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Scurdammoce ‘o passato simme italiani paisà

Zenone di Elea
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RdS, 9 maggio 2010

Mi son guardato la trasmissione di Bruno Vespa dedicata al 150° della unità d’Italia. Prima di tutto noi meridionali dovremmo ringraziare Castelli perché è stato l’unico – nonostante lo abbiamo ferocemente irriso, in particolare il Villari che gli  ha ricordato più d’una volta di essere lui il vero storico, snobbando finanche la fonte indicata dall’onorevole leghista, ovvero Valerio Castronovo – a provare ad inserire qualche elemento di discussione nella maleodorante mitologia patriottarda. I cui maggiori assertori, fra gli ospiti presenti, si son rivelati il professor Galli Della Loggia ed il professor Villari. Quest’ultimo invece di smentire i dati proposti da Castelli sull’occupazione manifatturiera nelle provincie meridionali al momento della unità, gli rideva sulla faccia come se fosse un emerito ignorante che si permetteva di ergersi a storico.

Il Villari e il Galli Della Loggia hanno fatto a gara nel ripetere le solite tronfie banalità che non riproponevano più manco negli ultimi sussidiari di scuola elementare pubblicati qualche anno fa, prima che la storia del risorgimento venisse cancellata.

Ci soffermiamo solo su alcuni passaggi della trasmissione – se volete approfondire trovate materiale per farlo e su diversi siti (https://www.ilportaledelsud.org/ - https://www.duesicilie.org/ - https://www.brigantaggio.net/ - https://www.ilbrigante.com/ - https://www.adsic.it/ - https://www.neoborbonici.it/ - https://comitatiduesicilie.org/ - https://partitodelsud.blogspot.com/).


UNA SPEDIZIONE IMPROVVISATA

(secondo i due soloni)

CHIAMATELA IMPROVVISATA, SE VI PARE!

(leggendo quanto si scriveva già nel 1863!)


Negli ultimi anni sono state trovate diverse tracce di raccolta di denaro pro-Garibaldi. Non parliamo solamente delle famose piastre turche date all’eroe dalla massoneria e dei fondi segreti usati da Cavour per corrompere alti ufficiali napoletani, ma anche di collette di denaro fatte negli Stati Uniti d’America.

Noi, semplicemente, diciamo che Garibaldi, sagace condottiero (che sapeva curare la propria immagine, fra i mille vi erano giornalisti, scrittori e pittori in numero di almeno cento secondo quanto asserisce Lucy Riall nel suo “Garibaldi – invention of a hero”) e non utile idiota come qualche amico vorrebbe far credere, si fece strumento suo malgrado degli interessi geopolitici di Francia ed Inghilterra.

Si stava per aprire il canale di Suez e la nostra posizione, al centro del Mediterraneo, era invidiabile e non più sostenibile – questo fu il grande limite di Ferdinando II, il credere di essere in grado di tenere a bada i nemici del regno napolitano grazie all’acqua salata e all’acqua santa.

Non sto a farvi la cronaca drammatica del decennio che precedette la caduta del regno napolitano nel 1860. Tentativi di insurrezione e vari attentati (alcuni poco noti come quello che avrebbe dovuto compiere Filippo Carabi) si susseguirono in maniera impressionante e misero a dura prova la stabilità dell’amministrazione borbonica.

Sostenere quindi che la spedizione dei mille non fosse orchestrata ma qualcosa di improvvisato è veramente patetico e non ci credono neanche i bambini.

Vero che Cavour si era accordato per fare altro, ma è anche vero che giocò abilmente su più tavoli fra Inghilterra e Francia e quando si accorse che ci si poteva allargare fino a Napoli fece di tutto per riuscire nella intrapresa. Vi sono dei nomi del nostro risorgimento che hanno colore fumo di Londra e solo gli ottusi possono negare tale evidenza: Cavour-Garibaldi-Panizzi-Lacaita. Altri portano in riva alla Senna, Cavour-Virginia-Griscelli.


