricate presieduto da Pietro Messineo a' cittadini, perché aprissero comunicazioni da una casa all'altra, a fine di circolare più facilmente, ed accorrere alla comune difesa; ed un invito a' cittadini di fan sacelli, e portarne il più che possono al municipio; non che di fornire ad esso Comitato tutti gli. ordigni da lavoro, pale, accette, zappe ecc. che possedessero, autorizzandoli a ferii fabbricare.

Il seguente proclama è oggi affisso in Palermo - "Siciliani! Quasi sempre k tempesta segue la calma, e noi dobbiamo prepararci alla tempesta. Le condizioni della causa nazionale sono brillanti: il trionfo ne fu assicurato dal momento, che un popolo generoso respingendo proposizioni concilianti, si risolvette a vincere, o morire. Si, la nostra situazione migliora ad ogni istante. Ma ciò non deve impedirci di fare il nostro dovere, e di affrettare il trionfo della santa causa. Armi dunque, ed armatevi. Aguzzate il ferro, e preparate tutti i mezzi di difesa e di offesa... Per l'entusiasmo, e gli evviva noi avremo assai tempo: quando il paese sarà sgombro da' nostri nemici. Armi, ed armatevi! io ve lo ripeto. Chi non pensa ad un arma in questi tre giorni è un traditore, o un vile; ed il popolo, che combatte fra le rovine delle sue case incendiate per la sua libertà, e per la vita delle sue mogli, e de' suoi figli, non può essere ne vile, ne traditore".

Giuseppe Garibaldi.

Censura su gli errori militari, e strategici commessi da' generali napoletani. - Piani per ripararvi.

3. Il modo, col quale i generali napoletani hanno di retta la strategica in Sicilia negli ultimi fatti d' armi,

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è giudicato balordissimo dagli esperti nella scienza militare, che deplorano i madornali errori, la perduta disciplina delle truppe, il costoro avvilimento, l'abbandono sconsigliato delle più interessanti posizioni, la conchiusione delle tregue tutte vantaggiose al nemico, e sfavorevoli al real esercito; la situazione in somma la più disperata di questo stesso esercito, che sarebbe stato mille volte trionfante e vittorioso a fronte di un nemico che in origine riducevasi ad un migliaio di stranieri. Si propone un mezzo energico ed efficace, rioccupando le prime posizioni, e facendo dirigere il movimento da un abile ed attivo duce (memoria del generale Patrizio Willamatt de' 2 corrente).

Generalmente si giudica, che se Lanza avesse dapprima stabilito un corpo di osservazione nella direzione del villaggio Abati

, e dì Misilmeri, e se vi avesse almeno collocati gli avamposti, o avesse murate, se non fortificate, le porte del lato meridionale di Palermo, Garibaldi, e la sua spedizione sarebbero stati distrutti, come prevedevasi in Torino (1). Ed anche dopo la entrata de' garibaldini in Palermo, se Lanza immantinenti avesse lanciati i battaglioni da Palazzo reale e dalla cittadella sul Palazzo Pretorio dove Garibaldi crasi concentrato, costui avrebbe trovata la sua tomba in Palermo, e la rivoluzione sarebbe rimasta soffocata. Lanza invece non ha voluto combatterla, perché docile alle istruzioni di Torino, ha adottati i mezzi per compromettere il tradito governo, e renderlo odioso a' siciliani, bombardando Palermo, ed esponendo la città alla violenza di una truppa irritata. Inutilmente il generale Salzano, si è opposto a questa crudele, ed inopportuna risoluzione del comandante in capo, il quale ostinatamente faceva alzare la bandiera rossa sul regio palazzo, indizio di distruzione.

Concentramento di truppe a Messina. Progetto di un accampamento.

4. Nello stato attuale, e nelle circostanze in corso si reputa di niuna importanza il ritenere Catania; mentre si stima utilissimo richiamarne la guarnigione a Messina, posizione sostenibile, e punto di grande strategica, siccome l'hanno, dimostralo gii avvenimenti del 1848, formando

(1) V. pag. 74.

(1 e 2 giugno

) 149

un forte accampamento militare con le colonne riunite, e tale da tenere in soggezione le prossime Calabrie, potendo su di queste piombare ad un tratto (rapporto al Re del generale Rivera, in data d' oggi)

. Arriva in fatti a Messina la colonna di Rivera, reduce da Catania (telegramma odierno del generale Russo). Non essendo intenzione Sovrana di ridurre la difesa di Messina alla sola cittadella, si ordina al generale Russo comandante di quella piazza a concertare co' generali Sponzilli, e Rodrigo Afan de Rivera per un campo trincerato, o corpo staccato di truppe a riunirsi. Si destinano ivi tre vapori Guiscardo, Archimede, e Veloce pel servizio di crociera. (Reali telegrammi da Portici de' 6 giugno).

SABATO 2 GIUGNO.

Angarie continue de' garibaldini a danno delle regie truppe.

1. 11 transito del convoglio de' viveri in servizio delle regie truppe è intralciato di continuo dalle masse garibaldine, che ne prelevano arbitrariamente moltissime razioni, e s'impossessano pure di 19 mule del trasporto. Restano nelle riserve del Palazzo reale i viveri per altri due giorni e mezzo, e farina da panizzare per 5 o 6 giorni: non si può macinare co' difficili e lenti molini in ferro la provvista esistente di grano: il magazzino di biada per gli animali è caduto in mano del nemico: le sofferenze e la mancanza di alloggi rendono il soldato alquanto indisciplinato: varii di essi, sopra tutto de' corpi esteri, disertano. - Reduci alle 9 pomeridiane da Napoli sul vapore la Saetta, Letizia, e Buonopane recano ordini superiori, che domani notte, per fuori le mura. tutta la truppa deve ritirarsi a Quattroventi; e si comunicano a' rispettivi generali. (Giornale Polizzy). Atti di Garibaldi, e suoi rinforzi. Eccitamenti alla diserzione. Ricompense patriottiche a favore degl'insorti.

2. Giornalmente pervengono rinforzi a Garibaldi nella Sicilia: danaro non gli manca, atteso il prodotto di parecchie soscrizioni organizzate in Inghilterra, in Francia ed in Italia; non che le risorse avute dalla cassa del tesoro

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reale di Palermo, valutate a 22 milioni di franchi: egli vanta di essere nella possibilità di attaccare gli avversarii nelle posizioni tuttora difese; o dar mano agli elementi insurrezionali, che già si agitano ne' domini continentali; di fatti, i suoi ufficiali dicono apertamente, che appena composte le cose in Palermo, passeranno nelle Calabrie. Egli comanda, da assoluto padrone, e non consulta i siciliani, negli atti governativi: il solo Francesco Crispi, venuto con lui, è quello, che lo consiglia nelle materie civili. A promuovere la diserzione tra le reali truppe estere si fanno circolare proclami stampati in tedesco, ed in francese, offrendo ducati 40 a chi si diserta col fucile, e 30 senza fucile; ed a chi non volesse servire Garibaldi, si accorda una indennità, ed il passaggio franco fino a Marsiglia: ben pochi passano fra gl'insorti (memorandum de' 5 corrente; dispaccio di Lanza della, stessa data; e rapporto del maggiore Migy de' 7 corrente)

. - Si pubblica in data d'oggi il decreto dittatoriale di ricompensa a' soldati della patria così concepito: "Art. 1. Chiunque si sarà battuto per la patria avrà un lotto di terra da prendersi su i beni comunali, che saranno da dividere 9 secondo la legge, fra i cittadini di ciascun comune. - In caso di morte del combattente questo diritto sarà trasmesso al suo erede. - Art. 2. Il lotto di terra, di cui si tratta nello articolo precedente, sarà eguale a quelli che verranno fissati per tutti i capi di famiglia poveri, non proprietarii, secondo la estrazione a sorte. Nondimeno se le terre di un comune sono abbastanza estese da sorpassare i bisogni della popolazione; i combattenti, e loro eredi, otterranno una quota parte doppia di quella degli altri compartecipanti. - Art. 3. Nel caso in cui i comuni non avessero beni patrimoniali vi sarà supplito co' beni della Corona, o dello Stato. - Art. 4. Il segretario di Stato sarà incaricato della esecuzione del presente decreto (1). Il Dittatore - (firmato) - G. GARIBALDI. Il segretario generale - (firmato) - FRANCESCO CRISPI" .

(1) Ecco il segreto de' subiti guadagni per i quali le rivoluzioni trovano seguaci. In una recente statistica pubblicata in Francia intitolata Inventario della rivoluzione francese si ha; "1. Che la dilapidazione de' così detti beni nazionali, e degli emigrati ammontò ne' principii del corrente secolo a sette

(2 e 3 giugno) 151

Allarmi in Messina.

3. Messina è spopolata: la emigrazione supera le sessantamila anime: bande armate si sentono ne' dintorni. Accrescesi l'agitazione alla lettura degli esagerati bullettini su le gesta di Garibaldi in Palermo recati da un vapore mercantile inglese (telegramma di oggi del generale comandante in Messina).

DOMENICA 3 GIUGNO.

Arrivo in Palermo, e sollecito ritorno a Napoli di Letizia e Buonopane. Si proroga la tregua per imbarcare i molti infermi, e feriti. Pretensioni garibaldine a danno di questi ultimi.

1. Alle 10 di questa mattina Letizia, e Buonopane comunicano al generale in capo di aver pattuito con Garibaldi la proroga dello armistizio per imbarcare i feriti rimasti tuttora nel quartiere s. Giacomo, e circa 900 sol dati ammalati nell'ospedale di s. Cita, ed in questo frattempo si permette a' foraggieri provvedere di viveri le truppe del forte Castellammare: dopo di ciò i suddetti Le tizia, e Buonopane ripartono, per Napoli. (Giorn. di Poliz.) Richiama la superiore attenzione un modo seduttore di Garibaldi, che avendo scelti per forza tra feriti ed infermi, un 300 soldati, li ha vestiti a modo suo per formarne il nucleo di un nuovo corpo sotto la denominazione di Cacciatori dell'Etna: si ordina al generale in capo farseli consegnare, ed imbarcarli per Napoli (istruz. reali degli 8 corr.). Infermi, e feriti di Messina.

2. In Messina fin oggi vi sono 380 soldati tra malati e. feriti.

bilioni: - 2. che i primi impiegali della rivoluzione fino al consolato costarono circa mille duecento milioni: - 3. che in cosi breve periodo si fecero 25428 leggi; - otto statuti costituzionali; e 1136 congiure".

152 (2 e 4 giugno) Premure de' consoli esteri per far restare le truppe in Catania.

3. Oggi nel muovere da Catania la guarnigione sotto gli ordini del generale Clary, per trasferirsi in Messina, il corpo consolare, il sindaco, il clero, i principali notabili, presaghi delle sventure, che li avrebbero colpiti rimanendo abbandonati in balia delle orde rivoluzionarie, hanno vivamente pregato il suddetto generale a restare; al che ostano i superiori ordini ricevuti (telegramma del sud detto generale Clary de' 7 corrente). Premure di Garibaldi per contrarre debiti.

4. Garibaldi scrive a Bertani in Genova: - "Mio caro Bertani. Non solamente io vi autorizzo a contrarre un prestito per la Sicilia, ma a contrattare in suo nome quel debito, che voi vorrete, perché nei abbiamo qui bisogni immensi per potere soddisfare tutto.

Sempre vostro - GARIBALDI.

LUNEDÌ 4 GIUGNO.

Ordine del giorno alle truppe in Palermo. t. Un ordine del giorno in nome del Re si emana oggi dal ministero di guerra diretto al corpo di truppa esistente in Palermo, cosi concepito: - "Soldati! Nel volgere di 60 giorni avete date luminose prove di fedeltà, e di attaccamento al vostro Re, e ciò lasciando incontaminati i vostri vessilli. Quello che si è da voi operato nella Sicilia occidentale negli scorsi mesi di aprile, e maggio, mi è noto, e rimarrà mai sempre scolpito nel mio cuore. - I mesi suddetti verranno valutati come una campagna, e come di regola le azioni rimarchevoli, e le ferita riportate verranno segnate ne' vostri stati di servizio. Le croci e le medaglie de' reali ordini decoreranno coloro i quali hanno avuta la buona ventura di trovare occasione di particolarmente distinguersi, e con alacrità si attende alla classificazione de' proposti per tali eccezionali ricompense.

Il Dio degli eserciti decide degli eventi delle guerre, favorevoli, l'avversi, che. sieno, i prodi sanno sempre nella prospera, o avversa fortuna far salvo l'onor militare.

(4 e 5 giugno) 153

Voi avete generosamente adempito a questo sacro dovere. Il vostro Re ve ne felicita. Il ministro della guerra firmato Tenente generale FRANCESCANTONIO WINSPEARE".

Sbarco novello a Marsala.

2. Il generale di marina Chretien riferisce che a Marsala vi è stato altro sbarco di circa 100 garibaldini, con duemila fucili, che già si trovano a Palermo, (Disp. Lanza, di oggi)

MARTEDÌ 5 GIUGNO.

Altre trattative con Garibaldi per far ritirare le truppe. Ritorno di Letizia e Buonopane. Distribuzione del corpo di esercito.

1. Per far ritirare le regie truppe da Palermo a' Quattroventi, ed imbarcarsi cola, se fosse d'uopo, sono incaricati i generali Colonna, e Gonzales a tenerne trattative con Garibaldi, il quale vi aderisce, e vi si da esecuzione. Alle 6 pomeridiane ritornano da Napoli Letizia, e Buonopane. Recano ordini superiori per far ritirare le truppe da Palermo, e concentrarle in altro punto, dove possano essere nella posizione di rendere utili, e vantaggiosi servizi." (Giornale Polizzy. - Istruzioni reali di oggi).

Oggi alle 3 pomeridiane s'imbarca per Messina 18 battaglione cacciatori, e domani partiranno per Castellammare di Napoli l'8 e 9 reggimento di linea, nel secondo de' quali frequenti sono stati le diserzioni; e molto minori ne' battaglioni esteri, benché eccitati da proclami ne' loro idiomi, e da' contatti con le bande garibaldine, annoverandosi fino alla data de' 13 corrente, 35 soldati disertati dal primo battaglione carabinieri esteri; - 28 dal secondo, e 27 dal terzo. (Disp. del gen. Lonza de' 6 corr.).

Aumento di truppe in Messina.

2. Nella decorsa notte giunge in Messina la guarnigione di Trapani, e la compagnia Veterani, che era in Favignana: due compagnie del 14 partono per Milazzo. Il maresciallo Gaetano Afan de Rivera, e il brigadiere Rodrigo de Rivera s'imbarcano per Napoli. Si attende per domani l'arrivo della truppa di Catania comandata dal generale Clary (telegramma odierno del generale Russo). 1

54 ( 5 e 6 giugno)

E vi arriva pure l'intendente della stessa Catania, vedendo di non poter più esercitare le funzioni senza truppa, onde imbarcarsi poi per Napoli (idem de' 6 corrente).

MERCOLEDÌ 6 GIUGNO.

Ulteriori concerti con Garibaldi su le stesse cose già ottenute da Lanza

, ed in onta di costui.

1. Alle 8 del mattino Letizia e Buonopane si presentano al generale in capo, e gli dicono di avere il re approvata la proroga della tregua, ed averli autorizzati a pattuire con Garibaldi la libera partenza delle truppe col materiale da guerra, ritirandosi ove meglio lor piacesse. Il generale in capo si duole del modo sconvenevole praticato nel rincontro da' medesimi Letizia, e Buonopane, che con una quasi minacciosa scritta a loro firma pretendono la cessione di tutti i poteri a lui conferiti sopra un affare già fin da jeri con buon successo espletato, senza farvi intervenire la imponenza dell Autorità Sovrana, ma solo per l'umanitario scopo di risparmiare maggiore effusione di sangue, è distruzione della città. (Dispac. del gen. Lonza).

A mitigare il risentimento di Lanza, un Sovrano autografo assicura non essersi portata innovazione a' pieni poteri conferitiglisi, e si rinviano a lui Letizia, e Buonopane, perché ne dipendessero sino al compimento totale delle operazioni (istruzioni reali degli 8 corrente).

Ecco il tenore della odierna convenzione conchiusa con Garibaldi da Letizia, e Buonopane, i quali appena dopo la firma, partono di nuovo per Napoli: - "Per vedute umanitarie la tregua è prorogata tino al compimento delle seguenti operazioni: - 1. Saranno imbarcati gli ammalati esistenti ne' due ospedali, o in altri depositi con la maggior celerità: - 2. Sarà lasciato libero l'imbarco, o i movimenti per terra a tutto il corpo d'esercito esistente a Palermo, con equipaggi, materiale, artiglierie, cavalli, bagagli, famiglie, e quanto altro possa appartenergli, secondo che S. E. il generale Lanza stimerà, compreso il materiale, che è nel forte di Castellammare. - 3, Qualora sarà preferito lo imbarco, quello di tutta la truppa sarà preceduto dall'altro. del grosso del materiale di guerra, ed equipaggi, non che da una parte degli animali.


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(6 giugno) 153

- 4. L'imbarco di tutta la truppa, e materiale di guerra sarà al molo, trasferendo tutto a' Quattroventi. - 5. Il forte Castelluccio al molo, e batteria Lanterna; non che le adiacenze saranno evacuate dal generale Garibaldi senza fuoco. - 6. Il generale Garibaldi consegnerà tutti gli ammalati e feriti che trovansi in suo potere. - 7. Saranno scambiati per totalità, e non per numero, tutti i prigionieri e dispersi dall'una parte e dall'altra. - 8. La consegna de' sette detenuti politici (nobili) in Castellammare sarà fatta quando tutte le operazioni di spedizione, o di imbarco saranno ultimate con la uscita della guarnigione dal forte di Castellammare: essi detenuti saranno consegnati al molo, ove saranno condotti dalla stessa guarnigione. Firmati i suddetti patti, si aggiunge per articolo addizionale che la spedizione, di cui si tratta, avrà luogo per via di mare al molo di Palermo. - Firmati - CAMILLO BUONOPANE, colonnello capo di stato maggiore dell'esercito. - Il generale GIUSEPPE LETIZIA marchese di Monpelieri. - Generale GIUSEPPE GARIBALDI".

Ed è in virtù di questa capitolazione, che la guarnigione di Palermo di diciottomila uomini (e v'è chi dice di ventottomila) abbandona le sue posizioni, con le armi e materiali da guerra da oggi, per compierla a' 15 corrente mese. Si scrive a Garibaldi, che allontanasse le sue bande pe' siti da percorresi in questa ritirata a' Quattroventi, dove inesprimibile è il disordine, e la confusione, con eccitamenti reiterati in varii proclami per indurre alla diserzione sopra tutto i soldati esteri, varii de' quali vi prestano orecchio, come pure disertano al nemico pochi uffiziali nativi di Sicilia. (Giornale di Polizzy. Rapporto del maggiore Migy de' 7 corrente). Ricompense ai le famiglie de morti in servizio della rivolta.

2. Con decreto dittatoriale si ordina, che i figli dei morti per la causa nazionale saranno adottati dalla patria; mantenute le vedove, dotate le figli e. Son comprese in questi favorì le famiglie de' 13 giustiziati (1).

(l) V. sopra pag. 34. 37.

156 (7 e 8 giugno)

GIOVEDÌ 7 GIUGNO.

Ritirata delle regie truppe da Palermo a' Quattroventi.

Alle 7 e mezza del mattino, in buon ordine di marcia, e con gli equipaggi nel mezzo, le regie truppe uscite dal Real Palazzo, col generali in capo, e quelle del Foro Borbonico condotte dal colonnello Von-Mechel, si ritirane a' Quattroventi, giusta la convenzione di jeri. Gli ufficiali di stato maggiore stabiliscono gli avamposti necessarii per guardarsi dal nemico, ed assegnano le località, nelle quali collocano per turno i corpi, non essendovi capienza per tutti. Distribuzione di viveri, meno per la cavalleria, e pel treno provvedutisi di grano per tre giorni nel Real palazzo, dove si è fatto ordine a' Commessarii di guerra ritornare domani per rilevarne le residuali provvisioni di grano, farina, ed altri viveri, che non si sono potute trasportare oggi. (Giorn. Poliz.).

Si assegnano a' corpi militari le rispettive destinazioni, a seconda degli ordini recati da Napoli dal colonnello Buonopane. Il direttore Maniscalco, unico fra i funzionarii civili rimasto col generale in capo, lo siegue a' Quattroventi, e parte oggi per Napoli. (Dispac. del generale Lama de' 6 e 7 giugno corrente):

VENERDÌ 8 GIUGNO.

Diserzioni di soldati esteri.

1. Parecchi de' carabinieri esteri raggirati dalle pratiche seduttrici, accennate di sopra, sono oggi disertati. (Giorn. Poliz.). Alleviamento d'imposte alle province rimaste fedeli. Bene fiche intenzioni del re per la prosperità reame: come sieno state frustrate dalla rivoluzione, e documenti in compruova,

2. Su le rimanenti province siciliane rimaste fedeli, come Messina, e Noto, la sovrana clemenza intende alleviare le imposizioni, e sospendere la percezione del dazio sul macino. (Rescritto al Presidente de' ministri in data d'oggi).

È da ricordarsi, che il re Francesco II appena salito sul trono accoglieva con dolcezza, affabilità, e bontà le

(8 giugno) 157

deputazioni venute da tutta la Sicilia per felicitarlo, e mostrava quanto avesse a cuore gl'interessi de' popoli del reame, e il far paghi i loro legittimi bisogni. Nelle continue udienze accontate al pubblico disponeva la preferenza pe' siciliani, e pe' calabresi, che riceveva sempre con marcata predilezione. Prendea conto dalle Autorità locali su lo stato reale della Sicilia per immegliarne i destini, ma fatalmente i maneggi settarii oppongono ostacolo alle benefiche intenzioni.

In quel tempo i faziosi in nome della città di Messina, facevano pervenire un indirizzo al comandante piemontese, che approdava con alcune navi della marina sarda in quel porto. Al quale indirizzo, menato in trionfo da' giornali piemontesi, egli affrettavasi a dare la seguente risposta, perimenti riportata ne' giornali italiani ed esteri. - "Rada di Messina 2 giugno 1859. - Abitanti di Messina! - L'accoglienza cordiale ricevuta jeri nel metter piede sul suolo siciliano, ha colmati di gioia, riconoscenza ed orgoglio noi che apparteniamo alla famiglia italiana, di cui Vittorio Emmamtele, che n'è il capo, rivendica ora i diritti, mettendosi alla testa dell'annata italiana come il primo soldato della sua indipendenza. Queste pruove non ci erano necessarie per convincerci del vostre attaccamento alla patria comune, ed alla gloriosa Casa di Savoia, CHE VI CONTA GIÀ' PER SUOI FIGLI di cuore e di pensiere... a... Siciliani! non è ancor venuta l'ora di marciare contro il nemico comune, e contro coloro che lo sostengono. Ma questa ora non tarderà a suonare, e noi siamo certi di vedervi allora correre sotto la bandiera del re galantuomo"

(1). E' tale la natura dell'atto, che non ha mestieri di commento! Non dee quindi recar meraviglia, che i rivoltosi, fatti audaci per la protezione del governo subalpino tendente ad ingrandirsi a danno degli Stati vicini e formare una Italia a servizio del Piemonte, osino contemporaneamente (senza attendere i legittimi miglioramenti prossimi) prorompere in maggiori disordini, e fino a dare pubblicità nello stesso mese ad una minacciosa petizione, nella quale dicono al re: - "Sire, in questo momento solenne, nel quale i cuori di 21 milioni di uomini palpitano di speranza e di

(i) Vedi giornali piemontesi, e il Tablet giornale inglese de' 9 luglio 1859.

158 (9. 9. 10 giugno)

gioia per la risurrezione della nostra patria, le parole de' napoletani si dirigono a Voi giovane monarca. 1 troni della penisola sono allo stato di passare come reminiscenze storielle. Il vostro trono trema sotto i vostri piedi. Ma vi resta un appoggio, non più nel despota abborito dal settentrione, ma ne' nostri voti, che sono più forti delle migliaia di Croati. La ripristinazione dello Statuto Costituzionale è la sola ancora, che si offre in mezzo alle onde tempestose del sangue fraterno. Chiuderete Voi l'orecchio alla voce del vostro popolo? Sventura are, che dormono su i loro cannoni!" ...E crescendo di tuono ricordano il pugnale della patria, che colpì Enrico IV, Luigi XVI, il duca di Berry, Filippo d'Orleans, il duca di Parma; minacciano che il seme de' regicidi Ravaillac, e de' Milano non è infecondo; rammentano al re di aver nelle sue vene il sangue di Savoia come figlio della Venerabile Maria Cristina; e conchiudono "di doversi attuare la Costituzione, con un ministero liberale, nuova polizia, ed armata nazionale" (1). Ma tutti questi voti saranno esauditi, anzi sorpassati dalle sovrane concessioni, che verranno poi troppo ingratamente corrisposte!

SABATO 9 GIUGNO.

Ritornano da Napoli il generale Letizia, e il colonnello Buonopane.

DOMENICA 10 GIUGNO.

Continuazione delle partenze e diserzioni.

Sul piroscafo il Capri partono per Castellammare di Stabia una compagnia dell'8 di linea, i soldati ammalati, quelli fatti prigionieri e restituiti da Garibaldi, e varie famiglie di militari. Disertano altri soldati de' battaglioni esteri e qualcuno de' corpi nazionali. (Giornale Polizzy)

. S'imbarca per Napoli, chiamato d'ordine superiore, il generale Colonna, e partono pure altri corpi, in conformità delle destinazioni avute. (Disp.Lanza in data di oggi).

(1) V. Tablet luogo citato, ed giornali del Piemonte, che hanno riportato questo documento.

(11 e 12 giugno) 159

LUNEDÌ 11 GIUGNO.

Continuano le partenze.

1. Per essere disbarcati a Castellammare di Stabia partono alle 9 1/2 del mattino su la pirofregata Fieramosca, su' brigantini Aquila, e Sirena, e su i piroscafi Vesuvio, Maria Antonietta, e Sorrento i due reggimenti di linea 6 e 10, la mezza batteria di artiglieria de Sauget, con materiali, animali, e personale. (Giorn. Polizzy). Trista condizione de' battaglioni esteri.

2. Desolante quadro fa il comandante del 1 e 2 battaglione estero su lo stato di abbandono, in cui si trovano i suoi 600 uomini, testé ammessi al corpo, venuti di fretta nella Sicilia, ed in fretta mal equipaggiati, tentati per la diserzione da' garibaldini, che si mettono apertamente secoloro in relazione nel campo per tal reo fine, e da' disertori degli avamposti a fronte, i quali ne' loro comuni idiomi chiamano a nome, invitano, ed eccitano i loro antichi camerati ad imitarne l'esempio. Insiste perciò, che non essendovi occasione di guerreggiare, come avrebbe desiderato: sia subito fatto imbarcare con la sua truppa, e restituito a Nocera per compierne la organizzazione. Per tutta risposta, il generale Wittemback, cui è diretta la rimostranza, gli trascrive l'articolo 1173 della reale ordinanza di Piazza, che affida a' comandanti la disciplina de' rispettivi corpi, e li rende risponsabili d'ogni ramo di servizio. (Corrispondenza del maggiore Migy data d'oggi). Blandizie popolari.

3. Per far acquistar simpatie a Garibaldi in mezzo al minuto popolo si tanno correr voci aver egli ribassato il prezzo del pane a Palermo a 3 grana il rotolo. (Monnier pag. 157).

MARTEDÌ 12 GIUGNO.

Disordini nella disciplina militare.

1. Continuano le partenze su i vapori di altri corpi di truppa per Castellammare di S tabi a; (Giornale Polizzy);

ed oggi su i vapori mercantili francesi Bresil, e Ville de

160 (12 e 13 giugno) Lyon, su l'Archimede, e su di un trasporto s'imbarca l'intero reggimento cacciatori a cavallo. Il modo indecoroso di procedere di qualche capo di corpo fa inorridire gli onesti e prodi ufficiali dello esercito: per la perfidia dell'aiutante maggiore Marotta, e per la viltà del tenente Malatesta vengono bruciati da' rivoltosi gli ufficii militari di Monreale; per cui se ne provoca, e se ne ottiene la punizione; destituito il primo come vile e disertore, passato alla 4 classe il secondo. (Rapporto del maggiore Botto, di pari data). Complotto di marinari.

2. Da un individuo dello equipaggio del piroscafo siciliano l'Elettrico si dice, esistere un complotto su i piroscafi mercantili Archimede, ed Etna, oggi occupati a trasportar truppe da Sicilia a Napoli, cioè, trucidare nel sonno tutti i militari, che vi si imbarcheranno, e poi recarsi in Palermo per consegnare le navi a Garibaldi. Nella febbrile esaltazione, in cui trovansi ora i cervelli siculi, e con gli incitamenti sovversivi, tutto è oggidì tra i possibili. (Memorandum di pari data).

MERCOLEDÌ 13 GIUGNO.

Ulteriori partenze di truppe pe' loro destini.

1. Fino a jeri rimanevano a' Quattroventi per l'ultimo imbarco 6200 soldati de' seguenti corpi, cioè:

Le 16 compagnie scelte di Gaeta... sodati 2400

Il battaglione pionieri per Messina " 1100

Il 3 cacciatori esteri, per Salerno " 1100

Il battaglione carabinieri, idem " 700

Il 4 di linea per Castellammare " 900

dove va pure la batteria d'obici Sanvisenti.

In tutto. " 6200

Oggi il 1 ed il 2. battaglione esteri partono per Castellammare di Stabia imbarcati su' vapori Amala, e Maria Teresa; le sei compagnie del 4 di linea sul Guiscardo anche per colà; - il 2 cacciatori per Reggio; ed altri corpi, con l'artiglieria per Messina. (Dispac. del generale Lama de 12 e 13.

(13 giugno) 161

Spiegazione dell'uso fatto de' 600 mila ducati presi nel Banco di Palermo.

2. Nel secondo de' citati dispacci il generale Lanza chiede 150 mila ducati dalla finanza di Napoli, cioè 30 mila pe' soldi alle truppe, e 120 mila per fondo di cassa alla viceintendenza militare di Messina; ed asserisce, che i 600 mila ducati da lui ritirati dal Banco di Palermo a' 24 del passato mese furono riposti sul vapore Ercole, e dal generale di marina Chretien interamente sbarcati in Napoli, e depositati in darsena (1).

Garibaldi acquista navi in Inghilterra; - eccita alla diserzione fra le truppe di Messina; dove la rivoluzione imperversa,

3. Si da come notizia certa, che Garibaldi, ed i rivoltosi di Sicilia abbiano data commessione in Inghilterra per lo acquisto di 4 vapori da guerra con 60 cannoni ognuno, inviando colà anche il denaro del prezzo. Da' negozianti di Palermo sarebbe giunto avviso a quelli di Messina, che quivi sarebbe tra poco arrivato Garibaldi per farla divenir teatro di sanguinosi combattimenti. Accadono varie diserzioni fra le truppe della guarnigione di Messina promosse da seduttori borghesi, su di che si richiama la maggior sorveglianza de' capi di corpo. (Rapporti del generale Rivera de' 13 corrente). Abolito il titolo d'

Eccellenza, ed il baciar la mano.

4. Con decreto dittatoriale si abolisce il titolo di Eccellenza, e il baciar mano da uomo ad uomo.

(1) Vedi sopra pag. 124. - Nella tornata del parlamento di Torino de' 4 aprile 1861 il deputato siciliano Amari, nel censurare come atto sconsigliato l'abolizione del dazio sul macino, e della, carta bollata disposta da Garibaldi a solo, fine di acquistare popolarità, interpella il ministro presidente Cavour; "affinché si faccia dar conto dall'ex-generale Lanza de' settecentomila ducati in moneta contante che si appropriò dal real banco di Palermo asserendo doverli versare in Napoli".

162 (14 e 15 giugno)

GIOVEDÌ 14 GIUGNO.

Amaritudini di Lanza nella sua breve gestione.

1. Oltre le gravi difficoltà previste dal tenente generale Lanza nello assumere l'arduo incarico di comandante in capo delle truppe in Sicilia, egli officialmente passa a rassegna le contrarietà, i dispiaceri, le amaritudini, cui è andato soggetto nella sua penosa gestione, e sopratutto nello aver dovuto osservare "Uffizi ali generali, e Superiori giunti in Palermo ordinando, e disponendo in nome del Re, a' quali doveva egli obbedire ancorché gli ordini fossero contrarii al suo modo di vedere, cominciando dalla spedizione della colonna sotto gli ordini di Von-Mechel, che volle deviare capricciosamente dagli espressi ordini scritti di esso Lanza" - continuano gli ostinati errori di Von-Mechel, quando senza dar nuove di se, dopo più giorni ricomparisce, attacca, s'innoltra senza darne prevenzione: da ultimo accenna allo insubordinato procedere di Letizia, e Buonopane: - conchiude, che per tanti tratti di sfiducia e avvelenato da dispiaceri, e si desidera la morte a 73 anni d'età, contandone 66 di servizio. (Dispac. del generale Lanza). Diserzioni di uffiziali al nemico

2. Jeri e disertato da Messina il tenente del genio De Benedictis, e giorni prima il tenente Ferrandina del 2 di linea, e l'alfiere Conte del 13. (Telegramma del generale Russo da Messina).

