Eleaml


GENIUS

Genius loci Siciliae
des Malers Cuono Gaglione

Il ruolo della Gran Bretagna
nella caduta del Regno delle Due Sicilie

Martin Kohler



I)    Einführung in die Thematik
I) Introduzione nella tematica
II)    Garibaldi pesca la Trinacria
II) „Garibaldi pesca la Trinacria"
III)    Der Begriff der Intervention  
III) Il concetto di ingerenza
IV)    Der englische Imperialismus
IV) L’imperialismo inglese
V) Geopolitik: Die strategische Bedeutung des Mittelmeeres
V) Geopolitica - Il significato strategico del Mediterraneo

VI)  Der schrittweise Untergang des Königreichs beider Sizilien anhand ausgewählter Konflikte zwischen dem Königreich beider Sizilien und Großbritannien
VI: I conflitti fra il Regno delle Due Sicilie e la Gran Bretagna
VI.1) Die Insel Ferdinandea
VI.1) L’isola Ferdinandea
VI.2) Penelope Smith
VI.2) Penelope Smith
VI.3) Vermengung der persönlichen und politisch-kommerziellen Motive bei Lord Palmerston
VI.3 Mescolamento di motivi personali e politico-commerciali in Lord Palmerston                                                               

VI.4) Der „Schwefelkrieg“
VI.4 La „guerra dello zolfo“
VI.5) Die Verneinung Gottes
VI.5) La negazione di Dio

VI.6) Die Instrumentalisierung der öffentlichen Meinung
VI.6) La strumentalizzazione dell’opinione pubblica
VI.7) Die Außenpolitik Ferdinands II
VI.7) La politica estera di Ferdinando II
VI.8) Die britische Unterstützung während der Revolution 1848
VI.8) L’appoggio inglese durante la Rivoluzione del 1848
VI.9)  Der Krimkrieg

VI.9) La guerra di Crimea
VI.10)  Die Affäre Mazza
VI.10) L’affaire Mazza
VI.11) Das Attentat auf König Ferdinand II
VI.11 L’attentato al re Ferdinando
VI.12) Der Pariser- Kongreß
VI.12) Il congresso di Parigi
VI.13) Die Cagliari-Affäre
VI.13) L’affaire Cagliari

VI.14) Weitere Streitpunkte
VI.14 Altri punti di discordia
VI.15) Der „letzte große Religionskrieg“
VI.15) L’ultima grande guerra di religione
VI.16) Die Destabilisierung des Heeres
VI.16) La destabilizzazione dell’esercito

VI.17) Das Attentat auf Maniscalco
V.17) L’attentato a Maniscalco

VI.18)  Die systematische Korrumpierung der Spitzen des Königreichs beider Sizilien
V.18) La corruzione sistematica dei vertici del Regno delle Due Sicilie
VII) Schlussbetrachtung
VII) Osservazioni conclusive
VIII)  Bibliographie
VIII) Bibliografia
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Il ruolo della Gran Bretagna nella caduta del Regno delle Due Sicilie


I)    Einführung in die Thematik

1. Introduzione nella tematica

“L'Historia si può veramente definire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendogli di mano gli anni, suoi prigionieri, anzi già fatti cadaveri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. Ma gli illustri Campioni che in tal Arringa fanno messe di Palme e d'Allori, rapiscono le sole spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando coi loro inchiostri le Imprese de Principi e Potentati, e qualificati Personaggj, trasportando coll'ago finissimo dell'ingegno i fili d'oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo di Azioni gloriose (Manzoni 2003:7).

Questa citazione introduttiva tratta dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni ci conduce, in medias res, nel presente lavoro (cfr. Pellicciari 2000: 9). In particolare queste righe sembrano valere per la storia dello Stato nazionale italiano. Per decenni in Italia era all’ordine del giorno dividere i protagonisti della storia in buoni e cattivi (vedi Corriere della Sera,7/05/2000). I buoni erano i padri fondatori del Italia del Risorgimento, come la Casa Savoia, Cavour, Mazzini e Garibaldi. I cattivi vennero impersonati dai Borboni o da Pio IX (cfr.ibid). La storia era dogmatica e indiscutibile. Un tempo era vietato - o almeno disdicevole politicamente e moralmente scorretto - parlare male di Garibaldi1 (cfr. Corriere della Sera, 27.06.1999). La diffamazione dell’ “l'Eroe dei due mondi” era equivalente ad un’offesa alla Patria. Ma ora i „cadaveri della storia “del Risorgimento saranno richiamati di nuovo in vita e passati in rassegna:

„Dopo decenni di samizdat storiografico e culturale, con la fine degli anni '90 il compatto muro di silenzio che ha custodito la leggenda metropolitana del Risorgimento nazionale ha iniziato a vacillare, a creparsi, a crollare rovinosamente“ (Morganti, in Nicoletta 2001: 5).

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1 Sciascia in un articolo su ''l'Ora'' di Palermo del 3 aprile 1965 scrisse: “Ha detto male di Garibaldi, un grido che per 100 anni ha coperto tutte le cose sporche e sciocche che sono state fatte in Italia” (Fonte Internet I).

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Tra le righe della storia ufficiale ed eufemistica dell’inchiostro dei cronisti “coll'ago finissimo dell'ingegno i fili d'oro e di seta, che forma un perpetuo ricamo d’Azioni gloriose” esiste anche un’altra storia, una storia che va contro corrente, che prima la casa Savoia, e più tardi il fascismo volevano reprimere (cfr. Del Boca 2001: 250). Il Dogma del „mai parlare male di Garibaldi“ aveva come conseguenza che la libera ricerca abbia avuto le mani legate e che la verità fosse nascosta (cfr.ibid.: 251). L’Italia d’oggi dando uno squadro al suo passato non sembra tornare al luogo delle sue radici e della sua tradizione, bensì ad un infinito campo di battaglia (cfr.Corriere della Sera, 07.05. 2002). Sembra quasi che „i fili d'oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo d’Azioni gloriose” rappresentino per l’Italia la tunica di Nesso. L’Italia soffre sino ad oggi della natura della sua unità. La Questione Meridionale, il contrasto tra Polentoni e Terroni ed il leghismo sono i sintomi di questa sofferenza. Fino a quando l’Italia indossa questi tessuti nella tunica della sua storia nazionale, per tante disfunzioni non ci sarà rimedio e per tanti conflitti non ci sarà soluzione. Per questo Dr. Francesco Maria Agnoli richiede:

«Occorre una purificazione della nostra memoria storica nazionale, se vogliamo guarire come popolo italiano dai nostri difetti endemici, quali la corruzione, che ha segnato la nostra storia nazionale (…)«Non si tratta di rimettere in discussione l'unità nazionale. C'è necessità invece di rivedere i lati oscuri degli albori della nostra storia unitaria, per purificarne la memoria” (Fonte Internet II).

Le parti anteposte “schierate di nuovo in battaglia”si possono distinguere tra apologeti del Risorgimento e revisionisti. Maurizio Blondet caratterizza la natura della corrente dei Revisionisti come segue: „ che osano mettere in luce poco simpatica il Risorgimento, che parlano male di Garibaldi e bene di Pio IX, che dipingono l'unificazione del Sud come un'annessione forzata con stragi, persecuzioni e corruzioni (cfr. Fonte Internet III).

I revisionisti descrivono la problematica di base che si trova nel Risorgimento:

«Della storia risorgimentale è stato tramandato soprattutto il mito, mentre non sono state raccontate tante vicende, per il semplice fatto che non si voleva macchiare l'immagine edulcorata del processo di unificazione nazionale portato avanti dai liberali e dai massoni» (Fonte Internet II)

Nel campo degli apologeti Alessandro Galante Garrone si trovava nel momento del ritorno dei cosiddetti “sconfitti della storia", che ha elogiato come “forze fanatiche, reazionarie e sanfediste” in un appello firmato da 66 intellettuali di chiamata alla Nuova Resistenza ( cfr. Fonte Internet IV). Il tentativo di queste forze di screditare il Risorgimento insieme con i suoi migliori uomini e di storcere la verità storica sarebbe una provocazione inaccettabile per l’Italia (cfr. ibid). La storiografia del Risorgimento non fa eccezione alla regola che nella storia di numerosi stati nazionali la verità spesso è sacrificata (cfr. Colacino ed altri 2001: 21). In Italia questo vale soprattutto per il Regno delle due Sicilie, che è stato rappresentato a tinte molte fosche e orrende, per giustificare e glorificare il processo della unificazione (cfr.ibid.). Il Regno delle due Sicilie fu sancito con la peggior condanna: la Damnatio memoriae. Il nucleus della condanna della memoria la subì Ferdinando II. Analogamente alla prassi presso gli antichi Romani, ogni suo ricordo fu condannato, il lutto fu proibito, armi e stemmi furono distrutti, la sua „casa“ fu devastata e per motivi di prevenzione l’infamia perpetua fu estesa a tutti i suoi discendenti. Per questa ragione oggigiorno si trovano solo ancora scarse tracce del Regno delle due Sicilie. Nel linguaggio colloquiale abbiamo l’„esercito di franceschiello2 “ e l’aggettivo „borbonico“ che hanno un valore apertamente peggiorativo. L’aggettivo borbonico facilmente cade quando qualcosa deve essere descritto come arretrato, sottosviluppato o corrotto (cfr. De Biase 2002: 147 / Nicoletta 2001: 81). Intanto il patrimonio culturale dell’Italia spesso è indicato con gli attributi Farnese, Gonzaga, Sforzesco, D´Este ecc., borbonico nel migliore dei casi si usa per descrivere le carceri . Mai durante una visita – per esempio - alla reggia di Caserta cadrebbe la parola „borbonica “(cfr. Fonte d’Internet V). Mentre i re italiani Vittorio Emanuele II e Umberto I sono entrati nella storia con i sopranomi „Re Galantuomo“ e „Re Buono“, Ferdinando II è tuttora solo conosciuto comunemente come „Re Bomba“, perché fece bombardare Messina 3. Mentre in quasi ogni cittadina quanto piccola che sia si può passeggiare in una Via Garibaldi oppure in una Via

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2 La definizione di Esercito di Franceschiello è riferita all’esercito di Francesco II, l’ultimo sovrano del Regno delle due Sicilie .Utilizzato come detto quando si tratta di definire una cattiva e non fornita organizzazione.

3 Già solo dai nomi dati si riconoscono la confusione e la falsificazione nella storia italiana. Nella Liguria, e soprattutto a Genova Vittorio Emanuele, il Re Galantuomo, viene considerato il vero Re Bomba. Dopo i forti tumulti di Genova del 10.04.1849, incaricò il Generale La Marmora di „calmare le anime e di disfare la falsa sottomissione al re” (cfr.Del Boca 2001:32). Durante i bombardamenti morirono più di 500 persone (cfr. ibid.). Per questi avvenimenti gli Bersaglieri per oltre 100 anni non poterono incontrarsi per il Raduno Nazionale in Liguria(cfr. ibid.).Tuttora il Movimento per una Liguria Indipendente, richiede che sia abbattuta la statua cavalleresca di Vittorio Emanuele in Piazza Corvetto.


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Cavour
addirittura magari trovare una statua di Garibaldi in piazza; esistono solo due comuni nel Sud ovvero a Battipaglia ed a Scafati con un monumento a Ferdinando II (cfr.De Biase 2002:143). Se si osservano con sguardo critico le nicchie nella facciata esterna del Palazzo Reale a Napoli, nella quale si possono ammirare otto figure rappresentanti i sovrani delle dinastie ascese al trono di Napoli, si può facilmente capire per conto di chi è stata fatta quella disposizione. Tra Murat e Vittorio Emanuele II, per la volontà di chi l’ ha ordinato, e cioè la casa Savoia, non c’è un sovrano borbonico come per esempio Ferdinando II. Lungo i confini del Regno delle due Sicilie e il Pontificato spesso ancora oggi si trovano testimoni in pietra dei due regni caduti (cfr. Immagine I). Nel loro complesso si tratta di 686 pietre di confine, che dividevano questi due stati preunificatori sulla penisola italiana. Secondo un trattato firmato nel 1840, il lato del pontificato fu ornato da due chiavi e dell’anno della fondazione del pontificato e invece la parte del Regno delle due Sicilie dal giglio. I numeri del Regno delle due Sicilie passavano da 1 a 649 con alcune ripetizioni e aumentando verso nord. Questo lavoro si concentra verso il giglio cioè verso il Sud in direzione del Regno delle due Sicilie4
.



Immagine I: cippi di confine tra il Regno delle due Sicilie ed il Pontificato .

 

Fonte: Fonte Internet VI


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4 Il Regno delle due Sicilie comprendeva il regno di Sicilia ed il regno di Napoli. Secondo il vespro siciliano sia il re siciliano, il reale sovrano del isola, sia il re napoletano, portavano il titolo “re delle Sicilia” per non perdere i diritti di territorio. Per cui si parlava della Sicilia al di qua del faro“ (l’isola) e quella „al di la del faro“ (terraferma , Meridione). Nel 1443 Alfonso V conquistò il Meridione, e da quel giorno si fece chiamare: Rex utriusque sicliae.


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II) Garibaldi pesca la Trinacria”(Garibaldi fischt die Trinacria)

La presente relazione trova spunto in una caricatura anonima, che oggi ha trovato un posto degno nella sala 19 del Museo del Risorgimento a Torino. Partendo dal contesto della caricatura, che ha come titolo „Garibaldi pesca la Trinacria“, si sviluppa l’interesse per l’indagine che sta alla base di questa relazione.


IMMAGINE II: Garibaldi pesca la Trinacria

Fonte: Il quadro è stato gentilmente messo a disposizione dell’ autore di questa relazione dal Signor Mino Errico e la Signora Marina Salvadore nel maggio 2003.


Nella caricatura sono rappresentati tutti gli attori principali del Risorgimento. Giuseppe Garibaldi viene raffigurato con in mano la canna da pesca, al quale amo è appesa la Trinacria5, il simbolo della Sicilia. Sotto la superficie dell’acqua sono presenti altri tre simboli, che indicano la direzione d’altri banchi di pesci. Si tratta della rappresentazione dei tre territori mancanti all’unificazione nazionale: Il cavallo simboleggia Napoli, le chiavi raffigurano il Pontificato ed il leone rappresenta Venezia. Camillo Cavour ha fatto altrettanto un buon affare, il quale gli ha riportato i piccoli pesci Modena, Milano e Como. Sull’acqua è illustrato l’antagonismo anglo- francese in modo generale nel Mediterraneo ed in particolare quello attorno alla Sicilia. Da una barca l’allegoria della Francia impedisce all’unicorno britannico di impadronirsi della Sicilia. Nella barca si vedono due pesci che rappresentano Nizza e Savoia. La Francia ebbe questi territori in cambio del suo sostegno nella questione italiana. Da notare che ambedue, sia la Francia sia la Gran- Bretagna tentarono dal mare di impadronirsi della Sicilia. Questo sottolinea il suo immenso significato strategico:

„Queste due potenze ab antico lottano fra loro per la supremazia del Mediterraneo. Ecco le ragioni che indussero sempre Francia ed Inghilterra ad immischiarsi nelle cose napoletane“ (cfr. Fonte Internet VII).

Il maggior intento di questa ricerca sarà riuscire capire come la Trinacria aveva abboccato all’amo di Giuseppe Garibaldi. I tentativi storici, che si basano sul Mito-Risorgimento, non convincono. Anche se Garibaldi e la sua, ormai leggendaria, “spedizione dei Mille” hanno conquistano innegabilmente la Sicilia, questo trionfo non può essere spiegato in modo esauriente con le abilità militari di Garibaldi e nemmeno con l’eroismo delle “sue camicie rosse”.

Da Del Boca si legge giustamente:

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5 Il simbolo della trinacria è oggi conosciuto perché presente nella bandiera della Sicilia e in quella dell'Isola di Man. La trinacria, simbolo della Sicilia, è composta dalla testa della Gorgone, i cui capelli sono serpenti intrecciati con spighe di grano, dalla quale si irradiano tre gambe piegate all'altezza del ginocchio.Le spighe di grano sono simbolo della fertilità del territorio. Le tre gambe rappresentano i tre promontori, punti estremi dell'isola - capo Peloro ,capo Passero nel sud di Siracusa ed il capo Lilibeo ad ovest.

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„Una squadra raccogliticcia di Brancaleoni sarebbe stata massacrata dall´esercito borbonico, considerati fra i migliori e meglio preparati, e di gran lunga piu agguerrito e addestrato delle mille camicie rosse” (Del Boca 2001: 59).

Se si guardano con attenzione i numerosi quadri in olio sulla spedizione dei mille, salta subito all’occhio che si trattava piuttosto di una “battuta di caccia” anziché di una difficile impresa militare6. Lorenzo Del Boca avanza la tesi che:

“Non ci sarebbe stata conquista del regno delle due Sicilie se non si fossero unite le convenienze inglesi con quelle della mafia meridionale7 e se, gli uni e l´altra, non avessero finanziato e soccorso il movimento insurrezionale. Non per il tricolore ne per la causa dell´unita di un paese. Semplicemente perché il loro interesse non era più compatibile con la monarchia dei Borbone: occorreva scalzare dal trono quei re per sostituirli “(Del Boca 2001:59).

