Eleaml

Pellegrino in terra sabauda

Zenone di Elea
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24 Aprile 2010

Sarà perché tutte le piane s'assomigliano - ed io sono nato in una piana del Sud, là dove la terra comincia a incresparsi verso il monte -, sarà che in quella terra stavano tanti legami con la mia famiglia (fratelli e sorelle di mio padre), ma quei campi e quelle case che sfrecciavano oltre il finestrino della corriera che ci portava verso la Valsusa avevano qualcosa di estremamente familiare. Forse era solo l'immagine di un filare di salici scapitozzati ad aver scatenato un turbinio di emozioni che richiamavano altre latitudini. Piene si sole, lontane nello spazio e nel tempo. Da cui mi ero separato tantissimi anni prima.

Ogni tanto in quello sfrecciare, tra un quadro e l'altro, si infilava un volto. Era una maschera di sofferenza che mi guardava con severità. Può darsi che fosse solo per quel riflesso condizionato che abbiamo tutti noi di formazione cattolica, quello della colpa e della espiazione, quel "tanto si ha sempre qualche peccato da farsi perdonare" ma davanti alla Sindone ogni riserva mentale laicista si era eclissata. Mi ero tenuto sulla prima corsia, quella di sinistra, seguendo un consiglio captato sul pullman durante la conversazione tra Don Giovanni, il prete che ci guidava, ed un interlocutore al telefonino.

Davanti a quel telo di lino ci ero giunto dopo una attesa di quasi due ore, trascorse percorrendo a passo d'uomo un tragitto sapientemente organizzato nel giardino reali sabaudo - si proprio quello appartenuto alla dinastia che aveva "liberato" il sud dal "giogo borbonico" ed aveva costretto milioni di esseri umani - tra cui chi vi scrive - a sperdersi per il mondo (1). Una diaspora.

Sindone

Dopo i tre minuti concessi ai pellegrini per raccogliersi dinanzi alla Sacra Sindone eravamo usciti e poi rientrati dal portone principale, fermandoci nella navata centrale, nel punto in cui era collocato uno sbarramento oltre il quale uno spazio vuoto separava dalle tre file parallele che a blocchi di alcune decine sostavano dopo aver ascoltato un brevissimo invito alla meditazione, pronunciato a intervalli regolari e con cadenza solenne e affatto ripetitiva da una voce femminile.

TAV=MAFIA

Mentre i pensieri si attardavano sull'immagine della navata semibuia del duomo torinese, oltre il finestrino del pullman, sul fianco del monte Musiné (monte degli Asini), appare la gigantesca e poco ambientalistica scritta TAV = MAFIA.

Una evoluzione delle originarie due scritte NO TAV e NO MAFIA, alla prima delle quali era stato tolto il NO e che qualche antitav di notte ha pensato bene di togliere anche l'altro NO aggiungendo fra TAV e MAFIA il simbolo dell'uguale.

Quello della TAV in Val di Susa è una questione complessa, dove diversi interessi confliggono e trovare la sintesi non sarà facile: ci sono gli avversari, accaniti ambientalisti di varia natura (che qualcuno definisce benestanti, gente che manda i figli a studiare a Londra e a Parigi, che si dilettano a fare dell'ambientalismo) e i favorevoli (non solo politici e amministratori locali di vario colore ma anche tanta gente comune, lavoratori, edili soprattutto). 

Volantino distribuito dalla postazione 01

Volantino distribuito dalla postazione 02

Sacra San Michele 18 aprile 2010 no tav

Per tante persone la TAV costituisce una grande occasione di lavoro (2). La polemica contro gli ambientalisti "figli di papà" è trasversale, con diverse colorazioni politiche, ed ha coinvolto anche la CGIL. Leggiamo infatti in una intervista - pubblicata il 19 gennaio 2010 da La Stampa -a Gianni Pibiri, segretario regionale della Fillea-Cgil:

«Noi rispettiamo le opinioni di tutti, specie di chi non usa l'intolleranza come argomento. Ma non gli estremisti che hanno tutto questo tempo libero da dedicare ai presidi e alle violenze. Chi minaccia di attaccare i cantieri non deve avere nessuna forma di comprensione, nessun tipo di agibilità politica. Hanno cercato di colpire operai che lavorano per mille euro al mese, o anche meno, che rischiano il posto di lavoro, Si vede che, loro, saranno figli di papà o chissà cos'altro. Se dovessero guadagnarsi il pane… ».