VENERDÌ 15 GIUGNO

Istruzioni al nuoto generale comandante la piazza di Messina.

1. Designato il generale Clary al comando della intera divisione concentrata in Messina, si danno le seguenti istruzioni al maresciallo di campo Afan de Riderà provvisorio comandante di quella provincia e piazza: - 1. usare della influenza morale su tutte le truppe, ed obbligare precipuamente i generali, ed uffiziali, che non fanno parte della cittadella, a non chiudersi colà, e a dover restare in città: - 2. stabilire, unitamente agli altri generali,

(15 giugno) 163

quanto deve farsi ed operarsi su le seguenti quattro ipotesi, cioè, di - dover prendere l'offensiva, - dover difendere la città e le circostanti posizioni, dover reprimere la rivoluzione interna, - dover contemporaneamente respingere attacco esterno e reprimere rivoluzione interna: - 3. prescegliere le posizioni, di accordo col maggiore Renna del genio e coi capitano Verdinois, e stabilire gli sbocchi più vantaggiosi occupando anche militarmente le case, che meglio si presentano alle vedute difensive: - 4. massima vigilanza per impedire le diserzioni e colpire sul fatto i promotori delle medesime. (Reali istruzioni del 5 corrente). Istruzioni pel comandante novello di Siracusa.

2. Al generale Fergola destinato al comando della piazza e provincia di Siracusa, in luogo del maresciallo di campo Rodriguez chiamato a Napoli a riferire su gli avvenimenti di colà, si danno le seguenti istruzioni: - 1. mettere lo stato d'assedio; - 2. mostrare in arrivando energia e fermezza; - 3. bandire dal paese tutti i cattivi soggetti; - 4. invigilare e riferire su la gestione de' funzionarii pubblici; - 5. tener ferino, ed impedire con tutte le misure militari qualunque idea di diserzione; - 6. cambiare la compagnia di artiglieria con altra di Napoli, ed aumentare la guarnigione di Siracusa con le 4 compagnie di linea ora in Augusta, e con un altra compagnia a artiglieria (istruzioni reali di oggi).

Queste istruzioni passano indi al generale Locascio destinato in Siracusa, essendo stato incaricato Fergola del comando superiore della cittadella di Messina.

Garibaldi organizza co' suoi partigiani un governo in Sicilia. - Cooperazione del comitato centrale della Unità italiana.

3. Per consolidare il suo dominio, e quello de' suoi partigiani in Sicilia, Garibaldi invia i più energici tra questi a prender possesso dell' autorità in tutte le parti della isola, d'onde sonosi ritirate le truppe reali. Il garibaldino Orsini ministro della guerra presiede alla formazione della nuova armata, che si pensa far ascendere in breve a 50 mila uomini, tra per la leva, e pe' volontarii accorsi da varie parti. Di questi ultimi però, montati sul

164 (15 e 16 giugno)

vapore Utile appartenenti alla spedizione Medici, con una grossa barca carica d'armi, si fa cattura da' regi nelle acque di Gaeta, ed a stenti si salvano Medici, e Malenchini, che con altri volontarii precedono, e sbarcano in Palermo. Varii preti si mettono alla testa del movimento nelle campagne: l'arcivescovo palermitano visita officialmente Garibaldi. A' 18 corrente si è fissato il giorno per la estrazione a sorte de' giovani chiamati al servizio militare, un soldato per ogni 50 abitanti, peso di cui la Sicilia non è stata mai gravata per lo innanzi. Con altro decreto speciale ogni comune della Sicilia è tenuto a fornire un cavallo bardato per ogni mille abitanti; e ne' paesi più popolosi un quarto delle contribuzioni deve soddisfarsi in muli da servire pel treno, e nella stessa proporzione sono obbligati a fornire 60 canne (120 metri) di tela per camice. - A maggior cooperazione formasi teste in Firenze il comitato centrale della unità d'Italia per centralizzare l'azione di tutti gli altri comitati stabiliti altrove: i primi suoi proclami sono di magnificare le opere di Garibaldi in Sicilia "dove combattendo al grido d'Italia e Vittorio Emmanuele, vale lo stesso che combattere sul Mincio; e di riunire i sussidii, che debbono raccogliersi da per tutto per inviarsi a Garibaldi nel modo migliore, che egli destinerà" - A questa stessa epoca appartiene il documento del Bertani, pubblicato ne' giornali, consistente in una sua lettera al marchese Mauro Macchi, con la quale si discarica dall'accusa, - 1. di aver promossa la spedizione di Zambianchi nello Stato Pontificio, - 2. di aver favorito la diserzione nello esercito sardo, - 3. di avere sviati i fondi raccolti per Garibaldi; - 4. d'aver agito piuttosto nello interesse d'un partito, che in quello della intera nazione. (Cronaca della guerra d'Italia parte 3 pag. 15. 58. e 71).

SABATO 16 GIUGNO.

Distinzioni a' soldati benemeriti.

1. In un elenco di 24 individui, tra uffiziali, sottuffiziali, e soldati, sono annotate le promozioni, e le distinzioni loro accordate per atti di valore negli ultimi combattimenti di Sicilia dal generale in capo Lanza. (Dispac, di costui in data d'oggi). (16 giugno) 165

Rivela de' cavalli, punizione a' contravventori.

2. Oggi si pubblica un'ordinanza dittatoriale, che obbliga tutti gli abitanti di Palermo possessori di cavalli a rivelare immediatamente il numero, che ne posseggono, dovendo questi cavalli esser venduti al dittatore all'amichevole, o forzosamente, in seguito dello apprezzo d'un perito. I contravventori sono puniti con una multa di 45 franchi, e con la vendita forzata de' cavalli non dichiarati, ridottone il prezzo alla metà del valore stimato.

Movimento de' garibaldini: arrivo di uomini ed armi imbarcati a Marsiglia con Medici. Si disfanno le barricate in Palermo.

3. Da Palermo partono bande garibaldine, una delle quali capitanata da La Masa per far insorgere quei paesi, che non lo avessero fatto finora. Le masse ribelli poi, che dalle province erano marciate ne' decorsi giorni sopra Palermo, essendo quivi la loro presenza in questo momento meno utile alla rivoluzione, sono invitate a ripatriare, ed a lasciare i fucili di munizione, di cui si trovano armate, essendo necessario fornirne i volontarii esteri. Di questi diconsi arrivati tremila condotti da Medici, e sbarcati alle coste di Mazara con 12 mila fucili, la quale spedizione è partita direttamente da Marsiglia. Cominciano a disfarsi le barricate, che impedivano la circolazione delle vetture in Palermo.

Tregende saturnali, e stragi in Palermo contro gl'impiegati dell'antica polizia: indifferenza de' piemontesi alla vista de' massacri.

4. Nelle principali vie di Palermo si accendono i lumi innanzi a' ritratti di Garibaldi, e di Vittorio Emmanuele: bande musicali suonano sinfonie, e talvolta vi si canta; per ritornello uno della folla, che ha più forza di polmoni, alza il solito grido di Evviva. Si va a caccia degl'impiegati della passata polizia (birri), come di belve nelle foreste, e se ne fa massacro: il sistema ordinario di persecuzione è dì snidarli da' nascondigli, condurli, fra gli urli


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166 (16 giugno)

selvaggi del basso popolo, al Pretorio, dove è permanente il comitato, il quale risponde sempre "fate giustizia voi stessi"

: allora la vittima è condotta in un quartiere qualunque, o fuori le porte, la si opprime e tormenta con sevizie, e poi si fucila; il cadavere ne pure va esente da ulteriori oltraggi, con le pietre se ne schiaccia il capo, co' ferri gli si cavano gli occhi, e i denti etc. - Non v' è schermo, o travestimento, che valesse a salvare i perseguitali: ne' decorsi giorni uno di que' sventurati si era vestito da prete, ma l'abito non lo ha salvato: un altro per ischivare la tragica sorte, e per rendersi irriconoscibile si aveva rasa la barba, tagliati i capelli e le ciglia, si aveva altresì crepato un occhio; ma non ha potuto sfuggire di essere riconosciuto da' suoi carnefici, ed è stato ucciso: - un terzo aveva cessato da più di 15 anni di far parte del servizio di polizia, e ciò non ostante è stato sacriticato. - La più gran carnifìcina è però quella di oggi; - otto individui più o meno appartenenti alfa polizia, o sospetti di esservi appartenuti, vengono trucidati; uno di questi infelici, vecchio dalla barba bianca riceve colpi di coltello, e di fucile su la piazza Marina, e il cadavere rimane esposto su la via fino a tutto domani, calpestato spietatamentc dalla gente di transito; ed altri sette sono massacrati presso la Badia nuova.

Alle 2 pomeridiane erasi sparsa la voce, che il capobanda La Masa, dopo una razzia ne' dintorni di Palermo, avesse snidati 52 compagni d'armi del cessato governo: la folla si precipita verso Porta-Felice, augurandosi avidamente la festa selvaggia del macello di questi 52 ex-birri; ma fortunatamente per l'umanità la voce è falsa, e niuno comparisce degli aspettati: - un momento dopo i monelli ritornano correndo per Toledo a gridare "morte a' Borboni"

. Anche le donne degli agenti di polizia non sono state risparmiate, ed hanno subita la medesima sorte de' mariti: una di esse si è fatta morire bruciata. Questi eccidii non possono né pure scusarsi come trasporti del primo impeto, perché i conflitti con la truppa sono cessati da più di 15 giorni. 1 piemontesi non danno cooperazione attiva a' siciliani in queste atrocità, ma li lasciano fare: a chi ha assunto il supremo potere dittatoriale incumbe però la intera risponsabilità dì. tanti eccessi: se dianzi si è pubblicato un decreto che punisce di morte i

(16 giugno)

167

ladri, e gli assassini; lo si è fatto per ingannare la opinione pubblica in Europa, come si è praticato per tante altre cose, ed il decreto è rimasto una lettera morta (1).

Calunnie contro la truppa. Dumas alloggiato nella regia. Altri decreti dittatoriali, Nuovi giornali.

5. Mentre Palermo è il teatro di tante stragi, i corrispondenti del giornalismo italiano ed estero, non trovano altro di meglio a fare, che d'inventare crudeltà e furti, per metterli a carico delle truppe napoletane, le quali accasermate a' Quattroventi comprano pacificamente qualche comestibile ivi esposto in vendita: - "la sola cosa 9 che portano seco è il dolore di aver fatta una infelice figura, la indignazione di dover abbandonare Palermo senza essere stati battuti, e la speranza di ritornare a prendere la rivincita sotto altri generali" (2). Alessandro Dumas eccita una gran curiosità in Palermo, maggiormente pel trattamento principesco che gli si fa godere: alloggia nel real palazzo, e scrive sempre le memorie di Garibaldi, correndo voce, che adopri come scritturale una donzella di 20 a 25 anni mascherata da uomo.

In un proclama dittatoriale, dopo aver felicitalo il popolo palermitano per la energia spiegata contro le regie truppe, Garibaldi si lamenta del meschino numero di volontarii, che vengono ad inscriversi: consimile lagnanza fa pure l'uffiziale organizzatore della guardia nazionale, e ne pubblica l'avviso. Un decreto del medesimo Garibaldi prolunga fino al 1 agosto le scadenze delle lettere di cambio, effetti di commercio, obbligazioni di dogana etc. scaduti il 4 aprile, o scadibili fino al detto dì 1 agosto; con annuo interesse però del 5 per 100. Un altro decreto obbliga gli stabilimenti di beneficenza, e luoghi pii a depositare

(1) Altro massacro è riportato sotto la data degli 8 marza.

(2) Un ordine della piazza di Palermo vieta di comprare da' soldati napoletani oggetti rubati. E Monnier nella sui histoire de la conquète des deux Siciles pag. 163, dice "che l'arcivescovo di Capua abbia comprato un ricco calice da un soldato reduce di Sicilia, e il generale Vial una ricca coverta con frangia d'oro: - e che il governo di Napoli abbia permesso agli orefici comprar oggetti preziosi senza indagarne la origine." Tuttociò s'inventa per discreditare.

168 (16 e 17 giugno)

nella Tesoreria dello Stato le somme di cui fossero depositarii (come legati, fedecommessi) per doversi impiegare al sollievo de' patrioti: si fa la promessa di restituzione pe' tempi prosperi (1). - Un terzo decreto destituisce l'arcivescovo di Monreale dalla cattedra di diritto naturale, e di morale, che occupava nella università di Palermo. - Escono ivi in luce due giornali l'Annessione, e l'Eco del popolo.

DOMENICA 17 GIUGNO.

Stato della guarnigione di Messina.

1. Il discreto numero de' soldati componenti la guarnigione di Messina non permette di prendere la offensiva. Fra essi è desiderabile una maggior disciplina: molti disertano tra i nuovi arrivati del 13 reggimento, e dell'8 battaglione cacciatori reduci da Palermo: numerosi emissari girano Messina con denaro, ed altri mezzi per sedurre sotto uffiziali, e soldati: finanche qualche uffiziale di scende alla bassezza di disertare: la polizia locale ha perduta ogni forza morale, ed impossibile riesce ovviare a questi disordini per la distribuzione, con cui sono alloggiate le truppe (rapporti de' generali Rivera, e Clary). Esilio de' PP. Gesuiti, e de' Liguorini.

2. Decreto dittatoriale (pubblicato in seguito nel giornale officiale de' 22 di questo mese) così concepito: "Le congregazioni de' regolari attualmente esistenti in Sicilia sotto i differenti nomi di Compagnie e Case di Gesù, e del SS. Redentore sono disciolte. Gl'individui che ne fanno

(1) Discutendosi sul proposito nel parlamento di Torino, il deputato siciliano Musumeci, rende giustizia alla probità amministrativa de' Borboni pel florido stato de' copiosi istituti di beneficenza, e dice tra l'altro: "noi in ciò abbiamo avuta buona esperienza: in Sicilia, sotto i Borboni avevamo alla testa del governo uomini, che in quanto a idee politiche discordavano da noi; però nella parte pratica dell'amministrazione de' beni del Demanio, e de Luoghi Pii ci resero per parecchi anni grandi servizii; dapoichè i beni della pubblica beneficenza sono ora ben venduti, e caramente venduti" (tornata di 15 aprile 1861, n. 69 degli atti).

(17. 18 e 19 giugno) 169

parte sono banditi dal territorio dell'isola per essere stati i più attivi sostegni del dispotismo borbonico. Le loro proprietà restano incorporate al demanio dello Stato".

LUNEDÌ 18 GIUGNO.

Proclama del comandante di Messina. L'

anzidetto generale Rivera pubblica oggi il seguente: - "Manifesto. Egli è serissimo, che sentimenti di fedeltà e valore sono quelli che primeggiano ne' soldati del real esercito di S. M. (D. G.). Nondimeno spiacevolmente si è avverato, che taluno adescato dalle promesse de' contrarii ponendo in non cale tali onorevoli principii disertava dalle reali bandiere. Tali avvenimenti meritano repressione; quindi laddove de' pagani vengano colti nella flagranza, e quasi flagranza di tal ratto, verranno tradotti innanzi al Consiglio di guerra di questa guarnigione, e giudicati militarmente. I comandanti delle pattuglie sono specialmente incaricati per sì fatta vigilanza". Il maresciallo di campo, superiore delle truppe riunite - firmato - AFAN DE RlVERA.

MARTEDÌ 19 GIUGNO.

Sgombramene delle reali truppe da' Quattroventi. Il generale in capo, e lo stato maggiore s'imbarcano per Castellammare di Stabia.

1. Si effettuisce il totale sgombramento delle reali truppe dallo accantonamento a' Quattroventi. Alcune di esse destinate per Messina ed altre per Gaeta, s'imbarcano per le rispettive destinazioni. Il generale in capo Lanza, co' generali, ed ufficiali dello stato maggiore sul vapore Etna prendono la direzione, alle 3 pomeridiane di oggi, per Castellammare di Stabia, giusta i superiori ordini Giornale di Polizzy). Precauzioni per la custodia della cittadella di Messina.

2. Si avverte il colonnello de Martino comandante la cittadella di Messina di esservi fondamento a sospettare, che Garibaldi travestito, col tradimento di qualcheduno

170 (19 giugno)

che è nella cittadella stessa, possa introdurvisi (reali istruzioni di oggi). Progetto militare per riacquistare Catania, e Palermo.

3. Per rioccupare l'abbandonata posizione di Catania, e quindi far ritornare Palermo sotto la obbedienza del sovrano legittimo si espone un piano militare: interessante base d'operazione si definisce Catania appoggiala dalle piazze forti di Messina, Siracusa, ed Augusta tuttora tenute dalle regie truppe: la guarnigione di Messina comincerebbe dall'occupar tosto Taormina, dove era il capo-banda Giuseppe Poulet si fortifica con premura: assicurata così la comunicazione fra Catania, e Messina, piomberebbero su la prima di queste città le truppe da tre punti, cioè, da Acireale, dal porto d'Ulisse, ed Ognina, entrando sul largo della Statua, - e per mare sbarcando alla spiaggia della Praia, d'onde in città per la spianata del così detto castello Orsini. - Soggiogata così Catania coi mezzi militari, occorrerebbe raffermarla nella fede politica coi mezzi governativi, come sarebbero, diminuzione d'imposte, rilascio del macino, concessione di scala franca, strade ferrate, scelta milizia cittadina dipendente da capi aristocratici, e questi onorati con gradi militari siccome si fece a' tempi di Ferdinando I. - La forza occorrente sarebbe una divisione ripartita in 3 brigate, ognuna delle quali composta di 3 battaglioni di linea, ed uno di cacciatori; - inoltre due batterie artiglieria, due compagnie pionieri, 4 squadroni cavalleria, un plotone di gendarmi a cavallo, ed un altro a piedi; per lo stato maggiore si indicano come preferibili i capitani Gaetano Fonseca d'artiglieria, ed Alessandro Ayala del genio: - da ultimo si mettono in veduta interessanti idee circa il trattamento, il vestiario, la nutrizione, e la disciplina del soldato, e si domandano istruzioni per regolarsi dopo presa Catania circa la amministrazione, e cicca la formazione di guerrille. (Progetto del generale Clary sotto questa data) (1).

(1) Presentando al re questo progetto il generale Clary riferisce l'incidente occorsogli nello reale anticamera di Portici col conte Ludolf, che ivi ad alta voce declamava non potersi altramente salvare il regno, se non concedendo la costituzione

(19 giugno)

171

Essendosi divulgata la voce, che Garibaldi marcia sopra Messina, si propone un'ardita diversione di reali truppe organizzate a Castella in mare di Stabia, o a Baia di Pozzuoli, che piomberebbe di sorpresa sopra Palermo: i soldati ardono di riparare la inesplicabile sconfitta (progetto del medesimo Clary in data de 22).

Nomina del comandante superiore delle truppe riunite in Messina. Istruzioni all'uopo.

4. Il generale Clary è nominato comandante superiore di tutte le regie truppe raccolte in Messina: il ministro della guerra gli comunica analoghe istruzioni, sia per la difesa di quella piazza, sia per estendere e spaziare la sua linea di operazioni riacquistando Catania, ed altri siti, quando saranno riunite forze maggiori; ed in tale rin contro gli si dettano le norme di condotta (istruzioni del ministro della guerra Winspeare in data di oggi). Segreto accordo Ira Cavour, e La farina.

6. Il conte Cavour dirige a La farina in Palermo la seguente lettera: - "Torino 19 giugno 1860" Ho ricevuta la sua lettera del 12 e 14 andante. La conservo come documento storico. Quello che accade, Ella lo aveva previsto, ed è un bene... Persano gli darà tutto quello aiuto maggiore, che egli potrà, senza compromettere la nostra bandiera. SAREBBE UN GRAN BENE SE GARIBALDI PASSASSE NELLE CALABRIE. - Sto concertando un servizio di vapore diretto da Genova, e Livorno per Palermo sotto bandiera francese. Forse sarà necessario

giusta la identica opinione del suo genero Pianelli, generale comandante il corpo d'armala in Abruzzo. Clary lo contraddice con vivacità. Se ne compiace il duca di Sangro ivi presente, che aveva impegnalo Clary ad interloquire. È ammesso indi costui alla presenza del re dal generale Nunziante, che parlando delle cose di Sicilia propone far cooperare in Messina il giudice Nunnari siciliano, di cui fa gli elogi, scoperto costui in seguito un agente settario. Nel sortire, Ludolf guarda Clary in cagnesco, e Nunziante esorta quest'ultimo di non essere avverso alle idee del giorno; al che fa eco il brigadiere Rodrigo de Rivera. (Relazione de' fatti avvenuti in Messina di giugno ad agosto 1860, e giornale del generale Clary).

172 (19 giugno)

dare un grosso sussidio alla compagnia. Figurerà il governo siciliano, ma all'uopo pagheremo noi; qui le cose non vanno male. La diplomazia non è soverchiamente molesta. La Russia ha strepitato molto: la Prussia meno (1). Il Parlamento ha molto senno. Aspetto con impazienza sue lettere" firmato Cavour. (Documenti ufficiali pubblicati da Nicomede Bianchi, gazz. di Milano 30 aprile i 863).

MERCOLEDÌ 20 GIUGNO.

Arrivo del generale Lanza

, ed altri generali in Castellammare.

1. Alle 3 pomeridiane approda dalla Sicilia in Castellammare di Stabia il generale in capo Lanza, con gli altri generali ed uffiziali dello stato maggiore in attenzione dei reali ordini (2). (Telegramma di Lanza al Re in Portici).

(1) Si confrontino queste espressioni derisorie con i ragguagli diplomatici dianzi riportati sotto le date de' 6 maggio pag. 72, e de' 14 e 20 dello stesso mese pag. 89 e 115.

(2) Ricevono colà le superiori istruzioni di starsene nel l'isola d'Ischia ad attendere il giudizio su le rispettive gestioni. Da' documenti raccolti in questa cronaca si ha il destro di giudicare la condotta de' duci dello esercito napolitano a fronte della invasione garibaldina, senza che vi fosse mestieri di aggiungere altro. Molte voci però sono corse a carico di alcuni di essi per corruzione e tradimento. La stampa contemporanea ha divulgato un incidente d'importanza sul conto del generale Landi, che per la ignavia nel combattimento di Calatafimi può risguardarsi come una delle prime cagioni de' disastri delle regie truppe. Ad onore delle quali soltanto, e non per ingiuriare alle ceneri di un estinto, si riporta qui il fatto, come è narrato in tutti i diarii italiani. "II generale Landi a Calata fimi tenne indietro prudentemente il grosso delle truppe napoletane rimaste inerti, ed oppose a Garibaldi qualche compagnia di cacciatori, i quali si batterono valorosamente; ma erano due contro dieci e dovettero cedere. Non è ben chiaro quali altre simili imprese compisse il Laudi a difesa del suo sovrano; ma poco appresso egli sparve dalla scena, e non si sarebbe più parlato di lui, se in fine la giustizia di Dio non lo avesse colto in modo meraviglioso. In marzo 1861, un famiglio si presenta al pubblico Banco di Napoli per riscuotere un pagamento di cartelle pel valore di sedicimila ducati.

(20. 21. e 22 giugno) 173

Istruzioni del generale Rivera in Messina nel caso d'allarme,

2. Il maresciallo di campo Gaetano Afan de Rivera, comandante la piazza di Messina, d' accordo co' capi de' corpi militari ivi riuniti, detta le istruzioni in 17 articoli pel caso d'allarme colà, ed assegna ad ogni corpo di truppa il sito da occupare, e la manovra da eseguire.

GIOVEDÌ 21 GIUGNO.

Influisce alla diserzione la voce di essere incorsi nella sovrana disgrazia i più solerti duci.

La truppa è disanimata in Messina per le voci divulgate di aver perduta la grazia di Sua Maestà i più solerti capi, tra cui il generale Clary, che spacciasi ristretto in castello; ciò che influisce non poco alla diserzione: e cosi il capitano Martinez del 5 cacciatori, e l'alfiere Perricone, che si sono battuti con coraggio in Catania, disertano, e secoloro varii individui di truppa (rapp. del gen. Clary).

VENERDÌ 22 GIUGNO.

Truppe regolari sarde in Palermo. 1

. Tuttocchè il Piemonte non abbia dichiarata officialmente guerra al regno delle due Sicilie, pure sbarcano in Palermo due reggimenti regolari piemontesi in aiuto di quel governo insurrezionale, che è già padrone di sei

Fu fatto rifiuto di pagare somma così rilevante ad un famiglio, che confessava quella non essere roba sua, ed anche sorgevano sospetti su l'autenticità di quelle carte bancarie. Dovette presentarsi il padrone: - era il generale Landi. Fu richiesto dire onde le avesse ricevute: egli ricusò sdegnosamente. Allora gli fu significato, doversi assoggettare a giudizio penale, perché oramai si faceva chiaro, che quelle cartelle erano false. Per sottrarsi dal carcere, e dalla pena di falsario, il misero dovette confessare averle ricevute da Garibaldi in ricompensa de' servisti prestatigli in Sicilia, Poco appresso trafitto d'onta e di cordoglio, l'infelice si mori. Il tradimento era stato degnamente pagato". (Varii giornali di Napoli). - Si vegga in fine di questa cronaca l'estratto del giornale alemanno Ost-Deutsch-Post.

174 (22 e 23 giugno)

grandi piroscafi ben armati, col fine d'inceppare la corrispondenza tra il corpo di esercito di Messina e Napoli, o attaccare per mare la cittadella (rapp. di Clary de' 25 corr.)

. Da maggio sino a tutto questo mese sono partiti da' porti piemontesi oltre i 20 mila uomini per la Sicilia, comandati da ufficiali dell'armata sarda, e da parecchi membri del parlamento di Torino.

Garibaldi incognito nel porto di Messina.

2. Riferisce l'intendente, esser giunto sopra un vapore inglese Garibaldi da incognito nel porto di Messina per inspezionare la località, e concertare; rimbarcandosi poi sul legno sardo Governolo (telegramma di Rivera de' 23 corrente).

SABATO 23 GIUGNO.

Stato del reame: i torbidi e la invasione estera in Sicilia impediscono le vere utili riforme. Consigli diplomatici per le concessioni.

I fatti flagranti accreditano sempre più le voci diffuse nel reame, che il governo di Torino appresti valido appoggio alla insurrezione siciliana, prossima a divampare sul continente. Dopo la dimessione del ministero Filangieri, chiamato il principe di Cassero a comporre un nuovo ministero, si adotta pel momento qualche misura energica. Si fanno ritornare le truppe dagli Abruzzi, e si rinuncia al progetto di occupare le Marche, che aveva dato ombra al Piemonte.

Sventuratamente la discordia, ed il tradimento allignano nelle più elevate sedi: la lettera diretta al re dallo zio conte di Siracusa accrescerà fomite all'agitazione rivoltosa.

I torbidi della Sicilia afforzati dalla invasione garibaldina sconcertano, ed impediscono di entrare nelle pacifiche vie delle concessioni attuabili, e delle utili riforme, come era ne' desiderii del giovane re, che non pertanto accinge a farne la pruova in questi momenti assai critici. Il ministro degli affari esteri riunisce il corpo diplomatico, annunzia che grandi riforme saranno accordate al reame, e prega gli ambasciatori di ottenere da' rispettivi governi la garenzia per la integrità de' reali dominii:


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(23 e 24 giugno) 175

eguale comunicazione viene fatta a' regii rappresentanti nell'estero.

Contemporaneamente è chiamato in Napoli il de Martino regio plenipotenziario a Roma, e gli si affida una missione presso l'imperiale governo di Francia. Dopo aver avuta conferenza con i diplomatici francese, e russo in Napoli, si reca in Parigi, d'onde informa il governo napoletano di aver avuto assicurazioni, che la Francia non riconoscerebbe l'annessione delle due Sicilie al Piemonte, siccome non aveva riconosciuta quella delle Romagne, e della Toscana; soggiungendo, che l'imperial governo consiglierebbe adottare una costituzione, accordare un'amnistia generale, cambiare il ministero, conchiudere un alleanza col Piemonte (verso il quale prometterebbe i suoi buoni ufficii), ed inalberare la bandiera italiana con le armi di Napoli. Non riesce però il de Martino ad ottenere la garentia della integrità de' reali dominii. - Il governo napoletano adotta tali consigli.

DOMENICA 24 GIUGNO.

Ordini per prendere la offensiva, e ripigliare le provincie invase dal nemico. Difficoltà che ti si oppongono.

Al comandante delle truppe riunite in Messina si fanno pervenire ordini di marciare in avanti per riguadagnare i paesi invasi dagl'insorti (coerentemente al progetto di lui, pag. 170 di questa cronaca), essendo oramai pronto il corpo militare di operazione, cioè 5 reggimenti di linea, tre battaglioni cacciatori, 5 batterie artiglieria, e 5 squadroni cavalleria. Gli si dice perciò, che non occorre inviare in Reggio la cavalleria, e l'artiglieria, e gli s'indicano i cinque nuovi nominati brigadieri, Bosco, Melendcz, Cobianchi, Caldarelli, e Sergardi, più che sufficienti per poter cominciare ad uscire dalla cerchia di Messina: un combattimento vinto in avanti fa riguadagnar tutto: a preferenza occupi la zona tra Milazzo, e Taormina: allontanandosi potrebbe lasciare il comando di Messina al generale Pergola coadiuvato da Melendez, (istruzioni sovrane de' 24 e 25 corrente).

Il maresciallo Clary in riscontro spiega le difficoltà, in cui si trova al momento, che gl'impediscono cominciare

176 (24 e 25 giugno)

le militari operazioni: con le forze disponibili può soltanto difendere la città da un attacco; col marciare in avanti rimarrebbe il solo presidio della cittadella: sperperare le forze è lo stesso, che esporsi ad esser battuto dalle masse, che sbucano da per tutto: fin da' 18 corrente in concerto di queste i reggimenti piemontesi sono già partiti da Palermo per Messina: il suo sentimento è di attendere per difendersi, e di non passare alla offensiva per non andare incontro ad un rovescio occupando una troppo estesa linea: richiede con urgenza bastimenti a vapore, avendo in rada il solo Veloce, mentre la flotta del governo. rivoluzionario di Palermo ha già sei corvette a vapore di costruzione inglese: tutte le nazioni hanno nel porto di Messina una fregata, ed i più ricchi negozianti si ritirano a bordo, segno di prossimo attacco: fa la rassegna de' viveri venuti da' depositi di Palermo; ed adduce come ultime difficoltà per agire, - 1. lo stato di massima deteriorazione, e quasi inservibile, delle batterie di artiglieria venute da Palermo; - 2. il 15 di linea per dichiarazione del colonnello, e tenente colonnello non poter marciare a' posti avanzati, ma dover rimanere in cittadella, essendo composto di recluto poco atte al servizio, - 3. occorrere vapori per attivare le operazioni, e pel trasporto de' viveri, 4. accenna in une ad una indifferenza, e quasi odiosità in chi deve provvedere da Napoli. (Telegramma di Clary de' 27 e 28 corrente).

LUNEDÌ 25 GIUGNO.

Si pubblica in Napoli lo statuto costituzionale; germi di dissensione tra alcuni capi militari.

1. Il re concede a' popoli delle due Sicilie uno statuto costituzionale: accorda una generale amnistia per tutti i reati politici (1): nomina presidente de' ministri il commendatore Antonio Spinelli, e lo incarica della formazione di un nuovo ministero, il quale dovrà compilare sollecitamente

(1) È oramai consacrato nella storia con quale gratitudine gli amnistiati abbiano corrisposto a questo atto di sovrana clemenza. Si legga la rivelazione del Ricciardi in fine di questa cronaca; appendice §. 2.

(25 giugno) 177

gli articoli dello statuto anzidetto su la base delle istituzioni rappresentative italiane e nazionali: ordina fregiarsi la reale bandiera de colori nazionali italiani, e stabilirsi un accordo col re di Sardegna (1): per la Sicilia promette istituzioni rappresentative soddisfacenti a' bisogni della isola, e per vice-re uno de' reali principi.

La comunicazione officiale non poteva giungere contemporaneamente a Messina. Jeri l'altro il colonnello Bosco, reduce da Napoli, ne reca la notizia, che il generale Clary avrebbe voluta tacere fino alla officiale pubblicazione in Messina. Comincia un malumore fra loro, fomentato vie più dal colonnello di artiglieria Briganti, accidioso ne' suoi doveri. Un tenente di vascello insiste per far alzare la bandiera costituzionale (giorn. di Clary).

D'altronde il Bosco allo annunzio di udirsi un cannoneggiamento verso il prossimo comune di Barcellona si offre accorrervi per discacciarne le bande garibaldine, il comitato, e il governatore rivoluzionario; ma una volta gli si risponde di aspettare, ed altra volta di non convenire (corrispondenza, e giornale di Bosco). Atto dittatoriale.

2. Per contrapporre un atto rivoluzionario all'anzi detta Sovrana concessione, oggi Garibaldi pubblica per la Sicilia il decreto dittatoriale, con che determina la forma, il numero degli elettori, e degli eleggibili, non che i collegi elettorali per la nomina de' rappresentanti del popolo.

Totalità delle regie truppe in Sicilia a tutt'oggi.