Il successo della „spedizione dei mille “ era il frutto di una preparazione meticolosa (cfr. internet VIII). Ora cercheremo di illustrare i singoli elementi di una lunga catena di preparativi. Il centro delle discussioni sarà scoprire le aspirazioni inglesi e l’appoggio dato dall’Inghilterra. La domanda principale dunque è:


Con riferimento alla tematica dell’interventismo dovrà essere evidenziato, con quali mezzi la Gran-Bretagna è intervenuta.

 

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6 I Mille erano il gruppo più eterogeneo dell’esercito Brancaleone, che la storia ricordi (cfr. Petacco 1994:102). La fascia d’età dei Mille comprendeva tutti a partire da un bambino undicenne, che salì a bordo alla mano del padre, e numerosi sedicenni e diciassettenni fino al 69’enne Tommaso Parodi. Se si prendono in considerazione i loro mestieri diventa ancora più chiaro quanto poco militare fosse tale impresa: 150 avvocati, 100 studenti di medicina e dottori, 100 commercianti, 50 ingegneri, 20 farmacisti e diversi proprietari, autori, ex-sacerdoti, giornalisti ed anche alcuni scultori (cfr. Del Boca 2001:52f).

7 Gli uomini che hanno stabilito il contatto con le cosche mafiose erano Giuseppe La Masa e

Giovanni Corrao (cfr. Del Boca 2001:76).


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III)  Der Begriff der Intervention
III) Il termine intervento


Prima cerchiamo di dare una definizione del termine intervento.
Così attenendosi a Schraeder un intervento è „the calculated use of political, economic and military instruments by one country to influence the domestic or the foreign policies of another country“(Schraeder1992: 3). Definizioni di termini, che sono unicamente orientati al caso estremo dell’intervento militare, sembrano poco adatte, a dare un quadro complessivo del termine intervento. Interventi possono anche manifestarsi sotto forma d’aiuti economici e militari, propaganda massiccia, sanzioni economiche, operazioni di servizi segreti oppure come sostegni per l’insurrezione locale (cfr. Osterhammel I.E.: 73). Nell’intento di dare una definizione ci si pone la problematica di definire la soglia di confine tra guerra e pace: per prima cosa è difficile definire lo stato di guerra e per di più non è facile definire quando gli sviluppi superano il limite di sopportazione (involvement o interference). Secondo Jürgen Osterhammel tutti gli interventi sono caratterizzati da una doppia asimmetria (cfr.ibid. 74). In generale una gerarchia di potere dà per scontato gli interventi. Inoltre le conseguenze di un intervento sono asimmetriche. Mentre una guerra lascia profondi segni su entrambe le parti ovvero su tutti i partecipanti, la durezza di questo intervento colpisce solo un unico ‘stato destinatario’(cfr. ibid.). Lo stato destinatario non potrà mai essere in grado di passare, dalla difesa e la resistenza al contrattacco (cfr. ibid.). Interventi non sono mai una forma di rapporti tra pari (cfr. ibid.). Osterhammel distingue tra quattro tipi d’interventi, con l’avvertenza, che queste tipologie sono soggette in buona parte a semplificazioni arbitrali (cfr. ibid.). Le tipologie saranno in seguito presentate brevemente:

La forma dell’intervento con presa di possesso per decenni è stato lo strumento principale dell’espansione dei territori soggetti al dominio imperiale (cfr. ibid. 76). Le instabilità furono spesso sfruttate per passare da “impero informale” ad “impero formale. Non era una rarità che le instabilità fossero provocate con delle manipolazioni (cfr. ibid..). Secondo Osterhammel gli Inglesi erano „maestri“ di tali manipolazioni (cfr. ibid.). Ricorrendo ad un arsenale di strategie di destabilizzazioni, i territori furono preparati ad un ‘take–over imperiale‘ (cfr. ibid.). La forma dell’intervento, con presa di possesso, mira ad un’annessione o ad un’occupazione a lungo termine di una comunità collettiva straniera. Spesso è preceduta dalla rottura di una coalizione vincente, che economicamente assicurava l’interesse della sicurezza e dell’economia, più che del colonialismo formale. Nel caso del “reluctant imperialists” britannico durante l’epoca del libero scambio (all’incirca dal 1820 al 1870) a causa del diffuso anti-annessionismo e dell’ anti-interventismo c’era la necessita´ di offuscare le vere ragioni dell’ intervento attraverso legittimi accertamenti (cfr. ibid.). Sia l’ambizione di potere inglese che quella francese si collocavano con un inchino elegante davanti allo spirito filantropico di quell’epoca (cfr.ibid Osterhammel 2001: 305). Il crudo egoismo appariva spesso sotto forma di bisogno umanitario che spesso nascondeva le vere ragioni di un intervento. Le giustificazioni preferite erano le provocazioni simboliche (cfr. ibid.: 78). L’offesa inflitta attraverso un colpo con la maniglia di un ventaglio con le piume di tacchino da parte di Dey Hussein d’Algeria il 29.04.1827, al console francese, offeso precedentemente, ha dato l’impulso necessario alla conquista dell’Algeria da parte della Francia (cfr. ibid.).

Il secondo tipo d’intervento imperialistico è il cosiddetto intervento big-stick (cfr. Ibid.: 79). Questa forma d’intervento è considerata una prassi per salvaguardare interessi ben definiti. Per questo non mira all’instaurazione di un impero coloniale permanente, ma serve a preservare i propri interessi (cfr. ibid.). Una giustificazione spesso utilizzata in questo contesto è la tutela della vita dei cittadini e delle loro proprietà come anche l’autorizzazione a svolgere un’attività economica (cfr .ibid.). Questa salvaguardia è garantita indirettamente da governi amici sul posto. Questo tipo d’intervento serve a rimuovere tutte le autorità statali per instaurare e quindi sorreggere i regimi dei collaboratori (cfr. ibid.: 80). Un intervento a sostegno Big-Stick avvenne indirettamente nel 1953 quando, con un colpo di stato, il governo del primo ministro iraniano del fronte nazionale fu rovesciato con la cospirazione della Gran-Bretagna e degli USA (cfr. ibid.:81). Nel 1951 Mossadeq nazionalizzò l'industria petrolifera Anglo-Iraniana Oil Company, e successivamente fu creata la British Petroleum Company (BP) (cfr.ibid.). Al suo posto fu insediato lo scià Reza Pahlevi, che fu un alleato affidabile. Gli interventi Big-Stick sono motivati da avvenimenti politici reali e seguono un proprio scopo economico (cfr. Osterhammel 2001: 309).


La terza tipologia d’intervento è di secessione a favore di movimenti nazionali per l’Indipendenza (cfr. Osterhammel I.E.: 84). Nel XIX secolo nella società liberale, soprattutto in quella britannica, fu discusso, su quanto possa essere effettivamente giustificato fare fuggire dalle cosiddette ”carceri popolari” minoranze etniche durante il loro intento di dare un aiuto (cfr. ibid.: 85). John Stuart Mill ha elaborato questa teoria nella sua opera „On Intervention“ pubblicata nel 1859. Mill sosteneva che un intervento a favore di popoli oppressi era moralmente giustificato se nel medesimo persistesse una volontà di libertà repressa e l’intervento poteva aiutare a far nascere un’indipendenza politica (cfr..ibid.: 85). Secondo il suo ragionamento un intervento liberatorio doveva essere un intervento contro l’oppressione di un popolo in cerca di libertà, attraverso la propria potenza imperiale (cfr. ibid.). I tratti di un intervento di secessione sono sopratutto evidenti nella lotta per l’indipendenza in Grecia. Grazie all’agitazione filo-ellenica s’instaurava un rifiuto della società europea (cfr. ibid.). Per la prima volta la comunità ebbe un ruolo decisivo (cfr. ibid.).

Il quarto tipo d’intervento è quello, a “sensu strictu” umanitario (cfr. ibid.: 89). Questo tipo d’intervento non è motivato da intenzioni egoistiche quali l’ampliamento di potere o salvaguardia dei propri interessi, ma solo guidato dalla volontà di cittadini di uno stato che si vogliono proteggere dal proprio governo criminale (cfr. ibid.). Ma gli attori internazionali solitamente seguono i propri interessi e non agiscono mai contro il loro potere politico; quindi raramente sono avvenuti interventi umanitari di questo tipo (cfr. ibid.).

Osterhammel osserva, che nel contesto storico vi si trovano un gran numero di combinazioni (cfr. ibid.: 75). Nel corso di questa ricerca sarà stabilito quali tipi d’interventi sono i più adatti, per spiegare la caduta del Regno delle Due Sicilie.

 


IV) Der englische Imperialismus

IV) L’Imperialismo inglese

„…Il cosiddetto Risorgimento italiano “ non fu che un episodio dell´imperialismo inglese” (Socci, in Nicoletta 2001: 49).

Per i politici britannici dell’epoca vittoriana era una considerazione normale salvaguardare all’estero gli interessi economici della Gran-Bretagna ed anche considerarli uno dei compiti più importanti della politica estera (cfr. Bierschenk 1977: 52 ). Un elenco di citazioni d’uomini politici britannici può sottolineare questo primato di salvaguardia del commercio. Pitt constatò in modo secco, che politica britannica voleva dire commercio (cfr. Platt 1968: VIII, citato in Bierschenk 1977:52). Lord Palmerston8 nel 1834 dichiarò nel suo discorso dinanzi al parlamento britannico, che accusare il ministro degli esteri inglese d’indifferenza verso il commercio, equivaleva a negargli la capacità di giudizio (cfr. Webster 1951:751f, citato nel medesimo:52). Granville dichiarò nel 1851, in occasione del passaggio di potere del ministro degli esteri, che il dovere più grande del governo britannico deve essere di garantire la sicurezza necessaria per il successo estero (cfr. Platt 1968: XV, citato in ibid.:52). Molto evidente diventa il rapporto tra interessi politici ed economici nella seguente dichiarazione di Disraeli nel 1842 davanti la camera bassa:

„Se un interesse commerciale è di una qualunque rilevanza, è anche un interesse politico, soprattutto in un paese in cui il commercio ed una delle fonti più importanti del benessere nazionale e delle finanze dello stato, per cui un interesse commerciale rappresenta una priorità politica “(cfr.Platt 1968: XVI, citato in ibid.53).

Gladstone affermò nel 1855:

„L’emanazione da parte dei paesi esteri di leggi insensate e ingiuste può seriamente limitare e ostacolare l’espansione del nostro commercio [...]. In riguardo ad una colonia9 questo rischio non persiste”(cfr.Shaw 1970:21f, citato in ibid.:52).

Il 1 Marzo 1848 Palmerston fece chiaramente capire, che per lui le amicizie e le ostilità nella politica internazionale non dipendevano da principi ma dall’utilità che avrebbero per la Gran-Bretagna (cfr. Wentker 1991: 23):

„We have no eternal allies, and we have no perpetual enemies our interests are eternal

and perpetual, and those interests it is our duty to follow (cfr.ibid.)”.

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8 Lord Henry John Temple Palmerston era il politico più popolare e maggiormente influente nella metà del XIX secolo in Inghilterra (cfr.Tingsten 2004:19).

9 Nicola Zitara definisce la caduta del Regno delle due Sicilie come „Nascita di una colonia“. Il libro di Zitara ha come titolo “L´Unita d´Italia, La Nascita di una colonia.”



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L’idea chiave della politica britannica non era orientata verso parametri filantropici e morali, ma all’espansione ed al rinforzamento del proprio potere (cfr.Campolieti 2001: 29). L’Italia, la Grecia, il regno Ottomano e la costa nordafricana erano l’obiettivo della politica estera e la British Navy spesso diede supporto agli sforzi diplomatici (cfr.Thomson 1989: 52). La sicurezza delle rotte di commercio e il benessere dei cittadini britannici erano gli obiettivi principali (cfr.ibid.). Nella House of Commons invece quasi quotidianamente si fece riferimento all’importanza del commercio con l’India e la sicurezza per le rotte marine attraverso il mediterraneo orientale (cfr.ibid.). Il significato delle isole mediterranee Malta e Sicilia aumentano in questo contesto.

„There is little doubt that the British government had more than a passing interest in

the movements of foreign ships along the Mediterranean coastline“(cfr.ibid.:54).

Sulle teste dei politici britannici si trovava sempre la spada di Damocle. Il spessore della crine di cavallo dipendeva dalla “dominazione delle onde” che era la conditio sine qua non dell’egemonia commerciale britannica.




V) Geopolitik- Die strategische Bedeutung des Mittelmeeres

V) Geopolitica- Il significato strategico del Mediterraneo

A metà del XIX secolo il Mediterraneo ebbe di nuovo una grande importanza e fu palcoscenico di manovre di politica internazionale (cfr.Mariano 1991: 163). Dopo la caduta definitiva di Napoleone I una serie d’avvenimenti contribuirono alla rivalutazione del vecchio centro strategico del mondo (cfr. ibid.). L’est-mediterraneo visse un rafforzamento dell’armata e della flotta commerciale francese, mentre la parte orientale era segnata dall’avanzamento della Russia verso le coste mediterranee (cfr. ibid.). La situazione nella parte orientale del mediterraneo è descritta da Friedrich Engels in un articolo di prima pagina nel New-York Daily Tribune pubblicato il 12 aprile del 1853 che porta come titolo „Di che si tratta veramente in Turchia“:

„Dobbiamo supporre che questa potenza gigante in espansione (la Russia) si fermerà a metà strada, se è già in procinto di diventare un impero mondiale? [...]Grazie all’annessione della Grecia e della Turchia conquista dei porti marittimi eccezionali, ed i Greci la forniscono con abili marinai per la sua flotta militare. Con la conquista di Costantinopoli si trova alle porte del Mediterraneo, le appartengono Durazzo e la costa albanese da Antivari fino ad Arta per cui si trova al centro dell’Adriatico, in vista delle isole Ioniche britanniche ed a 36 ore di distanza da Malta con nave a vapore (Engels 1991: 25).

Il valore commerciale dei Dardanelli e del Bosforo li fece nello stesso momento diventare anche stabilimento militare di primo rango (cfr.ibid.). In questo si dimostra già la doppia nota della politica estera britannica, fatta da interesse commerciale e necessità militare che, come si verificò, avrebbe contribuito alla caduta del Regno delle due Sicilie. Ma il maggior vantaggio della rivalorizzazione del mediterraneo lo ebbe il sud con la tempestiva apertura del Canale di Suez (cfr.Mariano 1991: 163). Il Canale di Suez10, tragitto di collegamento per l’India, ottenne un significato strategico rilevante (cfr. ibid.). La Gran Bretagna aveva un doppio interesse per il Canale di Suez. Prevalentemente quest’interesse era dovuto a motivi economici, perché il commercio britannico rappresentava circa il 82% del traffico marittimo nel canale (cfr. Bierschenk 1977: 4). In più esisteva anche un interesse politico, poiché il canale era la principale linea di congiunzione con l’India, Ceylon, la strada di Singapore e British-Burma, dove sotto il dominio britannico vivevano all’incirca 250.000 persone (cfr.ibid.). In più serviva anche come collegamento con la Cina, dove l’84% del commercio estero era controllato dalla Gran Bretagna (cfr.ibid.). Anche se le due grandi nazioni Francia e Gran Bretagna erano d’accordo sul fatto di impedire qualunque espansione russa, in realtà erano in parte ostili tra di loro (cfr.ibid.). L’ambizione politica di Napoleone III minacciò gli interessi inglesi. Quando i Francesi costruirono, ancora prima degli Inglesi, la prima nave da guerra in acciaio, la Gloire, l’Inghilterra intensificò i suoi sforzi per non rimanere indietro. Sotto il comando dell’ammiraglio Lalande, la politica marittima francese divenne una minaccia per l’Inghilterra. Aceto nella sua opera „De la Sicile et des rapports avec l´Angleterre“ dichiara che la Sicilia é il punto più strategico di tutto il Mediterraneo (cfr. Internet VII.). Inoltre evidenzia l’antagonismo anglo-francese per l’isola:

„La Sicile était en effet pour elle (Gran-Bretagna), non seulement un point important qu´elle devait empêcher a tout prix dans les mains des Français qui la menaçaient continuellement du bord oppose, mais encore le centre de toutes ses opérations militaires et politiques dans la Mediteranee et l´Italie“ (cfr. Aceto 1827 : 103.)

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10 Dopo l’apertura del canale di Suez la Turchia aveva una posizione molto vantaggiosa sul commercio verso l’oriente. Per questa ragione l’Inghilterra si dichiarò sostenitrice della Turchia. Il Meridione Italiano cosi diventò una base logistica estremamente importante per far fronte alla Russia (cfr.De Biase 2002:63).


