Carlo Pisacane, il «romito» di Albaro (Zenone di Elea - Giugno 2024) |
PISACANE E LA SPEDIZIONE DI SAPRI (1857) - ELENCO DEI TESTI PUBBLICATI SUL NOSTRO SITO |
IL POLITECNICOREPERTORIO MENSILE DI STUDJ APPLICATI ALLA PROSPERITÀ E COLTURA SOCIALE VOLUME VIII MILANO EDITORI DEL POLITECNICO Contrada della Sala N. 6 . 1860 |
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Nota. Verso la metà d'aprile del 1848, Carlo Pisacane, già officiale del genio a Napoli, poi passato in Algeria e divenuto tenente nella Legione straniera, al primo annuncio della nostra insurrezione e della sconfitta di Radetzky pensò dover apportare il tributo del suo braccio e de' suoi studj alla difesa della patria; chiese il suo congedo. Il suo generale non vi acconsenti; malo consigliò a voler prima andare in Italia a veder le cose cogli occhi suoi; di là gli scrivesse.
Pisacane, nel viaggio da Marsiglia a Milano, essendosi trovato compagno al medico Giovanni Cattaneo già da molti anni emigrato in Francia e uno dei partecipi all'antica spedizione di Savoja, venne seco a vedermi; e credendomi ancora membro di quei consigli e comitati che il caso aveva accozzato nei giorni della nostra prova, mi dimandò d'essere ammesso nel nuovo nostro esercito. Io potei solo offrirgli di presentarlo al generale Teodoro Lechi. Mi sta in memoria come lungo la via il popolo si fermava a mirare quel bel giovine in quell'insolito uniforme. Era con noi un altro officiale della Legione straniera, d'età più provetto, Angelo Todesco, israelita di Trieste.
Il generale li arrolò volontieri ambedue.
Pisacane, col grado di capitano, parti per la Riviera di Salò, d'onde tornò poi ferito. Ma prima che partisse per colà, essendomi avvisto de' suoi talenti e dell'alto cuore, lo pregai notasse in breve i suoi pensieri sul modo d'ordinare quanto più sollecitamente si potesse il nostro armamento; dacché, sebbene avessimo (allora!) Venezia e tutta l'Italia e la Sicilia, già si vedeva offuscar l'orizzonte, e dividersi i principi per forza alleati.
Il gran punto era di ordinar l'esercito col numero d'officiali che si aveva. La memoria non venne publicata, perchè già era troppo tardi; e i savj non accettavano più consigli. Mi rimase la minuta; e ora la consegno al publico, che vi ha diritto. Il miglior consiglio ch'egli diede fu quello di chiedere alla Francia tutti gli Italiani che militavano nella Legione straniera. Aggiungo solamente che nella firma, tra il nome e il titolo di capitano d'infanteria, v'è una riga mal cancellata che diceva: capitano nel reggimento della morte!
D. C. CATTANEO.
Lombardi! Come fratello vostro, ho creduto mio dovere venire a parteggiare i vostri pericoli e la vostra gloria. Ma prima di lasciare questa città, ove le barricate rammentano il vostro valore, la tranquillità che vi regna dimostra quanto degno e maturo sia il popolo milanese di una completa libertà, ed ove finalmente l'entusiasmo generale mostra che un sol voto anima tutti, presento al publico delle scarse idee che forse potranno esser utili per organizzare l'armata che deve assicurare la nostra libertà. (1)
Educato nel Collegio Militare in Napoli, ho servito il mio paese come officiale del Genio. Volendo quindi alle teoriche aggiungere la pratica che si acquista nei campi ed indurire il mio corpo ai travagli della guerra, sono passato al servizio della Francia ed ho militato in Africa nella Legione straniera, cercando sempre di studiare l'organizzazione dell'armata di una nazione tanto guerriera. Ma voler ciecamente seguire quei metodi non sarebbe in simile circostanza di nessuna utilità. L'arte deve consistere nel saperne scegliere ciò che potrà adattarsi ai bisogni della patria nostra.
Gli Italiani tutti corrono in armi per questa causa: Piemontesi, Napolitani, Romani, Toscani, volano ad affrontare il ne mico. Ma la Lombardia deve fidare nelle proprie forze; ed una armata deve surgere come per incanto da un popolo che seppe si bravamente spezzare le sue catene.
Fratelli! Bisogna che la voce energica della patria riunisca sotto un sol capo i corpi dei volontarj. Tanto valore, tanto amor di patria, così diviso, produce ora delle inutili vittime. Riuniti questi corpi, si vedrà surgere un'armata che sarà un baluardo insormontabile contro lo straniero e contro la tirannide.
La prima idea che deve campeggiare nell'organizzare un'armata, bisogna che sia quella di renderla compatta per quanto più si può. L'armata lombarda, mancando d'officiali, deve più che ogni altra evitare le suddivisioni.
L'unità di forza d'un'armata deve essere proporzionata al suo effettivo, e presentare una massa completa da bastare a sè stessa. In Italia, senza inconveniente alcuno, la cavalleria potrà stabilirsi un ventesimo dell'infanteria.
L'artiglieria potrà calcolarsi di un pezzo ogni mille uomini; e più, altrettanti in riserva.
