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SULLA PROPOSTA

DEL TRATTATO DI RECIPROCANZA E DI COMMERCIO

TRA L'INGHILTERRA LA FRANCIA COL REGNO DELLE DUE SICILIE

e sulla

Disputa de'  zolfi

OSSERVAZIONI

DI MICHELE SOLIMENE

Napoli

STABILIMENTO LETTERARIO-TIPOGRAFICO DELL'ATENEO

 Sedile Capuano N° 21

MDCCCXXXX


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A

FERDINANDO SECONDO

MONARCA DELLE DUE SICILIE

DELLA

RELIGIONE MORALE GIUSTIZIA

CUSTODE VIGILANTISSIMO

DELLE

REGIE PREROGATIVE

SOSTEGNO SCUDO PROPUGNACOLO

NELLE ARTI DI GUERRA SOLERTE INFATICABILE

GRAN CAPITANO

AD ALTI DESTINI VENUTO IN TERRA

QUESTE SCRITTURE

ED UN

VOTO

INDICE

Prefazione

VI

Cap. I. Cronologiche vicende del Trattato del 1816 concluso colf! Inghilterra, colla Francia e colla Spagna, messo in esecuzione nel 1818

Trattato del 1816 per esteso


1

Cap. II. A quale trista condizione fu ridotto il commercio delle due Sicilie col Trattato del 1816?

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Cap. III. Le pratiche doganali hanno prevenito i mali dipendenti dal Trattato? Hanno prosciolto dai ceppi il commercio?

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Cap. IV. Indole del TraUato Contiene un monopolio

Si oppone al dritto delle Genti


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Cap. V. Il Trattalo è nullo perché senza causa o fondato su causa falsa

38

Cap. VI Il privilegio di Bandiera era incompatibile colla costituzione di Carlo III. Se l'atto legislativo non fosse esistito, militava nel 1816 la prescrizione


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Cap. VII. Modi di sciogliere il Trattato del 1816

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Cap. VIII. Discussione della proposta del novello Trattato

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§ 1 . Analisi del 1° Articolo

58

§ 2. Analisi del 2° Articolo

77

§ 3. Analisi del 3 ° Articolo

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§ 4. Analisi del 4 ° Articolo

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Cap. IX. Avvenimenti che han preceduto ed accompagnato il contratto de solfi della Sicilia


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Cap. X. Definizione del contrailo de solfi Metodo da trattare la quistione

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§ 1 . Se il Governo siciliano ha usato de' dritti inerenti alla Sovranità nel concludere il contratto 101

101

§ 2. Se il contratto de solfi contenga un monopolio: ed in tal coso se può dolersene f Inghilterra

106

§ 3 . Se la Inghilterra ne sia stata in alcun modo

pregiudicata o nel suo commercio, o ne suoi dritti, onde darle argomento a chieder compenso


113

§ 4 . Se col contratto Taix stesi violato il Trattato del 1816

116

§ 5. Se le operazioni ostili della Inghilterra abbiano arrecato effettivo e permanente danno al commercio siciliano ed alla finanza onde pretendere compenso

122

122

Introduzione

Le but de l’État consiste dans la réalisation sociale

du principe de justice, d’après lequel l’activité de

 l'État s'étend à touts les domaines de l'ordre social.

Aurens. Philosophie du Droit pag.36.

La quistione de'  solfi della Sicilia è ormai addivenuta grave, importante, europea. I giornali tanto inglesi che francesi, e quest'ultimi qualunque sia la veste che indossano, la dipingono con tanto esaltamento e l'annodano a tali arani di politica, come se dalla soluzione di quella dipendesse la distruzione dell'immagine de simbolo della felicità di tutta Europa, la pace. L'Inghilterra la quale muove tanta lite, o per meglio dire i pochissimi monopolisti ingioi, nel presentare la loro sulfurea mozione al Parlamento, vi seppero spargere tanta importanza da indurre quel Ministero a doglianze diplomatiche verso il Governo delle due Sicilie.

Si parlò di violazione di un preesistente Trattato tra la Francia, l'Inghilterra e la Spagna col reame di Napoli, si parlò di un monopolio formato con una

VIII

 Compagnia francese, Taix A card, a danno del commercio inglese, si parla di lesione del dritto delle genti e procedendo anche più oltre si sostenne di essere la Inghilterra nel diritto di chiedere dal Governo delle due Sicilie un compenso, oltre allo scioglimento del contratto colla Compagnia, che facevasi ascendere mercé di un calcolo, nuove negli annali di commercio, a mille sterlini a giorno. Le esorbitanti pretensioni, officialmente; comunicate al real Governo, richiedevano risposta. Fu data. Forti pretensioni eran quelli quanto superficiale n'era la disamina e lo sviluppo. Eppure delle troppo imperiose Note furono inviate al Governo delle due Sicilie da in Inviato straordinario, M. Temple, alle quali il Re Ferdinando II diede altre risposte dignitose e proprie di un gran Monarca, risposte riportate da tutti i fogli stranieri con laude ed ammirazione. Alle Note Britanniche si accompagnarono e successero le minacce di blocco, ed a queste delle effettive rappresaglie, cui fu replicato con apparecchio di guerra, con sequestro di legni ed altre dovute simili rappresaglie. In tale stato di cose, fattasi mediatrice la Francia ed accettata la cooperazione d'ambo le parti, fu rimesso al senno ed alla lealtà del gabinetto francese la soluzione dell'altissimo piato.

IX

Altissimo e complicato fattosi nel cammino per quanto semplice era al nascer suo..

Ala la quistione sul contratto de'  solfi della Sicilia concluso colla compagnia Taix, di cui la Inghilterra chiede l'annullamento è attaccata non agli articoli 4e 5 del Trattato di commercio del 1816 stipulato colla Francia r colla Spagna e colla Inghilterra, ma bensì al contesto ed all'insieme di tutto il Trattato medesimo che si dice violato: vai dire alla sua origine, alle sue cagioni, al suo scopo, alla sua indole ed alle vicende che l'accompagnarono e che poscia l'han seguito. Ed un lavoro ancorché cosi congegnato a nulla sarebbe ancor esso profittevole, né in rapporto commercio inglese che si dice danneggiato, né in riguardo al commercio delle due Sicilie che si chiama vincolato., se non andasse unito ad altro molto più grave lavoro, quello che riflette l'esame di un novello Trattato di commercio e di perfetta reciprocanza che da un anno circa venne a noi proposto dalla Inghilterra e che dicesi do versi ratificare eziandio dalla Francia. La quistione delle poche cantaja di zolfi e lo scioglimento del contratto Taix, sia che si dimandi come condizione primordiale del novello trattato come volgarmente credesi, sia che nacque per incidenza, sia che altra cagione politica l'abbia fatta sorgere e poi l'abbia intralciata, contiene, una disputa di poco interesse. Qual detrimento può arrecare all'estesissimo traffico inglese

X

il negozio di poche case di commercio, le quali vorrebbero far quello che pratica la compagnia francese ma senza i vantaggi che da questa son venuti? (1) E quale dritto ha l'Inghilterra di render causa di nazioni una contestazione leggiera ed individuale? Noi intanto non ne siamo perciò,angustiati; che anzi con lieto aspetto guardiamo la pretensione, perché, non arrestandoci al superficiale, apriamo il cuore alla speranza di più prosperi successi. Vico e Macchiavelli e più di loro la storia c'insegna che il corso delle nazioni non si può impedire, il di cui cammino non è sempre retto, fon è sempre aperto e visibile. Spesso s'intralcia, si occulta, si arresta; ed è allora appunto che segretamente compiono il loro destino. Chi può togli ire dalla mente il pensiero, che la quistione degli zolfi non facesse rinascere la sopita proposizione del Trattato di reciprocanza, e la facesse comparire con vestimenta più dignitose ad ambedue le nazioni? Noi facci im voti, perché si ponga ad effetto ciò che in maggior vanto ridondi di tanti milioni di abitanti. Or amendue le quistioni, tanto quella del Trattato di reciprocanza, quanto l'altra de'  solfi siciliani, possono essere trattate sotto triplice aspetto: o secondo i principj delle scienze 'economiche, o secondo

(1) Sei sono i negozianti inglesi i quali fanno commercio dello solfo nella Sicilia: di questi due solamente han suscitato l'incendio.

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 le massime di politica, o colle arti della diplomazia. A noi molto incresce doyer abbandonare la discussione politica e diplomatica, perciocché la prima non forma più un arcano, né gì'interessi de'  popoli sono in contradizione con quelli de'  Sovrani, e la seconda, quantunque ancor serbasse qualche ramo incerto, finirà tuttavia per essere anch'essa sottoposta a regole inalterabili. Rinchiuderemo adunque le quistioni ne'  soli limiti della scienza economica commerciale: ché tanto, come alcun crede, non è sterile il campo.

E volendole fare partire da un punto, poiché tra nazione e nazione la disputa volge, noi dimandiamo se v'è uno scopo uniforme cui aspirano tutte le società, se v'è una legge segreta quanto certa, la quale regoli l'ampia umana famiglia. Keplero, Cartesio e Neuton scovrirono le leggi invariabili dell'universo, e l'umanità sarà forse gittata al caso? Lungo tempo a noi non rimane per disputare su tale argomento. Sappiamo però che non han fatto tanto bene Bacone e Neuton per quanto han fatto di male Hobes e Bentham. Non nella forza sta il principio regolatore, e neppure nell'utilità; perciocché brutale è il primo ed epicureo il secondo. Nella giustizia riposano tutt'i dritti degli uomini e delle nazioni. In quella costante e perpetua volontà di attribuire ciò che ad ognuno si appartiene consiste tutto il nerbo della creazione.

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A questa deità s'inchinano uomini e famiglie, popoli e monarchi. Le opinioni, sulle quali si regge il mondo, non più sono regolate dalla forza o dalla destrezza: per poco possono essere sviate e mal dirette, ma tosto ritornano a giudicare rettamente, e vanno come i fluidi ad equilibrarsi.

Quella reciprocala ohe a noi offre la Inghilterra in un Trattato di commercio non è forse fondata sulla eguaglianza de'  dritti e sulla giustizia? E noi che accogliamo di buon grado la proposta, ci appigliamo poi allo stesso principio affin di respingere là dimanda imperiosa dello scioglimento del contralto Taix e a pretensione del compenso. Amendue però sono conciliabili, quando a retto fine si dirige il pensiero: àmendue dipendono dal Trattalo del 1816, pomo della finanziera e della commerciale discordia. Noi perciò ne intraprenderemo una esatta e scrupolosa disamina per risolvere le quistioni nel punto ove si annodano. Poche idee scriveremo e sul ginocchio; pia bastevoli forse all'importanza del soggetto: le scriveremo con franchezza come se rispondere dovessimo all'onorevole Lord Lindhurst nella Camera: le scriveremo con energia come se sostenessimo le ragioni dello stato innanzi, non al Gabinetto Francese, ma innanzi ad un più augusto Tribunale, quello della ragione.

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Tributo è questo che noi intendiamo di offrire al Re delle due Sicilie come un sentimento di venerazione: di gratitudine e d'individuale attaccamento, tributo che intendiamo di offrire alla Francia ed ali Inghilterra come desiderio e come pegno di pace e di durevole corrispondenza.

CAPITOLO I.
CRONOLOGICHE VICENDE DEL TRATTATO DEL 1816 MESSO IN ESECUZIONE NEL 1818.

La Finance détruit le commerce par ses injustices, par ses

vexation, par l’excès de ce quelle impose;

mais elle le détruit encore, indipendentement

de cela, par lei difficultés quelle exige.

MONTESQUIEU. Liv. 20 cap. 8.

La storia delle vicende commerciali del Regno delle due Sicilie non cammina, come nei periodi delle altre nazioni, a seconda de'  progressi dell'economia sociale; avvegnachè gli avvenimenti politici, pregiudizievoli tuttodì al più debole, e regolati con poco scrupolo, le han fatto sempre inclinare a nostro discapito. Nella complicazione però de'  provvedimenti governativi non debbesi affatto immischiare la coltura e la scienza de'  patrii scrittori, i quali, comunque negletti, han proclamato massime e principii solidi da trarne in pratica, se fossero stati adottati, conseguenze di durevole prosperità nazionale.

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Vane ed inutili querimonie sarebbero queste come rivolte a tempi di molto remoti; ma tali però non sono qualora servir debbono di regolamento e di scuola per le future convenzioni. Né solo storica sarà la nostra narrazione, perocchè ci fermeremo a ciascun passo che meriti contemplazione per ricavarne partito ed ammaestramento. Sa pure ognuno che il pregiudizio e l'errore precedono la verità; che le ristrettezze e la miseria precedono l'abbondanza; che i sistemi vincolanti precedono la libertà di commerciare, come ogni sensazione dolorosa suole andare innanzi alla piacevole, essendo questa la dura quanto necessaria legge, cui van soggetti gli uomini e le nazioni.

Il primo atto di navigazione, o per meglio dire il primo alto distruttore del commercio inglese, fu quello che sanzionò nel 1660 il Parlamento. Venne stabilito che niuno straniero bastimento potesse approdare ne'  porti della Gran Brettagna, se non fosse carico di mercatanzio inglesi. Era questo un blocco commerciale che si faceva contro tutt'i popoli commercianti, i quali ancor essi si avvalsero de medesimi divieti, spiegando così la bandiera della discordia, della gelosia e della guerra, mentrecchè in fatto di commercio il solo vessillo della pace può essere proficuo alle nazioni. Chiusi in tal modo i porti, cominciarono a risentirne i tristi risultamenti della restrizione, la quale, lungi di aumentare le ricchezze, fece sensibilmente diminuirle:

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e tolte poi le amichevoli relazioni fra una nazione e l'altra, si privavano pure de'  lumi, delle scoverte, e delle produzioni che la saggia natura ne' diversi luoghi diversamente offre e manifesta. Stato troppo violento era questo da non permettersi una lunga vita. Si rallentarono i rigori, si svilupparono delle corrispondenze, si manifestarono delle simpatie: anche tra le nazioni v'è l'odio e l'amore! La prima a concludere un Trattato coll'Inghilterra fu la Spagna, la quale mercé le cooperazioni di un personaggio autorevole della casa d'Austria, non poco fece pregiudicarsi nelle sue relazioni. Imperocché l'Inghilterra dopo aver fatto accordare molti favori alla sua navigazione stabili lo scambievole privilegio di bandiera. Consisteva questo privilegio nel considerarsi le due nazioni come le più amiche e le più favorite fra loro, e nel rendersi vicendevolmente immuni dalle visite a bordo de'  bastimenti: talmenteché i legni inglesi, approdando ne' porti delle Spagne, godevano dell'esenzione della visita, ed egualmente i legni spagnoli che giugnevano ne' porti inglesi.

Un altro celebratissimo Trattato di commercio fu menato a termine con tanta sua gloria dal signor Mathuen nel 1708 tra l'Inghilterra e 'l Portogallo. Eravi una legge nel Portogallo che vietava l'introduzione dei panni e manifatture inglesi di lana,

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divieto che impediva lo smercio de'  vini di Olanda in Inghilterra; fu perciò convenuto la libera introduzione de'  panni inglesi in Olanda senza pagamento di dazj, e la diminuzione di un terzo de'  diritti di dogana sui vini olandesi importati in Inghilterra. Questo Trattato fu manifestamente vantaggioso all'Inghilterra, perciocché introduceva le sue lane manifatturate in Olanda senza pagare alcun dazio, e l'Olanda non risparmiava che un terzo de'  diritti doganali sui vini che portava in Inghilterra. Eppure un simile Trattato, che in apparenza non sembra fatto che per giovarsi chi più chi meno, delle due nazioni fra loro, recò gravissimi danni al commercio in generale. La Francia e )a Spagna, le quali portavano i loro vini nell'Inghilterra, non potendo più reggere nella concorrenza perché doveano pagare un terzo dippiù su' dazj di quello che pagava l'Olanda, perdettero le relazioni commerciali su questo ramo d'industria campestre. E siccome quando si perde ne' cambj lo smercio della più ubertosa derrata o mercanzia che una nazione può fare con un altra, si perdono pure gradatamente tutt'i piccioli commerci, così l'Inghilterra perdette quasi tutte le relazioni commerciali colla Francia e colla Spagna. L'Olanda poi che dovea in forza del Trattato introdurre tutte le pannine inglesi senza dazio d'importazione, escludeva ed allontanava qualunque altra nazione che volesse commerciare di simile industria.

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Il privilegio perciò maggiore per l'Inghilterra, minore per l'Olanda, che scambievolmente si concedevano, si rendeva per esse stesse pregiudizievole. Eppure tutti gli scrittori inglesi, escluso Smith, e più degli scrittori gli uomini di Stato di quella gran nazione han reputata la convenzione di Matuen come il capo d'opera in materia di commercio. E poiché tanta gloria le si accorda, noi ne vogliamo indagare la intrinseca sua natura per addestrarci, se il Ciel ci ajuta, a penetrare nelle proposte fatte al Governo di Napoli. Con quel Trattato alla mano dicevano gl'inglesi c noi soli possiamo fare il commercio delle manifatture di lana in Olanda: noi col privilegio accordatoci allontaniamo qualunque altro concorrente.» Dunque esercitavano il monopolio de'  panni. Replicavano gli olandesi oc noi soli portiamo i nostri vini in Inghilterra: noi allontaniamo i francesi e gli spagnoli dalla concorrenza.» Dunque esercitavano un monopolio de'  vini in Inghilterra. Qual'è l'intrinseco carattere di questo capo d'opera de'  Trattati? Un monopolio di monopolio!!!

Presso a' tempi di cui parliamo erasi pur conchiuso altro Trattato tra la Francia e la Spagna, con cui si stabiliva che i sudditi di un reame doveano essere trattati ne' porti dell'al

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cero e tenace il proponimento di giovare e migliorare il nostro commercio, altrettanto se ne ritrasse d'inceppamento e svantaggio.

Se poi tali Trattati dovessero essere esaminati per le preminenze che cercarono di acquistare le nazioni, le quali col Regno delle due Sicilie contrattarono, si direbbe che neppur quelle ne profittarono a seconda de'  desiderj loro. Imperocché se da quelli se ne tolgano i Trattati delle Potenze Barbaresche, ridotti contro di noi a contribuzioni per non essere turbati, tutti gli altri erano fondati sul falso principio della bilancia favorevole di commercio, sulla falsa teoria di promuovere più l'esportazione che l'importazione, e sull'assurdo che la ricchezza consistesse nel denaro. Miserevoli ed ignoranti tempi eran quelli; ma preparavano lo sviluppo de'  veri principj del Dritto pubblico e dell'Economia politica. Nel periodo di tempo però che scorse dal 174.0 al 1787 né la Spagna, né la Francia, né l'Inghilterra stessa si risovvennero dell'invecchiato e spento privilegio di bandiera.

Dal 1790 al 1806 le nazioni, scosse dalla rivoluzione francese fin dalle loro fondamenta, aveano ben altro a pensare che a stabilimenti commerciali. Salito al sommo imperio il Gran Capitano del secolo XVIII fu decretato il sistema continentale, guerra occulta al commercio inglese, guerra palese all'Inghilterra non solo, ma altresì a tutte le nazioni nemiche della Francia.

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Questo Regno allora occupato, prima da Giuseppe Bonaparte e dipoi da Gioacchino Murat, seguirà le leggi, i costumi, i capricci e le vicissitudini dell'imperio francese. Eppure Napoleone, il quale aveva conquassato quanto vi era di antico, tentò ne' tempi di Murat di ripristinare non il privilegio di bandiera, ma una immunità che a quel privilegio si assimigliasse. Forse questo pensiere nacque in quelli alta mente meno per dare alla Francia delle preminenze commerciali, che per rendere immuni ed esenti i rarissimi legni che di Francia partivano dalle importune visite doganali. Checché ne sia dell'arcano pensiere, il certo è che Gioacchino si tenne forte talmente nel sostenere le regie prerogative, che negò e respinse l'autorevole pretensione; anzi in quelle guerresche vicissitudini non faceva escludere neppure i legni da guerra dalle doganali perlustrazioni.

Ritornato il Regno sotto la dominazione legittima di Ferdinando I. nel 1815, vennero i porti delle due Sicilie aperti indistintamente a tutte le nazioni. Ma questo stato ben convenevole ad una estesa libertà di commercio non durò lunga pezza; perciocché la Spagna, e più della Spagna la Francia, ed anche più della Francia e della Spagna l'Inghilterra, cominciarono a mettere innanzi dritti antiquati e non più esistenti, affine di far sorgere e tornare in vita il privilegio di bandiera nommai allignato in questo regno.

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Quali sieno state le conferenze segrete e diplomatiche che il Ministro Plenipotenziario della Gran Brettagna tenne col Cavalier de'  Medici il quale allora assumerà l'incarico maggiore degli affari dello Stato, niuno il sa, né argomentar si possono per conghietture. Dopo varie trattative comparve una legge o per meglio dire una convenzione firmata dai due Incaricati, Principe di Castelcicala D. Fabrizio Ruffo per parte del Re come plenipotenziario di Napoli, e Roberto Steward Visconte di Castelreach, plenipotenziario del Regno Unito della Gran Brettagna, convenzione che venne dipoi confermata. Qui noi la riportiamo interamente, perché se ne comprendano i pretesti nobilitati per cagioni dell'Atto, del Trattato, della transazione quale ella sia.

Convenzione con l'Inghilterra (1)

In nome della Santissima e Indivisibile Trinità

» Sua Maestà il Re delle Due Sicilie avendo fatto conoscere a Sua Maestà il Re del Regno Unito della Gran Brettagna e dell'Irlanda gl'inconvenienti, che cagionava alle sue finanze non che alla navigazione

(1) La convenzione conclusa colla Francia e colla Spagna fu identica ne' patti e nelle espressioni a quella statuita colla Inghilterra. Cadono perciò in grave equivoco i redattori di alcuni giornali esteri quando asseriscono di essere stata quella convenzione più favorevole all'Inghilterra che alla Francia.

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ed al commercio de'  suoi sudditi la continuazione de'  privilegj ed esenzioni(1), di cui sudditi brittanici e quelli d afa cune (2) altre Potenze hanno goduto ne' suoi Stati ed il suo desiderio di abolirli di comune consenso: e S. M. Brittanica avendo manifestato a S. M. Siciliana la sua perfetta disposizione di acconsentirvi, stabilendo uno stato di cose, che possa nel tempo stesso riparare gl'inconvenienti de'  quali si è doluta S. M. Siciliana, e provvedere parimente alla sicurezza ed a'  vantaggi dei sudditi e del commercio della Gran Brettagna ne' dominj di S. M. Siciliana: le LL. MM. Siciliana e Brittanica, sempre animate da' sentimenti della più intima amicizia, ad oggetto di pervenire a questo doppio scopo, hanno nominato per loro Plenipotenziarj, cioè,

«S. M. il Re delle Due Sicilie il signor Fabrizio Ruffo Principe di Castelcicala, Ministro di Stato, suo Gentiluomo di Camera con esercizio Cavaliere Gran-croce dell'insigne Ordine di S. Ferdinando e del merito,

(1) Non era affatto continuazione di privilegi! innominati, perché nel precedente decennio del Governo Francese non v'era filalo l'esercizio di alcun privilegio, e molto meno avanti, risalendo sino al principio del Governo di Carlo 111, e ne anche allor quando il Regno di Napoli stava sotto Io scettro di Cesare, e cosi arrivando sino alla fondazione della monarchia. Mai, mai fu riconosciuto in questo regno privilegio di bandiera!