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L’Inghilterra nel Mediterraneo oltre ai porti, messi a sua disposizione da forze minori, possiede anche le basi di Gibilterra, Malta e le Isole Ioniche (cfr. Mariano 1991: 165). Nel Mediterraneo occidentale l’Inghilterra era regredita e così il centro strategico ebbe più rilevanza (cfr.Mariano 1991: 165). Verso il 1860 il punto nevralgico fu la Sicilia, la cui posizione centrale la fece diventare chiave di tutto il Mediterraneo (cfr.ibid.). Attorno alla Sicilia s’incontrano il bacino orientale e quello occidentale del Mediterraneo e il proprietario di quest’isola controlla sia lo stretto ed anche il canale (cfr.ibid.). Quanto importante fosse l’interesse dell’Inghilterra per la Sicilia, lo dimostra la quantità di vice consolati britannici sull’isola. Oltre al console Godwin in Sicilia c’erano altri undici vice-consoli (cfr.ibid.: 167). A causa del valore enormemente strategico dell’Isola, l’Inghilterra diede il suo sostegno per l’unificazione italiana. Mariano constata, che gli Inglesi in realtà nella fase decisiva dell’unificazione italiana non hanno seguito principi etici, ma hanno agito strettamente in maniera antifrancese (Mariano 1991: 177). La seguente caricatura pone l’accento sul contrasto anglo-francese sulla Sicilia..


Immagine III: L’antagonismo anglo-francese sulla Sicilia

Fonte: Spellanzon 1960:827

 

Quale significato la Sicilia doveva avere agli occhi degli Inglesi, si riesce ad intuire, quando si analizzano le affermazioni riguardanti le Isole Ioniche, che avevano semplicemente un valore militare ma non avevano nessun valore economico. Nel 1860 l’ammiraglio Martin dichiarò quanto segue :

„I believe it would be wise to give the Ionian Islands to Greece, or to any other

European power except France. But rather than allow them to fall under France, I would fortify Corfu and hold it: at any until possession of Candia be obtained for England” (cfr.ibid.).

Il 27.10.1860 Lord Russel inviò un telegramma memorabile a Hudson, l’ambasciatore inglese a Torino:

“Il Governo di S.M. britannica e costretto a riconoscere che gli Italiani sono i migliori giudici dei propri interessi……Dopo gli eventi sbalorditivi ciu abbiamo assistito e difficile credere che il Papa e il Re delle Due Sicilie possiedano il cuore dei loro popoli. Il Governo di S.M. britannica non vede ragione sufficiente a giustificare il severo biasimo con cui l´Austria, la Francia, la Prussica e la Russia hanno bollato gli atti del Re di Sardegna. Il Governo di S.M. preferisce guardare verso la lieta prospettiva di un popolo inteso a costruirsi l´edificio delle proprie liberta ed a consolidare la propria indipendenza” (Agrati 1937:533 / cit. in Mariano 1991:178).

Tale indipendenza rappresentava ovviamente per la Francia una nuova sfida lungo tutte le sue frontiere marittime. Attraverso la necessità di tenere d’occhio, il nuovo stato italiano, inevitabilmente la pressione francese doveva diminuire su altri fronti (cfr. Mariano 1991:178).

Quanto il governo di sua maestà rispettasse „l’indipendenza“ degli Italiani, lo dimostrano le vicende della Sardegna. Londra temeva, che il governo Italiano offrisse la Sardegna al papa in cambio dello stato ponteficio. Giacché il papa intratteneva ottimi rapporti con la Francia, l’Inghilterra si oppose con tutta la sua forza contro questo progetto (cfr.ibid.:178). Lord Palmerston reagì bruscamente a questo piano:

„L´Inghilterra si opporrebbe strenuously ad una simile estensione dell’´influenza francese in questo mare”( cfr. Mariano 1991:178)

 

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VI: Die Konflikte zwischen dem Königreich beider Sizilien und Großbritannien

VI): Il conflitto tra il Regno delle due Sicilie e la Gran-Bretagna

VI.1) Die Insel Ferdinandea
VI.1) L’isola Ferdinandea

 

“Ben conoscendo la testarda tenacia degli inglesi e la loro innata passione a collezionare isole sparse intorno al mondo, sicuramente ne sarebbe nata un´altra seria controversia. “

(De Biase 2002:27).

L’enorme significato strategico dell’isola mediterranea si riesce a spiegare con riferimento alla “querelle” per la proprietà dell’isola vulcanica u´bummuluni, come si chiama nel dialetto siciliano dei pescatori . La nomenclatura dell’isola non è per niente facile perché ben tre poteri hanno fatto appello ai lori diritti e questo ha influito sulla adozione di un nome. L’isola viene anche descritta come ‘isola dei setti nomi ‘:Sciaccia, Nertita, Corrao, Hotham, Julie, Graham e Ferdinandea. Il 2 luglio nel 1831 a Sacco del Corallo, a circa metà distanza tra Sciacca e Pantelleria, avvenne un’enorme esplosione subacquea. Dopo l’esplosione emerse un’isola alta 63 metri, lunga 4,5 chilometri e larga un chilometro. La posizione dell’isola risvegliò subito il desiderio di possederla, avendo un alto valore strategico come base militare navale.

„Closer to Europe than Malta, Graham Island was a perfect point to control commercial and military sea traffic in the major Mediterranean shipping lanes (cfr.The Independent, 26.09.2001).

Da Malta fu inviata sull’isola la corvetta Rapid sotto il comando di Charles Henry Swinburne. In nome di sua maestà l’isola fu presa in possesso dall’impero britannico. Humprey Senhouse sbarcò con sette marinai sull’isola avvolta da vapori di zolfo ed issò sulla sommità più alta l’Union Jack (cfr. Fonte Internet IX). L’isola fu battezzata Graham11. Ferdinando II intese questo atto come offesa e violazione del diritto internazionale12. L’isola si trovava chiaramente in acque

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11 In Onore di Sir James Robert George Graham.

12 Quando l'isola contesa emerse, il diritto del mare era basato solo sul principio della libertà dei mari che l'olandese Hugo Grotius sostenne nella sua dissertazione "Mare Liberum". In seguito l’ Inghilterra fece del principio della libertà dei mari, affermata da Grotius, l'emblema della sua politica di potenza marittima. Se l’isola che si trova a 20 miglia dalla costa siciliana, sia stata o no res nullius, non si può dire con certezza (cfr. Fonte Internet IX).


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borboniche, perché faceva parte geograficamente e geomorfologicamente delle isole Pantelleria, Lampedusa e delle altre isole borboniche (cfr.ibid.). Il 17 agosto Ferdinando II emanò un decreto, nel quale prendeva possesso dell’isola in nome del Regno delle due Sicilie. L’isola fu chiamata Ferdinandea, dato che l’arrivo in Sicilia del re Ferdinando II avvenne nel momento dell’evento geologico. La corvetta Etna fu inviata con a bordo cartografi, per inserire l’isola sulla pianta marittima borbonica. Poco dopo sbarcarono sull’isola i due francesi Constant Prevost (geologo) e Eduard Joinville (pittore) che, in riferimento al “mese di nascita” la battezzarono a loro volta Giulia / Julie (cfr. Fonte Internet X). Le impressioni che ebbe dell’isola il pittore Antoine Eduard Joinville oggi si possono ammirate al Louvre (L´ile de Julia). Inghilterra, Francia ed il Regno delle due Sicilie si contesero duramente la proprietà dell’isola. Le richieste territoriali fecero diventare sempre più probabile un imminente casus belli.


Immagine IV: L’isola Ferdinandea

Fonte: Internet XI


In questi scontri diventò evidente, che Ferdinando II difendesse energicamente la sua sovranità da ogni affronto (cfr. Selvaggi 1996: 17). Mentre il conflitto era lontano da una soluzione, Nettuno eliminò l’oggetto di dissidio, e l’isola sprofondò di nuovo in mare.


“La sua sparizione era però giunta quasi come una benedizione, perché di colpo placò ogni rivendicazione di sovranità, eliminando un formidabile potenziale casus belli tra Stati che si guardavano già in cagnesco “(cfr. Fonte Internet IX).

Anche Domenico Macaluso constatò la provvidenziale scomparsa dell’isola:

“ma il mare sta già provvedendo a placare gli animi dei contendenti, volendo usare un eufemismo molto appropriato, gettando acqua sul fuoco” (Fonte Internet XII).

Filippo D´Arpa pubblicò un libro con il titolo „L’isola che se ne andò“, che rappresenta una metafora dell’assurdità del potere. La situazione ridicola trae la sua comicità dal fatto che a causa di uno scoglio senza valore scoppiò quasi la guerra tra Inghilterra, Francia e Regno delle due Sicilie (cfr. Fonte Internet XII). Dall’accaduto per una „mosca bianca d’isola“ si può capire il valore della Sicilia. Se già uno scoglio grezzo, avvolto da fumarole di zolfo e nebbia giallastra quasi sarebbe diventato causa di una guerra, le vicende di seguito descritte per un’isola alquanto importante dal punto di vista commerciale e strategico non creano stupore.

 

Exkurs:

Das Abkommen von Montego Bay, das 1982 getroffen wurde, weist die Besitzrechte an Ferdinandea Italien zu. Die Insel Ferdinandea liegt auf der kontinentalen Plattform Italiens, die bis 200 Meilen  vor die italienische Küste reicht (vgl. Internetquelle IX). Und trotzdem wurden im Jahr 2000, als heftige seismische Aktivitäten das Wiederauftauchen der Inseln ankündigten, prompt britische Ansprüche laut. In der britischen Presse erschienen Artikel mit folgender Head-Line: „A long vanished piece of the British Empire is about to resurface“ (vgl. ebd./ Internetquelle XIII). Nach den erneuten britischen Forderungen setzte sich eine Vielzahl von italienischen Rechtsexperten mit diesem Thema auseinander.[13]

Der Herzog von Kalabrien, Prinz Carlo di Borbone, übergab am 10. November 2000 in einer feierlichen Zeremonie die Insel dem sizilianischen Volk (vgl. IX.). Unter Wasser wurde ein Gedenkstein mit folgender Inschrift angebracht:

Questo lembo di terra, una volta isola ferdinandea, era e sera sempre del popolo siciliano.”(Diesel Zipfel Erde, der einmal die Insel Ferdinandea war, war und wird immer dem sizilianischen Volke gehören) (vgl. ebd.).


Abbildung V: Der Gedenkstein zu Ehren des sizilianischen Volkes

Quelle: Internetquelle XII


Nur wenig später wurde der Gedenkstein zerstört. Die Fischer in diesen Gewässern sprachen von der Präsenz eines ihnen unbekannten Kriegsschiffes (vgl. ebd.). Am 06. September erhob Felice Cavallaro im Corriere delle Sera den Vorwurf, daß der britische Secret Service den Stein zerstört habe (vgl. ebd.). Der Streit schwelt also nach 172 Jahren immer noch.

 

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VI.2) Penelope Smith:

 

VI.2) Penelope Smith:


Nell’inverno del 1835 il fratello di Ferdinando II, il principe di Capua, s’innamorò di una bella Irlandese di nome Penelope Smith (cfr. Acton 1962: 115). Al compleanno del re informò Ferdinando II dei suoi progetti di matrimonio. Ferdinando II con tutta chiarezza gli annunciò che non approverebbe main acconsentito ad un matrimonio con una borghese (cfr.ibid.: 116). Dopo un forte scontro, il principe di Capua fuggì con sua futura moglie. Il 12 marzo 1836 Ferdinando II emanò un decreto che nessun membro della famiglia, reale senza il suo permesso, potesse lasciare il paese e che un matrimonio senza la benedizione del re sarebbe da considerarsi nullo (cfr. ibid: 117). Il re giustificò il suo modo di agire, col fatto che doveva esercitare l’autorità necessaria per salvaguardare lo splendore del trono nella sua purezza (cfr. ibid.). Temple scrisse a suo fratello Palmerston il 04 aprile 1836:

„Anche se fosse stato celebrato un matrimonio legittimo di fronte alla Chiesa Cattolica, esse resterebbe privo di valore per quanto riguarda i diritti civili e politici, di modo che Miss Smyth non potrebbe portare ne il titolo ne il nome del Principe Carlo, e i loro figli non verrebbero considerati come appartenenti alla famiglia reale…” (cfr. ibid:118).

Nel frattempo Carlo aveva sposato Penelope a Grettna Green. Ma Ferdinando II rimase fermo nella sua decisione. Più tardi intimò che considerasse il matrimonio come „a la main gauche“, che rinunciasse al suo titolo e che andasse in esilio a Brünn (cfr. ibid.: 122). Palmerston si schierò dalla parte del principe e sua moglie per trarne vantaggio politico (cfr. ebd.: 123). Mise sotto la sua protezione il principe rifugiato in Inghilterra (cfr.Curato1989: 42). Per i numerosi napoletani in esilio, il principe divenne simbolo vivente di una vittima del dispotismo (cfr. Acton 1962: 388). Il fatto che Palmerston seguisse obiettivi personali e politici, diventa più chiaro nel contesto che in Inghilterra esistesse e tuttora esiste un Royal Marriage Act. Il New York Sun spiega la logica che si nasconde dietro tutto questo:

“Quando l´Inghilterra e il popolo inglese accusano qualcuno di un delitto che essi stessi compissero bisogno suonare le campane di allarme. Soprattutto quando parlano di moralità vuol dire che c´e qualche annessione in vista” (De Biase 2002: 61).

Acton interpreta il sostegno del Principe di Capua come un insulto a Ferdinando II (cfr.Acton 1962:143). Il Principe di Capua visse in seguito a Londra dove accumulò una montagna di debiti. Palmerston pretese che il re estinguesse i debiti che ammontavano a 36.000 ducati (cfr.ibid.: 144). In numerose filippiche Palmerston sostenne la richiesta che Penelope Smith ricevesse il titolo di principessa perché in effetti voleva solo essere „la moglie del proprio marito” (cfr.ibid.: 148). Inoltre Palmerston s’impegnò affinché il Principe di Capua ricevesse mensilmente 4000 ducati. Palmerston accusò Ferdiando II di non aver mai reso pubblico il testamento di suo padre e che si sarebbe appropriato di nascosto dei beni lasciati in eredità a Carlo (cfr. Campolieti 2002: 227). La tattica di Palmerston consisteva nel fomentare sempre di più l’odio tra i due fratelli (cfr.ibid.). Il Principe di Capua divenne emblema della propaganda antiborbonica (cfr. ibid.). In che modo Palmerston strumentalizzò l’accaduto s’intende dalle sue dichiarazioni sproporzionate verso il deputato napoletano Versace:

„Stia attento il suo re! Ha lasciato alla mercè di tanti desideri insoddisfatti, e delle pretese dei tanti creditori, il principe Carlo. E suo fratello si vendicherà. Si dichiara pubblicamente vittima dell´insensibile congiunto, farà scrivere e rilevare cose, anche false, che metteranno contro Ferdinando tutta l´opinione pubblica internazionale “ (cfr. ibid.).

Nel contesto di questa lite i rapporti tra le due corti peggiorarono (cfr. ibid.: 189).


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VI.3 Vermengung der persönlichen und politisch-kommerziellen Motive bei Lord Palmerston

VI.3) Mescolamento di motivi personali e politico-commerciali in Lord Palmerston


Il disprezzo personale di Palmerston nei confronti di Ferdinando II è un altro punto importante nella spiegazione della caduta del Regno delle due Sicilie. Palmerston covava un rancore personale contro il re Ferdinando II, poiché questi aveva vietato il matrimonio tra Carlo e Penelope Smith, sua nipote (cfr.De Biase 2002: 55). Anche Campolieti fa notare il rapporto di parentela tra Penelope Smith e Palmerston (cfr. Campolieti 2001: 189). In particolare, nella crisi dello zolfo descritta successivamente, Thomson vede il disprezzo verso Ferdinando II come una sorta di motivazione (cfr.Thomson 1989: 148). Quest’antipatia personale, che si basa su differenze riguardo la filosofia di stato, impedisce un avvicinamento da parte di entrambi (cfr.ibid.: 149). L’affermazione di Thomson del „duello personale di due uomini con la forza del volere“ si aggiunge alla dinamica interna dei rapporti bilaterali tra i due stati che andavano sempre peggiorando (cfr.ibid.). Palmerston mescolò il caso commerciale suddetto con la faccenda di Penelope Smith ed il suo disprezzo personale verso Ferdinando II (cfr.Campolieti 2001: 227).



