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17 Marzo 2011
Oltre

CENTOMILA
motivi per non festeggiare!

Se si escludono i volumi della Cronaca della guerra d'Italia e qualche numero di Civiltà Cattolica non esistono (almeno noi non li abbiamo ancora trovati) testi di epoca risorgimentale che accennino ai deportati napoletani in padania. 

Sul numero dei morti da decenni se ne discute, da qualche tempo Giordano Bruno Guerri indica CENTOMILA come numero dei meridionali caduti durante la guerra civile combattuta fra il 1860 e il 1870 nelle provincie napoletane. Tale cifra viene scritta anche nell’inserto n. 15 (di cui riproduciamo anche la copertina) a pagina 173.

Di fronte a questi numeri e alle tante omissioni della storiografia italiana ancora oggi – a ben a centocinquantanni dalla proclamazione della nascita del Regno d’Italia – noi possiamo anche accettare il silenzio ma loro non possono da noi pretendere che addirittura festeggiamo!

Zenone di Elea – 14 Marzo 2011

LA NOSTRA COPERTINA PUBBLICATA IL 12 MARZO 2011

17 Marzo 2011 Oltre CENTOMILA motivi per non festeggiare!

«L'Armonia» del 3-9-1861

"A Rimini il mal umore dei soldati giunge fino alla disperazione di darsi la morte.
Parecchi si sono annegati nel mare volontariamente.
Sicché dovettero le autorità porre delle guardie in piccole barchette per impedire simili eccessi".

LA CIVILTA CATTOLICA ANNO DUUODECIMO 

VOL IX DELLA SERIE QUARTA - 1861 

Pag. 367

Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad uno spediente crudele e disumano, che fa fremere.
Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, e rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua e una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimar di fame e di stento fra le ghiacciaie!



Cronaca della guerra d'Italia - PARTE QUINTA - RIETI 1863 

Pag. 193

Dei 40,000 refrattari che tenevano la campagna, 29,000 passarono al campo di San Maurizio; 12,000 sono morti, o prigionieri, o latitanti.



Cronaca della guerra d'Italia - PARTE QUINTA - RIETI 1863 

Pag. 193

Abbiamo veduto che il general Cialdini in seguito delle divergenze amministrative, che erano sorte fra lui e il Conte Cantelli, aveva inviato a Torino la sua dimissione di locotenente del re. Questa dimissione portata al consiglio dei ministri vi aveva sollevata la gran quistione del sopprimere le locotenenze, che fu risoluta affermativamente, volendo il governo cessare la situazione anormale delle provincie annesse. Fu dunque deciso, che questo provvedimento sarebbe da principio applicato alla Toscana, poi a Napoli dal primo d' Ottobre. Finalmente allorchè il general della Rovere sarebbe tornato a Torino si determinerebbe l’epoca di questa soppressione in Sicilia. Il ministro Minghetti differiva parere dai suoi colleghi circa il modo o l’epoca della cessazione della locotenenza di Napoli. Il ministro dell’interno avrebbe voluto procedere gradatamente, togliendo successivamente diversi rami dell’amministrazione centrale di Napoli, confidando una parte alle autorità locali delle provincie, e riportandone un' altra parte al potere centrale a Torino; avrebbe voluto altresì abolire alcuni dei distretti napoletani, e restringere similmente le attribuzioni amministrative, e l'estensione territoriale della nuova prefettura di Napoli. La maggioranza dei ministri non si concordò io questa sentenza, e votò la soppressione decisiva ed immediata nelle condizioni che abbiam dette di sopra. In conseguenza di questo disparere il comm. Minghetti diè la sua dimissione che fu accettata, la quale fu anche seguita da quella del Conte Guido Borromeo, segretario generala del ministero dell’interno.

Il presidente del Consiglio s'incaricò del portafoglio dell’interno, conservando per interim quello degli affari esteri. Il general della Rovere avendo accettato il ministero della guerra , it general Brignone fu designato a rimpiazzarlo in Sicilia.