(2) Quali erano quelle alcune altre Potenze? Innominat'i privilegi, innominate le Potenze!

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Cavaliere dell'insigne real Ordine di S. Gennaro, suo Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario presso S. M. Britannica e suo Ambasciatore straordinario presso S. M. Cristianissima:

«E S. M. il Re del Regno Unito della Gran Brettagna e dell'Irlanda, l'onorevolissimo Roberto Stewart, Visconte di Castelreach, Cavaliere del nobilissimo Ordine della Giarrettiera suo Consigliere del Consiglio privato, Membro del Parlamento, Colonnello dei reggimento di milizia di Londonderry e suo principale Segretario di Stato del dipartimento degli Affari Esteri. I quali, dopo di essersi comunicate le loro plenipotenze trovate in buona e debita forma, sono convenuti ne' seguenti articoli:

«Art. 1. S. M. Brittanica conviene nell'abolizione di tutti i privilegj ed esenzioni di cui i suoi sudditi ed il loro commercio ed i loro bastimenti mercantili hanno goduto e godono {i) negli Stati, porti e dominj di S. B|. Siciliana per effetto del trattato di pace e di commercio conchiuso in Madrid il io e 23 maggio 1667 tra la Gran Brettagna e la Spagna; de' trattati di commercio tra le stesse Potenze firmati in Utrecht il 9 dicembre 1713 ed in Madrid il 13 dicembre 1715; e della convenzione conchiusa in Utrecht (1) il 25 febbrajo 1712 e 8 marzo 1718 tra la Gran Brettagna ed il Regno di Sicilia: ed in conseguenza

(1) Nel tempo in cui si firmava la convenzione non godevano alcun beneficio. Se appunto allora cominciava il nuovo Governo della Ristaurazione, ov'era l'attualità del privilegio?

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resta convenuto tra le prelodate MM. LL. Siciliana e Brittanica, loro eredi e successori, che i detti privilegi ed esenzioni tanto delle persone che della bandiera e de'  bastimenti sono e rimarranno perpetuamente aboliti (2).

«2. S. M. Siciliana promette di non continuare, né accordare per l'avvenire a'  sudditi di nessun'altra Potenza i privilegj e l'esenzioni aboliti colla presente convenzione (3).

«3. S. M. Siciliana promette che i sudditi di S. M. Brittanica non saranno sottoposti nei suoi Stati ad un sistema di visite doganali e di perquisizioni più rigoroso di quello ch'è applicabile a' sudditi della detta M. S. Siciliana (4-).

(1) Tutti gli storici nel descrìvere gli articoli tanto del trattato di pace concluso in Madrid nel 1667, quanto dell'altro firmato in Utrecht nel 1712 in cui v'intervenne anche l'Austria, non si parla affatto di privilegj commerciali accordati a qualcuna delle potenze contraenti in pregiudizio del Regno delle due Sicilie.

(1) I privilegj di bandiera e quelli che chiamanti personali nommai esistiti, non aveano bisogno di abolizione e di rinuncia. Si trovavano col fatto distrutti ed annullati. Non si distrugge ciocche non esiste!

(1) Fortunatamente a niun altra Potenza è stato accordato, ne prima né dopo il trattato, alcun privilegio.

(1) Dunque assimilazione apodittica della bandiera Brittannica colla bandiera Siciliana ne soli porti delle due Sicilie.

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«4. Promette inoltre «S. M. il Re delle due Sicilie che il commercio brittanico in generale, ed i sudditi brittanici che l'eserciteranno, saranno trattati in tutti i suoi Stati sullo stesso piede delle nazioni le più favorite, non solamente riguardo alle persone ed alle proprietà de'  detti sudditi brittanici, ma ben anche per ogni articolo del quale essi fanno commercio, e per le imposizioni o altri pesi pagabili su' detti articoli, o su' legni  0/0  quali si farà l'importazione (1).

«5. Riguardo, a' privilegj personali di cui dovranno godere i sudditi di S. M. Brittannica nel Regno delle Due Sicilie, S. M. Siciliana promette che avranno essi libero e non dubbio diritto di viaggiare e risedere ne' territori e doni ir della prelodata M. S.: salve le precauzioni di polizia, che vengono usate colle nazioni le più favorite. Essi avranno dritto di occupare delle case é de'  magazzini, e di disporre delle loro proprietà personali di qualunque natura e denominazione per vendita, donazione, per-mute o testamento, ed in qualunque altro modo, senzacché si rechi loro a tal effetto il menomo ostacolo o impedimento.

«Non saranno i medesimi obbligati, sotto verun pretesto, a pagare altre tasse o imposte, che quelle le quali sono pagate o potranno pagarsi negli

(1) Proprietà, commercio e persone inglesi, 'tutto assimilato alle nazioni le più favorite. Ma vi poteva essere una nazione più favorita della Sicilia istessa?

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Stati di S. M. Siciliana dallo nazioni le più favorite.

«Saranno essi esenti da qualunque servizio militare, sia per terra, sia per mare: le loro abitazioni, i magazzini e tutto ciò che ne fa ]5arte e loro appartiene per oggetti di commèrcio o di residenza saranno rispettati: non saranno soggetti a visite o perquisizioni vessatorie: non potrà farsi nessun esame arbitrario o ispezione de'  loro libri, carte e conti, sotto l'apparenza dell'autorità suprema dello Stato; né potranno praticarsi altrimenti, che in seguito di sentenza legale de'  tribunali competenti.

«S. M. Siciliana si compromette di garantire in tutte le occasioni a'  sudditi di S. M. Brittannica, che risederanno ne' suoi Stati e domin, la conservazione delle loro proprietà e della loro sicurezza personale, nello stesso modo eh'è garantita a' suoi sudditi, ed a tutti i forestieri appartenenti alle nazioni le più favorite e le più privilegiate (1).

«6. Conseguentemente al tenore degli articoli i e 2 di questo Trattato, S. M. Siciliana s'impegna

(1) Le proprietà e privilegii personali sono fortunatamente dettagliati in questo articolo: altrimenti non erano definibili. Ripetiamo che fatta V assimilazione delle due bandiere ne' porti Siciliani, fu rinnovata ed adattata la stessa assimilazione a'  dritti politici e civili in riguardo alle persone, anche nel Reame Siciliano. Dunque eguaglianza di dritti e di doveri f fuorché l'esenzione dal servizio militare a prò degl'inglesi.

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a non dichiarare nulli ed aboliti i privilegj e l'esenzione che attualmente gode nei suoi Stati il commercio brittannico, che nello stesso giorno e collo stesso atto col quale saranno dichiarati nulli ed aboliti i privilegi e l'esenzioni di ogni sorta di tutte le altre nazioni (1).

«7. S.M. Siciliana promette di accordare dal giorno in cui avrà luogo l'abolizione generale de'  privilegi, a norma degli articoli 1, 2 e 6, una diminuzione del dieci per cento sull'ammontare delle imposizioni pagabili secondo la tariffa vigente il primo di gennajo 1816, sulla totalità delle mercanzie e prodotti del Regno Unito delta Gran Brettagna e dell'Irlanda, sue colonie, possessioni e dipendenze, che saranno immessi negli Stati di S. M. Siciliana, giusta il tenore dell'articolo 4 della presente convenzione (2). Ben inteso che nulla di quanto è contemplato in questo articolo possa impedire ai Re delle due Sicilie di accordare, se gli aggrada, una simile diminuzione d'imposizioni ad altre nazioni (3).

(1) Non v'era che abolire in ordine ad altre nazioni. Niuna del Mondo esercitava privilegj. In effetti quale Atto diplomatico vi è stato che K ha dichiarati nulli? Se questi privilegi tenevano vita ed esistenza, avrebbero dovuto essere aboliti nel dì 30 marzo 1818, quando fu data esecuzione al Trattato: dicciò nec vola, nec vestigium, nec umbra!

(1) Ecco tutto il nerbo del Trattato, diminuzione del 10 0/0 sui dazj d'importazione. Ecco la necessita di premettere esistenza di privilegj per dare aria di transazione al Trattato.

(1) Se rimaneva al Re delle due Sicilie la facoltà di accordare ad altre nazioni lo stesso favore della diminuzione del io per 0/0 ed in tal caso

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«8. I sudditi delle Isole Jonie essendo attualmente sotto 1 immediata protezione di S. M., B tannica, parteciperanno di tutti! vantaggi accordali dal presente Trattato al commercio ed a'  sudditi britannici: ben inteso che per impedire ogni abuso, ed acciò possa constare la sua identità, ogni bastimento Jonio sarà munito di una patente sottoscritta di proprio pugno dal Lor commessa, o dal suo rappresentante.

«La presente convenzione sarà ratificata, e ratifiche ne saranno cambiate a Londra nello spazio di sei mesi, o più presto, se si può.

«In fede di che i Plenipotenziarj rispettivi l'hanno sottoscritta e vi hanno apposto il sugello delle loro armi. Fatto in Londra {i) il ventisei settembre mille ottocento e sedici.»

(L. S.) CASTELCICALA. (L. S.) CASTELREAGH.

ARTICOLO SEPARATO E ADDIZIONALE.

«Per evitare qualunque equivoco relativamente alla diminuzione d'imposte in favore del commercio britannico promessa da S. M. Siciliana coll'articolo 8

non ritornavano in vigore gli antichi privilegj, ne seguiva che il Trattato restava distrutto in sul nascere, che il privilegio non era privilegio che invano si erano occupati di quella convenzione.

(1) Anche in Londra Tu sottoscritto il Trattato. Fu una di manda che avanzò l'Inghilterra al nostro Governo, o noi le portammo un presente?

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della convenzione oggi sottoscritta, stipulata tra la prelodata M. S. e S. M. Brittannica, vien dichiarato col presente articolo separato ed addizionale che per la concessione del dieci per cento di diminuzione si debba intendere che nel caso in cui l'ammontare dell'imposizione sia del venti per cento sul valore della mercanzia, l'effetto della diminuzione del dieci per cento è quello di ridurre l'imposizione dal venti al diciotto, e cosi proporzionatamente per gli altri casi. Come pure che sugli articoli, i quali non sono tassati ad valorem nella tariffa, la diminuzione dell'imposizione sarà proporzionale, vale a dire che si accorderà la diminuzione della decima parte sull'ammontare della somma pagabile.

«Il presente articolo separato ed addizionale avrà la stessa forza e valore, come se fosse inserito parola per parola nella convenzione di questo giorno; e sarà ratificato, e le ratifiche ne saranno cambiate nell'atto stesso.

«In fede di che i Plenipotenziaij rispettivi l'hanno sottoscritta, e vi hanno apposto il sugello delle loro armi. Fatto in Londra il ventisei settembre mille ottocento e sedici.»

(L. S.) CASTELCICALA (L. S.) CASTELREAGH.

«La soprascritta convenzione è stata da noi ratificata il 24 febbraio 1817, e da S. A. R. il Principe Reggente del Regno Unito della Gran Brettagna e d'Irlanda gli 8

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del detto mese ed anno; e le ratifiche sono state cambiate in Londra il 2 aprile dell'anno stesso.»

Non appena fu pubblicata la di sopra notata Convenzione conclusa coll'Inghilterra che tosto si sentirono i funesti effetti della profonda ferita fatta nel cuore del nostro commercio. Il Cavaliere de'  Medici, quegli stesso che n'era stato il fabro, non per dappoccagine di animo, al dir del Signor Fortunato (1), ma per circostanze allatto oscure, cominciò ad arrossirne. Egli, toccato dalle querele de'  negozianti, vinse l'antico proponimento, e si diede somma premura di far riparo direttamente ed indirettamente a'  danni del Trattato. Egli scelse due vie, quella della Diplomazia, e quella delle leggi doganali. Colla prima, dopo aver ottenuto un Real Rescritto, scrivea Lettere al Principe di Castelcicala in Parigi Ambasciatore presso quella Corte, perché postosi d'accordo col Conte Ludolf, allora nostro Rappresentante in Londra, avessero insieme procurato di ottenere dalle rispettive Corti con una novella convenzione la rinunzia al 10 per 0/0, convenzione fondata su quella reciprocanza che mancava nel primiero Trattato. Il quale, se meritava di essere rivocato pel gravissimo pregiudizio recato al nostro commercio, lo meritava molto più

(1) Vedi il voto e la memoria fatta in occasione del progetto del novello Trattato. Vedi le risposte e le osservazioni fatte alla stessa Memoria.

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per le doglianze che riceveva il Governo di Napoli dal Gabinetto Austriaco, il quale giustamente reclamava la stessa diminuzione daziaria accordata all'Inghilterra ed alla Francia. E la stessa richiesta faceva pure la Russia, e molto tempo dopo lo dimandarono anche gli Americani, ed infine, se non palesamente, con Note le istanze medesime facevansi, come si fanno, dalle nazioni di secondo ordine, le quali all'odio dei privilegj volevano sostituire una equilibrata corrispondenza commerciale. Le pratiche adoperate dall'esimio Principe di Castelcicala furono per suo consiglio sospese, e sospese pur quelle del Conte Ludolf in Inghilterra. Ripigliate poscia dopo la morte del de'  Medici, tanto le prime che le seconde non partorirono alcun effetto sino a che non vennero di nuovo riprese nel 1838, come in appresso diremo. Tralasciamo di raccontare le pratiche e le conferenze tenute dal Conte Ludolf con Lord Palmerston, le quali durarono parecchi anni. Né di esse avremmo fatto menzione alcuna, se da quelle non si apprendesse una importantissima notizia. Il Parlamento ed il Ministero della Gran Brettagna conobbero l'esorbitanza e la inconvenienza del privilegio del 10 per 0/0 e fecero noto al Ministro Ludolf di volervi rinunziare, fissando una convenzione di mera reciprocanza.

L'altra via intrapresa dal Cavalier de'  Medici per rendere inefficace il benefìzio del dieci per 0/0 fu quello,

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come si è di sopra accennato, d'impedirne i danni con accordare eguali a maggiori privilegj alla bandiera napolitana. Quindi con decreto degli 11 agosto 1823 venne accordalo a legni della bandiera nazionale la diminuzione dello per 0/0 sul dazio di tutte qualunque si fossero le mercanzie importate. E procedendo più oltre il nostro real Governo, affin d'incoraggiare le lontane navigazioni, accordò un secondo premio d'incoraggiamento con diminuire il 20 e il 30 per 0/0 sui dazii, qualora i legni napoletani provvenssero dal Baltico 0 dalle Indie. Né debbe omettersi di farsi menzione dell'altro premio sull'esportazione de'  nostri olii conceduto collo stesso decreto degli 11 agosto 18 23, col quale venne accordato la diminuzione di un terzo sul dazio in paragone di quello che si pagava e si paga da legni stranieri. Infine  0/0  decreti del 1824. e 1826 furono riordinate, aumentandole, le tariffe doganali, ed in tal modo e con tali provvedimenti (ché saggi pur sono) si è creduto di essersi annullato il benifìzio del 10 per 0/0, che anzi, si soggiugne da parecchi scrittori sulla quistione, di essersi molto migliorata la nostra condizione. Ed ancorché la Inghilterra per diritto di rappresaglia avesse soppraccaricato del doppio il dazio sull'introduzione dei nostri olii in quelli porti, pure il nostro commercio non ne ha in minima guisa sofferto;

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poiché furono altrove ed in più lontane parli trasportati con eguale e forse con maggiore profitto. Se questo stato di guerra commerciale sia conveniente al progresso del nostro commercio e sia profittevole e sia preferibile a più pacifiche relazioni, noi non crediamo doverlo argomentare dalle apparenze. Né c'illude un picciolo aumento di entrata finanziera; perciocché questa potrebbe essere maggiore senza impauperire ed insterilire la già troppo disseccata pianta commerciale. Né pure miriamo alle condizioni del momento, buone o triste che sieno, poiché queste essendo passaggiere, non. istabiliscono quello stato florido sopra di saldai base poggiato. Alla ricchezza ed alla civiltà non solo del presente, ma anche dell'avvenire mirar deve con occhio accorto e provvido l'uomo di stato e lo scrittore.

Morto Ludolf, le trattative rimasero sospese; ma portatosi in Napoli Sir Friderik Lamb Ambasciadore Britannico in Vienna, rianimò la sopita quistione. Il Ministro degli affari esteri vi tenne delle lunghe conferenze, dietro delle quali si ebbe per parte dell'Inghilterra un breve progetto di Trattato, che servir dovea di base alla finale convenzione tra la Gran Brettagna e il Regno delle due Sicilie, e che noi abbiam letto in una memoria messa a stampa e pubblicata in giugno dello scorso anno (1) Eccone il riassunto.

Reciprocanza perfetta assimilando le bandiere

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Siciliana ed Inglese tanto ne' dazii di dogana che di navigazione: rinunzia al io per 0/0 per parte dell'Inghilterra: riduzione d'ambe le parti nelle tariffe; durata del Trattato per anni dodici.

Presentate le proposte a S. M. Ferdinando II. fu con sapiente consiglio creata con Real Rescritto de'  20 aprile 1839 una Commessione di otto distinti personaggi i quali dovevano esaminare attentamente le basi della convenzione, e proporre qualunque modificazione, che la coscienza, la morale, la delicatezza, l'onore e l'interesse del regno consigliava. Ognuno dar dovea il suo parere innanzi di tutt i componenti scritto e ragionato. Più sessioni furon tenute, nelle quali mostrò ciascuno caldo desiderio di migliorare il nostro commercio, e belle cognizioni di Economia pubblica e di pratica commerciale. Tranne due soli componenti, commende volissimi ancor essi, gli altri tutti furono di accordo esser utile accogliersi la proposizione del Trattato, negoziarsi sulle basi offerte, scioglierle da qualunque dubbiezza e futura pericolosa interpetrazione e menarsi a compimento una novella convenzione, la quale distruggesse la precedente cotanto nocevole sperimentata.

(1) Quistione inglese—maggio 1839. Falli che hanno dalo luogo alla quistione.

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Siffatta proposizione col lavoro della Commessione fu nel Consiglio de'  Ministri, con eguale accuratezza e ponderazione riesaminata.

E il Re, cui era noto il primo lavoro e presente alle discussioni del Consiglio di Stato, con senno che non ha d'uopo di elogi, decise di concludersi un novello Trattato, per guida tenendo innanzi gli occhi le proposte basi. L'esecuzione venne imposta al Ministro degli affari esteri. E mentre i subordinati articoli si proponevano dal Ministro napoletano ali Incaricato d'Inghilterra, surse una quistione per incidente, la quale come una meteora spaventevole ha sospesa ed intralciata la prima trattativa, mettendo innanzi pretensioni e minacce, ottenendo risposte e preparamenti che hanno occupato tutte le fantasie. Ben diceva quell'uomo straordinario, il quale primeggiò per acutezza d'ingegno, che le imprese più magnifiche, i fenomeni più maestosi o spaventevoli, che tutto quello che accade nel mondo di sorprendente è l'effetto di picciole ed impercettibili cagioni. Intendiamo di parlare del contratto degli Zolfi della Sicilia, del dimandato scioglimento e di tutta la catena de'  posteriori avvenimenti. Noi scriviamo nel momento più vivo della meteora, e speriamo di aggiugnere qualche goccia di acqua per vederla subito dissipata.

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CAPITOLO II
A QUALE TRISTA CONDIZIONE FU RIDOTTO  IL COMMERCIO DELLE DUE SICILIE COL TRATTATO DEL 1816?

Appena fu dala pubblicità ed esecuzione al Trattato del 1816, concluso colle tre Potenze la Francia, l'Inghilterra e la Spagna, che tutte le altre nazioni ingelosirono. E tra queste dolenti più rimanevano l'Austria e la Russia, le quali, avendo tanto contribuito alla restaurazione i Europa, fissata nell'Atto diplomatico di Vienna col quale furono restituiti i Troni alla legittimità, si vedevano messe nel grado delle nazioni meno favorite. Se ne doleva l'America, il Levante, l'Olanda, la Svezia, il Portogallo, la Sardegna, l'Italia, Roma istessa a noi limitrofa, paesi tutti i quali non potendo sostenere la concorrenza senza perdita, si rimasero dal far commercio con noi. Laonde noi per favorire tre nazioni restammo abbandonati dalle relazioni commerciali di tutte le altre. Né fu solamente abbandono, ché da questo si passò alla rappresaglia. L'Austria e la Russia sopraccaricarono le mercanzie portate con bandiera napoletana di dazi fortissimi, cosicché respinsero da' loro porti tutt'i nostri legni. L'America più delle altre inesorabile e severa impose sulle mercanzie napoletane un dazio di 124 soldi a tonnellata, mentrecchè le altre provvegnenti da porti diversi

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non pagavano, come non pagano, che quattro soli soldi a tonnellata. Adunque non potendo i nostri legni mercantili approdare ne' porti stranieri perché respinti dalle tasse durissime, né potendo quelle nazioni far traffico col Regno delle due Sicilie, perché non partecipavano del beneficio del 10 per 0/0, è agevole scorgere di qual punta mortale rimase offeso e quasi estinto il nostro commercio. Quale addivenne, e qual è tuttavia la nostra vera condizione commerciale? E uno stato violento di forza e d'inceppamento: è uno stato di guerra nel seno della pace. Napoleone col suo sistema continentale avea chiusi, è vero, i porti dell'impero a tutte le nazioni, perché con quelle da nemico aperto guerreggiava. Ma l'atto Diplomatico di Vienna intese restituir la pace e colla pace il commercio alle travagliate popolazioni; quindi non permise certamente che vi fossero restati germi di guerre più funesti de'  precedenti, quelli che viemmaggiormente vincolavano e distruggevano le reciproche relazioni di commercio.

Fosse almeno per le due Sicilie rimasto libero, reciproco, eguale, proporzionato e non ingiurioso il commercio colle tre Potenze privilegiate! Neppur questa reciprocanza si ottenne col funesto trattato; perocché i legni colla bandiera Napoletana non godevano della diminuzione del 10 per 0/0 quando trasportavano le indigene o le straniere merci ne' porti di quelle tre Potenze co' bastimenti di bandiera nazionale;

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diminuzione che era imponentemente richiesta dal dritto di reciprocanza, dal dritto di egualità nella convenzione, dalla giustizia naturale, dalla ragione delle genti. Chi mai può sopportare una convenzione, in cui tutto il vantaggio ricade in beneficio di un sol contraente? Quali principii di diritto positivo e di dritto pubblico possono garantire simile contrattazione?

Facciasi un paragone tra il commercio delle due Sicilie, e le tre potenze privilegiate nei rapporti generali di tutte le nazioni, lo spettacolo si presenterà più tristo e malagevole. La bandiera Napoletana non è accolta ne' porti d'Italia. d'Olanda, di Russia, di Levante, di America; quindi corre nel seno delle sue amiche nazioni, la Francia e l'Inghilterra: ma ivi non ritrova la stessa accoglienza ed ospitalità che essa medesima le pratica ne' porti suoi; quindi in parte traffica con perdita, in parte abbandona ogni utile alle potenze privilegiate: queste però non incontrano ostacoli nel loro commercio con tutti gli altri paesi, vi corrono liberamente; sicché godono un'altra preminenza. Son libere adunque nel commerciare con tutto il mondo, sono privilegiate nel trafficare colle due Sicilie; ma le due Sicilie sono straniere al commercio del mondo, né ritrovano sicuro asilo presso le favorite: ceppi perciò da per ogni dove, forti fra le beneficate genti, più forti fra le amiche.