VI.4  Der „Schwefelkrieg“

VI.4) La „Guerra dello Zolfo “


All’ inizio del XIX secolo l’Inghilterra aveva istaurato in Sicilia una posizione indubbiamente egemonica (cfr.Thomson 1989: 57.). La continua presenza inglese presso la corte delle due Sicilie oramai a metà XIX secolo era diventata già una consuetudine. Al fianco di Ferdinando IV c’era l’ombra influente di John Francis Edward Acton, che condusse una politica fortemente filobritannica (cfr.De Biase 2002: 16). La presenza di John Acton presso la corte di Napoli, insieme ai convenienti trattati commerciali, assicurò l’egemonia dell’Inghilterra nel Mediterraneo. L’occupazione napoleonica delle terreferme rese possibile alla Gran-Bretagna l’occupazione della Sicilia (cfr.Thomson 1989: 26). Durante le guerre napoleoniche William Bentinck apparentemente era prima facie responsabile per la salvaguardia e sicurezza della dinastia borbonica, ma dietro le quinte sosteneva una rivolta di più baroni contro i borbone e si
comportò più come Overlord che come alleato (cfr.Thomson 1989: 147). Nello stesso tempo il governo di sua maestà si rese conto anche del significato enormemente strategico dell’isola e del benessere in rapida crescita dei suoi cittadini (cfr.ibid.). Dopo la fine della guerra, le truppe inglesi furono ritirate dalla Sicilia, ma l’ “egemonia virtuale“ persisteva sottoforma di trattati commerciali di convenienza (cfr.ibid.). Le garanzie del trattato commerciale firmato nel 1816 assicurarono il controllo commerciale (cfr.ibid.). Il 26 Settembre 1816 fu firmato un trattato14 che riduceva del 10% i dazi d’importazione di prodotti britannici nei porti del Regno delle due Sicilie (cfr.ibid.: 37). Luigi Blanch definisce questo trattato come „Navigation Act in reverse“, dato che sosteneva sopratutto gli interessi commerciali inglesi e ne portava notevoli vantaggi sul mercato siciliano (cfr.ibid.). Da ricordare che le navi napoletane non poterono dunque rifornire la Sicilia a prezzi altrettanto convenienti (cfr.ibid.). Gli Inglesi man mano divennero una potenza marittima dominante nelle acque attorno la Sicilia. Se nel 1835 e nel 1836 vi erano solo 23 navi, nel 1840 erano già diventate 37 (cfr.ibid.: 52). L’enorme aumento della domanda di zolfo e la continua espansione del commercio inglese intensificarono la necessità di controllare la Sicilia (cfr.ibid.). Il 21.06.1821 Lord Castelreagh dichiarò nella camera bassa inglese:

„Quant a la nature des relations entre l´Angleterre et la Sicile, quoique le gouvernement eut toujours éprouve une estime et un intérêt véritables pour la nation  sicilienne, cependant, ce ne fut pas uniquement pour ce motif que les troupes  britanniques furent stationnées dans l´île, ni pour assurer le bonheur du peuple qui l´habitait. Ce ne fut en effet qu´une occupation militaire (Aceto 1827 : 161).

 

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Die Bedeutung des Schwefels

Il valore dello zolfo

„La risorsa mineraria piu valida dell´isola era lo zolfo, che copriva quattro quinti della richiesta mondiale” (Acton 1962: 140).

Nel XIX secolo allo zolfo si attribuiva lo stesso valore che ha oggi il petrolio (cfr. De Biase 2002: 24). L’80% dello zolfo sul mercato mondiale proveniva dalla Sicilia (cfr. ibid.). Del Boca paragona l’importanza dello zolfo nel XIX secolo addirittura a quella dell’uranio di oggigiorno  (cfr. Del Boca 2003: 176). In quell’epoca lo zolfo si utilizzava per la produzione di polvere da sparo. Su sei parti di salnitro si mescolava una di carbone ed una parte di zolfo (75:12,5:12,5) (cfr. Ortenburg 1986:49).

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14 Il trattato avvantaggiava senza ombra di dubbio l’ Inghilterra. Fu sancito, perché in cambio l’ Inghilterra s’impegnò a non sostenere alcun movimento per la separazione della Sicilia (cfr. De Biase 2002:13).


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Abbildung VI: Schwefelvorkommen in Sizilien (Insel Vulcano)

Quelle: Photographie des Verfassers der vorliegenden Arbeit


All’inizio del XIX secolo la richiesta di zolfo continuò ad aumentare (cfr. Giura 1973:281). L’incremento di esportazione dalle solfatare siciliane verso l’Inghilterra si può costatare dal seguente grafico.


Immagine V: Esportazione dello zolfo in Gran- Bretagna a tonnellate

Zolfo in Tonnellate Fonte: Giura 1973:282


 

La richiesta internazionale aumentò talmente, che le solfatare non riuscirono più soddisfarla (cfr.Giura 1973:282). In queste circostanze il prezzo salì enormemente. Lo zolfo siciliano nel 1834 raggiunse il suo apice con 45 tari15 per un cantaio (cfr.ibid.). Nel 1832 più di 400.000 quintali di zolfo furono esportati, ciò corrispondeva ad una somma di circa 1.283.000 Ducati. La produzione raggiunse nel 1832 900.000 quintali. La vera colonna portante dell’economia siciliana, l’agricoltura, ne risentì in modo pesante a causa dell’avidità di zolfo (cfr.Thomson

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15 Per rendere più accessibili le monete, saranno elencate solo i pesi e le misure siciliane più comuni: nella valuta siciliana un ducato erano dieci tari. Un taro corrispondeva a 20 grani. Un carlino aveva il valore di un taro napoletano. Per quanto riguarda i pesi un cantaio corrispondeva a 79,432 chilogrammi (cfr. Thomson 1989:Appendice A).


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1989:19). Il boom dello zolfo si manifestò negativamente sull’agricoltura perché tanta mano d’opera andò via per lavorare nelle miniere e terra fertile fu distrutta in cerca di zolfo (cfr.ibid.). Mentre nuove miniere spuntavano come funghi, a causa dell’immensa richiesta si creò una falsa certezza (cfr.ibid.:13). Il prezzo da record di 45 tari / cantaio fece sì, che la produzione fu sempre più estesa. Questo indirizzò la produzione verso parametri campati in aria e non verso le reali esigenze. La richiesta e lo zolfo presente si diversificarono sempre di più fino ad arrivare ad una crisi dovuta alla sovrapproduzione. Nei paesi destinatari furono installati dei depositi dove lo zolfo poteva essere immagazzinato per 18 mesi. La sovrapproduzione condusse ad un enorme calo dei prezzi (cfr.ibid.:14). Nel 1833 lo zolfo, al cantaio, raggiunse il suo prezzo più alto nella storia con 45 tari, che nel 1836 calò a 16,75 ed in fine nel 1837 a 13,5 (cfr.ibid.).


Abbildung VIII: Preis des Schwefels in tari pro cantaio

Immagine VI
: Prezzo dello zolfo in tari pro cantaio

Legenda: Gli anni del boom dello zolfo e il successivo calo sono segnati in rosso

Fonte: Giura 1973:285


Il prezzo calò infinitamente perché la produzione non diminuì. Alla fine lo zolfo fu venduto sul mercato ad un prezzo due volte più basso che nelle miniere di provenienza. Questo comportò che i proprietari delle miniere ridussero il già misero salario degli operatori a due carlini. Il logico calo di produzione16 o la chiusura della cava non avvenne perché i proprietari temevano che le miniere abbandonate potessero essere inondate dall’acqua. Questo rovinò completamente il mercato. I prezzi calarono a tal punto che nel 1837 l’impresa Verona e Messina di Palermo

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16 I cosiddetti Picconieri venivano pagati in base alla quantità dello zolfo estratto. Per questo ovviamente non avevano nessun interesse, a ridurre la quantità di zolfo che veniva estratto. Il loro obiettivo era di estrarre quanto più zolfo possibile in meno tempo (cfr. Thomson 1989:7).



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offrissero 10.000 cantai di zolfo per 9,5 carlini senza trovare un venditore. Gli imprenditori siciliani poveri di capitali spesso erano costretti a vendere a prezzi da straccio ad imprenditori benestanti inglesi e lentamente, ma costantemente, si sviluppò un’opprimente posizione egemonica di capitalisti stranieri. Il cosiddetto „monopolio dell’´oro siciliano straniero sulla povertà siciliana“ fu instaurato (cfr.Thomson 1898:17). Del boom dello zolfo del 1832 e del 1834 ne approfittarono soprattutto investitori stranieri (cfr.ibid.:15).

 


Immagine VIIa/b: Il lavoro quotidiano dei Carusi

Fonte: Internet XIV


 

In uno dei suoi viaggi per la Sicilia Ferdinando II fece vista al territorio delle solfare e trovò un terra desertica, sporca e giallastra, dove dai cunicoli delle solfatare uscirono uomini e bambini17 ridotti a scheletri (i cosiddetti Carusi), per vedere il loro re (cfr. Campolieti 2001:226). Campolieti paragona il paesaggio al girone infernale di Dante. L’aria era pesante e puzzava (cfr.ibid.). I lavoratori supplicavono gridando al loro re:

„Maestà, aiutaci, liberaci dai mister che ci affamano“(cfr.ibid.).

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17 I cosiddetti Carusi erano bambini che in media avevano l’età compresa tra i 10 e i 15 anni. Il lavoro dei bambini consisteva nel trasportare all’esterno lo zolfo estratto dai cunicoli (cfr. Thomson 1989:8). Thomson racconta la loro triste vita : „They grew up in the pits stunted, deformed, illiterate, victims of malaria and malnutrition, overworked, and often abused (cfr. ibid.).


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La crescente domanda di zolfo non suscitò nessun interesse per migliorare le condizioni di estrazione nelle miniere (cfr. Thomson 1989:8). Acton descrive il comportamento degli inglesi come segue:

„(…) Gli Inglesi venivano incolpati di impiegare mezzi di sfruttamento inadeguati e di badare soltanto ad arricchirsi egoisticamente “ (Acton 1962: 140).

Furono utilizzate tecniche di estrazione, che erano pericolose e dannose (cfr. Thomson 1989: 8). Attorno al 1830 non esisteva ancora nessun piano per il miglioramento dell’estrazione, per l’introduzione di macchine o per la formazione di personale istruito (cfr. ibid.). Mano d’opera a basso costo, esportazione garantita impedivano la creazione d’iniziative autonome per il miglioramento delle condizioni di produzione (cfr. ibid.). In questo contesto il governo napoletano doveva trovare quanto prima una soluzione, per evitare il crollo totale del ramo più proficuo dell’economia. Per di più bisognava fare in modo che i profitti fossero anche a benefico del paese nel quale erano stati prodotti. Per venire a capo della situazione in Sicilia, le condizioni materiali dei siciliani dovevano essere migliorate. Per questo Ferdinando II abolì le tasse, che gravavano sul ceto sociale più povero: la tassa sulla farina (cfr.Curato 1989: 42). Ferdinando II assegnò il monopolio sullo zolfo ad un’impresa francese di nome Taix-Aycard con sede a Marsiglia (cfr.Del Boca 2003: 176). Le nuove condizioni concordate erano in paragone ai vecchi chiaramente più vantaggiose.Ora saranno presentati alcuni paragrafi del contratto che è composto in totale da 27 paragrafi (cfr.Thomson 1989:21):

1) Taix-Aycard s’impegnava ad acquistare con decorrenza annua il completo ricavato di zolfo siciliano.

2) Per evitare la sovrapproduzione, ogni proprietario di una miniera riceveva dall’impresa annualmente 150.000 ducati per la riduzione dell’estrazione.

Questo serviva a non superare le oltre 600.000 cantaie di zolfo sul mercato .

3) Il prezzo dello zolfo di seconda qualità fu stabilita a cantaio.

4) L’impresa ricevette il monopolio per lo smaltimento dello zolfo per dieci anni.

5) Annualmente l’impresa doveva costruire a proprie spese 20 miglia di strada in Sicilia.


6) La marina napoletana riceveva una commissione di 10 grani a cantaio trasportato. Un terzo18 delle esportazioni doveva essere svolta dalla marina napoletana.

7) L’impresa doveva dare ogni anno 1000 ducati alla casa della povertà fondata dal Principe della Palagonia.

8) Nei primi quattro anni del contratto l’impresa dovette finanziare la costruzione di una fabbrica d’acido solforoso, solfato di soda e soda. Inoltre vi potevano lavorare solo i siciliani, per portare la allora sconosciuta industria chimica sull’isola e per stabilirci infine dei periti istruiti (cfr. 1-8 ibid.)

Non sorprende che i profittatori dell’estrazione di zolfo, gli Inglesi e anche in parte Francesi, fossero infuriati per questo contratto e chiedessero sostegno ai loro governi. Alle richieste straniere Ferdinando II rispose facendo notare che sino a quel giorno la ricchezza straniera era stata accumulata sulla schiena della povertà dei siciliani (cfr.Giura 1973: 298). Inoltre Ferdinando II vide nel contratto i seguenti vantaggi (cfr.ibid.):

1) I proprietari delle miniere potevano contare su redditi più alti.

2) L’agricoltura sarebbe stata protetta, siccome le emissioni dannose di zolfo sarebbero state ridotte.

3) Il commercio e la produzione, grazie alla nuova industria chimica, avrebbero subito una ripresa.

4) La flotta commerciale avrebbe guadagnato per il lavoro garantito dal trasporto e per il regolamento della commissione.

5) Grazie alla costruzione delle strade e dell’industria chimica si sarebbero creati nuovi posti di lavoro.

6) Con l’eliminazione della povertà la capacità governativa siciliana sarebbe migliorata e si sarebbe riuscito più facilmente a mantenere l’ordine pubblico.

7) Con l’arrivo del capitale estero e la creazione di nuovi posti di lavoro anche la Sicilia sarebbe progredita notevolmente (cfr.1-7 ibid.).

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18 Questo paragrafo era molto vantaggioso per il Regno delle due Sicilie e lo dimostra un paragone fatto da Goodwin. La compagnia navale inglese in effetti subì notevole perdite (cfr. Thomson 1989:69). Goodwin confrontò il numero delle navi britanniche che trasportarono lo zolfo nei tre anni precedenti la ratificazione del trattato, con quelle dei tre anni successivi. Dal 01.01.1835 fino al 31.07.1838 erano 2756 navi inglesi. Dal 01.08.1838 al 31.12.1841 erano rimaste solo 1488 (cfr. ibid.:70).


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Thomson riassume i vantaggi del nuovo trattato così:

„Not only did the contract offer a solution to the problems of the sulphur industry, but

it also addressed the larger questions of Sicilian economic and political conditions.

There were provisions for agricultural improvement, the introduction of new

industries, technological guidance, and invitations for needed capital. Moreover, the

government was in the position to gain from Sicily´s stability and prosperity and

would benefit from what amounted to an export duty on sulphur, which would facilitate

the abolition of the grist tax “(Thomson 1989:23).

La pressione esercitata dagli imprenditori stranieri sui loro governi aumentò nonostante i grandi vantaggi a favore della Sicilia. L’Inghilterra contestò duramente il contratto, perché avvantaggiava il commercio francese e non quello inglese. Qui si spiega il senso dell’enunciato formulato da Thomson:

“Let but a hand of violence be laid upon an English subject, and the great British lion,

which lies couchant in Downing Street, begins to utter menacing growls and shake his

invincible locks” (cfr.Thomson 1989:57).

In più il trattato rappresentava una chiara rottura del trattato firmato nel 1816. Ma il governo del Regno delle due Sicilie rimase irremovibile e fece più volte notare che non si chiedeva null’altro che commercio libero per evitare che solo pochi inglesi guadagnassero i frutti del monopolio. Quando il trattato fu ratificato, l’Inghilterra non volle accontentarsi. Palmerston fece pressione sull’ambasciatore napoletano a Londra, Conte Ludolf, minacciandolo con sanzioni ufficiali. In più Palmerston annunciò che in tali condizioni la comune lotta contro la pirateria albanese sarebbe cessata subito (cfr.Giura 1973: 309). Oltre tutto Palmerston usò come minaccia lo scioglimento di tutti i trattati commerciali bilaterali, nel caso che il trattato non fosse stato ritirato (cfr.ibid.: 310). In occasione del banchetto per la festa d’incoronamento della regina Vittoria, Palmerston offese pesantemente il rappresentante napoletano accusando lui ed il governo che rappresentava di avere un comportamento disonorevole e non sincero (cfr.Curato 1989: 43). Il 28.01.1840 Palmerston scrisse a Temple:


„The injury which the sulphur monopoly is occasioning to British merchants is so great that the matter will soon be brought under discussion in Parliament, and unless Her Majesty´s Government are enable without any further delay whatever to announce to Parliament that the monopoly has been put an end to, Her Majesty´s Government will be compelled to take measures, which would be very painful to Her Majesty´s Government” (Thomson 1989:75).

Nonostante le numerose e dure minacce Ferdinando II non si fece intimidire:

„Io rimango capo della mia casa. Realizzerò il mio progetto anche se gli Inglesi minacciassero la mia capitale con la loro flotta “ (cfr.Curato 1989: 44).

Ferdinando II fece sapere al governo britannico, che la clausola della nazione più favorita nel trattato del 1816 non lo liberava dal suo impegno di agire per il benessere dei suoi cittadini. Ma Palmerston in un telegramma molto chiaro rispose che il governo inglese non era d’accordo con ciò. Palmerston non era d’accordo con l’affermazione di Ferdinando II, e cioè che uno stato non potesse conferire privilegi ed immunità a stranieri, che superano quelli dei propri cittadini (cfr.Giura 1973: 312). Palmerston ammonì:

“In paesi, nei quali il governo è arbitrario e dispotico e non sottoposto a nessuna responsabilità o freno, può succedere, che il malumore, la mancanza di conoscenze politiche, il pregiudizio, l’interesse privato o una cattiva influenza possano far si, che venga emesso un decreto politicamente scorretto ed ingiusto, che danneggerà gravemente i popoli di questi stati [...]“ (cfr. ibid.).

Il conflitto degenerò. Dal 17 aprile 1840 navi britanniche assaltarono quelle napoletane. L’ammiraglio dell’attacco Winnington-Ingram nella sua opera „Hearts of Oak“ racconta come operarono le navi inglesi: la Talbot partì da Corfù con l’ordine di attaccare le navi napoletane. Issarono la bandiera austriaca o quella napoletana, per arrivare più vicino possibile e senza essere riconosciuti alle imbarcazioni napoletane (cfr. Acton 1962: 151). Sotto il comando dell’ammiraglio Stafford, la flotta inglese fu inviata nel golfo di Napoli, per bloccare lì l’entrata e l’uscita dai porti (cfr.De Biase 2002:26). Con lo scontro l’Inghilterra passò dal controllo informale alla Gunboat diplomacy (cfr.Thomson 1989:1).


