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IL GIORNALE -
La parola ai lettori - Domenica 28 settembre 1997
La “grande intuizione” di Garibaldi
In questi giorni non si fa che leggere della presenza (scarsa per la
verità) del tricolore alle manifestazioni dei sindacati a Milano
e a Venezia.Certo stupisce, e non poco, sentir difendere il tricolore
da Larizza... Per quanto mi riguarda le dirò che, superati ormai
gli ottanta, mi sento legato ai colori della nostra Patria e a coloro
che fortissimamente la vollero unita.
Nel mio cuore sono idealmente
incisi i nomi di Mazzini, Cavour e dell'indomabile Garibaldi che ebbe
la grande intuizione di salpare con un gruppo di ardimentosi nel
liberare la Sicilia dai Borboni e da li risalire fino a Teano dove fu
virtualmente sancita l'unita d'Italia.Vede, questa non e retorica.
Questi sono fatti veri. Storici.
Nessuno potrà cancellarli.
[lettera firmata]
Caro []
quando si nomina Garibaldi, io mi metto sugli
attenti. Ma la storia e la storia e tutta l'ammirazione per l'eroe dei
Due Mondi non basta a cambiarla. Lei sostiene che ebbe la “grande
intuizione” di sbarcare a Marsala.
Grande intuizione?
Mi segua: Nel 1859
Garibaldi attraversava un momentaccio. La pace di Villafranca lo aveva
scippato (almeno così credeva della conquista di Venezia. Come
se non bastasse s 'era unito in matrimonio con Giuseppina Raimondi
venendo a sapere, la sera stessa, ch'ella era incinta di un altro uomo.
Così che, mollando Giuseppina e stramaledicendo i politici, si
era rintanato, immusonito, a Caprera.
Nel frattempo Crispi aveva
organizzato, giù in Sicilia, una rivolta, finita miseramente
perché le rivolte sono una cosa seria e perché i
congiurati litigavano fra di loro quasi fossero dei democristiani'
Ritenendo che solo un temerario
rompicollo come Garibaldi potesse riuscire nell’impresa, Crispi cerco
di convincerlo a mettersi alla testa di un manipolo di prodi che
liberasse l'isola dalla tirannide borbonica, ricongiungendola alla
corona sabauda.
Garibaldi rispose di no.
Gli frullava per il capo
un'altra azione: ispirare una sommossa a Nizza, intervenire,
riprendersela sanando così la macchia della cessione alla
Francia. Ma a Crispi, a Medici e Bixio, di Nizza importava poco o
nulla.
E per convincere Garibaldi a
salpare per la Sicilia
falsificarono il telegramma che annunciava il fallimento
dell'insurrezione dandola, invece, per coronata da successo. Be'
se il
più è fatto - pensò Garibaldi - tanto vale
terminare l’opera.
Quando anche il più distratto degli
osservatori non poté ignorare i preparativi per la spedizione
(quella dei “Mille”), Cavour, che a tutto pensava meno che ad annettere
il Meridione, fu lì lì per arrestare Garibaldi. Ma il
provvedimento avrebbe scatenato l'opposizione e il conte, che era un
politico, ripiegò allora sull'ammiraglio Persano, ordinandogli
di incrociare al largo della Sardegna e di bloccare, in quelle acque,
l'avventura (definita “grave e pericolosa”) garibaldina.
Garibaldi, come
e noto, punto invece su Talamone, evitando i vascelli fratricidi.
Quindi pose la prua a sud ma badi caro Fabrizi, i Mille non sbarcarono
a Marsala perché così aveva deciso il loro condottiero.
Fu scelto quel porto solo perché il Lombardo e il Piemonte era
stati avvistati dalla temibile flotta borbonica, e bisognava
squagliarsela in fretta.Poi andò come andò ma, per l'amor
di Dio, non parli di “grande intuizione”: come in ogni impresa
garibaldina, anche nella spedizione dei Mille l'alea, il caso e una
buona dose di guasconaggine furono determinanti.
P. g.
IL
GIORNALE - Domenica 28 settembre 1997