3. Nella intera Sicilia, a tutt'oggi le reali truppe ammontano in totale ad oltre trentamila uomini così distinti;

(1) Sovrabbondano i documenti circa la condotta del governo piemontese nelle relazioni con la real corte di Napoli: né sarà superfluo ricordare che il deputato Ferrara nella camera di Torino accenna pure alla poca buona fede del governo medesimo quando dice: - "che fin dal 1848 il Piemonte, mentre per conquistare la Lombardia si procurava l'aiuto del re di Napoli, cercava contemporaneamente di togliere a costui la Sicilia

" - (tornata parlamentare de' 29 novembre 1862).

178 (25 e 27 giugno)

uffiziali 906; - truppa 29188; - cavalli 614; - muli 579; cannoni 40. - La loro ripartizione è come appresso:

In Messina In Milazzo In Augusta

Uffiziali 473 122 16

Truppa 14916 4514 527

Cavalli 479 132 -

Muli

362 205 -

Cannoni

32 8 -

In Siracusa

Negli Ospedali

Assenti per altre cause

Uffiziali 53 19 223

Truppa 2171 1445 5615

Cavalli -

-

3

Muli -

-

12

MERCOLEDÌ 27 GIUGNO.

Nuovi ministri. Disordini in Napoli.

1. Con reali decreti sono nominati ministri segretarii di Stato il comm. Giacomo de Martino per gli affari esteri, Gregorio Morelli per la giustizia, - principe di Torella Nicola Caracciolo pel culto ed interinamente per la pubblica istruzione, - Giovanni Manna per le finanze, - Federico del Re per l'interno e polizia generale, - maresciallo Giosuè Ritucci per la guerra, - viceammiraglio Francesco Garofalo per la marina, - marchese Augusto Lagreca, pe' lavori pubblici. - L'avvocato Liborio Romano è nominato prefetto di polizia. - Accadono gravissimi disordini a Napoli in questa sera: sono aggredite e ferite le pattuglie di pubblica sicurezza da' rivoltosi: è percosso nel proprio cocchio il barone Brenier ministro di Francia presso la real corte di Napoli.

179 (27.28 e 29 giugno) Misure per attuare le riforme politiche.

2. Il re, e il nuovo ministero si dedicano col massimo impegno a pubblicare tutto giorno innumerevoli decreti per attuare le riforme politiche concesse (1).

GIOVEDÌ 28 GIUGNO;

Indiretta comunicazione del concesso Statuto al comandante di Messina.

1. Dal comandante militare di Reggio si trascrive d'ordine del ministro della guerra al maresciallo Clary in Messina l'atto delle sovrane concessioni: chiede perciò costui direttamente a Napoli, da dove nulla finora gli si è partecipato officialmente, se possa pubblicarlo, e con quali norme (telegramma del generale Clary). Maggiori disordini in Napoli.

2. La fazione anarchica favorita dal tradimento di chi avrebbe dovuto vigilare per la tutela della vita e delle proprietà de' cittadini, oggi prorompe nei massimi eccessi in Napoli, compromettendo seriamente l'ordine pubblico: senza esser punto impedita, o frenata dalle nuove Autorità costituzionali, aggredisce tutti i pubblici uffizi della polizia, e li incendia: ne manomette gl'impiegati, ed a loro danno consuma violenze inaudite.

VENERDÌ 29 GIUGNO.

Sofferenze della truppa in Messina, contrariata in ogni risorsa, per quanto è favorita la rivoluzione.

1. Penosa è la condizione delle truppe reali in Messina: osteggiate dalla popolazione, si fa di tutto per farle morire di sete, e di fame: non si trova un fornaio, e se ne sono fatti venir 12 da Reggio, tenendosi chiusi in cittadella a panizzare, per ordine del comandante: l'acqua è stata tolta, perché rotti i canali dagl'insorti; fiumi vicini

(1) Codesti decreti, ed altri posteriori atti governativi, non risguardando la Sicilia (già in aperta insurrezione) alla quale si limita la presente cronaca, saranno riportati in altra lavoro su gli avvenimenti del reame.

180 (29 e 3

0 giugno)

non ve ne sono: le seduzioni, gli artifizii, gli stratagemmi sono infiniti, onde invogliare il soldato alla diserzione, la quale è per altro assai scemata, e la disciplina è sempre più in aumento. Il colonnello Torrebruna in Milazzo, comandante il battaglione in quella piazza, si duole, che la privazione di ogni corrispondenza abbatte lo spirito della truppa, la quale si crede abbandonata. In Siracusa non è rimasto altro, che un reggimento, ed in Augusta quattro compagnie. Intanto gli avversarii ingrossano, e si istruiscono, e jeri si disse aver essi attaccato Milazzo. Mentre per Garibaldi si trovano denari, e ne ha quanti ne vuole, quando poi si cercano per uso del real servizio non se ne trovano: la provincia non più paga le imposte, e tutto è anarchia. Il generale Clary, colà comandante il corpo d'esercito, si fa quindi a chiedere, se il governo intenda conservare ad ogni costo Messina, ovvero voglia tenere un piede a terra in Sicilia come base di future operazioni; ed insiste per una decisiva risoluzione sul proposito; osservando che nel primo caso, deve egli regolarsi in modo, che la città sia guardata e libera almeno per un raggio di 12 miglia, ed allora le attuali truppe sono insufficienti, tenendo conto della ostilità delle popolazioni invasate da una rivoluzione mossa per fanatismo, e della manifesta e dichiarata influenza straniera: nel secondo caso la sola guarnigione della cittadella è sufficiente come nel 1848, e le altre truppe esuberanti possono ritirarsi nelle Calabrie. (Rapporti di Clary 29 giugno, e 4 luglio). Numerose destituzioni di pubblici impiegati.

2. Da oggi in poi si pubblicano nel giornale officiale di Napoli lunghissime pagine di destituzioni d'impiegati pubblici offerti in olocausto alla implacabile Nemesi rivoluzionaria" che dopo il pasto ha. più fame di prima"

.

SABATO 30 GIUGNO.

Mutazione di strategica. Lieve scaramuccia in Messina, dove si alza la nuova bandiera.

1. Le superiori istruzioni pel superstite corpo d'esercito in Sicilia sono, non più la offensiva, ma la più stretta difensiva, e gli si dice "preferite all'attaccare il farvi attaccare, ed allora respingete mandando indietro,

(30 giugno e 1 luglio)

181

e guadagnando terreno" (telegrammi del ministro della guerra da Napoli, de' 30 giugno, e 1 luglio).

In questa sera agli avamposti delle montagne di Messina vi è stata lieve scaramuccia con le bande n emiche: un solo soldato ferito (telegramma di Clary del 1 luglio).

Alle due pomeridiane si è alzata la nuova bandiera costituzionale su' forti di Messina, salutata da 21 colpi di cannone, come han praticato i legni da guerra francesi, inglesi, sardi, ed austriaco: la popolazione non vi ha presa parte. (Telegrammi di Clary de 30 giugno). Amnistia pe' reati politici.

2. Atto Sovrano pubblicato in Napoli: "1. È abolita l'azione penale per tutti i giudicabili di reati politici, e quindi vietato l'ulteriore procedimento contro i detenuti o assenti pe' fatti anteriori al 25 di questo mese. 2. Rimane parimenti condonata ogni pena principale o accessoria, che resterebbe ad espiarsi, a' condannati per simili delinquenze, non che l'esilio perpetuo dal regno, anche per coloro a' quali venne inflitto in commutazione di altre pene. 3. Favoriti dal beneficio dell'amnistia saranno pure coloro, che per politica imputabilità si trovassero già condannati in contumacia. Similmente coloro, che per misura di prevenzione motivata da politici addebiti uscirono dal regno, sono facilitati a rientrarvi".

DOMENICA 1 LUGLIO.

Arrivo de' garibaldini con Medici a Barcellona.

1. Le notizie delle turbolenze di Napoli aumentano ancor più la effervescenza de' siciliani, e l'inorgogliscono. Arrivano 1500 piemontesi con 12 cannoni comandati dallo uffiziale garibaldino Medici, in Barcellona, dove perciò la forza nemica viene ad ammontare a 4 mila uomini. Necessità di un rinforzo, che si chiede da' regi. (Telegrammi di Clary del 1 e 3 luglio). Importanti decreti in Napoli.

2. È richiamata in vigore la Costituzione del 10 febbraro 1848; e le varie leggi analoghe pubblicate in detta epoca. Si crea una commessione per elaborare sollecitamente i progetti di nuove leggi, su le elezioni,

182 (1 e 4 luglio)

su la guardia nazionale, su l'organico amministrativo, sul consiglio di Stato, su la risponsabilità ministeriale. Si convocano i collegi elettorali per procedere alla elezione (de' deputati a' 19 agosto entrante; essendo il Parlamento nazionale convocato a Napoli pe' 10 del susseguente settembre.

Indulto Sovrano.

3. La pena de' ferri è diminuita di due anni. La pena di reclusione, e di relegazione e minorata di un anno. È abolita l'azione penale per delitti avvenuti sino a tutto il giorno di oggi. Le pene correzionali di prigionia, di confino, e di esilio correzionale, già divenute esecutive, sono diminuite di mesi sei. l'ammenda correzionale è condonata. L'azione penale per contravvenzioni anteriori al presente giorno è abolita. Le pene contravvenzionali della detenzione, mandato in casa, ed ammenda, già rese esecutive, sono condonate. Esclusi i recidivi, e i giudicabili o condannati per furto, o falsa testimonianza.

MERCOLEDÌ 4 LUGLIO.

garibaldini aumentati da' soldati piemontesi: loro strategica. Inconvenienti del nuovo sistema difensivo adottato per le reali truppe: il generale Clary chiede essere esonerato dal comando.

1. I garibaldini ingrossano in numero, in artiglierie, ed in armi di precisione. Fra essi però il più poderoso elemento sono i soldati dello esercito regolare piemontese, che sotto sembianza di diserzione, arrivano in Sicilia per abbattere la Dinastia (1). Non può dirsi considerevole poi l'altra gente raccogliticcia col titolo di bande, ne può rare apprensione. La loro strategica è di attirare in un punto lontano la guarnigione di Messina, dove essi entrerebbero per un altro punto (identica tattica tenuta a Palermo), tagliando così il corpo d'esercito della guarnigione dalla cittadella, che è per quello una buona mirata. (Rapporto di Clary de' 4 corrente).

(1) Vedi nella nota sotto la pagina 103 di questa cronaca il real decreto piemontese, per la impunità de' soldati, che figurano come disertori in questa occasione, e la opportuna osservazione del generale Fanti ministro della guerra.

(4 luglio) 183

Inconvenienti intanto si rilevano nelle nuove istruzioni date dal ministro costituzionale della guerra" preferire. di essere attaccato, e non attaccare"

: oltre l'avvilimento, in cui è caduta la truppa, componente una guarnigione di. 15 mila uomini, vi è che l'attuale inerzia militare è colpevole in faccia al mondo. Aggiungasi, che la città stessa diviene sempre più garibaldina, ed obbedisce al governatore, che Garibaldi ha già istallato a Barcellona, anzicchè all'intendente sig. Cortada rimasto per forma a Messina. Insiste perciò il generale Clary di eseguire un movimento, senza aver legate le braccia dagli ordini del ministero. (Rapporti de' 6 e 13 corrente mese)

. - Anche il colonnello Anzani venuto da Napoli per osservare d'appresso la posizione delle truppe, e riferire, riconosce indispensabile attaccare al più presto possibile, ed all'uopo chiede 4 battaglioni cacciatori, oltre gli attuali; e se fosse possibile, anche mezza batteria di cannoni rigati: ogni momento di ritardo è rovinoso. (Telegrammi 8 e 9 luglio del colonnello Anzani, e del generale Clary al nuovo ministero della guerra in Napoli).

Per motivi d'infermità il generale Clary insiste per essere discaricato dal comando di Messina, ed avere altro destino per ripristinarsi in salute (telegramma de' 30 giugno, e rapporto al Re de 4 luglio corrente). Altro editto contro i Gesuiti.

2. Il nuovo ministro dittatoriale della polizia, o sicurezza pubblica, Luigi Laporta fa oggi affiggere su i muri, di Palermo un editto, con il quale impone "che se tra 48 ore tutti i Gesuiti non si trovano partiti dalla Sicilia, saranno messi fuori la legge, ed abbandonati al furore popolare, come perturbatori dell'ordine pubblico".

Fortunatamente il contrammiraglio Jehenne, ancorato con una porzione della flotta francese nelle acque di Palermo, cui è stato raccomandato con affettuosa lettera del viceammiraglio Barbier de Tinan il gesuita belga P. Lambelin, munisce generosamente costui d'una raccomandazione diretta per Garibaldi. Al quale si presenta il P. Lambelin, e gli esibisce l'editto ministeriale di Laporta. Garibaldi se ne mostra ignaro, e ne ordina la revocazione inserita nel giornale officiale di domani, permettendo ai Gesuiti una dilazione per imbarcarsi ed andar via sopra

18 (4 e 7 luglio)

un legno francese offerto nobilmente dallo stesso ammiraglio francese. Per soccorso de' Gesuiti vecchi, e per gl'infermi il medico siciliano Sanfìlippo rilascia un attestato della loro impotenza a viaggiare, del quale Laporta non tien conto, ed assoggetta i religiosi a durissime persecuzioni, - alle quali però non prendono parte i governatori da lui dipendenti nelle provincie, - marchese Castelluccio a Noto, - Mistretta a Salemi, - barone Morillo a Caltanissetta, - conte Grignani a Marsala, - cav. Tedeschi a Catania, della cui umanità i gesuiti hanno a lodarsi; e così tra le lagrime e le benedizioni delle beneficate popolazioni 308 gesuiti da 14 loro case della Sicilia, abbandonano l'isola. Contemporaneamente il ministro Laporta loro persecutore deve prendere la fuga per salvarsi avendone Garibaldi ordinato l'arresto, come malversatore del pubblico tesoro.

SABATO 7 LUGLIO.

Espulsione di Lafarina da Palermo.

Garibaldi fa oggi espellere violentemente da Palermo l'antico emigrato siciliano Giuseppe Lafarina presidente della società nazionale di Torino, autore del famoso proclama riportato in principio di questa cronaca (pag. 2 e 3), giunto quivi pochi dì prima in compagnia di Giacomo Criscelli, e del corso Pasquale Totti, per segreto incarico di Cavour con il quale è in corrispondenza epistolare, come si è notato sotto la data de' 19 del passato giugno. La intimazione perentoria si fa dal prete Gusmaroli, e da due guardie garibaldine. Lafarina reduce in Torino ne mena grande scalpore, e protesta ne' giornali. Pare, che Garibaldi vedesse di malocchio i loro intrighi per affrettare l'annessione della Sicilia al Piemonte. Difatti Lafarina faceva imprimere, affiggere, e propagare bollettini con le parole: - "noi vogliamo l'annessione al regno costituzionale di Vittorio Emmanuele"

- per ottenere una subitanea riunione al Piemonte: indi faceva divulgare la voce che Garibaldi j e Crispi volessero formare nell'isola la repubblica: persuadeva i municipi di formare petizioni a favore dell'annessione, e 300 comuni (siccome egli ne ha menato vanto) rispondevano a tale appello; teneva assemblee, organizzava dimostrazioni;


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(7. 8. e 9 luglio) 185

in una parola non vi era pietra, che egli non sollevava per compiere la missione addossatagli dal governo sardo, il quale con i suoi manifesti diplomatici strombazzerà poi in Europa "essere stato chiamato dallo spontaneo ed unanime voto popolare"

ad usurpare la Sicilia (1).

DOMENICA 8 LUGLIO.

Notizie sulle mosse di Garibaldi a Napoli.

Si dice che Garibaldi segretamente abbia fatta una escursione da Palermo a Napoli, per conferire con un ministro estero; abbia stabilito un comitato centrale a Nocera de' Pagani, e siasi diretto pure per Salerno, Eboli etc. Medici, e Garibaldi figlio, sono a Barcellona. (Telegramma odierno di Clary).

LUNEDÌ 9 LUGLIO.

Pericoli della inazione.

Per rialzare il morale dello esercito, per riconquistare man mano la Sicilia, per non esporsi a maggiori perdite, uopo è di agire con risolutezza, e marciare avanti. Ogni inazione è Fatale per la monarchia delle due Sicilie. Il nemico sparge dicerie, manda promesse, usa mille sutterfugi per indebolire lo spirito del soldato, essendo stato

(1) Per avere un saggio de' progressi fatti nel cinismo politico dal governo Subalpino, e dai suoi aderenti dal 1860 al 1863, non sarà superfluo aver sott'occhio un brano oratorio dello anzidetto Lafarina, deputato nella camera di Torino: "... La spedizione di Sicilia è uno degli atti più audaci e più rivoluzionarii, che. si sieno compiuti nella età moderna. Si era in pace col Re delle due Sicilie, non vi era dichiarazione di guerra; ambasciatori andavano e venivano da Napoli a Torino, ed in questo momento il partito capitanato dal conte di Cavour aiutò la spedizione con tutti i mezzi; e mentre l'Europa grida, mentre tutta la diplomazia non ha che un grido di riprovazione contro questo atto ultrarivoluzionario, Cavour continua a dare aiuto alla spedizione in Sicilia... Abbiamo combattuto sotto gli occhi dell'Europa il Re, che la diplomazia dovea "riguardare come il Re legittimo delle due Sicilie; l'abbiamo combattuto nella sua fortezza di Gaeta!!!..." (Tornata de' 19 giugno 1863).

186 (9 e 10 luglio)

impotente a farlo finora con la forza. Gli è perciò, che s'insiste per qualche altro rinforzo, e per aver navi a vapore. (Telegramma di Clary).

MARTEDÌ 10 LUGLIO.

Anguissola comandante la real fregata il Veloce diserta al nemico con la nave carica. La riputazione de' congiunti non ne rimane adombrata.

1. Nella decorsa notte, Amilcare Anguissola comandante la real pirofregata Veloce commette il più vile tradimento. Era egli di stazione in Messina, e ieri veniva incaricato di accompagnare il vapore da trasporto il Brasile, che recava truppe in Milazzo. Eseguita la commessione, continuava la rotta per Palermo, asserendo dovervisi recare con bandiera parlamentaria. Con questa, di fatti, è approdato colà: una barca genovese ha condotto un uffiziale garibaldino a bordo, col quale Anguissola si è poi recato su la nave ammiraglia piemontese a consumare il proditorio; d'onde tornato ha disposto di salpare, ed ha dato fondo al molo di Palermo. Garibaldi ha arringato le squadre riunite a poppa, e le ha invitate a prender servizio con lui. Il tradimento de' pochi ha fatto rilucere la fedeltà de' più. Centotrentotto individui, oltre i macchinisti, resistendo ad ogni seduzione, han voluto tornare in Napoli, e serbarsi incontaminati nella fedeltà: soli 41 sono rimasti. Si aveva già qualche sentore della fellonia, che covava l'Anguissola (1) avendo eruttate proposizioni ambigue stando a mensa nel bivacco. La indignazione è generale nel corpo di esercito di Messina pel perfido oprato; tanto più nel sentire, che il traditore si è messo a fare il pirata col disertato legno, al ridosso delle isole di Lipari, catturando legni di real bandiera, come ha praticato al bastimento Elba, che da Messina recava a Napoli varii uffiziali, e la corrispondenza pel governo, ed all'altro bastimento Duca di Calabria, che veniva da Napoli, e li ha trasportati al rimorchio in Palermo, come trionfo di fellonia, e di pirateria.

(1) Il ministro della guerra impone a Clary di non darsi pensiero pel Veloce; e non cura mai di mandargli il chiesto naviglio; ciò fa presumere, che possa essere conscio del maltalento di Anguissola. (Giornale di Clary).

(10 luglio)

187

Sorge un dubbio; ma non perciò si fa torto ad alcuno, cioè che del traditore sono fratelli Giovanni maggiore di battaglione del 4, - Cesare colonnello del 7 reggimento (rapporti del Clary de' 12 e 13 luglio). Dispiaciutissimo pel maloprato del fratello il conte Cesare Anguissola dirige al generale Clary la seguente lettera: "Signor Generale. - Benché nella mia mente non cape affatto, che mio fratello Amilcare dimentico d'un sacro giuramento, e de' sentimenti inspiratici dal defunto genitore avesse commessa tanta nefandezza; pure ella comprenderà bene la mia situazione verso i miei dipendenti, e quella del secondo mio fratello. - È perciò ch'io la prego caldamente di permettere, che, partendo oggi il colonnello Bosco al comando di una colonna di operazione su Milazzo, tanto io, quanto mio fratello Giovanni maggiore del 4 di linea, ne facessimo parte come semplici soldati; potendo trovare in una morte onorata quella gloria, che ci spetta; contestare al Re (D. G.) la nostra fedeltà; e cancellare in parte la macchia imperitura sul nostro casato, che incontaminato il vecchio padre ci lasciava in geloso retaggio. - Accolga, sig. Generale, questa mia domanda, penetrandosi del mio dolore" .

Risposta del maresciallo Clary. " Sig. Conte. - L'onta fatta dal suo fratello alla famiglia, all'esercito, all'armata, al paese, non è da imputarsi a chi disgraziatamente gli appartiene per vincoli di sangue. In conseguenza ella avrà presto il destro di provare qual differenza passa fra lei, e il sig. Amilcare, trovando in una pugna quella gloria, che saprà far cancellare la memoria d' uno scempio mandato. Coraggio dunque, e coraggio per la difesa del Re N. S. Spero porgerle la mano al momento, che più ferve il periglio" (1).

Diffidenza su la marina reale napolitana: noleggio del naviglio mercantile francese.

2. La diserzione del Veloce, e gli altri inqualificabili fatti della marina reale napolitana, giustificano purtroppo

(1) Procedendo sempre onoratamente il conte Cesare Anguissola agli 8 ottobre 1860 è promosso brigadiere, e comandante superiore del forte Salvatore, ne propugna energicamente te difesa sino alla resa finale della cittadella di Messina.

188 (10 e 11 luglio)

la misura adottata dal governo delle due Sicilie di noleggiare per lo disimpegno de' varii servizii pubblici le navi a vapore delle messaggerie francesi, delle quali siegue l'elenco con il rispettivo importo di fitto:

1. La Ville de Lyon col mensile pagamento di fr. 80000

2. Bresil fr. 72000

3. L'Avenir fr. 57000

4. Le Charles Martel fr. 72000

5. L'Etoile fr. 40000

6. L'Assyrien fr. 55000

7. Le Protis

fr.

60000

8. Le Pythias

9. L'Emperatrice Eugenie fr. 30000

Totale fr. fr. 466000

È questo il pagamento mensile, non compreso l'importo del carbone, e dell'olio. Si soffre cotal dispendio, benché finora Napoli abbia posseduta la più numerosa, e possente marina fra gli altri Stati italiani.

MERCOLEDÌ Il LUGLIO.

Lettera di Cavour all'ammiraglio Persano per profittare della rivoluzione siculo.

Dalla seguente lettera emerge sempre più evidente che la insurrezione siciliana sia promossa ed usufruttuata dal governo sardo: "Torino 11 luglio 1860. - Signor Ammiraglio. Approvo senza riserva il suo contegno con il governo siciliano. Ella seppe dimostrarsi con il generale Garibaldi ad un tempo fermo, e conciliante, ed ha quindi acquistato sul medesimo una salutare influenza. Continui ad adoperarla per impedire, che il generale non si lasci traviare da' pochi disonesti, che lo circondano, e cammini per la via, che deve condurre la nave d'Italia a salvamento. Può assicurare il generale Garibaldi, che non meno di lui son deciso a compiere la grande impresa; ma che per riuscire è indispensabile l'operare di concerto, adoperando tuttavia metodi diversi. - CAVOUR." (Documenti pubblicati da Nicomede Bianchi

, luogo sopra citato).

(12 e 13 luglio) 189

GIOVEDÌ 12 LUGLIO.

Le regie truppe ottengono la libertà di agire per Milazzo.

Le istruzioni superiori, come si è detto altre volte, sono di non uscire dalla sfera di azione, se non in seguito, di provocazione. Ora il comandante delle truppe concentrate in Messina si fa a proporre, che Milazzo entri appunto nella sfera di azione, essendo un paese, che insulta la guarnigione; e però chiede al ministro della guerra farlo occupare da una brigata, e nel tempo stesso. dare un freno a Barcellona, rimuovendo tutti i funzionarii, che si sono dati al partito di Garibaldi, e sostituendoli con uomini capaci di secondare l'azione delle regie truppe. (Telegramma di Clary).

Il ministro della guerra gli lascia in risposta tutta la libertà nella sua sfera di azione, in considerazione di quella, che adoprano i rivoltosi ne' loro movimenti; e risultando Milazzo nelle stato di assedio a' sensi della reale ordinanza di piazza, rimane facultato il richiedente comandante di Messina a cambiare quelle autorità, che si fossero mostrate propense a tradire la retta causa del reame ad onta della Costituzione accordata dal Sovrano. (Telegramma del ministro di guerra de' 13 detto).

VENERDÌ 13 LUGLIO.

Spedizione di truppe per Milazzo col colonnello Bosco.

1. Una brigata di reali truppe si dispone a partire in osservazione per Milazzo sotto gli ordini del colonnello Bosco. Lo scopo di questa spedizione è di garantire la minacciata guarnigione di Milazzo; di non impegnar combattimento, se non attaccata, ed in questo caso di ripiegare sopra Messina, marciando in ritirata, ed ingrossandosi con le truppe messe a scaglioni ad Archi, Spadafora, Gesso, Colle S. Rizzo, e Puntale Pistorio. (Telegrammi di Clary al Re, de' 14 e 15 corrente). Poiché il ministro non fa venire le navi, che sempre promette, il generale in capo Clary ha dovuto pensare al modo di mandare truppe in avanguardia, senza far conto di soccorsi marittimi; per cui si spedisce la brigata Bosco sostenuta da' mezzi battaglioni posti tra lo spazio, che intercede tra Messina, e Milazzo;

190 (13 luglio)

ma in seguito, per la natura forse delle circostanze, il colonnello Bosco discostandosi dal concertato piano, che era di non poter contare sopra soccorsi marittimi, farà premura per averne, e Clary insisterà di nuovo, e con calore perla venuta d'una squadra. (Giorn. di Clary).

Precise istruzioni in 8 articoli detta il generale Clary per regolare tutte le operazioni della brigata Bosco (istruzioni in data di oggi).

Si fanno istanze al governo in Napoli, onde spedisca pirofregate, e faccia incrociare la squadra navale avanti Lipari, e il comandante di essa si metta d'accordo co generale Clary accostando a Messina. (Telegramma di Clary de

' 13 luglio).

In questa notte la colonna di Bosco bivacca a Terranova: essa si compone del 1. 8. e 9. battaglione cacciatori; della batteria n. 13 di obici da 12 centimetri;. di uno squadrone di cacciatori a cavallo, e di un distaccamento di 49 pionieri con l'uffiziale. - Il modo strategico della marcia è accortamente distribuito dal medesimo comandante della colonna. (Giornale delle operazioni del colonnello Bosco). Prime minacce d'uno sbarco garibaldino in Calabria, o a Salerno.

2. Si ha notizia, che varie centinaia di calabresi sieno andati ieri a riunirsi con gl'insorti in Barcellona: pro getto di Medici, e di Garibaldi è di fare uno sbarco su\e coste della Calabria. Si dice pure, che Garibaldi muove da Palermo per fare uno sbarco a Salerno, o luoghi vicini. (Telegrammi di Clary de 13 e 14 luglio). Benché riottosi i cittadini di Messina, pure si mitiga ogni pregiudizio alle loro proprietà pe' lavori urgenti delle fortificazioni.

3. Crescono le angarie de' messinesi contro le reali truppe per ordine di Garibaldi: tutti gli abitanti seno fuggiti compresi i venditori di viveri. - Intanto il Genio mili tare ha giudicati urgentissimi varii lavori di fortificazione nella zona di 230 tese innanzi al bastione Don Blasco, d'onde la necessità di demolire casamenti, ribassare mura ed argini, occupare proprietà, ciò che cagionerebbe grave detrimento agi' interessi di varii condomini.

(13 e 14 luglio) 191

-

Nulla di meno si procura di ridurre al puro necessario l'opera in parola, mitigarla nel miglior modo, e non arrecare la menoma molestia agl'interessati. (Memorandum di pari data). Idea preliminare, verificata in seguito.

4. Per incidenza il generale comandante le truppe in Messina accenna alla idea di far ritirare tutte le truppe da colà, rimanendo fortificata la sola cittadella, come si fece nel 1848, onde lasciar dilaniare fra loro i rivoltosi, e far desiderare il ritorno delle truppe per ristabilirvi l'ordine. (Rapporto di Clary in data d'oggi).

SABATO 14 LUGLIO.

Premio a' militari benemeriti.

1. Si accordano promozioni, e decorazioni ad uffiziali, sottouffiziali, e soldati (al num. di 400) pel valore di mostrato ne' fatti d'armi di Sicilia: si accorda l'annua pensione di ducati cento al colonnello Marulli, di ducati 60 al secondo tenente Talò; - altrettanti al capitano Simo netti, ed al primo tenente Cirillo. (R. Rescritto di oggi). Eccitamento per la defezione delle regie truppe.

2. Gli occulti aderenti del Piemonte nel napoletano per tentare la fedeltà delle regie truppe fanno circolare il seguente proclama: - "Parlata del generale Garibaldi ai militari napolitani. - Tra gli artificii inveterati del dispotismo, vi si è sempre trovata la ipocrisia, la menzogna, e la calunnia. I nemici d'Italia, gli uomini, che vorrebbero vedervi mani e piedi legati dagli austriaci, e da' gesuiti; che cercano scatenare contro il popolo i soldati figli dello stesso popolo; questi uomini esecrabili spandono nella armata lettere apocrife attribuite ad ufficiali napoletani, che son passati nelle file gloriose di Garibaldi; lettere foggiate, onde provare che essi avrebbero trovato in Sicilia vergogna e disprezzo, invece di onore e simpatia. - Per confondere i calunniatori, basterà citare il seguente proclama dell'Eroe italiano: "Signori dello esercito italiano, Noi dobbiamo creare un armata di 200 mila uomini. Io apprezzo e stimo assai i volontarii: nulladimeno amo meglio di nominare colonnello un capitano leale conoscitore del suo mestiere, che un avvocato.

192 (14 luglio)

Amo meglio far capitano un sergente, che un medico. Se voi siete realisti, io lo sono del pari. Ma re per re, io preferisco Vittorio Emmanuele, che un giorno ci condurrà tutti contro gli austriaci, a Francesco Borbone, che mette italiani contro italiani. Signori, la scelta è a voi. Noi vinceremo senza voi, ma io sarei superbo di poter, vincere con voi" .

G. GARIBALDI.

Prospetto della truppa ora in Messina.

3. Ecco il quadro di tutta la forza esistente oggi in Messina: - reggimenti di linea 1. 3. 4, 5. 7. 14. 15. (taluni di essi non interi); 4. 5. 6. 7. battaglione cacciatori; oltre il 1 e l'8 e la 9 brigata d'operazione di Milazzo; 4 compagnie di artiglieria, altrettante di carabinieri; 3 compagnie di pionieri; distribuiti tra la cittadella, avamposti, e varie altre fortificazioni. (Rapporto di Clary de' 10 corrente). Partenza della colonna di Bosco.

4. Muove all'alba d'oggi la colonna di Bosco dal piano di Terranova per Milazzo, prendendo la via di Spada fora, con brevi fermate al Colle s. Rizzo, ed al Gesso, dove sono gli avamposti della guarnigione di Messina forniti dal 5 cacciatori: fa diversione un distaccamento della stessa colonna per assicurarsi se in Bavusa, paese limitrofo alla via da percorrersi, si trovasse forza nemica: non essendovi novità, la truppa pernotta a Spadafora, adagiandosi su la stessa paglia dove poco prima riposavano due a tre cento individui delle bande d'insorti fuggiti allo appressarsi della truppa. (Giornale di Bosco). Velleità del nuovo ministro della guerra per imbarazzare i movimenti delle truppe, paralizzare l'azione della colonna di Milazzo; e con disonore sgombrare la Sicilia.

5. Dal tenore de' dispacci del nuovo ministero della guerra, che reitera ordini al generale Clary di dover stare su la difensiva; - di non dover essere mai il primo ad attaccare le masse garibaldine; di restringere sempre più la sfera di azione alla sola cittadella, si capisce chiaramente, che Fora dello abbandono della Sicilia è suonata. (Giornale di Clary, - dispacci del ministro della guerra de' 16 e 18 luglio). - Mentre il ministro stesso conviene, che

(13 e 14 luglio) 193

"un esercito di oltre 20 mila uomini ben corredato di quanto possa occorrergli, su d'una zona di terreno limitato, a propria scelta, appoggiato da' luoghi fortificati, non è mai in posizioni violente" dice d'altronde, che "le truppe stesse avrebbero dovuto già ritirarsi; ma i rapporti innoltrati dal maresciallo Clary, e quelli fatti dal colonnello Anzani hanno ostacolata tale determinazione.

" (Telegramma de' 18 luglio).