Da parte sua Ferdinando II avviò misure di prevenzione in caso di guerra e fece richiamare 12.000 uomini dalla Sicilia. Con la massima convinzione disse che, anche se ciò significasse la sua morte, non si potrebbe cambiare perché era nel giusto (cfr.Acton 1962: 149). Quanto duramente resistesse alle minacce inglesi lo dimostra questo citato:

„Vi fu un tempo in cui Napoli fece tremar l´Europa, non dico che possa farla tremare oggi, ma non per questo dobbiamo noi tremare” (cfr.ibid.).

Le corti di Russia, Prussia e Austria cercarono di opporsi alla guerra imminente. La lotta commerciale era solo ad un passo dal trasformarsi in una vera guerra (cfr.Del Boca 2001:64). Metternich affermò che nessuno voleva che lo zolfo dell’Etna incendiasse tutta l’Italia. Ferdinando II dovette ritirare il trattato e risarcire i commercianti inglesi per il danno subito. Il 21 luglio 1840 fu firmato un nuovo trattato, che in sostanza introduceva lo status quo ante (cfr.ibid.:64). Del Boca afferma che come conseguenza di questa guerra l’amicizia e la fiducia tra i due stati furono distrutte completamente (cfr.ibid.). La questione in teoria era messa da parte, ma rimase rancore e sfiducia (cfr.Del Boca 2003: 177). Se la decisione di preparare la caduta dei Borbone dovesse essere ancora presa o attendesse la conferma decisiva, ora era giustificata dal caso dello zolfo (cfr.ibid.). Era giunta l’ora di prepare tutto e di attendere il momento giusto (cfr.ibid.).

 



VI.5)   Die Verneinung Gottes

VI.5) La negazione di Dio
 

Quattro opere 19 pubblicate screditarono ancora di più l’onore della casa del Regno delle due Sicilie. Il più grande danno lo recò sicuramente l’opera Letters to Lord Aberdeen scritta da Gladstone .

"Io non sono per descrivere né una semplice imperfezione, né corruzione dei bassi ordini della società, né severità temporanea; bensì la violazione delle leggi incessante, sistematica, deliberata, fatta da quel potere cui è affidato il carico di vegliare alla loro conservazione. È la violazione di ogni legge umana e scritta, compiuta con il proposito di violare ogni legge non scritta ed eterna, tanto umana quanto divina; è la persecuzione generica della virtù congiunta all'intelligenza, fatta in modo da colpire classi

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19 Le altre opere sono state scritte da Cuoco, Colletta e Settembrini.


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di cittadini, e da collocare il Governo in fiera, crudele, ed altamente illegale ostilità con tutto ciò che vive e si muove nella nazione, ed è là l fonte di ogni pratico progresso e miglioramento. [....] Il potere governante che insegna essere l'immagine di Dio sulla terra, agli occhi della immensa maggioranza della gente 20che pensa, compare avere per attributi, tutti i generi di vizi. Io ho ascoltato pronunciare a suo riguardo le seguenti energiche, ma troppo vere espressioni: "È la negazione di Dio eretta è sistema di governo" (Hibbert 1970:172).

Lord Morley nella sua bibliografia spiega come si arrivò a scrivere l’opera “Letters to Lord Aberdeen“:

„Infatti, fu l´Italia ad attirare per prima Gladstone, inconsciamente, involontariamente, con lo spontaneo ardore della sua umanità20, in quella grande corrente di liberalismo che era destinata a portarlo cosi lontano … Egli si reco a Napoli senza scopi di propaganda politica … Ma, c´etait plus fort que lui. I processi politici erano l´argomento unico dei discorsi. Temple, Fagan e Giacomo Lacaita, consigliere legale dell´Ambasciata britannica gli aprirono gli occhi su come stavano le cose, narrandogli storie spaventevoli sulla tiranna borbonica, sulle condizioni delle carceri, sul barbaro trattamento riservato ai prigionieri” (cfr. Acton 1962:339).

Dalle opere di Nisco veniamo a sapere come sia avvenuto l’incontro tra lui, prigioniero politico, e Gladstone nel carcere di Nisida:

„Eravamo solo da poche settimane a Nisida, quando il celebre uomo di stato che oggi governa la Gran Bretagna entrò di nascosto nel carcere in compagnia di una giovane napoletana di basso ceto sociale ma ben educata e con una grande nobilità d’animo, Pasqualina Proto, che aveva un fratello detenuto per motivi politici. Senza che le guardie avessero alcun sospetto siamo riusciti a parlare con Gladstone ” (Nisco 1884: 301f).

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20 La sua umanità diventa più chiara quando si leggono alcune righe scritte dall’amico di Gladstone, Nassau. Gladstone ed il professore di economia di Oxford avevano poche cose buone da raccontare sulle persone delle strade di Napoli (cfr. Campolieti 2001:365). Via Toledo agli occhi di Nassau era il luogo più repellente che avesse mai visitato (cfr. ibid.:368). Il popolo dei napoletani era un popolo di bambini, che non sa quello che vuole e che cambia idea ogni due giorni. Giunge alla conclusione che mai in vita sua aveva conosciuto gente più biasimevole (cfr. Acton 1962:342). Secondo lui Napoli senza i napoletani sarebbe perfetta (cfr. ibid.). Gladston era dello stesso ceto sociale di Nassau per cui condivideva questi pregiudizi (cfr. ibid.).


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Gladstone venne a Napoli per assistere ai processi alla Gran Corte Criminale contro i responsabili della rivolta nel 1848 e contro i capi 22 della loggia dell’Unità Italiana. Alcuni dei più rinomati ed eloquenti avvocati di Napoli si occuparono della difesa23 (cfr. Acton 1962: 338). Attraverso l’abilità teorica e i numerosi diplomatici tra il pubblico, che volentieri sentivano solo quello che volevano sentire, il processo agli imputati si trasformò in un processo al governo (cfr. ibid.). L’ambasciatore Temple era presente a quasi tutti i processi (cfr.Curato 1989: 125). Tra gli imputati Temple aveva la fama di protettore e così era d’abitudine farsi pervenire gesti cordiali (cfr.Acton 1962: 338). Inoltre sempre presente c’era anche il suo aiutante Fagan, amico stretto di Poerio. I diplomatici inglesi salutarono gli imputati ed avevano spesso la possibilità parlarvi (cfr.ibid.). La stampa internazionale usava il processo, per discreditare ancor più il Regno delle due Sicilie. Il 17 Luglio 1851 Gladstone invia le sue lettere a Lord Aberdeen. Le lettere furono tradotte in più lingue e diffuse in tutti gli angoli europei (cfr. Acton 1962: 348). Palmerston fece sì che tutti gli inviati inglesi avessero una copia delle lettere in modo che tutti i sovrani e le corti presso le quali erano accreditati ne sarebbero stati messi a corrente (cfr. ibid.). Nell’House of Commons Palmerston lodò l’impegno di Gladstone in modo eccessivo:

„invece di ricercare il divertimento, calandosi nei vulcani ed esplorando citta sepolte, aveva visitato le carceri, era disceso nelle segrete, aveva studiato il caso delle vittime di illegalità e ingiustizie, cercando poi di sollevare l´opinione pubblica dell´Europa.” (cfr. ibid.).

Inoltre Palmerston postulò, che la diffusione delle lettere trovava in pieno la sua approvazione e il suo sostegno, che ne condivideva le idee, e che sperava che i sovrani europei intervenissero a favore dei detenuti politici a Napoli (cfr. ibid.). Mentre Gladstone da un giorno all’altro divenne il simbolo del liberalismo ed il protettore degli italiani in esilio, il Regno delle due Sicilie divenne sempre più l’orrore terreno. Oggi sappiamo che Gladstone non aveva né visto una prigione dall’interno e né abbia mai parlato con i detenuti (cfr. Alianello 1998: 14 /21). Nel 1888

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22 I capi della Setta dell’Unita d´Italia erano Filippo Agresti, Salvatore Faucitano, Luigi Settembrini e Carlo Poerio. Dei 41 imputati tre furono condannati a morte: Settembrini, Agresti e Faucitano. Ferdinando II cambiò la sentenza e lì fece rinchiudere in un manicomio (cfr. Acton 1962:344). Acton da questa grazia trae la seguente conclusione: „L’orrore del re verso il sangue diede ai sui peggiori nemici la possibilità di agire una seconda volta con più abilità (cfr. Acton 1962:344).

23 Il processo contro i membri della loggia inizio l’ 01.06.1850 e le sentenze furono emanate l’ 01.02 1851 (cfr. Curato 1989:124). Il processo contro i ribelli del 1848 iniziò il 09.12.1851 e finì l’ 08.10.1852 (cfr. ibid.).


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Gladstone tornò a Napoli sotto gli applausi del partito liberale. In questi ambienti si congratularono per le sue “Letters to Lord Aberdeen”, che erano di grande aiuto alla rivoluzione. Gladstone confessò di averle scritte e di aver agito per conto di Lord Palmerston, perché l’occasione era favorevole dopo il suo ritorno. Ammise anche di non aver messo mai piede in carcere e di avere descritto come se lo avesse vissuto lui ciò che i Rivoluzionari avevano raccontato (cfr.Colacino u.a. 2001 / Nicoletta 2001: 29). Da Gondon veniamo anche a sapere quanto errate e artificiali fossero le lettere scritte da Gladstone:

„Ricordate sicuramente, che questa opera si basava sul „si dice“; le peggiori accuse non ressero l’inchiesta”(Gondon1856:34).

In un secondo fascicolo pubblicato Gladstone smentì numerose sue menzogne :

„Io non ho saputo niente che potesse confermare le mie ipotesi che Settembrini fosse stato torturato. Ritengo mio dovere ritirarle” (Gondon 1856:35).



VI.6)  Die Instrumentalisierung der öffentlichen Meinung


VI.6) La strumentalizzazione dell’opinione pubblica


Il movimento del Risorgimento fu segnato dall’utilizzo sistematico di false affermazioni e propaganda. Jules Gondon spiega la tattica di base dell’uso mirato di menzogne come segue:

„Per togliere la Sicilia a Re Ferdinando occorre, è naturale, far rivoltare il suo popolo e togliere popolarità al suo governo, ora che cosa disaffeziona meglio un popolo e discredita meglio un sovrano che la calunnia?” (Gondon, in Nicoletta 2001: 115).

Ferdinando II nella stampa divenne la personificazione del diavolo (cfr.Curato 1989: 73). Divenne l’oscura e malvagia presenza, il contrasto necessario per gli splendenti ed abbaglianti eroi che costituiscono il Risorgimento (cfr.ibid.). Sui giornali di Torino e Londra Ferdinando II divenne il sanguinoso Caligola (cfr.Gondon 1856: 51).


Ferdinando era nel mirino dei nostri patrioti; per loro era il peggior tiranno dell’Italia. I suoi seguaci furono chiamati selvaggi, le prigioni erano famose per le loro crudeltà. Nessuno doveva aprire bocca altrimenti gli si metteva la proverbiale museruola (Panzini 1940:260).



Immagine VIII: gli orrori dell’anno 1848 (Ferdinando II in mezzo alla rappresentazione)

Fonte: Associazione Torino Citta Capitale Europea (1998):154


Mentre l’immagine mostra Ferdinando II sempre più affamato di sangue e crudele, Carlo Poerio fu stilizzato come modello di un martire (cfr.Curato 1989:128). La campagna contro i Borbone aveva trovato nella persona di Poerio il suo emblema (cfr.ebd:131). Carlo Alianello nella sua opera „La conquista del Sud“ cita Petruccelli della Gattina per quanto riguarda Poerio:

„Poerio e un´invenzione convenzionale della stampa anglo-francese. Quando noi agitavamo l´Europa e la incitavamo contro i Borbone di Napoli avevamo bisogno di personificare la negazione di questa orrida dinastia, avevamo bisogno di presentare ogni mattina ai credenti reggitori d´una Europa libera una vittima vivente, palpitante, visibile, che quell´orco di Ferdinando divorava a ogni pasto. Inventammo allora il Poerio. Poerio era un uomo d´ingegno, una galantuomo, un barone; portava un nome illustre (…..). Ci sembrò dunque l´uomo opportuno per farne l´antitesi di Ferdinando, e il miracolo fu fatto. (cfr.Alianello 1998: 25).

Anche Gladstone onorava la vittima della giustizia borbonica, esagerando nella descrizione delle sue sofferenze e con ciò fece sembrare l’oppressore ancora più odioso (cfr.ibid.). Così l’ira dell’opinione pubblica fu incitata maggiormente (cfr.ibid.). Nel dicembre del 1853 il Times reclama che il re di Napoli si prendesse beffa di tutto il mondo:

„Al Borbone di Napoli piace insultare a turno gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna. Basterebbe una di queste potenze con due imbarcazioni24 a dimettere facilmente il re come un inserviente che spazza via una ragnatela con una scopa“ (Gondon 1856:27).

La diffusione del titolo di Re Bomba e le lettere scritte da Gladstone fanno parte di una catena di menzogne contro il Regno delle due Sicilie (cfr.Ressa 2002: 41). Dopo gli scontri per lo zolfo, l’Inghilterra, in accordo con i liberali piemontesi, passò ad utilizzare strumenti più sottili come le menzogne mirate (cfr.ibid.: 41). Tutta la vita e l’opera di Ferdinando II fu accompagnata dalla menzogna (cfr.Spagnoletti 1997: 88).



Der britische Blätterwald

Molto scalpore sulla stampa inglese

Fraser`s Magazine descrive l’influenza dell’opinione pubblica come segue:

„Public opinion, always the strongest and most terrible sanction in the affairs of private life, now bears with irresistible weight upon political affairs” (cfr.Krautheim1977: 22).

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24 Questo si avverrà più tardi. La spedizione dei mille di Garibaldi sbarcò con due navi a Marsala.


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La guerra di Crimea dimostra in modo chiaro l’influenza che può esercitare la stampa su decisioni quale la guerra o la pace (cfr. ibid.: 34). Dapprima il Times sostenne la rotta difensiva di Lord Aberdeen, che si ritrovò addosso la crescente critica – sopratutto da parte di Palmerston . Quando il Times improvvisamente smise di sostenere la politica difensiva del Primo Ministro, Lord Aberdeen dovette cedere alla pressione del pubblico e del parlamento (cfr.ibid.). Il fenomeno della „Russofobia“ mutò in azione politica (cfr.ibid.). Karl Marx in un articolo pubblicato nel 1861 dal New York Daily Tribune spiega la posizione occupata dal Times:

„Il popolo inglese partecipa al governo del suo paese leggendo The Times “ (cfr.Marx: 21.10.1861, nell’edizione del 1961).

Marx descrive il popolo inglese come totalmente all’oscuro della politica estera del loro paese, poiché tutte le questioni estere erano amministrate dall’aristocrazia e la stampa pensava al posto della gente (cfr.ibid.). Dal XIX secolo i grandi quotidiani londinesi recitavano sempre il ruolo d’avvocato per i nobili governanti della politica estera inglese (cfr.ibid.). Palmerston aveva il potere assoluto sulla gestione delle questioni nazionali dell’impero britannico e così influenzava la politica estera (cfr .ibid.). Utilizzò coscientemente la stampa perché aveva la convinzione che l’opinione pubblica potesse anche dominare perfino la volontà di sovrani autocratici (cfr. Wentker 1993: 32). La mirata strumentalizzazione della stampa si evidenzia con la seguente citazione:

„Raise public opinion against her and you double her difficulties. I am all for making a clatter against her (cfr. Palmerston an Melbourne, 10.04.1836, citato da Wentker 1993: 34).

Gondon descrive l’opinione pubblica inglese sulla questione italiana, che fu istigata dagli oratori e da parte della stampa:

„Quando si tratta dell’Italia, in Inghilterra vi è poca differenza d’opinione. L’accecamento è tale che perfino i moderati, e addirittura i cattolici, augurerebbero un intervento nel Regno delle due Sicilie e vedrebbero derubato il papa della sua potenza profana senza grandi sommosse” (Gondon 1856: 3).

 


VI.7)   Die Außenpolitik Ferdinands II : Die verteidigte Unabhängigkeit

VI.7) La politica estera di Ferdinado II: L’Indipendenza difesa

Per decenni gli impegni politici di Ferdinando IV e la docilità di Francesco I garantì l’interesse della Gran Bretagna. Ma con Ferdinando II ciò doveva cambiare. L’Inghilterra ora vedeva la necessità, di proteggere enormi proprietà finanziarie ed investimenti dei suoi sudditi in Sicilia (cfr. Del Boca 2001: 63). Dal punto di vista inglese ovviamente era più conveniente, non rinunciare agl’investimenti e alle proprietà, ma di far cadere il governo (cfr. ibid).

„Con ogni probabilità, senza interferenze straniere il regno di Napoli sarebbe stato un´oasi appagata e prospera. Ferdinando non chiedeva che di essere lasciato in pace, non domandava che di poter condurre i suoi affari nel modo da lui, napoletano, ritenuto più consigliabile” (Campolieti 2001: 343).