Il giorno 31 S. M. Vittorio Emanuele ricevette in udienza solenne il Sig. Benedetti ambasciatore dell’imperator dei Francesi. Il ricevimento ebbe luogo a 11 ore del mattino. Le vetture della corte andarono a prendere l’ambasciatore alla locanda della gran Brettagna. Il conte di Breme figlio adempiè le funzioni di cerimoniere im assenza di suo padre; L’udienza durò circa un' ora. Verso mezzodì il re d' Italia ricevette in udienza solenne S. A. Alim-Pascia, fratello del viceré d' Egitto,

La mattina appresso del suo ricevimento, 1 ' ambasciatore francese si condusse al Baron Ricasoli domandandogli spiegazioni intorno le violazioni del territorio pontificio da parte delle truppe italiane. Il presidente del consiglio rispose, che quanto a lui, egli non aveva giammai dato autorità ai comandanti dello truppe di passare la frontiera: che d'altronde fu per errore topografico che alcuni soldati s' erano trovati presso Terracina sul territorio papale, perseguendo i briganti: e oltre a ciò erano stati dei volontari o per avventura un piccolo numero di bersaglieri a passare i confini sperando di scoprire la traccia d' una forte banda di reazionari, che si pretendeva pronta a gittarsi da Castelnuovo di Porto in Sabina.

A quest'epoca fu pubblicato a Parigi un opuscolo intitolato Roma, l ' imperatore e I' Italia.

Quest'opuscolo erroneamente attribuito a Laguèronnière proponeva un appello al popolo romano. Il plebiscito avrebbe avuto luogo alla presenza dell’armata francese. All’indomani, se Vittorio Emanuele è chiamato a regnare a Roma, le truppe francesi saranno successivamente rimpiazzate dalle truppe italiane, affine di impedire qualunque disordine. Il re d'Italia pubblicherà allora l’accordo conchiuso tra lui e le potenze cattoliche per V indipendenza della Santa Sede e per lo splendore della religione.

Dopo ciò, il Papa farà quel che vorrà: resterà, o partirà. Egli vedrà che l’abbandonar Roma, malgrado la più grande libertà lasciata al culto e colle più considerevoli risorse per l’opera religiosa, e ciò per rifugiarsi nel campo della reazione europea, sarebbe un rovinare lo stesso potere spirituale.

Se il Papa benedice all’Italia, un nuovo giorno sorgerà per la Chiesa, se no, che i destini si compiano. Ma Roma non sarà per ciò meno la capitale dell’Italia!

Dice l’opuscolo, che «uno dei primi interessi della Francia e dell’imperatore, in previsione dell’avvenire, è che l’Italia possa il più presto possibile da sé sola respingere lo straniero, acquistare consistenza, mercé la sua unità, e soprattutto avere una forte Armata.

Era bene la formazione di questa armata che occupava nel più alto grado il governo italiano, il quale aveva ancora di grandi difficoltà a superare. Né questo in verità era un piccolo lavoro, effettuare nei corpi regolari la fusione di 20000 prigionieri borbonici riuniti a Fenestrelle o disseminati nelle diverse fortezze del regno. Sarebbe stato un grav'errore il supporre che questi uomini andrebbero facilmente a piegarsi sotto il giogo d' una severa disciplina. E di ciò fa testimonianza il fatto che si produsse in uno dei depositi, vogliam dire il complotto dei prigionieri di Fenestrelle, che fortunatamente fu sconcertato, e mandato a vuoto.

Condotta con molt'arte e simulazione, poteva riuscire, se un caso non ne porgeva il primo indizio ad uno del presidio o quindi al comandante del forte. Quei prigionieri facevano l’ammirazione di tutti per la docilità, l’obbedienza ed il rispetto apparente che aveano dei superiori, sicchè nissuno era stato da pareccchi giorni punito. A questo modo erano riusciti ad ispirare confidenza ed a render meno attiva la sorveglianza.

Dovevano ad un dato segno, armati di bastoni, avventarsi tatti ottocento contro le guardie dell’arsenale, e là dentro provvedersi di armi e quindi impadronirsi del forte ed assicurarsi la diserzione. Pare che avessero qualche rara ma attiva relazione esterna e nessuna all’interno, neppure le compagnie del corpo franco, le quali composte di soldati in castigo e perciò si chiamano compagnie di disciplina. Anzi sembrava che queste compagnie avrebbero all’occorrenza aiutato risolutamente il presidio alla resistenza ed a far rispettare la legge.

Questo fatto rese più urgente di stabilire il campo di S. Maurizio, situato nel piano di questo nome, ove dovevano essere riuniti 10000 prigionieri dell’armata napoletana guardati da due battere d'artiglieria, due squadroni di cavalleria, due battaglioni di bersaglieri, e due altri reggimenti di linea. Il general Decavero doveva avere il comando del campo.


Giordano Bruno Guerri indica CENTOMILA come numero dei meridionali caduti durante la guerra civile combattuta fra il 1860 e il 1870 nelle provincie napoletane
Giordano Bruno Guerri indica CENTOMILA come numero dei meridionali caduti durante la guerra civile combattuta fra il 1860 e il 1870 nelle provincie napoletane



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