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E come può un uomo stretto da ferri competere di forza e di agilità con quegli che ha le membra interamente libere? Erano queste le parole che pronunziava il Deputato Lingoln nella Camera de' Comuni, e queste stesse noi improntiamo per suscitare nel petto dell'Inghilterra que' sentimenti che da venti anni addietro quel Deputato ispirava e che poscia ha messo in pratica colla Francia.

Questo stato violento di commercio esterno dovea per necessità rifluire sul commercio interno e sulle produzioni del suolo. Chi non sa che dal 1828 i cereali sono caduti avitissimo prezzo? Chi non sa che le terre delle due Sicilie da quell'epoca sono diminuite di valore, restando a proprietarii gli stessi pesi e le stesse obbligazioni?Chi non sa che la nostra agricoltura è peggiorata per la mancanza de'  mezzi da acquistare gli strumenti agrarii di cui profittano le nazioni non agricole? Chi non sa, che l'Egitto e il mar nero, che la Prussia e la Polonia, che il Portogallo e l'America offrono granaglie senza vincoli commerciali? Chi non sa, che il Piemonte e lo Stato Lombardo Veneto, che il Tirolo e il Bengal, che l'India, la China, la Spagna, l'Asia minore e le Isole Jonie offrono la seta e la lana a migliori condizioni delle nostre? Ov'è quella vantata terra di Cerere,  ov'è quel suolo tanto ferace, se da Napoli non si esportano per anno che soli cantaia 219,927 grano (1)?

A questa tristissima condizione ci ha condotto

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 il Trattato Mediceo del 1816.

Vediamo se le vie tenute e le agevolezze accordate alla nostra bandiera, come si asserisce, abbiano messo in una paralisi gli effetti del Trattato, ed abbiano sorpassato pure le esigenze del male.

CAPITOLO III.
LE PRATICHE DOGANALI HANNO PREVENUTO LE TRISTI CONSEGUENZE
DEL TRATTATO, HANNO PROSCIOLTO IL NOSTRO COMMERCIO?

Rese infruttifere le Note de'  napoletani ministri Medici e Ludolf presso le Corti di Parigi e di Londra, fu mestieri di ricorrere ad altri espedienti; quindi si cercò di favorire per quanto si poteva la bandiera nazionale. Un 10 per 0/0 di diminuzione sul dazio per le merci importate da nostri bastimenti, un 10 ed anche un 20 per 0/0 per quelli provegnenti dal Baltico, una diminuzione sul dazio di esportazione delle derrate, un aumento di tariffa (ciocché alcuni chiamano rettifica), tutti questi privilegj accordati alla real bandiera hanno essi prestato pronto rimedio ai malanni del Trattato, hanno migliorato il nostro commercio? Forse salutari provvedimenti eran quelle

 (1) Estrazione del grano fatto nell'anno 1837

Con bandiera estera, cantaja

149,531 : 40

Con bandiera napoletana

66,671 : 00

Per terra

3,724  : 71

Totale

219,927  : 11

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da intraprendersi ancorché quel Trattato non esisteva; perché i privilegj che si accordano ad una nascente marinerìa dall'amministrazione di uno Stato sono regolamenti d'interna famiglia, i quali non turbano le relazioni commerciali collo straniero, anzi usati con parsimonia, preparano il materiale per equilibrarle. D'onde nasce che que' provvedimeuti per quanto saggi fossero stati ed utili per la marina mercantile, rimanevano infruttuosi per affievolire indirettamente le asprezze del Trattalo. Meglio svilupperemo questa osservazione.

Tutti gì'incoraggiamenti finora accordati alla bandiera, e quelli ancora che le si potrebbero concedere, non producono altro salutare effetto che di aumentare il nostro naviglio mercantile, e di esportare colle nostre mani stesse i prodotti del suolo e le manifatture (quandocché saranno migliorate da reggere al paragone colle straniere); ma niente contribuiscono o possono contribuire a sciogliere il commercio dai vincoli che lo intralciano. Imperocché la marina mercantile costituisce una classe ed una corporazione indipendente dalla classe dei produttori; ma di questa senza paragone inferiore di numero e di utilità. Per quanti favori si possano concedere alla marina mercantile essa addiverrà ricca e potente, ma non migliorerà perciò l'agricoltura e l'industria. Ed ancorché riuscisse al real Governo di far esercitare il commercio di trasporto e d'importazione

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esclusivamente dalla bandiera napoletana, non si procurerebbe altro vantaggio che quello di far guadagnare ai commercianti e nulla più; sforzerebbesi di far addivenire commerciante un popolo, il quale vien chiamato dalla natura ad essere agricoltore, qualità quella e carattere quanto utile ai Veneziani, agli Olandesi, ai Livornesi, agli Inglesi ed a tuff i popoli che non sortirono un fertile ed ubertoso terreno, altrettanto per gli abitatori delle due Sicilie, se non nocivo, indifferente. Chi tiene nascosti i tesori nel proprio abituro, non deve ricercarli altrove: quelli deve disseppellire e cambiare con altre produzioni che la natura. è larga ad altre regioni. L'avvilimento del prezzo de'  cereali e degli olii per esempio, può dipendere e dall'abbondanza del ricolto, o dagli ostacoli frapposti allo smercio ne' porti lontani. L'abbondanza non è stata giammai nociva, perché la maggior quantità compensa la diminuzione del prezzo, ma gli ostacoli son quelli che inceppano ogni sbocco, che ne sviano la direzione, che ne aumentano le spese, che accrescono i pericoli, che avviliscono la merce. Questi ostacoli non sono stati affatto rimossi con i favori accordati alla marina mercantile: nemici eravamo colle nazioni commercianti, e nemici siamo: ci respingevano da loro porti, come ci respingeranno, finché non venga abolito l'odioso privilegio del 10 per 0/0.

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Una difficoltà si presenta. Tutto il prodotto del nostro suolo non resta punto ristagnato; quindi il commercio è nel suo apogeo, quindi è quello che dev'essere. Si potrebbe aggiungere a quest'argomento, per dargli più forza, che ogni popolo segue il suo destino, e che se il Trattato fu in quel modo concluso, è segno evidente che non si poteva evitare. Mesceremmo così un poco di antico fatalismo musulmano per rimaner sempre nel sopore e nell'abiezione.

Rispondiamo, che non è prudenza né regola di buona amministrazione il soffermarsi passivamente nello stato in cui un paese si ritrova senza di avere in mira e cercare il miglioramento che si potrebbe aggiungere, specialmente allorché se ne avesse la certezza. 11 solo schiavo, il quale non pensa, si accostuma alle sue catene. I nostri olii, se fossero ricevuti ne' porti d'Inghilterra e di Francia, sarebbero pagati a più larga ragione, e trasportali  0/0  legni di bandiera nazionale, guadagnerebbero il soprappiù delle spese che si consumano portandoli più oltre in più lontane regioni. L'agricoltura se non è totalmente deserta, non si trova certamente in quella fiorente condizione a cui la richiamano l'amenità del cielo e la fertilità del terreno. Abbiam veduto nel corso dell'anno 1838 pubblicare un Decreto che divietava l'estrazione de'  cereali, affin di prevenire lo stato possibile di penuria o anche il solo timore. Or non merita sempre rimprovero il colono

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delle due Sicilie, il quale non tenga tante granaglie in serbo anche ne' tempi di scarsezza da provvederne chi non vive in un suolo così felice? Perché dunque i coloni ed i proprietarj coltivano pochi terreni? Perché i terreni dal 1818 in qua sono scemati di prezzo? Avviene perché il commercio è intralciato di mille ostacoli: il commercio è là causa e non l'effetto dell'abbondanza. A primo aspetto ed alle menti poco elevate sembra che il commercio florido sia la conseguenza ed il risultamento di un'agricoltura egualmente prosperosa, perché se niente o poco si produce, che si può esportare? Eppure non è così. Quando si è ottenuta un'abbondante produzione, e niuno la dimanda 0 il prezzo è basso, l'agricoltore non ritraendo alcun vantaggio dalla speculazione, per non incorrere nelle stesse perdite nell'anno seguente, abbandona l'industria campestre: dunque lo spaccio promuove il lucro ed è la causa più efficace per animare l'agricoltura: dunque quel che sembra effetto è in realtà cagione. Conchiudiamo dacciò che se niente delle produzioni del suolo rimane stagnante in ogni anno, io è senza nostro vantaggio, senza speranza di migliorare, tristo effetto della bassa coltivazione.

Da ultimo s'immagini per un momento poter succedere che il Trattato del 1816 potesse essere colle pratiche doganali annichilito, quale sarebbe la nostra condizione commerciale?

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Una gelosia perenne, un perenne sospetto, una continua guerra di operazioni, stato non compatibile con una ben regolata e legale amministrazione. E di qui a poco mostreremo di non convenire neanche alla dignità francese ed alla dignità inglese. Nell'interesse nostro, non meno che degli stranieri, noi intendiamo di scrivere, come abbiamo accennato, questi pochi istantanei pensieri.

Passiamo intanto ad altro più grave argomento.

CAPITOLO IV
INDOLE DEL TRATTATO.—CONTIENE UN MONOPOLIO.
—SI OPPONE AL DRITTO DELLE GENTI.

Ormai non v'è materia più comune e familiare, più discussa ed animata, più interessante ed indecisa quanto il Trattato del 1816, quanto l'esame della nuova proposta, quanto la quistione sicula de'  solfi che si fa dipendere dalla lesione del Trattato istesso. Quest'ultima poi, la quistione de'  solfi, ha invaso il dominio delle menti tutte in modo che dal discutere si è passato alla esaltazione de'  pensieri, a strane conjetture, a speranze lusinghiere. Vero è che tale esaltazione per diversa cagione è cominciata in Sicilia per opera de'  negozianti inglesi., i quali seppero trasfonderla nell'animo di Lord Lindurst, questi al Parlamento, il Parlamento al Ministero, il Ministero al fratello del primo Ministro, questi al Governo di Napoli,

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ove dignitosi temperamenti si sono adottati e tuttavia si stan praticando. In tale momento riesce più difficile discutere con pacatezza di animo le quistioni. Pure è necessità richiamar tutti alla calma, debito nostro principale, senza dicchè la verità punto non può rinvenirsi.

Allo scopo, al risultamento ed alle conseguenze del Trattato del 1816 fa mestieri fissare l'attenzione per definirne l'indole e la natura.

I primi articoli di quella convenzione parlano dell'estinto privilegio di bandiera, che godevano la Francia, l'Inghilterra e la Spagna in virtù della pace di Utrecht; parlano i secondi delle rimunerazioni e de'  favori che intendeansi concedere in transazione; si conclude di accordar loro la diminuzione del 10 per 0/0 sui dazj d'importazione. Ma da questo accordato privilegio che ne avvenne? Ne avvenne che tutte le altre nazioni si arrestarono dal commercio col Regno delle due Sicilie, e la bandiera Napoletana fu respinta per effetto della elevazione de'  dazii ordinata da quelle nazioni medesime; si che, allontanate tutte le altre, rimasero le sole tre privilegiate. Ma chi ritrova il mezzo di restar solo nella negoziazione di una merce, escludendone gli altri, esercita il monopolio: dunque le tre potenze privilegiate tacitamente si fecero autorizzare al più esteso monopolio.

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Diciamo esteso anzi universale; imperciocché non consisteva in una sola mercanzia, ma su tutte le derrate e merci che potevansi importare ed esportare dalle due Sicilie. Qual è dunque l'indole della convenzione del 1816? Un monopolio, universal monopolio.

Ora il monopolio, quando viene esercitato da particolari, cade sotto la sanzione delle leggi penali, poiché priva gli altri cittadini con fraude dell'esercizio de'  dritti politici e civili. I Governi però sotto l'egida della pubblica utilità (1) e per l'eminenza del sovrano potere possono autorizzare un monopolio di una determinata mercanzia. Ma quando viene permesso, non si deve più dimandare del miglioramento di quell'industria di cui è accordala la privativa; perciocché non temendosi della rivalità, a poco a poco si peggiora e alfine si perde. Perciò i Governi sono o dovrebbero essere assai circospetti. e rigorosi nell'accordare simili privilegi.

Ma nommai si è permesso o si è creduto giusto che una nazione possa esercitare un monopolio a danno di un'altra nazione. Non é uopo ricorrere al Trattato di Utrecht, 0 all'atto di Vienna per riconoscere la indipendenza delle nazioni.

(1) Le monopole exerce dans un intérêt privé a toujour été l'objet de la réprobation la plus vive; exercé dans on intérêt public, il n'a pas droit a beaucoup plus à bienveillance. M. Teullet.

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Il Dritto pubblico di Europa non permette che una nazione, di primo o di secondo ordine ch'ella sia, eserciti una preminenza sopra di un'altra nazione, né permette che ne disturbi i regolamenti di amministrazione. Nel solo caso in cui può essere turbata la tranquillità interna si corre alla forza delle armi nelle turbolenze di uno stato vicino; eppure tale diritto stesso è stato per consenso generale dei gabinetti di Europa ristretto ne' cancelli del non intervento. Tanto si crede una nazione Indipendente dalle altre, tanto è assoluta dispositrice dell'interna sua amministrazione, tanto una deve mostrarsi indifferente negli affari dell'altra! Come dunque può l'Inghilterra e la Francia immischiarsi in tutte le industrie napoletane, guastarne la direzione, avvilirle, ed esigerne un privilegio senza offendere il dritto pubblico di Europa e la politica degli Stati?

Né la sola nazione napoletana è stata pregiudicata nelle sue prerogative inalienabili; ma lo sono state ancora tutte le nazioni di Europa, non che del mondo intero. Imperocché tutte le nazioni incivilite hanno il diritto di esercitare il commercio col Regno delle due Sicilie, e questo diritto inerente alla dignità di ogni stato non poteva essere distrutto con una convenzione odiosa. Il Trattato dunque del 1816 offende le dipendenze naturali c le naturali relazioni fra un popolò ed un altro.

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Esiste una società tacita, universale, indistruttibile ed indipendente da ogni convenzione; società che unisce tutte le parti e tutte le ramificazioni del genere umano, benché separate in apparenza dallo spazio dal clima dagli usi o da malintesi privati interessi. I diritti appunto di questa società universale sono stati lesi colla convenzione del 1816; e noi chiamiamo in soccorso tutt'i popoli inciviliti per sostenere innanzi al tribunale della ragione, tribunale infallibile, la niuna efficacia di quella contrattazione.

CAPITOLO V.
IL TRATTATO È NULLO, PERCHÉ SENZA CAUSA,
O FONDATO SOPRA DI UNA CAUSA FALSA.
Non videntur, qui errant, consentire.

Quale fu la pretensione avvanzata dall'Inghilterra e poscia dalla Francia nel 1816 per devenire a quel Trattato? ossia quale ne fu la causa efficiente? ed adottando il linguaggio inglese, quale ne fu la considerazione (1)? E secondo il francese, quale ne fu il perché,  pour-quoi? Il motivo manifestato dalle potenze fu quello di avere esse posseduto una volta il privilegio di bandiera, il quale poteva essere messo di nuovo in esercizio, e per transigerlo si deveniva per parte

(1) BIakston B00d. 2 cap. 30 n.°Q chiama la causa del contratto inducement, id quod inducit ad contrahendum

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del Regno delle due Sicilie a conceder loro il 10 per 0/0 di diminuzione sui dazj d'importazione in compenso di quel favore. Espressa cosi la cagione del Trattato, ne sorgeva una certa preminenza, un dritto esclusivo, una pretensione lucrativa per parte dell'Inghilterra e della Francia a danno della Spagna e non del Regno delle due Sicilie prima del 1715; per cui si trovava materia a convenire ed a transigere. Ma nella enunciazione della pretesa, che i Dottori chiamano assertiva, omisero molte cose di dirsi 1.° cioè, che il privilegio di bandiera era reciproco colla Spagna; 2.° ch'era cessato fin dal 1766 mercé l'Editto del Re Carlo; 3.° che l'abolizione era stata riconosciuta dalle stesse Potenze chiedenti; 4.° che rinascer non poteva pel tempo già decorso: in vece di tutto ciò si disse solamente che l'Inghilterra esercitava tale dritto sul Regno delle due Sicilie, il che era falsissimo. Esaminaremo partitamente questi capi.

Il privilegio di Bandiera, come abbiano di sopra narrato, consisteva nel rendere immuni dalle visite doganali tutt'i legni i quali dall'Inghilterra partivano per la Spagna: come altresì consisteva nell'esentare dalle stesse visite i legni spagnoli che giugnevano ne' porti d'Inghilterra; era in somma un beneficio scambievole, una reciprocanza di fatto, un controcambio di favori, che si compartivano, per essere nazioni fra loro amiche.

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Ma nel concepimento del Trattato si parlò del beneficio come se fosse stato esclusivo della Inghilterra, onde autorizzarsi aduna pretensione. Si tacque dell'eguale beneficio posseduto ed esercitato dalla Spagna. Una causa così mutilata può essere materia di un trattato valido? Simulato il vero fatto, che dava luogo alla contrattazione, può sostenersene la validità? 0 meglio, un Trattato senza causa può aver vigore?

Se fosse lecito chiamare in soccorso in una quistione tra due nazioni le leggi positive, sieno quelle di Roma, di Francia o d'Inghilterra, si troverebbe che le convenzioni concluse senza causa o con causa falsa sono essenzialmente invalide. Ma in una quistione cotanto elevata si ricercano le autorità de'  publicisti, quasiché le Nazioni tra loro non sieno considerale che quali individui, quasicché il consenso delle nazioni non sia lo stesso e non si addimandasse egualmente che in qualunque convenzione. Ebbene, dicono gli scrittori del diritto pubblico, che quando un trattato manca di base, le nazioni non debbono rispettarlo; che quando il vero motivo della diplomatica stipulazione è simulato, quella non partorisce effetto, ed i popoli non son tenuti di rispettarla (1). Dicono che quando i plenipotenziarj

(1) Vedi Grazio Lib. i. cap. 11. §. 6

Vedi Wolff Naturae pari. 3 §. 569

Vedi Hein. Cap. 16 lib I cap. 17 lib.2. De Of. Hom et Civis

 Vedi Vattel Lib. 2 chap. 27 §. 289

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eccedono le facoltà, o agiscono di mala fede, non possono obbligare i Sovrani mandanti e molto meno i popoli di cui sono sostenitori. Non acconsentono i popoli quando errano i Plenipotenziarj, o in altri termini, non ve consenso dov'è errore, e non esiste Trattato, ove non v'è consenso. E fra questi pubblicisti alcuni moderni sostengono che sulla volontà de'  popoli non si transige. Ed appunto come transazione si presentava il Trattato per parte dell'Inghilterra, perché il preteso privilegio fosse compensato con altro favore. Ora riesce assai facile il comprendere la ragione per cui fu taciuta la reciprocanza del privilegio; perciocché se veniva espressa, non v'era luogo a transigere. Qui direbbe un pubblicista e giurisperito insieme, il Toullier, di essere la convenzione dolosa per reticenza; quindi invalida.

E se fu una vera transazione lo stipulato del 1816 fra due nazioni amiche, se fu uno scambio di favori, quale fu il beneficio accordato ai napoletani ed a' siciliani? Qualche cosa si dovea dare, qualche cosa pur si dovea ritenere da amendue le parti, perché la convenzione avesse almeno la fisonomia di giustizia: ci dicano, di grazia gl'Inglesi quale fu l'utilità stipulata a prò nostro? Tutto fu vantaggio da una sola parte, la quale se lo ha sorbito per lo spazio non breve di 22 anni, nel corso dicché ha mutato sistema e politica nelle sue relazioni commerciali.

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Ed un Trattato il quale dà ad una parte sola il vantaggio, ed all'altra parte il danno, non si chiama convenzione leonina?

CAPITOLO VI
IL PRIVILEGIO DI BANDIERA ERA INCOMPATIBILE COLLA COSTITUZIONE DEL REGNO FONDATA DA CARLO III. SE L'ATTO LEGISLATIVO NON FOSSE ESISTITO, MILITAVA NEL 1816 LA PRESCRIZIONE (1).

Noi siamo costretti per effetto del piano dato a questo lavoro di ripetere spesso le cose. Non cerchiamo però d'imitare in tal modo la stampa periodica, la quale riproduce sempre le stesse idee un poco lontane dal vero punto della quistione. Almeno sia a noi permesso una ripetizione di verità, forse necessaria, per contrapporsi a tanti articoli di giornali.

Carlo III fu un gran Monarca, giusto, prudente, dignitoso, magnanimo: severo ne provvedimenti, generoso nelle beneficenze, esimio Legislatore. Allorché prese il freno del governo delle due Sicilie nell'anno 1733 lo resse con le leggi patrie da indipendente ed assoluto.

L'ultima legge fu l'Atto solenne del 179 con cui, neppur facendo motto del privilegio di bandiera, fissò la costituzione dello stato.

(1) La prescription étant d'un usage si nécessaire a le tranquillité et au bonheur dé la société bumaine, on présume de droit que toutes les nations ont consenti a n admettre usage légittime et raisonnable en vue du bien commun et même de l'avantage partiel de chaque nation.

Vattel liv. 2. chap. 11

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Erano presenti a questo alto la Regina e i figli, gli ambasciatori, gli eletti di città, i ministri, i primi baroni, i destinati alla Reggenza. Tutti giurarono egli ambasciatori riconobbero lo statuto. E questo atto sovrano deve definirsi legge fondamentale dello stato, la quale fu dipoi riconosciuta da tutte le Potenze. L'Atto diceva: Lui appellato dalla provvidenza al trono della Spagna e delle Indie rinunciare la corona di Napoli aduno de' suoi figli, Ferdinando, dovendo le due monarchie per gli accordi europei restar divise ed indipendenti.

Ma noi non troviamo in tutto il corso della storia un'epoca, in cui la Francia e l'Inghilterra avessero usato del supposto privilegio di bandiera ne' porti delle due Sicilie. Primacchè Carlo III l'avesse conquistato, era soggetto questo Regno ai domini di Cesare, Alemanno Imperatore, e qui reggeva un Vice-Re. In quell'epoca Viceregnale e nelle precedenti ancora non si avea notizia di privilegio di bandiera. Consolidata la conquista dopo la battaglia e vittoria di Velletri, Carlo riorganizzò l'intera amministrazione, ridusse le quistioni con Roma, fiaccò il feudalismo, promulgò novelle leggi, diede pace, giustizia, ricchezza e felicità a' suoi popoli. E durante il suo prospero regnare dal 1734 al 6 ottobre 1759, giorno in cui lasciò questo Regno per salire il Trono di Spagna, in quel periodo di 25 anni non si conobbe il preteso privilegio.

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Nell'allontanarsi Ei consegnò lo statuto del Reame al suo figliuol Ferdinando, il fece giurare sugli Eangelj, dichiarò il Regno diviso, indipendente da quello delle Spagne secondo gli accordi europei. Ferdinando, e prima di lui la Reggenza, non concessero tale facilitazione. Quale fu dunque l'epoca in cui l'Inghilterra e la Francia esercitarono simile dritto? Quale papiro, quale atto diplomatico, quale archivio, quale storico, quale legge, quale regolamento, quale tariffa parla del preteso privilegio? Confessino pure una volta l'Inghilterra e la Francia che fu uno specioso pretesto quello che diede occasione al Trattato di Commercio del 1816.