Dopo la presa di potere di Ferdinando II gli osservatori romani notarono che non era orientato né verso l’Inghilterra né verso la Francia e neanche verso l’Austria, ma principalmente sull’indipendenza del suo regno (cfr. Ressa tra altri 2002: 38). Con Ferdinando II terminò l’epoca della sottomissione alle potenze straniere degli interessi napoletani (cfr. Selvaggi 1996: 11). Selvaggi descrive il re come assoluto filo-napoletano (cfr. ibid.). Proprio questa tenace difesa dell’indipendenza provocò paradossalmente la caduta del Regno delle due Sicilie (cfr .ibid.).

Ferdinando visse la sua „Napoletanità“ (cfr. Campolieti 2001: 332). Il napoletano fu la sua lingua preferita. Anche in senso linguistico dava esempio dell’Indipendenza totale del suo regno (cfr. Selvaggi 1996: 11). Ferdinando II condusse una severa forma d’isolamento. La sua politica estera si basava su questo: Non farne nessuna con nessuno (cfr. Montanelli 1993: 299). Per regnare ancora di più in modo riservato avrebbe potuto circondarsi della muraglia cinese (cfr. ibid.). Durante la guerra del 1859 rimase severamente neutrale, perché le cose non lo avrebbero riguardato (cfr. ibid.). Francesco dovette promettere a suo padre Ferdinando II morente, che avrebbe continuato la politica dell’indipendenza (cfr. Del Boca 2001: 104). „Amico con tutti e nemico di nessuno“ significava, che il Regno delle due Sicilie non si sarebbe fatto mai coinvolgere in faccende al di fuori dei suoi confini (cfr. ibid.). Ferdinando II rifiutò offerte d’alleanza per la difesa, perché si sentì sicuro tra l’acqua santa e l’acqua salata 25 (cfr. ibid.). Nel profondo del suo cuore era antibritannico (cfr. Curato 1989: 41). Ferdinando II definì gli Inglesi

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25 Il termine „tra acqua santa e acqua salata“ si riferisce alla posizione geografica del Regno delle Due Sicilie; confinava solo da un lato con lo Stato Pontificio (acqua santa) e il resto era circondato dall’acqua salata.


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come baccalaiuoli (mangiatori di baccalà ) (cfr. De Biase 2002: 16). Soprattutto condannò severamente l’atteggiamento degli Inglesi durante il periodo del proconsolato di Lord Bentinck (cfr. Curato 1989:18). Thomson descrive gli effetti che ebbe l’indipendenza del Regno difesa tenacemente dalla Gran Bretagna:

„Finally, the British government was accustomed to havings ist way with Naples for many years. Faced with resitance from unexepted quarters, Palmerston reacted with anger and disbelief. It was unthinkable that an autocratic ruler of a lesser state, whose role was to cooperate or acquiesce, would presume to challenge the government of a great power” (Thomson 1989:148).

Il cambio di rotta fece apparire Ferdinando scomodo agli occhi di Palmerston (cfr. Ressa ed altri. 2002:40). L’indipendenza difesa arduamente del Regno di Napoli era in forte contrasto con la demagogica agitazione di Palmerston. (cfr. Campolieti 2001:332). Per Palmerston ogni suddito di sua maestà era un civis romanus32 e per questo poteva contare sul sostegno della flotta britannica (cfr. ibid.).

“Tanta presunzione, tanta prepotenza dovevano finire per scontrarsi con l´orgogliosa autonomia di Ferdinando di Borbone” (ibid).

Henry de Jouvenel ha creato un detto, che afferma che per l’Inghilterra libertà vuol dire il diritto d’altri popoli ad agire nell’interesse inglese (cfr. De Biase 2002:11). In questo contesto dal punto di vista britannico la “libertà “ appena definita va assolutamente ristabilita dal punto di vista britannico.

 


VI.8)   Die englische Unterstützung während der Revolution 1848

VI.8) Il sostegno inglese durante la Rivoluzione del 1848

“Nel gioco del lotto, a Napoli, la rivoluzione fa 48” (cfr. De Biase 2002:37).

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32 Her Majesty's Government has been conducted, and the sense of duty which has led us to think ourselves bound to afford protection to our fellow subjects abroad, are proper and fitting guides for those who are charged with the Government of England; and whether, as the Roman, in days of old, held himself free from indignity, when he could say Civis Romanus sum; so also a British subject, in whatever land he may be, shall feel confident that the watchful eye and the strong arm of England, will protect him against injustice and wrong. “ ( Fonte Internet XXXIV)


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La rivoluzione scoppiata il 12 gennaio 1848 in Sicilia non fu né casuale né tanto meno spontanea (cfr. fonte internet XV). Venne organizzata dalla classe dominante dell'isola formata dai grandi latifondisti che erano certi di godere della protezione della Gran Bretagna (cfr. ibid.). L’Inghilterra ebbe da sempre un forte interesse ad esercitare una forma di protettorato sull’isola e sulla sua economia grazie anche alle coltivazioni vinicole nella parte occidentale e all’estrazione dello zolfo nella parte orientale (cfr. ibid.). Durante le insurrezioni del 1848 la flotta siciliana godette della protezione inglese (cfr. Acton 1962:245). Il comandante Lyon rifornì i ribelli con armi e munizioni27 ed i capitani della flotta inglese facevano il saluto davanti alla bandiera siciliana (cfr. ibid.). Lord Minto fu mandato come intermediario in Sicilia per trattare con i rivoltosi siciliani e la Corona. In realtà fece di tutto per istigare alla guerra (cfr. fonte internet VI). Lord Minto fu mandato in Sicilia con la scusa di proteggere gli interessi e i possedimenti degli inglesi, ma divenne una sorta di consigliere segreto del governo siciliano (cfr. fonte internet XII). Selvaggi descrive il suo modus operandi come “soffiare sul fuoco”, che equivale a “versare olio sul fuoco” (cfr. ibid.). Il 16.09.1848 Lord Minto dichiarò:

“Gli inglesi hanno un chiaro e diretto interesse nel destino e nelle relazioni politiche di quella importante isola del Mediterraneo” (cfr. De Biase 2002:41).

Poco prima della riconquista della Sicilia da parte dei Borbone, gli inglesi portarono in salvo il capo del governo provvisorio Ruggero Settimo (cfr. ibid.:42).

 


VI.9)   Der Krimkrieg

 

VI.9) La guerra di Crimea


Lo zar Nicola I accettò l’eredità dei suoi predecessori e fece di tutto perché la Russia conquistasse la sovranità del Bosforo e aprisse così un nuovo passaggio sul Mediterraneo (cfr. Gugolz 1965:3). L’Inghilterra dovette impedire che ciò accadesse per due motivi. In primo luogo l’estensione da parte degli Zar oltre il Mar Nero avrebbe rafforzato ulteriormente la già grande potenza russa nell’Europa dell’Est in modo tale da minare l’equilibrio dell’Europa; in secondo

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27 Il governo siciliano ricevette dall’Inghilterra tre fregate, dozzine di cannoni, 40.000 fucili, pistole e lance per la cavalleria (cfr. De Biase 2002:43).


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luogo per una Russia con sede a Costantinopoli sarebbe stato facile ottenere il controllo sulla parte orientale del Mediterraneo e di conseguenza disturbare il commercio inglese in India e nel Levante (cfr.ibid.4). Ferdinando II nutriva una grande simpatia per lo zar Nicola I (cfr. Acton 1962:370). Curato lo descrive addirittura come russofilo (cfr. Curato 1989:134). Ferdinando II e lo zar Nicola I erano unanimi su una comune concezione del mondo, l’orgoglio di aver sopraffatto con le proprie forze le sommosse del 1848 e la forte antipatia per il Piemonte (cfr. ibid.). Il 07.08.1855, durante una seduta della Camera dei Comuni, Palmerston rimproverò severamente la neutralità partenopea durante la Guerra di Crimea:

“Il governo napoletano ha mostrato in più di un’occasione la sua ostilità verso l’Inghilterra e la Francia che, vietando l’esportazione di oggetti, non intendevano limitarne la neutralità” (Gondon 1861:11).

Durante la Guerra di Crimea, Ferdinando II vietò l’esportazione di bovini per il sostentamento dell’esercito, si rifiutò di combattere contro i pirati greci che mettevano a dura prova la vita delle navi inglesi e francesi, si rifiutò di far parte dell’alleanza anglo-francese, negò alle due potenze la possibilità di utilizzare come base il porto di Brindisi e non permise alle navi a vapore che transitavano tra Marsiglia e i Dardanelli di utilizzare Messina come stazione di rifornimento del carbone (cfr. ibid.:138). Il Regno delle Due Sicilie gli rimproverò energicamente la sua neutralità (cfr. Acton 1962:372). I rapporti con la Francia andavano via via peggiorando, specialmente quando fu vietata l’esportazione di zolfo e di 1000 bovini acquistati da un commerciante francese per l’esercito in Crimea (cfr. ibid.). La ”benevola neutralità” di Ferdinando II venne duramente condannata dalla stampa (cfr. ibid.:373). Palmerston prese la parola alla Camera dei Comuni per condannare i nuovi eccessi di violenza degli organi della polizia napoletana:

“Oltre alle persone che portano la barba e il cappello floscio, considerati distintivi di membri o di simpatizzanti dell´Unita Italiana, tutte le persone possono essere trattate come ostili al Governo e possono venire imprigionate per qualunque periodo di tempo, a discrizione della polizia, tanto nella capitale quanto nelle province. (…) In conseguenza di questo stato di cose, la gente non ha fiducia nè nel Governo, nè nelle Corti di Giustizia e la sfiducia si diffonde, ogni cittadino temendo che il suo vicino sia una spia, o per inimicizia nei suoi confronti o per desiderio di accaparrarsi il favore della polizia (cfr. Acton 1962:373f).


Il cambiamento delle preferenze del Re delle Due Sicilie è chiaro in due avvenimenti simbolici. In occasione del suo compleanno, Ferdinando II ha avuto attenzioni solo per i regali inviatigli dai russi, mentre non ha degnato di uno sguardo quelli inglesi (cfr. Del Boca 2001:64). In ricordo alla sua visita nel 1845, lo Zar inviò a Ferdinando II due gruppi di cavalli in bronzo (cfr. Acton 1962:198). Ferdinando II fece posizionare questi due gruppi di figure all’ingresso del “Giardino all´inglese” accanto al Teatro San Carlo (cfr. ibid.). Il timore che la Russia potesse godere, non solo in queste occasioni, dei privilegi del sovrano rafforzò negli inglesi la decisione di provocare la caduta del Re. Palmerston, preoccupato, spiegò il costante aumento dell’influenza russa nel Regno delle Due Sicilie come segue:

“Assistiamo alla crescita e al diffondersi dell’influsso straniero all’interno del Regno di Napoli; inutile sforzarsi di nascondere il fatto che la Russia ha un influsso dominante sul Regno e possiamo anche osservare il modo in cui questo influsso riesce a dominare terre lontane dal proprio Regno” (Gondon 1861:11).



VI.10) Die Affäre Mazza

VI.10) La faccenda Mazza


Il direttore della polizia di Napoli, Mazza, fin dall’inizio era odiato da Temple e Fagan.

Essi attesero solo la buona occasione per buttarsi su Mazza (cfr. Acton 1962:367/ Campolieti 2001:393). La tensione tra Inghilterra ed il Regno delle Due Sicilie si inasprì ulteriormente quando Mazza, nell’agosto del 1855, invitò Fagan a lasciare dalla Loggia dei direttori di teatro al teatro Del Fondo. Era vietato trattenersi lì e Fagan fu invitato ad abbandonare la Loggia (cfr. ibid.).

“Vige una norma che vieta a estranei l´ingresso nei palchi dei direttori del teatro, purché non ricorrano motivi di lavoro o servizio. Ora mi spiace, se devo invitare Mr Fagan ad allontanarsi. E la legge “ (Campolieti 2001:395).

Temple approfittò dell’occasione, per trarre profitto e scrisse: “Il direttore della polizia napoletana, Mazza, ha intimato alla popolazione di non intrattenere alcun rapporto amichevole con gli ambasciatori inglesi” (Acton 1962:374.).


Gondon descrive la strumentalizzazione di questa faccenda sulle pagine della stampa inglese.

“Certi giornali sempre pronti a ingigantire i malintesi che possono sorgere con il governo italiano, hanno raccontato che il signor De Fagan, uno degli attacchè più eccellenti dell’ambasciata inglese a Napoli, è stato offeso dal ministro della polizia nel teatro Del Fondo“ (Gondon 1861:21).

Se Mazza non sarà sollevato dall’incarico, non ci si può aspettare nessun miglioramento delle condizioni interne del Paese e la delegazione inglese non potrà mai essere sicura che un caso simile non si ripeterà più (cfr. ibid.). Palmerston riportò ovviamente l’episodio in Parlamento (cfr. Camopolieti 2001:394). In Inghilterra gli animi furono ulteriormente infiammati dalla stampa. Il Times richiese una spedizione punitiva nei confronti di Napoli. Il commodoro Perry paragonò Ferdinando II a Shogun ed è impensabile dover sopportare a poche miglia da Malta un “altro giapponese” (cfr. Acton 1962:376). L’ambasciata austriaca informò Ferdinando II che la flotta inglese era pronta a procedere contro Napoli (cfr. ibid.). Dinnanzi a questo sfondo Mazza dovette dimettersi. In questa occasione la stampa inglese aveva scaldato gli animi a tal punto che alcuni giornali chiesero a gran voce il bombardamento di Napoli (cfr. Gondon 1861:21). Il Times rimandò a un episodio francese:

“Ancora oggi la Francia controlla l’Algeria come risarcimento per l’offesa a un agente consolare, che non fu certo più sanguinosa di quella che, più recentemente, un impiegato inglese ha subito da un comune poliziotto. [...] Anche se non vi fossero altri moventi, sarebbe sicuramente opportuno che le due grandi nazioni mondiali, con un semplice sforzo di volontà, ponessero fine a tanti terribili mali con cui questo monarca semipazzo e la sua polizia sopprimono migliaia, per non dire milioni, di nostri simili. Sarebbe un grave danno, se gli incrociatori inglesi e francesi, quando navigano per il Mediterraneo entrassero nella baia, si trattenessero un paio d’ore e mettessero a posto le cose?“ (Gondon 1861:21).

Dopo il forzato ritiro di Mazza, i numerosi membri della Loggia oppressi e costretti all’inattività trovarono nuova energia per portare a termine la loro cospirazione (cfr. Acton 1962:402).

 


VI.11   Das Attentat auf König Ferdinand

VI.11 L’attentato a Re Ferdinando II


L’08.12.1856 Agesilao Milano compì un attentato ai danni del re Ferdinando II. Il re fu ferito leggermente da una pugnalata con una baionetta (cfr. Acton 1962:404). Milano era soldato e colse l’occasione di una parata, per mettere in atto il suo piano. Dato che nel ‘49 le fedeli truppe svizzere pensarono a un’insurrezione da parte dei soldati napoletani, il comandante degli svizzeri volle impartire l’ordine di sparo (cfr. ibid.).Solo un ordine personale di Ferdinando II evitò che ciò accadesse (cfr. ibid.). La stampa torinese e inglese dichiarò Milano martire (cfr. ibid.:405). Il corrispondente del Times aiutò amici e complici di Milano nella fuga (cfr. ibid.:407). Anche in questa occasione – come il molte altre – il Re volle trasformare una condanna a morte in ergastolo. Il generale Nunziante, però, si oppose vivamente alla sospensione della condanna a morte. Il motivo alla base di questo comportamento non era assolutamente l’amore verso il proprio re:

Il più accanito sostenitore della pena capitale fu il generale massone Alessandro Nunziante, aiutante di campo di Ferdinando II. Il motivo di tanto accanimento sembra sia stato quello di far chiudere per sempre la bocca del regicida, per paura che questi potesse fare delle compromettenti rivelazioni”(fonte internet XVIII).

Il generale Alessandro Nunziante e altri cospiratori dell’entourage del Re erano gli organizzatori dell’attentato (cfr. Campolieti 2001:398). Il tentato attentato era il frutto di una dispendiosa azione internazionale per eliminare Ferdinando II (cfr. ibid.). Il tentato attentato evidenzia che parti delle massime autorità del Regno delle Due Sicilie erano ormai infiltrate. A Napoli, il 17 dicembre 1856, esplose una polveriera e stessa sorte toccò il 04 gennaio 1857 al piroscafo a vapore Carlo Terzo che, carico di munizioni e armi, era sulla rotta della Sicilia (cfr. Acton 1962.:407). Tutti questi eventi portarono Ferdinando II a perdere fiducia nel suo esercito.