***

“Tuttocchè siensi già notate le varie spedizioni a pro di Garibaldi, e le spese occorse (pag. 231. 238.); pure a maggior chiarimento si segnano qui le distinte partenze:

a' 6 maggio, da Genova, partenza di Garibaldi, (pag. 65 e 66);

idem - da Livorno, - Siccoli, Boccaccini, Ceccarini, con 30 volontari, su la tartana toscana Carolina, capitano Tomei;

a' 10 detto, da Genova, - vapore inglese Eagle con 612 volontari, imbarcandone altri 112 a Livorno con 62 casse di munizioni;

a' 13 detto, da Cagliari; fregata partita da s. Stefano con 200 usciti da Genova;

a' 21 detto, ivi piccolo vapore con altra spedizione;

a' 24 detto, da Livorno, vapore Blackwell, capitano Giuseppe Rodi, con 830 volontari, 4 mila fucili, 850 bombe, e molto denaro (pag. 125).

Partita inoltre una cannoniera per s. Stefano, e tartana Voltosanto con 86 individui, 2 casse fucili e munizioni;

a' 2 giugno, da Genova; - vapore sardo da guerra Tanaro con armi;

a' 4 detto, arrivo in Genova di 3 vapori francesi comprati per farne altre spedizioni;

a' 10 detto, da Genova; - partenza del vapore sardo Utile con 850 volontari, e con la barca americana Charles-and-Jane con munizioni (pag. 164, catturato dalla fregata napoletana Fulminante);

idem - idem - Amsterdam, nave inglese comprata (p. 229), con mille volontari.

a' 21 detto, da Genova, - vapore Veloce con bandiera americana con 200 volontari;

idem - arriva in Sicilia la spedizione Medici con i vapori americani Washington, e Franklin, e 2 legni a vela, scortati dal piroscafo sardo Gulnara:

a' 23 detto, da Genova, - vapore ad elice Italia con molta gente per Cagliari, dove si riunisce con 2 vapori americani ed altri imbarcati per Sicilia;

a' 26 detto, ivi - partono gli emigrati siciliani con istruzioni annessioniste;

a' 29 detto, ivi, e Cagliari, partenza di legni, con spedizione indeterminata;

a' 30 detto, da Livorno, - vapore americano Oregon, con volontari, e munizioni;

a' di 1 luglio, da Parigi il regio rappresentante marchese Antonini al ministro degli affari esteri De Martino scrive questo dispaccio „centomila fucili e 23 mila carabine sono giunte a Malta per Garibaldi. Mi si propone di far tutto portare in Napoli, dopo la consegna, pagare a Parigi 30 franchi per ogni fucile, e 40 franchi per ogni carabina„.

a' 10 detto, da Genova, - due vapori, col sudetto Utile, ed altra nave di seguito con 1200 volontari, tra' quali gli 850 già catturati dalla marina napoletana, e liberati;

a' di 11 detto, - tradimento del Veloce, regia nave napoletana;

a' 16 detto, da Genova, - vapore inglese con 700 volontari;

a' 17 detto, ivi, vapore francese Prevenee, con 600, senza ricapiti;

a' 20 detto, ivi, vapore sardo Torino, con 1500 truppa regolare, comandati dal maggiore Sacchi.

a' 22 detto, ivi, - due vapori, uno de' quali l'Amazone, francese, con mille;

a' 30 detto, ivi, - il sudetto vapore Amazone con altri mille;

a' 13 agosto, da Marsiglia, vapore Pausilipe trasportando per Garibaldi casse d'armi direttegli da Alessandro Dumas;

a' 16 detto, da Cagliari, - cinque vapori con molta gente, armi, e cavalli, con Pianciani, e lo stesso Garibaldi (p. 243);

a' 17 detto, da Genova, - vapore con 600 volontari: dei due vapori nel porto, al servizio di Garibaldi, parte uno con altri 500;

Acquisto di navi, ed altri rinforzi ed armi dall'Inghilterra (pag. 229. 245).”

CRONACA DEGLI AVVENIMENTI DI SICILIA, 1863


***

L'année mémorable de 1860 arrive. Garibaldi, grand-maître général du rite maçonnique de Memphis et Misraïm, trouva le terrain tout préparé en Sicile par le travail souterrain de la secte, quand le 11 mai il débarqua à Marsala.