Sinceramente son le stesse cose che pensavo io qualche decennio fa dei "ragazzi del '77" dei quali, per una serie di vicende personali, mi era capitato di conoscere di persona un vasto campionario.

Sacra San Michele 18 aprile 2010

A distogliermi dalla TAV=MAFIA giunse la voce del prete che ci invitava a guardare in lontananza la destinazione verso cui eravamo diretti, la Sacra di San Michele, che si stagliava oltre il parabrezza del pullman, sulla cima del monte Pirchiriano (3).

La figura stupefacente dell'abbazia su quel cocuzzolo di monte riportò con sé il volto della sindone, la fila sterminata dei pellegrini che avanzava lenta, e all'interno della quale spiccavano qua e là sagome d'altri tempi.

A me, unico profano tra i pellegrini di provata fede del mio gruppo, quelle sagome con mantelle da templari o crociati, parevano sbucati da un oscuro medioevo o da qualche parata. "Sono membri delle confraternite" disse mia moglie.

Questo delle confraternite (4), per me, era un tema affascinante e incomprensibile, una sorta di sedimentazione di un passato remoto che si proiettava nel presente e non ne voleva sapere di cedere il passo alla secolarizzazione, e pretendeva con fare perentorio un posto nel futuro.

La religione di fronte alla finitezza di noi esseri umani sarà sempre un collante formidabile. Fino a quando ci sarà un solo essere che si domanderà, chi sono, da dove vengo, dove vado. Non importa se cavalcheremo i cieli con macchine del tempo o costruiremo stazioni spaziali in mondi sperduti dell'universo.

DUE SICILIE: LA VISIONE DI NANDO

Sullo sfondo di questi pensieri si agitavano le apocalittiche previsioni dell'amico Nando da Foggia, intelligente e visionario figlio della diaspora meridionale, con le i suoi foschi scenari bosniaci con cui mi aveva dilettato la sera prima, quando era venuto da Torino a trovarmi nell'hotel in cui pernottavamo. In sintesi, di fronte al mio scetticismo sulla mancanza di unità fra i numerosissimi movimenti sudisti, la sua argomentazione era la seguente, cito a memoria.

"Siamo come un bosco dopo un incendio, per anni non succede niente, cresce solo dell'erbetta qua e là, poi compaiono gli arbusti, infine si vedono gli alberi. Per centocinquantanni c'è stato il deserto, con la caduta della monarchia e la eliminazione fisica di una intera generazione di giovani siamo stati annullati. Ora ci siamo risvegliati, siamo pochi, siamo sparpagliati, magari si formano gruppi di tre o quattro persone, con un capo che spera di portarsi dietro tutti gli altri gruppi e di comandare. Va bene, comunque esistiamo. Non siamo più il nulla di prima. Forse, però, per lavare il sangue versato occorre un tributo di sangue. La via seguita da Ghandi da noi non può funzionare. Nelle città del sud ci sono armi e gente in grado di usarle. Può succedere di tutto."

Chi vi scrive, ovviamente, è per la via gandiana. Il nord e il sud sono ormai un intreccio di interessi e di affetti inestricabile [mi ripete spesso un amico di Molfetta, "sfoglia l'elenco telefonico di qualsiasi città del nord e vedrai quanti padani ci sono…!"], si dovrà trovare una mediazione ed un punto di incontro. Tocca alle persone di buona volontà che pure al nord esistono e sono tante, rinunciare a qualcosa e accettare che venga ristabilita la verità storica e che il sud decolli economicamente. A volte mi do dell'utopista e dell'illuso da solo, ma non posso credere che per risolvere la questione meridionale si debba per forza sfociare in una situazione balcanica.