Le speranze però, e la fiducia del nuovo ministero costituzionale napoletano sono riposte, non più su l'esercito; ma su le relazioni diplomatiche, che esso dice" esseri giornalmente in via di miglioramento"

: in conseguenza (il ripetuto ministro della guerra continua a dire) "si deve cercare di evitare il combattimento; poiché la ripresa delle ostilità nuocerebbe grandemente alle stesse relazioni diplomatiche, ed un rovescio apporterebbe la perdita totale" (telegramma degli Il luglio)

. Facilmente si comprende, che le relazioni diplomatiche migliorate

, alle quali accenna il ministrò, alludono alla sperata mediazione anglo-francese, ed alla proposta alleanza col Piemonte, dove si sono spediti speciali legati per contraria, e per ottenere, che la corte di Torino influisse a distornare Garibaldi dallo invadere il continente, offrendosi il governo napoletano a duri sagrifizii, il più grave de' quali sarà lo sgombramento della Sicilia, come si leggerà in seguito.

DOMENICA 15 LUGLIO

La colonna di Bosco giunge a Milazzo.

1. Dopo aver rimaste 4 compagnie dell'8 cacciatori a Spadafora, a' termini delle superiori istruzioni, la colonna di Bosco giunge alle 4 e mezza pomeridiana in Milazzo, nella cui rocca è già acquartierato il contingente del 1 di linea. (Giornale di Bosco).

Il comandante di Messina descrive lo stato de' luoghi, e chiede le istruzioni.

2. Prevede il comandante di Messina, che la sua posizione oltremodo delicata lo metterà al caso di non aver più comunicazioni col continente; per cui chiede al ministro della guerra in Napoli istruzioni precise, anche per

194 (15 luglio)

trasmetterle a colui, che. dovrà rimpiazzarlo, in caso di morte, o di gravi ferite; egli osserva così: - ..." la Sicilia obbedisce ad un governo intruso, non esclusa la provincia di Messina, e la città stessa di Messina, in cui i pochi impiegati rimasti sono in tale perplessità pe' fatti, che si compiono alla giornata, che non si sa più a chi obbedire: quando si negano a' voleri del sedicente dittatore la loro esistenza e minacciata, e molte volte finita: al contrario, io li richiamo al giuramento, ma non posso far uso degli stessi mezzi di punizione... quasi tutti gl'impiegati e funzionarii sono andati a stabilirsi col nemico in Castroreale. Io cerco essere autorizzato a nominare provvisoriamente i rimpiazzi per riattivare il servizio pubblico, sopratutto in materia di finanze, che ora si fa per conto del nemico sotto gli stessi occhi della truppa. Questa però, e la cittadella fanno ancora vedere una larva del potere sovrano ivi, come in Milazzo, in Siracusa, in Augusta. Quindi domando precise norme a seguire, sia nel felice caso di dover continuare la marcia su le altre provincie, ove comincino le truppe ad esser vincitrici; sia nel funesto caso di una rotta" - ed in questo ultimo caso enumera le tremende difficoltà, che incontrerebbe per una ritirata. (Rapporto di Clary al ministro della guerra de' 16 corrente). Cifre tradite del telegrafo elettrico.

3. Dal giornalismo essendo stata pubblicata una segnalazione in cifra diretta dal generale Clary a Napoli, gli s'ingiunge a cambiarla con altra diversa. (Telegramma da Napoli a' 16 luglio. Altra lettera di Cavour all'ammiraglio Persano.

4. "Torino 15 luglio 1860. - Signor Ammiraglio. - Ricevo in questo momento la sua lettera di cui là ringrazio. Dichiari formalmente in nome mio al generale Garibaldi esser una solenne menzogna, che esistano altri trattati segreti; e che i rumori di cessione di Genova, e della Sardegna sono sparsi ad arte da' nostri comuni nemici".


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(16 e 17 luglio) 195

LUNEDÌ 16 LUGLIO.

Tende per la truppa.

1. Reiterate insistenze avanza il generale Clary, onde avere da Napoli le tende per le truppe al bivacco perenne su le montagne, dove i soldati si rovinano, e muoiono senza ricovero: gli avamposti sono fissi per 15 giorni: baracche non se ne possono costruire per la gran difficoltà di procurarsi il legname indispensabile. (Telegramma de' 17 corrente e 5 agosto). Truppa a Milazzo.

2. La colonna Bosco a Milazzo prende posizione d'avamposti; e nel corso della notte in quello a' molini, dov'è collocata una compagnia di cacciatori, vede arrivare 12 garibaldini a cavallo, che fanno fuoco, e friggono co' soliti gridi viva Italia e Garibaldi. (Giornale di Bosco).

MARTEDÌ 17 LUGLIO.

Rinforzi a Messina.

1. Arriva oggi a Messina, per via di mare, la brigata Palmieri. (Giornale di Clary). Primi attacchi di una frazione della colonna Bosco: combattimento di Archi; e ritirata a Milazzo del maggiore Maring, benché vincitore.

2, Si aumenta d'un altra compagnia di rinforzo l'avamposto de' molini, dopo l'allarme di jersera. Dalle prime ore di questa mattina si spedisce a prendere posizione in Archi una piccola colonna di 4 compagnie dell'8 cacciatori, una sezione d'artiglieria, ed un plotone cacciatori a cavallo, sotto il comando del maggiore Maring. A mezzodì è attaccata da una massa di garibaldini, impegnandosi il combattimento nella pianura di lato alla strada, che mena a Milazzo dalla parte di Barcellona: i garibaldini sono respinti, perdendo 21 individui tra feriti, e prigionieri, ed in questi v'è un capitano; così si viene a sapere essere due compagnie piemontesi quelle che hanno attaccato. Le truppe si sono battute coraggiosamente, e si e distinto per prodigii di valore l'aiutante d'artiglieria Stefano d'Auria della 13 batteria, non solo co' cannoni,

196 (17 luglio)

ma anche ingolfandosi nella mischia con la sola spada; riporta una ferita, ed è promosso alfiere. Dopo aver inseguiti i fuggitivi, il maggiore Maring, benché avesse riportato vantaggio, si ritira con la sua truppa a Milazzo dove è rimproverato dal comandante in capo Bosco, il quale, a togliere le dicerie di essere stata perditrìce la vittoriosa truppa di Maring, spedisce subito il tenente colonnello Marra con altra forza (e si noti, che l'ottavo battaglione cacciatori si ricusa ritornare in Archi senza il proprio comandante messo in punizione) a rioccupare Archi, dove nella stessa giornata si batte con forti masse nemiche ivi sopraggiunte: la posizione vien sostenuta, ed il fuoco cessa in su là sera: si deplorano bastanti perdite di soldati da parte della truppa; maggiori però quelle del nemico: a mezzanotte il comandante Bosco viene ad assicurarsi della posizione, e rinforzarla se fosse d'uopo; ma osservando essere inutile il rimanervi, rientra con tutta la truppa in Milazzo, dove proclama lo stato d'assedio, ed annunzia là Costituzione del 1812: si affretta a chiedere nuovi rinforzi al generale Clary in Messina, atteso l'ingrossamento de' nemici a Barcellona. ((Rapporto del colonnello Bosco, e suo giornale;

telegramma di Clary al ministro della guerra de' 19 corrente). Giudizio del ministro della guerra su questo primo attacco di Archi.

3. L'attacco di oggi è già conosciuto a Napoli, dove il ministero considera come sua grave responsabilità l'

essersi ricominciate le ostilità: ad ogni modo ordina al comandante in capo di Messina di agire con piena libertà di azione ora che è stato attaccato; ma sempre in coerenza delle precedenti istruzioni: - "assicura di protestare da parte del governo di Napoli in questo punto verso tutte le Potenze d'Europa per le riprese ostilità, malgrado le precedenti convenzioni, ed in disaccordo completo CON LE TRATTATIVE IN CORSO" - : dice pure - " in punto si fanno rimostranze presso il sovrano piemontese perché allontani i suoi legni da guerra e si abbia così facoltà di agire liberamente contro i legni di Garibaldi, quantunque coverti della bandiera nazionale sarda: dopo queste rimostranze si spera avere il concorso della nostra marina: si raccomanda trattare con la massima distinzione

(17 luglio) 197

i 21 prigionieri fatti in Archi, e rinchiuderli nella cittadella." (Telegrammi del ministro della guerra al generale Clary a' 20 corrente) (1).

(1) Ne' dispacci del ministero napoletano leggendosi troppo spesso in questo mese la pendenza di trattative diplomatiche, su le quali sembra contare, più che su l'esercito concentrato in Messina, credesi opportuno fare qui menzione di ciò che si raccoglie nella stampa contemporanea sull'obbietto. Il nuovo ministro napoletano delle finanze sig. Manna, unito al barone Antonio Winspeare, inviato plenipotenziario, sono incaricati dal governo di S. M. Siciliana a conchiudere un trattato di alleanza col Piemonte. - Ne' primi abboccamenti in Torino col presidente del ministero Cavour, essi espongono, che precipuo oggetto di loro missione è quello di sollecitare il Piemonte a far uso di tutta la sua influenza presso Garibaldi per indurlo ad abbandonare qualunque disegno contro il continente napoletano, ed a questo patto il re Francesco II, sospenderebbe le ostilità, sgombrando la Sicilia delle sue truppe:

alcuni periodici, che si credono più internati nelle negoziazioni politiche de' gabinetti, aggiungono anche altre basi, condizioni, e clausole della proposta alleanza, - Cavour risponde: "non sapere veramente quanto valer potesse la influenza del governo sardo su l'animo di Garibaldi, citando a pruova il fatto, della spedizione in Sicilia compiutosi a totale insaputa del governo stesso:

tuttavia per dar saggio di buon volere sarebbe condisceso di manifestare a Garibaldi le buone intenzioni del re di Napoli, purché questi per garentia di sue pacifiche disposizioni mandasse tosto ad effetto le sue promesse riguardo alla Sicilia, sembrando inverosimile, che Garibaldi vi si acchetasse fino a che le regie truppe si tengono in una minacciosa posizione a Messina. - "Partecipata questa risposta dall'inviato Manna (poscia divenuto ministro di agricoltura e commercio al servizio del re Vittorio Emmanuele) al suo governo di Napoli, questi credendo salvare i dominii continentali dalla invasione di Garibaldi, trasmette ordini immediati per lo sgombramento della Sicilia, e pel ritiro dello esercito concentrato in Messina. Intanto a' 25 di questo mese i legati Manna, e Winspeare sono ricevuti dal re Vittorio Emmanuele, dopo del quale ricevimento costui fa partire per la Sicilia il suo uffiziale di ordinanza conte Litta-Modignani latore di un reale chirografo per Garibaldi, che vuoisi cosi concepito: - "Caro generale. - Voi sapete, che allorquando partiste per la Sicilia non aveste la mia approvazione: oggi nelle gravi circostanze presenti io voglio darvi, un consiglio,

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Osserva di riscontro il generale Clary, che "codeste rimostranze al re del Piemonte arrivano un po' tardi, giacché Garibaldi si è presentato avanti Patti, e Milazzo

conoscendo la sincerità de' vostri sentimenti per me. A fine di far cessare la guerra fra italiani, ed italiani, vi consiglio di non passare con la vostra truppa sul continente napoletano; purché il re di Napoli accontenta di evacuare tutta l'isola

, e lasciare i siciliani liberi di decidere e disporre del loro destino. Io mi riserbo intera libertà dazione relativamente alla Sicilia pel caso, in cui il re di Napoli non potesse accettare questa condizione. Generale! seguite il mio consiglio, e vedrete, che esso è utile all'Italia, alla quale voi faciliterete di poter aumentare i suoi meriti, . mostrando all'Europa, che come essa sa vincere, sa del pari beo usare della vittoria. "VITTORIO EMMANUELE".

A questa lettera, Garibaldi avrebbe risposto da Sicilia a' 27, di questo mese di luglio nel seguente modo: "Sire! - La Maestà Vostra sa il profondo rispetto, e la devozione, che ho per essa, ma lo stato attuale degli affari d'Italia non mi permette di obbedirla come vorrei. Chiamato dalle popolazioni, io le contenni fino a quando mi fu possibile, ma se esitassi ora, ad onta di tuttociò che mi si chiede, mancherei al mio dovere, e comprometterei la sacra causa d'Italia. - Permettetemi dunque questa volta, o Sire, di disubbidirvi: allorché avrò adempito il mio compito e liberale le popolazioni dal giogo detestato, deporrò la mia spada a' vostri piedi, e vi obbedirà per tutto il resto della mia vita. "G. GARIBALDI".

Ne deriva necessariamente la sospensione de' negoziati tra le reali corti di Torino, e di Napoli, la quale ultima corte già per parte sua adempie allo sgombramento della Sicilia in compruova della sua grande buona fede ne' negoziati stessi. Cavour, (mentre segretamente opera e scrive a favore della rivoluzione, giusta i documenti riportati in varie pagine di questa cronaca) partecipa una nota agi' inviali napoletani, nella quale comincia dal dichiarare, che Garibaldi prevalendosi della indipendenza di fatto, in cui è posto dalle circostanze, rifiuta con rispettoso, ma chiaro linguaggio, di cedere a' consigli di Vittorio Emmanuele, e manifesta apertamente di non arrestarsi nel corso delle arrischiate imprese; - che il governo di Torino non può uscire dalla sfera de' consigli, e delle persuasive, e deve avanti tutto astenersi dal prender parti ad una guerra fra italiani da lui altamente deplorata; ed in fine vedesi costretto ad aspettare, che nuove circostanze esibiscano al suo governo

(17 luglio) 199

trasportando truppe con una fregata da 60 ad elice, il Veloce, il Duca di Calabria, e l'Elba; ed il primo di questi legni ha fatto fuoco contro la piazza. "Deplora inoltre di essersi molto perduto per la inerzia di stare aspettando, che prima avessero attaccato i nemici, i quali invece si sono tanto fortificati sotto i loro occhi: prevedendo questo tristo caso da 45 giorni scrive sempre lo stesso. £ rammenta, che se avesse attaccato quando gli s'impose non muoversi, ed avesse progredito dopo la vittoria di Catania, a questa ora egli sarebbe a Palermo, o Garibaldi non si sarebbe ingrossato. (Telegramma, e rapporti de' 31 luglio).

una occasione più favorevole etc. etc. (Si vegga sotto la data del 1 giugno, a pie della pagina 145.) A questa artificiosa nota rispondono gl'inviati napoletani, ed abilmente redarguendo la frase di Cavour di doversi astenere dal prender parte ad una guerra fra italiani, insistono perché il governo di Torino impedisse oramai la partenza continua da' suoi porti de' volontarii per Sicilia, facendosi a domandare in questi termini: - "A che tendono le spedizioni? Quali nemici vanno esse a combattere? - Cosa si va a sostenere con queste spedizioni? - L'idea rivoluzionaria. - Or l'idea rivoluzionaria, non è l'idea itali. ma l'interesse d'Italia, quello del Piemonte, e di Napoli esigono, che questi due paesi, cosi differenti per condizioni politiche, e civili, sieno riuniti fra loro co' semplici legami di quell'alleanza, cui si è già data la mono". (Si confronti la precedente nota apposta sotto la data 5 maggio pag. 64).

È da notarsi, che gl'intimi amici di Garibaldi non prestano fede all'autenticità delle sudette lettere, tra lui, e Vittorio Emmanuele, e dicono essere una gherminella per far vie più assonnare il governo di Napoli, e coglierlo alla sprovvista, (Vedi Dumas, Les Garibaldiens

, pag. 236). Vi è pure chi ha affermato storicamente: - "Può essere, che Garibaldi ricevesse altre lettere diverse da questa; ma non erano certamente dettate dal ministero" (PIANCIANI, op. cit. p. 258). Infine è solennemente passalo in cosa giudicata nella storia "che nel 1848 l'abate Rosmini inviato specialmente dal governo sardo a Roma per conchiudere la Confederazione italiana, rinunziava al mandato, essendosi accorto, che la Confederazione non si voleva a Torino

".

Il costante scopo adunque del Piemonte è stato sempre non di allearsi col reame di Napoli e con gli altri stati italiani, ma di usurparli.

200 (12 luglio) Esagerazione de' bollettini garibaldini circa il combattimento di Archi.

4. Da qualche giorno le disposizioni di Garibaldi in Palermo rivelano, che egli si prepari per qualche attacco: tutti i sartori lavorano camice rosse, bianche, bige; diecimila paia di scarpe sono allestite in otto giorni. Medici con varie bande lo precede alla direzione di Messina, ed un primo bollettino di costui è affisso agli angoli delle strade di Palermo, che così narra l'odierno attacco sostenuto in Archi: "- Barcellona 17 luglio, 7 ore, 15 minuti di sera. L'inimico ha tentato girare la mia estrema dritta. Ho inviato contro di lui quattro compagnie. Combattimento vivissimo. L'inimico forte di duemila uomini (?) con artiglieria, e cavalleria, è stato respinto a Milazzo. La nostra perdita è di 7 morti, e diversi feriti. Quella del nemico è molto di più, ed ha perduto anche qualche cavallo." - MEDICI.

Indi a poco un secondo bollettino è pubblicato del tenor seguente: - "17 luglio, 2 ore prima di mezzanotte. L'inimico rinnova l'attacco con maggior. energia, e maggiori forze. Il combattimento dura da più ore con un fuoco nutrito, continuo, vivo, imponente. L'inimico ha bombe e cannoni. Con posizioni bene scelte, esso resiste energicamente. Due cariche de' nostri alla baionetta decidono della giornata. L'inimico si ritira a Milazzo: esso ha sofferto gravi perdite in morti e feriti, Abbiamo anche fatto qualche prigioniero. Lo spirito de' volontarii è ammirabile. " - MEDICI.

MERCOLEDÌ 18 LUGLIO,

Apparecchi della colonna Bosco: suo ordine del giorno.

1. La colonna de' regi in Milazzo rinforza sempre più le posizioni per resistere energicamente ad ogni attacco del nemico, che si dice volersi accostare anche perla via di mare. Dopo il contegno di ieri dell'8 battaglione cacciatori il comandante Bosco pubblica il seguente ordine del giorno: - "Comando della colonna di operazione. - "I sentimenti degli ufficiali, che da me dipendono, sono quelli che competono ad uomini di senno e di onore; quindi la loro fede alla dinastia è sacra, ne può vacillare.

(18 luglio) 201

La classe de' sottoufficiali conferma l'attaccamento al Sovrano col ben combattere e ben servire, e mi colma di gioia il leggere negli appelli di corpo constatatala loro presenza, e la loro fede. Mi limito adunque a dirigere queste poche, ed affettuose parole a' bravi soldati de' corpi, che mi dipendono, onde salvarli dalla corruzione; fidando nelle intelligenti due citate classi, perché facciano bene comprendere lo scopo degli avversarii. - Soldati! Il vostro valore, e la vostra devozione all'adorato Sovrano sgomenta l'avversario, il quale se fosse bravo, ed a noi superiore, non studierebbe porre in uso la corruzione, adoprando finanche i frati, come propagatori di false idee, e falsissime promesse per rendervi spergiuri. - Non vi nascondo, perché mi lusingo, la ferma volontà de' vostri nemici per assassinarmi, e privarvi, non d'un bravò condottiero, perché tale non sono; ma invece distruggere l'uomo, cui voi accordate tanta affettuosa fiducia, sol perché vi ama e vi guida con amore e fermezza, onde facendo trionfare l'ordine e la disciplina ci renderemo invincibili contro le masse di qualunque numero, e di qualunque provenienza. - Non prestate ascolto alle favole l'essere noi attaccati da mare e da terra. Persuadetevi, che tutto. quello che si dice è bugia, che va creduta soltanto dalla classe poco istruita, e dal volgo. Ne volete una pruova? Questi vili propagatori definiscono essere stati noi battuti jeri ad Archi, sol perché per precipitato giudizio di chi comandava l'8 cacciatori, lo fece tornare dopo la vittoria dimostrata dalle numerose armi, e da non pochi prigionieri. - Io credetti distruggere il pensiere de' ribelli, che forse credevano che non era a noi di sempre batterli ed occupare il punto, o il paese, che ci fu ordinato tenere, come fu appunto Archi. Scopo dell'ordine si fu di assicurarsi il governo, se il nemico ci avrebbe attaccati. La colonna, che riprese ieri la posizione ebbe lievissima perdita, ad onta delle numerose masse colà postate, e quindi vittoriosa riposò sul campo, né sarebbesi spostata senza un mio ordine, che fu dato, cessato lo scopo. La ritirata del nemico è dimostrata dal non avermi attaccato nella mia marcia di notte. Vi esorto, miei bravi, ad ascoltare le parole di un leale soldato sprezzatore della vita pel trionfo dell armata napoletana, e della Dinastia, che ci governa. Viva il Re! Viva il Re! Viva l'armata!" DEL BOSCO.

202 (18 luglio) Garibaldi raggiunge Medici presso Milazzo: suo proclama a' siciliani.

2. Sospettando, che la banda di Medici avesse avuto a soccombere in un altro attacco con le truppe napoletane pugnanti energicamente (come egli medesimo esprime nel secondo bollettino dianzi trascritto), e che fosse perciò da inviarglisi un soccorso immediato, Garibaldi oggi improvvisamente si risolve a partire da Palermo con mille uomini sul battello inglese Aberdeen: altri bastimenti pure carichi de' suoi lo precedono verso Messina, e Milazzo; altri lo seguono: poche truppe rimangono in Palermo, d' onde sono usciti circa ottomila armati da' 15 corrente sin'oggi: Crispi lo accompagna come segretario di Stato della dittatura. Partendo Garibaldi pubblica il seguente proclama: "Siciliani! - Il continente italiano m'invia i suoi figli in gran numero, chiamati dagli oppressi: io marcio con essi verso Messina. Là aspetto la brava gioventù siciliana: poi suggelleremo una terza volta il patto tirannicida, che deve spezzare gli ultimi anelli delle nostre catene, e porre l'ultima pietra all'edifizio nazionale. - A Calatafimi, a Palermo, i figli di questa terra non furono chiamati invano da - GIUSEPPE GARIBALDI.

Atti dittatoriali di Garibaldi; e suo contegno in fatto di religione.

3. Ecco i più importanti decreti di Garibaldi: - 1. Tutti i coscritti subito chiamati sotto le bandiere. - 2. Obbligo a' comuni di nutrire le famiglie delle reclute povere, salvo d'esserne rimborsati dallo Stato. - 3. Durante l'assenza del dittatore da Palermo, la piena autorità dittatoriale sarà esercitata in sua vece, e sotto i suoi ordini dal generale Sirtori. - 4. Costui capo dello stato maggiore dello esercito nazionale, è altresì incaricato di reggere la segreteria di Stato della guerra invece del generale Orsini, la cui dimissione è accettata; ma che ritiene il comando generale dell'artiglieria. - 5. Gaetano Sangiorgio è no minato segretario di Stato per la sicurezza pubblica, in luogo di Luigi la Porta, che ha chiesto tornare al militare. - 6. Sono destinati segretari di Stato Gaetano la Loggia per gli affari esteri, Giovanni di Giovanni per le finanze, Michel pe' lavori pubblici, Giovanni Interdonato

(18 luglio) 203

per grazia e giustizia, e culto, Giuseppe Piola per la marina, - 7. Francesco Crispi segretario di Stato alla immediazione del dittatore è nominato segretario di Stato da far parte del consiglio di Stato. - 8. Giuseppe Costantini e Bracco è nominato questore di Palermo; - 9. Durante la guerra, finché le città di Messina e di Siracusa saranno occupate dalle truppe borboniche, la legalizzazione degli atti notarili da usarsi fuori quelle provincie, o che in qualunque modo convenga legalizzare, si farà dal presidente, ed in caso d'impedimento, o assenza di costui, dal giudice anziano del tribunale della provincia dove risiede il notaio. - 10. Fintanto che le truppe borboniche occuperanno la città di Siracusa, gli ufficii pubblici, ed i tribunali sono trasferiti in Floridia. - 11. Il termine per le operazioni delle commessioni elettorali sino al giorno d'oggi col decreto de' 14 andante, è prorogato a tutto il 6 prossimo agosto. - 12. Il segretario di Stato delle finanze è autorizzato ad emettere in anticipazione delle entrate dello Stato tanti boni del tesoro di ducati dieci l'uno sino alla somma di ducati quattrocentomila; essi saranno all'ordine o al latore, a stampa con bollo a secco, soscritti dal tesoriere generale, visti dal controloro generale, giusta il modello, la scadenza non meno di tre mesi (ogni mese di 30 giorni), non più di 12; l'interesse graduato secondo le scadenze sarà stabilito su' boni dal segretario di Stato delle finanze. - 13. Per l'abolizione del dazio sul macino fatta da Garibaldi a' 17 maggio, e pe' scemati introiti delle dogane a causa del contrabbando, essendo il tesoro di Palermo in grave deficit, si aumenta il debito pubblico di Sicilia d'un altra annua rendita di ducali ottocentomila, (corrispondente ad un capitale di 16 milioni di ducati) aggiunta all'antica rendita stabilita co' decreti de' 18 dicembre 1849, e 2 marzo 1850, i cui titoli saranno ritirati, e ridotti ad unico tipo con quelli della nuova rendita, nel termine, e ne' modi da prescriversi con altro decreto; negoziabile in tutte le borse d'Italia, ed anche dell'estero. (Questo ultimo atto vedesi pubblicato a' 27 dello entrante agosto).

Come più efficace mezzo di corruzione antireligiosa nella Sicilia è la creazione d'un collegio per riunire in Palermo i figli del popolo, che deve avere le diramazioni in tutte le provincie: ad ogni alunno si assegnano tre carlini (1 fr. 25 c.) al giorno, e se ne affida la direzione a Mario,


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204 (18 luglio)

antico mazziniano, il quale dichiara francamente nel suo programma: - "Che la educazione religiosa degli alunni, non sarà quella de' preti cattolici; ne s'insegnerà la ridicolaggine della confessione

, della comunione, del Papa etc. che si sono finora insinuate alla gioventù; ed invece sarà una istruzione adattata a' tempi, ed alle novelle condizioni della Italia rigenerata".

Ma con questi, e con altri molti artifizii, i sedicenti apostoli della rigenerazione sicula, se avran potuto rapire le ricchezze di quella classica terra, distruggerne le monumentali istituzioni, abbattervi ogni ordine e pace, non riesciranno però a sradicarne la innata fede religiosa. E ben se '1 sa il Garibaldi, il quale dal dì, in cui ha messo piede in Sicilia, si è accorto esservi profondamente radicata la religione cattolica, ed a guadagnarsi l'ambito favor popolare essergli mestieri, il più che gli fosse possibile, di affettare pietà. Per farne mostra si dà a percorrere i monasteri di Palermo; ed in uno dice, non aver intenzione di molestare le Vergini consacrate a Dio; - in un secondo, covrendosi il volto con le mani, protesta contro la dura necessità che l'obbliga a discacciare i gesuiti, non senza pruovarne una viva pena di cuore; - in un terzo fa profonda riverenza alle statue de' santi, e sussurra in modo da farsi intendere dagli astanti "e poi dicono che io sono scomunicato

"; - in altro sito si umilia fino ad abbracciare qualche religioso infermo; da per tutto assume l'esteriore e la favella di ascetismo, e si sforza di sostenere la figura di uomo del Signore. Vuol dare al popolo di Palermo un attestato di sua devozione facendo divulgare il suo pellegrinaggio sul monte dov'è il santuario della protettrice s. Rosalia; nella cui festività ad occasione della messa pontificale nel duomo, trasformandosi in Legato Apostolico di Santa Chiesa (prerogativa concessa da' Sommi Pontefici all'antica monarchia di Sicilia), monta sul trono reale in camicia rossa, ed alla lettura dello Evangelo snuda la spada, solennità da re, per la difesa della fede cattolica. - Ma il controsenso è manifesto! Contemporaneamente la stampa trascorre nelle più empie massime; le bibbie falsate da' protestanti inondano l'isola sotto il patrocinio garibaldino; s'insultano le sacre funzioni; oltraggiasi dovunque il clero; e negli stessi discorsi plateali fatti in seguito dal Garibaldi medesimo sarà bestemmiato

(18 luglio) 205

ad alta voce il Sommo Pontificato con le sacrileghe espressioni di" cancro d Italia, che disconosce Cristo, disconosce la sua religione, vuole schiavi gli uomini etc"

(1). Indarno però con ogni mezzo di condizione, con immense calunnie, con persecuzioni e martirii, si procurerà versare a piene, mani la miscredenza e l'anarchia nel seno delle masse; perocché queste rimarranno fedeli alla religione de' loro padri. Que' creduli che si lasceranno contaminare diverranno malvagi, sanguinarii, ed allora si vorrà definirli ingovernabili, e con l'abituale calunnia se ne darà la colpa al passato governo. Ma non si accorgono, che avendo privata d'istituzioni e di libertà la Chiesa maestra del popolo, non può essa più istruirlo; - avendola spogliata de' suoi beni non può essa assisterlo, ne soccorrerlo più; - ignominiata agli occhi del popolo stesso, mercé il disprezzo per tutto ciò che vi è di più sacrosanto, beffeggiata col riso volteriano essa, non ha più efficacia pel ravvedimento di coloro, che la rivoluzione ha voluti sottrarre dalle braccia

(1) Sono notorie le empie proposizioni, che infarciscono i pubblici discorsi garibaldeschi, sopratutto quello pronunciato a Napoli 31 ottobre 1860, di cui si farà cenno in seguito sotto codesta data, e gli altri più violenti in Sicilia nella està del 1862. Nella lettera alla società operaia di Napoli, che lo elegge presidente perpetuo onorario, il Garibaldi più apertamente dice: - "Mai noi faressimo (sic) un sacrilegio se durassimo nella religione de' preti di Roma:

essi sono i più fieri, e più terribili nemici d'Italia:

dunque fuori della nostra terra questa setta contagiosa e perversa; i nostri preti non li vogliamo della religione de' nostri nemici j fuori le vipere della città eterna". Ed in altra lettera alla società operaia di Palermo, che gli conferisce consimile onore, replica le stesse bestemmie, e conchiude: " noi non siamo della religione del Papa; in conseguenza deliberiamo, che il Papa, i Cardinali etc. cambino immediatamente bottega, e vadano il più possibile lontani dall'Italia". Nella lettera alla guardia nazionale di Napoli 1 ottobre 1861 dice tra le altre empietà: "un giorno dall'alto d'un balcone dissi a voi, il peggiore de' vostri nemici è il Papa... oggi devo dirvi, che i preti complici del Papa-Re, pari a lui sono vostri nemici, e voi dovete lavare di quella sozzura le bellissime vostre contrade... incontrandoli sul vostro passaggio, dovete schiacciarli come cosa schifosa appestata!!! Vergogna di 18 secoli!

" (Riportate in varii giornali italiani ed esteri).

206 (18 e 19 luglio)

di quella madre, dalla quale ricevevano il conforto della fede, della speranza, e della carità, cui le fazioni han sostituito l'ateismo, la ferocia, ed il pugnale.

GIOVEDÌ 19 LUGLIO.

Apparecchi per nuovi allocchi a Milazzo.

1. Le regie truppe sempre più si fortificano in Milazzo, nelle cui adiacenze si scovrono già le prime vedette del nemico, che avanza; i vapori del quale si mantengono sempre nelle acque di quella rada. Giunge da Messina il capitano d'artiglieria Fonseca latore d'un riscontro del generale Clary ad una veemente lettera di Bosco del giorno di jeri, e lo assi cura non potergli inviare rinforzi per mare, mancandogli i vapori da guerra, che attende da Napoli, confida nel suo braccio, nell'abnegazione necessaria in questi momenti solenni, e dice, che gli conviene tacere su la risoluzione espressa da Bosco di volersi dimettere se non ottenesse la destituzione del maggiore Maring, e se non gli si spedissero tutte le truppe, e gli uffiziali da lui chiesti. (Giornale di Bosco)

. Una fregata degl'insorti, e i due piroscafi napoletani Elba, e Duca di Calabria predati ultimamente dal disertato Veloce (ribattezzato col nome di Tuckery)

armati da essi, incrociano avanti Milazzo. (Telegramma de' 20 corrente di Clary al ministro della guerra: nel quale si con ferma sempre più essere stati i piemontesi usciti da Barcellona, che attaccarono i primi in Archi gli avamposti napoletani).

Feste pel natalizio di Garibaldi.

2. Con serenate, fuochi di gioia, esposizione della effigie coronata di lauri e fiori, oggi gÌ insorti in Palermo solennizzano l'anniversario della nascita di Garibaldi.

Diserzioni dei regii

3. Disertano da Messina il primo tenente Raffaele Stani del 5 di linea, e il figliastro Leopoldo Fiordeliso terzo chi rurgo dello stesso corpo.

(20 luglio) 207

VENERDÌ 20 LUGLIO.