Mais encore son expédition n'aurait pas réussi, si la plupart des généraux et des principaux fonctionnaires de François II n'avaient pas été achetés par l'or piémontais.

Je n'ai pas l'intention d'en dire long, ni même de résumer, à propos de cette aventure qu'on appelle la campagne des Mille.

Par de nombreuses révélations déjà faites, on sait que là encore c'était une comédie jouée par Cavour devant l'Europe (1). L'expédition de Garibaldi, organisée à Gênes par le docteur Bertani, censément était un acte de l'initiative du fameux condottiere, et le gouvernement de Victor-Emmanuel publiquement le désavouait.

En réalité, Cavour fournissait l'argent par des mandats sur M. Bombrini, directeur de la Banque.

Une preuve irréfutable, c'est celle-ci: Au mois de juin (1860), le commodore américain William de Rohan, qui se joignait à l'entreprise, avait conduit en Sicile une seconde expédition de 3.400 volontaires, venant renforcer les Mille de Garibaldi. Puis, il retourna à Gènes pour prendre encore des hommes et les transporter à Palerme; c'était le navire le Washington, qui devait faire celle troisième expédition, mais Bertani déclara au commodore qu'il n'avait plus d'argent. Celui-ci prend l'express pour Turin, voit Victor-Emmanuel en personne, et le roi demande à en référer à Cavour. Une heure après, un aide de camp de S. M. apportait au commodore la lettre suivante:

27 juin 1860.

Commandant,

Je vous renvoie ci-inclus les deux lettres de Médici (général garibaldien), que vous mettrez dans d'autres enveloppes et livrerez à Cavour.

J'ai déjà donné trois millions à Bertani.

Retournez immédiatement à Palerme pour dire à Garibaldi que je lui enverrai Valerio en place de La Farina: et QU'IL S'AVANCE IMMÉDIATEMENT SUR MESSINE, Francesco (le roi de Naples) étant sur le point de donner une constitution aux Napolitains.

Votre ami,

VICTOR-EMMANUEL

La publication de ce documenta été faite à Rome même, et en 1881, c'est-à-dire le fils de Victor-Emmanuel régnant dans la Ville Eternelle, par le journal Fanfulla, qui insérait une relation du commodore William de Rohan, racontant tous ces faits et produisant les documents à l'appui de son dire. Or, puisque le gouvernement italien a toujours nié que

Garibaldi ait été son instrument, et puisque ce document prouve ce que vaut cette négation, on pense que le Fanfulla aurait été saisi et son directeur mis en jugement,  s'il avait publié une pièce fausse. Mais le gouvernement n'a pas protesté, n'a rien dit, parce qu'il était obligé de s'incliner devant l'apparition de la vérité aussi évidente.

Je crois qu'après l'insertion de cette lettre dans mon livre il n'y a plus guère besoin de rien dire sur la connivence du roi et de Cavour avec Garibaldi.

Souvenirs d'un Trente-Troisième par Domenico Margiotta, 1894 - Pag. 38-41


I DUE PIROSCAFI ERANO DEI TRABICCOLI

(il Piemonte ed il Lombardo, secondo i due soloni)


Il Piemonte era uno de’ migliori piroscafi della compagnia. Costruito a Glasgow nel 1851, misurava 50 m. di lunghezza, 7 circa di larghezza e 3 di profondità. Aveva la portata di 180 tonnellate ed una macchina della forza di 160 cavalli. Il suo valore era di circa lire 278,450.

Il Lombardo era il migliore di quei piroscafi. Era stato costrutto nel 1841 a Livorno, ed aveva una lunghezza di m. 48, una larghezza di m. 7.40 e pescava m. 4.23. La sua macchina aveva la forza di 220 cavalli; era della portata di 238 tonnellate; e il suo valore era di circa lire 360.000.

I due piroscafi avevano bisogno di alcune riparazioni e il Fauchè provvide perché fossero eseguite prontamente; come pure egli dispose perché il servizio postale affidato alla società Rubattino non avesse interruzioni, malgrado la mancanza di quei piroscafi, e il tutto così segretamente che gli equipaggi non si avvedessero di nulla (1).