E ripetiamo pure una volta la notizia, che si ritrova negli archivj del Ministero degli affari Esteri, che Carlo III. ritornato già nelle Spagne con un solenne Editto del 1766 abolì anco per quel reame il privilegio di bandiera, che in realtà in que' regni vigeva. Questo Editto venne riconosciuto dalla Francia e dall'Inghilterra, le quali egualmente ne proclamarono l'abolizione. Nel 1816, appunto nel momento che tale privilegio si dimandava dall'Inghilterra contro Napoli, non fu dimandato verso la Francia o verso la Spagna, né formò obietto di transazione, né da quell'epoca è stato fra di loro nella menoma parte esercitalo 0 preteso. Da ciò agevolmente si comprende quanto è affliggente il nostro stato commerciale; noi paghiamo un 10 per 0/0 per transazione di un privilegio nommai esistito,

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 mentrecché quelle nazioni, che godevano e soffrivano il privilegio istesso, da un secolo circa non più ne fanno parola.

Ed ancorché avesse avuto vigore nel nostro Regno cotesto privilegio di bandiera, il lungo spazio di cinquantasette anni, quanti ne passarono dall'anno della separazione di questo Regno da quello delle Spagne, sino al 1816 quando si avvanzarono le pretensioni, l'elasso di tanto tempo non bastava a dar campo alla prescrizione? A questo nome di prescrizione si acciglieranno i superficiali pubblicisti, i quali credono che i privilegi fissati con convenzioni fra due popoli, benché odiosissime cose sieno, non fossero soggetti all'efficacia ed all'impero del tempo come le convenzioni tra particolari. Ma costoro forse confondono i dritti de'  popoli e dell'umanità, che sono imprescrittibili, colle preminenze e con i favori, i quali, come riprovali dall'eguaglianza sociale, sono soggetti alla più corta prescrizione. Che se la tranquillità de'  cittadini e il danno dell'incertezza diedero origine alla prescrizione tra gl'individui, con quale maggior fondamento non lo richiede la pace eia sicurtà de'  popoli? Bene dunque diceva Vattel «che la tranquillità de'  popoli, la salute degli Stati, la felicità del genere umano non soffrono che le possessioni, l'impero e gli altri dritti delle nazioni restino incerti, soggetti a contese e sempre in istato da produrre guerre sanguinolenti».

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Ma la politica delle nazioni dal 1793 ha cambiato di principii, e l'Economia pubblica ha camminato anche essa di pari passo. Udire nei tempi in cui viviamo parlar di favori commerciali, di privilegj, di privative, di preminenze, è la stessa cosa che trasportare ne' secoli di barbarie la moderna coltura e civiltà. Cannink istesso sin dal 1820 alzò la sua voce nel parlamento inglese, ed energicamente espose, come il sistema restrittivo e vincolante non conveniva al commercio inglese, come i dazi d'immessane meritavano di essere diminuiti, e come le tariffe si trovavano in ragione inversa per qualunque fosse mercanzia straniera. La sua mozione veniva accompagnata da una dotta petizione sottoscritta da principali negozianti inglesi, e in cui si legge tanto di Economia teoretica e pratica, per quanto non se ne rinviene ne' più famigerati Scrittori (1).

(1) Che il commercio estero è sorgente feconda di ricchezza e di prosperità per un paese, facendo che questo possa importarne le cose, alla produzione delle quali il suolo, il clima, i capitali e l'industria di altri paesi sono più proprj ad esportarne quelle alla produzione delle quali esso è più alto;

» Che la libertà assoluta di commercio è il mezzo più efficace che esista per estendere grandemente il commercio estero f e dare ai capitali ed all'industria del paese la miglior direzione possibile.

» Che la massima di comperare le cose ove sono a più buon patto, e venderle ove sono più care, massima che guida le operazioni individuali di ciascun mercante, è precisamente la stessa che deve regolare il commercio dell'intera nazione;

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Dalle discussioni parlameniarie si francesi che inglesi rileviamo come in ogni anno si è proposto una

 

» Che una politica basata su questi principi renderebbe il commercio del mondo un contracambio di vantaggi reciproci, e spargerebbe fra gli abitanti di tutti gli stati una massa maggiore di ricchezze che non esiste di presente, e procurerebbe loro i mezzi di soddisfare a nuovi bisogni;

» Che per mala sorte una politica affatto contraria è stata sinora più o meno adottata, e lo è tuttavia dal governo di questo e di tutti gli altri paesi; sforzandosi ciascuno i escludere i prodotti degli altri colla mira palese e speciosa d'incoraggiare le produzioni sue proprie, infliggendo per tal modo di necessità alla massa de' cittadini, i quali sono consumatori, privazioni tanto riguardo alla quantità, quanto alla qualità delle merci, e rendendo ciò che dovrebbe essere sorgente di mutui vantaggi e di armonia fra gli stati, una cagione perenne di gelosie e di ostilità.

» Che i pregiudizi! dominanti in favore del sistema proibitivo o restrittivo, debbono senza dubbio la loro origine alla supposizione erronea che ogni importazione di merci estere scema o scoraggia in egual misura le produzioni nazionali; laddove può essere dimostrato ad evidenza, che quantunque possa avvenire che sia scoraggiata la produzione di certe merci producibili con maggior vantaggio all'estero, tuttavia siccome non v ha importazione che possa continuare per qualche tempo senza che abbia luogo una esportazione corrispondente, diretta od indiretta, cosi sarebbe incoraggiata, a motivo di quella esportazione, quale che altra produzione in grado almeno eguale, e probabilmente maggiore della prima; ed il lavoro ed i capitali nostri sarebbero impiegati più utilmente.

» Che può essere provato, che i numerosi dazi posti dal nostro codice commerciale, sieno essi protettori o proibitivi, mentre producono tutti l'effetto di una gravosa tassa sulla società in generale, pochissimi tornano in ultimo risultato a vantaggio di coloro in favore de'  quali furono in prima origine stabiliti, e nessuno in proporzione del danno fatto da essi al restante della società;

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diminuzione sui dazj d'importazione or su di una merce ed ora sopra di un'altra e ritrovasi attualmente sul

» Che fra i gravi mali prodotti dal sistema restrittivo deve porsi in prima linea questo: che la protezione artificiale accordata a coloro i quali coltivano un dato ramo d'industria, e fanno valere una data sorgente di produzione, serve di pretesto ad altri che esercitano altre industrie, pe$ chiedere una egual protezione che non può con giustizia essere loro negata. E cosi, ove si volesse spingere il principio restrittivo e proibitivo alle sue conseguenze estreme, noi verremmo ad essere privati di qualsiasi commercio estero. E gli stessi ragionamenti  0/0  quali vuolsi provare la necessità di porre alti dazj sulle merci estere, o di proibirle assolutamente, potrebbero essere fatti vale per giustificare pure la necessità di porre de'  dazj (indipendentemente dallo scopo di procurare un entrata allo stato) sul concambio de' prodotti ira i tre regni uniti, o fra le provincie di uno stesso regno;

» Che è opportunissimo considerare ora li effetti del sistema restrittivo, perché, secondo Y opinione de petitori, potrebbesi forse giugnere ad iscoprire, la miseria a questi giorni si universale, essere grandemente aumentata da quel sistema, ed ottenere qualche sollievo rimuovendo il più presto possibile alcune tra le restrizioni riconosciute le più nocive ai capitali ed all'industria della comunità, senza che offrano in compenso un aumento delle rendite pubbliche;

» Che una dichiarazione contro i principj anticommerciali del nostro sistema restrittivo è ora tanto più importante in quanto che i negozianti ed i fabbricatori esteri vanno da alcun tempo assalendo i loro governi con inchieste di nuove proibizioni e dazj maggiori, offrendo l'esempio e l'autorità dell'Inghilterra, contro cui que' dazj e quelle proibizioni sono quasi esclusivamente dirette, qual sanzione della politica di tali misure. E certo se le ragioni con cui sono state difese le restrizioni poste da noi hanno pure qualche peso, esse varranno anche a difendere quelle che le nazioni estere sono per istabilire a nostro danno.

 I negozianti ed i fabbricatori esteri insistono sulla superiorità nostra in fallo di capitali e di macchine, come noi sul loro essere

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tappeto il Trattato di commercio tra la Francia e l'Inghilterra, Trattato il quale sembraci  dovrebbe

comparativamente esenti da tasse, e con fondamento eguale;

» Che nulla sarà più efficace ad impedire le ostilità commerciali degli stati esteri, quanto l'adozione per parte nostra di una politica più liberale e conciliante.

a Che quantunque possa essere talvolta opportuno il far dipenderà la remissione per parte nostra di alcune proibizioni, o la diminuzione di alcuni dazj, da concessioni corrispondenti di altri stati in nostro favore, non ne viene di conseguenza che noi dobbiamo mantenere le restrizioni messe da noi air importazione delle merci estere, perché non ci vien fatto di ottenere le desiderate concessioni. Le restrizioni poste da noi non sarebbero meno nocive ai nostri capitali ed all'industria nostra, perché altri governi persistessero a mantenere regolamenti impolitici;

» Che in tali casi, tutto calcolato, la misura la più liberale sarà anche la più politica;

» Che indipendentemente dal vantaggio diretto che ritrarrà il paese da tali concessioni e facilitazioni, esso conseguirà per incidenza un altro grande scopo, stabilendo, cioè, un principio giusto che potrà servire di norma a tutte le transazioni successive, e che non potrà a meno di dargli una influenza salutare sulla politica degli altri stati;

» Che i petitori dichiarandosi per tal modo pienamente convinti che il sistema restrittivo è impolitico ed ingiusto, e desiderando di vederlo abbandonato, essi però hanno in mira soltanto quella parte del sistema che non ha nessuna, o quasi nessuna connessione colle rendite pubbliche. Sino a che lo stato per coprire le proprie spese non potrà fare a meno della somma attuale di danaro, i petitori non possono volere che un ramo si importante di entrata, quali sono i dazj, sia trasandato od anche sensibilmente diminuito, a meno che non si trovi un sostituto soggetto a minori obiezioni. Ma si è contro ogni regolamento restrittivo del commercio che non è essenziale alle rendite dello stato, contro tutti dazj

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servir di base alle nostre inseparabili relazioni commerciali con quelle nazioni. Deduciamo da tutto ciò che quella convenzione del 1816 non conviene alla dignità de'  principi francesi ed inglesi, perché fosse più oltre mantenuta. Noi siamo di tale verità da molli anni penetrati in modo che in altra finanziera lucubrazione (1) non sappiam quale diceria o promulgazione diriggevamo al gabinetto francese ed al ministero inglese. La riproduciamo mutilata come ella fu, affidandola cogli stessi voti a migliori auspicj. »Voi che sedete come depositarj de'  voleri de'  popoli e che proponendo leggi siete penetrati da principj universali di ragione, perché non abolite un Trattalo il quale offende la morale, la giustizia, le relazioni, la dignità e gl'interessi

messi a solo fine di proteggere l'industria nazionale contro l'estera; si è contro l'eccesso Ai quei dazj posti in parte a, fine di procurare una rendita allo stato, ed in parte a fine di proteggere l'industria nazionale, che la preghiera de' petitori è rispettosamente diretta e sottomessa alla saggezza del parlamento,

» I petitori pregano adunque umilmente il parlamento che si compiaccia di prendere il soggetto 1n considerazione, e di adottare quelle misure che giudicherà più proprie a dare maggior libertà al commercio estero, £ quindi ad aumentare le risorse dello stato (*)

(1) Vedi il libro intitolato, Alcune verità sulle risorse dell'una e dell'altra Sicilia pag. 170. Napoli tipografia Porcelli 1838.

(*) Vedi G. Senior, Principi fondamentali di Economia politica.

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altrui e di coloro che rappresentate? Non sape-te voi forse, che il Trattato del 1816 accordò un privilegio in compenso del dritto di bandiera, dritto nommai esercitato sul Regno delle due Sicilie, né sotto la dominazione normanna,sveva o angioina? Né sotto quella di Cesare, né quando passò sotto lo scettro di Carlo? Non vi rimembra che Carlo medesimo collo statuto del 1759, giurato e riconosciuto da tutte le potenze, dichiarò il Regno delle due Sicilie indipendente? Non ricordate che stando in mano di Carlo le redini del governo spagnuolo nel 1766 con un solenne Editto abolì anco per quel reame l'odiato e nocivo privilegio? È non lo fu poi abolito dalla Francia e dall'Inghilterra istessa? E come deve il solo reame di Napoli e di Sicilia pagare un tributo per un privilegio a suo danno giammai esistito: mentre quelle nazioni, cui era imposto, da un secolo in qua se ne sono svincolate? E come ritenere la validità e la forza di una convenzione, che la Spagna istessa ha di poi annullata con tutte le altre potenze, e le altre potenze colla Spagna?Voi francesi, che perdeste il dominio sul Belgio colla pace di Vienna, avete potuto forse spiegare qualche antica preminenza? Voi Inglesi, dacché vedeste emancipate dal vostro protettorato le colonie di America, avete potuto vantare su quelle qualche ragione di patria potestà? Voi Spagnuoli, daccché avete perduto il potere sulle Indie, poteste mai richiamare in vita le antiche sollecitudini?

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Voi inglesi, che durante il decennio dell'Occupazione, sopravvigilaste con forza militare sulla Sicilia, pretendeste mai questo avaro privilegio su quell'isola? Il braccio potente di Napoleone forse bastò di richiamarlo ad usanza sopra Napoli, quando vi regnava Gioacchino Murat, suo compagno d'arme, suo dipendente, suo ammiraglio, suo cognato? Anche l'elasso di secoli avrebbe col presidio della prescrizione distrutto qualunque reminiscenza per non dir pretensione. Quell'atto Diplomatico di Vienna, che legittimò le dinastie, non diede forse il regno a Ferdinando come lo avea ricevuto da Carlo? Il dritto di bandiera adunque fu pretesto, e le convenzioni fondate sue false cause sono nulle per sanzione de'  vostri stessi codici e di tutti i codici di Europa.

» Né badate che oltre la sua origine perduta nell'onda de'  secoli questa concessione» è odiosa in sé stessa come privilegio, e si i rende più odiosa per causa del tempo, cui 5 non fu prescritto limite? Racchiudendo ancora una restrizione commerciale si oppone ai principj sviluppati nelle vostre sessioni parlamentarle, nelle vostre leggi: si oppone alle relazioni tutte fra nazione e nazione. Il vostro traffico neppure è migliorato; poiché se niente voi contribuite a procacciarci di vantaggioso, noi del pari vi guardiamo con indifferenza e con gelosia.

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Il Trattato del 1816 non fu convenzione di pace, ma fu guerra dichiarata al commercio, fu come una torpedine che arrestò qualunque circolazione. Deh dichiarate quindi inefficace un trattato (se caldo avete l'animo per la giustizia) di cui l'esperienza ne dimostrò illusorio il risultamento!

CAPITOLO VII
MODI DI SCIOGLIERE IL TRATTATO DEL 1816.

Se la transazione del 1816 non conviene ad alcuna delle parti contraenti, qual'è il modo onde distoglierla? Non è un solo il modo dello scioglimento: son molti e son facili: debbonsi alla fine mettere in opera o dall'una o dall'altra o da amendue le parti.

Il primo ed il più nobile modo onde sciogliere una cotanto scambievolmente nociva contrattazione è quello che. dovrebbe partire dalle Potenze privilegiate. Rinunziare esse dovrebbero al pattuito benefizio: anzi dichiarar lo stipulato come non avvenuto, come insussistente, come privo di risultamento. E senza ripetere le cose dianzi discorse, cosi praticando gran laude meriterebbe la lealtà francese e la dignità britannica; imperocché tale determinazione sarebbe consentanea al diritto internazionale, ai principii

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di Economia e di Politica da quelle nazioni proferti e riconosciuti, e sarebbe pure dettata dal comune vantaggio e da quell'armonia commerciale, incompatibile con ogni qualunque siesi gelosa e sospetta corrispondenza.

Un altro mezzo più semplice potrebbe mettersi in esecuzione per parte del Governo di Napoli il quale, prevalendosi della facoltà riservata nell'art. 9.° della transazione, potrebbe distruggerne gli effetti. Ripetiamone le parole..... Beninteso che nulla di quanto è contemplato in questo articolo (cioè del beneficio del 10 per 0/0) possa impedire al Re delle due Sicilie di accordare, se gli aggrada, una simile diminuzione d imposizioni ad altre nazioni. Questa facoltà però si dice ristretta anzi inibita a mandarsi in esecuzione mercé di un articolo segreto ed addizionale, con cui fu pattuito che ogni diminuzione d'imposta accordata ad altra Potenza dovesse essere del pari concessa all'Inghilterra. A questa voce di segreto noi intendiamo di offrire un tributo di rispetto. Solamente riflettiamo che un Trattato pubblico non può essere annullato con un patto segreto; perciocché se la convenzione in tutta la sua integrità deve produrre i suoi effetti ed uno di questi effetti era appunto quello di far uso della facoltà conceduta coll'art. 9.° non si poteva segretamente distruggerne l'efficacia. Viemmaggiormente questo patto segreto perdeva

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ogni virtù e valore rimarcandosi che coll'enunciazione del patto pubblico ossia del Trattato, le altre nazioni acquistarono dritto a dimandare la stessa diminuzione come lo riteneva il Governo di Napoli, e col patto segreto tali dritti venivano distrutti. Ma le nazioni come sapevano il Trattato, ignoravano il patto segreto; quindi nello stesso tempo che acquistavano un dritto, lo perdevano. Lo stesso avveniva pel Governo di Napoli. D'altronde se la facoltà conceduta dal art. 9.° del Trattato era giusto com'esser dovea, avuto riguardo alla buona fede che deve necessariamente entrare in ogni convenzione, ne seguiva che il patto segreto era ingiusto. E tantoppiù questo malaugurato carattere d'ingiustizia acquistava, in quantoché si trastullava con tale arcana antinomia la buona fede di tutte le altre nazioni, e si conculcavano i dritti da quelle acquisiti e dal Governo di Napoli ritenuti. Infine i dritti delle nazioni non si perdono con patti segreti di due Plenipotenziarj i quali, transigendo nello interesse de'  respettivi Sovrani, recan grave pregiudizio a tutto il mondo. Noi, che imprendemmo a scrivere queste memorie, il di cui principal fondamento traggono da principj di dritto universale, ne appelliamo a tutti gli altri Governi. Da questo ragionamento ognuno deduce che il Governo di Napoli non è ligato dal patto segreto (qualora esistesse), e poteva come può

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sempre mettere in esercizio la facoltà riserbatasi nell'articolo nono del Trattato, (1).

La materia ci sembra esaurita, e così sarebbe in effetti, se non ci rimanesse nell'animo un certo scrupoleggiare, che tiene anch'esso l'aria di un arcano. Quel Trattato del 1816 potrebbe essere non che affievolito ma distrutto interamente, quandoché il volesse il Governo di Napoli, con una semplice facenda regolamentaria. Ciò costituisce un altro segreto: né noi possiamo palesarlo, perché abbiamo imposto alto silenzio a noi medesimi. Anche gli scrittori talvolta amano le tenebre in mezzo alla luce che van cercando!

…..............................................................................

In quanto ai due mezzi da noi proposti e discussi, oltre del terzo segreto, niuna delle nazioni contraenti ha cercato finora di mandarli ad effetto. In vece di quelli l'Inghilterra propone al Governo di Napoli un novello Trattato. A questa offerta gravi differenze sentiamo esser nate, più gravi difficoltà, gravissime discussioni tra uomini di alto merito ed han prodotto nell'animo di tutti quella perplessità tanto funesta nel maneggio de'  grandi affari.

(1) Di questo patto segreto noi ne abbiam tenuto discorso, sol perché se ne fa parola in una memoria resa di ragion pubblica; ma persone ragguardevolissime ci assicurano di non aver avuto giammai vita, al quale avviso siamo naturalmente inclinati per rendere omaggio alla lealtà delle alte parti contraenti,

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In tale stato di cose noi vaghi degli utili studi della pubblica economia, osiamo fare aperti i nostri divisamenti sulle quistioni di cui trattasi. Scandaglioremo quindi colla debolezza de'  nostri lumi quali agevolazioni commerciali ci presenta la novella convenzione, quali vizj occulti contiene, quali scogli bisogna evitare, quali provvedimenti difinitivi da intraprendere. Protestiamo di non aver deferenze con alcuno, e non faremo molta forza a noi medesimi, se usando della franchezza del nostro carattere, discorreremo le materie colla semplicità propria del vero.

CAPITOLO VIII
ANALISI DELLA PROPOSTA DEL TRATTATO

All'annunzio del nuovo Trattato alcuni, come abbiam detto, si spaventarono. Una nazione colossale, essi dicevano, qual è l'Inghilterra ed astutissima in faccende commerciali, non discende a negoziare che all'aspetto di evidente lucro e forse per sopraffarci ancora. Altri poi considerando lo stato miserevole dell'attuale commercio e solleciti di uscirne, più utile credevan forse di quel che era la proposta. Il miglior partito è quello di ponderare e di fissare con equilibrata lance gl'interessi di amendue le nazioni, in modo tale che ciascheduna senza pregiudicar l'altra tragga il suo vantaggio.

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1.° ARTICOLO DELLA PROPOSTA

t Reciprocanza perfetta portante assimilazione della bandiera Inglese a quella delle due Sicilie ne' porti del Regno, e viceversa a favor della Real Bandiera nei porti della Gran Brettagna. Ciò tanto pe' dritti di navigazione quanto per quelli di dogana, all'importazione ed all'esportazione.

Per ben comprendere l'interesse di due nazioni, commercianti (prendendo a modello V Inghilterra e la Siciliana per non divagarci) uopo è fissare l'idea chiara e precisa del traffico ch'esercitano fra loro. Nell'epoca in cui scriviamo è tanto amaro quanto giusto il rimprovero di tornare su' principj di Economia ormai conosciuti da ogni mediocre ingegno e messi in pratica da tutti gl'illuminati governi; ma siccome questi principj stessi, evidentisssimi che sieno, vengono anche da taluno sconosciuti, travisati o combattuti, cosi siam costretti, procedendo con ordine, di stabilirne la base (1).

Le relazioni commerciali tra una nazione ed un'altra consistono nell'invio che si fa di ciocche esiste nel proprio

(1) Non mancano degli autori, pieni anch'essi d'istruzione e buon volere, i quali parlano ancora di bilancia favorevole, di privilegi di gelosie commerciali; tali sono Vaceblaue, Ferrier, Saint Chamand. E poi qual meraviglia può sorprenderci nel mondo, se dell'esistenza nel mondo si è disputato?

 

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suolo e nel ritorno di quel che si produce nell'altrui, nella esportazione de'  proprj prodotti o mercanzie, e nell'importazione degli altrui prodotti e delle merci altrui. Questo cambio può essere esercitato da negozianti siciliani o negozianti stranieri, che possiam supporre inglesi o di altri regni. Di qualunque nazione però sieno cotesti commercianti, una introduzione suppone per necessita una estrazione e viceversa, altrimenti non si potrebbe esercitare non che concepir commercio. Coloro i quali esercitano il traffico sono il mezzo onde eseguire la permutazione; possiamo per ora lasciarli in disparte.