Attacco di Milazzo: le regie truppe in numero inferiore si sostengono con vantaggio contro le soverchianti forze garibaldine,

1. Essendosi riconosciuto che l'imminente attacco del nemico poteva dirigersi contro le reali truppe già messe in ordine ai battaglia a Milazzo, per cinque vieche da Barcellona a s. Lucia conducono colà, il comandante incapo Bosco fa prendere le opportune posizioni dall'artiglieria e dalla poca forza, che è sotto i suoi ordini, 1. 8. e 9. battaglione cacciatori incompleti, in tutto 1700 soldati contro forze a fronte sei volte più numerose, ammontando a 12 mila i garibaldini. Questi appariscono alle 5 del mattino, scendendo da Meri verso il villaggio s. Pietro. Esce dalla città l'artiglieria regia per essere più libera a manovrare all'aperto. Senza veruna provocazione da parte de' regii j sono questi assaliti alle sei del mattino, nel centro della loro linea, alla distanza di circa un miglio da Milazzo: molto più ferve la mischia verso i molini, dove si trova Bosco co' capitani d'artiglieria Fonseca e Pourman secondo: dopo una moschetteria ben continuata per due ore, l'artiglieria napoletana nel posto Fiumara apre il fuoco secondata da quella dell'ala sinistra a' molini: l'ala destra, assalita debolmente da prima, risolve ritirarsi, perché troppo molestata dalla mitraglia, che il disertato vapore Veloce tira dal lato del mare: la lotta è sanguinosa: le reali truppe combattono valorosamente, e fino alle 12 meridiane il vantaggio è per esse; ma le sorti della guerra mutano quindi pe' continui rinforzi di uomini e munizioni ohe sopraggiungono al nemico da terra, e da mare, di cui ha libero lo sbarco pe' suoi vapori, mentre i napoletani scemano pe' morti e pe' feriti, e non sperano aumento per niuna delle due vie. Dopo nove ore di fuoco energicamente sostenuto, le truppe reali ripiegano nel forte di Milazzo, continuando ad essere molestate dai tiri del Veloce. La poca cavalleria si da a caricare con vigore, e il suo capitano Giuliani cade colpito da proiettile e da, sciabolata, con altri 7 soldati: il suo luogotenente Faraone riceve 7 ferite tutte d'arme da fuoco (ciò che confuta evidentemente il vantato scontro ad arma bianca,

208 (20 luglio)

che si attribuisce a Garibaldi contro questo uffiziale): una riserva del 9 battaglione cacciatori viene messa in azione con poca previdenza, e contro gli ordini del capo, dal tenente colonnello Marra, con che nel bisogno non può aversi un distaccamento di truppa fresca, per riprendere l'unico obice perduto, e non mai i cinque cannoni, come millantano i partigiani di Garibaldi. La ritirata de' regi, dopo aver avuti uccisi due ufficiali e 38 soldati, e 31 di questi ultimi smarriti, è fatta con tale ordine, da poter seco trasportare non solo i proprii feriti (83 soldati, e 8 uffiziali); ma anche raccogliere caritatevolmente quelli dei nemico. La perdita di costui sarebbe stata di 1800 uomini, secondo riferiscono i prigionieri ed alcuni sottouffiziali disertori accostatisi al forte di Milazzo durante la tregua, e lo stesso Garibaldi avrebbe confessato con Salvy comandante la nave francese Protis di aver perduti 800 uomini dagli ottomila di suo comando, mentre tutti convengono ammontar questi a 12 mila. Nel paese interamente abbandonato dagli abitanti entrano i garibaldini con timidezza, scaricando colpi di carabina senza necessità, e sol quando osservano il perfetto silenzio de' regi, cessano dal tirare. Da una cifra de' morti, e feriti nel fatto di Milazzo trasmessa a Torino si rileva, che Garibaldi ne avrebbe avuti in tutto 780, e le reali truppe 1223. (Rapporto officiale del comandante Bosco).

Su questo combattimento viene rassegnata al Re dal comandante Bosco la seguente relazione: "Il combattimento de' 20 sostenuto da 1800 soldati di Vostra Maestà contro ottomila e più seguaci di Garibaldi (regolari, e non massa) conferma due cose; la superiorità delle reali truppe ad onta della inferiorità decisa delle loro armi; e quanto io previdi al maresciallo Clary circa il poco numero de' combattenti, co' quali non potevo io lottare e guardare un forte sprovvisto di difesa naturale (perché dominato), di viveri, con 2 mila razioni guaste, senza munizioni perché per soli 7 giorni 60 tiri per cannone; senza acqua, perché fetida in gran parte; senza strumenti per far opere di terra, appena ho trovato mille sacchi per tare due traverse grandi, ed altre piccole per fucileria; né ho potuto garentire e salvare i miei soldati dalle carabine nemiche. In ultimo umilio a V. M. che la truppa, parte per seduzione, parte perché non abituata

(20 luglio) 209

a' disagi di un assedio, ha mostrato vivo risentimento per la riduzione a metà delle razioni, e finalmente i nuovi battaglioni nemici che arrivano giornalmente, han fatto profferire alcune voci di malcontento di aprir le porte, e lasciarmi solo... Onde salvar l'onore dell'armata, e il mio col sacrifìzio della propria vita ho fatta pervenire a Garibaldi una

proposta... (Rapporto del colonnello del Bosco de' 23 corrente). Il romanzo e l'idillio in luogo della storia sul combattimento di Milazzo: incidente della visita di Dumas: - ingratitudine municipale di Palermo.

2. In Palermo si pubblica officialmente il seguente bullettino: - "Campo nazionale di Meri, 20 luglio. - Questa mattina alle 6 cominciava uno scambio di colpi di fucile: si credé su le prime un affare di avamposti, ma presto divenne un azione generale. I regi avevano artiglieria, i nostri ne mancavano. La mischia e stata terribile, perché i regi si battevano dietro i ripari, ed i nostri allo scoverto. Un momento la posizione è sembrata difficile; ma al nome magico di Garibaldi i nostri slanciatisi come leoni, l'hanno superata, ed alle 3 e mezza pomeridiana sono entrati in Milazzo, dopo essersi impadroniti di 5 pezzi d'artiglieria, de' quali tre fuori le mura, e due allo ingresso della città (1). Il vapore il Veloce cannoneggiò il forte, dove i regi si rinchiusero, sempre inseguiti con la baionetta alle reni. I nostri hanno di seguito presa la prima porta del forte ed un bastione, e la nostra bandiera sventola sur una torre. §i ritiene come certa la resa del forte, e della intera colonna. Ci giunge un rinforzo di truppa con cannoni rigati".

Sul decantato tema del conflitto di Milazzo è pubblicata in vari giornali una lettera del romanziere Alessandro Dumas istoriografo di Garibaldi: a fronte de' veri fatti è veramente strana la iperbolica sua narrazione, che comincia: - "Gran combattimento, gran vittoria, settemila napoletani son fuggiti innanzi a duemila cinquecento italiani,... " e su questo tuono passa a rassegna, a modo suo, la zuffa, e crea seimila soldati spinti da Bosco contro i cinque, o seicento assalitori, che lo han fatto ripiegare:

(1) Tra le varie inesattezze, questa de' 5 cannoni è evidente.

210 (20 luglio)

ucciso il cavallo di Medici, colpito innocuamente Cosenz da palla fredda al collo, le suole delle scarpe di Garibaldi, ed una staffa della sella, su cui montava, scucite, E NULLA PIU', dalla mitraglia de cannoni;. feriti poi Missori, il maggiore Breda, il costui trombetta; in una carica di cavalleria nemica Garibaldi con Missori, Statella, e 5 o 6 uomini, ferma per la briglia il cavallo d'un ufficiale napoletano, il quale tira una sciabolata, parata da Garibaldi, ch'egli tagliala gola con un altro colpo; - tre o 4 sciabole de' soldati regi pendono già sul capo di Garibaldi, ma questi ferisce uno degli assalitori, e Missori (non bisogna dimenticare che è già ferito) ne uccide due! - Introduce in iscena svizzeri e bavaresi uniti a' napoletani, ed a godere dello spettacolo, nel fervore del conflitto, fa salire Garibaldi, antico marinaro, su l'antenna del Veloce divenuto Tukery. - Conchiude la descrizione di questa lotta di giganti, con colore arcadico, correndo con la mente a 2500 anni indietro, fino a Cincinnato, che egli crede rivedere in quella sera nella figura di Garibaldi a terra, immerso nel sonno, stanco di fatica, con la sella per guanciale, sotto il portico d' una chiesa, tenendo a canto la serafica cena di pane ed acqua!...

Ad occasione di onesta visita il Dumas è autorizzato da Garibaldi a pubblicare il giornale l'Indipendente, ed a comprare 1500 fucili pel valore di centomila franchi di sborsarglisi in Palermo; dove recatosi, quel sindaco duca della Verdura oppone difficoltà su la forma dell'ordinativo. Vi ripara il profittatore de Pretis, che fa numerare 60 mila franchi, ed altri 40 mila ne pagherà il municipio di Messina al momento della consegna delle sudette armi. Il medesimo Dumas riferisce, che Garibaldi, informato del rifiuto del sindaco di Palermo, lacrimando dicesse: "se io mi fo' uccidere non è per essi; ma per la libertà del mondo."

(Dumas, op. citata pag. 198 e 207).

Il giornale la Presse di Parigi riduce la importanza dello attacco di Milazzo alle sue modeste proporzioni,

cioè "un semplice scontro di avamposti, nel quale due battaglioni e mezzo di napoletani, per riuscire ad un fatto brillante, e tale da rilevare lo spirito della truppa, e permetterle di tenere ancora la campagna aspettando eventi migliori, mettono fuori combattimento 1200 uomini delle masse nemiche di gran lunga maggiori,

(20 e 21 luglio) 211

e piegano in ritirata: né di ciò potrà dirsi conseguenza la prossima presa di Messina, e il quasi totale sgombramento delle regie truppe dalla Sicilia; essendo stato questo un concerto diplomatico stabilito pria di oggi". Di fatti, in una nota pubblicata nel giornale officiale di Napoli (de' 23 corrente) si deplora l'attacco di Milazzo da parte delle forze garibaldine, contro cui le reali truppe si son difese con onore, quando già il real governo, nella pendenza delle migliori trattative d'una lega fra Napoli e Piemonte "aveva ordinato lo sgombramento della Sicilia per evitare la effusione di sangue fraterno". Difficoltà a ripristinare la disciplina militare.

3. Osserva il generale comandante in Messina "non esser facile a rimettere la disciplina militare nell'attuale posizione, e le numerose dissensioni, anche tra uffiziali, esserne pruova: è vero, che non possono sostituirsi altri corpi, se non con elementi dello stesso genere; ma si comprende pure non esser possibile educare quando si deve operare.

" (Telegramma di Clary al ministro della guerra).

SABATO 21 LUGLIO.

Altro ballettino pubblicato in Palermo.

1. In data d'oggi si pubblica in Palermo per tranquillizzare l'ansietà degli abitanti malsicuri dell'esito dell'attacco di jeri in Milazzo, questo più ampio bullettino: - "Jeri alle 6 del mattino la lotta s'impegnò in Milazzo, e fin alle 8 della sera. La mischia fu terribile: combattevasi su tutta la linea. Vi fu carnificina de' borbonici, che battevansi con molta tenacità; il perché bisognò guadagnare il terreno piede per piede sotto una pioggia ai mitraglia. - Il campo di battaglia coverto di cadaveri nemici, e bagagli a ogni sorte con 5 cannoni, fu conquistato finalmente al grido di Viva Garibaldi e l'Italia. - I nostri giovani hanno rivaleggiato di entusiasmo co' bravi della legione di Garibaldi, che è stata la prima a combattere e correre alla baionetta" a forzare Milazzo, e ad impadronirsi del 1. e 2. ridotto del forte, sempre con la baionetta a' reni de' borbonici. Le nostre perdite non sono state eccessive. La legione Garibaldi ha avuto qualche ferito: i nostri giovani altresì hanno poco sofferto;

212 (21 luglio)

ma le perdite de' bravi del continente sono sensibili. - Enormi perdite, e danni ha patito il nemico, che fuggendosi è ritirato ne' ridotti, e quindi nella fortezza. I condotti dell'acqua sono stati tagliati. Questa mattina Bosco si e presentato al dittatore, ed ha chiesto di uscire con gli onori di guerra: - "no

, ha risposto Garibaldi, coi uscirete disarmato, se vi piace. - Fabrizi, e Interdonato han marciato su Gesso per ordine del generale. - Il nemico, che occupava la posizione, si e subito ritirato verso Messina. - Il dittatore in un combattimento di cavalleria a Milazzo, ha col rovescio della sua sciabla fatto saltare il braccio e la spada al maggiore napoletano, la cui cavalleria e stata dispersa e distratta. Giusta punizione di una ostinazione fratricida" .

Attacchi contro il forte di Milazzo.

2. Ritirate jeri le reali truppe nel forte di Milazzo tiravano qualche colpo al Veloce che

cannoneggiava di fianco ed alle masse garibaldine, le quali occupavano le cortine e le batterie per contraccambiare il fuoco di moschetteria, che durava pel resto della giornata proveniente dalle case circostanti al castello, massime di una torre corredata da vessillo tricolore senza stemma, e da un altra casina. immantinenti Bosco segnalava al generale Clary in Messina - "sono chiuso nel forte con gran perdita: un numero di battaglioni cacciatori se sbarcasse in poca distanza da prendere i nemici alle spalle, potrebbe farci riguadagnar terreno: diversamente saremo costretti capitolare, come ognuno giudica con dolore. (Telegramma, e giornale delle operazioni di assedio nel forte di Milazzo).

A questo annunzio, Clary riunisce il consiglio generalizio, che risolve a maggioranza rimanere in Messina a difendersi dal nemico proveniente da Catania, e da Milazzo, e di quest'ultimo sito non potersi assumere il rinforzo, che andrebbe perduto in caso di rovescio, ed anche di trionfo, mancando viveri, e mezzi di trasporto, vapori e cannoniere; in caso estremo ritirarsi in cittadella. (Telegramma di Clary al ministro della guerra).

Il medesimo Clary assicura "che egli ed altri molti desidererebbero marciare sopra Milazzo; ma per mare sarebbe impossibile, perché due piccoli vapori francesi da nolo potrebbero portare un solo battaglione,

(21 luglio) 213

e poi si mancherebbe de' mezzi di sbarco: - per via di terra, che costeggia il mare incrociato da vapori nemici, i tiri di questi sacrificherebbero qualunque truppa costretta nel marciare a lambire la costa: aggiungasi. la mancanza di viveri, e di mezzi di trasporto" (idem). - Il ministro della guerra rimane convinto di queste ragioni, e dice poter imbarcare e sbarcare truppa liberamente su' vapori francesi, e ne verranno altri, avendogliene l'ambasciatore di Francia fatte le più ampie assicurazioni; ma si procuri anzi tutto liberare la truppa rinchiusa nel castello di Milazzo. (Telegramma del ministro della guerra al generale Clary, a' 21 corrente). Intanto si fa il seguente telegramma a tutte le potenze europee: - "Milazzo è stretta dalle truppe di Garibaldi. La guerra e riaccesa in Sicilia. Per mettere termine ad una guerra civile, non v'è sacrificio, che ripugni al re. - È quindi disposto ad ordinare, che le sue truppe si ritirino tutte sul condente, purché s'imponga a Garibaldi di cessare per sempre da ogni ostilità contro noi". Si raccomanda di resistere energicamente per ritirarsi poi ne luoghi fortificati ed imbarcarsi, ancorché le trattative diplomatiche niun effetto producessero: la bandiera francese de' legni da servire pel trasporto delle truppe sarà sempre rispettata (ivi). Estremi sforzi de' regii nel forte di Milazzo.

3. All'alba d'oggi dalle case circostanti al forte i garibaldini ricominciano il fuoco di fucileria, cui si risponde dalle reali truppe, anche con qualche tiro di cannone contro una casina, che cagiona maggiori guasti al forte stesso. Apparecchi energici di difesa: formazione preparatoria de' più prodi sodati per qualche vigorosa sortita: è messo in punizione il tenente Guerra del 9 cacciatori sul rapporto del maggiore Maring, che lo accusa di avere scorato i soldati co' suoi discorsi; ma discolpatosi, è abilitato. Il comandante Bosco con segnalazione telegrafica dice al generale Clary in Messina; - "Lo stato del forte e tale, che subiremo un attacco con la baionetta fra 2 o 3 giorni, essendo facile cosa la breccia: in tutti i casi qualunque possa essere il valore delle truppe, si dovrà venire ad una. transazione perché dunque il Governo non tratta direttamente la capitolazione di questa truppa? - Non si perda un momento, mentre il castello è debolissimo, dominato,


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214 (21 e 22 luglio)

ed in meno di 24 ore abbiamo avuto un morto, 8 feriti, e 3 animali ancora. Il morale della truppa è abbattuto per la insufficienza de' mezzi di difesa, e pe' feriti, che si aumentano ogni momento".

DOMENICA 22 LUGLIO.

Prevenzioni per t'arrivo di Garibaldi in Messina. progetti d'imbarco per le truppe. 1

. Gli ordini di Garibaldi sono di venire ad occupare Messina pe' 25 corrente, ed i locandieri ricevono analoghe prevenzioni; l'amministratore del palazzo reale ne ha fatto offerta al medesimo: i consoli esteri inclinano pel nemico. (Telegramma di Clary al ministro della guerra).

Mancando una efficace mediazione per la sospensione delle ostilità, il ministro della guerra da ampie facoltà al comandante di Messina per un accordo qualunque col nemico, sia per cedere Milazzo, sia per imbarcare le truppe, e ritirarsi sul continente, costui di risposta osserva, che i sacrifizi imposti fanno perdere la piazza di Milazzo, la brigata Bosco, e l'onore dell'armata: che non può stabilire niuna trattativa col nemico, non avendo secolui relazioni: quando il governo stesso nella capitale co' diplomatici di tutte le potenze nulla ha potuto, nulla né mena egli potrà fare. (Corrispondenza tra Clary ed il ministro della guerra). Consiglio di difesa nel forte di Milazzo.

2. Bosco riunisce il consiglio di difesa, che portando maturo esame su lo stato niente soddisfacente de' viveri, de' foraggi, dell'acqua, delle munizioni, dell'armamento, e delle fortificazioni, delibera su le urgenti opere di difesa, abbenchè trovi difficile il potervisi sostenere. Sopraggiunge a mezzodì il seguente telegramma di Clary: - ,,Quando mancano i viveri, e l'acqua, come dite, la resistenza è inutile. Riunite il consiglio, e fate quello che l'onore 5 e la ordinanza militare vi dettano.,, E poi un altro telegramma dopo sei ore: - ,,Sospendete le trattative; rinforzi positivi sono partiti ; altre poche ore, e sarete salvi.

(22 «23 luglio) 215

Arrivo di De Pretis a Palermo nominato prodittatore. Atti Dittatoriali.

3. Giunge in Palermo il deputato piemontese de Pretis, surrogato a Lafarina, inviato da Cavour col titolo di commessario regio, e subito si dirige in Milazzo da Garibaldi, che con decreto (in data di domani) lo nomina prodittatore di Sicilia "con tutti i poteri conferiti da' comuni di Sicilia al dittatore"

. Inoltre si pubblica l'altro decreto nel quale è detto: - "Il maggiore generale Sirtori, dovendo per necessità di servizio recarsi nel quartiere generale, è rivocato il decreto de' 18 corrente, col quale fu investito de' poteri dittatoriali".

LUNEDÌ 23 LUGLIO.

Ultime speranze ancora nelle trattative diplomatiche.

1. Si crede migliorata la posizione, da che il re di Sardegna spedisce un suo aiutante reale per impegnare Garibaldi a sospendere le ostilità (1). Si argomenta, che Garibaldi non si trovi più nelle buone grazie di re Vittorio Emmanuele, e se ne deduce, che una pronta influenza diplomatica potrebbe impedirgli il passaggio sul continente, pel quale gli apparecchi sono grandi, (Corrispondenza telegrafica tra il ministro della guerra, e Clary). Proposte per la resa del forte di Milazzo: primo rifiuto di Bosco: arriva il plenipotenziario del governo per trattarla.

2. Il comandante del vapore francese da trasporto Protis

, propone questa mattina al comandante Bosco da parte di Garibaldi, di potersene ritornare libero co' suoi ufficiali in Napoli, lasciando prigioniera la truppa: in caso di rifiuto sarebbe saluto in aria fra 48 ore con tutta la guarnigione. Immanenti Bosco risponde, preferire di saltare in aria egli solo, recandosi a sedere sul posto dove si trovi la mina, anziché accettare condizioni ignominiose, e voler lasciare alla storia il giudicare chi fosse più prode e generoso tra il vincitore, e il vinto, quest'ultimo trovandosi chiuso nel forte, perché respinto da forze

(1) Si vegga la nota nella precedente pagina 197.

216. (23 luglio)

cinque volte maggiori. (Cronaca della guerra d'Italia del 1859 e parte 3 pag. 117).

Perviene al colonnello Pironti comandante la piazza di Milazzo il seguente telegramma alle 7 del mattino dal generale Clary. "Questa mattina arriverà costà un ministro plenipotenziario del re con 4 fregate napoletane e tre vapori francesi per trattare la resa" . Difatti, nel pomeriggio, con 4 pirofregate arriva da Napoli il colonnello Anzani, dello stato maggiore, per trattare con Garibaldi della resa del forte di Milazzo, e della partenza della guarnigione, informandone Bosco. Contro costui è animato Garibaldi da particolare livore per lo inatteso attacco, e per le gravi perdite, che gli ha fatto soffrire. (Rapporto di Anzani al Clary in data d'oggi). Capitolazione di Milazzo, e suoi effetti.

3. Oggi si conchiude tra Anzani, e Garibaldi la capitolazione in parola del tenor seguente: - "art. 1. La truppa napolitana esistente oggi nel forte di Milazzo, ne uscirà con onori di guerra, con armi e bagagli, co' pezzi della batteria di montagna appartenenti alla brigata Bosco, e con la metà de' muli della stessa batteria - art. 2. Il comandante della stessa truppa farà cessione all'uffizi al e delegato dal generale Garibaldi del forte" cannoni, munizioni, attrezzi da guerra, cavalli, bardature, e dì lutti gli accessori appartenenti al forte: ogni cosa come si trova al momento della stipulazione delle presenti convenzioni - art. 3. La stessa truppa imbarcherà i viveri necessari pel suo viaggio; ciò che verrà determinato da un commessario d'ambo le parti - art. 4. Nel decorso della giornata di domani 24 s'incomincerà l'imbarco della truppa, prestando ogni facilità pel trasporto di essa a bordo de' vapori da guerra, o mercantili, e terminerà l'imbarco nel decorso de' 25, riservandosi terminarlo a' 26, in caso non potesse farsi altrimenti - art. 5. I prigionieri, e i feriti saranno restituiti - - art. 6. Non verrà fatta molestia di sorta a' legni da guerra, e mercantili, che trasporteranno la truppa, gli effetti, ed i feriti napoletani fino allo sbarco da eseguirsi ove meglio converrà al governo napoletano."

"FRANCESCO ANZANI GIUSEPPE GARIBALDI.

Per effetto di questa capitolazione rimangono nelle mani di Garibaldi 43 cannoni, 96 muli, e finanche i 2 cavalli

(23 e 24 luglio)

217

di proprietà esclusiva del comandante Bosco, come pure la metà degli attrezzi da guerra. Separatamente dalle masse siciliane oggidì organizzate in battaglioni regolari, trovansi agglomerati in Milazzo meglio di 14 mila lombardi; e da un dì all'altro minacciano attaccare Messina co' mezzi loro aumentati mercé la cessione del forte. (Rapporto di Anzani a Clary 26 coerente).

Si afferma, che d'ordine di Garibaldi sieno state fucilate in Milazzo 39 persone.

MARTEDÌ 24 LUGLIO.

Si esegue la capitolazione di jeri.

1. Il colonnello Anzani entra nel forte di Milazzo, e rende ostensiva la capitolazione di jeri: subito comincia la consegna del castello, delle munizioni, e di tutto ciò che conviene lasciare: s'imbarcano per Castellammare di Napoli le artiglierie, e quindi le truppe. (Giornale di Bosco). Critica situazione de' regii in Messina.

2. La posizione della truppa in Messina è tale, che (come osserva uno di quei comandanti), indugiando po chi altri giorni nella sua umiliazione, si può anche rischiare la chiave della Sicilia, che è la cittadella, la quale rimanendo con buon presidio, resterebbe molto più sicura, che nella posizione presente, ove dovesse raccogliere 10 mila uomini defatigati, e che non sono più nella rettitudine de' sentimenti, quali si addicono a buoni militari." (Rapporto del generale Palmieri al re, in data d'oggi). Equivoco contro un legno estero.

3. Alle 2 pomeridiane investono su la spiaggia s. Ranieri in Messina due legni, uno de' quali austriaco, che riportano significanti danni a cagione del fuoco fatto contro loro da' soldati, credendoli nemici, e non vedendoli allontanarsi. Si da riparazione alla richiesta del comandante della stazione. (Telegramma di Clary al ministro della guerra).

218 (24 luglio) Colpo d'occhio retrospettivo su fa/fare di Milazzo.

4. Essendo corse delle voci abbastanza confuse e contraddittorie su l'affare di Milazzo, sopratutto pe' torti attribuiti al generale comandante in Messina, non sarà superfluo riassumere qui il rendiconto sommario da lui dato: - "Il colonnello Bosco crede giusto di sloggiare il nemico nello avamposto de' molini, ma violava le istruzioni, e si trovava fuori del concertato piano. Il successo gli fu felice, ma non teneva presente, che si aveva a fare con Garibaldi, il quale finge fuggire per trarre in agguato. Egli aveva da prima divisato partire da Messina con due soli battaglioni a sua scelta (l'8 e il 9) ed una batteria di obici: accettava un terzo battaglione per poter agire con più sicurezza; ma vide che questa forza, nella posizione in cui erasi messo, non poteva far fronte ad un nemico malto superiore. A lui era nota la posizione di Messina, cioè, non esservi stato maggiore, tante volte promesso dal ministro della guerra, e mai venuto; sapeva che non vi erano mezzi di trasporto fino alla distanza di 15 miglia da Messina, a segno, che per fargli avere quelli, che necessitavano alla brigata di suo comando, si dove inutilizzare mezza batteria di montagna per aver gli animali da caricare 4 giorni di viveri. Il generale Clary gli aveva data la scelta delle truppe, ed egli preferiva l'8 il 9 e poi il l cacciatori, che avrebbe rilevato passando pel Gesso, lasciandovi il 5. - E pure da Milazzo gli scrive Bosco, che se non gli si mandassero in risposta tutti i battaglioni cacciatori, tutti gli uffiziali di stato maggiore, e l'approvazione della destituzione del maggiore Maring, egli si intendeva di fatto dimesso dal servizio. Ma non era momento di perdersi in parole nocive alla già affievolita disciplina: con moderazione Clary risponde su la impossibilità di poter dare quello, che non aveva, facendo osservare, che se tutte le truppe fossero andate in Milazzo, sarebbe rimasta Messina abbandonata al nemico, e quindi impossibile ogni ritirata. Oltre di che l'abbandono fatto da Bosco della posizione di Archi stornava interamente il piano fatto dal generale Clary. Archi era difeso da 4 compagnie dell'8 cacciatori, e da due obici. Attaccato a' 17 dalle truppe garibaldine, il maggiore Maring,

(21 luglio) 219

che comandava quella posizione, dopo essersi difeso a lungo, vedendosi accerchiato, ripiegava nel massimo ordine riportando molti prigionieri fatti sul nemico. Il colonnello Bosco riprovava la condotta di Maring 9 e disponeva, cessasse dal comando, e guardasse gli arresti in castello: nel contempo prescriveva, che le stesse 4 compagnie e l'artiglieria avessero ripresa la posizione già occupata dal nemico. Fu allora, che i soldati non vollero obbedire, se non a condizione, che il loro comandante fosse messo in libertà - Ma la disciplina esigeva, che l'ordine del colonnello Bosco fosse rispettato, e questi mettendosi alla testa di altra truppa si portava personalmente a sloggiare gli avversarii da Archi. Il fatto fu, che rientrò in Milazzo la stessa sera. Restava Spadafora isolata. Il valoroso comandante Bosco credé mettere tutta la truppa in ordine aperto, senza una riserva compatta, cosicché fu facilmente respinto, e dov'è ripiegare dentro Milazzo. S'ignora perché non fosse rimasto nella città facilissima a difendersi con tanta gente superiore ai bisogno. Si rinchiudeva nel castello, segnalando per aver soccorsi. - Difficile posizione del generale Clary: non poter abbandonare la brigata Bosco. Se questo ufficiale superiore aveva trasgrediti gli ordini di guardare Archi, ripiegare sopra Spadafora, in somma richiamare l'attenzione del nemico, non era al certo per aver voluto comandare isolatamente, e senza dipendenza nel comando; ma per quel fuoco naturale delle anime grandi. Non era possibile intanto di soccorrerlo per mare; non essendovi nel porto di Messina, che un solo legno con macchina guasta, e con proibizione di muoversi senza ordine del re; - molto meno per terra, per la lunghezza del viaggio, e senza un animale o un carro per trasportar viveri. Si era scritto analogamente al ministro della guerra, ma invano: egli era sordo: la posizione di Bosco era dura: un consiglio di generali aveva decisa la impossibilità di poter eseguire qualsiasi movimento. - Ad onta di questo parere contrario, quantunque la posizione di Messina fosse minacciata da una colonna nemica dal lato della Scaletta, il generale Clary da un ordine, con cui sul momento la posizione di Spadafora s'ingrossa con le truppe di Gesso comandate dal colonnello La Rocca; quelle di colle s. Rizzo a Gesso; e cosi di seguito: una brigata composta del 3 e B reggimento e del 6 cacciatori, pronta ad imbarcarsi sul Bresil,

220 (24 e 25 luglio)

e su gli altri legni, che si attendevano: si segnala a Bosco l'aprivo di questi pronti soccorsi; mentre il ministro della guerra Pianelli apertamente. comunica per telegrafo doversi abbandonare Sicilia compresa la cittadella. Risposta in iscritto di Clary, che questo fatto non si sarebbe avverato stando egli al comando, del quale bisognava privarlo, pria di dare questo passo. Maggiore esasperazione del ministro Pianelli, che invece di spedire gli aspettati rinforzi a Messina, invia la squadra a Milazzo col colonnello Anzani per capitolare, e per umiliare il generale Clary, che Pianelli avrebbe voluto far comprendere nella vergognosa capitolazione. Clary scriveva in tale occasione al ministro (il quale insisteva sempre nel real nome per la cessione di Messina) che nella posizione, in cui si trovava non riceveva leggi dal nemico, ma le imponeva. Garibaldi medesimo ebbe ritegno di quell'atto, e ricusò comprendere nella capitolazione di Milazzo le truppe di Clary, giacche sapeva, che costai non avrebbe accettata tanta vergogna. £ il medesimo Salazar demandante la squadra delle navi spedite da Napoli, per seguire i dettami ricevuti dal ministro Pianelli, officialmente premurava Clary a mettersi in trattative col nemico. Quale fosse lo stato del generale Clary vedendosi al punto di perdere le truppe comandate dal colonnello La Rocca già arrivate a Spadafora, ed ora in contraddizione alle operazioni della squadra comandata da Salazar col plenipotenziario Anzani non può esprimersi, ed è più facile farsene una idea! Con una colonna nemica, che marciava da Catania, e senza conoscere quale fosse la condotta a tenere; e se dovesse conservarsi al re la Sicilia!" (Giornale militare Clary).

MERCOLEDÌ 25 LUGLIO.

Rimostranze del console inglese in Messina.

1. Benché il console inglese, e il comandante della stazione navale abbiano fatto visita al generale comandante in Messina, elogiandone la moderazione, e la condotta tenuta dalle truppe; pure il primo di essi invia al ministro inglese in Napoli una nota, nella quale dice aver avuta officialmente partecipazione dcl bombardamento preparato contro la città. Il generale a discarico osserva, che il console avevagli chiesta parola d'onore di non tirar mai contro la città;

(25. 26. e¥1 luglio) 221

ma che egli non aveva potuto darla, perché ogni casa occupata dal nemico divenuta una batteria, era necessario distruggerla con tutti i mezzi, senza però parlarsi mai di bombe. Spiega, che la circolare fatta a' consoli sia stata una semplice prevenzione per far uscire i legni dal porto, nel caso d'attacco, e provocazione; e ciò non verificandosi, poteano rimanere tranquilli. (Telegramma di Clary al ministro della guerra). Arrivo dell'avanguardia garibaldina.

2. Giunge in Messina l'avanguardia garibaldina comandata dal generale Medici: fra gli uffiziali, che lo seguono vi e Alessandro Cavallo un tempo uffiziale dell'esercito napoletano, coverto di benefìzi dal re.

GIOVEDÌ 26 LUGLIO.

Omaggio del senato palermitano al prodittatore, e costui discorso.

1. Oggi il senato di Palermo si presenta a far visita di omaggio al prodittatore de Prétis il quale nel rincontro parla esplicitamente della creazione del nuovo regno d'Italia, e della sua costituzione, per la quale tutti essi sono intenti a lavorare; come pure della capitale, che egli dice, dover essere Roma.

I garibaldini in Messina.

2. Medici con le bande garibaldine entra oggi ad occupare Messina, dove per domani si aspetta Garibaldi, il cui figlio si dice tornato ferito a Palermo.

VENERDÌ 27 LUGLIO.

Scioglimento del corpo d' esercite in Messina.