LA CHIESA TORINESE E LA MASSONERIA

Quanto alla Chiesa, per Nando ci aveva abbandonato al nostro destino, le interessava sopravvivere, la sua vocazione universalistica non coincideva con la sopravvivenza di un singolo stato, dopo di noi era toccato anche all'Austria. In effetti aveva ragione, in vari interventi di Don Giovanni - sia durante il viaggio che nella predica pronunciata durante la messa alla chiesa della Consolata, così pure in vari inserti di giornali che trattavano della Sindone - si erano sentiti nomi noti e meno noti di preti torinesi ma vi era un grande assente: Don Giacomo Margotti il geniale e battagliero oppositore dello stato unitario. In un suo libro che ogni meridionale dovrebbe leggere - Memorie per la storia de' nostri tempi dal Congresso di Parigi nel 1856 ai primi giorni  (5) - si riconosce "a volte in maniera impressionante, l'Italia dei nostri giorni: arruffona, dominata dalle finanziarie e dai furbi di turno. Vi si ritrovano tutti i mali di cui si sparla da tempo vanamente, mali che vengono ipocritamente messi in relazione con una presunta borbonizzazione dell'Italia: proliferazione degli incarichi, malversazioni, ruberie, arricchimenti facili, uso e abuso del pubblico denaro".

Pensai che forse avessero ragione quelli che sostenevano che la Chiesa, dopo il 1870, per evitare lo scontro diretto con la massoneria che stava costruendo lo stato nazionale, aveva abbassato la guardia (6), in nome dei propri interessi contingenti. Per questo preti come Don Margotti erano finiti nel dimenticatoio, di Don Bosco si poteva continuare a parlare più tranquillamente in quanto era impegnato anche nel sociale, terreno più neutro e meno politico rispetto alla polemica contro l'impronta massonica del nascente stato sabaudo-italiano.

LA SACRA DI SAN MICHELE

La strada iniziava a inerpicarsi sul costone del monte Pirchiriano e avrebbe interrotto i pensieri di chiunque con i suoi vertiginosi strapiombi. Al parcheggio dove inizia il sentiero asfaltato che porta alla Sacra di San Michele (o Abbazia della Chiusa) abbandoniamo il pullman e ci inoltriamo a piedi.

Sacra San Michele statua 18 aprile 2010

"San Michele Arcangelo fu l'Arcangelo del Bene, che sconfisse il Male: la mia statua vuole rappresentare soprattutto questo, nel nostro mondo infedele alla Pace. 

L'opera si compone di due parti: in una, San Michele Arcangelo sta sulla roccia viva, la stessa su cui è eretta l'Abbazia, vincitore del Bene per la Pace e Portatore della Parola di Dio; nell'altra, le ali dell'Angelo del Male, sconfitto, sprofondano nelle tenebre ai piedi della roccia sporgente. 

L'Arcangelo è anche Custode del Regno di Dio, che simbolicamente si apre nella parete alle spalle della scultura".

Moroder, lo scultore che ha creato la statua dell'Arcangelo Michele

All'imbocco del sentiero, alla nostra sinistra, stava una postazione NO-TAV dove distribuivano volantini ai pellegrini ed ai turisti. Io preferivo considerarmi un pellegrino, anche se non sapevo cosa mi aspettasse, i turisti (7) per me sono i vandali dell'epoca moderna e per quel che riesco cerco di non farmi contagiare dalla paranoia di coloro che se non hanno nulla da raccontare su come hanno trascorso il weekend, ai colleghi di lavoro al lunedì, si vergognano come cani.

Per questo passano parte della fine settimana in viaggio per vedere quanto più possibile solamente per poi poterlo raccontarlo.

Quando il sentiero si allarga troviamo su un rialzo le prime rovine, oltre le quali si ergeva maestoso un vero proprio fortilizio del cattolicesimo. Una sorta di torre di guardia, solida e imponente, che svettava verso il cielo, quasi un proseguimento della cima del monte, un luogo in cui i pellegrini andavano a rifugiarsi e a pregare.

Di lì a poco, la sua imponenza mi avrebbe colpito ancor di più nel girarci intorno e nel risalire lo scalone che pareva una scala ascensionale verso la luce, dove il pellegrino esausto attraversava la porta dello zodiaco per poi trovare sulla destra l'ingresso della chiesa.

Descrivere lo scalone è praticamente impossibile, il pilastro enorme - diciotto metri! - che sorregge la chiesa soprastante bisogna vederlo di persona, nessuna parola o fotografia può surrogarne la visione reale.

Sacra San Michele 17 aprile 2010 pilastro Sacra San Michele 17 aprile 2010 interno chiesa

In chiesa mi tocca prendere un'altra messa, ma non mi dispiace, ai musei preferisco i luoghi vivi e quella chiesa era ancora viva, nonostante il passaggio di migliaia di turisti che l'attraversavano ogni anno. E il canto all'unisono di due cori aveva interrotto, per alcune decine di minuti, il flusso dei visitatori riportandoci ad altre epoche, quando il silenzio e l'attesa rendevano forti (8).