Ogni individuo siciliano qualunque, il quale fa un carico per F Inghilterra o per meglio dire manda o porta il suo carico di mercanzie ad un negoziante inglese, intende di fare il suo guadagno con ricevere dal negoziante inglese merci di un valor maggiore delle sue. Dicasi lo stesso di un negoziante inglese il quale dirizza il suo carico ne' porti delle due Sicilie. Dunque il guadagno tanto del negoziante inglese quanto del negoziante siciliano consiste nelle merci ricevute ed introdotte nel regno, e non nelle merci trasportate. Quelché avviene ad un solo negoziante, dicasi di due, di cento, di mille, di tutti; quindi è facile dall'individuo portare il pensiero alle due nazioni. Le due Sicilie guadagnano nel commercio coll'Inghilterra, egualmentecché l'Inghilterra guadagnerà

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nel traffico colle due Sicilie nel solo caso che le scambievoli importazioni sieno maggiori, ossia di maggiore utilità, delle esportazioni (i ). Tale dimostrazione si volle portare a tanta semplicità e chiarezza per far cadere ad un fiato tutte le difficoltà presentate contro il novello Trattato, quali sarebbero che aperta la reciprocanza, gl'inglesi spedirebbero un numero maggiore di navigli, (2) perché l'Inghilterra è grande nazione, pigmei noi: (3) che le produzioni che si volessero permutare potessero perlenere all'industria medesima (): che le materie grezze qua e colà avessero aggiunto lo stesso valore di mano d'opera (5); che non si asporterebbe maggior quantità di prodotti dell'attuale posizione perché ora nulla ci resta (6): che le facilitazioni promesse dal Trattato rovinerebbero le nostre incipienti manifatture (1).

Dileguata così la prima nebbia che si presentava d'innanzi alla proposta del Trattato, è facile cosa penetrarvi più addentro.

(1) Ormai è chiaro che una Dazione non può guadagnare a discapito dell'altra: nel cambio amichevole o le due nazioni commercianti guadagnano insieme o insieme perdono.

(2) Il Cielo il volesse!

(3) Le nazioni sono eguali nel cambio.

(4) Perché permutar le produzioni, se appartengono alla stessa industria? se sono le stesse, ci perderebbero le spese di trasporto?

(5) Identica materia, identica mano d'opera ; Quindi inutile il commercio......Tanta identità impossibile in natura !

(6) Perché poco si produce?... Vogliamo sempre esser miseri!

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La reciprocanza che si propone ha doppio oggetto, quello di eguagliare i dazj di dogana sull'introduzione delle merci, e quello di eguagliare i dazj che chiamansi dritti di navigazione. Questa eguaglianza è utile o perniciosa pel Regno delle due Sicilie? Unico problema in tanto disputare, che speriamo di sciogliere colla stessa chiarezza.

Noi possiamo abbracciare il doppio scopo del Trattato con una sola riflessione, ed è che se le nazioni sono eguali nel commercio ed egualmente interessate al guadagno, qualunque sia la diversità del territorio o delle forze navali, non deve rigettarsi l'eguaglianza de' dazj; Anzi è richiesta dall'impero delle circostanze; perocché la disuguaglianza delle Tariffe guasterebbe e distruggerebbe il commercio nel suo punto di unione e nel suo vincolo istesso. Il comune interesse consiste che sieno le due nazioni libere nel fare il cambio de'  prodotti; la diversità delle imposte incepperebbe o del tutto annullerebbe questo comune interesse coll'interesse particolare.

Noi non parliamo di libertà di commercio: il ciel ce 'n guardi di farne molto in un punto in cui disputiamo di dazj e di gravezze doganali.

(1) Ed incipienti erano 22 anni indietro..... E la vecchia nostra agricoltura... caduta, non si vuol sollevare?

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Avremmo un bel che nominare i più accreditati Economisti e della scuola italiana e della inglese e della francese e della spagnuola e dell'alemanna e dell'austriaca, e tra questi anche di quelli che parteggiano per la favorevole bilancia di commercio; queste autorità, ed i ragionamenti sulle quali sono fondate a nulla gioverebbero. I finanzieri, semi-dotti, i controlori, i doganieri e tutti quelli che si mostrano gelosi delle rendite doganali e che per aumentarle le diminuiscono colla rovina di ogni industria, ci si scagnerebbero addosso dicendo, la libertà di commercio essere una idea platonica, un sogno, una chimera: ma perché? Lor dimandiamo modestamente. Perché non vi può essere, essi rispondono, libertà di commercio, ove i governi si studiano di aumentare i dazj e di accordare privilegi. Dunque eguagliale i dazj e le tariffe, togliete i favori, ed avrete restituita alle nazioni quella libertà di commercio che pur chimera chiamate. Questa proposta ci viene offerta dall'Inghilterra e dalla Francia. La rifiuteremo noi? E questo piano ci verrebbe offerto spontaneamente dalle altre nazioni ancora, appenacché il Trattato dell'Inghilterra verrebbe concluso. Che anzi sarebbe nello stesso tempo adottato riconosciuto e proclamato; perciocché le due Sicilie entrerebbero in relazioni subitamente con tutte le altre nazioni con cui sono in rapporto l'Inghilterra e la Francia.

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A noi sarebbero aperti i porti del Portogallo, perché questa Potenza concluse un Trattato di reciprocarne coir Inghilterra nel 1810; quelli degli Stati uniti d'America perché stipulò il suo Trattato di reciprocanza nel 1815. E perché l'Inghilterra trovasi dal 1824. al 1830 aver fermato Trattati di reciprocità colle Columbie, colla Dani marca,  0/0  Brema,  0/0  Baenos-Aires, con Amburgo, coll'Hannover, con Lubecca, con Meklemburgo, con Oldemburgo, col Messico, colla Prussia, colla Russia, colla Norvegia, con Rio-della-Plata e coll'Austria, così noi entreremmo ancora nelle stesse relazioni immediatamente. Coll'Austria noi apriremmo le stesse relazioni commerciali, e quindi toglierebbesi l'attuai disaccordo. La nostra bandiera sarebbe accolta da tutte quelle altre nazioni, le quali hanno simili. Trattati di commercio colla Francia, e per l'abolizione del fatale 10 per 0/0 noi apriremmo i porti a tutto il mondo, come tutto il mondo commerciale li aprirebbe a noi.

Queste verità non han bisogno di altro comento. i im però obbligati dall'impegno assunto rispondere ad alcune obbiezioni, alla esistenza delle quali noi non presterem fede, se scritte e sostenute non fossero. Ne trarrempure un partito; perciocché la verità più risplende quando è contrastata, siccome non esce la scintilla che quando la selce è battuta dal ferro.

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1.a Difficoltà—Non vi può essere reciprocanza tra una grande nazione qual è l'Inghilterra con una di secondo ordine qual è il regno delle due Sicilie: siccome non vi può essere reciprocità tra la tavola di un signore e di un miserello. La reciprocanza non suona altro che uguaglianza: come si può questa trovare tra due nazioni così disuguali? (1)

Risposta.—Due nazioni sproporzionate che sieno per diversità di grandezza tra loro, si mettono a livello, si bilanciano, si eguagliano, allorché esercitano un commercio qualunque. Il cambio delle mercanzie e de'  prodotti di una grande nazione si effettuisce col cambio delle mercanzie e de prodotti di una picciola nazione: tutto il resto, il quoto, della magnificenza rimane alla gran nazione, e tutto il resto, il quoto, della picciola nazione (pigmea) non si muove dalla sua periferia. Dir vogliamo che se l'Inghilterra e 'l Regno delle due Sicilie negoziano fra loro venti milioni per anno, salvo il vantaggio ad ognuna, tutta l'altra rendita nazionale rispettiva non entra nella calcolazione, non ha nessun rapporto col commercio. Che se cosi non fosse, le grandi nazioni non potrebbero avere relazioni commerciali che colle loro eguali, e le picciole nazioni colle loro simigliauti.

(1) Vedi le di sopra citate memorie e risposte.

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Ma come avviene che l'Inghilterra, regina del commercio, ha fatto trattati di reciprocarne con tulle le potenze a lei inferiori? Ed il Trattato stesso del 1816, le di cui asprezze si vorrebbero conquidere, non fu conchiuso tra l'Inghilterra e Napoli? Era l'Inghilterra meno grande allora di quello ch'è attualmente? Era allora il Regno delle due Sicilie meno picciolo di quello che attualmente si trova?

La mensa del signore e quella del miserabile tolte ad esempio o non fanno al caso, o milita solamente per mostrare quanto giovi all'inferiore essere in società amichevole con colui che lo vince in fortuna. Imperocché se il ricco si contentasse di sedere a mensa col povero, senza che questi eccedesse il tenore nell'ordinario suo vivere, quale danno gli si arrecherebbe, quando gli venisse retribuito nella stessa proporzione? Se il ricco pretendesse dal povero un trattamento signorile eguale al suo, rimarrebbe squilibrata la fortuna di quello; ma quando quel che si toglie dal patrimonio del povero viene restituito col patrimonio del ricco, ognuno ritrae il suo prò nella libera permutazione. Che se poi è vero, come verissimo è, che niuno può permutare o mettere in commercio più di quello che possiede, chi può essere generoso o eccedere i limiti del cambio, il ricco, o il povero?

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L'equivoco in cui sono caduti gli avversi al Trattato è dipeso dalla erronea significazione data al vocabolo reciprocanza. Essi han detto che suona lo stesso di eguaglianza, confondendo cosi l'esponente colla ragione. Reciprocanza è una voce improntata dalla geometria e dalla aritmetica, ove tra le ragioni si ritrova la ragion reciproca. Nel linguaggio figurato o in quelle materie ove vuole adattarsi il rigore delle espressioni geometriche o aritmetiche, in vece di ragion reciproca si dice e si usa la parola reciprocanza. Or la ragion reciproca, la quale si chiama anche inversa, è quella in cui l'antecedente del primo termine è al suo conseguente, come il conseguente del secondo termine al silo antecedente: per esempio, la ragione di 42 è reciproca a quella di 5: 10, perché A '2 è nella medesima ragione di 10: 5. Applicando ciò alle due nazioni, si può dire che il commercio siciliano sta alla nazione inglese: come la nazione siciliana al commercio inglese.

2.a DIFFICOLTÀ—La reciprocanza consisterebbe nel far pagare ai legni siciliani ne' porti della Inghilterra gli stessi dritti di dogana e di navigazione che pagarebbero i legni inglesi, e viceversa: quindi bisogna paragonare il vantaggio che ne ritrarrebbe la marina brittanica col vantaggio della marina sicula. Tal paragone ricade a danno di quest'ultima, perché la differenza de'  dazj,

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che si paga da'  legni inglesi e da'  legni esteri ne' porti della Gran Brettagna, è molto maggiore della differenza de'  dazj che si paga dai legni inglesi e legni nazionali ne' porti delle due Sicilie. In effetti i legni siciliani pagano ne' porti nazionali grana 4 a tonnellata ed i legni inglesi ne pagano molto più.

Si aggiunga a tutto ciò che il tonnellaggio inglese che viene ne nostri porti è molto maggiore del tonnellaggio napoletano che si trasporta in Inghilterra.

Risposta.—Lo spirito finanziere ha diminuito le rendite dello Stato per volerle troppo aumentare: le nazioni non si burlano: il commercio addimanda buona fede.

Tutte le sottili riflessioni, fatte sulla differenza delle percezioni doganali tanto ne' porti inglesi che ne' porti siciliani, cadono nel nulla avuto riguardo alla eguaglianza de'  dazj che propone il Trattato. Se tutto quel che si crede a noi svantaggioso dipende dalla disparità de'  dritti, eguagliati questi, svanisce ogni danno. Se poi si suppone che la disparità produca a noi dell'utile, si cade in un fatale inganno, inganno di chi si crede più astuto degli altri. Meglio svilupperemo queste cose qui appresso.

I Dazj di dogana e di navigazione inglese sono molto maggiori de dazj di dogana e dì navigazione siciliana: ma la tariffa inglese è uguale ed uniforme per tutte le nazioni colle quali ha stipulato de' trattati di reciprocanza,

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fuorché colle due Sicilie contro di cui ha in tal modo sopraccaricata la importazione, che l'ha allontanata dalle sue relazioni e da suoi porti. Da quest'ostile temperamento è nato che i nostri legni, sviati dal commercio inglese, si han fatto strada ne' porti più remoti: ciò è danno, è perdita, è rovina pel nostro traffico, perché il trasporto più lontano richiede maggiori spese ed incontra maggiori pericoli. Dunque se il tonnellaggio inglese è maggiore ne' nostri porti di quel che il tonnellaggio siciliano è ne' porti britannici, non debbesi attribuire a nostra gloria e vantaggio, ma a nostro discapito. Stando poi col rigor logico alla proposizione de'  persecutori del Trattato, senza di avere riguardo allo sviamento del commercio, la maggior quantità di tonnellaggio inglese, paragonato colla minor quantità di tonnellaggio siciliano, non reca alcun utile alla nostra marina mercantile; perciocché ne' nostri porti si paga quattro grana a tonnellata, e ne' porti inglesi si paga quattro lire sterline per ogni stajo del nostro olio di olivi, e per ventotto articoli di nostre produzioni vi è una sopratassa enorme. Dunque basta mandare in Inghilterra il decimo e men del decimo di quello che l'Inghilterra immette fra noi per pagare un eguale contribuzione. Dicano ora i nemici del Trattato a danno di chi ricade l'attuale sproporzione dei dritti di navigazione?

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3.a DIFFICOLTÀ .—Col nuovo trattato rimarrebbero distrutti tutt'i benefizj e privilegj accordati alla bandiera napoletana, che sono stati gli elementi della nostra presente prosperità. Abolendo quelli, ne risulterebbero danni incalcolabili e gravissimi.

RISPOSTA.—Ripetiamo per le mille volte che la marina mercantile è il mezzo per trasportare le produzioni indigene, e quindi per quanti privilegi le si possano accordare non si farà altro che favorire una classe di negozianti; ma non si ajuterà nella sua vita il commercio. Quando sterile è la produzione agraria, quando le manifatture nell'infanzia ancor sono, a che giova favorire ed incoraggiare i negozianti che debbono farne il traffico? Non sarebbe assai meglio favorire le sorgenti della ricchezza, lasciando a chi piaccia di farne il trasporto? Diciam queste cose non perché fosse nostro pensiere di veder manomessa o non favorita la marina mercantile, anzi protetta la desideriamo per le indicate vie e per altre ancora; ma lo diciamo perché abbiam visto scambiata la causa per l'effetto e prodigalizzati de'  favori, utili solo allorché opportunamente si concedono.

Ripetiamo ancora che i privilegi accordati ai legni nazionali, per quanto esaltata ed immaginosa prosperità abbiano apportato ai trafficanti di mare, non cessano di contenere que' difetti di cui son sempre animati.

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Imperocché i privilegi per alcuni significa esclusione di tutti gli altri dai favori, e siccome nel commercio tutto dev'essere uguaglianza, così il favore negato a tutte le nazioni, che potevano aver con noi delle relazioni la prodotto delle odiosità, delle gelosie, delle nimicizie. E questo natural fenomeno si è verificato non solo colle Potenze non privilegiate ma colle privilegiate ancora. In effetti la maggior parte de'  carichi che si fanno per l'Inghilterra tornano vuoti per cagione delle sopraimposte parziali contro bandiera napoletana. Ed oltre al carattere di odiosità generale conveniente a tutt'i privilegi, quelli accordati alla nostra marina ne contengono qualcuno peggiore degli altri, se si abbia riguardo al fine per cui furono accordati. Convien quindi ricordare che tali privilegi furono conceduti per indebolire il danno sovveniente dalla concessione del 10 per 0/0, di cui avvedutosene le nazioni commercianti, se ne vendicarono con eguali anzi maggiori restrizioni. Dunque il 10 per 0/0 fu segnale della discordia, i privilegi raddoppiarono ed allargarono le nimicizie, le restrizioni imposte dall'estero ammiserirono il traffico. Veleno contro veleno, guerra contro guerra, restrizioni contro restrizioni, felice stato di prosperità commerciale!

Qualcuno crederà che noi vogliamo bandir la croce contro i privilegi, è frase quegli non s'inganna; ma per alcuni i quali non arrecano pregiudizio alla generalità,

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e giovano ad ottenere il fine certo senza di aver riguardo al mezzo equivoco e fallace, noi crediamo che sia utile concederli.

Di questi, molti ne sono stati diggià indicati, come per cagion d'esempio, un premio ai costruttori de'  bastimenti mercantili; un doppio premio a chi li foderasse di rame o di zinco; un ajuto per gli arditi e luoghi viaggi; un soccorso per le avarie e perdite: e più di ogni altro, affidare esclusivamente ai legni nazionali il commercio di cabotaggio, ed istruire tutti gli uomini di mare sotto una scuola teoretica e disciplinare (1). Questi utili provvedimenti non n'escluderebbero degli altri i quali vengono consigliati dall'attualità delle circostanze, e sono quelli appunto che nell'interno delle famiglie escogita il saggio e prudente padre, il saggio e prudente amministratore. In somma la marina mercantile, quando è affidata ad un accorto, vigilante e perspicace Ministro, qual'è l'attuale, questi ritrova gli opportuni temperamenti da farla prosperare.

(1) Il modello lo ritroviamo nel collegio nautico di Palermo, istituito dai talenti e colla Fortuna di un Essere beneficente, Monsignor Gioeni.

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4. DIFFICOLTÀ'—La proposizione del Trattalo vien fatta per gelosia dell'incremento del nostro commercio marittimo e specialmente per gli olii, i quali respinti dall'Inghilterra si son diretti in porti più lontani a gran discapito dell'Inghilterra stessa ed a nostro inaspettato vantaggio.

RISPOSTA.— Noi non possiamo negare l'aumento de'  nostri legni mercantili, che chiamasi incremento di commercio fatto da dieci anni in qua; ma questo aumento si può chiamar così, avuto solamente riguardo al precedente abbandono, alla precedente nullità. Anzi lodiamo altamente le cure della saggia nostra Amministrazione. Ma questo stato, oltrecché non desta gelosia all'Inghilterra 0 ad altre nazioni (chè il tempo delle gelosie è finito) non è tanto florido quanto alcun si lusinga: e potrebbe, se l'attuale sistema restrittivo continua, addivenire abbietto e miserevole. Ascoltiamo due uomini molto stimabili, istruiti nella pratica di queste cose, Luigi Mauro Rotondo e 'l Commendator de Liguoro, partigiano il primo di tutt'i sistemi vincolanti,che chiamansi di protezione, amico il secondo delle larghezze commerciali. Dice il primo (1).

» Se si sono revindicati i dritti della marina mercantile, rimangono ancora le barriere che ci separano dalle altre nazioni: né il nostro commercio potrà giammai fiorire,

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se libere non sieno le comunicazioni. Ogni favore, che si stipula con una nazione, influisce a separarla da un'altra; ma nello stato di rivalità in cui si trovano le nazioni è impossibile di poter sperare con altri mezzi il bene senza il soccorso di una pattuita reciprocanza. «Ed altrove parlando degli olii si esprime cosi.» Da questa istessa sventura, cioè di mancanza di richiesta, possono essere minacciati gli olj: e se è vero che tutto quell'olio che si produce si vende e si estrae, è vero altresì che ci limiteremo a produrre tanto quanto ne potremmo vendere ed estrarre.»

Il De Liguoro, poi da uomo grave qual egli è ed addottrinato dalla esperienza, parlando di queste cose, dopo aver dimostrato con prove di fatto che le franchigie accordate alla nostra bandiera hanno vieppiù ristretto il già rinchiuso nostro commercio ed hanno pregiudicato all'agricoltura, unico fonte di nostra prosperità, soggiunge:» Intanto i provvedimenti adottati dal Re di Sardegna in favore de'  bastimenti di sua bandiera nella immissione di ogni specie di cereali ne' suoi stati ci ha fatto perdere il concorso de' legni Genovesi, i quali si contentano di prendere i grani in Egitto e nel mar nero spingendosi sino ad Odessa e nel mare di Azow. I loro legni passano adunque innanzi le vicine due Sicilie e vanno ad incontrare lunghe e difficili navigazioni

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per comperar de'  generi che quei troverebbero di migliore qualità a prezzi utilissimi ed esenti da ogni dazio di sortita. D'onde mai può ciò derivare? Non godendo qui i bastimenti con bandiera Sarda del 10 per 0/0 di rilascio sulle importazioni, mancano perciò de'  mezzi di fare il carico di andata e di ritorno; per cui prima ne venivano molti ne' nostri porti ed ora rarissimi. Soleano essi andar nelle Calabrie a caricar olii, ed ora preferiscono di andare in Africa, in Ispagna e nella Grecia. V'ha chi si felicita di ciò dicendo, che in tal modo è che la nostra marina fa de'  trasporti. Ma siamo ben distanti dal convenire di questa utilità; mentre ne' due ultimi decenni abbiam veduto questa nostra importante produzione posposta: e se si percorrono i listini de'  prezzi, si troverà talvolta essere ribassati quei di Gallipoli sino a ducati circa la salma per mancanza di straregnazione.»

Questo quadro dipinto dall'uomo del mestiere dovrebbe persuadere chicchesia della vera nostra posizione commerciale e convincerlo ancora di abbandonare l'efìmera prosperità per darsi in braccio a più solido sistema.

Portata la discussione a questo punto di chiarezza, ci crediamo disobbligati di rispondere ad alcune altre obbiezioni di più tenue momento, come quella di non adottarsi il nuovo Trattato,

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perché molti Economisti riprovano i Trattati di commercio o perché l'autore del Dizionario, M. Culloch, porta un equivoco sentimento. Gli Economisti, i quali si dichiarano avversi a'  Trattati, son conseguenti ai principi che sostengono, cioè l'assoluta libertà di commercio, ovvero libera introduzione e libera esportazione senza dazj. Ma quando la politica e l'economia di tutt'i governi è uniforme e stabile nell'imporre dazj si all'entrata che all'uscita delle merci, i Trattati di reciprocanza si rendono per la stessa ragione necessarj, perché, prelevati i dazj uguali, ritorna la stessa libertà nel commercio. Quando i dazj sono imposti nella stessa proporzione fra tutte le nazioni, ogni ostacolo è tolto, perché il danno o il bene che ne risulta è distribuito equabilmente. Infine i dazj altro non sono che una prelevazione dal valore delle merci, e quando questa prelevazione è uguale e reciproca, quel che rimane torna all'equilibrio ed alla primiera sua naturale posizione. I Trattati di reciprocanza adunque sono necessarj ovunque vi sono tariffe daziarie, e ben compresi i principj degli Economisti, anch'essi se vogliono essere conseguenti, non debbono ripudiarli.

Chiudiamo questa discussione, fatta ormai troppo lunga, con un pensiere come Iddio l'ispira e l'insinua nella mente di ogni uomo dopo lunga fatica il quale si propone un giusto e santo proponimento.

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La reciprocanza, e chiamisi pure come vuolsi eguaglianza, è la condizione la più conveniente agli uomini, la più conveniente alle nazioni, perché tien per base la giustizia. Essa eguaglia i dritti ed i doveri, eguaglia i lucri ed i danni, eguaglia i beni ed i mali: nel perimetro delle società eguaglia le condizioni, mette in corrispondenza le classi, facilita le negoziazioni, mantiene i rapporti, suscita la confidenza, anima le industrie, stabilisce l'armonia, consolida la base sociale: nelle relazioni fra le nazioni adegua le grandi alle picciole, apre tutte le vie di comunicazione, di quel che manca, toglie quel ch'è superfluo, rende comuni le leggi, fa scomparire le preminenze, le unisce, le associa, le stringe, le nobilita, le arricchisce: la reciprocanza infine è l'anello di comunicazione di quanto v'è in natura (scostiamoci per poco dall'argomento per salir più in alto) le piante danno la vita agli animali, gli animi li alle piante: piante ed animali vivono nell'aria, l'aria si purifica coll'acqua, 1 acqua necessaria anch'essa come l'aria per la vita degli esseri: una cosa dà la mano all'altra, tutto è reciproco, tutto si mescola, tutto si confonde. L'uomo ha sempre da comunicare e di riprendere dal suo simile: le nazioni egualmente, la reciprocanza è legge universale della natura.