Venne poi concordato tra il Fauchè, Garibaldi e Bixio che i due vapori sarebbero stati pronti nella notte dal 5 al 6 maggio e che gl'incaricati di Garibaldi dovessero figurare di sorprenderli e rapirli, onde non lasciare scoperta la responsabilità del Direttore della compagnia e d'altra parte non lasciar supporre che il Governo fosse connivente, essendo la compagnia sussidiata dal Governo stesso.

Federico Donaver - La Spedizione dei Mille, 1910 - Pag. 81-82

IL RAPIMENTO DEI DUE PIROSCAFI

Bixio cavò di  tasca un berretto di Tenente Colonnello, se lo calcò sulle orecchie e disse: – Signori, da questo momento comando io: attenti ai miei ordini. – E gli ordini furono: buttarsi col revolver in pugno sui vicini vapori; fingere, di svegliarvi la gente di guardia, fingere di costringere i fochisti ad accendere, i marinai a salpar l’ancora, i macchinisti a prepararsi al loro mestiere, sgombrare, pulire il bastimento, allestirlo in fretta per la partenza. E così fu fatto, col massimo ordine e silenzio e non senza accompagnare di molti sorrisi d'ironia quella farsa con cui quell’epopea esordiva.

La vita di  Nino Bixio Di Giuseppe Guerzoni, 1875 – Pag. 159

DATI DA RIDERE

(secondo il ridanciano Villari)


Nel momento in cui scriviamo non abbiamo a portata di mano la fonte citata da Castelli (ovvero lo storico Valerio Castronovo) ma i dati del primo censimento (1861) qualche attendibilità storica ce l’avranno oppure valgono solo le menate risorgimentaliste?

DATI DA RIDERE
DATI DA RIDERE

DATI DA RIDERE

Qualche sapientone dirà: “Ma basta! Le solite tabelle che non provano nulla.”

Chissà perché dovrebbero dire qualcosa le argomentazioni dei risorgimentalisti. Solo perché hanno vinto? Allora anche il nazismo aveva ragione rispetto al regime precedente solo perché prese il potere.

Un amico di Vico Equense mi diceva: “Vero che c’erano tanti capitali ma non venivano utilizzati.”

Ed io: “E chi lo dice?”

L’amico: “Il testo del mio professore universitario di Genova.”

Non siamo così sprovveduti da ritenere che qualche tabella dimostri che il sud fosse più industrializzato del nord. Di problemi ce n’erano tanti e se ne discuteva, ad esempio la discussione principale riguardava le comunicazioni interne fra le varie parti del Regno.

Le ferrovie andavano  ampliate e vi erano vari progetti, diversi appalti erano già stati assegnati anche se non erano partiti i lavori – così pure le strade rotabili, mentre in Campania ed in Puglia vi era una situazione accettabile, per l’epoca, in altre zone occorreva intervenire. Ovviamente non si può utilizzare questo argomento – ovvero quello delle comunicazioni – come prova che il regno fosse arretrato ed immobile. Oggi si parla tanto di autostrade del mare, la marineria suppliva abbondantemente al deficit rotabile: vi era uno scambio virtuoso fra la varie zone costiere e le zone interne limitrofe e le navi napoletane commerciavano finanche con gli Stati Uniti d’America.

Il sistema industriale era a carattere protezionistico, con forte impulso governativo ma è la strada che hanno seguito importanti paesi (Germania e Giappone) ed ha funzionato. E la stessa Italia appena qualche decennio più tardi dovette imboccare la stessa strada per salvaguardare e consolidare le nascenti industrie padane!

Il punto quindi non è la querelle sul chi fosse più industrializzato ma sulla diversità dei modelli industriali. Le Due Sicilie si stavano modernizzando attraverso un proprio modello che fu completamente distrutto non solo in conseguenza dell’abolizione delle barriere doganali ma soprattutto a causa dell’asservimento del sistema finanziario napoletano – per questo aspetto vi consiglio di leggervi l’ultima fatica di Nicola Zitara, in via di pubblicazione presso la Jaca Book, titolo provvisorio “La legge di Archimede – L'accumulazione selvaggia nell'Italia unificata e la nascita del colonialismo interno”.