1. Per ordine sovrano si discioglie il corpo di esercito in Messina: il nerbo della truppa si ritira nella cittadella: - i battaglioni de' cacciatori s'imbarcano per Castellammare di Napoli; la brigata del 14 e 15 reggimento co' carabinieri va in Reggio; i lancieri a Villa s. Giovanni; il 15 di linea a Gallico, Augusta, e forte Gonzaga. - La ritirata si effettua in buon ordine alla presenza del nemico: e le convenienze usate al generale in capo provano la opinione, in cui si tengono le armi reali.

222 (27 luglio)

- Questo ritiro di truppe e forse consigliato da alte convenienze; ma non dalla forza degli avversarii, che son rimasti compresi di ammirazione pel contegno, e valore del real esercito, ricordando sempre le giornate di Catania, e di Milazzo. (Rapporto di Clary al re). Istruzioni del ministro della guerra.

2. "È vivo desiderio del governo di stabilire una tregua, egli ha dimostrato co' fatti questa sua intenzione sino al punto di rinunziare ad ogni lotta in Sicilia, sebbene avesse avuti i mezzi di continuarla energicamente, e in definitivamente. Scopo di questo suo desiderio è di facilitare l'alleanza col Piemonte, concorrere liberamente con quel governo a liberare il resto della Italia, ed evitare la distruzione vicendevole, che una guerra fratricida tutta a vantaggio dell'Austria produrrebbe di quelli eserciti, che uniti dovrebbero servire a questo fine. Potersi per ciò entrare in trattative, esprimere questi sensi, ed intendere a quali condizioni questa tregua sarebbe convenuta: evitare costantemente e fermamente di parlare de' diritti del re su la Sicilia, volendo il governo mantenerli nella loro integrità. Conservare la cittadella ne' termini stabiliti dalla convenzione. "(Istruzioni del ministro della guerra Pianelli recate al generale Clary dal capitano Canzano). I legati garibaldini a Londra, dove è l'inviato del governo napoletano: dichiarazione di costui.

3. I giornali pubblicano le istruzioni date da Garibaldi a' principi siciliani di s. Cataldo, e di s. Giuseppe, suoi inviati a Londra, cioè, 1. restaurazione della costituzione del 1812. - 2. autonomia completa e separazione della isola di Sicilia dalla Corona di Napoli; - 3. partecipazione nella lega italica come stato indipendente sotto un proprio re (1).

Con la data d'oggi il marchese Lagreca regio inviato straordinario napoletano in Londra dirige al ministro Russell la seguente lettera riportata ne' diarii: "Milord. Siccome la risposta, che V. E. ha fatta jeri alla dimanda del sig. Griffith in riguardo alla guerra ia Sicilia e ad una tregua a conchiudersi, non corrisponde alle

(1) Da queste istruzioni si vede, che anche Garibaldi conveniva per la confederazione italiana, e non mai per la unità.

(27 e 28 luglio) 223

mie intenzioni ed a quelle del mio governo, vogliate permettermi di rettificare ciò che avete detto nella camera de' comuni. Io ho domandato al governo di S. M. brittannica, che gli piaccia insieme con la Francia, e col Piemonte, di insistere presso Garibaldi, per ottenere una tregua di sei mesi, affinché le trattative per una alleanza col Piemonte possano compiersi, e possa aver luogo la riunione dell'assemblea nazionale. La idea, che le anzidette Potenze adoprassero direttamente la forza contro la Sicilia non mi è mai venuta in mente, ed il governo, che ho l'onore di rappresentare, molto meno l'ha avuta; poiché son certo, che i mezzi per giungere a questo scopo non sarebbero mancati, e che non sarebbe stato necessario /li ricorrere ad espedienti straordinarii etc."

SABATO 28 LUGLIO.

Capitolazione per lo ritiro de regii dalla città di Messina.

1. Tra il generale in capo Clary, e il garibaldino Medici si stipula la seguente capitolazione per lo sgombramento delle reali truppe dalla città di Messina - "art. 1. Le reali truppe abbandoneranno la città. di Messina, senza essere molestate, e la città sarà occupata dalle truppe siciliane, senza pure venire queste molestate dalle prime - art. 2. Le truppe evacueranno i forti di Gonzaga nello spazio di due giorni a partire dalla data della sottoscrizione della presente convenzione: ognuna delle due parti contraenti destinerà due uffiziali, ed un commessario per inventariare le diverse bocche a fuoco, i materiali tutti da guerra, e gli approvvigionamenti de' viveri, e di quanto altro esisterà ne' forti suindicati all'epoca, che questi verranno sgombrati. Resta poi a cura del governo siciliano l'incominciare il trasporto di tutti gli oggetti inventariati appena verrà effettuato lo sgombro de' soldati, il compierlo nel minar tempo possibile, e trasportare i materiali nella zona neutrale, di cui si tratterà in appresso - art. 3. L'imbarco delle reali truppe verrà eseguito senza molestia veruna per parte de' siciliani - art. 4. Le truppe regie riterranno la cittadella co' suoi forti detti Blasco, Lanterna, s. Salvatore, con la condizione però di non dovere in qualsiasi avvenimento futuro recar danno alla


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224 (28 luglio)

città, salvo il caso, che tali fortificazioni venissero aggredite, o che lavori di attacco si costruissero nella città medesima: stabilite e mantenute codeste condizioni, la inoffensività della città durerà sino al termine delle ostilità - 5. Vi sarà una fascia di terreno neutrale parallela e contigua alla zona militare inerente alla cittadella, la quale si allargherà per 20 metri, al cui termine saranno apposti de' limiti di contrassegno - 6. Il commercio marittimo rimane completamente libero d'ambo le parti: saranno quindi rispettate le bandiere reciproche. - In ultimo resta alla urbanità de' comandanti rispettivi, che stipulano la presente convenzione, la libertà d'intendersi per quei bisogni inerenti al viver civile, che per parte delle regie truppe debbono venir soddisfatti, e provveduti nella città di Messina. - Fatta, letta, e chiusa il giorno, mese, ed anno come sopra, nella casa del sig. Fiorentino Francesco banchiere sito alle Quattrofontane (1).

Firmati

TOMMASO CLARY maresciallo di campo.

GIACOMO MEDICI maggior generale.

(Documenti alligati ne' rapporti di oggi del generale Clary al ministro della guerra a Napoli). Frantesa capitolazione; ammutinamento militare.

2. Fin da jerscra si parla fra la truppa del merito di questa capitolazione. Per malignare il generale Clary, la s interpetra come tradimento per consegnare al nemico la cittadella, nel cui interno scoppia la insurrezione di quella guarnigione: tutti corrono alle armi: gli artiglieri vanno alle batterie, scassinano le riserve, caricano i pezzi, respingono gli uffiziali: il generale Clary rimette l'ordine con pacatezza; ed oggi gli uffiziali guidati dal generale Fergola vengono ad impetrar perdono pe' traviati di jersera: anche i militari di marina si mostrano malcontenti contro Clary, perché avrebbero voluto che costui avesse obbligato Garibaldi a garentire ciò che questi non ha voluto. (Giornale di Clary; e suo telegramma al ministro della guerra).

(1) Si vegga l'articolo addizionale sollo la data de' 21 settembre.

(98 luglio) 225

Effetti della capitolazione di Messina.

3. La capitolazione di Messina rinfranca vie meglio Garibaldi. Armi, soldati, navi, munizioni, denari gli si mandano tutto dì da Genova, da Livorno, ed anche da qualche porto francese. Egli se ne vale per ergere batterie, formare reggimenti, preparare barche a centinaia, ed allestire l'occorrente per la invasione del continente napolitano; checche potesse augurarsi in contrario il ministero di Napoli fidente nella mediazione diplomatica.

Ne' fogli siciliani si pubblica l'appello di un prete per l'arruolamento d' un battaglione di ecclesiastici, onde incoraggiare con l'armi, e con la voce i Combattenti per la causa italiana, - Incessanti sono a Genova le pratiche del dottor Bertani per riunire volontari, e spedirli di rinforzo a Garibaldi: ecco la espressione de' suoi proclami: "Il momento è supremo: la lotta per la realizzazione della unità e libertà della patria già da più mesi cominciata, prosegue sempre vittoriosa; ma è necessario di fare un grande ed unanime sforzo per terminarla al più presto. Se questa guerra nazionale si prolunga, noi vinceremo egualmente, ma la vittoria sarà più tarda, e la battaglia più micidiale. Il momento supremo e dunque venuto di fare tutto il possibile per renderla più breve. - Giovani animosi, devoti, e risoluti alla grand'opra di redenzione della patria, accorrete dunque, e presto. - Garibaldi, l'uomo, in cui le aspirazioni, la forza, e le vittorie nazionali si sono incarnate, ha fiducia in voi, e vi chiama. Venite presto; altrimenti la diplomazia ci torrà il frutto de' sacrifìzi già fatti, e delle potenti vittorie già ottenute. Son pochi dì, che essa avea fatto credere al mondo, che il re di Napoli preso da improvvisa pietà aveva richiamato le sue truppe dalla Sicilia per risparmiare il sangue, I mille prodi caduti all'attacco di Milazzo ci provano qual è il conto, che la diplomazia, ed i Borboni fanno del sangue italiano (1). Non ci arrestiamo a mezza via se non vogliamo essere traditi.

(1) Non vi può essere contraddizione più flagrante: a Milazzo i regii sono stati aggrediti, e non aggressori; provocali, e non provocatori: a traverso il prisma della rivoluzione anche la legittima difesa costituisce un torto a carico de' suoi avversarii.

226 (28 luglio)

- Giovani volontarii d'Italia, gl'inimici della unita e della libertà della patria non sono solamente nelle file de' realisti di Napoli. - Riconosceteli, combatteteli tutti, e da per tutto. - I nostri nemici spaventati domandano tempo; ragione di più per affrettarci. Gl'inimici, qualunque essi sieno, né importa dove, ricorrono a' loro intrighi abituali. Che ciascuno vegli per quanto può e deve. E voi, o giovani volontarii, che rappresentate la nazione decisa a combattere; voi, ne' quali riposa la salute della patria, vegliate, e rispondete agl'intrighi prendendo subitamente le armi. - A queste sole condizioni noi potremo finalmente conquistare 1 unità e la libertà della patria" .

AGOSTINO BERTANI.

(Cronaca delle guerre d'Italia del 1859 e 1860 parte 3 pag. 127).

Condizione di Messina dopo l'entrata di Garibaldi; e proclami di vario genere.

4. Ritiratesi le reali truppe nella cittadella, l'autorità municipale di Messina, creata da Garibaldi, pubblica due manifesti: con uno invita i cittadini assenti a ritornare in città; con l'altro il sindaco li previene dello ingresso del generale Garibaldi col suo stato maggiore, seguito da Bixio, e da Cosenz con le loro truppe; la cui totalità si fa ascendere a più migliaia di uomini, con poca artiglieria, e quasi senza cavalleria. È con questa gente che Garibaldi si dispone a passare lo stretto; epperò fa apprestare 00 barche per recarsi domani alla punta del Faro, che domina l'entrata del canale, e stabilirvi una batteria (ivi).

Si diffondono nel rincontro i due proclami pubblicati dal Medici a' 5 corrente mese; il primo de' quali agli abitanti della provincia di Messina, li eccita a concorrere per fare l'Italia una, e paragona Garibaldi a Washington; il secondo è diretto a corrompere i soldati napoletani

, ai quali dice: - "Redimetevi, combattendo i nemici della patria, venite con noi. Vi stendiamola mano, stringetela, assieme saremo invincibili. Con una patria libera e grande tutte le nostre attività troveranno onorevole sviluppo. Oggi non ve più, che una Italia da servire, servitela. Gettatevi nel suo seno, venite ad accrescere i combattenti per essa. I vostri gradi saranno conservati, sarete anche promossi. - A voi, a' vostri ufficiali, a tutti che ne avranno

(28 luglio) 227

bisogno, sarà portato immediata assistenza. Venite a noi come fratelli, e sarete accolti e protetti come tali" .

Il nuovo governatore Pancaldo fa circolare un suo bando eccentrico: - "Messinesi! - Il dittatore, creandomi vostro governatore ritenne ciò che io gli significai: cioè, che nella sola vostra convergenza mi reputai idoneo e sufficiente alla dittatura distrettuale che indosso. Vi prego adunque accordarmi la vostra efficienza, e presentarvi meco solidali al cospetto de" gravi doveri, che mi circondano, senza sopraffarmi quando la vostra convergenza mi rende eguale alla vostra corporativa dignità. In quanto a me posso somministrarvi due elementi, e rendermi in essi soli risponsabile di tutte le mie operazioni; la perfetta abnegazione di me stesso, e il buon volere. Tutt'altro che mi è d'uopo lo invoco da voi, ed in questa fiducia mi pongo alla impresa." Il governatore - EMMANUELE PANCALDO.

Contrordine per lo sgombramento delle truppe da Augusta, e da Siracusa.

5. Pervengono ordini sovrani da Napoli al comandante in capo le truppe di Messina, in questi termini: - "A tenore dell'arde. 143 della reale ordinanza di piazza, vi ordino di sollecitamente far disarmare, ed evacuare la real piazza di Siracusa, e quindi quella di Augusta. Il materiale, e personale sarà trasportato ne' punti indicati dalle istruzioni del ministro della guerra. Ho fiducia, che eseguirete questo mio ordine con la maggior sollecitudine, avvalendovi de' molti vapori da guerra, e di commercio, nazionali, o francesi presi in fitto, che sono tutti sotto i vostri ordini. - Napoli 28 luglio 1860." (Real rescritto di pari data).

Per dimostrare i pericoli nel consegnare al nemico con tanta facilità quéste piazze forti interessanti della Sicilia,

11 generale, cui è diretto l'anzidetto ordine, accorre in Napoli, da Messina, ed espone al re le sue rispettose ragioni su l'obbietto, e quanto fosse pregiudizievole questa consiglio dato dal ministro della guerra: di fatti, l'ordine è contromandato 5 ed invece di cedersi le cennate piazze forti di Siracusa ed Augusta, vi si aumentano le provvisioni, i viveri, il denaro. (Giornale militare di Clary)

. Cresce la irritazione del ministro Pianelli, che ordina perentoriamente a Clary di affrettare lo sgombramento

228 (28 e 30 luglio)

della truppa da Messina, occorrendo i saldati per preservare la Calabria da uno sbarco. Indugiando Clary pel bene del servizio a lasciar Messina, i generali Palmieri, e Briganti, impazienti di ritirarsi sul continente, spacciano apertamente nelle file, che esso Clary si opponga al passaggio delle truppe in Calabria, e Castellammare, perché è di accordo co' nemici, ed in continue conferenze col garibaldino Medici (ivi). Altra lettera di Cavour all'ammiraglio Penano.

6. "Torino 28 luglio 1860. Signor Ammiraglio. Ho ricevuto le sue lettere de' 23 e 24 andante. Son lieto della vittoria di Milazzo, che onora le armi italiane, e contribuir deve a persuadere l'Europa, che gl'italiani sono oramai decisi a sacrificare la vita per riconquistare patria e libertà. Io la prego porgere le mie sincere e calde congratulazioni al generale Garibaldi. Dopo sì splendida vittoria, io non veggo come gli si potrebbe impedire di passare sul continente. Sarebbe stato meglio, che i napoletani compissero, o almeno iniziassero l'opera rigeneratrice; ma poiché NON VOGLIONO (1) o non possono MUOVERSI, si lasci fare a Garibaldi. - La impresa non può rimanere a metà. La bandiera nazionale inalberata in Sicilia, deve risalire il regno, estendersi lungo le coste dell'Adriatico, finché ricopra la regina di quel mare. Si prepari adunque a piantarla con le proprie mani, caro ammiraglio, su i bastioni di Malamocco, e di s. Marco. Faccia pure i miei complimenti a Medici, e a Malenchini, che si sono egregiamente portati." - CAVOUR. - (Documenti pubblicati da Nicomede Bianchi, di sopra citati).

LUNEDÌ 30 LUGLIO.

Piani rivoluzionarii per le ulteriori invasioni.

1. Garibaldi previene il comitato rivoluzionario di Napoli della sua imminente invasione ne' dominii continentali del reame. Egli da Messina in data d'oggi cosi scrive

(1) Importante confessione è questa del Cavour su l'avversione generale delle popolazioni del reame alla invasione rivoluzionaria del Piemonte, favorita e desiderata solamente da una ristretta fazione, che poi ha cercalo di compromettere molti.

(30 luglio.) 229

al Bertani suo agente principale in Genova: - "Caro Bertani, io spero passare sul continente napolitano prima del 15 agosto. Fate ogni sforzo per mandarmi de fucili qui a Messina, e a Torre del Faro prima di quell'epoca. - Circa le operazioni negli Stati Pontificii e napolitani, spingetele a tutta oltranza"

.

Barlume su taluni misteri.

2. Non sono però finora mancati a Garibaldi copiosi aiuti per attuare i suoi piani rivoluzionari. Ha acquistati in Inghilterra (come si accennò nella precedente pag. 161) le quattro navi a vapore Amsterdam, Elvezia, Belzunce, The London, quest'ultima pel valore di duecentomila franchi, - un altro battello di 800 tonnellate gli è costato 460 mila franchi; ed ha pure due rimorchiatori. (Times... luglio 1860.) Fra gl'inglesi arruolati al servizio garibaldino il Daily News enuncia i colonnelli Dunn, e Forbes, ed i capitani Pearl, e Styles.

Quest'ultimo sotto il titolo di treno di piacere per la Sicilia, pubblica ne' giornali di Londra un "invito a tutti coloro che desiderano visitare il sud d'Italia, e concorrere ad aiutarne il risorgimento, di presentarsi all'officio del comitato garibaldino, dandosi la preferenza a' membri del corpo de' cacciatori." - Si direbbe, che Styles agisse d'accordo con le parole ironiche pronunziate poco prima da Palmerston nella camera de' comuni: "come impedire alle persone di recarsi a visitare l'Etna?

" (1).

Più francamente poi si spiega il medesimo Garibaldi nella lettera al Parker armatore di Liverpool, dal quale accetta la offerta di alcune navi, e dice, tra l'altro: "... La costa è del tutto libera, perché possiate inviarmi a Palermo i bastimenti, i quali altronde navigando sotto bandiera inglese arriverebbero al loro destino come tanti altri, prima della partenza de' napoletani"

(1)

Dopo tre anni, in un caso identico, è stato ben diverso il contegno del governo inglese: un telegramma da Londra, 12 agosto 1863 annunzia: "dietro domanda del console di Russia, il governo ha fatto arrestare il luogotenente Styles, come reo di arruolamento di volontarii destinati per la Polonia". In que sta occasione si trattava del potente impero russo, e nel 1860 si potò impunemente agire a danno del modesto reame delle due Sicilie!!

230 (30 luglio)

-E conchiude così: - "Vi ringrazio de' vostri auguri, e vi assicuro, che risento vivamente la simpatia, che l'Inghilterra manifesta per la nostra causa. Essa dee ricordarsi, che può avere un alleato sincero soltanto tra i popoli liberi, che son così pochi sul continente. La Italia libera riempirebbe questa lacuna, e diverrebbe uno de' più grandi ostacoli a' progetti del governo francese (1). Mandateci presto navi, armi, cannoni, materiali; e vi sto mallevadore che fra breve questo risultato sarà ottenuto." (Morning Herald... luglio 1860). In conferma dello appoggio del governo inglese, nella lettera di un volontario garibaldino si scrive: - "Palermo 7 luglio. - Partito a 3 sul Washington, incontrammo a' 4 una fregata inglese su le acque napoletane, che ci avvisò esservi navi napoletane in cerca di noi: si rispose dai 1200 volontari col grido immenso di viva Garibaldi! e si cangiò rotta. - "Ecco come si osserva il non intervento dal ministero britannico, dopo averlo imposto imperiosamente agli altri! - (Unità italiana 13 luglio).

I giornali inglesi Morning Post, e Daily News, il primo organo di Palmerston, ed il secondo di Russell, aprono soscrizioni in favore di Garibaldi, e pubblicano le liste, in capo delle quali figura il nome della moglie di Palmerston.

Il governo di Torino ha forniti più cannoni rigati con i rispettivi carri. (Unità italiana 4 luglio); e sul proposito la Gazzetta del Popolo di Torino, tra l'ironico e il beffardo, si esprime così: - "dal regio arsenale di marina in Genova sono stati rubati 48 cannoni di ferro di vario calibro; quindi otto cannoni cavalli, che erano al Molo-nuovo, e cannoni da 40 dalla batteria della Cava; e forse anche altri. - I ladri sono stati fortunati di trovare apparecchiati sul porto i carri di artiglieria per trasportarli; parimenti una gran quantità di proiettili sono compresi nel ladrocinio. La polveriera di Conegliano presenta ancora un fatto più curioso: ivi il rubalizio e in permanenza; cartucce, cariche di cannoni ecc. si rubano

(1) Il Constitutionnel de' 21 agosto pubblica due lettere dei ministri garibaldini Crispi, ed Amari, che cercano attenuare la sinistra impressione delle surriferite parole scritte da Garibaldi, e vogliono dare ad intendere che questi sia di accordo col governo francese, al quale tributano grandi elogi.

(30 e 31 foglio)

da far piacere a vederli, perché li vede chi vuole. Lunedì notte partì da colà la spedizione Cosenz con 1200 uomini: chi sa che i cannoni rubati non si trovino in fondo di qualche stiva de' legni della spedizione? Negli scorsi giorni partirono altri legni con gente armata; e sembra che il giuoco non voglia terminare".

Sono tali poi i riguardi, che il governo di Torino usa al Garibaldi, che essendo costui salito a bordo della nave sarda dell'ammiraglio Persano nella rada di Palermo, è stato salutato da 19 colpi di cannoni (Times,

... luglio): ed in Sardegna gode molte agevolazioni un arruolatore ivi munito dell autorizzazione di Garibaldi così concepita: "Il generale Garibaldi comandante in capo le forze nazionali in Sicilia, autorizza l'avvocato Gio. Sulliotti a recarsi in Sardegna per arruolarvi un battaglione di volontari sardi» Egli ha autorità di riscuotere colà le oblazioni volontarie per la Sicilia".

La stampa rende di pubblica ragione le spese erogate dalla società nazionale preseduta da Lafarina, amico intimo di Cavour, per le sette spedizioni di circa diecimila volontari al servizio della rivoluzione siciliana, così distinte:

per la 1.

spedizione

di Garibaldi

lire

36,000

per la 2.

di Agnetta

120,000

per la 3.

di Medici

261,045

per la 4.

di Malenchini

800

per la 5.

di Gosenz

66,000

per la 6.

di Langè

15,000

per la 7.

di Siccoli

7,610

per sussidi, paghe, indennità di viaggio, arruolamenti e spedizioni di volontari, trasporto di armi, e di munizioni, spese di posta e di telegrammi, sconto di cambiali ecc. ecc.


14,475



spesa totale

lire

520,930

spesa totale lire 520,930


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MARTEDÌ 31 LUGLIO,

Regalo di una campana.

1. Garibaldi manda in dono al convento della Gancia in Palermo una campana, su la quale è incisa la data del 4 aprile 1860; giorno, in cui da quel convento fu suonata la

232 (31 luglio e i agosto)

iniziativa della rivolta; e nella lettera d'invio firmata da V. Orsini direttore generale delle artiglierie si dice, che il donato bronzo debba suonare in ogni anniversario dei 4 aprile.

L'orazione pro

rege a Garibaldi.

2. Il governatore di Cefalù officialmente premura quell'arcivescovo, affinché ingiunga al clero di recitare, tanto nella messa, quanto nella benedizione del Santissimo, le preghiere pel dittatore Garibaldi, come si praticava pel Capo dello Stato. Ed il prelato risponde, che andrà a prevenirne i parrochi della diocesi per lo adempimento. (Giornale officiale di Sicilia 30 luglio).

MERCOLEDÌ AGOSTO.

Indirizzo del capo del municipio messinese a Garibaldi.

1. Il presidente del consiglio municipale di Messina creato da Garibaldi gli scrive un indirizzo ridondante delle solite moderne frasi "di liberazione dalla barbara oppressione; di tendenze liberali del paese; - di vessillo dittatorio su cui è scritto unità ed indipendenza italica

"; e lo persuade a non ritardare di vantaggio ad annettere la Sicilia sotto lo scettro di re Vittorio Emmanuele; conchiude dicendo a Garibaldi: - "Voi ad ogni passo potete ripetere come Cesare venni vidi e vinsi; di tal che si scorge, che la Provvidenza, la quale non fa mancare gli animi eccelsi a' grandi avvenimenti, abbia suscitato un uomo della patria di Colombo (1) predestinato a rappresentare ed attuare la idea costitutiva di un'epoca e della nazionalità italiana. Accogliete d'animo lieto queste rivelazioni, e non isdegnate, che fra le laudi, di cui risuona l'Europa attonita e plaudente alle vostre gesta, si mesca anche la voce di questo popolo, di cui per ora avete infranto le catene. "(Siegue la firma di O. G. Cacopardo, e del segretario Paolo la Spada). Facinorosi in Palermo: partiti: stampa.

2. Tuttogiorno si aduna il consiglio di guerra in Palermo sotto la presidenza del colonnello Antonio Mordini, e tutto giorno sono fucilati i rei, o i creduti tali.

(1)

Colombo era genovese, e Garibaldi è di Nizza.

(1 e 2 agosto) 233

Il prezzo de' viveri rincarisce: mancano le locande per alloggiare i moltissimi forestieri che vi accorrono per le novità in corso.

Nella Sicilia si numerano vari partiti: - 1. quello di Garibaldi, che vuole aspettare; - 2. quello di Cavour, che si vuole annettere; - 3. il partito repubblicano - 4. il partito, che vuole il duca di Genova per re; - 5. quello che vuole il. conte di Siracusa; - 6. il partito che vuole il duca di Parma, come dice l'Indépendance Belge; - 7. il partito pel principe Napoleone, come dice il Daily News; - 8. il partito costituzionale unito a Napoli. - 9. il partito, che vuole le cose come erano prima, restando sotto i Borboni, ed è il più numeroso, ma il meno audace. Gli autonomisti (pochi, ma influenti) vogliono l'annessione condizionata: gli unitari si dividono in due campi, gli uni favorevoli al Crispi, gli altri avversissimi, e pericolosi se si unissero agli indipendentisti capitanati dai Monteleone, da' Torrearsa, e simili a cui si associerebbe volentieri volentieri Filippo Cordova, che ritiene per sé oramai l'Italia già fatta, perché l'annuo stipendio di 25 mila lire come nuovo presidente della Corte de' conti.

E proporzionatamente al numero de' partiti vi si pubblicano i giornali, che sono: il Patriota in Barcellona; l'Eco delfina, la Gazzetta, e l'Unità italiana in Catania; il Precursore, l'Annessione, l'Eco del popolo, la Forbice, e l'Arlecchino in Palermo. Pubblicarono pochi numeri, e cessarono, il Vittorio, il Garibaldi, il Movimento, il Caffè, e il Corriere di Sicilia, la Luce, il Paese, il Latino, la Croce di Savoia, il Gazzettino di sera.

GIOVEDÌ 2 AGOSTO.

Intenzioni di Garibaldi.

In un colloquio tra il generale Clary, e Garibaldi in Messina, questi esterna le seguenti intenzioni: - 1. non voler far tregua: - 2. esser deciso che l'Italia sia una: - 3. volersi prima disfare del regno di Napoli, e poi attaccare il Papa, dopo la Venezia, e questa liberata, passare a riprendere Nizza dalla Francia: - 4. disfarsi di Napoli, o col batterlo, o col farselo alleato, e con esso fare il resto: - 5. in ogni caso il re di Napoli non dovrebbe, che, o restare sotto Vittorio Emmanuele, o andarsene. (Alligato ad un dispaccio di Clary).

234 (2 e 3 agosto)

Ed il Morning Post gli attribuisce di aver detto: "ancor quando i Borboni proclamassero la repubblica, io non deporrò le armi, pria di averli cacciati dall'Italia".

VENERDÌ 3 AGOSTO.

Atti dittatoriali di Palermo. 1. Oggi il de Pretis, prodittatore di Sicilia pubblica i seguenti decreti: - "1. Lo statuto costituzionale del 4 marzo 1848, vigente nel regno d'Italia, è la legge fondamentale della Sicilia; esso entrerà in vigore nelle diverse sue parti all'epoca che sarà designata con decreto dittatoriale: sarà pubblicato il detto statuto insieme al presente decreto in ogni comune, e nel giornale officiale di Sicilia. - 2. I funzionari pubblici, ed impiegati civili, prima di assumere il loro officio, presteranno giuramento nella seguente formola; giuro esser fedele a S. M, Vittorio Emmanuele, di osservare lealmente lo Statuto: e le leggi dello Stato

, e di esercitare le mie funzioni di... nel solo scopo della difesa del re, e della patria. - Ecco dunque (come osservano i primarii pubblicisti) proclamata di fatto l'

annessione della Sicilia al Piemonte prima della prestabilita scena officiale del plebiscito. Ma che importano i voti de' siciliani, e di tutta Italia? Basta la volontà delle società segrete, perché uno Stato sia obbligato a spezzare i vincoli delle sue antiche tradizioni, e sacrificare la sua indipendenza nazionale ad un fantasma di unità, il quale altro non è, che il dominio di uno Stato (e non de' primi) della penisola italica su gli altri.

Il giornale officiale di Sicilia pubblica i seguenti altri decreti: - 1. La segreteria di Stato della sicurezza pubblica è soppressa: il suo dicastero' sarà riunito a quello dello interno, e ne formerà una direzione. - 2. La segreteria di Stata alla immediazione del prodittatore è soppressa: l'avvocato Francesco Crispi e nominato segretario di Stato dell'interno, in luogo di Giovanni Interdonato, che è nominato a' lavori pubblici, e pubblica istruzione. - Il sig. Gaetano La Loggia è nominato ispettor generale degl'istituti sanitari dell'isola. - Il sig. Michele Amari è nominato segretario di Stato per gli affari esteri in luogo di La Loggia, - lasciando a Interdonato il portafoglio

(3 agosto)

235

de' lavori pubblici e pubblica istruzione. - 3. Si prelevano a favore della pubblica istruzione ducati dieciotto mila annui su le rendite degli aboliti ordini de' Liguorini, e de' Gesuiti, le cui librerie, musei, gabinetti di fisica, ed ogni altra collezione di scienze o arti sì regalano ad uso pubblico ne' paesi ove si trovano: i fondi per i posti e mezzi-posti franchi ne' loro collegi s'invertono in altri collegi. - 4. Sovraimposta su i beni del clero: si leva una contribuzione del 2 per cento sul capitale corrispondente alla rendita risultante da' catasti fondiarii su tutti gl'immobili posseduti dagli ordini religiosi in Sicilia, da' vescovati, arcivescovati, prelature, abbadie, priorati, commende, benefizi, prebende, cappellanie etc., da pagarsi in tre rate eguali, cioè, 12 luglio (data del decreto), 31 agosto, e 31 dicembre 1860.- 5. Le fedi di credito di qualunque data, emesse dalla cassa di corte di Messina, sono nulle durante la occupazione de' regi in città. - 6. Lo stemma di Sicilia è quello stesso del regno d'Italia; la bandiera delle navi sicule da guerra avrà nel mezzo lo stemma di casa Savoia con corona; tutte le altre il semplice stemma.

Con ispecial decreto odierno il prodittatore destituisce il presidente della suprema corte di giustizia di Palermo sig. Paolino Nicastro, e gli altri magistrati superiori della Sicilia, signori Francesco Majolino, Fortunato Janelli, Raffaele Foderà, Sebastiano Barbagallo, Gioacchino Giandolia, Angelo Aronne, Antonio Calabrò, Francesco, Salvo, Luigi Prestipino, Giuseppe Galici Galletti, Antonino Calabrese.

Proclama alle donne siciliane.

2. Con questa data Garibaldi pubblica in Messina un proclama alle donne siciliane, affinché

su l'esempio di altre antiche, e moderne patriote eccitassero alle armi pel riscatto della Sicilia gli uomini loro appartenenti. £ già con altro precedente proclama in istile arcadico aveva premurate le stesse donne ad incaricarsi di allevare i trovatelli rimasti privi di nutrici nell'orfanotrofio.

236 (6 agosto)

DOMENICA 5 AGOSTO.

Persecuzioni contro la chiesa: arresto, giudizio, e bando del vescovo di Messina.

Non si sarebbe mai creduto, che l'odio contro la chiesa, e il furor di parte potessero far commettere le enormità, da cui comincia ad esser desolato il cattolico reame delle due Sicilie. Le migliori anime ne soffrono. I giusti han dovuto sempre lottare contro il male, e la calunnia: il più grande de' malvagi nella lingua de' libri sacri è chiamato il calunniatore: il vocabolo ebraico Satan, ed il greco diabolos significano appunto calunniatore, avversario, ostacolo.