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2. articolo della proposta

3» Rinunzia dalla parte dell'Inghilterra a 10 per 0/0 del pari che il Real Governo ritirerebbe alla nostra bandiera lo stesso privilegio, a condizione però che questo non possa avere effetto che quando una simile rinunzia si fosse ottenuta ancora dalla Francia con altro Trattato da stipularsi.

Questo secondo articolo è la conseguenza immediata del primo, quando non voglia dirsi di essere contenuto in quello intrinsecamente, perciocché non vi sarebbe reciprocanza, ove ne' casi simili non sia eguale la condizione. Troviamo solamente a ridir qualche cosa sulla parola rinunzia, che non dovrebbe adottarsi dall'Inghilterra e dalla Francia quando esse piene di lealtà e di giustizia, e professando col Regno delle due Sicilie gli stessi principj mess'in pratica colle altre nazioni, dovrebbero dichiarare come non mai avvenuto quel privilegio che tanta discordia ha suscitato. Dir vogliamo che il novello Trattato non dovrebbe avere il carattere di una transazione su' di un diritto nascente da precedente convenzione, perciocché così praticandosi s'innesterebbe al novello Trattato lo stesso vizio radicale e lo stesso difetto di cui era guasto il primo. Il privilegio di bandiera che formò la base del Trattato del 1816, era nullo, e nel caso ch'esisteva, era reciproco (ciocché fu taciuto);

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quindi quella convenzione vacillante dalle sue fondamenta. Or se la novella stipulazione si appoggiasse al dritto del 1o per 0/0 sarebbe del pari inutile, perché poggierebbe sopra una causa indenticamente falsa. Molto meno potrebbe acquistare il carattere di transazione, mancandole il principal requisito, la materia del contendere. E qui chiamiamo in soccorso anche l'opinione dei contraddicenti del novello Trattato per riunire in un punto di contatto tutt'i pareri discordanti. Essi han sostenuto che il beneficio del 10 per 00 è stato distrutto coi temperamenti di saggia amministrazione, ciocché era nella facoltà del Governo, i quali conosciuti dal Ministero inglese lo han persuaso della nullità del privilegio e quindi lo hanno indotto alla novella proposizione. Dunque tutti conveniamo sull'annientamento del principio sostenitore e della mancanza della causa nel primo Trattato che non dobbiamo tenere per regolatore del secondo, noi per teorie di economia politica e per massime di dritto pubblico o, l'Amministrazione Napoletana per le cooperazioni permanenti di fatto, il Ministero inglese pel risultamento di esperienza.

Da queste osservazioni troppo gravi tragghiamo una conseguenza importantissima. Se l'Inghilterra non deve rinunziare al dritto del 10 per 0/0, perché non si rinunzia a quel che non si tiene a buoni dritti,

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ne segue che il Governo delle due Sicilie non deve ritirare il favore del 10 per 0/0 accordato alla sua marina mercantile. E tanto più no 'l deve in quantoché non pregiudica alla floridezza del commercio inglese. Qui sol cade in acconcio il notare che la nostra marina mercantile è pigmea in faccia alla splendida marineria inglese: ed a questo proposito è anche da por mente, che le produzioni del nostro suolo, aumentate come saranno appena svincolate da'  ceppi commerciali, non potranno essere portate fuori  0/0  soli nostri navigli. e che d'altra parte per la dovizia de'  bastimenti britannici da colmare i nostri porti, quelli non potranno ritornar di là vuoti. £ come potrà dispiacere alla Inghilterra che la bandiera Napoletana segua per gli alti mari il vessillo inglese come ausiliario del suo vasto navigare? Quale briciolo potrà togliere dal suo colosso fondato sulla superficie di tutt'i mari dell'emisfero?

Lasciamo le perorazioni che non ci sono a sangue, e riprendiamo il rigore della logica. Il commercio inglese sta al commercio napoletano come 7 ad i: così han calcolato i nemici del novello Trattato. Or il decimo di diminuzione accordato alla real bandiera sarebbe un decimo dell'unità, e questo decimo di unità in relazione delle 7 unità che compongono il commercio inglese.

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Una frazione così infinitesimale può arrestare la grandezza britannica a concludere un Trattato con noi? E noi possiamo essere più circospetti e più modesti nel dimandare la conservazione di un così tenue incoraggiamento?

Uno era lo scoglio nel quale urtavano i pochissimi contraddicenti del novello Trattato e questo consisteva nel timore, forse lodevole, di veder manomessa la nostra marina mercantile. Questo scoglio si può evitare lasciandoci un benefìcio che non nuoce alla potenza commerciale dell'Inghilterra.

A chi scrive, debito è talvolta solamente accennare; e tale era il nostro intendimento che abbiam soddisfatto. Alla prudenza del negoziatore rimane lo sviluppamelo proficuo dell'esecuzione.

3 ARTICOLO DELLA PROPOSTA

» Riduzione da ambe le parti sui dritti d'importazione sopra que' tali prodotti brittannici e prodotti delle due Sicilie che possano favorire lo sviluppo del commercio reciproco, senza recar pregiudizio alle industrie rispettive.»

Questo articolo, il quale a primo aspetto sembra il più chiaro, ha bisogno di positive dilucidazioni, ond'evitare le ambiguità che ne sorgerebbero. Le parole vaghe, che si adoperano nelle stipulazioni, son sempre feconde di pretesti per evitarne l'adempimento.

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In primo luogo riflettiamo che il novello? Trattato non deve aprire a noi i soli porti Britannici, né noi dobbiamo essere parziali verso la sola Inghilterra. Il Trattato, dovendo prosciogliere il commercio dalle attuali restrizioni, in cui ci troviamo in riguardo a tutte le nazioni commercianti, non deve permettere una tariffa multiforme e diversa. E tale sarebbe appunto allorché il Sovrano di Napoli accordasse alla Inghilterra, come l'Inghilterra alle due Sicilie, una riduzione di dazj sopra i prodotti scambievoli. Se tale riduzione non fosse generale, si caderebbe nell'istesso incaglio in cui ora ci troviamo, perocché il commercio rimarrebbe ristretto tra i porti della Inghilterra e quelli delle due Sicilie.

Questa generale osservazione non ci risparmia di far riflettere che l'Inghilterra non ha produzioni di suolo da inviare a noi, bensì mercanzie: e noi non possiamo altro colà trasportare che derrate. Or accordandosi una diminuzione di dazj sulla importazione scambievole de'  prodotti, non si accorderebbe che a nostro disvantaggio, cioè su quei nostri prodotti portati in Inghilterra, e non su' prodotti inglesi, perché di là non ne vengono. Il commercio reciproco tra l'Inghilterra e le due Sicilie si sviluppa praticamente nel seguente modo.

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Dai porti delle due Sicilie partivano un di cereali, olj di olive, vini, acquavite, uva, fichi secchi, noci, lana, sommacco, robbia in polvere, robbia in radice, solfo, soda, sughero, scorza di quercia, canape, lino, semi di lino, limoni, portogalli e frutta secche. Tutte queste derrate, mercé l'aumento delle Tariffe inglesi, sono state respinte da quelli porti. D'altra parte l'Inghilterra spedisce oggetti di manifatture, pesci salati, e generi coloniali, e tutto viene da noi accolto, fuorché il ferro, con benignità d'imposizioni. Or la riduzione della tariffa per tutti questi generi nostri di commercio non dovrebbe esser fatta che dalla sola Inghilterra, la quale anch'essa ne ritrarrebbe del vantaggio; perciocché l'averli respinti da suoi porti l'ha messa nella dispiacevole condizione o di privarsene, o di procurarseli a prezzi molto più elevati altrove.

Ripetiamo che la tariffa inglese aragonata colla Tariffa delle due Sicilie è mollo più alta ne' dazj d'importazione, e per molti prodotti di commercio è così forte il dazio di esportazione, che equivale ad un chiaro divieto di uscita. Da ciò segue che la nostra Tariffa non dovrebbe essere affatto corretta: tuttavia il Real Governo di Napoli, dietro il parere di una Commessione creata all'uopo, è nella determinazione di minorare i dazj sui generi coloniali

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e sopra di altri articoli ancora, i quali per otto decimi del nostro commercio vengono colla bandiera inglese. È questa un altra agevolezza per l'Inghilterra.

4 ° ARTICOLO ED ULTIMO DELLA PROPOSTA

» Il presente Trattato durerebbe per 12 anni rimpiazzando quello del 1816, il quale tornerebbe in vigore dopo l'elasso de'  12 anni, ove l'attuale Trattato non si rinnovasse, o non si stipulasse altra novella convenzione.»

Ripetiamo per le mille volte che il Trattato del 1816 non può ritornare in vigore. Quello era nullo sin dal suo nascere.

Se poi al novello Trattato si volesse accordare la durata di anni dodici, ciò rimane alla prudenza de'  negoziatori, ma non mai debbe dirsi che rimpiazza quello del 1816, e che serve come quasi di esperimento per far ritornare, se si crede, il primo in vita, essendo che nello fu scritto su false posizioni di fatto, fu scritto contro il diritto delle genti, fu scritto per manomettere gl'interessi scambievoli delle alte parti contraenti.

Concludiamo. Un novello Trattato è richiesto da tutt'i principj di Economia e di Politica, l'efficacia de'  quali ha prodotto quella necessità cui s'inchinano tutt'i popoli.

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CAPITOLO IX
AVVENIMENTI CHE HAN PRECEDUTO ED ACCOMPAGNATO IL CONTRATTO DE' SOLFI DELLA SICILIA

Ci siamo determinati a tessere la istoria circostanziata de'  fatti, che han preceduto ed accompagnato il contratto de'  solfi della Sicilia, perché ognuno da sé solo e senza veruna discussione possa decidere con quanta scrupolosità abbia proceduto il Sovrano delle due Sicilie, con quali pensieri di amore verso de'  suoi popoli abbia egli agito, con quanta circospezione verso gl'Inglesi, con quanta benignità e buona fede verso del commercio. Tale lavoro, da niuno finora eseguito, era necessario pel Ministero e per le Camere Inglesi, alle quali si dovea alla pur fine rappresentare la vera narrazione de'  fatti e delle circostanze per trarlo dall'inganno, in cui sono stati indotti da alcuni indiscreti, speculatori. E tale istoria era richiesta dalla natura (divenuta tenebrosa) del contratto, il quale solamente dal lume de'  fatti poteva ricevere la sua vera definizione. E sopra tutto questo scrupoloso lavoro sarà utile non diciam per la schiera de'  compilatori di giornali inglesi e francesi, non ancora informati del vero stato della quistione, ma per la Francia già mediatrice della contesa, delle giuste cause scudo e sostegno, dell'onore e della dignità delle nazioni forte garanzia, magnanima nelle opere, quanto sublime ne' pensieri.

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Fino al 1832 la Sicilia non esportava annualmente che da 800,000 a 350,000 canta a di solfo, la cui maggior parte si spediva in Marsiglia per impiegarsi nella fabbricazione della soda fittizia.

I siciliani l'estraevano, per evitar le spese di lontano trasporto, dalle miniere vicine al mare: costava a  produttori da a 10 carlini, ed essi lo abbandonavano al commercio. per carlini 10 a 12.

Nel 1832 l'Inghilterra cominciò anch'essa ad occuparsi della fabbricazione della soda fittizia, e raddoppiò per tal cagione il consumo dello zolfo. Tale aumento oltrepassò di molto il prodotto delle miniere allora in attività. I solfi esistenti più non bastarono ai bisogni delle fabbriche di Francia e d'Inghilterra. Nacque perciò una concorrenza fra i compratori in modo che si elevò il prezzo (1).

Istantaneamente molte braccia furon tolte alla agricoltura, ed i proprietari scandagliarono pianure e montagne per trovar solfo ove la natura ve 'l pose ed ove no Molti si rovinarono con inutili spese non rinvenendo lo zolfo che cercavano, altri più avventurati discoprono le miniere;

(1) 55 tari il cantaro in Sicilia

21 franchi il quintale a Marsiglia prezzo corrispondente a 68

35 id. li 100 kilogr. a Parigi............................................67 tari in

15 lire steri, a ton. a Londra........................................... 55 Sicilia

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ma lo scavamento fu esiziale, sia per le esorbitanti spese di trasporto fino ai caricatoi molto distanti dalle nuove miniere, sia a cagione del prezzo della mano d'opera aumentata per le ricerche. La produzione arrivò allora a più di 900,000 cantaja all'anno, laddove Y industria solamente ne dimandava e ne consumava da 6 a 700,000 cantaja annui. Da ciò nacque un aumento di produzione di 300,000 cantaja all'anno, per cui pose ne' mercati stranieri una quantità sufficiente per 18 mesi di consumo, e ne fece successivamente abbassare i prezzi a 10 e 12 tari siciliani. Invano i produttori ebbero ricorso ad una più stretta economia nelle spese, invano ridussero da 3 a a carlini il salario degl'infelici lavoranti!

Lo zolfo costava 12 e 14 tari, mentre non poteva vendersi più di 10 e 12, due tari meno di quel che costava nelle miniere. Pure la speranza di riavere gli antichi prezzi di 55 tari, e la necessità di conservare le miniere le quali, cessando dal lavoro, andavano soggette all'inondazione, imponevano di proseguire gli scavi; di modo che essi medesimi divennero gli autori della loro rovina.

E siccome lo straniero teneva anticipatamente la provvisione assicurata per 18 mesi, dettava la legge ai produttori, comprando i solfi al prezzo inferiore del costo. E depreziandosi così progressivamenle questa produzione, avvenne che nel 1837 la casa Verona

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e Messineo di Palermo offriva 10,000 cantaja di zolfo a 9 carlini 12 senza trovar compratori. Cosi l'industria speciale della Sicilia, che avrebbe dovuto arricchirla, addivenne causa della sua rovina.

In tale stato di cose i produttori non tralasciarono di esporre il misero., loro stato al Governo del Re, supplicandolo di prendere un qualunque provvedimento, che arrestasse il progresso del male. Il Duca di Villarosa raccolse in una memoria stampata un gran numero di firme dei produttori, i quali chiedevano ridurre a quattro mesi il tempo delle scavazioni, nella speranza che, la produzione così ridotta, facesse aumentare di prezzo il genere.

Il Governo del Re non vide nell'adozione di siffatta dimanda che una misura imbarazzante e senza utili risultamanti, stantecché ogni produttore poteva in £mesi d'un assiduo lavoro estrarre dalle sue miniere tanto zolfo quanto egli ne cavava ordinariamente in un anno di lavoro regolare.

Il negoziante inglese W00d, il quale facea scavare alcune miniere in Sicilia, in una supplica diretta in aprile 1827 al cav. Franco, allora Ministro degli affari di Sicilia in Napoli, proponeva di proibire interamente la produzione durante l'anno il 1887 e di ridurre per gli anni seguenti il tempo degli scavamenti.

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Bisognava che il male sembrasse ben grave agli occhi del negoziante inglese per proporre un rimedio simile. Quegli, siccome tutti gli altri, perdevano di fatto da più anni delle forti somme nell'intrapresa delle miniere.

Il Governo del Re vide in tale proposizione una provvidenza violenta e propria per favorire i negozianti esteri detentori di grandi quantità di solfi: avrebbe provocato un momentaneo innalzamento di prezzo, senza giovare,o garantire i produttori.

Il Signor Taix, negoziante francese, espose allora al Governo che i due veri motivi dell'invilimento de'  solfi dipendeva per una parte dalla sovrabbondanza di produzione di una derrata, il cui consumo era limitalo, e per l'altra dalla mancanza de'  capitali, senza di cui ogni proprietario riceveva la legge da compratori. Taix propose adunque al Governo di ridurre la produzione annua a 600,000 cantaja, salvo ad aumentarla se i bisogni dell'industria lo avessero richiesto.

Fatta tale riduzione, si obbligava a comprare ogni anno que'600,000 cantaja a 23 carlini; e siccome negli anni precedenti de'  forti scavi si eran fatti, così la produzione si era elevata fìno a 900,000 cantaja. Si obbligava inoltre di pagare ai produttori 4 lari a cantaro su' 300,000, di cui la produzione loro sarebbe stata interdetta.

I produttori però doveano tendere a lui solo, mentr'egli da altra banda si obbligava a tener sempre dello zolfo

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alle richieste del commercio e a non venderlo al disopra del prezzo medio di 43 carlini.

Offriva per l'adempimento de'  suoi impegni d'impiegare un capitale di ducati i, 200,000.

Il Governo del Re riconobbe in tali proposizioni del vantaggio pe' produttori, e nominò una commessione composta de'  principali produttori dello zolfo e. di uomini illuminati della Sicilia, per esaminare il progetto e darne avviso.

Tale Commessione composta di i5 membri votò in agosto 1836, alla maggioranza di 10 voci, l'adozione del progetto; la minorità di cinque membri, proclamando la gravità del male e la necessità d'un rimedio, si divise nella scelta de'  mezzi onde salvare dalla rovina l'industria de'  solfi.

Il Governo del Re in Sicilia approvò il voto della maggioranza, e con rapporto rassegnato a S. M. (settembre 1837) la supplicò di adottare il progetto senza indugio.

S. M., volendo procedere, com'è suo stile, con accorgimento in una quistione così grave, inviò il progetto alla Consulta di Sicilia, residente in Napoli. Questa, dopo maturo esame, ne volò l'adozione, alla maggioranza di 4 voci contro una, il dì 23 dicembre 1837.

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Il Re ordinò allora al Ministro degli Affari interni di riesaminare il progetto, e di fargliene rapporto.

Il Ministro sottomise al Re delle modifiche à quel progetto le quali, nell'attocché conservavano ai produttori i vantaggi del progetto, procuravano al Regio erario una rendita annua di ducati 400000 II Re ne approvò le modifiche.

A 9 maggio 1838 gli articoli del contratto deffinitivo si convennero e si firmarono dal Ministro dell'interno e da Taix. Stabilite così le basi della convenzione, si ritenne che sarebbero convertite, come in seguito lo furono, in un alto pubblico, appena che il 'signor Taix avrebbe fatto un primo versamento di ducati 3 00,000 nel Banco di Napoli: gli si accordava perciò un termine di 50 giorni, cioè sino al 30 giugno.

E da osservarsi che dal 9 maggio la convenzione era nota a tutt'i commercianti: e prima del 30 giugno più di 300,000 cantaja di solfo erano g ì state esportate dalla Sicilia su navigli inglesi. Nel 25 giugno Sversamento de'  ducali 300,000 fu fatto e Taix domandò che fosse disteso l'atto pubblico. Fu allora che i negozianti, i quali aveano già esportato i 300,000 cantaja dalla Sicilia dopo il 9 maggio, domandarono al Governo del Re una proroga sino al 1 agosto onde esportare altra quantità di solfo.

Il Signor Taix vi si oppose. Il real Governo avea pure il dritto incontrastabile di rigettare tale dimanda; ma il Re volle essere generoso verso

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l'Inghilterra, nonostantecché erasi fatto da due anni prima il progetto, la cui adozione definitiva era pur da cinquanta giorni conosciuta.

E con tutto ciò, volendo S. M. dare al commercio straniero altra pruova della sua magnanimità, condiscese che la riscossione del premio di 20 tari siciliani fosse differita al agosto, facendo indennizzare la Compagnia di tutte le perdite che ne sarebbero risultate.

L'enorme cifra di 350,000 cantaja di solfo fu esportata nel solo mese di luglio. Tutte le navi, non che le stesse barche pescarecce, furono noleggiate. La sola isola di Malta ne accolse più di 100,000 cantaja.

Tale abbondantissima esportazione, aggiunta ai depositi di zolfo diggià esistenti in Inghilterra, talmente ne provvide quell'isola, che la Compagnia appena ne poté acquistare per la fine di febbrajo 200 tonnellate. Rimanevano allora ne' depositi inglesi 7,000 tonnellate di solfo, anche dopo averne alimentato il consumo per 19 mesi.

Or se si riduce a 30,000 tonnellate il consumo annuo di solfo in Inghilterra, che Lord Lyndhurst fa sommare a 44,000, ne risulta che quel regno si trovò approvigionato con 55,000 tonnellate, le quali non avendo pagato alcun premio alla uscita da Sicilia, hanno dato agli speculatori inglesi tutto l'utile dell'aumento dei prezzi.

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Il dì 9 luglio 1838 il contratto fu pubblicato, ed approvato l'indomani con Reale rescritto.

Negli ultimi tre mesi dell'anno stesso S. M., percorrendo la Sicilia, ricevé ovunque suppliche e deputazioni de'  produttori di solfo i quali la ringraziavano de'  benefìzj ottenuti. Più di 719 produttori figurano sotto quelle rimostranze.

Il Re, convinto d'avere apportato alla Sicilia quel bene che dal suo cuore si bramava, affidò l'esecuzione del contratto (il 27 novembre 1838) ad una commessione composta di siciliani per fama onorevoli. Essi furono il Principe di Trabia, consigliere di stato, presidente.— Il Principe di Comitini, direttore, del Demanio— Il Barone Pastore. — Il Vice Ammiraglio Ruggiero Settimo.— li Duca di Monte leone.—1 II Barone Mandar ascari.—

S. M. poi, avendo conosciuto, nell'attraversare la Sicilia, quanto il dazio sul macino era oneroso per la classe degli agricoltori, non esitò ad applicatisi per iscemarlo de'  ducati 400,000 già assicurati al Regio erario col contralto dei solfi.

Convinta intanto dell'importanza de'  suoi doveri, la Commessione nominata dal Re pensò primieramente di procedere alla riparlizione de' 600,000 cantaja di solfo, e dei ducati 120,000 d'indennità fra tutt'i produttori in proporzione delle loro miniere.

Essa spedì nell'interno due Ispettori generali ond'eseguire una perizia generale delle solfaje.

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Il lavoro fu lungo, stantecché, centinaja i piccole zolfaje abbandonate, furono riprese e riattivate.

Frattanto la Commessione volle che i produttori non aspettassero ne' termini del contratto la fine delle perizie e della ripartizione, onde consegnare i loro solfi alla Compagnia. Essa s'interpose per indurla a fare delle compre provvisorie da difalcarsi dalle ripartizioni che le perizie avrebbero poscia stabilito. La Compagnia condiscese alle brame della Commessione e comprò da tutti coloro che si presentavano. Ogni produttore, consegnando in tal modo alla Compagnia la sua quantità approssimativa, dava campo alla Commessione di prender tutto il tempo necessario per istabilire con maggiore esattezza fra tutt'i produttori la giusta ripartizione delle quantità di solfo, e della corrispondente indennità.

Dal canto loro i produttori, non avendo ricevuto dalla Commessione alcun limite alle loro produzioni, continuarono a scavare le loro miniere colla più grande attività invece di ridurne i lavori ad un terzo, secondo i termini del contratto.

Il quadro delle ripartizioni per la fusione del 1838 fu finito in dicembre 1839, e quello del 1839 in gennaio 184.0. A tale epoca la Compagnia area diggià ricevuto 600,000 cantaja che formavano le due prime metà delle due fusioni.