 


VI.12) Pariser Kongreß

VI.12) Congresso di Parigi


Visto l’atteggiamento amichevole tra Russia e Ferdinando II durante la guerra di Crimea, il malgoverno a Napoli fu discusso al congresso di Parigi. Attraverso l’invio di contingenti di truppe piemontesi durante la guerra di Crimea Cavour era riuscito a sottoporre la questione
italiana all’attenzione internazionale. Sia il ministro degli esteri francesi Walewski che Lord Clarendon si espressero decisamente contrari al malgoverno nello Stato della Chiesa e nel Regno delle Due Sicilie (cfr. Acton 1962:377). Riguardo al Regno delle Due Sicilie, Clarendon, assicurò prima la sua avversione ad immischiarsi nelle questioni interne di Paesi Terzi (cfr.: Pelliciari 2000:173). Poi, tuttavia, ammise che in considerazione di un tale miserabile Stato era un obbligo, per gli stati civilizzati, portare all’orecchio del Re di questo Stato la voce della giustizia e dell’umanità (cfr. ibid.). Clarendon disse che l’Inghilterra doveva rinunciare al principio di non interferenza nella faccenda poiché la situazione del Regno delle Due Sicilie rappresenta una minaccia per la pace d’Italia (cfr. Acton 1962: 377). Clarendon minacciò forti conseguenze, se Ferdinando II non avesse ordinato l’amnistia e l’apertura delle carceri (cfr. ibid.). Le accuse di Clarendon contro le autorità pontificie e il Regno delle Due Sicilie erano talmente taglienti e veementi che Cavour scrisse a Emanuele D´Azeglio le seguenti righe :

“Posso assicurarvi che sarebbe stato impossibile ad un uomo di stato italiano formulare contro il governo romano un atto d´accusa piu energico e piu vero” (Pelliciari 2000:172).

Secondo le parole di Clarendon l’autorità pontificia era il peggiore governo del mondo e una vergogna per l’Europa (cfr. ibid.). Senza un rappresentante al Congresso i governi pontificio e napoletano vennero veemente attaccati. Non appena Temple e Brenier, gli ambasciatori d’Inghilterra e Francia, presentarono i loro dispacci con le richieste di una estesa amnistia, l’ambasciatore Carafa disse loro che il Re Ferdinando II non tollerava nessuna intrusione da parte di potenze straniere nelle sue questioni di governo. Di conseguenza, il 21.10.1856 Inghilterra e Francia ruppero i rapporti diplomatici col Regno delle Due Sicilie.

 


VI.13)  Die Cagliari-Affäre

VI.13) L’affare Cagliari


Nel 1857 si verificò un nuovo incidente in cui i contrasti tra Inghilterra e Regno delle Due Sicilie entrarono in collisione. Il piroscafo a vapore Cagliari, in viaggio tra Genova e la Sardegna fu occupato da Carlo Pisacane
28 e i suoi uomini. Il capitano fu costretto a far rotta verso l’isola di

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28 La poesia “spigolatrice di Sapri” è nota ad ogni scolaro italiano: “Erano trecento, eran giovani e forti, E sono morti! L’attracco di Pisacane e dei suoi uomini a Sapri fallì miseramente. La popolazione locale massacrò i “liberatori” sbarcati.


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Ponza29 e ad attraccare nel Golfo di Policastro (cfr. Acton 1962:413). Dopo che Pisacane attraccò con lo scopo di fomentare un’insurrezione, il piroscafo a vapore venne catturato da navi da guerra napoletane e l’equipaggio, di cui facevano parte anche due macchinisti inglesi, venne imprigionato. Immediatamente l’Inghilterra si adoperò per il rilascio dei prigionieri Park e Watt dato che si erano trovati inconsapevolmente invischiati nella faccenda (cfr.ibid.418). I due erano in possesso di alcune lettere di una certa Jessie White che soggiornava in Italia come corrispondente del Daily News ed era una fervida sostenitrice di tutti quelli che contestavano il “Re Bomba” (cfr. Acton 1962:411). Ancor prima della partenza di Pisacane, il 25.06.1857, essa aveva tentato di convincere Garibaldi a partecipare. Ma Garibaldi rifiutò in quanto sicuro che, senza una precedente destabilizzazione della causa, la cosa sarebbe naufragata (cfr. ibid.). Garibaldi sostenne la propria tesi nel seguente modo:

„Io non diro agl´Italiani: “Sorgete!” per far ridere la canaglia.” (cfr. Acton 1962:411). (Non dico agli italiani: ribellatevi! Per far ridere la canaglia).

Lo stretto rapporto tra Jessie White e Pisacane risulta dal fatto che prima della partenza le abbia affidato la moglie Enrichetta Di Lorenzo (cfr. ibid.:412). Il contenuto di una delle due lettere trovate nel bagaglio dei due inglesi viene riportato da De Biase:

“Nostro scopo e di liberare i nostri fratelli dalle prigioni di Re Bomba, perciò aiutandoci farete una buona azione, approvata dall´Italia e dall´Inghilterra“(De Biase 2002:31).

Gli inglesi e i piemontesi insistettero sulla restituzione dei prigionieri e della nave presa come bottino di guerra. La questione fu discussa più volte dal parlamento inglese anche se all’ordine del giorno c’era la legittimità della condotta del Regno delle Due Sicilie (cfr. Ley 1935: 60). Nel febbraio del 1858 il Ministro degli Interni, Sir George Grey, portò nella Camera dei Lord una nota di protesta degli abitanti del suo distretto (cfr. ibid.:61). Si trattava di una decisa condanna dell’arresto di Park e Watt in quanto rappresentava un’offesa all’intera nazione britannica (cfr. ibid.). Sotto forti pressioni, furono rilasciati i prigionieri e la nave fu restituita.

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29 A Ponza liberarono 323 prigionieri dalle prigioni


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Il miserabile fallimento dello sbarco di Pisacane dimostrò che, senza una efficace destabilizzazione del Regno delle Due Sicilie, non ci sarebbero state possibilità di vittoria. Questa destabilizzazione sarebbe dovuta giungere attraverso la sistematica corruzione di civili e di vertici militari della nazione.




VI.14   Weitere Streitpunkte

VI.14) Ulteriori punti controversi


La richiesta della comunità inglese a Napoli di poter costruire una cappella anglicana fu, per decenni, continuo oggetto di discordia tra Governo del Regno delle Due Sicilie e Inghilterra (cfr. De Biase 2002:18). Sullo sfondo della consolidata fede cattolica il Governo non acconsentì. La continua richiesta per il permesso di costruzione si scontrava costantemente con il rifiuto di Ludolf, ambasciatore napoletano a Londra (cfr. Curato 1989:41). In questo punto il Regno delle Due Sicilie si rivelò essere proverbialmente molto più pontificale del Papa, dato che questi a Roma aveva concesso il permesso (cfr. ibid.).

Nel 1852 scoppiò un’altra lite tra le due parti. La polizia napoletana ordinò la chiusura di una scuola protestante (cfr. De Biase 1992:20). Lo stretto contatto del Regno con lo Stato della Chiesa si rifletteva naturalmente anche sull’istruzione (cfr. ibid.). In numerose lettere, la comunità inglese di Napoli lamenta il fatto che i bambini siano costretti a frequentare scuole cattoliche. In queste scuole “i bambini di un americano sono diventati cattolici dall’oggi al domani “ (cfr. ibid.).


 

VI.15)   Der letzte große Religionskrieg

VI.15) L’ultima grande guerra religiosa


Il Regno delle Due Sicilie era rigorosamente cattolico e grande sostenitore del Papa (cfr. Del Boca 2001:62). Pio IX e Leone XIII erano convinti che il Risorgimento descritto in modo così positivo non fosse altro che un tentativo da parte dei frammassoni di estirpare la religione di Gesù Cristo (cfr. Pelliciari 2000:11). Angela Pellicciari sostiene la tesi che l’attacco alla Chiesa cattolica da parte del casato dei Savoia e dei frammassoni durante il Risorgimento rappresenti l’ultima di una lunga serie di guerre religiose (cfr.). La guerra religiosa fu provocata per far cessare il dominio della Chiesa cattolica e per impossessarsi dei possedimenti della Chiesa (cfr. ibid.).


Immagine IX: Il profondo cattolicesimo di Ferdinando II

Fonte: Spellanzon (1960):753



Nella prefazione dell’opera “Lage der Dinge in Italien” (Stato delle cose in Italia) di Jules Gondon si legge:

“Nel momento in cui il mondo politico è così impegnato con la questione italiana consegniamo al pubblico tedesco un libro in cui i fatti più innegabili e rilevanti vengono contrapposti alle declamazioni infondate e vaghe con cui si cerca di istigare l’opinione pubblica contro il Papa, il Re di Napoli e i restanti governi conservatori italiani. Menzioniamo per primo il Papa, poiché rappresenta la potenza laica il cui crollo è il vero obiettivo dell’Inghilterra protestante e delle sette rivoluzionarie da essa protette” (Gondon 1856:III).

Il sostegno internazionale all’unificazione italiana, che non consisteva in una carte blanch per il casato dei Savoia, ma anche in numerosi pagamenti, deve essere visto in funzione dello scopo principale dei frammassoni: la lotta contro lo Stato della Chiesa e la convinzione che la fine della potenza laica avrebbe portato anche alla fine della potenza intellettuale (cfr. Fonte internet XVI). Il Bollettino avvalla questo dato nell’edizione dell’aprile 1865:

“Le nazioni riconoscono all’Italia il diritto all’esistenza, poiché le hanno affidato l'importante compito della liberazione d’Italia dal giogo cattolico di Roma“ (cfr. ibid.).

Secondo Pellicciari l’ideologia della frammassoneria è la chiave per la comprensione degli ultimi duecento anni della storia italiana. Per realizzare il suo programma era destinata a rompere la resistenza dei cattolici. Come è stato possibile che non tutto il mondo cattolico, che da secoli lo proteggeva dal predominio di qualsiasi potenza laica, intervenisse in soccorso del Papa? Per ridurre al minimo questo pericolo, la frammassoneria esercitò per anni una campagna diffamatoria in cui descrive lo Stato della Chiesa come Stato più sanguinario, più arretrato e peggio amministrato del mondo. Gladstone descrisse le condizioni all’interno dello Stato della Chiesa come segue:

„La pedanteria incredula fa nido nello Stato Romano; l´assassino e la vendetta proditoria sono una consuetudine, la rapina ed il furto una professione, il contrabbando una industria, la bestemmia una eleganza del discorso” […] (cfr. Cardol 1996:264).


La frammassoneria dipinse lo Stato della Chiesa con toni pesantissimi. “La liberazione dell’Italia fu incoraggiata in ogni fase decisiva dalla frammassoneria internazionale.” Questa citazione è del gran maestro Armando Corona che dichiarò che la frammassoneria è il vero motore e la vera forza motrice del Risorgimento (cfr. Fonte internet XVII). Camillo Cavour viene descritto come la mente dei frammassoni. Il 19.02 1864 il Journal de Bruxelles scrisse:

“Solo nel 1848, in seguito ai subbugli dei rivoluzionari che sconvolsero l’Italia, le logge furono per breve tempo visibili ma, nel momento in cui fu ristabilito l’ordine, esse scomparvero nuovamente fatta eccezione per il Piemonte dove godevano della protezione del presidente del consiglio dei ministri cioè di Camillo Cavour che divenne così capo massone “(cfr. Fonte internet XIX).


 


VI.16)  Die Destabilisierung des Heeres

VI.16) La destabilizzazione dell’esercito


La colonna portante dell’esercito delle Due Sicilie furono i quattro reggimenti svizzeri. Questi mercenari godettero di molto rispetto dato che si erano già distinti più volte per fedeltà
30 e avevano dimostrato il loro valore31. Questa fedeltà era il motivo per cui i cospiratori miravano a lasciare il servizio (cfr. Acton 1962:458). Il 7 luglio 1859 ci fu una rivolta di queste truppe che venne soppressa dagli svizzeri leali rimasti. Complessivamente nelle tasche di molti rivoltosi furono trovati 100.000 franchi in oro (cfr. Del Boca 2001.:66). Il generale Nunziante ordinò che i mercenari fossero immediatamente allontanati dalle cariche. La sua motivazione divenne chiara dopo il fallito attentato a Ferdinando II. Non solo i rivoltosi ma anche gli svizzeri dovevano essere esonerati dalle cariche. Le truppe svizzere abbandonarono la città. L’ambasciatore del Piemonte a Napoli, Gropello, scrisse a Cavour:

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30 Nel presente lavoro si evidenzia la fedeltà degli svizzeri in un capitolo riguardante l’attentato al re Ferdinando II.

31 Già Tacito descrisse gli “elvetici come un popolo di guerrieri i cui soldati sono famosi per la loro abilità nell’arte della guerra”


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“Credo che, a lungo andare, questo avvenimento avrà conseguenze importanti. Senza svizzeri che erano ammirevolmente disciplinati e diretti, l´esercito napoletano resta in condizioni disastrose, privo di spirito marziale e di guida intelligente” (Del Boca 2001:67).

 


VI.17)  Das Attentat auf Maniscalco

V.17 L’attentato a Maniscalco
 

“Con lo scopo di eliminare il maggior ostacolo che si opponesse alle loro iniziative, i cospiratori decisero d´assoldare un sicario” (cfr. Acton 1962:477).

Il 27 novembre 1859 fu commesso un attentato ai danni del direttore della polizia di Palermo, Salvatore Maniscalco (cfr. Del Boca 2001:67). Maniscalco sopravvisse all’attentato, ma per un certo periodo di tempo non poté svolgere il suo servizio. L’attentatore Vito Farina faceva parte della mafia. Lo storico Tommaso Mirabella sostiene la tesi che questo attentato fosse il frutto della connessione tra la delinquenza organizzata e l’Inghilterra (cfr. ibid.). Per preparare l’arrivo di Garibaldi in Sicilia doveva essere messo fuori gioco l’uomo più efficiente dell’apparato poliziesco borbonico. Maniscalco era rimasto talmente fedele alla Corona che il Re si prestò ad essere il padrino del figlio (cfr. Fonte internet XX). Fino al momento dell’attentato Mansicalco teneva la Sicilia sotto controllo (cfr. Spellanzon 1960:849).

 


VI.18)    Die systematische Korrumpierung der Spitzen des Königreiches beider Sizilien

V.18) La corruzione sistematica dei vertici del Regno delle Due Sicilie
 

“A scuola ci hanno sempre insegnato delle balle. Anche a mio figlio hanno raccontato la favoletta dei Mille, che condotti dal grande Garibaldi hanno conquistato il Regno delle Due Sicilie sconfiggendo un esercito di 40.000 uomini. È evidente ad ogni persona di buon senso che si tratta di una bugia grande come una casa” (Fonte internet XXI).

La vittoria dei “Mille” sulle truppe borboniche è stata possibile solo grazie a una sistematica corruzione (cfr. Del Boca 2001:61). Dopo la promessa di essere assunti con pari grado di servizio in un nuovo esercito italiano, sia i capitani delle navi sia i comandanti delle forze terrestri si vendettero al nemico. Circa 2300 ufficiali borbonici furono integrati nell’esercito italiano (cfr.idib:61). Gli enormi denari delle corruzioni sono stati raccolti dalle Logge dei frammassoni in Inghilterra, negli Stai Uniti e in Canada (cfr. ibid.:62). I denari furono cambiati in piastre turche. La piastra turca era una sorta di “Euro del Mediterraneo del IXX secolo” in quanto veniva utilizzato per i pagamenti commerciali (cfr. ibid.).

Guilio di Vita ha dimostrato che si trattava di importi nell'ordine di 29 Miliardi di vecchie Lire (cfr. ibid.).

“L’esercito borbonico si sciolse come neve al sole di fronte a quella sorta di Taricone di nome Giuseppe Garibaldi grazie ai soldi degli inglesi, che foraggiarono l’impresa garibaldina con una cifra che oggi ammonterebbe a 56 miliardi di lire. I vertici militari dell’esercito borbonico erano stati sistematicamente corrotti, perciò lasciarono campo libero al grande eroe, che poté entrare a Napoli da trionfatore”(cfr. fonte internet XXI).

In una lettera del 29.09.1860 indirizzata al nipote Emanuele Massino D’Azeglio scrisse:

“Quando si vede un regno di sei milioni ed un’armata di 100mila uomini, vinte colla perdita di 8 morti e 18 storpiati, chi vuol capire, capisca" (fonte internet XXII).

La corruzione sistematica che ha reso possibile il successo dell’operazione di Garibaldi è chiaramente dimostrata. Nel diario di Persano in una lettera indirizzata a Cavour nell’agosto 1860 si legge:

“Ho dovuto, Eccellenza (…) somministrare altro denaro. Ventimila ducati al Devincenzi, duemila al console Fasciotti (…)” (cfr. Pelliciari 2000:232).

Persano descrive inoltre che Cavour lo avesse autorizzato a promettere gradi di servizio nell’esercito italiano a coloro (gli ufficiali borbonici) che avessero incoraggiato un comportamento della flotta borbonica a favore della causa italiana (cfr. ibid.:233).

In casi particolari gli avrebbe anche dato il consenso a investire certe somme. Cavour fece tutto il possibile per incoraggiare il tradimento nelle file dei Borboni (cfr. ibid.). In un’altra lettera a Cavour, Persano riferisce del successo dei suoi intrighi:

“Possiamo ormai far conto sulla maggior parte dell´officialita della regia marina napoletana “ (cfr. ibid.).