La presente crisi riproduce le antiche persecuzioni del mondo pagano contro i primi cristiani; e quel ch'è peggio sotto il troppo noto giuoco delle ironiche parole di libertà, eguaglianza, e libera chiesa in libero stato, Eccone l'apocalittica iniziativa contro il vescovo Papardo faciente le funzioni dello arcivescovo di Messina; da potersi chiamare nel rincontro il protomartire tra lo episcopato delle provincie meridionali. - Dopo la resa di Messina taluni di quel clero hanno visitato Garibaldi. Il vescovo se n'è astenuto, e con esso la maggior parte de' sacerdoti. Garibaldi lo chiama alla sua presenza a riconoscere il nuovo governo. Lo intrepido prelato vi si rifiuta; d'onde l'ordine di arresto, e la severa visita domiciliare, senza che nulla da destar sospetti si rinvenisse tra le carte, e gli effetti di lui. Ma la rivoluzione ha in mente di battere un colpo da intimorire il clero, che vien creduto potente nella Sicilia, e togliergli ogni idea di resistenza a' suoi voleri; - pretende perciò la morte del vescovo di Messina, del quale intende anche vendicarsi, perché non ha guari con zelo pastorale, encomiato dal Sommo Pontefice, aveva pubblicamente definiti gl'invasori garibaldini della Sicilia "predoni, disperati, nemici della giustizia e dell'ordine."

(Unità di Genova 15 corrente). - Per dare un'ombra di legalità, Garibaldi lo fa tradurre innanzi ad una commessione speciale da lui creata, la quale nell'assoluta deficienza di pruove, non osa profferire veruna condanna, e ne informa il dittatore. Questi si limita a disporre l'esilio di monsignor Papardo, che fermamente protesta di non poter lasciare

(5 e 6 agosto) 237

lo spirituale suo uffizio, meno che non ne venisse strappato dalla violenza: e questa di fatti si adopra. L'illustre pastore della chiesa messinese, generalmente venerato per eminenti virtù, è costretto ad esulare dalla Sicilia, dove rimane memorando esempio,

"che di fede e di amor gli affetti ardenti

"

ne' cattolici cor non sono spenti".

Sono questi i prodromi de' futuri attentati a danno della chiesa. La persecuzione è cieca, senza di che gli autori di essa scorgerebbero, che generalmente il clero secolare, e regolare delle due Sicilie non e ostile al suo paese, non lo accusa, non lo calunnia, non lo corrompe, non congiura contro alcuno; ed invece, non ostante la indigenza in cui la rivoluzione va a ridurlo, fa il più gran regalo, che possa mai offrirsi; perocché rivolge tutta la sua forza ed intelligenza ad amare Iddio, la giustizia, i poveri; a perdonare le offese, a pregare pe' suoi nemici; e procura di tenersi estraneo alle quistioni di politica. Scevro di mire personali e di ambizione, nulla vuoi turbare, nulla rovesciare a profitto proprio; ma è fermo a difendere la libertà della chiesa, la purità della morale. Non chiede denaro, non impieghi, non fama mondana, ed ha il diritto di dire in faccia a tutti i suoi detrattori: "ognuno che vanta di amar la patria faccia altrettanto!

"

LUNEDÌ 6 AGOSTO.

Pertinacia di Garibaldi: dissenso con i suoi.

1. Riluttante ad ogni trattativa col governo di Napoli, Garibaldi è pertinace nella idea di sbarcare sul continente napolitano, ciò che non vorrebbero altri suoi compagni, contenti della impresa compiuta in Sicilia; ma esso co manda, e tutti debbono obbedire. (Telegramma di Clary in data d'oggi)

. - I disertori napoletani passati a Garibaldi rientrano in gran numero, e sono spediti come gli altri in Napoli; se si mettesse un premio a ingaggio, sarebbe certo di aversi reggimenti di piemontesi (ivi).

Addio di Garibaldi a? messinesi, e proclama a' napoletani.

2. Da una finestra del palazzo di alloggio in Messina, Garibaldi pronunzia il seguente: - "Addio a' siciliani. -

238 (6 agosto)

Io sono chiamato dal mio dovere altrove, e debbo allontanarmi da voi, o siciliani: ora è tempo, che la Sicilia pensi vigorosamente, e seriamente alla sua difesa: sì, voi dovete oramai difendervi da chiunque vi assalisca. - Io ho fatto quanto era possibile per voi. Oggi l'Italia vuoi che io passi altrove. La diplomazia non transigerà con essa" .

Egli si è fatto precedere sul continente napoletano dal seguente: - "Proclama alle popolazioni del continente napoletano. - La opposizione dello straniero interessato al nostro abbassamento, e le interne fazioni impedirono all'Italia di constituirsi. Oggi sembra, che la Provvidenza abbia posto un termine a tante sciagure... La unanimità esemplare delle provincie tutte, e la vittoria, che sorride dovunque alle armi de' figli della libertà, sono una pruova che i mali in questa terra del genio toccano al termine. Resta un passo ancora, e quel passo non lo pavento. Se si paragonano i poveri mezzi, che condussero un pugno di prodi sino a questo stretto, co' mezzi enormi, di cui noi disponiamo oggi, ognuno vedrà, che l'impresa non è difficile. - Io però vorrei evitare fra italiani lo spargimento del sangue; e perciò mi dirigo a voi figli del continente napolitano. Io ho provato, che siete prodi, ma non vorrei provarlo ancora. Il sangue nostro noi lo spargeremo insieme su i cadaveri del nemico d'Italia, - ma tra noi, tregua!... Accettate generosi la destra, che non ha mai servito un tiranno; ma che si è incallita a' servizi Ae\ popolo... A voi chiedo di far l'Italia senza l'eccidio dei suoi figli, e con voi di servirla, e di morire per essa." - Messina 6 agosto 1860. - GIUSEPPE GARIBALDI.

Numero effettivo delle forze di Garibaldi, e de' regii.

3. Le bande di Garibaldi sono oggi calcolate a circa 8285 uomini, così ripartiti.

1. Spedizione messa a terrà a Marsala, uomini 1085

2. Spedizione condotta da Medici 2500

3. Altra da Cosenz 1600

4. Altra da Sacchi, partita da Genova a' 19 luglio, e spinta da Milazzo a Spadafora al cominciare di agosto corrente mese

1500

5. Piccole spedizioni partite da Genova, e da Livorno 1600


(6. 7. e 8 agosto) 239

Tolti da tutti questi i feriti, e quelli rimasti di guarnigione a Messina; ed aggiungendo un quattromila siciliani volontarii, si ha che appena di circa ottomila può disporre Garibaldi nello invadere il continente napolitano difeso da un esercito di centomila soldati, 24 mila de' quali sono distaccati sotto i comandi de' generali Briganti, Melendez, e Vial a difendere le coste calabre. - Ad ottenere rinforzi, in uno de' giorni di questa settimana il Garibaldi sul legno americano Washington si reca nel golfo degli Aranci in Sardegna, dove è allestita una spedizione di volontarii, che sotto il comando dello emigrato romano Pianciani deve invadere gli Stati Pontificii, e Garibaldi la inverte per la Sicilia.

MARTEDÌ 7 AGOSTO.

Muovo ammutinamento militare.

Alla esplosione di un colpo di fucile, i soldati de' pionieri, e dell'artiglieria nella cittadella di Messina, credendosi traditi, si rivoltano questa sera contro il generale Clary; salgono su le batterie, scassinano le riserve, caricano cannoni e mortai, alzano i ponti. Invano si fa sentire la voce dello stesso Clary, del colonnello de Martino, e degli altri uffiziali: si trascorre alle indisciplinatezze. Indi a stenti si fanno abbassare i ponti, e ritorna la calma. I soldati di linea sono rimasti al loro posto. Si sente il bisogno di riformare codesto corpo irruente, e si teme la replica. Clary insiste per essere richiamato in Napoli. (Telegrammi di Clary al ministro della guerra).

MERCOLEDÌ 8 AGOSTO.

Clary è richiamato in Napoli: attestati del corpo consolare di Messina.

1. Per ordine superiore, il generale Clary e richiamato in Napoli da Messina, dove lascia il comando della cittadella al generale Fergola, cui nel fare la consegna rende il più splendido attestato di benemerenza; e pratica altrettanto col colonnello de Martino. (Rapporto di Clary de' 9 corrente).

Ecco l'ordine del giorno del generale Clary, in atto di partire. - "Soldati! - S. M. il re N. S. vuole, che per

240 (8 agosto)

poco io mi allontani da voi. Durante la mia assenza, giusta i superiori comandi, il generale Fergola ispettore di artiglieria mi rimpiazzerà, quindi obbedite quanto esso sarà per prescrivervi, con cieca abnegazione. - Siate costanti alle privazioni, che dovrete per poco soffrire, alle fatiche, e rammentate che è il servizio del re, che lo esige, e so quale attaccamento al re vi lega. - Spero di rivedervi fra giorni; - ma se il destino mi chiamasse altrove, sappiate, che di voi tutti serbo grata memoria; e quando il periglio più si facesse imponente, sarei fortunato di essere in mezzo a voi che tante pruove mi avete date di fiducia. Ricevetene intanto i ringraziamenti del vostro

Generale DE CLARY.

Nello apprendere tale disposizione, i consoli esteri si recano dal Clary per attestargli in nome de' connazionali, e della popolazione la piena gratitudine per aver preservata la città dagl'inconvenienti gravi delle passioni in lotta. Specialmente i consoli di Francia, e d'Inghilterra dichiarano, che avrebbero informati i loro governi del modo come si son saputi guardare gÌ interessi del re in circostanze così difficili. (Giornale militare di Clary). Prima spedizione garibaldina in Calabria.

2. Garibaldi non perde tempo: alle 8 di questa sera, montato su la nave inglese Aberdeen

, si trova presente nel canale di Messina alla prima spedizione d'una sua banda composta di 350 uomini, - 50 carabinieri di Genova, - 20 guide, - 20 uomini del battaglione del genio, ed alcuni volontari inglesi, e francesi. Il maggiore Missori comanda questa prima spedizione, che deve sbarcare su la prossima costa di Calabria, dove trovansi già appostati 100 cannoni della regia artiglieria, ed il breve tratto di mare, che deve percorrersi, è solcato in ogni senso da legni da guerra napoletani. Si riceve il concertato segnale dello sbarco di Missori con i suoi su la costa di Reggio. Ivi non può però riuscirgli d'impadronirsi per sorpresa del forte di Torre-Cavallo alla punta del Faro; perché il battello, d'onde doveano sbarcare i pochi volontari esteri, ignaro del sito preciso, approda a vista d'una batteria napoletana, che fa fuoco, e si mette in allarme: Missori perciò prende la via delle montagne, e dopo breve

(8. 10. 13. e il agosto) 241

scaramuccia con una frazione de' regi, si unisce nel villaggio Aspromonte con 150 volontari calabresi. (Cronaca della guerra d'Italia parte 3 pag. 146).

VENERDÌ 10 AGOSTO.

Nuovi aiuti del Piemonte alla rivoluzione.

Arrivano in Messina una nave mercantile con bandiera sarda, e quindi un piroscafo sardo, che sbarca soldati: un quarto d'ora più tardi altri tre vapori sardi con 100 barche siciliane cariche di nuove truppe: sono indizii che Garibaldi apparecchia uno sbarco sul prossimo continente. Il tutto è a vista della squadra delle navi reali in crociera, che lasciano fare.

LUNEDÌ. 13 AGOSTO.

Partenza del generale Clary da Messina.

All'una e mezza pomeridiana d'oggi s'imbarca sul vapore Maria Teresa da Messina per Napoli il generale Clary; e nello arrivarvi si presenta al ministro della guerra Pianelli, dal quale è ricevuto con molto sussiego, e si sente annunziare da costui, che la patria aveva mollo a dolersi di esso Clary, Questi chiede militarmente un consiglio di guerra, che non è però mai convocato. Il colonnello Anzani gli fa sentire, che non può essere ricevuto in avvenire dal re. Presenta da ultimo i documenti della sua gestione contabile negli ufficii del ministero della guerra per liquidare un credito in ducati 18 mila, oltre di altri ducati 7500 per diverse spese. (Giornale di Clary).

MARTEDÌ 14 AGOSTO.

Partenza di S. A. R. il conte d'Aquila.

Nel corso di questa notte (dopo essere corse in Napoli le più strane ed assurde voci fatte divulgare dalle sette) per ordini provocati dal ministero costituzionale e fatto partire subitamente, per la via di mare, S. A. R. il conte d'Aquila, zio del re, ammiraglio della real marina, col pretesto di dover compiere una missione nell'estero. I giornali riportano due proteste del medesimo conte contro una tale


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242 (14. 15. e 17 agosto)

misura ed un altra diretta al re, il quale gli risponde con lettera benevola (1).

MERCOLEDÌ 15 AGOSTO.

Falso allarme in Messina,

1. Alle 8 del mattino il vapore francese Descartes nel porto di Messina tira i colpi di cannone per la festa dello Imperatore, come praticano altresì la corvetta inglese Scilla, e le fregate sarde Vittorio Emmanuele, e Carlo Alberto, anche ivi ancorate. Su le prime gli abitanti di Messina credono, che la cittadella bombardasse la città; per cui si allarmano seriamente e si agitano; ma poi saputo il motivo si calmano.

Proclama all'esercito per incoraggiarlo al tradimento.

2. In nome del noto generale Alessandro Nunziante si divulga un proclama diretto a' soldati dello esercito napolitano, riportato dal giornalismo di ogni colore, affinché su l'esempio di lui tradissero la bandiera, che han giurato di difendere "e passassero a servire sotto lo scettro glorioso del re Vittorio Emmanuele, del quale è stato precursore in Sicilia l'eroico Garibaldi."

- Giunge fino a dire "che chiunque non segue il suo impulso è traditore della patria!!!

" E conchiude: - "Il re Vittorio, nel quale Italia s'incarna, ha bisogno di avervi tutti intatti e disciplinati per valersi del vostro braccio a debellare quello straniero, che fa l'eterno nemico di ogni nostra felicità".

VENERDÌ 17 AGOSTO.

Velleità di attacchi contro la cittadella.

1. All'una pomeridiana il nemico attacca gli avamposti della cittadella al piano Terranuova in Messina, i quali gli rispondono vivamente: dopo mezz'ora tutto è silenzio. In seguito si presenta un parlamentario garibaldino per far le scuse di questo fatto a nome del generale Medici, e per assicurare che non si rinnoverebbe in seguito:

(1) È qui fugacemente accennalo questo fatto, che non riguarda direttamente la Sicilia, alla quale è limitato il presente lavoro.

(17 agosto) 243

si stabilisce far retrocedere di 30 passi i rispettivi avamposti per evitare malintesi.

Decreti dittatoriali.

2. Con odierni decreti dittatoriali si ordina: - 1. dovere in Sicilia aver corso come moneta legale la lira col sistema monetario piemontese, e le nuove monete porteranno la effigie del re di Sardegna, con la leggenda "Vittorio Emmanuele re d'Italia"

: - 2. riceversi, ed aversi per valida anche per la Sicilia la legge piemontese su la proprietà letteraria ed artistica: - 3. esser validi per la Sicilia i gradi accademici, le matricole, le licenze, e le lauree date in tutte le altre università, collegi, o licei d'Italia: e gli studi fatti in essi daran titolo ad essere ammessi agli esami in Sicilia, per ricever poscia i gradi o matricole o lauree, che si danno nelle università dell'isola: i servigi ed i meriti acquistati in qualunque ramo d'istruzione pubblica delle altre provincie d'Italia, e presso qualunque altra nazione, costituiscono titolo, ed elemento di giudizio, pe' concorsi in Sicilia: - 4. rivocarsi qualunque con dizione di residenza imposta pel pagamento delle pensioni che potranno conseguirsi da chi avendo diritto ad esse, risedendo all'estero, farà presentare la legale fede di esistenza: - 5. dichiararsi nulle, e come non avvenute tutte le condanne emesse su i fatti, che durante il governo borbonico, si consideravano come reati politici, ed i condannati doversi intendere rientrali ipso jure nello esercizio di tutti i diritti civili e politici.

Arrivo in Palermo de volontarii raccolti in Sardegna: malumore e partenza del loro capo.

3. Alle 10 di questa sera sbarcano in Palermo seimila

volontari col colonnello Pianciani, provenienti sul vapore mercantile Bisantino ed altri legni dal golfo degli Aranci in Sardegna, dove si è personalmente recato Garibaldi (ritornato in Sicilia poche ore prima di essi) come si è accennato sotto la data de' 6 di questo mese. Invano tenta costui di affidare il comando di quelle forze al Pianciani, il quale sostiene essere suo unico impegno la invasione degli Stati Pontifici: si dimette, e parte, ad onta delle premure di Bertani. Questa improvvisa partenza da luogo alla diceria di essere stato espulso da Garibaldi.

244 (19 agosto)

DOMENICA 19 AGOSTO.

Partenza di Garibaldi per Calabria: inerzia delle regie navi in crociera.

Alle 10 di questa sera muovono dalla rada di Taormina, in Sicilia, Garibaldi, e Bixio, con circa 4 mila individui, per assalire le Calabrie. Il primo con 1200 uomini sale su la vecchia nave il Franklin (altri dicono il Washington)

, ed il secondo sul Torino. Due ore dopo mezza notte sono per approdare a Melito, piccola borgata tra Capo dell'armi, e Capo Spartivento alla estremità meridionale della Calabria; ma il Torino spintosi a tutto vapore, viene ad investire contro una scogliera, e si squarcia i fianchi: si gittano a mare in un istante tutti i palischermi, e il disbarco in meno di due oro è compiuto. Quantunque alleggerito dal carico, non è più possibile rimetterlo a galla. - Garibaldi si decide a tornare in Messina per farlo soccorrere. Ritornando perciò col Franklin, appena girato il Capo dell'armi, si trova preso fra due legni incrociatori napoletani, l'Aquila, ed il Fulminante. Il comandante di questo, col portavoce, chiama all'obbedienza il comandante del Franklin, il quale si schermisce borbottando l'inglese, e simulando non capire l'italiano, benché sia la propria lingua, ed issa bandiera americana: una lancia napoletana con un uffiziale si accosta per interrogare d'onde venisse, ma colui in quel momento fa uscire con fracasso una nube di vapore da' fianchi del legno: allora le due navi napoletane "con una bonomia senza pari (siccome osserva un narratore partigiano di Garibaldi) virano di bordo, e lasciano, che il Franklin continuasse la sua rotta per Messina: una fiancata, che avessero lanciata le navi napoletane, il vecchio Franklin, che già manifestava una via di acqua, ed era malconcio, si sarebbe sepolto per sempre in mezzo al mare, e re Francesco II avrebbe salvato il suo regno: da che cosa dipendono talvolta i destini de' regni, e de' re! (1) "Poco dopo le due navi napoletane si accorgono dello abbandonato legno Torino, che cannoneggiano, ed incendiano. - Garibaldi vedendo ciò da lontano non trova più ragione per accorrere a Messina;

(1) Vedi MISTRALI, stor. popol. delle campagne d'Italia.

(19 e 20 agosto) 245

per lo che torna indietro, e sbarca in Calabria, dove raggiunge i suoi che lo avevano preceduto con Missori su la rupe di Aspromonte (1).

LUNEDÌ 20 AGOSTO.

Altri rinforzi per Garibaldi; suoi atti antiannessionisti.

Partito a' 2 corrente da Liverpool, è giunto verso la metà di questo mese a Messina il vapore da guerra Queen of England, aspettato ansiosamente da Garibaldi, al quale reca un rilevante carico di armi, cioè, 22 mila carabine di fabbrica americana, 80 inglesi, 1150 sistema Enfìeld, 12 cannoni di grosso calibro, li da 12, 16 rigati, 75 casse di bombe vuote e piene, 10 di revolvers, 40 pistole d'arcione, 2500 tende da campo.

Il governo dittatoriale di Palermo ha espulsi dalla Sicilia tre agenti di La farina ivi spediti per impiantarvi comitati della Società nazionale

, nel che avevano cominciato a dar opera per affrettare l'annessione al Piemonte. Essi sono un tal Cortes veneto, Campanile di Napoli, e Paternostro siciliano. - Garibaldi ha poca fiducia in De Pretis; e molta in Crispi, ministro presso a poco universale, nel quale si fa sentire la mano di Mazzini.

(1) Avvenimenti posteriori fanno vedere nella fatidica parola ASPROMONTE un prodigioso tratto della divina giustizia. In quello stesso sito, e nello stesso mese, volendo imitare la identica strategia per attentare a Roma, Garibaldi dopo due anni (29 agosto 1862) è battuto, ferito, imprigionato dal colonnello Pallavicino, comandante una colonna di 1800 soldati di quel governo piemontese, alle cui mire il Garibaldi aveva servito per la rovina del più florido reame, giovandosi de' tradimenti, e delle codardie! La pubblica opinione accenna a preesistenti pratiche segrete, la cui mercé Garibaldi veniva spedito nel 1862 in Sicilia dal governo di Torino per far insorgere qualche punto dell'impero ottomano; ma alle fiere rimostranze di una gran potenza, che ne difende la integrità, si sarebbe rivocato l'ordine; per lo che Garibaldi invertiva la spedizione per Roma. (Vedi Monarchia nazionale di Torino, 25 agosto 1863 num. 233 - l'Opinione de' 26 dello stesso mese; - e il Morning Post da esso citato).

246 (21 agosto)

MARTEDÌ 21 AGOSTO.

Protesta diplomatica.

1. Il real governo napoletano spedisce alle Corti estere la seguente protesta: - "Il generale Garibaldi, dopo aver invasa la Sicilia, non contento di aver usurpata la bandiera reale di Sardegna, ed intestati tutti i suoi atti con il nome di re Vittorio Emmanuele, con decreto del 3 andante ha messo in vigore lo statuto piemontese, ed obbligati tutti gl'impiegati, e le municipalità nominate dalla rivoluzione di prestare giuramento di fedeltà al re Vittorio Emularmele. - Il governo di S. M. siciliana si crede nel dovere di portare alla conoscenza di tutte le Potenze queste nuove usurpazioni, e questi attentati, che conculcano le prerogative le più eminenti della sovranità, i principi i più inconcussi della ragione delle genti, e fanno dipendere le sorti di tutto un popolo dal capriccio arbitrario di una forza straniera. - Il governo di S. M. volendo, a costo de' più grandi sacrifìzi, evitare la effusione del sangue, fin dalla promulgazione dell'atto sovrano de' 25 giugno, nel desiderio di armonizzare la sua politica con quella di Sardegna pel mantenimento della pace in Italia, ha sperata la soluzione della quistione siciliana nelle sue lunghe e persistenti trattative. Delusa questa intima speranza, il governo di S. M. si vede nello imprescindibile obbligo di denunziare alle Potenze questi attentati, che si commettono sotto la pressione dì una forza straniera in Sicilia; di protestare formalmente contro tutù gli atti, che tendono a negare o indebolire i legittimi diritti del re nostro augusto Signore; e dichiarare, che non riconosce, né riconoscerà alcuna delle sue conseguenze; essendo fermamente deciso a mantenere le ampie istituzioni liberali promesse specialmente a quell'isola, e a non transigere mai sul principio poggiato su la storia, e sul diritto pubblico europeo, che riunisce sotto la real corona de' Borboni i due regni di Napoli, e Sicilia etc."

Proclama di Medici a Messinesi,

2. Per calmare la trepidazione degli abitanti di Messina a cagione de' tiri della cittadella, il generale garibaldino Medici pubblica questo proclama: "Cittadini! Le poche

(20 e 23'agosto) 247

cannonate di oggi non debbono allarmarvi. La convenzione militare de' 28 luglio formalmente stipulata sarà rispettata. Ne sta garante il mondo civile. Ma voi dovete rispettarla i primi. Se per avventura, ciò che non credo, simili arbitrii si rinnovassero, date esempio di dignità: che i vostri militi non discendano per le vie armati ed isolati: essi hanno i loro quartieri, ove debbono rimanere ad attendere gli ordini. Che le vostre guardie nazionali per precauzione si radunino nel palazzo municipale. Così non saranno suscitati disordini, e gli allarmi veri o falsi non incuteranno spavento. Messinesi, abbiate fede ne' destini d'Italia".

Premure del generale Fergola per soccorrere Reggio.

3. Il generale Fergola comandante la cittadella di Messina avrebbe voluto mandare qualche distaccamento di truppa per soccorrere Reggio, e per fare un utile diversivo 5 ma per poterlo imbarcare non gli riesce avere niuna delle navi in crociera della real marina, la quale apertamente tradisce.

GIOVEDÌ 23 AGOSTO.

Sacrifizii imposti dalla rivoluzione alla città di Catania.

La prepotenza faziosa ne impone, secondo il suo solito, per lo sprecamento del pubblico denaro, raccolto con tanta economia dal governo legittimo nelle casse municipali, e vuoi far comparire come dono della città di Catania, ciò che è stata violenta estorsione. Egli è cosi che leggesi ne' diarii piemontesi: - "La città di Catania non può abbastanza elogiarsi per la generosa concorrenza, con cui ha fatto progredire la rivoluzione. Essa, oltre di aver fornito un contingente di circa tremila volontari, che han fatto parte della brigata Heber, Fabrizi, e Bixio, ha erogato in giugno, e luglio conto quarantamila ducati dalle casse pubbliche; e sedicimila per acquisto di armi dalla cassa provinciale; come pure ha esaurito tutto il fondo della cassa comunale per vestiario e mantenimento della brigata Heber" .

248 (24 e 28 agosto)

VENERDÌ 24 AGOSTO.

Lettera del conte di Siracusa al re suo nepote.

A colmare la misura de' disordini nel reame si da la più estesa pubblicità ad una lettera, che in data d'oggi sarebbe stata diretta al re dallo zio conte di Siracusa, il quale fin da' 3 del passato aprile (vigilia delle prime turbolenze di Sicilia) istigato da faziosi e dall'ambasciatore del Piemonte, con altra lettera fatta inserire ne' giornali aveva consigliato allo augusto nepote di spingersi nella via delle innovazioni politiche, e di mettersi in accordo col governo sardo, declinando ogni altra alleanza europea. La odierna lettera adunque facendo il più tristo quadro delle condizione del reame, ed i più sperticati elogi del Piemonte, con dipingere a nerissimi colori i fatti di Sicilia, esorta il re ad abdicare, ed implicitamente a cedere il regno nelle mani della rivoluzione capitanata dal Piemonte.

MARTEDÌ 28 AGOSTO.

Creazione della polizia dittatoriale e di altri impiegati.

Con decreto del dittatore si ordina: "1. Le città di Palermo, di Messina, e di Calabria avranno un questore. Ogni questore avrà un numero di uffiziali di sicurezza pubblica proporzionato alla popolazione su la quale dovranno essi esercitare il loro uffizio: avrà inoltre un servizio di segreteria, che sarà stabilito con speciale decreto. - 2. Son mantenute le nomine de' governatori sinora fatte, di cui si è data partecipazione al governo. - 3. È riserbata al dittatore la facoltà di nominare direttamente o indirettamente tutti i funzionar! pubblici a proposta de' governatori. La stessa facoltà gli è riserbata per la nomina de' magistrati municipali sino al termine della guerra. - 4. I governatori di prima classe saranno anche presidenti de' consigli degli ospizi. - 5. Si congedano provvisoriamente i militi di prima categoria che sono sotto le armi, pe' bisogni domestici del ricolto".

(1. 2. settembre) 249

SABATO 1 SETTEMBRE.

Diserzioni; eccitamenti del console sardo.

Da Villa s. Giovanni il capitano del genio Giuseppe del Bono fa pervenire al generale Fergola la sua dimessione, e vien dichiarato disertore. Tali son pur definiti il luogotenente dello stesso corpo Raffaele Saint-Paul, e il guardia Morante, i quali han latta giungere la loro dimessione per mano del messinese Lella, console sardo, che ne" passati giorni si e accostato alla cittadella per persuadere ne' modi i più lusinghieri quella guarnigione alla resa, ma n'è stato sdegnosamente respinto.

DOMENICA 2 SETTEMBRE.

Credulità del comandante di Siracusa.

Per mezzo di un gozzo doganale il generale Locaselo, comandante la piazza di Siracusa, invia al generale Fergola una lettera in data 31 agosto, con la quale chiede norme di condotta, avendo preinteso essersi aperta la cittadella, e trovarsi in contatto con le truppe italiane. Indignato il Fergola gli risponde, che come antico ed esperto soldato non avrebbe dovuto dare ascolto alle menzogne, delle quali è solita servirsi la rivoluzione per tentare la fermezza delle regie truppe; per cui gli raccomanda caldamente di tener fermo e costante nella difesa della piazza affidatagli dal re.

Superlativa è la esecrazione de' regi contro la infedeltà della marina napoletana, cagione di tutti i disastri.

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE.

Liberazione di un prigioniero.

1. Alle insistenze de' comandanti navali inglese e francese è rilasciato il prigioniero della cittadella Eduardo Telling, garibaldino preso con le armi alla mano.

Istruzioni di Cavour all'ammiraglio Persano.

2. Torino 4 settembre 1860. - Signor Ammiraglio. - "Non ricevendo altri ordini dal telegrafo, ella farà levare l'ancora la sera degli 11,

250 (4. 5. e 6 settembre)

e si recherà per la via diretta ad Ancona. Ivi si porrà in comunicazione col generale Cialdini, mandando imbarcazione a terra nel sito più opportuno. Si concerteranno assieme per la scelta dei mezzi. Sarà raggiunto a Messina dal Dora carico di cannoni d'assedio, che terrà a disposizione del generale Cialdini. - Se Garibaldi è a Napoli vada a vederlo, e gli comunichi le istruzioni, che ella tiene. Gli manifesti da parte mia il sincero desiderio di andare pienamente intesi per ordinare l'Italia prima, e fare poscia la impresa di Venezia. Lo preghi di non far parola per pochi giorni della destinazione della flotta. Addio ammiraglio! Dio l'assista, e pria che il mese si chiuda, ella avrà associato il suo nome al primo fatto glorioso che segnerà il risorgimento della italiana marina. - CAVOUR." (Documenti pubblicali da Nicomede Bianchi; luogo citato).

MERCOLEDÌ 5 SETTEMBRE.

Soccorsi pecuniarii alla cittadella: diserzioni.

Col vapore francese l'Assirien arrivano due impiegati della real tesoreria da Napoli, e, forniscono la piazza dì Siracusa di 10550 ducati pel soldo delle truppe, e di 50 mila la cittadella di Messina. Da questa diserta il secondo commesso di ospedale Annibali Sardi funzionante da controloro.

GIOVEDÌ 6 SETTEMBRE.

Indulto sovrano: proclama, e protesta reale: partenza del re dalla capitale.

1. Oggi il re Francesco II pubblica in Napoli i seguenti atti: -

I. "Volendo concedere un altro attestato della nostra sovrana clemenza a tutti i condannati sotto il regno del nostro augusto genitore e nostro, abbiamo risoluto di decretare e decretiamo: - art. 1. La pena de' condannati allo ergastolo è ridotta a quella di 20 anni di ferri: - art. 2. La pena de' condannali a' ferri, tanto a' bagni, che al presidio; la pena della reclusione, e della relegazione sono ridotte al terzo di quanto a ciascun condannato resta ad espiare:

(6 settembre)

251

- art. 3. Le pene correzionali e di polizia sono condonate" (1).

II. "Fra i doveri prescritti a' re, quelli de' giorni di sventura sono i più grandiosi e solenni, ed io intendo di compierli con rassegnazione scevra di debolezza, con animo sereno e fiducioso, quale si addice al discendente di tanti Monarchi. A. tale uopo rivolgo ancora la mia voce al popolo di questa Metropoli, da cui debbo ora allontanarmi con dolore. - Una guerra ingiusta, e contro la ragione delle genti ha invasi i miei Stati, non ostante che io fossi in pace con tutte le potenze europee (2). - I mutati ordini governativi, la mia adesione a' grandi principi nazionali ed italiani, non valsero ad allontanarla; che anzi la necessità di difendere la integrità dello Stato trascinò seco avvenimenti, che ho sempre deplorati. Onde io protesto solennemente contro queste inqualificabili ostilità, su le quali pronunzierà il suo severo giudizio l'età presente, e la futura. - Il Corpo diplomatico residente presso la mia persona seppe fin dal principio di questa inaudita invasione da quali sentimenti era compreso l'animo mio per tutti i miei popoli, e per questa illustre città, cioè, garentirla dalle rovine e dalla guerra, salvare i suoi abitanti e le loro proprietà, i sacri templi, i monumenti, gli stabilimenti pubblici, le collezioni di arte, e tutto quello che forma il patrimonio della sua civiltà e grandezza, e che appartenendo alle generazioni future è superiore alle passioni di un tempo. - Questa parola è giunta ormai l'ora

(1)

In varie tornate del parlamento di Torino i deputati, (e specialmente Nicotera nella tornata 25 novembre 1862, e Ricciardi nella susseguente de' 15 decembre, e quest'ultimo in una lettera pubblicata a' 23 settembre detto anno) hanno ricordata lodevolmente la clemenza de' Borboni, a confronto della opposta qualità del governo sardo. Il

quale nel 1863 in odio della generosità di re Francesco II dichiara nullo il surriferito indulto de' 6 settembre 1860, dopo che già da principio ne aveano fruito varii condannati. Intanto per una stranezza de' nostri tempi, imperversano taluni a gridare contra la tirannia della clemenza borbonica, e non cessano di vantare il liberalismo generoso della ferocia subalpina.

(2)

Vedi l'aperta confessione fatta da Lafarina nella nota alla pagina 185 di questa cronaca.