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Le restava ancora a ricevere la seconda metà della fusione del 1838, la quale non era consegnarle che in gennajo 1840. Gl'inglesi locatarj di alcune miniere in Sicilia erano stati i primi fin dal 1838 a vendere i loro solfi alla Compagnia ed aveano con tale operazione riconosciuto incancellabile il. contratto. Essi mostrarono ugual premura in gennajo ultimo di vendere ancora le quantità state assegnate alle loro miniere col quadro delle ripartizioni (1).

(1) Ecco k stato di tutte le solfaie degl'inglesi in Sicilia, ed il notamento delle ripartizioni loro assegnate.

Ai termini del contratto la produzione possibile di ciascuna miniera è stata fissata al quarto del prodotto riunito dei quattro ultimi anni.

La miniera di Canatone, della quale sono locatarj i Signori Morisson Valentin e compagni, non venne scavata se non dopo il 1837 durante il quale anno avea prodotto 1200 cantaja; ciò che le dava dritto ad un annua produzione di una simile quantità.

Ma que' Signori, avendo spiegata la più grande attività nello scavo di tale miniera, hanno prodotto

30,000 cantaja nel 1838   che lor è costato

27,000 nel 1839                  13 carlini a cantaro

La Commessione ha loro assegnato una ripartizione di

26,000 cantaia pel 1838

22,000 pel 1839

Totale 48,000 cantaia di cui

32,000 Da consegnare alla Compagnia ai prezzi del

contratto. Eglino ne hanno diggià consegnato 24,000; e sopra i

16,000 cantari rimanenti la Compagnia ha loro pagato

4 carlini d indennità, cioè ducati 64,000.

I Signori Morìson Valentin e compagni hanno ancora in proprietà la Zolfaia detta Falconara, che non essendo posta alla distanza voluta

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Eppure alcuni negozianti inglesi seppero tener tal modo presso il ministero della Gran Bretagna, che lo indussero a delle pubbliche rimostranze, cosicché nel mese di ottobre 1839 M. Gregor incaricato d'una missione

 dalla legge, non ha dritto di bruciare. Con tuttociò le Autorità locali tollerano il bruciamento a danno delle vicine campagne.

Dietro la dichiarazione dei Signori Morison Valentin e compagni, il prodotto medio di ogni anno di questa Zolfara, durante i 4 ultimi anni precedenti, fu di 7200 cantaia

Gì'Ispettori generali hanno dichiarato che tale Zolfara era allora grandemente danneggiata; ciò non ostante la Commessione le assegnò una produzione di

6800 cantaja pel 1838

5900 id. pel 1839

Totale 12700 cantaia che non sono state prodotte in realtà.

La Compagnia però ha ricevuto e pagato

8500 cantaja al prezzo del contratto e pagato sui

4200 cantaja, supposte rimanenti, una indennità di 4 tari.

Signori Morison Valentin e compagni hanno ancora acquistato nel 1839 una picciola Zolfara denominata Tauretta che era esaurita. Lia Commessione le assegnò cantaja 277 le quali non furono neppure prodotte. Signor Craig si è ostinato da più anni a scavare le miniere inondate di Riesi, le quali si trovano ad una tale profondità che i travagliatori sono già rimasti asfissiati.

Egli ha di già speso più di 60,000 ducati in macchine, senza avere potuto produrre annualmente più di 12,000 cantaia di solfo che gli costa 15 0 16 lari.

La commessione ha assegnato a tali solfaie

cantaia 11,000 pel 1838    mentre non hanno potuto produrre

     »       14,819 pel 1839    quelle quantità, e la compagnia ha                                               

                                               comprato tutta la produzione

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del Governo Britannico fece un viaggio in Sicilia e vi si comportò con una arroganza dittatoria solamente scusabile in un paese conquistato. Egli dichiarò, che a qualunque costo l'Inghilterra otterrebbe lo scioglimento del contratto della compagnia francese.

I Signori W00d e compagni hanno una metà d'interesse nelle miniere di Favara appartenenti al Duca di Monteleone. Queste miniere inondate, delle quali i Signori W00d e compagni cercarono di sciogliere l'affitto prima del contratto del 9 luglio, stantecché lo solfo loro costava 15 0 16 tari, hanno fornito nei 4 anni anteriori al 183y una produzione annua di 15,500 cantaia.

La Commissione ha loro assegnata una ripartizione di 14,500 cantaia per ognuno degli anni 1838 e 1839. Eglino si sono affrettati ai consegnare alla compagnia la parte produttibile, e di ritirare l'indennità sul terzo che non lo era.

I Signori Gardner e Thumbum hanno affittato nel 1839 una nuova miniera all'Escara in partecipazione col Signor Romeo.

La Commessione ha assegnato a queste solfaie una ripartizione di 3,00 cantaia ch'essa non ha prodotti.

A questo numero 6 solfare si riducono le miniere scavate in Sicilia dagli Inglesi.

Non vi ha una sola di tali miniere che non li abbia fatto ferriere primacché il contratto del 9 luglio non venisse a dare ai solfi un prezzo superiore del costo.

Dunque gl'Inglesi stabiliti in Sicilia, che i primi hanno raccolto gli utili considerevoli risultanti dall'innalzamento de'  prezzi, che il contratto del 9 luglio ha provocato sulle quantità di zolfi che essi aveano acquistato a vii prezzo, non tralasciarono di raccogliere ancora la loro parte de'  benefizj come produttori che il contratto ha specialmente assicurato agl'intraprenditori delle solfaie.

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Il governo inglese, come ci si assicura, biasimò la condotta di M. Gregor, ma chiedeva l'abolizione del contratto del 9 luglio come base primaria di un nuovo Trattato di commercio fra i due regni.

S. M. Siciliana, nello scopo di stringere ognor più i legami d'amicizia che l'uniscono a S. M. Britannica, avea fatto chiamare il signor Taix il 22 febbrajo ultimo e proporgli lo scioglimento del contratto, e mentre discutesi sulle condizioni e tutto faceva presagire un pronto e definitivo accomodamento, la M. S. ricevè dall'inviato di S. M. Britannica una nota, con cui si chiedeva l'abolizione immediata del contratto, perché violava il Trattato del 18i6,ed insisteva specialmente sopra tale istantanea dimanda y onde (diceva la nota ) diminuire la somma dell'indennità, che sarebbe da pagarsi ai sudditi inglesi in compenso del danno cagionato loro dal contralto.

Dopo questa succinta istoria di avvenimenti, noi dovremmo in ter tenerci sul tenore delle note inviate al governo di Napoli dall'incaricato Tempie e delle risposte dignitose del Re di Napoli; ma siccome queste diplomatiche vertenze, in gran parte non conosciute,c'immergerebbero in discussioni quanto sublimi, altrettanto infruttuose, cosi stimiamo utile cosa l'abbandonarle.

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CAPITOLO X.
DEFINIZIONE DEL CONTRATTO DE' SOLFI. METODO DA TRATTAR LA QUISTIONE.

Dalla lunga istoria degli avvenimenti, risguardanti la quistione de1 solfi, molte verità di fatto abbiam conosciute, le quali fa d'uopo riassumere in questo luogo or che ci avviciniamo alla soluzione. Abbiamo appreso che il commercio inglese e quindi il Ministero da due anni prima di darsi esecuzione al contratto avea chiara contezza del progetto; 2.° Che a petizione de'  negozianti inglesi il governo siciliano accordò un primo ed un secondo termine onde avessero estratta tutta la quantità di solfi dà loro acquistata (1); 3.° Che i negozianti inglesi stanziati nella Sicilia non sono, proprietarj delle miniere, fuorché uno o due: tutti gli altri sono fittajuoli. Da queste note verità passiamo alle esorbitanti britanniche dimande.

Due sono le pretensioni, che si avvanzarono non dall'Inghilterra o dal suo parlamentò, ma da coloro i quali possono per circostanze de'  tempi alzar la voce. Essi dicono per bocca dì Lord Lindursl: 1.° Il contralto de' solfi della Sicilia concluso colla compagnia Taix ha violato l'art: 4 e 5 del Trattato del 1816 in riguardo all'Inghilterra

(1) Il secondo termine servì di mezzo e di pretesto per acquistarne una quantità incalcolabile dopo la concessione del Favore.

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2. Questa violazione ha prodotto gravi perdite al commercio inglese, le quali ascéndono a mille sterlini in diem (1) secondo il calcolo di Lyndhurst Appoggiano poi queste dimande sopra elementi di fatti al tutto falsi, come,per esempio, di venti-legni-inglesi, inviati per caricar solfo, essere ritornati con Savona: molti capitali inglesi, impiegati sulle solfi e ora rimasti senza profitto: le industrie inglesi deperite per mancanza di solfo: infine un contratto essersi concluso a bella posta per istituire un monopolio a danno della Inghilterra; Queste ed altre cose, di simil fatta hanno asserite che là maggior parte de' fogli francesi di qualunque colore ha respinte e riprovate con indignazione. Noi colla semplice veste di privato osservatore lasciamo ai giornali le polemiche e le discussioni di politica, e ci contentiamo di trattar la quistione  0/0  soli principj di Dritto pubblico e di giustizia universale, cui son soggetti tutt'i popoli, essendo assai persuasi di non essere più la forza materiale che manoduce e vince le nazioni, ma la forza morale e l'opinione.

Il governo siciliano col contratto de'  solfi concluso

(1) Cosicché la perdita de negozianti inglesi è maggiore di tutta la quantità de solfi che si estrae dalla Sicilia, è maggiore del prezzo di tutte le solfaje, e se durasse per qualche tempo, sarebbe maggiore di quanto vale la Sicilia tutta. Fantasia opportuna in un poema, come quello di Milton Joung di Sanspeare

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colla compagnia Taix ha provveduto a molte cose importanti. 1.° Ha migliorata, rispettandola, la proprietà de'  siciliani, tassando la produzione de' solfi ad equa ragione; 2.° Ne ha ristretto la esportazione per non inaridire là sorgente delle miniere; 3.° Ha risecato dagli utili della compagnia ducati 400,000 per anno, onde alleviare uno de'  più molesti balzelli che affliggeva più da vicino la classe miserabile, quella appunto che gravitava sul pane. Quindi il real Governo, in rapporto alla compagnia, ha stabilito una specie di Regia interessata, in rapporto alla Sicilia, ha dato un provvedimento amministrativo, e in faccia all'Inghilterra ed a tutto il mondo ha usato dei dritti inerenti alla costituzione della monarchia. Dato cosi il vero carattere al contratto de'  solfi, riesce agevole l'esaminare le quistioni, che tuttodì si propongo no da giornali e da opuscoli che escono in luce. Noi ci facciamo a trattare qui appresso

1.° Se il governo siciliano abbia usato de'  dritti inerenti alla sovranità nel concludere il con tratto de solfi;

2.°    Se il contratto de'  solfi contenga un monopolio ed in questo caso se l'Inghilterra abbia dritto a dolersene;

3.°    Se la Inghilterra ne sia rimasta per alcun lato pregiudicata o nel suo commercio, o nella sua nazionalità, sicché abbia avuto ragione di chieder compenso;

4° Se col contratto Taix siesi violato il Trattato del 1816;

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5.° Se le operazioni ostili della Inghilterra abbiano arrecato effettivo e permanente danno al commercio siciliano interno ed esterno, alla finanza ed alla tranquillità di un popolo, onde pretendere compensamento.

§ 1. Il governo siciliano ha usato de'  dritti attaccati alla Sovranità nel concludere il contratto de' solfi.

Vi ha chi ha sostenuto che un contratto, con cui si proibisce al proprietario un. atto di pubblica amministrazione per preferire l'altrui guadagno al bisogno ed alla utilità del proprio, paese, istituisca mia servitù pubblica. A dimostrare quali sieno le facoltà annesse alla indipendenza degli stati, ed al dritto d'imporre i u, di accordare de'  privilegi e delle privative, si sono citate le autorità del Grozio, dei Klubero e di un ministro dell'antica Diplomazia.

Vi ha chi ha detto che il contratto Taix contenga una semplice limitazione sulla proprietà de'  particolari cittadini, limitazione che si mette in uso da qualsiasi Governo.

Vi ha infine chi ha considerato che un commercio esclusivo,.se tale possa dirsi quello de'  solfi, non è vietato dal dritto delle genti; come ogni nazione n'esercita sopra qualche merce indigena.

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Tutte queste profondo investigazioni provano ad evidenza che per qualunque via si esamini la prerogativa del Governo, si troverà sempre nel pieno ed: indubitato dritto di esercitare quel la facoltà di cui si è fatto uso nel contratto de'  solfi. Noi aggiungiamo una sola idea di fatto, una sola, nozione di dritto pubblico.

Su quale materia è caduta la contrattazione? Non sopra proprietà assolute o mercanzie, ma sopra i solfi, o per meglio dire sulle miniere de'  solfi. Or le mine, le miniere e le cave di pietre per dritto pubblico europea, per consenso Universale di tutte le nazioni civilizzate per le sanzioni di tutt'i codici, formai no una eccezione alle leggi di proprietà, e van soggette a regolamenti particolari di cui i governi possono far uso per quel dritto eminente che hanno in ogni tempo ed in qualunque modo esercitato. La sola America còlle sue leggi libéralissime attribuisce la proprietà delle miniere (1) ai particolari: ma si hai riderbato la facoltà di imporre un dazio sul minerale. Le nostre leggi civili, come quelle: della Francia e dell'Inghilterra, nell'amplificare il dritto di proprietà accordando al padrone la proprietà della superficie e di quel che alla superficie è sottoposto, soggiungono (1) salvo le modificazioni risultanti dalle leggi e regolamenti relativi alle miniere.

(1) Vedi G. Say nel Trattato completo di economia pubblica vol: 1 pag. 126.

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(1) Art: 4.77 § 3. 11. ce.

La legge del 10 aprile 1810 pubblicata in Francia è quella tuttavia in vigore in quel reame. Non sarà fuori di proposito riportarne le principali disposizioni.— Tutte le sostanze minerali, che si rinvengono sotto la terra, vengono classificate in mine, miniere e cave di pietre.

Sono considerate come mine quelle che contengono a filoni, a strati, a mucchi, oro, argento, pratinò, Mercurio, piombo, ferro; a filoni o a strati, rame, stagno, zingo, iallamina,bismuto, coball, arsoico, magnesia, antimonio, molibdena, piombagine, o metalliche, solfo, carbon di terra 0 di pietra, bitume, diurne e solfati a base metallica.

Le miniere comprendono i minerali di ferro detti di alluvione, le terre piritose atte ad essere convertite in solfato di ferro, le terre alluminose, e le zolle atte a fuoco.

Le cave di pietra rinserrano lavagne, pietre grigie, pietre di costruzione, marmi, graniti; pietre da calce, pietre da gesso, pozzolane, stras, basalti, lave, marne, creta, arena, pietre da fucile, afilla, caolino, terre da purgatoi, terre da stoviglie, le sostanze terrose e selci di qualunque specie, le terre piritose considerate come concime, il tutto scavato a cielo scoverto o con galleria sotterranea.

Le mine non possono aprirsi che con un atto di concessione dato in Consiglio di Stato. Questo atto determina i dritti del proprietario della superficie sul prodotto delle mine concesse. Qualunque mina non può vendersi in parte, 0 essere divisa senza autorizzazione del Governo nelle stesse forme della concessione.

Non è permesso ad alcuno di fare le ricerche per iscoprir miniere, affondare scandagli o socchielli sopra di un terreno che non 4 gli appartiene senza il consenso del proprietario della superficie e coll'autorizzazione del Governo, dare il dritto di scandagliare ed aprire pozzi o gallarie, né quello di stabilire macchine o magazzini nei recinti murati, nelle corti e nei giardini, né nei terreni contigui alle abitazioni o ai recinti alla distanza di 100 metri dai detti recinti 0 abitazioni.

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Or il governo Siciliano ha messo in esercizio il dritto eminente della Sovranità nel limitare la produzione de solfi, nel darle ad una specie di Regia interessata, nel trarne un utile per diminuire una imposizione indiretta. Quale nazione, quale Governo può censurare, o dolersi di questo esercizio di sovrana inalienabile facoltà? E questa facoltà è stata messa in pratica nell'interna famiglia dello Stato. Chi può ingerirsi nell'amministrazione economica dell'altrui famiglia? Da ciò parte l'altra idea sublime della indipendenza degli stati, indipendenza riconosciuta non che da pubblicisti ed economisti di ogni classe e scuola, ma da'  gabinetti tutti di Europa. Solamente da qualche anno in qua per rendere men salvo questo diritto, e per l'altro principio di non esser turbata la pace e la forma del Governo di ogni nazione, si è inventata la politica del non intervento armato, il quale suona lo stesso che indipendenza.

Il proprietario può fare tali ricerche, previa un'autorizzazione ottenuta prima di cominciare lo scavamento, dando ancora cauzione.

I proprietarii delle mine sono obbligati di pagare allo Stato nna prestazione fissa ed un'altra proporzionata al prodotto dell'estrazione.

Lo scavamento delle miniere e soggetto a regole speciali secondo le circostanze e non può praticarsi senza permissione.

Infine le cave delle pietre possono eseguirsi da proprietarii, ma col permesso e vigilanza della Polizia se Bono a cielo scoverto, se con gallerie sotterranee sotto la vigilanza dell'amministrazione.

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Ognun sa che il non intervento importa che ogni Stato può regolare a suo piacimento l'interna sua costituzione ed amministrazione, purché non influisca e non communichi le sue massime alla nazione limitrofa. Tutto ciò nelle faccende politiche; ma ne regolamenti commerciali non v'è sta to ancora alcun Gabinetto che abbia sognato di turbare le misure, qualunque esse sieno, con cui un altra nazione amica, indifferente ed anche inimica riordini la scala del suo commercio. L'indipendenza delle nazioni, sieno di primo rango, sieno di secondo, sieno di ultimo, è ormai di ragion publica universalmente riconosciuta. E tale indipendenza politica in sé comprende l'ampia facoltà di regolare a seconda de'  bisogni l'interna propria amministrazione.

Dai dritti politici de'  Governi passiamo alla scienza di Economia pubblica, onde conoscere se la Monarchia siciliana ne abbia messo in pratica i veri principii omogenii e conformi a quelli. Quando una mercanzia qualunque, che forma una risorsa per uno stato, è avvilita nel prezzo sia per la mancanza de'  capitali nelle mani degl'industrianti, sia per la concorrenza de'  venditori, i Governi sono chiamati a dare le loro provvidenze. Le quali consistono e nella limitazione della produzione e nell'introdurre le spirito, di associazione. Or col contratto Taix il Governo ha praticato l'uno e l'altro rimedio,

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quelli appunto che reclamava il progresso della scienza, economica. Il dritto dunque eminente della. Sovranità è andato di accorda coll'Economia.

§. 2. Il contratto de'  solfi non contiene un monopolio: se cosi fosse, non potrebbe dolersene la Inghilterra.

Un individuo, una compagnia, una nazione esercita il monopolio allora quando con atti poco lodévoli s'impossessa di un prodotto o di una mercanzia qualunque, e quindi la ven de a chi vuole ed a quel prezzo che le piace. Due sono adunque gli elementi del monopolio: 1.° Incivile o illegale incettamento della merce, 2.° Libertà assoluta nel prezzo. Amendue mancano nel contratto Taix.

Manca l'incettamelo illegale e doloso dello solfo, perciocché quello fu fatto dopo essersi accordalo un primo od un secondo termine ai produttori e commercianti di vendere e di esportare qualunque quantità di solfo,onde non fossero stati in alcun modo pregiudicati i di loro interessi. I commercianti inglesi profittarono di questa doppia dilazione per fare acquisto di tanta quantità di prodotto da bastare per dieciotto mesi agli usi delle industrie anglicane; dopodicché han elevato gl'interessati clamori. Il contrattò poi venne preceduto dall'avviso di una commessione a bella posta istituita, e poscia dal parere della consulta di Sicilia,

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come abbiamo estesamente narrato, ciò che esclude, fuorché: la Maldicenza, ogni idea di segreto, d'illegalità, d'indelicatezza.

Se si risguarda poi lo scopo del contratto, anzicchè  contener monopolio, fu diretto a frenare a cortigere, a distruggere il monopolio stesso diggià esistente nella Sicilia. Ci risovvenga che l'invilimento del prezzo de'  solfi precedente al contratto dipendeva dalla povertà de' produttori e dell'usurario procedere dei negozianti fra loro combinati di non pagare lo zolfo che a carlini 10 e 12 il cantaro per dipoi venderlo nell'estero a quintupla ragione. Una combinazione di negozianti cosi fune sta per ii produttori siciliani, cosi funesta per l'estero commercio, dovea essere corretta dalla mano protettrice del Governo.

E manca pare il secondo requisito del monopolio, l'arbitrio di vender lo solfo a qualunque elevazione di prezzo. Coll'articolo 17 del contratto venne determinato che la Compagnia non potrà vendere i suoi solfi d prezzi maggiori, cioè a 14 carlini la terza qualità, 43 le seconde, 45 il talamone e le prime per ogni cantaro spedito alla vela e franco al compratore di qualunque spesa di trasportò imbarco e premio. Sull'esecuzione di questo patto non si è mossa alcuna doglianza per parte della Inghilterra; quindi deve concludersi di non essersi alterato il prezzo stabilito.

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Né sarà ozioso il ripetere in questo luogo, ad oggetto di escludere ogni idea di monopolio, che sui lucri della Compagnia una porzione eguale a ducati 400,000 per anno è stata surrogala in luogo del dazio sul macino Dunque, ritornando agli estremi del monopolio, ritroviamo che essi mancano del tutto. Ed ancorché il contratto Taix contenesse tutt'i caratteri del monopolio, poteva l'Inghilterra o dolersene o procedere alle vie. di. fatto ed a rappresaglie? Noi non ripetiamo che tutte le nazioni di Europa hanno sempre esercitato il dritto, forse mal calcolando i di loro proprii interessi, di accordare a qualche, compagnia un monopolio sopra di qualche mercanzia o prodotto: né citiamo autorità di scrittori per accreditare una teoria di cui; alcuno: non v'è che ne dubiti. Diciamo solamente che l'Inghilterra mentre di monopolio rimprovera una Compagnia francese, l'esercita essa stessa e sul the e sopra di altre produzioni ancora. Si dirigge poi contro il Governo delle due Sicilie invocando un Trattato, il quale non contiene un solo monopolio, ma un sistema di monopolio. Come dunque può attaccare le operazioni, sieno d'interna amministrazione, sieno di commercio degli altrui Governi, quandocché quelle sono uniformi al sistema di cui essa stessa è modello ed esempio? Come può rimproverare il monopolio degli solfi l'Inghilterra, se dessa l'esercita su tutte le produzioni siciliane?

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Ma se fosse venuto in pensiere al Governo delle due Sicilie di proibire espressamente l'esportazione degli solfi, l'Inghilterra l'avrebbe potuto impedire? Quale nazione può pretendere il commercio di una produzione per forza e spiegar diritti sulle proprietà di un'altra nazione? L'è vero che in quella irregolare determinazione avrebbe soppressa una sorgente di prosperità; ma da chi si può imporre una ricchezza forzosa. o mettere delle limitazioni nella scioperata altrui amministrazione? Ma se questa misura pregiudizievole alla prosperità nazionale, inattaccabile dalla Inghilterra, non sarebbe stata giammai messa in pratica dal Governo Siciliano, questi ne avrebbe potuto adottare un altra più pregiudizievole al commercio inglese. Perocché il Governo Siciliano avrebbe potuto, anzi se generoso non fosse, avrebbe dovuto sopraimporre un doppio dazio su tutte le mercanzie portate con bandiera inglese, non per violare il Trattato del 1816, ma per corrispondere alla soprattassa imposta dall'Inghilterra sopra que' 28 articoli di nostra produzione, e per corrispondere ancora all'enorme dazio di 10 lire sterline sopra di ogni tonnellata dell'olio nostro. Misura la quale sarebbe stata equivalente ed un divieto di commerciare colla Inghilterra. Eppure il Governò Siciliano, dimenticando le ristrettezze imposte alla introduzione de' suoi prodotti ne' porti della Gran Bretagna, ha serbato un carattere

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tutto a fé diverso da quello che l'impero delle circostanze addimandava.