Con tali proporzioni, l'unità di forza dell'armata lombarda dovrà essere la brigata. Ogni brigata si comporrà di due reggimenti di fanteria, uno di cavalleria, ed una batteria.
L'unità di forza della fanteria dev'essere il reggimento, nella cui formazione bisogna cercar di assorbire il minor numero possibile di officiali. Nelle manovre un fronte di trenta file può moversi facilmente.
L'ordine su tre righe inspira più confidenza nelle giovini truppe; il fuoco di fila è più nutrito. Si presta meglio per manovrare da cacciatori. Quindi una compagnia potrà comporsi di 180 uomini, compresi otto caporali, più quattro sergenti, un primo sergente ed un foriere.
Ogni compagnia formerà due plotoni, ciascuno di 50 file. E non vi sarà che un capitano e un tenente. Otto compagnie formeranno un battaglione; tre battaglioni un reggimento, che presenterà l'effettivo di 4500 uomini. Ed avrà bisogno solamente di un colonnello, 5 capo battaglioni, 24 capitani e 24 tenenti.
Più, un officiale abile per la contabilità porterà il peso dell'amministrazione ed avrà il grado di maggiore. Sul principio bisogna evitare di complicare la contabilità; quindi ogni compagnia avrà un registro, su cui saranno scritti i nomi e i connotati di ciascun soldato ed i suoi effetti.
Nel medesimo registro, il capitano avrà cura di scrivere un giornale storico della compagnia. Un reggimento di cavalleria dovrà comporsi di sei squadroni, ognuno di 80 uomini. Ogni squadrone ha bisogno d'un capitano un tenente e due sottotenenti. Lo squadrone si dividerà in quattro plotoni.
Una batteria d'artiglieria si comporrà di otto pezzi; sarà comandata da un capitano che avrà sotto i suoi ordini due tenenti ed un sottotenente.
Con tale organizzazione un'armata di 40 mila uomini potrà es sere composta di quattro brigate, ciascuna come abbiam detto di sopra, e di una riserva di artiglieria di 32 bocche a fuoco; in tutto 64 bocche a fuoco. A ciascuna brigata vi sarà un officiale superiore di artiglieria ed un capitano, ed un officiale superiore del genio con due capitani e due tenenti. I primi avranno cura de parco e delle munizioni; i secondi, oltre il servizio della propria arme, faranno anche quello d'officiali di stato maggiore.
Passiamo ora ai mezzi onde giungere ad un tale scopo.
1. Tutti i corpi di volontarj dipendenti dal governo lombardo, dovrebbero riunirsi sotto un solo capo ed in un sol punto del teatro della guerra, onde procedere alla detta organizzazione che si renderà speditissima a fronte del nemico.
2. Stabilire un deposito generale a Brescia per i nuovi sol dati che arriveranno; ivi sarebbero istruiti ed inviati al campo, se condo i bisogni; un tale deposito deve dipendere dal comandante in capo l'armata lombarda che si trova sul teatro della guerra.
3. I colonnelli dovranno aver l'autorità di promovere i soldati sino al grado di primi sergenti; ed ogni mese invieranno al governo lombardo un quadro dei sottofficiali che meritano divenire officiali e degli officiali che meritano ascensi.
4. Ordinare a tutta la gioventù lombarda di tenersi pronta onde marciare al campo, con obbligo di servire sino alla fine del 1849; epoca in cui se la guerra è finita, si darà all'esercito un'organizzazione permanente; e la sua forza si proporzionerà ai bisogni della nazione.
5. Chiedere alla Francia tutti gli italiani che servono in Africa; e si avranno degli ottimi officiali, e nei soldati e sottofficiali degli ottimi istruttori.
Nel presentare al publico un tale progetto, il quale non deve considerarsi che come provvisorio ed adatto ai bisogni del momento, sono animato dalla speranza che esso sia tolto ad esame; e l'iniziativa da me presa frutti delle discussioni e dei lumi, onde senza ritardo si proceda alla tanto necessaria formazione dell'armata.
Salute e fraternità.
Milano, 19 aprile 1848.
CARLO PISACANE
capitano d'infanteria
(1) Molti gemono e piangono ogni giorno sulle discordie del 1848; nessuno allora se ne accorgeva. Molti, dopo aver fatto, nell'Associazione Nazionale e altrove, ogni possa affinché il popolo, che tanto operò nel 1848, non facesse nulla nel 1859, se ne lodano; e lodano anche il povero popolo per codesto progresso. Si deve interamente a loro se tre quinti della terra d'Italia, in mezzo al turbine della guerra, rimasero in pace e sono ancora in potere dei nostri nemici. Qual differenza tra Milano che nel 1848, senza guardarsi intorno, affronta un grande esercito: e Milano che nel 1859 sta immobile al fra gore della vicina battaglia, in quei supremi istanti quando un atomo può far traboccare la bilancia! Qual differenza tra Como che nel 1848 assedia e uccide o disarma duemila Austriaci: e Como che nel 1859 riceve Garibaldi vittorioso a porte serrate e in silenzio sepolcrale! Pure, gli onesti e i sensali devono spargere biasimo sul 1848. Il vecchio Napoleone si lagnava che a certi francesi la gloria della Francia desse noja.
Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura! Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin) |
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