IL VOLONTARIO

Al termine della messa, officiata da un prete d'altri tempi dal fare popolare, uomo tra gli uomini, Matteo, il volontario che ci aveva in consegna, ci ricondusse all'ingresso facendoci attraversare l'abbazia all'interno, dove i pellegrini di solito non venivano ammessi.

Giunti alla foresteria, consumiamo un pranzo da re, con poche ottime pietanze, che Matteo ci invitava a richiederne solamente se avevamo ancora fame, ricordandoci che il cibo non va sprecato, che esistono al mondo persone che non ne hanno.

DoDurante il pranzo si parlò di tante cose inerenti l'abbazia, i cattolici, i preti, la vecchia e la nuova politica, i destini della chiesa e il papa - "un grande papa" secondo il volontario Matteo. Poco difeso dal popolo cattolico ultimamente secondo me, forse però non mi intendo molto di cose di chiesa e mi sbaglio, ma non esternai queste mie considerazioni. 

Mi trovavo in un gruppo di ferventi cattolici e non volevo apparire indelicato.po aver salutato affettuosamente i volontari che ci avevano preparato e servito il pranzo con tanta dedizione, ci avviamo verso il pullman. Verso la piana, poi Torino, Asti, Piacenza…

Il ricordo di Matteo, simpatico e bonario piemontese  (9) era forte. Non potei sottrarmi a spontanee considerazioni su un certo antipiemontismo che circolava fra amici che si richiamavano ai fasti dell'ex-Regno delle Due Sicilie.

Sacra San Michele aprile 2010 Valsusa

Se l'unificazione non fosse stata opera di elites sabaude finanziarie e militari, assetate di denaro e di potere, ma un movimento che avesse coinvolto il popolo, non ci sarebbero stati tanti morti ed oggi questa Italia in via di disintegrazione sarebbe un paese sicuramente migliore.


NOTE

1 Nel paese dove ho vissuto io, nel Cilento, son rimasti in seicento, si dice che a New York di persone provenienti da quel paese ce ne siano tremila.

2 “Qui c’è la crisi” mi avrebbe detto un volontario, Matteo, “quelli che protestano son tutti figli di papà”.

3 Elegante mutazione da Porcarianus o monte dei Porci, avrei saputo dopo da Matteo.

4 Sabato 17 aprile, è stata la giornata delle Confraternite, in pellegrinaggio davanti alla Sindone: circa 2500 persone, provenienti da tutta Italia e da alcune località della Francia, hanno sfilato in Duomo, in rappresentanza di 156 Confraternite.

5 Sul sito https://www.eleaml.org/ si trova il testo integrale che può essere scaricato, in formato odt o pdf.

6 Vi sono anche altre letture che riportiamo per dovere di cronaca:la massoneria avrebbe infiltrato anche le alte gerarchie ecclesiastiche, la stessa morte di Ferdinando II viene collegata a tale infiltrazione. Le voci giungono fino a lambire gli stessi pontefici, sia Papa Giovanni XXIII (sarebbe stato iniziato a Costantinopoli) che Paolo VI (sulla porta di bronzo della basilica di San Pietro, tra i papi conciliari vi era anche Paolo VI e sulla sua mano sinistra vi era il “pentalfa massonico”, il fatto venne denunciato da Don Luigi Villa e il simbolo fu rimosso, poi fu sostituito l’intero pannello).

7 Al ritorno alla mia dimora, nell’estremo lembo della Padania, cercando notizie sulla Sacra di San Michele mi sono imbattuto in un pensatore colombiano, Nicolàs Gòmez Dàvila, un aristocratico del pensiero del quale è impossibile non condividere alcuni aforismi, tipo “La religione non è nata dall'esigenza di assicurare solidarietà sociale, come le cattedrali non sono state edificate per incentivare il turismo” oppure “L'idea del "libero sviluppo della personalità" sembra degna di ammirazione finché non incappa in individui la cui personalità si è sviluppata liberamente”.

8 Così recitava una lapide lungo il selciato che conduceva verso l’ingresso dell’’Abbazia.

9 Altri piemontesi così li avevo incontrati in Val Chisone, nell’estate del 2008, quando eravamo andati a Fenestrelle per la posa di una lapide in ricordo di soldati napoletani morti nel forte dopo il 1860.




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