Il risultato di questa corruzione sistematica in larga parte delle zone nevralgiche dei Borbone era il miracolo che Ippolito Nievo menziona in una lettera all’amico Bice:

“Che miracolo! Ti giuro, Bice! Noi l´abbiamo veduto e ancora esitiamo quasi a credere” (cfr.ibid.234).

Nel 1862 un ufficiale borbonico annota sul suo diario:

“I napoletani si sono ritirati davanti a Garibaldi non per magia ma per l´oro” (cfr. Del Boca 2003:171).

Di Re Filippo di Macedonia è la frase che non esiste fortezza tanto alta da non essere superata da un asino carico d’oro. Le ”mura” con cui Ferdinando II voleva circondare il suo regno non erano certamente alte abbastanza.

 

VII:     Schlußbetrachtung:

VII: Considerazioni finali:
 

In corso d’opera si è evidenziato che la caduta del Regno delle Due Sicilie è stato sistematicamente pianificato. Di nascosto sono stati fatti i preparativi necessari per poi attendere il momento opportuno.

“Politicamente, tutto era pronto. Bisognava, ora, solo trovare la strada per impossessarsi di Napoli: la Sicilia era la via d´accesso a Napoli e la Sicilia era sempre in fermento, come una pentola sotto la quale la fiamma e tenuto sempre accesa al fine di mantenere una lieve ma costante ebollizione perché, al momento opportuno, basti un minimo tocco per aumentarne all´improvviso il bollore necessario a scoperchiarla” (De Biase 2002:73).

In occasione di una visita a Londra nel 1861, Garibaldi ringraziò il governo Palmerston in pubblico:

“Senza il vostro aiuto non avremmo deposto il Borbone … anzi io non sarei neppure riuscito a passare lo stretto di Messina” (cfr. Nicoletta 2001:33).


A Napoli Garibaldi aveva già dimostrato la sua gratitudine dando subito, dopo il suo ingresso a Napoli, il consenso alla costruzione della cappella anglicana mai concesso precedentemente dai Borbone (cfr. Di Biase 2002.19). Nella miriade di motivazioni per l'intervento britannico che ha portato alla caduta del Regno delle Due Sicilie si uniscono diversi elementi di tutti e quattro i tipi di intervento descritti da Osterhammel. Nel presente caso storico sono ben evidenti le instabilità dovute a manipolazioni e caratteristiche per interventi allo scopo dell’occupazione. Se il titolo di “maestro” in questa disciplina, concesso da Osterhammel agli inglesi, necessita di una conferma storica, il comportamento britannico nei confronti del Regno delle Due Sicilie ne è un ottimo esempio. Lo spettro delle tecniche di destabilizzazione usate va dagli intrighi basati sulla corruzione fino agli attentati mirati. La particolarità del presente caso è che non è seguito nessun “imperial take-over” bensì l’“insediamento” di un governo amico. Come causa per un intervento allo scopo di occupazione Osterhammel menzionò, tra l’altro, il venir meno di consolidati rapporti di coalizione che, in modo più economico, hanno garantito gli interessi di sicurezza ed economici che non un colonialismo formale. La politica di decisa indipendenza (dalla Gran Bretagna) attuata da Ferdinando II portò al venir meno di consolidate coalizioni. In particolare, la questione dello zolfo evidenzia che gli interessi economici britannici sono stati fortemente disturbati. La guerra innescatasi quasi a causa dello zolfo mostra come l’imperialismo britannico in senso di accordi commerciali si è esteso verso una forma di limitato intervento militare (cfr. Thomson 1989:147). Sullo sfondo della strategica posizione geopolitica del Regno delle Due Sicilie l’appoggio, in politica estera, di Ferdinando II alla Russia minacciava inoltre la sicurezza britannica. L’occultamento dei veri motivi di un intervento tipico per il “reluctant imperialists” britannico è altrettanto evidente. La stampa non ha perso occasione per diffondere la paura del regime di terrore di Ferdinando II. A causa della marea di notizie negative in Inghilterra svanì sempre più il rifiuto di un intervento. Provocazioni simboliche da parte francese, come quella del colpo con il manico di un flabello, la stampa britannica le ha inventate di sana pianta. L’affare Fagan e Mazza lo dimostra. Accanto alla sovrapposizione con caratteristiche dell’intervento allo scopo dell’occupazione vi sono chiari punti di contatto con il tipo di intervento Bick-Stick. Il modello di motivazione più frequente è la salvaguardia dei beni dei cittadini nonché la garanzia della loro libera attività economica e si evidenzia sia nell’affare dello zolfo che, in generale, nel comportamento britannico rispetto la Sicilia. Il sostegno all’unificazione italiana da parte della Gran Bretagna servì ad assicurare loro gli interessi sia commerciali che di sicurezza. Questo doveva esser ottenuto indirettamente attraverso un nuovo governo italiano amico.

Viene chiaramente alla luce l’eliminazione di autorità statali ostili e l’insediamento di regimi collaborazionisti descritti da Osterhammel. Osservando l’accaduto della caduta cospirativa del presidente del consiglio dei ministri del fronte nazionale iraniano Muhammed Mussadiq preparata nel 1953 da parte di Gran Bretagna e degli USA si evidenziano “spaventose somiglianze” con il tipo di intervento Big-Stick. Se Mussadiq ha statalizzato la Anglo-Iranian Oil Company, precursore della British Petroleum (BP), e di conseguenza ha fortemente danneggiato gli interessi economici della Gran Bretagna, Ferdinando II avrebbe dato “l’olio del IXX secolo” in mano a un industria francese. Così come per l’intervento a causa dell’olio, anche per l’intervento dello zolfo si evidenzia lo stesso modus operandi. Tutti gli insediamenti di alleati affidabili avvenuti dopo un intervento nascosto salvaguardava gli interessi economici. Se si considera la caduta del Regno delle Due Sicilie come un presupposto per l’unificazione dello stato nazionale italiano, allora si può interpretare l’appoggio britannico come un intervento secessionista a favore di movimenti indipendentisti nazionali. Più difficile dovrebbe essere riconoscere nel Regno delle Due Sicilie il popolo italiano che voleva evadere dalla “prigione popolare borbonica”. Per quanto riguarda l’importanza dell’opinione pubblica si evidenziano, però, molte somiglianze con la lotta per la libertà greca. Così come l’agitazione filo-ellenica ha creato nel pubblico europeo una forte spinta a favore di un intervento, anche la propaganda psicologica antiborbonica / antipapale non tardò a mostrare la corda. Se i dipinti come “Il Massacro di Chois” di Eugene Delacroix avevano uno sfondo di verità, così le lettere di Gladstone si basavano esclusivamente su dicerie. Nel loro effetto, tuttavia, si assomigliarono. Da osservare con occhio critico è il tipo di intervento umanitario sensu strictu. Durante l’agitazione britannica e piemontese si osservano, soprattutto nel “grido di dolore” di Vittorio Emanuele chiari segnali di un tentativo di catalogazione umanitaria dell’intervento. Durante il discorso di apertura del Parlamento del 10.01.1859 Vittorio Emanuele annunciò:

“Non rimaniamo indifferenti davanti al grido di dolore che si leva da molte parti d’Italia” (cfr. fonte internet XXIII).

L’intenzione di proteggere la popolazione borbonica dal proprio governo criminale mostra in questo caso chiaramente che interventi umanitari spesso sono solo tipi di altri interventi “che hanno mangiato di gesso”33. Aceto rivela un sguardo dietro le quinte dei motivi britannici in riferimenti alla Sicilia:

“La Grande Bretagne n´occupa donc la Sicile dans aucun but d´avantage ou de bienêtre pour le peuple sicilien, mais uniquement dans l´intérêt da sa politique, dans la seule vue d´en faire une position militaire, pour protéger la liberté de l´Europe, et tenter de soustraire l´Italie a la domination francaise” (Aceto 1827 :163).

Per quanto i motivi del comportamento britannico nella costituzione della Stato italiano siano a più livelli, rispecchiano comunque come modello comportamentale il contrasto franco-britannico.

In una lettera del 10.01.1861 di Palmerston alla regina Vittoria divengono evidenti i motivi che hanno indotto il consenso all’unificazione dell’Italia:

“Con riferimento all’Italia Sua Maestà ricorda il Visconte Palmerston che la scorsa estate ha dichiarato che, per gli interessi inglesi, fosse meglio che l’Italia meridionale sia una monarchia autonoma che non essere parte di un’Italia unita. Il Visconte Palmerston è ancor oggi di questo parere in quanto, in caso di una guerra tra Inghilterra e Francia, un Regno delle Due Sicilie staccato prenderà con maggiore probabilità, almeno con la sua neutralità, le parti della più potente forza navale e si spera che tale potenza sia l’Inghilterra. In tal caso, però, sarebbe necessario che le Due Sicilie come Stato indipendente e staccato fossero governate bene e avessero un sovrano illuminato. Questo, purtroppo, sotto la dinastia borbonica è diventato impensabile e impossibile e nessun inglese può desiderare di vedere un Murat o un principe Napoleone sul trono di Napoli” (Ley 1935: 130).

Una volta, alla domanda di una dama sul significato della parola “non-intervento” Talleyrand rispose:

„Madame, non-intervention est un mot diplomatique et énigmatique qui signifie a peu près la même chose qu´intervention “ (vgl. Neuhold 1984:33).

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33 Allusione a una favola dei fratelli Grimm, nella quale un lupo mangia del gesso per camuffare la sua voce ed entrare nella casa delle sette capretti per mangiarli.


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Questo diventa particolarmente evidente nell’ampliamento della strumentazione di intervento che i britannici hanno impiegato durante un periodo in cui ufficialmente sventolavano la bandiera del non-interventismo. Durante la guerra di Crimea Ferdinando II impedì l’accesso delle navi britanniche al porto di Brindisi (cfr. capitolo VI.9). Dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie e l’apertura del canale di Suez, Brindisi divenne il porto di imbarco della leggendaria Valigia delle Indie. La compagnia navale Penisular and Oriental Steam Navigation Company garantì attraverso il porto di Brindisi il collegamento con Bombay. A Brindisi vennero caricati a bordo la posta, merci di ogni genere e anche i passeggeri che, con il treno diretto venivano da Londra (44 ore di viaggio), e trasportati a Port Said, Bombay e Calcutta (cfr. fonte internet XXIV). Anche questo episodio evidenzia l’importanza che l’odierna Italia meridionale aveva a quei tempi.

 

 

Immagine X: L’imbarco a Brindisi

Fonte: fonte internet XXIII


Immagine XI: La rotta da Londra a Bombay via Brindisi

Fonte: fonte internet XXIII

Se, come “estraneo”, ci si occupa con l’epoca del Risorgimento, si finisce inesorabilmente in un vortice tra la Scilla degli apologisti del mito dogmatico del Risorgimento e la Cariddi del revisionismo in parte nostalgicamente trasfigurato. Riguardo la storia degli Stati italiani prima dell’unificazione e del Risorgimento sembra avverarsi, senza essere risucchiato dalle due correnti, la seguente affermazione di Fernand Braudel:

“La discussione non è mai terminata e non esiste libro che non possa essere riscritto ex novo” (cfr. fonte internet I).

In riferimento a Alfred North Whitehead sarebbe un passo avanti nella discussione storica se una collisone di due teorie non sarebbe vista come una catastrofe, bensì come una occasione propizia.

 

 

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VIII) Bibliografia

VIII.1) Fonte internet:

Le seguenti fonti internet sono state controllate l’ultima volta il 05.03.2004.

fonte internet I: Chiappisi, Filippo: Tra storia e mito, https://www.adsic.it/storia/Tra_storia_e_mito.htm

fonte internet II: Agnoli, Francesco Maria: Dal Meeting di Rimini parte appello a storici per revisione Risorgimento,

https://grandeoriente.it/Rastampa/2000/08ADNkronosrisorgi.htm.

fonte internet III: Blondet, Maurizio: Signori storici, studiate i documenti, https://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/001011.htm.

fonte internet IV: Blondet, Maurizio: Vietato fare storia, https://www.kattoliko.it/

fonte internet V: Nicoletta, Antonio: Damnatio Memoriae, https://www.adsic.it/economiasociet%C3%A0/Damnatio_Memoriae.htm.

fonte internet VI: L´antico confine borbonico,

https://www.legambientecastelliri.it/curiosita/cippi.asp.

fonte internet VII: Pellicciari, Angela: Tra Francia e Inghilterra la partita di Sicilia

Le due superpotenze dell’Ottocento trovarono nel Piemonte un alleato per le loro strategie,

https://www.stellina.net/users/padani/risorg50.htm.

fonte internet VIII: Angela Pellicciari: Mille e non più mille,

https://www.kattoliko.it/

fonte internet IX: Arturo Faraone: L´isola che non c´e e il diritto del mare. Dispute passate e future? Sulla Ferdinandea, .

https://www.friulanidimarina.org/pagine/ferdinandea.htm.

fonte internet X: L´exploration de Ile Julia par Constant Prevost, le 27,28, et 29 septembre 1831, https://www.educeth.ch/stromboli/others/ferdinandea/ferdinandea02-en.html.

fonte internet XI: Ferdinandea,

https://www.newton.rcs.it/PrimoPiano/News/2003/02_Febbraio/17/Ferdinand.shtml.

fonte internet XII: Domenico Macaluso: Ferdinandea alla Biennale del Mare,

https://www.divermac.it/id10.htm.

fonte internet XIII: Times: In Sicilia riemerge un´isola britannica,

https://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/art/2000/02/05/508740

fonte internet XIV: Carusi, https://www.irsap-agrigentum.it/miniera4.htm.

fonte internet XV: Selvaggi, Roberto Maria: L´Inghilterra dietro le quinte sobbilo la rivolta in Siclia, https://www.adsic.it/storia/elenco_storia.asp.

fonte internet XVI: Pellicciari, Angela: La testa della rivolta? A Londra Il quartier generale della lotta contro la Chiesa non era nella Francia post-rivoluzionaria,

https://www.stellina.net/users/padani/risorg50.htm.

fonte internet XVII: Pellicciari, Angela: Un’altra storia: Una guerra a colpi di scomuniche.

Un capitolo poco noto del risorgimento: i rapporti tra Chiesa e Massoneria,

https://www.stellina.net/users/padani/risorg03.htm.

fonte internet XVIII: Pagano, Antiono: Chi era veramente l´avventuriero dei due mondi?

(dal Periodico Duesicilie 09/1998) - https://www.adsic.it/storia/giuseppe_garibaldi.htm

fonte internet XIX: Pellicciari, Angela: La vera storia del Risorgimento

https://www.stellina.net/users/padani/risorg21.htm

fonte internet XX: Il Museo del Risorgimento della Società Siciliana per la Storia Patria di Palermo, Un laboratorio di storia ed arte, Piccola guida on line a cura di Pietro Gulotta,

https://www.storiapatria.it/Perc_Scol_Museo.htm.

fonte internet XXI: Del Boca, Lorenzo: Il Grande Imbroglio di Taricone Garibaldi,

https://www.old.lapadania.com/2001/marzo/06/06032001p12a1.htm.

fonte internet XXII: Pellicciari, Angela: I veri briganti stavano a Torino,

https://www.kattoliko.it/

fonte internet XXIII: Museo del Risorgimento. Torino,

https://www.regione.piemonte.it/cultura/risorgimento/sala 17.htm.

fonte internet XIV: La Valigia delle Indie,

www.brindisi.com/storia/valigia.htm.

fonte internet XXV: Marjie Bloy Ph.D., Senior Research Fellow, National University of Singapore from Joseph Hendershot Park, British Prime Ministers of the Nineteenth Century: Policies and Speeches (New York: New York University Press, 1916).

https://www.victorianweb.org/history/polspeech/foreign.html



VIII.2) Indice bibliografico:

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(La politica egiziana del 1880 e dell’Imperialismo Istituto per etologia e studi sull’africa, Mainz)

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Associazione Torino Città Capitale Europea (1998):

Le rivoluzione del 1848. L´Europa delle immagini. Caricatura e illustrazione tra storia e arte.

VIII.3) Articoli di giornale:

Corriere della Sera, 27.06.1999: Magris, Claudio.

Corriere della Sera, 07.05.2000: Brambilla, Michele.

Corriere della Sera, 07.05. 2002: Belardelli, Giovanni.

The Indipendent, 26.09.2001: Rose, George.

VIII.4) Indice delle figure:

Figura I: Posti di frontiera tra il Regno delle Due Sicile e lo Stato della Chiesa

Figura II: Garibaldi pesca la Trinacria

Figura III: L'antagonismo franco-britannico per la Sicilia

Figura IV: L’isola Ferdinandea

Figura V: Esportazione a tonnellate dello zolfo verso la Gran Bretagna

Figura VI: Prezzo dello zolfo in tari per cantaio

Figura VII a e b: Il lavoro quotidiano della Carusi

Figura VIII: La paura dell’anno 1848

Figura IX: Il profondo cattolicesimo di Ferdinando II

Figura X: L’imbarco a Brindisi

Figura XI: La rotta da Londra a Bombay via Brindisi

 

 

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Martin Kohler

Der Untergang des Königreiches beider Sizilien

unter besonderer Berücksichtigung der Rolle Großbritanniens


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Martin Kohler ha messo a disposizione del popolo della rete la sua tesi di laurea sulla influenza dell'Inghilterra nell'annessione dellle Due Sicilie.

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