282 (6 settembre)

di compierla. La guerra si avvicina alle mura della città, e con dolore ineffabile io mi allontano con una parte dello esercito, trasportandomi là dove la difesa de' miei diritti mi chiama. L'altra parte di esso resta per contribuire, in concorso con la onorevole guardia nazionale, alla inviolabilità ed incolumità della capitale, che come un palladio sacro raccomando allo zelo del ministero. E chieggo all'onore ed al civismo del sindaco di Napoli, e del comandante della stessa guardia cittadina risparmiare a questa patria carissima gli orrori de' disordini interni, e i disastri della guerra vicina; a quale uopo concedo a questi ultimi tutte le necessario e più estese facoltà. Discendente da una dinastia, che per 126 anni regnò in queste contrade continentali, dopo averle salvate dagli orrori di un lungo governo viceregnale, i miei affetti sono qui. Io sono napoletano; né potrei senza grave rammarico dirigere parole d'addio a' miei amatissimi popoli, amici compatrioti (1). Qualunque sarà il mio destino, prospero, 0 avverso, serberò sempre per essi forti, ed amorevoli rimembranze. Raccomando loro la concordia, la pace, la santità de' doveri cittadini. Che uno smodato zelo per la mia Corona non diventi face di turbolenze. Sia, che per le sorti della presente guerra io ritorni in breve fra voi, o in ogni altro tempo in cui piacerà alla giustizia di Dio restituirmi al trono de' miei maggiori fatto più splendido

(1) Astenendoci da ogni commento su la commovente espansione di codesto atto sovrano, basterà metterlo a confronto col discorso tenuto tre anni dopo nel parlamento di Torino dal deputato Castagnola sul conto dell'antica metropoli cotanto cara al re Francesco II: tra le altre dure espressioni, il Castagnola dice: - "... Se (nelle due Sicilie) vi sono tradizioni brigantesche; se ivi si crede che il Borbone possa ritornare, bisogna incarnare la idea, che il governo è stabile; far radicare in quelle popolazioni la credenza che tutto è possibile, che si bruciano anche tutte le città; ma che perdio! non si va indietro!" (Tornata del primo di agosto 1863).

Re Francesco II diceva affettuosamente: - "io sono napolitano, si perda il trono, e la reggia, e si salvi Napoli

". I nuovi padroni subalpini per bocca del deputato Castagnola gridano, - "noi siamo piemontesi; piuttosto che tornire indietro, bruciamo Napoli, e tutto il reame".


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(6 settembre) 253

dalle libere istituzioni, di cui l'ho irrevocabilmente circondato, quello che imploro da ora è di rivedere i miei popoli concordi, forti, e felici" .

III. "Dacché un ardito condottiero con tutte le forze, dì che l'Europa rivoluzionaria dispone, ha attaccato i nostri domini, invocando il nome di un sovrano d'Italia congiunto ed amico, noi abbiamo con tutti i mezzi in poter nostro combattuto durante 5 mesi per la sacra indipendenza de' nostri Stati. La sorte delle armi ci è stata contraria. L'ardita impresa, che quel sovrano nel modo più formale protestava sconoscere, e che non pertanto, nella pendenza di trattative di un intimo accordo, riceveva ne' suoi Stati aiuti ed appoggio; quella impresa, cui tutta Europa, dopo aver proclamato il principio di non intervenzione, assiste indifferente, lasciandoci soli lottare contro il nemico di tutti, e sul punto di estendere i suoi tristi effetti fin su la nostra capitale. Le forze nemiche si avanzano in queste vicinanze. D'altra parte la Sicilia, e le provincie del continente, da lunga mano ed in tutti i modi travagliate dalla rivoluzione, insorte sotto tanta pressione, hanno formato de' governi provvisori col titolo, e sotto la protezione nominale di quel sovrano, ed han confidata ad un preteso dittatore l'autorità ed il pieno arbitrio de' loro destini. - Forti su i nostri diritti fondati su la storia, su i patti internazionali, e sul diritto pubblico europeo, mentre noi contiamo prolungare, finché ci sarà possibile, la nostra difesa, non siamo meno determinati a qualunque sacrifìzio per risparmiare gli orrori della lotta e dell'anarchia a questa vasta metropoli, sede gloriosa delle più vetuste memorie, e culla delle arti, e della civiltà del reame. In conseguenza noi muoveremo col nostro esercito fuori le mura, confidando nella lealtà e nell'amore de' nostri sudditi pel mantenimento dell'ordine, e del rispetto all'autorità. Nel prendere tanta determinazione, sentiamo però al tempo stesso il dovere, che ci dettano i nostri diritti antichi ed inconcussi, il nostro onore, l'interesse de' nostri credi e successori, e più ancora quello de' nostri amatissimi sudditi, ed altamente protestiamo contro tutti gli atti finora consumati, e gli avvenimenti, che sonosi compiuti, o si compiranno in avvenire. Riserbiamo tutti i nostri titoli e ragioni, sorgenti da sacri incontestabili diritti di successione, e da' trattati, e dichiariamo solennemente tutti

254 (6 settembre)

i mentovati avvenimenti e fatti, irriti, nulli, e di niun valore, rassegnando per quel che ci riguarda nelle mani dell'Onnipotente Iddio la nostra causa e quella de' Giostri popoli, nella ferma coscienza di non aver avuto pel breve tempo del nostro regno un sol pensiero, che non rosse stato consacrato al loro bene ed alla loro felicità. Le istituzioni, che abbiamo loro irrevocabilmente garentite, ne sono il pegno. Questa nostra protesta sarà da noi trasmessa a tutte e corti, e vogliamo, che sottoscritta da noi, munita del suggello delle nostre armi reali, e contrassegnata dal nostro ministro degli affari esteri, sia conservata ne' nostri ministeri di Stato etc. come un monumento della nostra costante volontà di opporre sempre la ragione e il diritto alla violenza, ed alla usurpazione".

Dopo codesta pubblicazione, il re lascia oggi Napoli, e s'imbarca per Gaeta, deciso a difendere la indipendenza del reame alla testa delle sue truppe tra le linee del Volturno, e del Garigliano. Il corpo diplomatico (meno i rappresentanti inglese, e francese), e molti generali, e distinti personaggi lo seguono. Non occorre dire, che l'ambasciatore del Piemonte rimane in Napoli a raccogliere frutti delle sue pratiche, Dal reame emigra quanto vi è di più illustre in ogni classe. Entra Garibaldi, dopo poche ore dalla partenza del re, con una decina dei suoi ufficiali, proveniente da Salerno, invitato ed accolto dal medesimo ministro Liborio Romano, che ha finora servito la monarchia (1).

Giudizio di scrittori non sospetti di simpatia.

2. Riserbata altrove la narrazione delle particolari di questo importante avvenimento, è pregio dell'opera riportare sul suo merito storico il giudizio di due scrittori contemporanei, non sospetti di parteggiare per la dinastia Borbonica, e molto meno di essere ostili alla rivoluzione:

I. "Una mattina Napoli svegliandosi vede un vapore, che prende il largo: domanda ciò che fosse accaduto, e gli si risponde, che re Francesco II si allontana dalla sua capitale con una parte della real famiglia.

(1) Come siasi agevolato, mercé i tradimenti, lo ingresso di Garibaldi in Napoli si desume dalla confessione parlamentare del deputato Ricciardi riportata nell'appendice di questo lavoro §. 2.

(6 settembre) 255

Ma chi gli ha fatto abbandonare il suo trono? sarebbe mai il suo popolo? - No affatto: - sono i suoi più prossimi parenti; sono quelli che erano stati i primi a giurargli fedeltà; sono i suoi generali che egli aveva i più favoriti e beneficati; i gran Cordoni de' suoi ordini; in una parola le sue proprie creature; quelli che gli erano debitori de' più eminenti gradi, e delle più ricche fortune" (1).

II. "Re Francesco II è stato abbandonato nel modo il più vile da molti di coloro che avevano il dovere di sostenerlo. E pure questi menano vanto di averlo tradito! I# non intendo ricordare le defezioni dell'armata, le rotte, gli sbandamenti di Calabria; i soldati trascinati nella sera da' loro generali in talune strette, dove nel mattino si destavano circondati da' garibaldini; - il denaro intascato da que' che si salvano, o si nascondono, e defezionano... ahimè! dopo aver venduto il loro re; - la condotta equivoca della maggior parte della marina che si allontana e lascia fare, e quindi va a consegnare uomini e navigli al trionfatore; tutto questo diluvio universale in una parola, che poi vorrebbe giustificarsi all'ombra dell'altisonante nome d'Italia; perocché è una codardia militare da più tempo dissimulata sotto due maschere. - Ma ciò che io dovrei segnalare se avessi i diritti dello storico, che deve osar di dire tutto ciò che è vero (ne quid falsi dicere audeat, ne quid veri non audeat)

, sarebbero le viltà civili, l'adesione quasi generale de' funzionar? degl'impiegati, che violano il loro giuramento al re vinto per rimanere ne' loro posti, e che si ascrivono a gloria l'essere spergiuri e traditori; la duplice rappresentazione di certi personaggi, che in questi ultimi tempi erano al potere, e che han servito contemporaneamente re Francesco II, e Garibaldi, allontanando l'uno, e chiamando l'altro. Io ho sott'occhio le pruove ed anche gli alti della loro politica; le lettere che scrivevano al vincitore a datare dal dì della sua vittoria, per consegnargli Napoli, e rimaner quindi al potere. - Ma io lascio ad altri la trista missione di pubblicare e giustificare queste manovre. Forse si vorrà dire, che con ciò siasi risparmiato sangue, ma a prezzo di turpitudini, che

(1) PIANCIANI, op. cit. pag. 117.

256 (6 settembre)

renderanno irreconciliabili per sempre i cuori generosi con la causa della rivoluzione. Io non sono uomo politico, e nulla comprendo di questa orribile legge della necessità, con la quale si scusa tutto. Io sosterrò sempre, che il fine non giustifica i mezzi, e che non vi sia principio sacro, il quale autorizzi la slealtà. L'avvenire e in mano di Dio, e nessun sogno lontano mi dispensa dall'essere uomo onesto. E credo, che una nobile disfatta sia più utile a talune cause, che una vittoria immorale" - (1).

Resa della fortezza di Siracusa; torto del comandante: diserzioni.

3. Siracusa si arrende alla rivoluzione. Il comandante generale Locascio, che veniva riputato. buon militare, ma ohe aveva teste dato pruova di tentennare, si risolve vilmente a cedere di sua autorità, e senza prenderne autorizzazione dal suo superiore Fergola comandante la cittadella di Messina. - Costui con militare contegno gli dirige una risentita lettera, rimproverandogli: la viltà commessa, ed intimandogli di essere perciò incorso nelle gravi pene inflitte con gli art. 142 e seguenti della reale ordinanza di piazza; censurando in pari tempo la condotta del colonnello Galluppi comandante l'11 di linea, e degli altri capi della guarnigione di Siracusa, che non han saputo mantenere l'ordine e la disciplina militare. - Conchiude chiamandoli risponsabili dello abbandono della piazza e di ciò che potrà accadere alla vicina Augusta. - In fatti il comandante di questa colonnello Pietro Tonson-Latour dirige a Fergola una pressante chiedendogli istruzioni su le gravi conseguenze, che la resa di Siracusa ha prodotte in Augusta sollevatasi a pretendere che si fosse seguito lo esempio di quella... - Il Fergola gli risponde di tenersi fermo ne' suoi doveri militari; anzi a maggior cautela gli spedisce per altro mezzo un duplicato dello stessa riscontro, reiterandogli le premure sull'oggetto... - Diserta il capitano Giuseppe Chiariti, comandante l'ospedale del Lazzaretto.

(1) M. MONNIER op. cit. pag. 207 a 209.

(10 settembre) 257

LUNEDÌ 10 SETTEMBRE.

Partenza di uffiziali per Gaeta.

1. Propagatasi la notizia di avere il re abbandonata la capitale per ritirarsi a Gaeta, quivi dirigesi una commessione di uffiziali prescelti nella guarnigione della cittadella di Messina per prendere gli ordini precisi del sovrano. Essa si compone del colonnello Cesare Anguissola, del maggiore Coda, del luogotenente di stato maggiore Antonio Cavaliere, dell'alfiere di artiglieria Lentini, del tenente del genio Zambardini, del tenente Moffa del 3 di linea, del l'alfiere Trucchi del 5 di linea, del tenente Fimiani del 7, e di un sottouffiziale, e due soldati per ciascun corpo. Questa commessione imbarcasi sul vapore francese Assirien alle 8 pomeridiane d'oggi.

Proclama di Garibaldi per sedare i disordini in Sicilia.

2. Lo sgoverno di Sicilia è tale che Garibaldi crede ripararvi dirigendo colà un proclama da Napoli in data d'oggi: "Vicino o lontano (egli dice) io sono con te, bravo popolo di Palermo, e con tutta la vita." Continua ne' più esaltati encomi; raccomanda che si obbedisse a De Pretis suo rappresentante, al quale, e non ad altri, deve spettare ai fissare l'epoca per l'annessione al resto della libera Italia. chiama miserabili coloro che oggi suggeriscono un'affrettata annessione, e conchiude: - "Dunque, o popolo generoso, a' codardi, che erano nascosti quando tu pugnavi su le barricate di Palermo per la libertà d'Italia, tu dirai da parte del tuo Garibaldi, che l'annessione al regno del re galantuomo noi proclameremo presto, ma là sulla vetta del Quirinale quando l'Italia potrà contare i suoi figli allo stesso consorzio, e liberi tutti accoglierli nello illustre suo grembo, e benedirli;.

Nondimeno si grida in Torino: - "sono più di 4 mesi che la Sicilia è libera; ed intanto qual governo vi è colà? Nessuno: vi è completa anarchia." (Gazzetta del Popolo n. 258).

268. (11. 12. e 14 settembre)

MARTEDÌ Il SETTEMBRE.

Eccitamenti a' militari: diserzione,

1. Da Messina perviene nella cittadella un proclama di Garibaldi che accorda 10 giorni di dilazione a' militari per far adesione al nuovo governo, a pena di destituzione, lettura di questa carta produce qualche impressione su la guarnigione; ma i più son fermi nella onorata risoluzione di con arrendersi.

Diserta al nemico il capitano de' sedentanei Ignazio Palladino.

Abolizione di barriere.

2. Con decreto dittatoriale è oggi abolita ogni barriera doganale tra la Sicilia, e il continente napolitano (1).

MERCOLEDÌ 12 SETTEMBRE.

Fermezza di Fergola a fronte delle velleità di resa.

1. Il generale Fergola resiste fermamente alle insinuazioni di resa ventilate jersera da taluni uffiziali superiori in casa del maggiore Ferdinando Guillamat nella cittadella.

Partenza del Prodittatore

2. De Pretis, prodittatore di Sicilia, abbandona Palermo, e se ne viene in Napoli ad alloggiare all'Hotel de Rome.

VENERDÌ 14 SETTEMBRE.

Encomio al comandante Fergola.

1. Da Gaeta il ministro della guerra partecipa al generale Fergola un reale rescritto di lode: - "S. M. il re compiaciuta immensamente del suo lodevole modo di servire per le solerti cure adoprate nelle attuali circostanze, in cui trovasi codesta cittadella, mi comanda esternare tali sentimenti di clemente bontà a lei; soggiungendo in pari tempo la M. S. di viver sicuro,

(1) Posteriormente il ministro delle finanze della dittatura spiega non doversi intendere abrogale con questo decreto le leggi speciali pel cabotaggio, pel portofranco di Messina, e pe' generi di privativa del governo. E così rimane frustrato ogni effetto della vantata abolizione.

(14. 15. e 16 settembre) 259

che sempre piu mostrandosi ad esempio de' prodi di codesta guarnigione, maggiormente riescirà salda la costanza della difesa, e quindi duratura la gloria della bandiera etc."

Real ordine del giorno alla guarnigione della cittadella di Messina.

2. "Lungi da voi, e da' bravi e leali uffiziali che vi comandano, sento vivamente il desiderio di esternarvi la mia soddisfazione pel contegno militare e pel buon volere da tutta la guarnigione mostrato nelle attuali circostanze. Gli stenti e le fatiche durate, e quelle che durerete nel tratto avvenire accresceranno gloria a voi, e riputazione alle armi napoletane. Siate anzi tutto obbedienti a' vostri superiori. È questo il primo elemento della vittoria. - Rammentate, che sono re soldato, e che educato in mezzo a voi, palpito di gioia allo annunzio de' vostri successi, e rammentate pure che siete chiamati a difendere una fortezza storica. I miei pensieri saranno per voi. - Coraggio adunque. Il cielo benedirà le nostre armi, ed un giorno potrete con orgoglio dire: "io fui nel 1860 tra i difensori della cittadella di Messina".

Firmato - FRANCESCO.

SABATO 15 SETTEMBRE.

Arresto di annessionisti in Sicilia.

Notizie di Palermo recano che sieno stati imprigionati per ordine dittatoriale 33 annessionisti, o promotori dell'annessione al Piemonte invisa al Garibaldi ed a' suoi; indicandosi fra gl'imprigionati l'avvocato Tirrito o Turillo direttore del giornale l'Italia dell'italiani, il colonnello Porcella, Jacona, il cav. Giuseppe Vergara, il barone Capuzzo, il tenente d'artiglieria Paternostro etc., e che anche il deputato Bottero siasi ritirato sul legno sardo Monzabano.

DOMENICA 16 SETTEMBRE.

Un legno prussiano latore di plichi per la cittadella: diserzione.

1. Proveniente da Gaeta approda a Messina un legno da guerra prussiano, il cui comandante latore di plichi del

260 (16 settembri)

re si reca dal generale Fergola nella cittadella, accetta una refezione, e parte subito.

Diserta il commessario di guerra Ignazio Guiccione, tuttocchè egli, e la sua famiglia fossero stati ricolmati pel passato di sovrani favori, tra quali si nota la grazia della vita accordata al fratello capitano di artiglieria condannato a morte per fellonia nel 1848, e ripristinato pure in carica; ed una pensione di grazia alla moglie. Egli premeditava l'ingrata defezione non solo; ma anche di far comparire mancanza di viveri nella fortezza, avendo celati moltissimi sacchi di biscotto nel magazzino della paglia, dove sono stati scoperti, dopo la sua uscita.

Resa di Augusta: fedeltà della guarnigione: nobile condotta della marina francese.

2. Ben diversamente dal riprovevole contegno di Locascio, il colonnello Pietro Tonson-Latour fa oggi la resa della piazza di Augusta, con questa capitolazione: "Real piazza d'Augusta - 17 settembre 1860." Vista l'imperiosa circostanza di mancare il denaro pel prest alla, truppa, e per esser privi di comunicazione e notizie dal continente da circa un mese, si è dovuto ricorrere per la giornaliera sussistenza a' viveri di riserva, malgrado la piazza non fosse nello stato d'assedio, e vista ancora la circostanza di aver perduto il prossimo soccorso della piazza di Siracusa, perché resa, abbiamo stimato indispensabile eseguire una capitolazione, onde poter far trasferire in Napoli l'intera guarnigione, stabilendo i seguenti articoli. - 1. Tutti gli uffiziali, e truppa componenti l'attuale guarnigione d'Augusta, sortiranno dalle fortezze della piazza per recarsi al luogo dello imbarco, in seguito d'ordine del sottoscritto colonnello comandante, con armi, bagaglio, munizioni, ed onori militari, recando secoloro i rispettivi effetti de' magazzinetti, e bagaglio d'uffiziali. - 2. Il municipio d'Augusta deve approntare i mezzi di trasporto, perché detta guarnigione debba essere sbarcata in Napoli, e non in altro luogo, purché fra i detti trasporti siavi un vapore da rimorchiarli. - 3. La truppa uscirà da' forti al momento, che sarà pronto l'imbarco. - 4. Il guardia d'artiglieria Luigi Bartucci rimarrà nella piazza per fare la consegna di tutto il materiale d'artiglieria, ed in seguito s'imbarcherà per Napoli a cura del presidente del municipio.

(16 settembre) 261

- 5. Il periodo di 10 giorni assegnato dal decreto dittatoriale pe' militari, che vogliono far adesione, comincerà a decorrere per la guarnigione dal dì del suo arrivo a Napoli. - 6. Si preleveranno dalle riserve del castello i mezzi di sussistenza per sei giorni, da servire durante il viaggio. - 7. Giunta la guarnigione in Napoli, luogo designato per lo sbarco, le si permette passo libero e garentito, per raggiungere i rispettivi corpi, dove si trovano".

Mentre si segna codesta capitolazione, approda nel porto di Augusta il piroscafo francese Protis noleggiato dal governo napolitano per lo trasporto delle truppe, avendo a bordo un'aiutante di campo del re Francesco II, con la missione di far imbarcare que' soldati che desiderassero raggiungere il real esercito a Gaeta. All'uopo interrogata la guarnigione composta di 500 individui tra uffiziali e soldati, è unanime a rispondere affermativamente. S'imbarca, e si mette in cammino. Dopo poche miglia è raggiunto il piroscafo da un trasporto da guerra sardo, sul quale si trova il viceconsole francese residente a Siracusa. Il Protis si ferma, e riceve costui a bordo, senza permettere ad altri di salirvi. Il viceconsole rimprovera al capitano del Protis di aver violata la capitolazione, e intende farlo ritornare. Il capitano vi si rifiuta; ma promette far rotta per Napoli dove giunge, dopo essersi abboccato a Messina con l'Imperial nave da guerra francese. Approdato il Protis a Napoli, è invitato a sbarcare i soldati senza armi. La intenzione del governo dittatoriale è di farli prigionieri di guerra come violatori dell'anzidetta capitolazione; ciò che avrebbe fatto rappresentare dalla marina francese una parte inaccettabile. Il viceammiraglio Barbier de Tinan informatone, fa sentire al prodittatore non potersi trarre come conseguenza dello accaduto, che la guarnigione di regia truppa avesse a costituirsi prigioniera di guerra; ne egli avrebbe permesso lo sbarco a simili condizioni, quando pure avesse dovuto rimandarla a Gaeta scortata da una sua nave da guerra. Si stabilisce adunque, che la guarnigione imbarcata sarebbe stata richiesta della sua intenzione alla presenza di un aiutante di campo del medesimo viceammiraglio. Ciò eseguitosi, un solo risponde di voler prendere servizio fra i garibaldini, - 190 di voler ritornare nelle loro case, e 360 chieggono istantemente di voler

(16 e il settembre)

raggiungere il re a Gaeta, dove il Protis immantinenti li trasporta. (Moniteur, riportato nel giorn. off. di Napoli 26 corr.) Prodittatore in Sicilia.

3. Dovendo per le necessità della guerra allontanarsi il dittatore da' centri amministrativi, con decreto in data d'oggi delega per suoi rappresentanti un prodittatore in Sicilia, ed un altro in Napoli; riserbando a se la suprema potestà politica, militare, e legislativa.

Reciprocanza tra i banchi di Sicilia, e di Napoli.

4. Con decreto dittatoriale di Napoli e ristabilita la perfetta reciprocanza pel libero e mutuo cambio delle polizze fedi di credito tra le casse del banco di Palermo e di Messina, e quelle delle provincie continentali; non che per le reciproche operazioni delle casse di sconto di qua e di là del Faro.

A' 27 di questo mese il prodittatore Mordini in Sicilia conferma la stessa disposizione.

LUNEDÌ 17 SETTEMBRE.

Garibaldi anti-annessionista in Sicilia; suoi sdegni, discorsi, e proclami. Mordini prodittatore: nuovo ministero, e suo programma.

Parte frettolosamente Garibaldi da Napoli, e si reca a Palermo per impedirvi l'annessione al Piemonte, rimediare agli sconcerti prodotti da de Pretis, (che invano aveva chiesti alcuni reggimenti regolari del Piemonte per rimettere l'ordine nella sconvolta Sicilia) e dalla prolungata assenza del medesimo venuto in uggia al Crispi, il quale lo accusa a Garibaldi. - Costui ha per ciò ricevuto sgarbatamente de Pretis in Napoli rimproverandogli la collusione col governo di Torino nello affrettare l'annessione; per lo che avea poco prima destituito pure il Piola, ministro della marina, inviandolo in Calabria. Aggiungasi la irritazione cresciuta ne' siciliani per la equivoca frase di de Pretis, il quale avea detto "non occorrere di nominare un nuovo ministro di marina, perché eravene uno a Napoli"

; ciò che fece temere il ritorno della dipendenza della Sicilia dal continente, tanto più che Garibaldi aveva assunto il titolo di dittatore delle due Sicilie. (17 settembre) 263

D'onde broncio, scalpore, dimissione del ministero, agitazione del popolo. A ripararvi arriva Garibaldi all'improvviso: smonta al solito alloggio su Porta nuova. Non sa contenere la sua indignazione contro il ministero per la premura mostrata ad annettere la Sicilia al Piemonte. Vorrebbero i ministri giustificarsi, ma egli bruscamente vieta loro di parlare; li congeda, e nomina prodittatore Mordini; - e per ministri Piraino all'interno, Parisi alla sicurezza pubblica, Tamajo alla pubblica istruzione, Ugdulena al culto, Peranni alle finanze, Paolo Orlando a' lavori pubblici, Nicola Fabrizi alla guerra, Fauchè alla marina, barone Scrofani alla giustizia.

Alla gran folla accorsa sotto la sua abitazione Garibaldi arringa da uno de' balconi del primo piano, e dice a voce alta; "Vi ringrazio di questi evviva, e vi dichiaro che son contento, molto contento di trovarmi in mezzo a voi. - Vi ringrazio di aver avuto fede in me, e di non aver creduto a chi voleva trascinarvi sopra una via erronea. - Faceste bene a non volere una annessione, che io dichiaro intempestiva: rivelaste così di avere in voi il senno italiano. Questa annessione ci avrebbe soggettati alla diplomazia, e quindi incatenati di nuovo. Di questi giorni a Napoli mi ritentarono per l'annessione. Ma io vi dico, che dietro il Volturno vi sono ancora altri nostri fratelli, che hanno le catene a' piedi; ora io vi dichiaro, che finché vi saranno fratelli nostri a liberare, combatteremo per loro. Combattiamo dunque! nessuno potrà impedire, che l'Italia si faccia! - Popolo di Palermo, popolo delle barricate, ancora una volta ti ringrazio di non aver creduto a chi diceva aver io secondi fini: il migliore amico della Italia, e di Vittorio Emmanuele sono io. Credete in Vittorio Emmanuele, che è l'unico rappresentante della causa italiana".

Dopo poche ore, parte per Napoli, e lascia alla Sicilia questo altro proclama (1): - "Il popolo di Palermo, siccome impavido a fronte de' bombardatoti, lo è stato in questi giorni a fronte degli uomini corruttori, che volevano traviarlo. Essi vi hanno parlato di annessione, come se più fervidi di me fossero per la rigenerazione d'Italia,

(1) Il Constitutionnel 27 corrente n. 271 dice che Garibaldi nel rincontro abbia fatto fucilare 15 persone immediatamente.

264 (17 e 18 settembre)

ma la loro meta era di servire a bassi interessi individuali; e voi rispondete come conviene a popolo, che sente la sua dignità, e che fida nel sacro ed inviolato programma da me proclamato - Italia e Vittorio Emmanuele

"A Roma, popolo di Palermo, noi proclameremo il regno italico, e là solamente santificheremo il gran consorzio di famiglia tra i liberi, e eli schiavi ancora figli della stessa terra. - A Palermo si volle l'annessione, perché io non passassi lo stretto. - A Napoli si vuole l'annessione, perché io non possa passare il Volturno. - Ma fin quando vi sieno in Italia catene da infrangere, io seguirò fa via, o vi seminerò le ossa. Vi lascio Mordini per prodittatore, e certamente egli sarà degno di voi e della Italia. - Mi resta a ringraziar voi, e la brava milizia nazionale, per la fede avuta in me e ne' destini del nostro paese".

Intanto il nuovo ministero oggi creato da Garibaldi in Sicilia pubblica il suo programma (riportato nel giornale officiale dell'isola de' 24 di questo mese, ed in quello di Napoli de' 28), nel quale dopo aver al solito incensato i faziosi, e il dittatore, dice tra l'altro: - "essere intempestiva l'annessione al Piemonte, ed affrettata solo da fautori di malafede e di fini non retti, sino a dire di esservi dissenso fra Garibaldi e Vittorio Emmanuele, quasicchè non fosse notorio, che entrambi sono legati da vincoli di affetto e di stima indistruttibili, ed entrambi hanno un solo pensiere, una sola aspirazione, una sola volontà di fare una l'Italia".

E su lo stesso stile è il proclama del nuovo prodittatore Mordini, che comincia: - "Siciliani, non il merito personale, ma la fiducia, che si compiace riporre in me il glorioso dittatore dell'Italia meridionale, mi fruttò l'alto onore di governarvi". E termina col raccomandare l'ordine, e di esser pronti a' sacrifìci, senza far motto di annessione, o di autonomia.

MARTEDÌ 18 SETTEMBRE.

Prevenzioni contro gl'intrighi di una donna.

Il dottore Pietro Ripari capo-medico delle truppe garibaldine, con avviso riportato in vari giornali, avverte il municipio di Messina ai non aver affatto fiducia in una tale contessa Della Torre, o Martini, la quale,

(18. 19. 23 e 24 settembre) 265

senza aver nessuna qualità legale, né officiale, intriga per raccogliere soccorsi, onde formare un ambulanza pe' feriti futuri delle truppe di Garibaldi.

MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE.

Reazione, e stragi.

Insorto il comune di Monte maggiore, presso Termini, sono trucidati 13 individui del ceto civile, tra i quali l'arciprete: altri si salvano con la fuga. Accorrono le guardie nazionali de' vicini paesi, con le autorità spedite dal governatore di Termini. Duemila di quegli abitanti fuggono in massa. Il consiglio di guerra subitaneo ne fa fucilare 20, ed altri ne condanna al terzo e quarto grado di ferri: continuano gli arresti.

DOMENICA 23 SETTEMBRE.

Attacchi d'avamposti.

Alle 5 pomeridiane gli avamposti garibaldini attaccano quei della cittadella: il fuoco dura un'ora. Il sergente Gennaro Simeone del 5 di linea, con 8 soldati, insegue l'avamposto nemico fino alle Quattro fontane.

LUNEDÌ 24 SETTEMBRE.

Ritorno della commessione di uffiziali da Gaeta.

La commessione di uffiziali partita a' 10 corrente mese, (meno il maggiore Coda rimasto a prendere il comando dell'8 di linea) ritorna nella cittadella di Messina: arrivano pure altri uffiziali per rimanere al servizio della cittadella, cioè, i capitani Gio. Perez de Vera, e Lamonica, l'alfiere Rinaldi di artiglieria, Chitti primo tenente, e gli alfieri Covelli, e Caccaviello del 5 di linea; come pure a capitano di stato maggiore Patrizio Guillamat per compiere un disimpegno, e partir subito. Soddisfatissima per la buona accoglienza ricevuta dal sovrano, la commessione reca il real ordine del giorno de 14 corrente mese diretto alla guarnigione della cittadella.

Si stabilisce un articolo addizionale alla capitolazione di Messina de' 28 luglio (riportata sotto la pag. 223) quale la città di Messina si obbliga di fornire alla guarnigione della cittadella i viveri bisognevoli,

266 (24. 25. 27 e 29 settembre)

mediante pagamento: i segnatari sono il generale de Martino per la fortezza, e il colonnello d'Antoni per la città.

MARTEDÌ 25 SETTEMBRE.

Organizzazione de' corpi ungheresi.

Un decreto dittatoriale autorizza la formazione di due depositi ungheresi per lo arruolamento ed organizzazione de' corpi di quella nazionalità a Napoli, ed a Messina, a' quali si provvederanno tutti i sussidi necessari per la loro formazione.

GIOVEDÌ 27 SETTEMBRE.

Inviti incorrisposti.

Il siciliano La Masa comandante una divisione de' così detti cacciatori dell'Etna, fra le bande garibaldine sotto Capua, invita con un proclama i suoi compatrioti ad arruolarsi soldati: ma, niuno gli porge orecchio.

SABATO 29 SETTEMBRE.

Deputazione sicula a Torino per affrettare l'annessione.

Parte da Palermo per Torino una deputazione di siciliani composta dal P. Ottavio Lanza, e dal fratello Giuseppe principe di Trabia, Gabriele Colonna marchese di Fiume, conte Manzoni, Vincenzo Giusti di Catania negoziante, Matteo Raeli avvocato di Noto, barone Felice Spedalieri, Gaetano Monroy principe di Belmonte, Pietro Vitali negoziante di Messina, per affrettare l'annessione al Piemonte, e per far terminare lo stato d'incertezza, in cui si trova l'isola, tiranneggiata da quegli stessi uomini, che essendo stati accolti come liberatori, si arrogano a trattare la Sicilia come paese di conquista. I signori Lafarina, Paternostro, e Cordova per la notoria persecuzione loro fatta da Garibaldi si astengono dal far parte di questo messaggio. L'ultimo di essi in data di oggi protesta nei giornali per la misura violenta contro lui adottata dal dittatore, che lo ha bandito dalla Sicilia.

La medesima commessione in concerto già con Cavour, dopo cinque altri giorni gli si presenta a Torino, e quindi al principe di Carignano (a' 5 entrante mese), recitando la parte che le si è imbeccata, di dimostrare, cioè, essere dannoso alla causa italiana l'indugio dell'annessione.

(3. 4. e 5 ottobre)























































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