Concludiamo adunque ohe il contratto degli solfi colla compagnia Taix non ha l'aspetto di monopolio: se l'avesse, la Inghilterra dovrebbe rispéttarlo per essere consentaneo al suo sistema e per le agevolazioni ricevute in controcambio della tariffa vincolante ed odiosa fatta a bella posta contro le nostre produzioni.

Questa opinione, che peri noi è sentimenti di giustizi, è camune a molti scrittori napoletani non solo, ma in due celebri Giureconsulti inglesi ancora, Pollock (1) e Philimore, (2) quali consigliati come avvocati

(1)    Opinion de sir Frederick-Pollock. Mon opinion est que le décret qui a institue le monopole du soufre n'est sous aucun rapport une infraction, du traité entre ce pays et le vernement napolitain, soit par rapport aux sujets britanniques intéressés dans les mines de Sicile, soit en ce qui touche à ceux qui étaient détenteurs de soufres à la date du décrets Le traité met les sujets de la couronne d'Angleterre sur le pied des nations les plus favorisées, et il me semble ne parfaire, davantage, Un décret qui s'applique également aux sujets du roi de Naples et à tous les étrangers sans distinction, ne peut, à mou avis, être regardé comme une violation d'un semblable traité. 12 mars 1840.

(2)    Opinion du docteur Philimore.—Suivant les opinions les plus accréditées de tous les écrivains qui ont traité du droit public, un monopole de l'espèce indiquée dans l'exposé peut être créé par tout état indépendant sur ses propres domaines 9 sans qu'il y ait infraction d'aucun principe du droit des nations.

Toutefois, il est indubitablement facultatif à deux états de prohiber par stipulation expresse l'exécution d'aucun monopole semblable dans les limites de leurs domaines respectifs.

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della corona, han pubblicato per le stampe il di loro avviso del tutto favorevole alla nazione siciliana.

Le seul point en considération me semble donc de savoir, si le monopole en question est atteint en quoi que soit par le traité du 26 décembre 1816 qui règle dans ce moment les rapports commerciaux entre la Grande-Bretagne et la Sicile.

Les seuls articles qui, dans la plus grande latitude, puissent être réputés applicables à ce point, sont les quatrième et cinquième; le premier ayant trait an commerce à exercer; le dernier aux privilèges personnels dont les sujets britanniques doivent jouir dans les domaines du gouvernement sicilien.

Tout ce que l'article 4 stipule, dans les sens le plus absolout, c'est que le commerce des sujets britanniques doit être mis sur le pied des nations les plus favorisées, et comme les sujets de ces nations, que les indigènes eux-mêmes sont atteints au même point que les sujets britanniques, par la création du monopole qu'a fondé le décret de juillet 1838, je suis nettement d'opinion que le monopole du soufre n'est pas prohibé par les termes de cet article; car, celui-ci est le seul, où, je pense, on devait cet article; car, celui-ci est le seul, où, je pense, on devait  attendre naturellement à trouver une pareille interdiction  si l'on avait songé a l’établir.

Le cinquième article, à mon jugement, est au dehors du point en question. Il stipule les privilèges et immunités ordinaires des sujets britanniques, la protection de leurs propriétés personnelles, et les place, sous l'un et l'autre rapport, sur le pied des nations les plus favorisées.

 Or les mines de soufre ne sont pas une propriété personnelle, mais une propriété réelle; et, quant au soufre qui peut se trouver en magasin, les sujets britanniques ne sont en aucune manière atteints par le décret de 1838 f autrement que les sujets de tous les autres pays, aussi bien que ceux des états napolitains.

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Noi dividiamo con essi lo stesso divisamento, fuorché pel carattere di monopolio che essi danno al contratto, quantunque sostengono di essere nel potere dei Governo di esercitarlo e concederlo. Noi abbiam dimostrato ad evidenza che quella convenzione non racchiude un vero monopolio.

Sous quelque point de vue donc que j'examine cette question, mon opinion est que le monopole n'étant pas prohibé par le droit des nations, il n'y a dans le traité existant aucune stipulation qui puisse avoir pour effet d empêcher le gouvernement napolitain de faire tout règlement qu'il juge convenable au sujet de la production du soufre et de son exportation de Sicile, pourvu que les sujet britanniques ne soient pas placés pour l'extraction et l'exportation de cet article dans une condition pire que celle des sujets de l'état le plus favorise.

Doctor's Commons, 28 mars 1840.

Pour résumer un débat sur lequel nous ne reviendrons pins que pour publier des faits ou documens officiels, l'Angleterre et la France, qui sont dans les Deux-Siciles sur un pied de parfaite égalité, peuvent bien trouver fâcheux de payer a de bons prix le soufre qu'elles avaient presque pour rien quand les producteurs siciliens se ruinaient: mais si le roi Ferdinand, pour prévenir cette ruine, a tout à la fois haussé les prix et diminué la production, il ne s'ensuit pas qu'il ait en rien excédé ses droits ni blessé ceux de puissances amies. Par conséquent, on n'a aucun prétexte plausible de l'obliger i annuler le contrat des soufres, encore moins de réclamer des indemnités; à moins qu'il ne soit entendu que le droit public n'existe plus, que l'indépendance des peuples et des le droit public a existe plus, que l'indépendance des peuples et des rois est a la merci du plus fort, et qu'il suffit d'avoir des vaisseaux et des canons pour être en droit d'exiger légalement la ruine d'un pays. (*)

*Gazette du midi n. 2236 – 9 avril.

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§. 3.—La Inghilterra lungi dall'aver ricevuto danno dal contratto de zolfi, ne ha profittato. Essa non ha dritto ad alcun compensamento.

Se il Re delle due Sicilie ha fatto uso della prerogativa reale nel concedere le miniere degli zolfi del Regno della Sicilia ad una compagnia; se prima di convenire ha messo in salvo con reiterate dilazioni gl'interessi degli stranieri, se ha seguito i principj di dritto internazionale e di economia pubblica; se ha cercato d'impedire un monopolio, ne segue che né l'Inghilterra né altra nazione possono dolersi di siffatto provvedimento. Ed ancorché il contratto non avesse così salda base, quale nazione ha il diritto di chieder conto del risultamento di un atto d'interno reggimento che! un'altra nazione crede di adottare? Ila forse «il Governo siciliano chiesto conto alla Inghilterra dell'amministrazione, che colà si tiene, delle miniere di ferro, di carbon fossile, o delle industrie con privilegio concedute alle compagnie? E quando sopraccaricò tutte le produzioni del nostro suolo d'un'enorme tassa, benché atto non d'interna amministrazione quello fosse, si dolse forse il Governo di Napoli del danno arrecatogli? Dimandò forse compensamento con Note diplomatiche o con armi? Abbia o non abbia adunque la Inghilterra sofferto danno dal contratto de'  solfi, noi non troviam motivo, come trovar noi deve la Francia mediatrice, a formarne

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un piato politico ed avvanzare una politica pretensione.

Eppure, se il Gabinetto Francese discender volesse in questa opportuna disputazione di fatto, troverebbe le pruove evidentissime del niun danno patito dalla Inghilterra o per meglio dire da coloro che faceano il negoziato dello zolfo. Con tale breve disamina ravviserebbe ancora la vera causa, per cui si è mossa l'alta quistione.

Ahbiam rilevato dalla lunga esposizione de fatti risguardanti il contratto degli solfi che, oltre la notizia che si avea nel commercio del progetto presentato da Taix, le basi della convenzione furono firmate nel dì 5 maggio 1838, epoca in cui tutto si fece palese. Da quest'epoca sino al 30 giugno, in cui seguì il primo versamento, i negozianti inglesi esportarono 300,000 cantaja di solfo. Tuttavia ottennero (sotto il pretesto di non aver trasportata quella quantità da loro precedentemente acquistata) un altro termine contro il voto della compagnia Taix sino al 1.° agosto 1838, vai dire altri 40 giorni, nel quale termine non poteva esigersi dalla compagnia il premio di carlini 20 per ogni cantajo. Tn questo periodo di tempo furono esportati dalla Sicilia sopra navigli inglesi ben 350,000 cantaja di solfo; tutt'i bastimenti furono noleggiati per tale trasporto, non che le barche pescarecce, e tutto ciò oltre il preesistente approvisionarnento.

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Questa notizia noi rendiamo per risposta alla mozione di Lord Lindhurst, con cui espose alla Camera di essere ritornale vuote 24 navi inglesi inviate in Sicilia per caricar solfi. Le navi mancarono ai carichi, non i carichi alle navi!

Or tutto l'approvisionamento fatto da speculatori inglesi prima di avere esecuzione il contratto Taix si può calcolare, oltre il consumo fatto nell'anno 1838, a 55,000 tonnellate, le quali non essendo state soggette al dazio di uscita, ed essendosi immantinenti aumentato il prezzo, è facile il dedurre che tutto Futile dì tale aumento è caduto a beneficio degli stessi negozianti inglesi. Il costo medio primiero di queste 55,000 tonnellate di zolfo non ha oltrepassato sei lire sterline per cadauna: il prezzo medio che si è fatto dagli speculatori inglesi è stato di i a lire sterline; quindi hanno realizzato l'utile di 330,000 lire sterline.

Qui qualcuno potrebbe presentarci la seguente difficoltà. Tutto l'utile da noi ravvisato a prò de'  negozianti inglesi è stato in gran parte soddisfatto dai fabricanti stessi della Gran Bretagna; quindi da una mano è passato in un'altra della stessa nazione. In ciò dire non si riflette che se la prima mano avesse pagato il doppio del prezzo, la differenza sarebbe stata una perdita per la Gran Bretagna: non si riflette che, aumentato il prezzo dello solfo mercé la restrizione della produzione,

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l'aumento ha formato un secondo vantaggio per la Inghilterra: non si riflette infine, che aumentato ancorai! prezzo delle manifatture per le quali era necessario lo zolfo, questo aumento ne costituisce un terzo vantaggio per la industria inglese. Da qualunque lato adunque si esamina il Contratto Taix, lungi dall'aver prodotto un danno alla Inghilterra, l'è stato di gran giovamento.

Donde dunque le lagnanze, le note, le minacce, le rappresaglie? Non è mestieri che noi n'esponghiamo la cagione per chiunque ci ha letto attentamente. Le doglianze muovono dacché,.vuotati i depositi dello zolfo, i negozianti memori dell'antico basso prezzo sono costretti di pagarlo all'alta ragion corrente de'  mercati; ciocche dispiace, e questo dispiacere individuale, mercantile, si è comunicato, non sappiam come, a chi per alte qualità personali poteva influire con tutta la buona fede a muovere il Gabinetto inglese per disturbar la pace a chi la pace amava ed in pace vivea. Questa scintilla potea estinguersi in sul comparire: non estinta, ha destato poscia un allarme, il quale avrà termine indubitatamente mercé le cure della saggia, prudente, accorta, magnanima e potentissima mediatrice.

$ 4. La convenzione degli solfi non ha per affatto violato i patti del Trattato 1816.

Siamo alla fine pervenuti al colosso della doglianza inglese. Violazione di un Trattato!

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Ma noi cominciammo a bersagliare questo colosso in lontananza, ed a misura che fu ferito, vidimo cadere ora il capo, or le braccia, or il corpo ed or vacillare le fondamenta, cosicché trovandoci ora dappresso non vediamo che la polvere colossea, dir vogliamo la nullità della pretensione inglese. Di qual Trattato parlava Y Inghilterra? Di quello che avea per base il privilegio di bandiera, privilegio nommai presso di noi allignato, proscritto da tutte le nazioni? E come può dirsi violato un Trattato di commercio mancante di fondamento, da cui niun dritto nasce?

Noi non dovremmo più oltre spingere il passo, né immergerci in altre discettazioni, or che la quistione ci sembra di essere stata nella più chiara luce esposta, e la pretensione inglese caduta nella polvere dond'era nata. Tuttavia siamo nel debito di seguire il sistema dell'arringo di Lord Lindhurst e di tutti coloro che Than dipoi confutata. Il commendevole Lord separò dal Trattato del 1816 il 4° ed il 5° articolo, ed interpetrandoli a suo modo di vedere, dedusse di essersi commesso attentato alla proprietà Inglese esistente in Sicilia; di non esser più considerala la nazione britannica come la più amica e la più favorita; di essersi insomma violata la stipulazione. Noi abbiamo creduto riportare per intero il Trattato con apposite annotazioni;

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perché non si può ben comprendere il sentimento di una convenzione qualunque facendola a brani e poi anatomizzarne una sola porzione (1). In effetti tutta quella celebrata contrattazione non contiene che gratuite asserzioni per parte della Inghilterra, asserzioni elevate a privilegi esistenti a quell'epoca mentre non lo erano; si deveniva quindi a que' patti che portavano il solo obbligo per parte del Regno delle due Sicilie di bonificarle il i o per 0/0 sui dazii d'importazione. Due sono le sole idee di quel Trattato, privilegi antichi per parte delle tre nazioni, obbligo presente pel Reame delle due Sicilie. Premessa questa dilucidazione, la quale emerge dal tener presente tutto l'insieme del Trattato, è facile intendere le pretese violazioni fatte ai due indicati articoli. Che cosa in quelli si contiene? Che i cittadini inglesi dovessero essere esenti del servizio militare; che le di loro proprietà personali dovessero essere rispettate; che il commercio ed i cittadini inglesi per quanto rifletteva le visite doganali in tutto venivano assimilali a' sudditi di S. M. siciliana; e che in ogni altra contestazione il commercio inglese veniva eguagliato al commercio delle nazioni le più favorite. È inutile fare il confronto delle tre Nazioni a pro delle quali fu conceduto il beneficio del 10 per 0/0 con altre nazioni favorite; perché altre non ve ne furono,

(1) Si rilegga il cap.

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né ve ne sono su tutta la superficie del Globo che abbiano ricevuto un simile favore; dunque esse sono state e sono le più favorite. Non rimane altro ad esaminare, se quelle tre Nazioni, la Inghilterra, la Francia e la Spagna sieno state considerate come il Regno stesso delle due Sicilie. Non sappiam poi immaginare come possa esservi qualche inglese il quale, perché non paga tributi al Re delle due Sicilie, perché non presta servizio civile o militare, pretendesse qualche benevoglienza maggiore sopra i sudditi siciliani, i quali adempiono a quelle civiche obbligazioni, cui non vanno soggetti gl'Inglesi: Nè  crediamo noi cittadini siciliani di portare maggior predilezione-ai commercianti inglesi di quel che pratichiamo verso i nostri padri, i nostri figli, i nostri fratelli, i nostri amici, i nostri corrispondenti. Quando queste relazioni di Governo e di famiglia si spandono egualmente su' cittadini delle tre Potenze favorite, niuna di esse può mostrar sembianza di scontentezza.

Accostiamoci finalmente ai patti contenuti ne' due articoli che diconsi violati. I patti sono, rispetto, alle proprietà personali, rispetto al commercio inglese, assimilazione alle più favorite nazioni. In riguardo alle proprietà inglesi si è molto disputato sui dritti che ha ogni Governo di limitarne le disposizioni e di prelevarne qualche porzione per addirla al mantenimento dell'ordine pubblico:

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si è disputato pure sulle facoltà del Governo nel restringere le proprietà degli stranieri possedute nel nostro regno, per concludere, sia nel primo che nel secondo caso, di non essersi in alcun modo oltrepassato il limite governativo. Ma noi crediamo serbar silenzio su tutte queste dispute di scuola, presentando alla colta intelligenza de' lettori una sola riflessione. L'articolo che si dice violato parla di proprietà personali e non di proprietà reali, vai quanto dire che parla o di produzioni della mente o di opere della mano dell'uomo, come dipendenti ed attaccate alla persona. Certamente che niuno inglese è stato in questi suoi dritti personali pregiudicato: né il Governo inglese di questa lesione ha parlato. Tutto il suo dolore risguarda il commercio degli zolfi che crede o vuol far credere di non essere stato favorito, come comandava il Trattato del 1816. Or noi per isvellere sin dalle sue radici questo mal concepito e non ottenuto preteso favore crediamo util cosa decomporre la convenzione Taix ne' suoi primi elementi. Il contratto degli zolfi siciliani fu concluso tra la compagnia di alcuni azionisti francesi, e tra i produttori degli zolfi, i quali venivano rappresentati dal Governo. Nel numero de'  produttori intendiamo di comprendere i negozianti inglesi per tutto dritto di assimilazione, sieno essi proprietàrii delle miniere, sieno semplici fittajuoli.

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La nazione britannica e la nazione siciliana stiensi per momenti in disparte, stantecché esse non entrarono nella convenzione. Or quando una delle parti contraenti non ottiene quel favore sul quale avea dritto, e rimane quindi pregiudicata, l'altra parte ne percepisce e n'usurpa tutto il vantaggio in danno della prima. Dacciò nasce una prima conseguenza ed è, che i produttori de'  solfi tanto siciliani che inglesi, e per semplicizzar la cosa ci comprendiamo ancora i negozianti, han perduto l'incomprensibile favore, favore interamente usurpato dalla compagnia Taix. Or i produttori inglesi sono in paragone de'  produttori siciliani come due a dieci mila, Da ciò discende una seconda illazione, che se il contratto Taix ha renduto del pregiudizio all'altra parte, questo pregiudizio è come due verso gl'inglesi, e come dieci mila riguardo a' siciliani. Godano pure gl'inglesi i dritti politici e civili come i sudditi siciliani, sieno ad essi assimilati, abbian tutta la nazionalità, con tutto questo corredo di benefizii, il di loro danno (se danno vi è stato) sarà sempre molto inferiore a quello sofferto dai nazionali.

Facciamo ora entrare nella convenzione le due nazioni spettatrici, l'Inghilterra e la Sicilia. Mettiamole pure nello stesso livello di nazionalità e di prerogative. In che poteva essere pregiudicata la Inghilterra? Forse nella libertà del commercio?

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Non mai, perché può comprare dalla compagnia Taix quella quantità di solfi che l'aggrada: e se alla compagnia francese vi si potesse sostituire una compagnia inglese, l'Inghilterra comprerebbe da sé medesima tale prodotto. Forse nella compra di solfi a prezzo elevato? Neppure, perché questo pregiudizio similmente feriva tutto il Regno delle due Sicilie, il quale ad eguale prezzo solamente poteva acquistarli. Or se uguale è il danno, perché l'estero se ne addolora, e non il nazionale? Ma non è uguale il danno, perocché le miniere sulfuree nascono nel seno della terra siciliana, tesoro che la natura ce lo infuse per vederselo strappato or da un monopolio inglese, or da un monopolio francese; mentre gli abitanti colle mani ligate ed a ciglio non asciutto mirano la favola di Tantalo verificata nelle di loro persone.

§ 5. Le misure violenti usate dall'Inghilterra contro il Regno delle Due Sicilie danno un dritto a quest'ultimo a chiedere una riparazione

Il dritto del Governo Siciliano a chiedere una indennizzazione per i danni arrecati al suo commercio, alla diminuzione degl'introiti doganali, come alle spese ed apparecchio di guerra, nasce dalla condotta straordinaria e violenza usata dall'Incaricato Britannico, dalle sue Note troppo imperiose, dalle minacce, dalle rappresaglie.

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Ormai è risaputo che nell'atto di trattarsi tra il Governo Siciliano e 'l Rappresentante inglese un amichevole accomodamento tanto per la proposta del trattato di reciprocanza, che pel contratto degli zolfi, il Ministro Tempie, rompendo le dimore, diresse una No» ta al Re delle Due Sicilie impetuosa ed altera, con cui, prefiggendo pur le ore, addimandava minaccioso ciò che in via di pace si stava in procinto a concludersi. Fu allora che Ferdinando II diede quella risposta degna di un gran Re: (1) Io son pronto, egli disse, ad udire tutte le proposizioni conformi alla giustizia; ma alle impertinenze rispondo col cannone. Disse ed oprò. Nella notte istessa, in cui la Nota fu inviata, diede ordini per la partenza delle truppe per la volta della Sicilia, e le truppe in quella notte partirono. Fu saggio quel pensiero che nacque nella mente del Re per la spedizione delle armi colà; perciocché prevenir doveasi una diversione anglicana su quell'Isola. Nel dì susseguente altri armati ed artiglierie partirono, ed altre ancora, finché incessantemente ed in pochi giorni fu formato un campo in Messina, furono approvvisionate tutte le piazze forti dell'una e dell'altra Sicilia, munite le coste da presentare una valida' resistenza a qualunque aggressione.

(1) Vedi Gazzette du Midi n. 1220.

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Quando, fattasi mediatrice la Francia, cessarono le ostilità e tutto fu rimesso ad un amichevole arttramento, che la Francia istessa di comune benepl cito dovrà impartire. Durante il periodo di queste turbolenze, il nostro commercio ha patito gravemente, la finanza ha diminuito ne' suoi introiti doganali, ed ingenti somme si sono erogate per le spese della guerra. A quanto questi danni e spese ascendano non è nostro debito il rilevarle, ora particolarmente che tutto è rientrato nel dominio della diplomazia. A noi incumbeva il dovere di sostenere il dritto del Governo, a chiedere una compensazione per le perdite sofferte: ed a ciò abbiam soddisfatto allorché mostrammo la condotta impetuosa dell'Inghilterra, e la niuna necessità di ricorrere ai mezzi di violenza.

A questa pretensione ne uniamo un'altra egualmente giusta ed inattaccabile, la quale è il corollario di tutte le materie sinora discorse. Se il Trattato del 1816 fu stipulato su causa falsa, se niuno argomento di validità si può trarre da quella convenzione, ne segue che la Francia e l'Inghilterra sono tenute a restituire l'ammontare del 10 per 100 non pagato per lo spazio di 22 anni pe' dazii gravitanti su tutte le mercanzie introdotte nelle dogane delle due Sicilie. Calcolo è questo assai facile da eseguirsi, mettendo fra le mani di un contabile, o la statistica (che crediamo esistente!) o i registri doganali.

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E che dirà la Francia e l'Inghilterra della paralisi sofferta mercé il Trattato del 18i6 da tutto il nostro commercio, di cui contro di loro sacra è la risponsabilità? Qual'è il danno di una nazione cui si chiude il commercio per Io spazio di 22 anni? Qual'è la debita compensazione?... In questo punto fermiamo il passo, perocché toccata la delicatezza francese, or che del debito suo proprio piucché dell'altrui deve giudicare, ciò le basta per dar pruova al mondo incivilito quanto giusta ella sia e generosa, di cui già il Re di Napoli le ha dato il primo esempio.

E ci gode poi l'animo nel vedere come in così impreveduto caso il Monarca delle due Sicilie ba spiegato la fortezza, ed il senno che più splendilo e temuto fanno il trono. Bisognata un'occasione simigliante per mostrare all'Europa che la dignità della corona è tanto ben sostenuta da Ferdinando Secondo quanto retto è il cuore e fermo il braccio ond'egli regge il fréno de'  popoli a lui commessi.

FINE






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