Se il Regno delle Due Sicilie fosse stato quel paese miserabile di cui tanto si parla non si capisce perché avesse la fiducia dei mercati finanziari ed a Parigi i titoli napoletani raggiungevano 1,20 di valutazione.

Ovviamente le nostre argomentazioni fanno ridere chi presume di detenere la verità assoluta. Le banalità storiografiche propinate alle elementari, poi ripetute nelle scuole medie, approfondite nelle superiori e consolidate nelle accademie, hanno formato le coordinate culturali di intellettuali, politici, giornalisti, professori universitari, docenti dei vari ordini di scuola che oggi si collocano intorno ai cinquantanni o più di età. La sola parola “borbonico” evoca in essi qualcosa di sinistro, di straniero, di arretrato.

Uscire da tali coordinate culturali non è agevole. E’ un percorso che noi abbiamo iniziato  tanti anni fa – grazie a qualche buon libro – e comprendiamo che a volte il doversi guadagnare la pagnotta (“chiama papà chi ti dà da mangiare recita un vecchio detto siculo”) non aiuti. La verità può attendere, la pancia no, e per amore di essa non puoi metterti contro ciò che pensa l’establishment in cui sei inserito o la direzione del giornale che ti paga lo stipendio e i rimborsi spese.

“Quello che so io, lo sanno anche gli altri, ma non conviene loro scriverlo” mi diceva Nicola Zitara nell’estate del 2005 in una delle tante piacevoli conversazioni che avemmo mentre giravamo fra le rovine di Mongiana, in Calabria.


UNA ITALIA DA FARE

(secondo Galli Della Loggia)

Unica argomentazione sensata, a nostro avviso, sulla quale possiamo convenire è che l’Italia andava fatta. Nel senso che la storia d’Europa e del mondo con la rivoluzione borghese in atto, marciava in una certa direzione, la creazione degli stati nazionali laddove non esistevano e la semplificazione del passaggio di merci e persone fra stato e stato. Questo però non ci autorizza a sostenere, come fa il professore, che è stato un bene comunque, rispetto ad un prima oscuro e da gettare nel dimenticatoio. Per come si era storicamente configurata la penisola italica sarebbe stato meglio una soluzione federale, questo fu proposto anche da ambienti borbonici.

Questo oggi per noi può costituire solo materia di studio, non è che possiamo rimettere all’indietro la lancetta della storia. Ovvio, ma il prezzo pagato dal sud è stato troppo alto rispetto ai risultati ottenuti – che sono sotto gli occhi di tutti – e, soprattutto, non fu indolore dal punto di vista umano e sociale. Se, poi, centomila morti (lo sostiene Giordano Bruno Guerri che non è un nostalgico borbonico!) vi sembrano bazzecole, inutile che continuiate a leggere quanto sto scrivendo. Andate a giocare a palla e lasciate perdere la storia di questo paese.

Il cento cinquantenario dovrebbe essere una occasione per mettere qualche tassello di verità nelle ricostruzioni della storia della formazione dello stato italiano, in modo da offrire a noi meridionali un motivo per sentirci cittadini a pieno titolo, al pari di altri. Riconoscere ufficialmente, a livello politico-istituzionale, che il paese è nato da una guerra civile e per questo si trascina dietro tanti problemi di convivenza e di sviluppo armonico delle sue parti, settentrionale e meridionale, sarebbe l’unico per ricominciare insieme.

Un segnale di buona volontà potrebbe essere quello di mettere online tutte le carte sul brigantaggio presenti nell’archivio dello stato maggiore dell’esercito. Negli Stati Uniti sono accessibili – e senza particolari identificazioni di chi accede, si diceva l’altro giorno per radio – alcuni documenti desecretati di qualche decennio fa. Perché non possiamo farlo noi per dei documenti di 150 anni fa che non sono più coperti dal segreto si stato? Basterebbero pochi spiccioli.

Professori emeriti, dite la vostra.








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